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"Antincendio" (Aprile 2013)

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"Antincendio" (Aprile 2013)
Evoluzione normativa
per la sicurezza
delle persone disabili
■ Paolo Qualizza
L’abstract
La sicurezza delle persone disabili è stata affrontata
in diverse norme tecniche, alcune riferite specificamente alla valutazione del rischio di incendio e alla
gestione dell’emergenza. Queste norme sono rivolte soprattutto ai responsabili delle attività che, nella
valutazione dei rischi e nella stesura dei piani di
emergenza, devono considerare la presenza di disabili. Forte è però l’attenzione anche sui compiti dei
soccorritori, spesso impreparati a gestire in emergenza situazioni in cui è richiesto di relazionarsi e di
interagire con persone disabili. Il presupposto è che
portare aiuto ad una persona affetta da una qualsiasi forma di disabilità risulta alquanto complesso e richiede una corretta organizzazione dell’emergenza
e un’adeguata preparazione del soccorritore. L’evoluzione normativa vuole dare risposte fornendo strumenti utili da mettere in atto nelle diverse fasi che
precedono e determinano un’emergenza.
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eneralmente la difficoltà di portare soccorso alle persone con
disabilità è dovuta, più che alla
carenza di mezzi o alla inadeguatezza delle strutture, all’impreparazione
del soccorritore nei riguardi del disabile o all’inefficace organizzazione della sicurezza
nei luoghi che ospitano queste persone.
In questi casi infatti i problemi più ricorrenti
sono determinati proprio dalla incapacità, da
parte del soccorritore, di entrare in sintonia
con la persona disabile o dalla difficoltà, da
parte di quest’ultima, di percepire tempestivamente e correttamente la situazione di
G
antincendio
aprile 2013
■ L’Autore
Paolo Qualizza - Si Laurea in Ingegneria Civile presso
l’Università degli Studi di Udine e consegue la
Specializzazione post laurea in Sicurezza e Protezione
industriale presso l’Università degli Studi di Roma “La
Sapienza”. Nel 1994 entra nel Corpo Nazionale dei Vigili
del fuoco come funzionario direttivo e dal 1995 al 1999
presta la sua attività nel Comando provinciale Vigili del
fuoco di Gorizia. Dal 1999 al 2004 lavora presso la
Direzione Centrale per le Risorse Logistiche e Strumentali
- Area Sedi di Servizio - Roma. E dal 2004 al 2009 opera
nel Comando provinciale Vigili del fuoco di Roma.
Nel 2009 diviene Primo Dirigente VF e assume il
Comando dei Vigili del fuoco di Pordenone. Ha svolto attività di docenza e presentato lavori in convegni e seminari
presso l’Istituto Superiore Antincendi dei Vigili del fuoco
- Roma, e presso varie Università ed ordini e collegi professionali. Ha rappresentato il C.N.VV.F. in convegni
internazionali ed ha partecipato a missioni di soccorso
nazionali e internazionali.
aprile 2013
Questo aspetto viene richiamato anche nella
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti
delle persone con disabilità (Approvazione
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
del 13 dicembre 2006 - ratificata da parte
dello Stato Italiano il 30 marzo 2007) che all’articolo 11 - Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie - recita: “Gli Stati Parti
adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto
armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali”. Quindi l’importanza di un approccio particolare nel soccorso verso le
persone con disabilità viene riconosciuta in
un contesto generale.
La necessità di prendere in considerazione
la sicurezza delle persone con disabilità viene affrontata già nel Decreto Legislativo
626/94 che, all’art. 30, comma 4, stabilisce
che “i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali
lavoratori portatori di handicap”. Tale obbligo viene in seguito ribadito all’art. 63, comma 2, del D.L.gs. 81/08: “i luoghi di lavoro
devono essere strutturati tenendo conto, se
del caso, dei lavoratori disabili”, dove si parla più in generale di lavoratori disabili, intendendo così tutti coloro che, in forma permanente o temporanea, si trovano in una condizione di non completa autonomia.
La sicurezza in caso di incendio
Sulla stessa linea si colloca il D.M. 10/03/98
- Criteri di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro dove il problema legato alla presenza di persone disabili, nell’accezione più generale del
termine, viene affrontato nella circostanza
dell’emergenza. Nell’articolato del provvedimento questo aspetto emerge in vari punti,
spesso non in maniera esplicita, ma comun-
antincendio
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norme sicurezza disabili
emergenza. La necessità e l’importanza di
affrontare questo problema diventa ancora
più impellente a fronte della considerazione
che, come appare anche dal documento “La
disabilità in Italia” pubblicato nel 2010 dall’ISTAT, il numero di persone con disabilità
stia progressivamente aumentando nel tempo e si prevede che nel 2035 questo numero potrà avere un incremento fino al 75% rispetto al 2005.
Ciò è dovuto prevalentemente all’invecchiamento atteso della popolazione che, con l’aumento dell’età media, presenta una contestuale riduzione delle capacità di autonomia.
A questo proposito è opportuno sottolineare
che quando si parla di persone con disabilità non si deve intendere solo coloro che risultano affetti da patologie permanenti, ma
anche quelli che si trovano temporaneamente in condizioni di non completa autonomia.
In questo contesto devono essere considerati gli anziani con difficoltà di movimento, le
persone con bambini, le donne in stato di
gravidanza, le persone che hanno subito
traumi, ecc., ovvero tutti coloro che, sebbene risultino autosufficienti in condizioni normali, necessitano di un aiuto particolare
quando si presentano circostanze in cui è richiesta l’attuazione di procedure di emergenza.
norme sicurezza disabili
que in modo inequivocabile e prende in considerazione, oltre che i lavoratori, tutte le
persone, a vario titolo presenti nell’attività.
Questa norma prevede che il datore di lavoro prenda in esame, nella valutazione del rischio di incendio, la prontezza dei presenti
ad allontanarsi in caso di necessità (Allegato
I - punto 1.3, lettera f).
Impone altresì che nella fase di identificazione di coloro che risultano esposti al rischio di
incendio venga individuata la presenza di
persone la cui mobilità, udito o vista siano limitati (Allegato I - punto 1.4.2). Il suddetto
decreto, all’Allegato VIII - Pianificazione delle procedure da attuare in caso di incendio obbliga il datore di lavoro ad individuare le
specifiche necessità dei lavoratori disabili
nelle fasi di pianificazione delle misure di sicurezza antincendio e delle procedure di
evacuazione del luogo di lavoro, comprendendo nel computo anche le persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con arti fratturati ed i bambini (punto 8.3).
Il problema della sicurezza delle persone con
disabilità e la possibilità di portare loro soccorso in caso di incendio viene considerato
in diverse norme verticali di prevenzione incendi, relative in particolare ad attività che
prevedono la cospicua presenza di persone.
In questi luoghi la normativa richiede strutture dedicate proprio alla salvaguardia di coloro che, in caso di emergenza, per motivi diversi, si trovano in condizione di difficoltà di
movimento.
In questo ambito sono compresi gli ascensori antincendio e gli spazi calmi.
Gli ascensori antincendio
Gli ascensori antincendio, definiti “montalettighe utilizzabili in caso di incendio” al punto
3.6.1 del D.M. 18/09/2002 - Approvazione
della regola tecnica di prevenzione incendi
per la progettazione, costruzione ed esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private - sono destinati specificamente alle
operazioni di soccorso e di evacuazione che
devono essere svolte da personale appositamente a ciò destinato e dai Vigili del fuoco.
Questo sistema di emergenza viene ripreso
nel D.M. 15/09/2005 - Approvazione. della
regola tecnica di prevenzione incendi per i
vani degli impianti di sollevamento ubicati
nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi - che al punto 7 dell’allegato
Le persone disabili possono utilizzare gli ascensori in caso di emergenza purché siano a ciò destinati o siano
ascensori di emergenza
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antincendio
aprile 2013
norme sicurezza disabili
“vani di corsa per ascensore antincendio”
definisce le caratteristiche richieste per gli
ascensori antincendio, descrivendo nel dettaglio i requisiti necessari sia per le strutture
murarie che per gli impianti elettrici e meccanici.
Questi decreti definiscono le caratteristiche
e le modalità di utilizzo degli ascensori antincendio in accordo con quanto contenuto nel
citato D.M. 10/03/1998 che, al punto 8.3.4
“utilizzo di ascensori”, specifica che le persone disabili possono utilizzare gli ascensori
in caso di emergenza, purché gli stessi siano
appositamente a ciò destinati o siano ascensori antincendio. Viene inoltre sottolineata la
necessità che tali impianti vengano azionati
sotto il controllo di personale pienamente a
conoscenza delle procedure di evacuazione.
Gli spazi calmi
Lo spazio calmo è una struttura definita per
la prima volta nel D.M. 09/04/1994 - Regola
tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività turistico alberghiere. Secondo questa definizione lo
spazio calmo è il luogo sicuro statico, contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non deve costituire intralcio alla fruibilità delle vie di
esodo e deve avere caratteristiche idonee
per garantire la permanenza di persone con
ridotte o impedite capacità motorie in attesa
dei soccorsi.
Questo luogo consente quindi alla persona
con disabilità di rifugiarsi e attendere i soccorsi, in una condizione che, anche psicologicamente, gli deve consentire una sufficiente tranquillità. Tale obiettivo è indubbiamente difficile da conseguire e in ogni caso richiede una corretta informazione preventiva
alle persone presenti.
Lo spazio calmo deve essere collocato in
modo da non indurre, in coloro che vi devono sostare, il dubbio sulla sua utilità e soprattutto sulla sua sicurezza.
Il concetto di spazio calmo lo si ritrova, in
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forma embrionale, già nel D.M. 236/1989,
norma di riferimento per la progettazione di
ambienti accessibili che, al punto 4.6 dell’allegato, dove vengono trattati gli accorgimenti tecnici per contenere i rischi di incendio nei
confronti di persone con ridotta o impedita
capacita motoria o sensoriale indica, come
soluzione da preferire, la realizzazione di
compartimenti antincendio, piuttosto che
predisporre sistemi di vie di uscita che a volte possono risultare non percorribili da persone con impedita o ridotta capacita motoria. Il decreto specifica inoltre che i compartimenti devono avere le caratteristiche di
luogo sicuro statico, devono essere opportunamente distribuiti nell’ambito della struttura
e facilmente accessibili da parte delle persone disabili che possono qui attendere i soccorsi.
Sulla linea tracciata dal D.M. 236/1989 e,
successivamente, con la definitiva introduzione dello spazio calmo nel citato D.M.
09/04/1994, altre norme prevedono la realizzazione di questa misura di protezione passiva: D.M. 18/03/1996 - Norme di sicurezza
per la costruzione e l’esercizio degli impianti
sportivi, D.M. 19/08/1996 - Approvazione
della regola tecnica di prevenzione incendi
per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico
spettacolo.
Il concetto di spazio calmo ha contribuito a
modificare anche i criteri generali di progettazione nell’ambito della prevenzione incendi, inducendo i professionisti a considerare
questo elemento come necessario per la sicurezza delle persone con disabilità ed a
prenderlo in considerazione anche quando
le norme non lo prevedono specificamente.
Un elemento che discende direttamente dallo spazio calmo è il criterio dell’esodo orizzontale progressivo, che viene definito nel
D.M. 18/09/2002 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle
strutture sanitarie pubbliche e private - dove
è previsto che l’esodo venga attuato mediante lo spostamento dei degenti in un
antincendio
aprile 2013
La resistenza al fuoco delle strutture
Un’altra norma di prevenzione incendi, di carattere orizzontale, che affronta il problema
della sicurezza delle persone più vulnerabili in
termini generali è il D.M. 09/03/2007 - Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni
nelle attività soggette al controllo del Corpo
nazionale dei Vigili del fuoco.
Questo decreto, che tratta la resistenza al
fuoco delle strutture, al punto 3.2.1 lettera f)
dell’allegato, prevede che il livello II di prestazione può ritenersi adeguato per costruzioni
non adibite ad attività specificamente destinate a malati, anziani, bambini o a persone
con ridotte o impedite capacità motorie, sensoriali o cognitive.
Linee guida per la sicurezza antincendio
nei luoghi di lavoro con presenza
di disabili
Ad integrazione delle norme che trattano la
sicurezza delle persone con disabilità nei
luoghi di lavoro il Ministero dell’Interno - Dipartimento dei Vigili del fuoco del Soccorso
Pubblico e della Difesa Civile - ha emanato
alcune circolari che trattano nello specifico il
problema.
La circolare n. 4 del 01/03/2002 sulla scorta
delle disposizioni di cui al D.Lgs. 626/94 e
del successivo D.M. 10/03/98, che richiamano l’attenzione anche nei casi in cui le persone possono essere esposte a rischi a causa della loro disabilità, è stata redatta con lo
scopo di fornire ai datori di lavoro, ai professionisti ed ai responsabili della sicurezza uno
strumento per considerare, nella valutazione
del rischio, la presenza di persone con ridotta o impedita capacità motoria, sensoriale o
mentale.
aprile 2013
Le linee guida per la sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro
con presenza di disabili considera,
tra gli elementi per effettuare
la valutazione del rischio,
la mobilità e l’orientamento in caso
di emergenza, la percezione
dell’allarme o del pericolo,
l’individuazione delle azioni
da compiere in caso di emergenza
La circolare indica alcune misure di carattere edilizio e impiantistico per mitigare i rischi
individuati e integra le stesse con misure gestionali.
Il documento guida all’individuazione delle
caratteristiche ambientali che rendono difficile o impossibile alle persone con limitazioni alle capacità fisiche, cognitive, sensoriali o
motorie il movimento, l’orientamento, la percezione dei segnali di allarme e la scelta delle azioni da intraprendere al verificarsi di una
condizione di emergenza.
Gli elementi da prendere in considerazione
per effettuare la valutazione del rischio sono:
• la mobilità in caso di emergenza: condizionata dalla presenza di elementi di intralcio
o disturbo lungo i percorsi (gradini, restringimenti, sporgenze, ecc.) e determinata
dalla adozione di misure gestionali per fare fronte a problemi contingenti (disposizione di mobili, mezzi, materiali, ecc.)
• l’orientamento in caso di emergenza: è
subordinato al corretto posizionamento
della segnaletica e dipende dalla capacità individuale di identificare i percorsi e le
uscite che conducono in luogo sicuro,
prestando attenzione anche a coloro che
risultano estranei al luogo; un altro importante elemento è quello di valutare la presenza di segnalazioni che utilizzino più
canali sensoriali al fine di consentire a tutti, ed in particolare a persone con disabilità, di orientarsi in caso di emergenza.
Ad esempio è molto importante la collocazione dei segnali visivi e luminosi per
consentire di soddisfare la necessità di
antincendio
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norme sicurezza disabili
compartimento adiacente fintantoché l’incendio non sia stato domato o in attesa di
evacuazione in luogo sicuro (ad esempio in
uno spazio calmo).
norme sicurezza disabili
orientamento da parte di persone che
non sono in grado di percepire segnali
acustici
• la percezione dell’allarme o del pericolo: il
segnale di pericolo, ottico o sonoro, deve
essere chiaro e comprensibile a tutti
• l’individuazione delle azioni da compiere
in caso di emergenza: in fase di valutazione della sicurezza antincendio è importante considerare la complessità del
messaggio da trasmettere e la necessità
di utilizzare più canali sensoriali per giungere a tutti i presenti, anche agli estranei.
Se la circolare 1 marzo 2002 ha come obiettivo quello di fornire alle figure preposte alla
sicurezza in ambito lavorativo un criterio per
la valutazione della sicurezza antincendio,
con la Lettera circolare n. P880 / 4122 sott.
54/3C si è inteso fare un ulteriore passo
avanti mediante la predisposizione di linee
guida che costituissero uno “strumento di
verifica e controllo finalizzato ad individuare
gli elementi significativi per la sicurezza di
tutte le persone, in particolare di quelle disabili, nei luoghi di lavoro.”
L’intento è quello di fare emergere le condizioni di criticità che si possono riscontrare
nell’ambito di una struttura e, mediante indicazioni precise, supportate anche da norme
cogenti, individuare concrete soluzioni tecniche in linea con la circolare del 1/3/02.
Le citate circolari suggeriscono alcuni spunti di riflessione che possono risultare di ausilio per coloro che si devono occupare della
gestione della sicurezza, in particolare nei
luoghi di lavoro.
Innanzitutto risulta opportuno coinvolgere e
rendere parte attiva nelle fasi del processo di
riduzione del rischio i lavoratori con disabilità, ove presenti. Ciò consente di affrontare i
problemi con maggiore competenza e consapevolezza e, di conseguenza, permette di
individuare soluzioni efficaci.
Quando si analizza il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro è necessario considerare anche le condizioni di criticità e le difficoltà in cui può trovarsi una persona estra-
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nea al luogo considerato, ricordando sempre
che la sicurezza deve riguardare tutti. Per
questo è molto importante tenere presente
che le situazioni devono essere progettate e
gestite in modo da collocare tutti sullo stesso
piano, dal punto di vista della sicurezza, senza determinare alcuna discriminazione, né fra
i lavoratori, né fra lavoratori e visitatori.
Si sottolinea inoltre che nella stesura delle
procedure di emergenza è opportuno agire
in modo da comprendere tutti in un unico
piano organizzato, evitando di predisporre
piani speciali o separati per le persone con
disabilità.
Un ulteriore strumento che costituisce un
valido ausilio nell’affrontare il problema della sicurezza delle persone con disabilità è
l’opuscolo pubblicato dal Dipartimento dei
Vigili del fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa
Civile dal titolo: “Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza”. Questo documento, che discende
dalle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro
fornisce elementi per il corretto approccio da
parte dei soccorritori nei confronti delle persone che necessitano di un aiuto in caso di
emergenza.
Conclusioni
Si può in conclusione affermare che lo sviluppo recente della normativa nel campo
della sicurezza e soccorso alle persone disabili evidenzia una grande attenzione al problema che è tuttora in evoluzione. Si riscontra inoltre, fra coloro che trattano questo argomento, la crescente consapevolezza che
per garantire a tutti lo stesso livello di sicurezza è necessario affrontare il problema in
maniera univoca e nella sua globalità, allontanando l’idea di ragionare per compartimenti stagni.
È inoltre importante coinvolgere direttamente in questo processo le persone disabili, il
cui contributo consentirà di proseguire sul
percorso intrapreso e permetterà di adottare
misure sempre più idonee ed efficaci.
antincendio
aprile 2013
Progettare
percorsi d’esodo accessibili:
dall’allarme allo spazio calmo
■ Stefano Zanut
L’abstract
Progettare ambienti che soddisfino le esigenze di
una popolazione reale in tutta la sua composita e
oggettiva diversità rappresenta al giorno d’oggi
una sfida di civiltà, che richiede l’impegno di tutti,
dal committente all’ente chiamato ad esprimere il
parere di competenza, passando per il professionista incaricato.
Da questa necessità non possono sfuggire gli
aspetti connessi con la prevenzione incendi, anzi,
in tale ambito viene chiesto un impegno assai
maggiore, poiché in caso di emergenza, una persona potrebbe non solo incrementare una sua
pregressa difficoltà, ma anche incorrere in situazioni di disabilità temporanea connesse con
l’evento, aumentando la propria vulnerabilità.
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ella definizione di un progetto che
tenga conto delle necessità connesse con la sicurezza in caso
d’incendio, particolare attenzione
va posta nel garantire alle persone di potersi
allontanare agevolmente da una condizione
di pericolo, senza subire conseguenze, oppure essere soccorse con efficacia.
Su questo argomento un approccio che pone al centro del progetto le persone e le loro
effettive esigenze rappresenta un elemento
d’indubbia innovazione, oltre che di crescita
culturale e professionale, senza per questo
mettere da parte le indicazioni provenienti da
N
antincendio
aprile 2013
Stefano Zanut - Architetto, laureato presso l’Università
IUAV di Venezia e Direttore nel Corpo Nazionale Vigili del
fuoco. Oltre ai compiti istituzionali svolge attività didattica e di ricerca nel campo della sicurezza in caso d’incendio, ponendo attenzione ai temi connessi con la vulnerabilità di persone e sistemi in queste circostanze. Su tali argomenti ed altri di prevenzione incendi è autore di numerosi contributi apparsi su riviste tecnico-scientifiche del settore, sia in ambito nazionale che internazionale, e di alcuni volumi in collaborazione con altri autori. Ha svolto e
svolge docenza nell’ambito di corsi professionali ed universitari. È membro del Gruppo di lavoro istituito presso il
Ministero dell’Interno per la sicurezza delle persone disabili e lo è stato dell’Osservatorio Ministeriale per l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio
note
■ L’Autore
aprile 2013
prescindere da queste riflessioni. Di questo
passo non è difficile scivolare sul tema più
specifico della “disabilità”, da rivalutare concettualmente sulla base delle interazioni persona-ambiente per giungere ai più attuali
orientamenti per i quali un “handicap” non è
tanto legato all’individuo, quanto all’eventuale svantaggio che a lui viene imposta anche
in conseguenza delle condizioni al contorno.
L’I.C.F., ovvero la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e
della Salute1, approvata dall’Assemblea
Mondiale della Sanità nel maggio 2001, esplicita con chiarezza questi concetti promuovendo il cosiddetto approccio di tipo “biopsico-sociale” alla disabilità, che viene identificato in funzione delle diverse dimensioni
della salute a livello biologico, individuale e
sociale. In sostanza per affrontare il problema
devono essere identificati tutti quei fattori
che, interagendo con la persona, possono
facilitarne o meno le prestazioni.
La centralità del contributo dell’analisi ambientale nel determinare condizioni avverse
trova riscontro anche nelle indicazioni della
Society of Fire Protection Engineers, autorevole riferimento internazionale nel campo
della sicurezza in caso d’incendio, dove il
problema viene affrontato e risolto proprio
nell’interazione uomo-ambiente-edificio 2.
Questa dimensione del “problema disabilità”
sta lentamente maturando anche nell’opinione pubblica e conseguentemente anche i
progettisti cominciano a considerarla con attenzione, con importanti ricadute nel campo
della sicurezza.
Le fasi dell’evacuazione
e l’interazione con l’ambiente
Per comprendere le criticità che si possono
1 Organizzazione Mondiale della Sanità, “ICF Classificazione
Internazionale
del
Funzionamento, della Disabilità e della Salute”,
Edizioni Erickson, Trento 2002.
2 SFPE, “Engineering guide to human behaviour in
fire”, 2002
antincendio
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esodo accessibile
norme che permettono di facilitare progettazione ed esecuzione di un’opera sulla base
di schemi predefiniti e condivisi.
D’altra parte sul tema dell’accessibilità estesa ai percorsi d’esodo, e più in generale agli
aspetti connessi con la sicurezza a tutte le
persone che si muovono nell’ambito di
un’opera, è possibile attingere ad alcuni concetti che già fanno parte del nostro patrimonio normativo ed anche se non interessano
direttamente la prevenzione incendi costituiscono pur sempre un importante riferimento.
È il caso del D.M. 236/89 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità,
l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati
e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e
dell’eliminazione delle barriere architettoniche), che definisce il concetto di “barriera architettonica” come elemento che crea difficoltà e quello di “accessibilità” come condizione in grado di favorire la fruizione di “spazi
e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia”. In entrambe le definizioni
sono presenti termini come “pericolo” e “sicurezza”, ma anche “autonomia”, che si possono riscontrare anche nelle norme di prevenzione incendi.
Una barriera architettonica, solitamente associata a condizioni che limitano e/o impediscono, può rappresentare anche una fonte di
pericolo, così come un ambiente accessibile
risulterebbe intrinsecamente sicuro.
Una progettazione attenta non può quindi
esodo accessibile
Figura 1 - Fasi qualitative in cui si sviluppa un’emergenza incendio considerando gli aspetti connessi con
l’evacuazione e l’attivazione del piano di emergenza, oltre che l’impiego di eventuali ausili di supporto. Ai fini
della rappresentazione è stato posto il simbolo di un disabile in sedia a ruote perché rappresentativo,
nell’immaginario collettivo, di una persona con difficoltà, senza per questo dimenticare la centralità di tutte
le persone nel contesto di un’emergenza
manifestare durante un’evacuazione, e di
conseguenza elaborare le più corrette strategie per compensarle, è necessario avere ben
chiare le fasi in cui si sviluppa l’allontanamento da un luogo al verificarsi di un evento
critico.
Avendo come riferimento un incendio si possono considerare quelle schematicamente
rappresentate nella figura 1: il suo inizio si
manifesterà verso le persone per visione diretta o in conseguenza dell’attivazione di un
sistema di allarme, quindi le stesse persone
cominceranno ad allontanarsi fino a raggiungere un luogo sicuro, dove fermarsi protette
dagli effetti dell’incendio.
Contestualmente si attiverà una risposta ambientale che dipenderà sia dalle strutturazioni fisiche (compartimentazioni, disponibilità
di idonei percorsi d’esodo, uscite di sicurez-
30
za, ecc.) e impiantistiche (illuminazione di sicurezza, impianti di spegnimento, ecc.)
dell’opera, sia dalla capacità di gestire la situazione attraverso aspetti di tipo organizzativo, ovvero ciò che solitamente s’identifica
con il piano di emergenza e le specifiche
modalità d’intervento.
Infine, qualora fosse necessario intervenire
in presenza di persone che impiegano ausili,
oppure quando particolari ausili fossero necessari per aiutare le persone coinvolte, il
personale addetto alla gestione del piano,
ovvero gli eventuali soccorritori, dovrà essere in grado di utilizzarli. Si noti come in tale
contesto il “sistema d’esodo”, inteso come
l’interazione continua tra le caratteristiche
proprie dell’opera e le sue modalità di gestione in emergenza, interagisca in modo
drastico e continuo con le persone coinvol-
antincendio
aprile 2013
esodo accessibile
LA VALUTAZIONE
DEI RISCHI DI INCENDIO
Norme e standard internazionali di
riferimento, metodi e tecniche di
analisi, definizione della strategia
antincendio, gestione del rischio nel
tempo, casi studio ed esempi
applicativi
L’opera si prefigge la diffusione delle
tecniche di analisi per stimare il rischio
di incendio connesso con le attività produttive, industriali e civili oppure, anche
nell’ambito di un approccio prestazionale della sicurezza antincendio (‘FSE’)
per individuare gli scenari di incendio
da assoggettare ad un approfondimento di tipo deterministico.
•
Il Cd-Rom allegato al volume
contiene lo strumento F.R.A.M.E. Fire
Risk Assessment Method for
Engineering, del Prof. E. De Smet
(Belgio), tradotto in lingua italiana e
corredato da 76 esempi completi.
Autori
L. Marmo e L.Fiorentini
consulenti tecnici della Procura
di Torino nell’inchiesta a seguito
dell’incidente ThyssenKrupp
con la prefazione di R. Guariniello,
M. Hurley, D. Yung, S.Converso
Ed.: aprile 2011
Pag.: 720
Prezzo: € 51,30 anziché € 57,00
00135 Roma - Via dell’Acqua Traversa, 187/189
Tel. 06 33245281/271 - Fax 06 33111043 - www.epc.it
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te, che a loro volta dispiegheranno una complessa varietà di processi fisici e mentali sulla base di loro capacità intrinseche, oltre della loro compromissione dovuta all’incendio.
In questi casi un’attenta progettazione che
sappia identificare le condizioni ambientali
che possono agevolare oppure interdire l’allontanamento delle persone diventa di strategica importanza.
Si comprende come le variabili da considerare siano molteplici, così come lo sono anche le modalità di risposta fisica e comportamentale delle persone.
Allarme e percorsi d’esodo accessibili:
alcune indicazioni progettuali
Sulla base dell’analisi appena proposta, sebbene in modo semplificato, è dapprima possibile associare ad ognuna delle predette fasi alcune possibili soluzioni che in fase di
progetto dovranno essere armonizzate tra
loro, affinché tutto il “sistema evacuazione”
garantisca le prestazioni attese.
L’allarme e la sua percezione - Nel considerare un segnale d’allarme l’attenzione viene
solitamente indirizzata verso aspetti connessi con il sistema tecnologico (tipo di segnale
e modalità di diffusione), senza valutarne la
possibilità che le persone siano anche in
grado di interpretarlo al fine di adottare le migliori modalità di risposta. Di converso, qualora non fosse percepito in modo efficace
sarà inevitabile un aumento del tempo necessario per elaborare e comprendere le informazioni, aumentando in tal modo il tempo
di pre-movimento e di conseguenza il tempo
totale di evacuazione.
La presenza di un sistema dedicato e le sue
modalità di diffusione dovranno considerare
più canali di percezione, con l’obiettivo di
compensare eventuali carenze di uno di questi. Nel caso di una persona con limitazioni
all’udito, ad esempio, dovranno essere preferiti segnali luminosi o a vibrazione, mentre
per una con limitazioni alla vista sarà il cana-
antincendio
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Il movimento negli spazi interni/esterni - L’azione dell’esodo ha inizio con l’abbandono della
postazione dopo aver percepito ed elaborato il
segnale d’allarme fino al raggiungimento del
luogo sicuro attraverso percorsi che possono
avvenire in piano o su dislivelli. In tale contesto sono anche da considerare le porte di
accesso/uscita dai singoli locali e le uscite di
sicurezza vere e proprie, oltre che la possibilità di potersi allontanare dall’edificio seguendo un percorso esterno. Tutte queste
parti di un’opera (percorsi, porte, ecc) devono garantire alle persone di poter evacuare
in modo autonomo considerando l’interazione tra il loro quadro funzionale e i fattori ambientali presenti, che possono ostacolare o
facilitare lo svolgimento delle azioni finalizzate all’esodo. Di seguito si propongono gli
elementi di criticità più frequentemente riscontrati.
• Porte dei locali: devono essere sempre
preferite soluzioni nelle quali la persona
con disabilità possano svolgere autonomamente le azioni legate alla loro apertura, attraversamento e chiusura.
• Porte installate lungo le vie di uscita ed in
corrispondenza delle uscite di piano: per
queste valgono le ordinarie considerazio-
aprile 2013
ni proposte per le uscite di sicurezza, ponendo attenzione all’altezza in cui è collocato il dispositivo di apertura, affinché sia
utilizzabile anche da parte di persone in
sedia a ruote.
• Percorsi orizzontali interni: un’accurata
progettazione dei percorsi per raggiungere le uscite di sicurezza, o gli spazi calmi,
risulta fondamentale affinché questi presidi siano agevolmente utilizzabili anche
da persone che utilizzano ausili per la locomozione da cui possono derivare dimensioni trasversali superiori a quelle definite dalla normativa. Infatti, se normativamente deve essere impiegato l’unità di
misura del “modulo di uscita”, che esprime la larghezza media occupata da una
persona e viene assunta pari a 0.60 m,
un’accurata analisi dovrebbe porre in evidenza se tale criterio sia idoneo o meno
per garantire “anche” i flussi di persone
che impiegano ausili e, conseguentemente, apportare le necessarie integrazioni. In merito alle dimensioni degli ausili e dei relativi spazi di manovra esiste una
ben florida letteratura.
Considerando le pavimentazioni dovranno essere valutate anche le caratteristiche
di scivolosità e la presenza di eventuali
impedimenti, anche di modesta entità, al
suolo. In merito a questi aspetti è sempre
il D.M. 236/89 a costituire un irrinunciabile riferimento che, in particolare, stabilisce
i valori minimi dei coefficienti di attrito per
valutare la scivolosità, le caratteristiche di
giunture e rilievi degli elementi costituenti
le pavimentazioni, gli eventuali dislivelli
presenti sulle pavimentazioni.
• Presenza di dislivelli: questa condizione
potrebbe compromettere prevalentemente l’autonomia di persone che si muovono con ausili motori ed hanno difficoltà di
spostarsi tra un livello e l’altro. Il loro superamento può avvenire tramite rampe
con una pendenza stabilita dalla normativa dell’8%, anche se l’esperienza dimostra come il 5% sia il valore limite massimo che può essere autonomamente su-
antincendio
33
esodo accessibile
le uditivo da privilegiare. Queste considerazioni possono essere riproposte anche per
condizioni che si possono definire come “disabilità temporanea” (è il caso, ad esempio,
di una persona che non percepisce un segnale perché indossa otoprotettori o in conseguenza di particolari lavorazioni che sta
svolgendo. In tal caso un canale di percezione, quello uditivo, risulterebbe compromesso e, pertanto, da integrare con uno di tipo
visivo).
Oltre alle difficoltà sensoriali devono essere
considerate anche quelle di tipo prettamente
cognitivo, rispetto alle quali la progettazione
deve considerare con attenzione l’ambiente
in cui installare il sistema e le persone che lo
frequentano. Le problematiche descritte
nell’articolo dell’architetto Villani in questo
numero della rivista ne sono testimonianza.
esodo accessibile
Figura 2 - Esempi di dimensionamento di un corridoio in funzione delle necessità di movimento. Nel caso
rappresentato viene proposta una dimensione trasversale in funzione del numero di persone che possono
transitare su un corridoio e i loro sensi di percorrenza:
non meno di 1,80 m se il corridoio è interessato al movimento nei due sensi
– non meno di 1,50 m quando il percorso è bidirezionale ma esistono spazi di sosta a intervalli predefiniti
– non meno di 1,20 m nel caso di corridoi percorribili in entrambi i sensi ma non particolarmente affollati
anche in questo caso sono previsti spazi di sosta di dimensioni 1,80 x 2,00 m ogni 25 m
– non meno di 0,90 quando è improbabile che due persone provenienti da direzioni opposte s’incrocino
anche in questo caso è comunque previsto uno spazio di sosta di dimensioni 1,50x1,50 m ogni 25 m.
Sono indicazioni che tengono conto del “modulo di uscita” da 0,6 m e delle dimensioni trasversali di eventuali
ausili impiegati dalle persone (da ISO/CD 21542 “Building construction. Accessibility and usability of the built
environment”)
perabile da gran parte di persone con disabilità. Realizzare rampe con pendenza
inferiore garantisce certamente una maggiore autonomia negli spostamenti con
conseguente limitazione delle necessità
connesse con le misure di affiancamento.
• Percorsi verticali interni: s’intendono le
scale, gli ascensori ed altri sistemi di sollevamento come le piattaforme elevatrici
e servoscale, tutti finalizzati a superare i
dislivelli tra i piani. A parte le scale, tutti gli
altri sistemi di spostamento sono generalmente inutilizzabili durante un’emergenza.
Per questo è stato introdotto un presidio
di particolare interesse come l’ascensore
antincendio, ma che può essere utilizzato
solo con la conduzione di personale appositamente formato e dai vigili del fuoco,
34
non è quindi possibile computarlo ai fini
della valutazione delle vie d’esodo. Considerando piattaforme elevatrici e servoscale è da evidenziare che in caso di emergenza possono determinare impedimenti
nell’evacuazione sia perché una volta dispiegati riducono la larghezza utile dei
percorsi, sia per la modesta velocità con
cui si spostano che potrebbe compromettere l’allontanamento delle persone che
seguono. In caso d’incendio, infine, l’interruzione dell’alimentazione elettrica ne
comprometterebbe l’utilizzo.
• Presenza di impedimenti non rilevabili da
ciechi o ipovedenti: un aspetto sovente
sottostimato è rappresentato da quelle
condizioni che possono determinare pericolosi collisione per le persone con diffi-
antincendio
aprile 2013
esodo accessibile
Figura 3 - Valori dell’altezza impostazione di alcuni elementi impiantistici e non per garantirne il loro utilizzo
anche da parte di persona in sedia a ruote
Figura
A
Figure 4, a, b, c - Le tre immagini evidenziano altrettanti scenari con
impedimenti posti a una certa altezza e non riconoscibili, tali da
rappresentare una fonte di pericolo durante l’evacuazione anche per
persone non disabili.
La figura A evidenzia un sottoscala non segnalato ne interdetto e,
quindi, nemmeno percepibile con il bastone utilizzato da una persona
cieca (da ISO/CD 21542 “Building construction. Accessibility and
usability of the built environment”).
La figura B mostra un sottoscala posto lungo un percorso d’esodo
che adduce a un’uscita di sicurezza individuata tramite cartellonistica
luminosa. In caso di necessità e con l’attivazione delle luci di sicurezza,
la persone percepirebbe il segnale attraverso le alzate libere dei gradini,
andando inesorabilmente ad impattare contro la scala.
La figura C mostra una scala di sicurezza posta in corrispondenza del
percorso esterno di una uscita di sicurezza. In caso di evacuazione le
persone con altezza superiore a 1,70 m saranno destinate ad impattare
tragicamente contro la scala stessa. In questi ultimi due casi la soluzione
è molto semplice: porre dei pannelli verticali per evitare l’accesso alla
parte sottostante la scala. In ogni caso il rimedio serve a compensare
un evidente errore progettuale.
Figura
Figura
B
aprile 2013
C
antincendio
35
esodo accessibile
Caratteristiche
Velocità in piano
Scale in discesa
Scale in salita
(m/s)
(m/s)
(m/s)
Sedia a ruote elettrica
0,89
-
-
Sedia a ruote manuale
0,69
-
-
Stampelle
0,94
0,22
0,22
Bastone
0,81
0,32
0,34
Bastone o appoggio
0,51
-
-
Deambulatore
0,61
-
-
Nessun aiuto
0,93
-
-
Senza disabilità
1,24
0,70
0,70
Tabella 1 - Valori delle velocità di persone disabili in funzione dell’ausilio impiegato (Da Society of Fire Protection
Engineers, “Engineering Guide to Human Behavior in Fire”, MD, 2003)
coltà alla vista, come ostacoli e impedimenti improvvisi, cambiamenti di livello,
elementi impostati ad altezza inferiore a 2
m e condizioni simili non opportunamente
protetti e/o segnalate.
Su questi dovrà essere posta particolare
attenzione anche perché in condizioni di
buio o scarsa illuminazione, ma non solo,
potrebbero diventare una fonte di pericolo anche per le persone senza alcun problema alla vista, a maggior ragione in caso di emergenza.
• Presenza di spazi calmi: sono luoghi destinati alla permanenza di persone che hanno, o potrebbero avere, difficoltà nell’affrontare un percorso lungo le scale, in attesa i soccorsi e in condizioni di sicurezza
(all’analisi di questo presidio è dedicata
un’altra parte di questo articolo).
• Mobilità negli spazi esterni: fuori dall’edificio dovrà essere garantita la possibilità
per le persone di allontanarsi fino a raggiungere il punto di raccolta esterno stabilito. Per questo dovranno essere considerati quei fattori che possono determinare difficoltà nello spostamento (presenza
di sassi, asperità del terreno, ecc.).
Una persona in sedia a ruote, ad esempio,
potrebbe incontrare molte difficoltà nel
muoversi in un terreno ricoperto di ghiaia
36
e il suo rallentamento o fermata potrebbe
determinare un’occlusione tale da compromettere l’uscita delle persone che la
seguono.
• Velocità delle persone: un fattore trasversale rispetto a quelli appena considerati è
rappresentato dalla velocità con cui si
muovono le persone, che può vincolare il
tempo totale di evacuazione e, in caso di
particolare affollamento, rallentarla.
Questa è una condizione in parte ascrivibile alle persone (una persona anziana è
probabilmente meno veloce di un ragazzo
così come persone che si muovono con
ausili si spostano più lentamente), in parte alle condizioni ambientali (sulle scale e
terreni impervi la velocità è indubbiamente minore, ma anche in presenza di ambienti affollati), di cui si dovrà tener conto
nella determinazione della lunghezza del
percorso per raggiungere un luogo sicuro.
Gli aspetti connessi con l’orientamento durante l’esodo - Studi compiuti sul comportamento umano in emergenza hanno messo in
evidenza come le persone coinvolte dedichino la maggior parte del tempo sia dedicata
alla ricerca di informazioni ed alla conferma
dei dati acquisiti, compresi quelli relativi al
percorso di fuga. Ordinariamente queste in-
antincendio
aprile 2013
esodo accessibile
Figura 5 - L’impiego della sola segnaletica di sicurezza in ambienti complessi e articolati, dove il suo contenuto
informativo può risultare compromesso dagli altri stimoli ambientali presenti e a volte molto più percepibili,
non sempre permette di raggiungere l’obiettivo di comunicare un percorso
formazioni possono essere acquisite dalla
specifica segnaletica di sicurezza in sinergia con altre indicazioni ambientali, che le
possono rafforzare.
D’altra parte, come evinca anche dalle indicazioni del D.Lgs. 81/08, la mera collocazione di uno o più “cartelli” non sempre si
configura con l’accezione di “segnaletica”,
da intendere come “una indicazione o una
prescrizione concernente la sicurezza o la
salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a
seconda dei casi, un cartello, un colore, un
segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale” (cfr
D.Lgs. 81/08, art. 162).
Questa possibilità può essere rafforzata anche con soluzioni progettuali che permettano un agevole riconoscimento dei luoghi. In
questo caso può nuovamente tornare utile
un riferimento al D.M. 236/89, secondo quel
principio di trasversalità normativa che dovrebbe caratterizzare un percorso proget-
38
tuale, che ricorda come “ per facilitare
l’orientamento è necessario prevedere dei
punti di riferimento ben riconoscibili in
quantità sufficiente ed in posizione adeguata” (cfr D.M. 236/89, punto 4.3).
Alcune semplici modalità possono chiarire
questi concetti:
• una uscita di sicurezza il cui portale risulta evidenziato con un colore diverso
rispetto a quello delle pareti circostanti,
in modo da determinare un certo contrasto cromatico, può facilitare l’identificazione del varco
• nel caso in cui un percorso d’esodo attraversi un’area di piano molto vasta si
possono impiegare anche gli elementi
della pavimentazione per marcare un
percorso, oppure disponendo idonea
segnaletica a pavimento (cfr D.M.
10/3/98, punto 3.8.C)
• la caratterizzazione delle superfici verticali con elementi che ne permettano il ri-
antincendio
aprile 2013
Nel caso di persone con disabilità alla vista
è anche possibile integrare i contenuti informativi della segnaletica ordinaria mediante guide naturali o altre modalità, con
l’obiettivo di garantire loro, come ricordato
in premessa, l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo.
Un ulteriore strumento di orientamento, infine, è rappresentato dalle mappe del tipo
“voi siete qui” che si pongono l’obiettivo di
aiutare le persone a individuare la loro posizione nel contesto di un edificio e le possibili uscite, con i percorsi per raggiungerle 3.
Lo spazio calmo
note
Lo spazio calmo rappresenta la prima esplicita manifestazione dell’interesse dei Vigili
del fuoco verso le persone che potrebbero
manifestare difficoltà nell’evacuare da un
edificio. Nel panorama normativo è stato infatti introdotto nel 1994 con la regola tecnica
di prevenzione incendi sulle strutture ricettive turistico-alberghiere, che lo identificano
come un “luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od
in essa inserito.
Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla
fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di
persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi”. Lo stesso concetto è stato quindi considerato anche in altre norme dedicate a luoghi e attività dove ci
potrebbe essere la presenza di molte persone, come locali di pubblico spettacolo, impianti sportivi, ecc.
Tale presidio va pensato e progettato per
soddisfare le necessità implicitamente con-
Gli spazi calmi sono necessari
non solo quando specificamente
richiesti, poiché la predisposizione
di un sistema d’esodo deve tener
conto anche della presenza
di persone con ridotte o impedite
capacità motorie
tenute nella sua definizione, ovvero attendere in sicurezza, da cui derivano le seguenti
prestazioni:
• costituire un “luogo sicuro statico”, che
può essere uno spazio scoperto oppure
un compartimento antincendio separato
da altri mediante spazio scoperto o filtro
a prova di fumo;
• risultare “contiguo e comunicante con
una via di esodo o in essa inserito”
• non “costituire intralcio alla fruibilità delle
vie d’esodo”
• avere “caratteristiche tali da garantire la
permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi”.
Per quanto concerne le sue caratteristiche
come “luogo sicuro statico” (punto 1) ci si
deve avvalere della definizione che ne da il
D.M. 30/11/1983: “Spazio scoperto ovvero
compartimento antincendio, separato da altri
compartimenti mediante spazio scoperto o
filtri a prova di fumo, avente caratteristiche
idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico)”. Contestualizzandolo quindi nell’ambito di un percorso
d’esodo (punto 2), il modo più semplice e ricorrente è di collocarlo direttamente all’interno di una scala a prova di fumo o di sicurezza esterna, ma in modo tale che non interferisca con l’apertura delle porte e l’evacuazione degli altri occupanti (punto 3).
Ovviamente il suo dimensionamento dipen-
3 In merito a questo argomento si veda: Carattin E. e Zanut S., “I principi del wayfinding, l’orientamento in
emergenza”, Antincendio, n. 1/2009
aprile 2013
antincendio
39
esodo accessibile
conoscimento e la direzionalità dei percorsi costituisce un’altra interessante
modalità.
esodo accessibile
La Circolare 4/02
dà indicazioni per la realizzazione
di spazi calmi, ma considera anche
la possibilità di realizzare adeguate
compartimentazioni
degli ambienti per risolvere
i problemi che possono insorgere
in caso di esodo attraverso
le scale. In sostanza offre altre
possibilità come uno “spazio
protetto”, che abbia le stesse
caratteristiche dello spazio calmo,
ad eccezione della presenza
del filtro a prova di fumo: soluzione
questa, proposta anche
da autorevoli riferimenti
internazionali come BS e NFPA
derà dall’affollamento dell’edificio e dal numero di persone disabili potenzialmente presenti con i relativi ausili, che lo occuperanno
in attesa dei soccorsi (punto 4).
In questo caso l’elemento di criticità è rappresentato dall’ingombro degli ausili e dei relativi
spazi di manovra, le cui caratteristiche dimensionali si possono estrarre dal D.M. 236/1989
e/o dalla ricca manualistica disponibile sull’argomento.
Infine dovrà essere posta particolare attenzione alle condizioni connesse con la permanenza delle persone al suo interno in attesa
di essere aiutate dai Vigili del fuoco o dalle
persone incaricate della gestione dell’emergenza.
S’immagini, a tal proposito, quale potrebbe
essere il loro stato d’animo una volta invitate
a fermarsi all’interno di uno spazio sconosciuto mentre le altre possono allontanarsi
utilizzando le scale.
Per lo stesso motivo dovranno essere evitate soluzioni in cui lo spazio calmo risulti “separato” anche visivamente dalla restante
parte del sistema d’esodo, rispetto al quale
dovrebbe risultare contiguo, determinando
in tal modo una sgradevole condizione di segregazione.
Alcuni semplici accorgimenti possono soddisfare tali necessità:
40
• un sistema di comunicazione con l’esterno (telefono, citofono ecc.) per segnalare
la presenza e comunicare con gli eventuali soccorritori
• aperture che permettano di porsi in relazione visiva con l’esterno, per vedere ed
essere visti, con l’obiettivo di contenere
la potenziale sofferenza indotta dalla segregazione
• eventuale presenza di posti a sedere affinché le persone, probabilmente coinvolte in una condizione di stress psicofisico connesso con la situazione, possano riposarsi in attesa di un aiuto (potrebbe essere il caso anche delle persone
che accompagnano il disabile, sia in sedia a ruote che non, chiamate a fermarsi
con lui)
• disponibilità di una planimetria del piano,
redatte anche come mappe tattili, con la
collocazione dello spazio calmo, con
l’obiettivo sia di informare sia gli utenti
dell’opera che i soccorritori sulla sua collocazione
• indicazioni scritte sulla funzione di questo
luogo e sui comportamenti da tenere, redatte anche in braille
• illuminazione di sicurezza.
Ultime, ma non per questo meno importanti, sono da considerare le modalità per individuare questo ambiente ed i percorsi per
raggiungerlo, aspetti già in parte trattati in
altra parte dell’articolo; in pratica l’attenzione dovrà essere posta al alcuni aspetti,
quali:
• la presenza di planimetrie dei piani, collocate in punti strategici dell’opera, da cui
si evinca la posizione degli spazi calmi
nel contesto delle altre informazioni ambientali finalizzate alla sicurezza antincendio (percorsi da seguire per raggiungere le scale e le uscite, idranti, ecc.)
• presenza della segnaletica di sicurezza
che ne identifichi la posizione e i percorsi
per raggiungerlo
• percorsi accessibili, non eccessivamente
lunghi e comuni a quelli degli altri occu-
antincendio
aprile 2013
esodo accessibile
Figura 6 - Schematizzazione relativa al posizionamento di uno spazio calmo nell’ambito di una scala di sicurezza
panti dell’edificio, nel senso che non vi
sia divergenza tra le indicazioni che indirizzano verso gli spazi calmi e gli altri percorsi (questa condizione si può realizzare
facilmente collocando lo spazio calmo
nell’ambito di una scala di sicurezza).
In merito alla segnaletica da impiegare non
Legenda
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Corrimano continuo
Strutture resistenti al fuoco
Sistemi di comunicazione posti all’altezza
indicata in figura 3
Eventuale sedia da evacuazione
Estintori (la bozza di documento ISO da indicazioni
di posizionarli a un’altezza tra 0,80 e 1,10 e almeno
a 0,60 m dall’angolo, affinché possano essere
utilizzabili con facilità anche da persone in sedia
a ruote)
Porte resistenti al fuoco (in questo caso sempre il
documento specifica che sulle porte siano presenti
oblo di vetro per vedere se l’apertura della porta
determina problemi a chi sta evacuando o
stazionando sulla scala)
Figura 7 - Indicazioni sulla strutturazione di uno “spazio calmo” così come proposta da una bozza di direttiva
ISO attualmente in fase di discussione (ISO/CD 21542 “Building construction. Accessibility and usability of
the built environment”), da cui si evincono anche gli altri presidi presenti
aprile 2013
antincendio
41
esodo accessibile
sono disponibili particolari direttive in merito
e nemmeno la più recente UNI EN ISO
7010:2012 (Colori e segnali di sicurezza Segnali di sicurezza registrati) fornisce indicazioni utili su questo argomento.
Sono però disponibili alcuni codici rappresentativi che in assenza di precise indicazioni stanno cominciando a diffondersi ed anche nel nostro paese, compensando in parte una mancanza dell’organismo normatore.
Una lettura pedissequa della normativa
potrebbe condurre alla conclusione che gli
spazi calmi sono necessari solo quando
specificamente richiesti e non negli altri
casi.
In realtà la predisposizione di un sistema
d’esodo non può non tener conto anche
della presenza di persone con tali necessità, argomento affrontato dalla circolare 4/02
(Linee guida per la valutazione della sicu-
rezza antincendio nei luoghi di lavoro ove
siano presenti disabili) che da indicazioni in
merito alla “realizzazione di spazi calmi, ovvero di adeguata compartimentazione degli
ambienti con l’obiettivo di risolvere i problemi che possono insorgere in caso di esodo
attraverso le scale”.
In sostanza quest’ultima apre verso altre
possibilità come uno “spazio protetto”, con
le stesse caratteristiche dello spazio calmo
ad eccezione della presenza del filtro a prova di fumo, una soluzione proposta anche
da autorevoli riferimenti internazionale come BS e NFPA.
Un’ultima e più recente evoluzione di questo
concetto è stata proposta nell’ambito della
normativa sull’edilizia ospedaliera (D.M.
18/9/2005) con l’introduzione del concetto di
“esodo orizzontale progressivo”, inteso come: “modalità di esodo che prevede lo spo-
Figura 8 - Spazi di manovra
atti a consentire determinati
spostamenti alle persone su
sedia a ruote secondo le
indicazioni del D.M. 236/89
(disegni tratti da L. Fantini,
“Progettare i luoghi senza
barriere. Manuale con
schede tecniche di soluzioni
inclusive”, Maggioli Editore,
2011)
42
antincendio
aprile 2013
aprile 2013
persone non siano a conoscenza di questa
possibilità, considerando l’allontanamento
da un edificio come l’unica risposta idonea a
tutelare la loro sicurezza.
A distanza di quasi vent’anni dal decreto sugli alberghi sono ancora molte le persone
che non conoscono questa modalità di evacuazione, benché potenzialmente interessate in caso di necessità, rendendo di fatto indifferente la presenza o meno di uno spazio
calmo.
Uno studio compiuto sulla percezione del rischio in persone con disabilità motoria ha
messo in evidenza proprio tale aspetto:
“Solamente 3 soggetti su 25 sono risultati
essere a conoscenza del concetto di “spazio calmo”.
Nessuno di loro ha mai avuto occasione di
vedere nella pratica lo “spazio calmo”. Nei
colloqui quindi è stato possibile informare i
soggetti sull’esistenza di questo luogo sicu-
antincendio
43
esodo accessibile
stamento dei degenti in un compartimento
adiacente capace di contenerli e proteggerli
fino a quando l’incendio non sia stato domato o fino a che non diventi necessario procedere ad una successiva evacuazione verso
luogo sicuro”.
Una possibilità che può essere realizzata in
ambienti suddivisi tra loro in compartimenti
singolarmente serviti da scale.
Ma la predisposizione di questo importante
presidio di sicurezza non riesce certamente
da sola a risolvere i problemi dell’evacuazione di persone con difficoltà se non viene coordinata con misure di tipo gestionale.
In effetti, se durante un incendio i vigili del
fuoco, o le squadre di soccorso aziendale,
non sono a conoscenza di questo spazio e
della possibile presenza di persone al suo interno, viene a perdere gran parte delle sue
funzioni.
Inoltre sembra che la maggior parte delle
esodo accessibile
Figura 9 - Il cartello che identifica lo spazio calmo
secondo le indicazioni della National Fire Protection
Association (NFPA 170 - Sign) diffuso negli Stati
Uniti e in molti altri contesti di respiro internazionale
come aeroporti e simili
ro, e 25 soggetti su 25 pensano che sia una
soluzione rassicurante” 4.
Sorge spontanea una riflessione: ciò che per
un “addetto ai lavori” può sembrare scontato, non sempre lo è anche per l’utente generico, che dovrà essere informato sulle potenzialità di questa nuova e diversa modalità di
evacuazione. Abituati per anni a considerare
lo sfollamento come l’unico strumento di difesa efficace, è ora necessario educare le
persone a prendere in considerazione questa nuova possibilità, utilizzando le moderne
tecniche di comunicazione.
prevenzione incendi e della valutazione dei
rischi, con le scelte conseguenti. Questi possono certamente trovare ospitalità nell’ambito di un progetto che sappia diventare un vero e proprio laboratorio innovativo dove l’applicazione di una norma, dai contenuti ragionevoli e condivisi, possa convivere con la
definizione di un continuum non semplificabile, ricco e complesso perché scandito da
innumerevoli diversità come sono le persone
reali.
In tal senso l’attenzione verso una progettazione inclusiva, più ardua perché di fatto richiede anche un più alto livello di consapevolezza e di maturità metodologica, è in grado di garantire risultati autenticamente universali e di scongiurare emarginazioni.
Bibliografia
–
–
–
–
note
–
Conclusioni
–
Gli aspetti appena considerati rappresentano parte di quelle necessità che si possono
definire “di frontiera”, ovvero ai confini dell’ordinario utilizzo che si fa della normativa di
–
–
–
–
4
44
Grattieri Laura, “Percezione del rischio in persone con disabilità motoria - Analisi qualitativa in
persone affette da patologia neuromuscolare e
nei possibili soccorritori” in
www.studiozuliani.net
antincendio
Carattin E. e Zanut S., “I principi del wayfinding,
l’orientamento in emergenza”, Antincendio, n.
1/2009
Fantini L., “Progettare i luoghi senza barriere.
Manuale con schede tecniche di soluzioni inclusive”, Maggioli Editore, 2011
Marsella S., Gentile P. e Zanut S., “Progettazione
della sicurezza antincendio negli edifici civile”,
UTET, 2009
Marsella S., Mirabelli P. e Zanut S., “Accessibilità e sicurezza dei luoghi di lavoro. Manuale per la
progettazione degli uffici e dei locali aperti al
pubblico”, ed IL SOLE 24ORE, 2005
Zanut S. e Tatano V., “Lo spazio calmo nella progettazione antincendio”, Antincendio, n. 2/2007
Zanut S. Villani T., “Alto affollamento e disabili,
una sfida per il progettista”, Antincendio 1/2008
Zanut S., “Ambienti affollati, guida alle vie d’esodo”, Antincendio, n. 11/2010
Zanut S., “Disabilità sensoriale. La sfida della sicurezza”, Antincendio, n. 9/2010
Zanut S., “L’evacuazione delle persone con disabilità”, Antincendio, n. 3/2010
Zanut S., “Progettare la sicurezza inclusiva: le linee guida dei vigili del fuoco” in atti del convegno “Sicurezza accessibile. La sicurezza delle
persone con disabilità: buone prassi tra obblighi
e opportunità - Trieste 30/4/08”, EUT Edizioni
Università di Trieste, 2009
aprile 2013
Le indicazioni progettuali
di sicurezza per le persone
con sordità
■ Consuelo Agnesi
L’abstract
Il nostro Paese presenta una realtà sempre più ricca e frammentata relativamente alla sordità e la
mancanza di informazione non dà una corretta immagine della persona con disabilità uditiva e delle
sue problematiche quotidiane.
Le difficoltà sono presenti ogni giorno, in ogni ambiente: dalla propria abitazione al luogo di lavoro,
per la carenza di accorgimenti e di servizi dedicati,
in particolar modo in caso di emergenza.
Di fronte a questa instabilità quotidiana, è importante dare un identikit della persona con disabilità
uditiva e far sì che dalla sua descrizione possano
emergere future proposte, oltre a quelle descritte,
affinché possa non essere più uno dei soggetti a
maggior rischio e possa vivere in una società sempre più inclusiva, in nome di quella corretta cultura dell’emergenza che dovrebbe riguardare ogni
singola persona, senza alcuna discriminazione.
46
a sordità è una disabilità invisibile e
sconosciuta ma tangibile con determinate esigenze e problematiche
annesse alla vita quotidiana.
Dal punto di vista medico, la sordità è definita: “Patologia dell’orecchio che si manifesta con la perdita parziale o totale dell’udito” e per comprendere meglio la gravità del
problema, si può guardare la classificazione
audiometrica delle perdite uditive elaborata
dal BIAP (Bureau International d’Audiophonologie)1. La media delle intensità soglia per
le frequenze di 500, 1000, 2000 e 4000 Hz,
viene calcolata sulla base dei parametri
L
antincendio
aprile 2013
■ L’Autore
note
Consuelo Agnesi - Architetto sordo con specializzazione in
Progettazione per Tutti e Universal Design. Dopo aver fatto
il Progetto Leonardo in Spagna come architetto e ricercatrice per l’accessibilità, presso l‘Università di Granada,
apre uno studio associato, Architettura STUDIOINMOVIMENTO, che si occupa anche di architettura sociale.
È ricercatrice, consulente e professionista per l’accessibilità per enti,associazioni e privati.
È membro OSA (Osservatorio sull’ Accessibilità) dell’ENS
onlus (Ente Nazionale Sordi) e membro CERPA (Centro
Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità).
Svolge attività di docenza in corsi professionali ed universitari in diverse facoltà italiane sulla progettazione accessibile per sordi ed è autrice di contributi e pubblicazioni
tecnico scientifiche in materia. Nel 2009 viene premiata
per il libro “Barriere architettoniche e barriere sensoriali”
e ha realizzato diversi progetti di accessibilità a livello
nazionale.
aprile 2013
mento della vita può avere una condizione di
salute che in un ambiente sfavorevole diventa disabilità”.
L’invisibilità della sordità traspare anche attraverso le statistiche, in quanto non si è in
grado di avere un quadro completo ed esaustivo su di essa, sia sui fattori che sugli elementi che possono condizionare diversi tipi
di approccio al problema, da quello medico
a quello sociale.
Si fa così riferimento a stime approssimative
che provengono da alcune indagini e dal
mondo dei servizi sanitari e sociali.
L’ISTAT, grazie ad un’indagine campionaria
riferita al periodo 2004-2005 sulla “Condizione di salute e ricorso ai servizi sanitari” e basata sulla definizione di disabilità proposta
dall’Organizzazione Mondiale della Salute
nella “Classificazione Internazionale delle
Menomazioni, Disabilità e Handicap”
(ICIDH)3 del 1980, è riuscita a fornire dei dati sistematici ed organizzati a livello territoriale sulle persone con disabilità ed a operare
anche una distinzione tra le disabilità senso1 Classificazione audiometrica delle perdite uditive
eseguita dal BIAP (Bureau International
d’Audiophonologie) nel 1997 per rilevare la
gravità dell’ipoacusia.
2 La
Classificazione
Internazionale
del
Funzionamento, della Disabilità e della Salute
(ICF) è uno strumento elaborato dalla OMS per
descrivere la salute e la disabilità della
popolazione ed è stata adottata in vari settori
socio sanitari. Rappresenta una concezione
rivoluzionaria nel campo della disabilità che per la
prima volta tiene conto dei fattori contestuali ed
ambientali in cui un soggetto vive. Molti
professionisti
ne
fanno
uso
nell’area
assicurativa,dell’economia,dell’istruzione, del
lavoro,della sicurezza e in ambito legislativo.
3 “Classificazione
Internazionale
delle
Menomazioni, Disabilità e Handicap” (ICIDH) del
1980 che è rimasta in vigore fino al 2001. Con un
approccio bio-psico sociale, questa prima
edizione presenta le argomentazioni sulle
terminologie utilizzate per definire i concetti di
menomazione,disabilità ed handicap.
Quest’ultimo viene completamente sostituito nel
2001, grazie alla Classificazione Internazionale
del Funzionamento,della Disabilità e della Salute
e diventa partecipazione o meno ad attività.
antincendio
47
sicurezza e sordità
d’intensità (misurata in decibel) ed altezza
(misurata in hertz) dei suoni percepiti. Di
conseguenza l’entità della perdita uditiva
viene individuata in quattro gradi di ipoacusia da cui emerge anche la differenza di percezione delle frequenze (basse, medie, alte)
che spesso si incontra in soggetti ipoacusici e si può dedurre che al di sopra dei
25/40dB si parla di sordità lieve, media e
grave. Inoltre la sordità è riconosciuta in termini legali, ai sensi della legge 26 Maggio
1970, n. 381, in cui le persone con disabilità uditiva vengono considerate sordomute:
“i minorati sensoriali dell’udito affetti da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la
sordità non sia di natura esclusivamente
psichica o dipendente da causa di guerra, di
lavoro o di servizio”.
La definizione di sordomuto è stata sostituita con l’espressione sordo grazie alla legge
20 Febbraio 2006, n. 95.
L’attuale definizione arriva con la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF)2, sviluppata
dall’Organizzazione Mondiale della Salute
(OMS), che ha rivoluzionato completamente
la definizione di disabilità, introducendo il
termine di persona con disabilità uditiva come “Qualunque persona in qualunque mo-
sicurezza e sordità
note
riali nel sito web “Disabilitàincifre” che
espone dati statistici sulle persone con disabilità in relazione al progetto “Sistema di
Informazione Statistica sulla Disabilità”, promosso dal Ministero della Solidarietà Sociale4 (oggi del Ministero Lavoro e delle Politiche sociali).
Tale indagine è stata aperta per esaminare
specifiche dimensioni del problema: la dimensione fisica (funzioni della mobilità e della locomozione); la sfera di autonomia nelle
funzioni quotidiane (attività di cura della persona); la dimensione della comunicazione
(funzioni della vista, dell’udito e della parola).
L’indagine identifica 4 tipologie di disabilità5
tra cui quelle sensoriali (difficoltà di sentire,
vedere o parlare) prendendo in considerazione le persone con disabilità da 6 anni in su.
Secondo tale indagine, le disabilità sensoriali coinvolgono l’1,1% della popolazione di 6
anni mentre i dati relativi alle invalidità permanenti, riferite a tutte le età, fanno emergere che l’1,7% della popolazione ha problemi
di udito più o meno gravi e lo 0,1% della
stessa ha sordità prelinguale. Un’altra fonte
autorevole è quella dell’Associazione Italiana
per la Ricerca sulla Sordità6, la quale evidenzia che sono 7 milioni gli italiani che convivono con la sordità, pari al 10% della popolazione, ogni anno nascono da 600 a
1.200 bambini sordi, il trend è in aumento, si
prevede un incremento del 4%-6% ogni anno e come invalidità permanente rappresenta il 25%-30% di tutte le cause di invalidità.
In sintesi, i sordi sono circa l’1 per mille della popolazione ma è bene sapere tenere a
mente che sono una categoria eterogenea,
ricca di realtà molto diverse tra di loro, un
universo sconfinato ancora tutto da esplorare. Ad esempio possiamo avere persone con
disabilità uditiva che grazie alle protesi o all’impianto hanno la possibilità di udire ma la
grande difficoltà rimane quella del corretto
riconoscimento del suono e quindi qualsiasi
messaggio vocale potrebbe essere frainteso
ed allo stesso tempo possiamo avere anche
persone che non riescono a sentire nulla anche utilizzando protesi.
Detto questo, al giorno d’oggi in Italia non si
è ancora in grado di poter quantificare con
dati alla mano in quali situazioni di pericolo
le persone con disabilità uditiva corrono un
maggiore rischio, se non sulla base di testimonianze dirette e raccolte personali di
esperienze; inoltre nei dati statistici stessi
non viene evidenziato quale aumento di rischio hanno le persone con disabilità e che
non è noto il numero di vittime “evitabili” in
tali casi.
Si fanno affidamento sulle statistiche a livello internazionale, le quali riportano un alto
tasso di mortalità in incendi, incidenti domestici e disastri naturali.
Criticità connesse
ed il significato di non sentire
La persona con disabilità uditiva vive in un
mondo dove la comunicazione gioca un ruolo da protagonista e di conseguenza viene
emarginata perché non può partecipare attivamente o afferrare tutto ciò che non sia visibile ai loro occhi.
Di conseguenza per un reale inserimento
nella società odierna, il mondo sonoro deve
4 ISTAT, “ La disabilità in Italia. Il quadro della statistica ufficiale”, 2009 (fonte www.istat.it)
(fonte www.disabilitaincifre.it)
5 Le 4 tipologie di disabilità sono: confinamento individuale (costrizione a letto, su una sedia non a rotelle o in
casa), disabilità nelle funzioni (difficoltà nel vestirsi, nel lavarsi, nel fare il bagno, nel mangiare), disabilità nel
movimento (difficoltà nel camminare, nel salire le scale, nel chinarsi, nel coricarsi, nel sedersi), disabilità
sensoriali (difficoltà a sentire, vedere o parlare).
6 A.I.R.S. onlus, Associazione Italiana per la Ricerca sulla Sordità, “Consistenza del
campione nazionale” (fonte www.associazioneairs.org)
(fonte www.numedionline.it/numedi/document/comairs.html)
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antincendio
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aprile 2013
zioni di pericolo ed emergenza, la fruizione
dell’ambiente in generale, resta un’incognita
tangibile per le persone sorde, in quanto tutto ciò che viene veicolato attraverso messaggi sonori rimane uno scoglio insormontabile e spesso si deve ricorrere ad alcuni accorgimenti, affinché la fruizione dell’ambiente, per chi non sente, diventi un’esperienza
consapevole sia dal punto di vista della sicurezza che dell’autonomia.
Non sentire una sveglia o una chiamata vocale, non sentire un allarme acustico che segnali la fuga del gas o un principio di incendio fanno parte del rischio quotidiano.
Si crea di conseguenza una condizione particolare di inconsapevolezza in cui la persona con disabilità uditiva è a rischio senza esserne al corrente, non ricevendo in tempo
reale la segnalazione ambientale avvenuta in
quel momento.
antincendio
49
sicurezza e sordità
essere tradotto in visibilità, al fine di garantire loro una concreta accessibilità. Proprio
per questo, la sordità è una disabilità molto
grave e spesso sottovalutata: non si tratta
infatti di una mera incapacità di “sentire”
quanto delle conseguenze che da queste
derivano, correlate all’impossibilità di ricevere un feedback uditivo e apprendere quindi
in modo naturale e spontaneo il linguaggio
vocale (e scritto).
Ciò comporta purtroppo grandi difficoltà di
apprendimento e di acquisizione delle informazioni, anche le più elementari, che pongono costantemente la persona sorda in situazioni di grande isolamento e discriminazione
sociale. Molti contesti sociali, didattici e lavorativi, servizi, uffici pubblici della cosiddetta “società dell’informazione globale” infatti
risultano per lo più inaccessibili alle persone
sorde. Nel caso specifico relativo alle situa-
sicurezza e sordità
Il momento del soccorso
può essere alterato
da diversi fattori
di incomunicabilità,
tra i quali le particolari condizioni
ambientali: gli spazi poco illuminati,
non segnalati in modo idoneo,
o poco fruibili dal punto
di vista dell’orientamento
e una comunicazione
dell’emergenza scorretta, equivoca
ed incomprensibile
note
Se per una persona in condizioni normali è
sufficiente recepire il segnale ambientale di
allarme, cosa che la porta ad elaborare rapidamente l’informazione e successivamente
a gestire la situazione che si è creata attraverso la fuga o dei movimenti opportuni, per
la persona con disabilità uditiva la situazione
diventa critica dal momento in cui è inconsapevole di ciò che succede e di conseguenza
rischia il pericolo senza averne neanche coscienza. Dal punto di vista psicologico si può
creare, oltre all’inconsapevolezza al momento della segnalazione stessa anche un’altra
condizione, una volta che si elabora l’informazione, dove prevale ansia e panico da comunicazione nell’attimo in cui essa si trova
davanti ad un operatore o ad una persona,
che tenta di instaurare un dialogo e prestare
soccorso.
Il momento stesso del soccorso può venire
alterato da diversi fattori di incomunicabilità
come particolari condizioni ambientali, spazi
poco illuminati, non segnalati in maniera idonea o scarsamente fruibili dal punto di vista
dell’orientamento mentre dal punto di vista
della comunicazione stessa, attraverso equivoci ed incomprensioni nel tentativo di spiegare l’accaduto da entrambi le parti.
Se ci si trova davanti a una persona sorda
che parla la British Sign Language7, straniera in questa terra e senza alcuna conoscenza dell’italiano come ci si comporta?
O se il soccorritore non ha alcuna dimestichezza, né esperienza con le persone sorde
e inizia ad urlare o a parlare senza fermarsi o
ponendosi controluce, senza prestare la dovuta attenzione? La comunicazione diventa
una barriera insormontabile ed inevitabile.
Spesso sono venute alla luce alcune situazioni che hanno messo in seria difficoltà la
persona con disabilità uditiva come rimanere bloccati all’interno di un ascensore in cui
l’unica modalità di comunicazione con
l’esterno è attraverso il canale sonoro fino a
casi di emergenza come i recenti terremoti
ed alluvioni.
Numerosi sono gli episodi legati alla mancanza di segnalazione visiva, uno su tutti lo
stato di allerta che viene diffuso attraverso
l’altoparlante a tutta la popolazione in un
momento critico. Come possono le persone
con sordità ricevere tale comunicazione?
Come possono trovare una via di fuga quando viene loro negata? Un’altra barriera innalzata. Considerazioni che fanno capire quanto sia importante sviluppare una corretta comunicazione dell’emergenza e studiare la
psicologia della persona con disabilità uditiva in stato di emergenza, quanto sia necessario garantirne la sicurezza nel momento in
cui essa è impotente ed agevolarne l’autonomia.
Proposte progettuali
Per trovare soluzioni progettuali a tale problema, è necessario tenere a mente una sola, eloquente frase: “Ascoltare con gli occhi”.
Si deve prestare attenzione alla progettazione degli ambienti sia dal punto di vista architettonico che da quello tecnologico, seguen-
7 British Sign Language è la Lingua dei Segni Inglese. La Lingua dei Segni non è universale in quanto come le
lingue vocali, le lingue dei segni si sono sviluppate all’interno delle comunità delle persone sorde in maniera
spontanea, quindi ogni comunità ha la sua. Abbiamo così una lingua dei Segni per ogni Paese ed in Italia
esistono anche varianti regionali in affinità ai dialetti della lingua vocale.
50
antincendio
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sicurezza e sordità
note
do un solo filo conduttore, la corretta comunicazione plurisensoriale di tutte le informazioni. Spazi aperti al controllo visivo, ad una
adeguata segnaletica, all’integrazione di accorgimenti che consentano una traduzione e
codificazione visiva di informazioni sonore.
Scopo principale è garantire l’accessibilità
della sicurezza attraverso diversi escamotage che consentano una corretta traduzione
visiva, uditiva e a vibrazione di ogni comunicazione per le persone con disabilità e non,
nel pieno rispetto dei sette principi dell’Universal Design8, i quali hanno come obiettivo
l’integrazione architettonica ed inclusiva e di
conseguenza, anche della sicurezza senza
alcuna discriminazione.
Seguendo i criteri generali stabiliti dal D.M.
10/03/98 - Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei
luoghi di lavoro (G.U. 7 aprile 1998, n. 81,
suppl. ord.) ed il suo approfondimento contenuto nelle linee guida diffuse con la Circolare 1 marzo 2002, n.4 - “ Linee guida per la
valutazione della sicurezza antincendio nei
luoghi di lavoro ove siano (o possano essere) presenti persone disabili” in cui si trovano
prescrizioni a carattere progettuale, gestionale e di intervento mirati a raggiungere il miglioramento del livello di sicurezza nei luoghi
di lavoro in relazione alla valutazione compiuta, si possono estrapolare delle linee progettuali specifiche dedicate alla sicurezza
degli ambienti per le persone con disabilità
uditiva.
Una corretta mobilità e fruibilità degli ambienti in caso di emergenza e non, può essere consentita attraverso una attenta progettazione della struttura sia nella sua disposizione spaziale che nell’integrazione di accorgimenti appositi e nella realizzazione di
8 Bettye Rose Connell, Mike Jones, Ron Mace, Jim Mueller, Abir Mullick, Elaine Ostroff, Jon Sanford, Ed
Steinfeld, Molly Story and Gregg Vanderheiden, with major funding provided by the National Institute on
Disability and Rehabilitation Research and the U.S. Department of Education, Copyright 1997, NC State
University, The Center for Universal Design. Le linee guida per l’applicazione sono state elaborate nel 1999 e
riviste nel 2002. Versione in italiano contenuta in: “Progettare per tutti. Dalle barriere architettoniche
all’accessibilità.” Atti del workshop a cura di Maria Cristina Azzolino ed Angela Lacirignola. Aracne Editrice,
2011 pag. 30 – 31
52
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mente la confusione informativa che può essere data dalla distribuzione occasionale
della segnaletica visiva e tattile e la ridondanza di tali informazioni come la sovrapposizione di più elementi di comunicazione nello stesso luogo.
Per un corretto wayfinding le comunicazioni
devono essere chiare e comprensibili ed
ogni elemento deve avere la sua giusta collocazione. Una corretta pianificazione del sistema di illuminazione che consenta alle persone con disabilità uditiva di poter avere
maggiore visibilità degli ambienti e delle persone al momento della comunicazione verbale.
Una giusta strategia di disposizione spaziale
garantisce alla persona con disabilità uditiva
di avere maggiore controllo dell’ambiente
circostante e delle informazioni.
Deve essere attuata una opportuna organiz-
antincendio
53
sicurezza e sordità
determinati impianti tecnici e inoltre per una
corretta gestione dell’emergenza, attraverso
un’attenzione alla pianificazione dello schema di evacuazione ed alla prevenzione.
Per una comunicazione ambientale in tutte le
sue forme, si deve progettare un’adeguata
segnaletica che consenta di riconoscere le
vie di esodo e che sia di orientamento per la
riconoscibilità dei luoghi, percepibile attraverso la vista e il tatto.
Tale segnaletica può essere realizzata sotto
forma di pannelli, segnaletiche e cartelli che
indichino la direzione, consentano l’identificazione e rendano accessibili le informazioni
relative ai luoghi seguendo le prescrizioni
stabilite in modo che sia garantita la leggibilità (misure, altezze, tipo di carattere, contrasto carattere-sfondo, colori ideali e così via).
Va sottolineato che è fondamentale nella
progettazione degli spazi evitare accurata-
sicurezza e sordità
Per la traduzione di chiamate vocali e di segnalazioni d’emergenza si possono utilizzare
determinati servizi forniti dai dispositivi mobili, come le applicazioni su android o i-phone o le comunicazioni in caso di emergenza
attraverso servizi di sms, chat e/o e-mail.
Sarebbe importante
realizzare appositi
corsi di formazione
e sensibilizzazione del personale
per fornire una informazione
corretta e seguire semplici regole
di comportamento,
nonché imparare a comunicare
in tempi adeguati e soprattutto
senza generare panico ulteriore,
facendosi trovare preparati
in ogni evenienza
La gestione dell’emergenza:
dalla segnalazione del pericolo
alla modalità di relazione
zazione degli spazi per l’emergenza, attrezzati e resi idonei alle persone con disabilità
uditiva, con la presenza di dispositivi che
consentono la comunicazione in caso di
emergenza, in base alle direttive prescritte
dal D.M. 9/4/94 per lo spazio calmo e dal
D.M. 236 del 14/6/1989 - art.4.3. specifico
per la segnaletica.
È necessaria l’installazione del sistema d’allarme a modalità plurisensoriale (visiva, uditiva e a vibrazione) per l’emergenza. Tale sistema deve consentire un’immediata comunicazione del pericolo a tutti, persone con
disabilità e non.
È consigliabile l’installazione di un sistema
che consenta la traduzione simultanea di
suoni e rumori attraverso dispositivi lampeggianti e/o luminosi, vocali ed a vibrazione in
modo da eliminare qualsiasi barriera di comunicazione.
Nello specifico si deve prestare attenzione al
suo posizionamento per evitare l’oscuramento e/o mascheramento visivo e assicurare la sua presenza in tutti i luoghi, servizi
igienici compresi, rispettando le caratteristiche tecniche descritte dalle specifiche legislative del D.Lgs. 493/1996, in particolare
negli allegati VI e VII ed alle normative UNI
9795 - 1838 e CEI 100 - 55 - 21 - 39.
Sono possibili comunicazioni alternative per
le persone con disabilità uditiva attraverso le
nuove tecnologie nei luoghi in cui non siano
presenti allarmi visuali.
54
Di fronte all’incapacità di prevedere l’imprevedibile si cerca di diffondere una cultura
dell’emergenza che coniughi prevenzione,
cultura ed educazione insegnando alla popolazione a ragionare a breve termine ed ad
avere una comunicazione chiara e comprensibile dell’ambiente e delle sue calamità.
Si ribadisce quindi una maggiore attenzione
alla corretta comunicazione dell’emergenza
ed alla psicologia della persona in stato di
emergenza come fattori rilevanti nella pianificazione delle vie di evacuazione e dei sistemi di sicurezza in ogni ambiente.
Studiare misure di prevenzione adeguate sia
per la sicurezza dei luoghi che per il comportamento in caso di emergenza contribuisce ad evitare il puro caos sociale ed il panico nella popolazione.
A partire dalla comunicazione dell’emergenza: la segnalazione di pericolo imminente
deve pervenire in tempi adeguati e attraverso appositi dispositivi mobili, spazi ad hoc e
una corretta formazione del personale preposto al controllo degli spazi.
Se si volge lo sguardo al mondo, ai diversi
Paesi vittime di disastri naturali si possono
scoprire interessanti modalità di comunicare
l’emergenza che hanno dato buoni risultati
anche in fase gestionale.
In Giappone ogni volta che un terremoto è
sopra la media, a ciascun cittadino viene inviato un sms con la vibrazione che segnala
l’evento.
Negli Stati Uniti si utilizza il moderno social
network Twitter per lanciare SOS con un semplice cinguettio.
antincendio
aprile 2013
note
sicurezza e sordità
Ma l’Italia non sta a guardare e può vantare
progetti pilota di comunicazione dell’emergenza, specifici per le persone con disabilità
uditiva, come “Un SMS Per la Vita”9, attivo in
circa 40 province e gestito dall’Ente Nazionale Sordi (ENS) in collaborazione con le Questure ed in fase di unificazione a livello nazionale mediante applicazioni dedicate.
È un servizio molto pratico ed aperto a molteplici funzioni, in cui la persona al momento
del soccorso può inviare un messaggio di
aiuto attraverso il proprio cellulare o smartphone.
Come il 115-for-deaf 10 realizzato dai Vigili del
fuoco in collaborazione con l’ENS del Veneto,
un sistema che consente alle persone sorde
di chiamare il 115 per qualsiasi emergenza.
Allo stesso tempo la modalità di relazione in
caso di emergenza è un argomento più complesso in quanto ha risvolti psicologici non
trascurabili oltre che processi attuativi che richiedono maggiori risorse e tempo.
Questo perché per saper comunicare in tempi adeguati e sopratutto nel momento senza
infondere ulteriore panico bisogna essere
preparati ad ogni evenienza.
Si dovrebbero attivare degli appositi corsi di
formazione e di sensibilizzazione del personale in modo da fornire una corretta informazione in materia e seguire alcune semplici regole di comportamento.
È importante inoltre essere a conoscenza
dell’eterogeneità dei percorsi educativi ed
esperienze di vita delle persone con disabilità uditiva, puntando sulla modalità di comunicazione visiva utilizzando due diversi
canali: la labio lettura e la Lingua dei Segni
Italiana. Nel primo e nel secondo caso è fondamentale prestare attenzione a come ci si
posiziona e se ci sia abbastanza luce da
consentire un’agevole comunicazione.
Mai voltare le spalle, mai porsi controluce o
avere il viso in ombra, mai camminare e mettere la mano davanti la bocca. Occorre parlare normalmente, in modo chiaro e senza
accentuare troppo i movimenti labiali, scandire bene le parole e non essere affrettati, né
lenti. Utilizzare concetti chiari e semplici e se
occorre aiutarsi con una maggiore gestualità
o con la scrittura.
Alternare la spiegazione orale alle indicazioni visive, non contemporaneamente; se si ha
competenza in Lingua dei Segni, utilizzarla
per spiegare la situazione.
Altri possibili accorgimenti indicati sono: prima di tutto chiamare le persone con disabilità uditiva in maniera tattilo-gestuale (colpire
delicatamente sulla spalla o richiamare l’attenzione agitando le mani e tenere conto del
loro presumibile stato di ansia e stress di chi
9 SMS per la Vita realizzato da Rocco Roselli e Giorgio Kostadimas per l’ENS di Padova in collaborazione con
la Questura. In caso di necessità, la persona sorda può inviare un messaggio sms codificato in relazione al
tipo di soccorso richiesto ad un numero dedicato.
(fonte www.ensveneto.it; www.enspadova.org)
10 115-for-deaf, un sistema, sviluppato da IES Solutions, che serve a dare alle persone sorde la possibilità di
chiamare il 115. In pratica è un appplicativo web in grado di mettere in contatto l’utente con la sala operativa
dei Vigili del Fuoco, ovviando alla difficoltà che una persona sorda avrebbe nel telefonare al 115.
(fonte http://www.vigilfuoco.it/aspx/download_file.aspx?id=9818)
aprile 2013
antincendio
55
sicurezza e sordità
abbiamo di fronte in una situazione critica).
L’assenza generale di comunicazione in caso di emergenza può portare a diverse condizioni: il non capire cosa sia successo e come. Per cui essere pronti a dare più informazioni possibili pertinenti al momento con la
massima calma e rispettando il nostro interlocutore e le sue esigenze.
Esistono anche strumenti tecnologici per la
comunicazione in caso di soccorso come il
sistema SLEC11 (Sign Language Emergency
Communicator) che è un dispositivo sperimentale realizzato dall’Università di Udine
che consente di comunicare attraverso il cellulare, in caso di impossibilità o shock, in
Lingua dei Segni Italiana e in messaggi predefiniti.
Bibliografia
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Conclusioni
Il mondo della sordità è un territorio da scandagliare in ogni suo singolo aspetto affinché
si possa analizzare ogni situazione di pericolo ed emergenza e trovare ogni volta il bandolo della matassa per poter parlare seriamente di un cammino in sicurezza, un cammino in autonomia nel pieno rispetto della
persona stessa. Si auspica in tal senso, una
maggiore attenzione alle problematiche annesse alla sicurezza per chiunque, non solo
per le persone con disabilità. Si auspica che
si concretizzi il discorso sulla prevenzione,
sul cambio di rotta che porti a vedere il mondo con occhi diversi, che si abbia un mondo
dove ogni persona possa sentirsi veramente
“a casa”, senza alcuna barriera.
Un mondo di tutti.
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Fonti sitografiche
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–
note
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11 SLEC
(Sign
Language
Emergency
Communicator) è un sistema mobile che
supporta la comunicazione tra pazienti sordi che
comunicano in Lingua dei Segni Italiana ed i
soccoritori del 118.
(fonte http://hcilab.uniud.it/soccorsodisabili/risultati.html)
56
Bettye Rose Connell, Mike Jones, Ron Mace,
Jim Mueller, Abir Mullick, Elaine Ostroff, Jon
Sanford, Ed Steinfeld, Molly Story and Gregg
Vanderheiden, with major funding provided by
the National Institute on Disability and Rehabilitation
Research and the U.S. Department of Education,
Copyright 1997, NC State University, The Center
for Universal Design
Le linee guida per l’applicazione sono state elaborate nel 1999 e riviste nel 2002
Versione in italiano contenuta in: “Progettare per
tutti. Dalle barriere architettoniche all’accessibilità”. Atti del workshop a cura di Maria Cristina
Azzolino ed Angela Lacirignola. Aracne Editrice,
2011 pag. 30 - 31
Lucia Baracco, Erika Cunico, Paolo Caporossi,Flavio Fogarolo, Franco Frascolla, Gianni Virgili, “Questione di leggibilità”. Comune di Venezia,
2005
Stefano Zanut, Il soccorso alle persone disabili:
indicazioni per la gestione dell’emergenza, Quaderno del Ministero dell’Interno -Dipartimento
dei Vigili del fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile
Stefano Zanut, “La disabilità sensoriale. La sfida
alla sicurezza.” Antincendio, 2011
Consuelo Agnesi ed Emanuela Zecchini, “ Barriere architettoniche e barriere sensoriali”, Edizioni UNICAM, 2009
Consuelo Agnesi, “Ascoltare con gli occhi. Progettare per una barriera invisibile: i non udenti” in
“Progettare per tutti. Dalle barriere architettoniche all’accessibilità”. Atti del workshop a cura di
Maria Cristina Azzolino ed Angela Lacirignola.
Aracne Editrice, 2011
–
–
–
antincendio
ISTAT, “La disabilità in Italia. Il quadro della statistica ufficiale”, 2009 (fonte www.istat.it) (www.disabilitaincifre.it)
C.A.B.S.S. Onlus, Centro di Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi onlus, “Dati statistici
sulla sordità in Italia”, (fonte www.cabss.it)
A.I.R.S. onlus, Associazione Italiana per la Ricerca sulla Sordità, “Consistenza del campione nazionale” (fonte www.associazioneairs.org) (fonte
www.numedionline.it/numedi/document/comairs.html)
E.N.S. Onlus, Ente Nazionale Sordi Onlus (fonte
www.ens.it)
I.S.S.R., Istituto Statale Sordi di Roma, Sportello
di Informazione e Consulenza sulla sordità (fonte
www.istitutosordiroma.it)
BIAP, Bureau International d’Audiophonologie
aprile 2013
Autismo e interpretazione
dell’allarme:
il sistema di comunicazione
■ Teresa Villani
L’abstract
L’O.M.S., in un rapporto del 2010, definisce le persone con
disabilità mentale, uno dei gruppi più vulnerabili al mondo
e richiama governi e società civile ad attuare strategie per
migliorare le loro condizioni di sicurezza e la qualità di vita.
Lo studio analizza la patologia dell’autismo e delinea un
percorso metodologico che, dall’identificazione dei profili
di esigenze, intese come caratteristiche cognitive, comportamentali, ma anche come aspettative, attitudini e desideri, indirizzi i progettisti nella scelta dei sistemi di comunicazione dell’allarme.
Tale studio motivato dai complessi problemi sensoriali, tipici dei disturbi dello spettro autistico, fa emergere come le
soluzioni tecnologiche, maturate in fase progettuale, attivino un circolo virtuoso che stimola le capacità residue delle persone autistiche attraverso forme di comunicazione il
più possibile appropriate, che possono diventare un’ulteriore risorsa per tutti.
58
o spazio fisico, con le sue connotazioni morfologico-dimensionali, funzionali ed ambientali può promuovere la sicurezza, contenere la paura, facilitare l’orientamento, ridurre il senso di
frustrazione attraverso il livello di sicurezza
percepita da persone con autismo.
È sempre più diffusa la consapevolezza
del contributo terapeutico della progettazione di spazi e ambienti “sicuri”, capaci di
configurare un sistema integrato che non
può incidere sicuramente sul decorso naturale della malattia, ma può contribuire a
ridurre problemi comportamentali e sintomi psicotici.
L
antincendio
aprile 2013
■ L’Autore
note
Teresa Villani - Architetto, PhD, Ricercatore universitario
in Tecnologia dell’Architettura, svolge attività di ricerca
presso il Dipartimento di Design, Tecnologia
dell’Architettura, Territorio e Ambiente (DATA)
dell’Università Sapienza di Roma sulle tematiche riferite
al Design for All, all’innovazione tecnologica di materiali
e componenti e alla sicurezza e protezione dell’utenza
debole.
Su tale argomento svolge attività seminariale presso il
Master Internazionale di II livello Architetture per la salute, organizzato in collaborazione con il Ministero Affari
Esteri e l’Università Sapienza di Roma.
aprile 2013
zare l’azione progettuale, non può non assumere come principi guida connotanti la
flessibilità e l’adattabilità ed essere rispettoso delle esigenze espresse o implicite degli utenti, anche in relazione alle fasce di
età.
Autismo e sicurezza: identificazione
delle criticità ambientali e tecnologiche
Le persone affette da autismo1 sono caratterizzate da una reattività atipica a tutti gli stimoli sensoriali.
Una delle peculiarità, sulla quale i requisiti
degli spazi costruiti e dei dispositivi impiantistici incidono in maniera diretta, sta nella
capacità, da parte di questa tipologia di
utenti, di riconoscere i dettagli e spesso nella difficoltà a concepire l’insieme. Un tratto
comune risulta inoltre l’attenzione ossessiva
verso alcuni dettagli. Di conseguenza essi
necessitano di spazi e sistemi di comunicazione molto strutturati, nei quali i punti di riferimento siano concreti e prevedibili.
Dagli studi di psicologia ambientale2 e da
1 Secondo studi di settore i disturbi pervasivi dello
sviluppo, tra i quali l’autismo, sono in aumento.
La Commissione Europea ha già da tempo
affermato che l’autismo sta diventando la
disabilità evolutiva con la maggiore incidenza.
Secondo i dati Eurispess in Italia vi sono 6-10
nati autistici su 10.000, con forme di gravità
diverse. L’Organizzazione Mondiale della Sanità
dichiara che l’autismo colpisce 1 persona su
150. La risposta dell’Italia al problema è ancora
debole. Dal Tavolo Nazionale di lavoro
sull’autismo, promosso dal Ministero della
Salute, che ha condotto i lavori fino a maggio
2008, sono emerse solo delle enunciazioni di
principio. Per grandi linee si è definito il “quadro
dei bisogni e delle problematicità”, ma questo
non ha dato seguito a provvedimenti e a
stanziamenti effettivi.
2 cfr. Bonnes, M., Fornara, F., Bigotta, E.,
Bonaiuto, M., (2010), Psicologia ambientale,
luoghi di cura e progettazione dello spazio per
l’autismo, in in Giofrè, F., (Ed.),(2010), Autismo
protezione sociale e architettura, Firenze: Alinea
Editrice;
antincendio
59
autismo e sicurezza
Tale consapevolezza assume maggiore significatività quando i fruitori degli spazi sono
affetti da una patologia come quella dell’autismo, i cui esiti sono ancora poco conosciuti seppur molto indagati. Nell’autismo i modelli di comportamento non sono affatto codificabili, prevedibili e risultano poco approfonditi soprattutto gli effetti psico-fisici che
le diverse forme di interazione ambientale
possono provocare.
È utile quindi delineare le maggiori forme di
vulnerabilità che tale patologia determina a
cui, attraverso soluzioni progettuali efficaci,
si può offrire una risposta in termini di prestazioni.
Un approccio sistemico nella logica esigenziale/prestazionale, accanto ad un’approfondita conoscenza delle diverse tecnologie disponibili sul mercato può sicuramente ridurre il margine di errore progettuale, guidando
le scelte tecniche verso il soddisfacimento
del requisito di sicurezza.
Per questo è necessario che gli operatori
della progettazione siano informati su che
cos’è l’autismo, quali disturbi provoca, che
origini ha, quali sintomi presenta, quali sono
le diverse modalità di interazione con i familiari e gli estranei, a quali distorsioni sensoriali sono più esposti e di quali condizioni di
sicurezza necessitano.
È necessario chiarire che non esiste un’unica forma di autismo, ma esistono diversi
“autismi” che differenziano un individuo da
un altro e di conseguenza, qualsiasi percorso metodologico che si candida ad indiriz-
autismo e sicurezza
In alcune forme di autismo
le capacità uditive subiscono
delle alterazioni.
I soggetti possono sentire
suoni quasi impercettibili,
o essere disturbati
dalla confusione, o dai rumori
probabilmente perché questi
vengono scomposti
in mille impulsi
a cui il cervello reagisce
senza nessun filtro
note
esperienze sul campo3 si deduce che la
strutturazione degli ambienti ha lo scopo di
rendere inequivocabile lo spazio in cui si intende proporre un’attività.
Esso - in qualunque luogo si trovi - casa,
scuola, centro riabilitativo, ecc. - deve sempre essere ben organizzato in modo da ridurre ambiguità e imprevisti: la persona con
autismo, infatti, comprende meglio ed è più
collaborativo se lo spazio di lavoro è ben definito, sempre lo stesso e non presenta stimoli che creano distrazioni.
Il soggetto dovrà quindi riconoscere chiaramente, nei diversi ambienti di vita, lo spazio
in cui sedersi per lavorare a tavolino, quello
in cui giocare nel tempo libero, dove mangiare, ecc. trovandolo fisicamente definito
con l’aiuto di sedie, tavolini, divisori, etichette personalizzate, tappeti, ma anche con la
scelta di finiture interne che presentino geometrie semplici e regolari.
Un ruolo importante viene attribuito anche
alla progettazione di arredi e illuminazione.
Misure semplici per prevenire incidenti, cadute, eccessivi stimoli sensoriali, ecc. sono
quelle di utilizzare sempre luce indiretta, eliminare superfici riflettenti che creano riverberi, potenziare l’uso della luce naturale con
sistemi di oscuramento automatico.
Altri suggerimenti emersi durante l’attività di
briefing con psicoterapeuti riguardano soluzioni tecniche per eliminare i corridoi e fare in
modo che gli ambienti si affaccino su piccoli soggiorni caratterizzati da oggetti riconoscibili, perseguendo il principio di “total visual access”.
Queste connotazioni dello spazio presentano delle ricadute dirette anche sulla sicurezza in quanto se la persona si sente confortata nel suo spazio, è anche più disposta a collaborare in caso di emergenza.
Un’ulteriore difficoltà è quella di non saper
attribuire alle diverse attività, che la persona
autistica è chiamata a svolgere, un significato socialmente condiviso che costituisce di
solito lo stimolo dell’apprendimento.
Questo, per esempio in ambito scolastico,
determina una difficoltà oggettiva nel far apprendere ad un bambino autistico le modalità di evacuazione in caso di emergenza e fare in modo che impari a riconoscere una segnalazione di allarme.
Inoltre, in alcune forme di autismo, le capacità uditive subiscono delle alterazioni. In genere i soggetti possono sentire suoni quasi
impercettibili o essere disturbati dalla confusione o dai rumori, probabilmente proprio
per il fatto che questi vengono scomposti in
mille impulsi a cui il cervello reagisce senza
nessun filtro.
A volte la sensibilità ad un particolare suono, come l’allarme antincendio, può essere
desensibilizzata registrando il suono su un
registratore per poi riproporlo; ciò permetterà al bambino di far iniziare il suono ed
aumentarne gradualmente il volume autonomamente, controllare la ripetizione del
suono e lentamente apprenderne anche il
significato4.
Proprio questo ultimo aspetto legato alla
3 Molti dei suggerimenti progettuali trovano riscontro nelle strutture progettate dallo studio GA Architects, un
gruppo di architetti che dal 1996 sviluppa studi e ricerche finalizzati alla progettazione di ambienti per il
supporto delle persone con autismo (Regno Unito). http://www.ga-architects.com/
4 Tale pratica viene suggerita da un studio condotto dall’Indiana Resource Center for Autism. Temple Grandin
(2002), Teaching Tips for Children and Adults with Autism, http://www.iidc.indiana.edu/?pageId=601.
60
antincendio
aprile 2013
Autismo e sistemi di allarme
Progettare sistemi per la comunicazione dell’allarme in caso di emergenza, che siano anche orientati a garantire la sicurezza di soggetti vulnerabili come le persone autistiche,
richiede un’attenta modalità di lavoro.
Risulta infatti necessario conoscere bene il
profilo delle specifiche necessità connesse
con l’autismo e le relative ricadute sulla con-
figurazione degli ambienti e delle attrezzature tecnologiche.
Sicuramente per i progettisti il percorso metodologico più efficace rimane sempre quello di “indagare dall’interno”, attraverso un lavoro di interlocuzione e confronto con le
competenze specialistiche e diversificate,
per conoscere funzioni complesse, comportamenti articolati, obiettivi differenziati. In
questo modo è possibile predisporre una serie di ipotesi per assicurare risultati validi, ma
comunque sempre soggetti ad ulteriori perfezionamenti.
Ai progettisti viene quindi chiesto un contributo personalizzato che va ben oltre la passiva applicazione normativa, per definire le
caratteristiche prestazionali di tali sistemi
che, in continua interazione con le persone,
siano in grado di garantire le prestazioni di
Non mandare in fumo le tue idee.
autismo e sicurezza
scelta della modalità di segnalazione dell’allarme più appropriata, a come devono essere veicolate le informazioni in relazione al
contenuto ed alle conseguenti azioni da
compiere (il più possibile autonomamente),
risulta vincolante ai fini della sicurezza e necessita di un approfondimento specifico.
progettazione
installazione
manutenzione
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aprile 2013
antincendio
61
autismo e sicurezza
note
sicurezza. Il risultato finale dovrà mettere in
atto un segnale capace non solo di attirare
l’attenzione di tutti, ma che sia anche chiaro
e credibile in relazione alle capacità delle
persone che lo stanno percependo.
Poter percepire una condizione di pericolo è
una necessità, che, nella normativa, viene
soddisfatta con la presenza (o meno) dei cosiddetti sistemi di allarme; questi sistemi,
però, vanno misurati sulle effettive capacità
percettive delle persone presenti.
Per gli autistici gli ambiti problematici che
rappresentano tale complessità e dove è necessario offrire un contributo metodologico
per garantire la percezione dell’emergenza
sono sicuramente l’ambiente scolastico (in
cui i bambini autistici vengono inseriti già a
partire dall’asilo nido), ma anche centri diurni di terapia e riabilitazione, centri residenziali dove si applicano i cosiddetti “programmi respiro5”.
In queste tipologie di edifici, proprio per la
particolare l’attitudine degli autistici a concentrare l’attenzione sui dettagli perdendo la
percezione dell’insieme, è necessario individuare un sistema di comunicazione molto
strutturato fatto di punti di riferimento ben
gerarchizzati.
Il sistema deve pertanto fornire un’indicazione inequivocabile ed aiutare la persona a
comprendere che da quel momento in poi da
lui ci si aspetta il compimento di una serie di
attività, portandolo ad essere più collaborativo attraverso comunicazioni ben definite ed
evitando stimoli ridondanti.
Nei confronti di persone vulnerabili l’efficacia
delle tecnologie per la comunicazione di un
allarme possono essere valutate positiva-
mente quando il messaggio risulta percepibile e comprensibile, in grado quindi di comunicare un pericolo e l’inizio di una fase di
emergenza.
Di fondamentale importanza risulta anche
la sua capacità di correggere/eliminare atteggiamenti comportamentali e sintomi psicotici che possono conseguire dall’incapacità dell’autistico di riconoscere il segnale
se non rientra nel campo delle sue conoscenze e a maggior ragione non ha la capacità di reagire correttamente nemmeno
durante le prove di evacuazione, perché
non sufficientemente motivato.
Gli autistici presentano spesso un’apparente
indifferenza emotiva agli stimoli, o ipereccitabilità agli stessi, pertanto la maggiore difficoltà risiede nel fatto che la segnalazione
deve far parte di un bagaglio di conoscenze
consolidate, altrimenti la capacità di astrazione del bambino nel ricondurre un determinato segnale ad un evento reale non è così immediata.
In questo ultimo caso rientra un’esperienza
maturata in una scuola elementare di Pordenone nel 20036 dove la presenza di un bambino autistico ostacolava l’attuazione delle
prove periodiche di evacuazione proprio perché capace di percepire, ma incapace di interpretare correttamente il segnale di allarme
presente.
La segnalazione, secondo quanto previsto
dalla normativa, era affidata allo stesso impianto a campanelli utilizzato normalmente
in quella scuola per scandire i ritmi scolastici, ma con un codice sonoro diverso che
equivaleva alla necessità di evacuare l’edificio.
5 Nei programmi respiro le persone con autismo, indipendentemente dalla severità del disturbo e dall’età,
possono trascorrere brevi periodi programmati presso una struttura progettata per loro e rispettosa delle loro
diversificate esigenze. Tale struttura residenziale spesso è finalizzata ad incrementare l’autonomia della
persona autistica e a dare sollievo alle famiglie. Per approfondimenti si può fare riferimento ad una efficace
esperienza in atto dalla Fondazione Bambini Autismo di Pordenone e pubblicata in Del Duca, D., Raffin, C.,
Sedran, E., (2003), Per il weekend vado in villa. Un modello nuovo di programma respiro per persone con
autismo, Milano: Franco Angeli.
6 Il racconto intregrale di tale esperienza è pubblicato in Burei F., (2005), La sicurezza nella scuola: bambini in
situazioni di handicap, in Tatano V., Zanut S., (2005), La sicurezza nelle scuole e il piano di emergenza, Napoli.
62
antincendio
aprile 2013
autismo e sicurezza
Figura 1a/1b - Un bambino affetto dalla sindrome autistica, una volta sperimentata la paura derivante da una
segnalazione acustica o luminosa inaspettata, troppo stimolante o non sufficientemente conosciuta, può
manifestare indifferenza o nella peggiore delle ipotesi può attivare comportamenti inadeguati che ostacolano
il piano di evacuazione. Se l’interpretazione dell’allarme passa attraverso le conoscenze pregresse acquisite
nell’esperienza il bambino può attivare una corretta reazione
Il bambino non riusciva ad associare alla
campanella la validità di un segnale di allarme in quanto era considerato il segnale della ricreazione.
64
L’installazione di un segnale acustico e luminoso che riproducesse il suono delle sirene
dei mezzi di soccorso reali, che nel vissuto
quotidiano dell’alunno hanno un significato
antincendio
aprile 2013
Proposta di un metodo per la scelta
di sistemi di comunicazione dell’allarme
note
Attualmente sono disponibili una considerevole varietà di sistemi di comunicazione dell’allarme, caratterizzati da altrettante alternative tecnologiche.
La comunicazione può essere veicolata attraverso sistemi percepibili dai vari sensi, a
seconda del quadro funzionale delle persone
a cui è diretta. Tutti questi sono comunque
Attraverso piccoli accorgimenti
apportati sul sistema
di comunicazione dell’allarme
è possibile raggiungere
lo scopo di riuscire a veicolare
un messaggio di pericolo chiaro
e soprattutto riconoscibile
dal bambino nell’ambito
del suo bagaglio di esperienze
influenzati da vari fattori che possono avere
un impatto considerevole sulla rispettiva efficacia.
PRIMA FASE: rilevazione ambientale e conoscenza delle dinamiche comportamentali e
fisiche - Il punto di partenza è rappresentato
da una fase in cui si raccolgono dati riferiti ai
diversi fattori7 che possono compromettere
la comunicazione dell’allarme che possono
essere fattori fisici, ambientali, individuali derivanti dalla patologia, derivanti dalla situazione. Per esemplificare l’oggetto di tale rilevazione si possono prefigurare alcuni fattori
determinanti nel contesto ambientale di una
scuola (Tabella 1).
Da questo quadro risulta chiara l’esistenza di
requisiti essenziali che interessano trasversalmente le varie tecnologie di sistemi disponibili, ciò indipendentemente dal grado
di vulnerabilità delle persone considerate; il
sistema dovrà infatti garantire le seguenti
condizioni:
• massima copertura del segnale e garanzia di una sua univocità e possibilità di
comprensione da parte di tutte le persone a cui si rivolge
• essere evitati i falsi allarmi o i messaggi
non comprensibili e limitate le segnalazioni non associate ad una vera emergenza
• considerare una comprensibile disomogeneità della risposta.
7 Per l’individuazione dei fattori si può fare riferimento alla classificazione ICF International Classification of
Functioning, Disability and Health dell’OMS del 2001 in cui si valutano le abilità residue dell’individuo e non
più i gradi di menomazione e si individuano un insieme di funzioni, attività e fattori anche esterni alla persona
derivanti dall’ambiente.
aprile 2013
antincendio
65
autismo e sicurezza
specifico e contestualizzabile (il bambino conosce e ha visto passare per strada le ambulanze, i pompieri, e gli è capitato di doversi fermare al loro arrivo, dunque sa cos’è una
emergenza), ha permesso di attivare e portare a compimento le azioni previste dal piano
e ha inoltre incrementato la sicurezza di tutte le altre persone presenti nella scuola.
Il caso descritto, a titolo esemplificativo,
documenta come con un piccolo adattamento del sistema di comunicazione dell’allarme, tecnicamente possibile ed economicamente praticabile, è stato raggiunto lo
scopo di poter veicolare un messaggio di
pericolo chiaro e soprattutto riconoscibile
dal bambino nell’ambito del suo bagaglio di
esperienze.
Rappresenta inoltre un esempio di come la
norma possa, e debba, essere interpretata e
applicata partendo da un’attenta valutazione
del contesto e tenendo conto delle esigenze
dei fruitori dell’ambiente.
Per questo la scelta efficace è spesso il risultato dell’interazione tra uno studio accurato dei diversi livelli di vulnerabilità insiti
nella patologia, considerando tutte le difficoltà fisiche e comportamentali e le tecnologie offerte dal mercato in relazione proprio alle diverse fasi della comunicazione
dell’allarme.
autismo e sicurezza
Fattori determinanti nel contesto ambientale di una scuola
SISTEMA ACUSTICO
SISTEMA LUMINOSO
Fattori fisici
•
•
•
Il segnale è percepibile in ogni ambiente?
Il segnale/messaggio risulta chiaro per tutti?
Il livello sonoro è appropriato, ovvero non risulta
assordante in determinate aree?
•
Le informazioni contenute nel sistema
soni oscurate da ostacoli fisici?
(la morfologia degli ambienti, l’arredamento
o le attrezzature).
•
Le informazioni contenute nel sistema
sono confuse dalle luci non di emergenza,
da cartelloni didattici ecc.?
•
Sono presenti bambini o personale
con difficoltà visive?
Fattori ambientali
•
Nell’ambiente c’è un rumore di fondo che vanifica
il ricevimento del suono di allarme?
Fattori individuali
•
Sono presenti bambini o personale
con problemi uditivi?
Ci sono bambini che hanno problemi cognitivi e non riescono a ricevere le informazioni?
Fattori legati alla situazione
La comunicazione è percepibile in modo che rappresenti una emergenza dovuta ad un incendio?
•
I bambini ed il personale sono preparati
all’esistenza di un messaggio acustico?
•
I bambini ed il personale sono preparati
all’esistenza di un messaggio visuale?
Il sistema può dar luogo a falsi allarmi, cosa che influenzerebbe negativamente la credibilità del segnale?
Tabella 1 - Esempi di fattori che possono interferire con le tecnologie utilizzate dai sistemi di comunicazione
dell’allarme in una scuola e possono comprometterne l’efficacia
È importante sottolineare come un sistema
di comunicazione efficace debba comprendere l’insieme dei sistemi tecnologici in continua interazione con le persone incaricate
della gestione dell’emergenza. La loro combinazione e interazione aumenterà la copertura e la condivisione della realtà di una
emergenza.
Definiti i requisiti generali per effettuare la
scelta del sistema, è importante approfondire il contributo dei fattori individuali e le possibili difficoltà delle persone presenti nell’edificio. È inoltre opportuno imparare a valutare
più a fondo la natura delle possibili vulnera-
66
bilità tali da poter compromettere la comunicazione di un allarme, identificando contemporaneamente da un lato i fattori tipici della
patologia autistica attraverso la conoscenza
delle dinamiche comportamentali e fisiche,
dall’altro quelli che potrebbero contraddistinguere le rimanenti persone, che potrebbero risultare vulnerabili per altri motivi:
Vulnerabilità innate: quelle proprie dell’autismo che, per quanto detto, possono essere
anche assimilate a quelle connesse con l’uso
di una lingua parlata diversa (è il caso della
presenza di persone di varie nazionalità)
antincendio
aprile 2013
autismo e sicurezza
Vulnerabilità derivanti dall’esperienza: le difficoltà che in una scuola i bambini autistici
hanno nel riconoscere il segnale di allarme,
se non rientra nel campo delle conoscenze
pregresse, e la conseguente difficoltà di una
corretta reazione.
Questa vulnerabilità può essere presente anche nelle persone che hanno avuto esperienze di falsi allarmi e può essere superata
potenziando le prove di evacuazione.
Vulnerabilità derivanti dalla situazione: fattori
legati allo scenario dell’incendio, se si è in
gruppo o da soli, presenza di rumore di fondo, stati di scarsa attenzione, ecc., ma anche per le persone impegnate in altre attività
durante le quali viene distolta l’attenzione
dalle condizioni circostanti (ad esempio lavori al PC, ascolto musicale, ecc.)
Vulnerabilità tecnologiche: ubicazione delle
apparecchiature di segnalazione, grado di
copertura, livello di comprensione e di chiarezza della risposta da intraprendere.
Risulta evidente che se nella fase di progettazione di questi sistemi si considerano i
fattori sopra elencati, tale progettazione,
seguendo quasi un trasporto naturale, viene agevolmente orientata al soddisfacimento delle esigenze di tutti; in particolare, se
un sistema di segnalazione può risultare efficace per i bambini (ma più in generale per
le persone) autistiche, sicuramente il campo dell’efficacia sarà tale da comprendere
gran parte delle altre persone presenti nell’edificio.
Per capire l’evoluzione
del processo di comunicazione
dell’allarme bisogna scomporlo
nelle quattro fasi in cui
si struttura ed è importante
effettuare attente riflessioni
sul comportamento
delle persone autistiche
nei singoli stati
68
SECONDA FASE: identificazione delle criticità del processo di comunicazione dell’allarme - Affinché il contributo di questa modalità di approccio risulti completo e fornisca la necessaria consapevolezza ai progettisti, ai committenti e, non ultimi, ai fruitori degli edifici stessi, è opportuno approfondire l’evoluzione del processo di comunicazione dell’allarme, scomponendolo nelle fasi in cui si struttura ed effettuando delle riflessioni sul comportamento delle persone autistiche nelle singole fasi.
Tale processo può essere classificato nelle
seguenti quattro fasi:
• ricezione del segnale/messaggio da parte delle persone - Abilità del sistema di
comunicazione di attirare l’attenzione
delle persone
• riconoscimento del segnale/messaggio Se l’obiettivo del segnale è raggiungere le
persone e comunicare ad esse una situazione, esse sono anche capaci di interpretarlo?
• identificazione delle risposte - Dato che le
persone risultano capaci di ricevere la comunicazione/segnale, sono anche capaci
di identificare la risposta appropriata?
• rispondere appropriatamente - Considerando che le persone vengono a conoscenza delle risposte da garantire e delle
azioni da intraprendere per una rapida
evacuazione, sono capaci di attivare tali
risposta?
Tale articolazione risulta importante per
identificare le criticità insite nelle singole fasi. Comprendere quindi l’incidenza del sistema sul miglioramento delle risposte e precisamente indagare su quale fase il sistema incrementa l’efficacia o se, dato un certo grado di vulnerabilità accertata, ha un impatto
minimo.
Questo aiuta inoltre a chiarire sia i tipi di vulnerabilità, sia le risposte che sono in grado
di dare.
È sufficiente ora mettere in diretta relazione
alcune vulnerabilità che potrebbero essere
insite in alcuni gruppi di persone con le quat-
antincendio
aprile 2013
Ricezione
del segnale/
messaggio
Riconoscimento Identificazione
del segnale/
delle risposte
messaggio
risposte
Livello
prestazionale
delle risposte
Persone con problemi di salute cronici
Persone impegnate in altre attività
Persone prese dal panico
Persone in gruppi numerosi
Bambini con meno di 5anni
Bambini con più di 5 anni
Persone con difficoltà uditive
Persone con difficoltà visive
Persone non addestrate
Persone non di madre lingua
Persone con disabilità relazionali
e disturbi della personalità - autismo
Persone sottoposte a rumore di fondo
Persone che sono state sottoposte
ad un falso allarme
Mancanza di persone responsabili
per la sicurezza al fuoco
Persone che non considerano il fuoco
una minaccia
Scarsa familiarità con il segnale
Scarsa familiarità con l’intorno
Persone ansiose
sull’argomento sicurezza
Nessuna criticità
Criticità trascurabile
Criticità alta
Tabella 2 - Criticità relative alla natura della vulnerabilità di diversi gruppi di persone in relazione alle fasi del
processo di comunicazione dell’allarme
aprile 2013
antincendio
69
autismo e sicurezza
Le possibili vulnerabilità e le quattro fasi del processo di comunicazione dell’allarme
autismo e sicurezza
tro fasi del processo di comunicazione dell’allarme, attribuendo anche una scala di
gravità in relazione alle diverse fasi (nessuna
criticità, criticità trascurabile, criticità alta).
In questo modo è possibile individuare dove
si manifesta la criticità e come si può intervenire.
Naturalmente ciò rappresenta una semplifi-
cazione del problema, in quanto l’estensione
delle criticità dovrebbe essere calcolata su
ogni singolo individuo e come in esso si manifesta.
In questa fase viene descritta la risposta
comportamentale di diversi gruppi di persone e come le criticità si esprimono in relazione a tale diversità.
Figura 2 - Schema sintetico della metodologia proposta per la scelta appropriata dei sistemi di comunicazione
dell’allarme per persone autistiche. (tratto da Villani T., Zanut S. (2010), Sicurezza per le persone vulnerabili:
approccio alla progettazione dei sistemi di comunicazione dell’allarme per i bambini autistici, in Giofrè F.,
(Ed.), (2010), Autismo protezione sociale e architettura, Firenze: Alinea Editrice)
70
antincendio
aprile 2013
TERZA FASE: definizione dei livelli prestazionali dei sistemi di comunicazione dell’allarme
- Il quadro illustrato manifesta un’oggettiva
complessità, ma è pur sempre possibile studiare le potenziali soluzioni tecniche per
contrastare particolari tipi di vulnerabilità,
come quella degli individui autistici, e configurare una metodologia di approccio alla
scelta più appropriata, tenendo presente il
profilo di esigenze degli utenti di riferimento
e considerando anche la possibilità di piccoli ma efficaci adattamenti ai sistemi esistenti.
In questa ultima fase si procede ad una approfondita valutazione delle tecnologie di
comunicazione correntemente disponibili sul
mercato e una puntuale analisi delle risposte
in termini di prestazioni, verificando i rispettivi campi di applicazione e l’impatto sui vari
gruppi vulnerabili.
aprile 2013
In presenza
di un allarme antincendio
la risposta del gruppo
può essere influenzata
da comportamenti
dinamici di interazione reciproca
delineando scenari complessi:
le vulnerabilità potrebbero
quindi subire un fenomeno
di propagazione
a causa dell’incidenza
di un individuo sugli altri
I diversi impianti adottano varie modalità di
approccio per informare le persone interessate.
Alcune tecnologie sono progettate per soddisfare una specifica necessità (per esempio, difficoltà uditive) e queste, che siano alternative o integrative, aiutano a migliorare
l’efficacia del sistema di allarme ed in generale il grado di sicurezza rispetto al rischio incendio.
Le soluzioni tecniche maggiormente diffuse
sono le seguenti:
• segnali di allarme acustici
• segnali di allarme visivi
• segnali di allarme tattili
• segnali di allarme olfattivi.
Per valutarne l’efficacia in relazione alle diverse vulnerabilità bisogna tener presente alcune variabili che intervengono positivamente o negativamente sull’impatto riferito alle
condizioni della o delle persone, come la potenza del segnale, la tipologia, il numero di
dispositivi che possono essere impiegati in
relazione alla disposizione planimetrica
dell’edificio e soprattutto l’eventuale flessibilità e il grado di sofisticazione/modificazione
della tecnologia utilizzata, proprio per renderla il più possibile adattabile ad un particolare profilo esigenziale senza però perdere
di vista l’insieme degli utenti dell’edificio.
Abbiamo in precedenza identificato le diffi-
antincendio
71
autismo e sicurezza
Per esempio, per i bambini con meno di 5
anni sono considerate critiche tutte le fasi
di comunicazione, quindi per loro il miglioramento del sistema di comunicazione non
migliora la risposta che sono in grado di
dare.
Sarà comunque necessario l’affiancamento
di un adulto. Per i non udenti o gli ipo-udenti è stato invece constatato come questi siano incapaci di rispondere correttamente ad
una segnalazione di allarme, purché non si
utilizzi esclusivamente il canale uditivo.
Grazie a questa sintesi è possibile constatare che le fasi critiche per le persone autistiche sono quelle legate alla comprensione e
all’interpretazione delle informazioni.
Intervenendo nelle prime tre fasi le persone
riescono ad attivare le giuste azioni per
l’evacuazione.
Va infine considerata la possibilità che in
presenza di un allarme antincendio la risposta del gruppo non è statica, ma può essere
influenzata da comportamenti dinamici di reciproca interazione, delineando scenari
complessi.
Le vulnerabilità potrebbero quindi subire un
fenomeno di propagazione a causa dell’incidenza di un individuo sugli altri.
autismo e sicurezza
L’obiettivo del progettista
deve essere quello di individuare
le fasi critiche del sistema
di comunicazione dell’allarme
e di risolvere le problematiche
attraverso la perfetta conoscenza
dei sistemi e delle tecnologie
presenti sul mercato
coltà delle persone autistiche in merito alla
segnalazione di un evento quale può essere
l’allarme antincendio. Per questo la scelta
non può che essere il risultato dell’interazione tra uno studio accurato delle difficoltà insite nella patologia, considerando tutte le
difficoltà fisiche e comportamentali che si
potrebbero manifestare, e le tecnologie offerte dal mercato in relazione proprio alle diverse fasi della comunicazione evidenziate in
precedenza.
L’obiettivo del progettista dovrà dunque essere quello di saper individuare le fasi critiche del sistema di comunicazione dell’allarme e saper risolvere tali criticità attraverso la
conoscenza dei sistemi e delle tecnologie disponibili sul mercato.
Deve quindi saper integrare due livelli di conoscenza: una puramente tecnica, riferita ai
livelli prestazionali degli impianti, e l’altra
prettamente comportamentale e fisiologica,
legate alla vulnerabilità della patologia considerata, le cui gravità e sintomatologia variano da individuo a individuo.
te costruito e alla qualità della vita degli
utenti.
La sicurezza non può prescindere dalla correlazione tra conoscenze tecniche e discipline capaci di delineare le vulnerabilità derivanti dall’autismo.
Data la complessità del quadro di riferimento, “progettare per l’autismo” e rendere efficace e sicuro un edificio comprensivo dei dispositivi di comunicazione dell’allarme è
possibile.
È necessaria, però, una collaborazione multidisciplinare che includa anche l’esperienza
degli operatori della sicurezza, i quali possono offrire un contributo già dalla fase di ideazione, per fare in modo che l’ambiente costruito venga considerato un fattore “facilitatore”, nonché promotore della sicurezza.
Bibliografia
–
–
–
Conclusioni
Nella progettazione di spazi e di dotazioni
impiantistiche finalizzate a garantire la sicurezza per le persone con disabilità mentale
ed in particolare per gli autistici, è necessario superare i soli aspetti funzionali e tecnologici, integrando le competenze dei progettisti con aspetti legati alla comunicazione visiva ed interpersonale e alla psicologia ambientale, per arrivare alla qualità dell’ambien-
72
–
–
antincendio
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un’utenza debole”, Antincendio, 8/2007, Roma:
EPC
Cannata W., (2007). Autism 101 for Fire and Rescue, in Speak unlimited, web site:
http://www.papremisealert.com/autism-101-forfire-a-rescue.html
aprile 2013
Scenari incidentali e soccorso
in presenza di persone disabili:
così intervengono i VV.F.
■ Luca Polesel
L’abstract
“E fu allora, mentre si avvicinavano, che cominciai
a notare qualcosa di strano.
C’era gente sulla sedia a rotelle, gente che camminava con le grucce, altri che si aiutavano con
deambulatori e bastoni, e altri ancora che riuscivano a stento a muoversi. […]
Incontrai lo sguardo di un uomo anziano che avanzava su una sedia a rotelle, spingendo da solo le
ruote. Dio! Come facciamo adesso? Guardai in
faccia il maggior numero possibile di quelle persone, leggendo sui loro volti impotenza, stanchezza e
gratitudine, tutte insieme e tutte mescolate fra loro.
Erano felici di vederci, oltre che ansiosi di uscire di lì”.
Tratto da Richard Picciotto, “Ultimo a uscire.
Storia di un pompiere di New York”, TEA, 2006
74
a progettazione e la realizzazione di
strutture sempre più accessibili ha
un ruolo fondamentale per il miglioramento della vita quotidiana di ogni
individuo. Tale affermazione acquista ancor
più valore considerando le problematiche
giornaliere a cui le persone con disabilità
vanno incontro per garantire e mantenere la
propria autonomia intesa in tutte le sue forme (sociale, lavorativa e privata).
Questa condizione, che rappresenta un indubbio indicatore di civiltà, viene considerata con attenzione anche da parte delle strutture preposte al soccorso in caso di eventi
L
antincendio
aprile 2013
■ L’Autore
Luca Polesel - Nel 2005 si laurea In Scienze Motorie
Presso Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli
Studi di Udine. Nel 2011 consegue la Laurea Specialistica
in Scienza dello Sport presso Facoltà di Medicina e
Chirurgia Università di Udine.
Allenatore Nazionale di Judo e Cultura Fisica
F.I.J.L.K.A.M. Allenatore Nazionale di Pesistica F.I.P.C.F.
Assistente bagnante F.I.N. Istruttore di nuoto 2° Livello
F.I.N
Vigile del fuoco permanente dal 2010 presso il Comando
Provinciale Vigili del fuoco di Pordenone
Tra le qualifiche ottenute all’interno del Corpo Nazionale
è Operatore Speleo Aplino Fluviale (SAF);
Operatore S.A.F Fluviale; Operatore SA1 (Soccorritore
Acquatico); Operatore N.B.C.R livello 2.
aprile 2013
ranea di una compromissione ambientale a
causa del’evento emergenziale e la necessità di evacuare e soccorrere le persone coinvolte nel modo più veloce e sicuro possibile.
Gli scenari di un’emergenza
e l’azione del soccorso
Nella gestione di un’emergenza al soccorritore, ma più in generale alle persone incaricate di gestire situazioni di particolare criticità, viene richiesta una prestazione da sviluppare in poco tempo e con efficienza che richiede le seguenti competenze: saper valutare, saper scegliere e saper agire.
La valutazione si esprime attraverso l’osservazione, la raccolta del maggior numero di
informazioni possibili su quanto accaduto e
la stima di una possibile evoluzione dell’evento e delle sue conseguenze.
In questa fase le variabili possono essere innumerevoli e comunque tali che un intervento non sia mai uguale ad un altro.
Ciò che invece rimane immutato sono le necessità delle persone coinvolte nella situazione emergenziale, il cui solo obiettivo è di acquisire una tutela allontanandosi dalla fonte
di pericolo per raggiungere luoghi più sicuri.
In queste circostanze il soccorritore, o come
già detto il personale appositamente incaricato, chiamato alla sua gestione, dovrà possedere alcune competenze basilari sulle modalità per mettersi in relazione con la persona che necessita di aiuto, condizione che
drasticamente si rafforza in presenza di persone con disabilità, in tal caso dovrà essere
in grado di comprendere le loro specifiche
necessità affinché un’azione scorretta non
comporti un aggravamento del loro quadro
fisiologico instaurando una relazione che li
guidi passo-passo per riuscire a trovare la
migliore tecnica d’intervento.
Infatti, chi altro se non la persona che subisce
questa sua costrizione fisica in condizioni ordinarie potrebbe indicare il modo migliore per
risolvere le proprie problematiche?
In questa prima e fondamentale fase di ap-
antincendio
75
VVF: soccorso ai disabili
particolari come incendi, incidenti ed altro,
così come l’attenzione viene posta anche
nell’ambito legislativo della sicurezza sul lavoro considerando gli aspetti organizzativi di
un piano di emergenza da attuare in caso di
necessità.
Così si esprime in merito, ad esempio, il
D.M. 10/3/1998: “Il datore di lavoro deve individuare le necessità particolari dei lavoratori disabili nelle fasi di pianificazione delle
misure di sicurezza antincendio e delle procedure di evacuazione del luogo di lavoro.
Occorre altresì considerare le altre persone
disabili che possono avere accesso nel luogo di lavoro.
Al riguardo occorre anche tenere presente le
persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con arti fratturati ed i bambini.
Qualora siano presenti lavoratori disabili, il
piano di emergenza deve essere predisposto
tenendo conto delle loro invalidità” (Allegati
VIII, punto 8.3: Assistenza alle persone disabili in caso d’incendio).
Su tali aspetti è un documento del Corpo
Nazionale dei Vigili del fuoco del 2004, dal titolo “Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza”, ad affrontare l’argomento a partire dall’esperienza
maturata nel campo del soccorso tecnico urgente, quando gli operatori si trovano ad affrontare e gestire molteplici situazioni di criticità connesse con la presenza contempo-
VVF: soccorso ai disabili
proccio all’intervento, particolare attenzione
dovrà essere posta nel considerazione tutte
le manifestazioni dello scenario incidentale,
quali:
• numero e caratteristiche proprie delle
persone coinvolte e loro posizionamento
nell’ambito dello scenario
• accessi e percorsi per raggiungere ed
entrare nel luogo interessato dall’emergenza
• caratteristiche costruttive della struttura e
gli eventuali danni connessi con l’evento
• presenza, il numero e le caratteristiche
delle eventuali uscite di emergenza o vie
d’esodo facilitate (porte, finestre, ecc.)
• presenza di spazi calmi o comunque luoghi protetti e loro possibile compromissione connessa con l’evento
• valutazione delle aree per una prima zonizzazione delle aree operative da interdire alle persone non coinvolte nel soccorso e la creazione di zone sicure dove
possono essere date le necessarie cure e
supporti ai coinvolti.
L’insieme di queste prime valutazioni evidenzia chiaramente che se all’interno delle strutture vi fossero numerose persone sarebbe
necessario un approccio e una metodologia
d’intervento tale da prevedere un gran numero di soccorritori, ma il numero e le professionalità da mettere in campo sarebbe
ancora diverso se all’interno di un’opera vi
fosse la presenza di persone con specifiche
necessità sia connesse con la situazione che
per disabilità conclamata; per gli aspetti che
si stanno considerando, ovvero le disabilità
di tipo motorio, si potrebbero individuare i
seguenti due macro scenari:
Disabilità motorie temporanee - Persone con
limitazioni causate da danni a carico dei vari
apparati del corpo derivanti dall’evento e
che creano una impossibilità di movimento.
Alcuni esempi possono essere: cadute, lussazioni o fratture scheletriche, schiacciamenti, ma anche intossicazioni da fumi o sostanze tossiche, folgorazioni, ustioni.
76
Non è inoltre da sottovalutare anche il contributo degli aspetti psicologici, che potrebbero compromettere alcune funzionalità anche di tipo fisico.
Disabilità motorie permanenti - Questo tipo
di disabilità possono aver avuto origine traumatica (incidenti, amputazioni, lesioni midollari traumatiche, ecc.) o a causa di patologie
che interessano il sistema nervoso centrale.
Nella quasi totalità dei casi questi fanno sì
che per il mantenimento o il miglioramento
delle capacità di deambulazione o di spostamento sia necessario l’utilizzo di ausili quali
sedia a ruote semplice, sedia a ruote movimentate da motori elettrici, deambulatori,
stampelle, bastoni, ecc.
La classificazione appena proposta ci fa capire come, in caso di pericolo, ogni individuo
potrebbe potenzialmente presentare difficoltà nel moto e diventare una persona con disabilità motoria, sebbene transitoria.
Questo aspetto è da considerare con la
massima attenzione specialmente da parte
di quelle persone non ordinariamente impiegate nel soccorso e che, per questo, potrebbero non porvi attenzione.
In questi casi la presenza di barriere di tipo
architettonico come scale molto strette ed
inclinate, serramenti di difficile apertura, ingombri ed altro potrebbe influire negativamente sul soccorso.
Successivamente, ovvero dopo aver acquisito le informazioni necessarie e conseguentemente averle valutate, l’attenzione va rivolta verso la scelta delle tecniche più idonee
d’intervento. In questa fase risulta di primaria importanza tenere presente il corretto utilizzo di tutte le attrezzature potenzialmente
in dotazione, compresi gli eventuali D.P.I.,
perché anche un solo soccorritore in difficoltà potrebbe mettere in crisi o rendere inefficacie l’intervento in atto.
L’esperienza dimostra che scenari incidentali di questo tipo si presentano solitamente in
continua e rapida evoluzione, motivo per cui
questa fase deve essere attuata in tempi
antincendio
aprile 2013
aprile 2013
In quest’ultimo caso è da tener ben presente la necessità di aver nel frattempo predisposto, in luogo sicuro, l’assistenza a tali
persone considerato che poi non potranno
muoversi e quindi allontanarsi normalmente.
Prime indicazioni
sulle tecniche d’intervento
Nei contesti appena disegnati al soccorritore viene chiesta una prestazione di particolare impegno che, oggettivamente, potrebbe
determinare anche dei limiti nell’azione, di
cui gli operatori coinvolti devono essere a
conoscenza per capire fino a dove si può
spingere la propria azione.
Per questo sono state create delle vere e
proprie tecniche di trasporto di persone con
disabilità motoria che prevedono la partecipazione di uno, due o più operatori.
Tali metodiche prevedono la conoscenza
tecnica della maggioranza degli ausili in
commercio, ma considerando la loro continua evoluzione, grazie anche alle innovazioni tecnologiche, risulta fondamentale sapersi mettere in relazione con l’utilizzatore che
sicuramente saprà indicare i punti di presa
sicuri, le posizioni in cui lui stesso si senta
maggiormente a suo agio e che non comportino pericolo per la sua posizione.
Operando in situazioni molto particolari, come queste, è chiaro come la formazione tecnica e la preparazione fisica dei soccorritori
abbia un ruolo fondamentale, ma se la situazione, la struttura in cui ci troviamo ad operare, o la tipologia di scenario, è così complessa da non permettere l’applicazione di
tali accorgimenti, il soccorritore non potrà
certo cambiare la morfologia del terreno, l’inclinazione della rampa di scale o la larghezza di una porta e dovrà essere sottoposto ad
ulteriori rischi che potrebbero compromettere la sicurezza altrui.
Vi sono però dei casi in cui lo spostamento
della persona con disabilità fisica non può
essere eseguita con l’accompagnamento dei
propri ausili a causa di molteplici fattori, a
antincendio
77
VVF: soccorso ai disabili
brevi ma tenendo conto di tutto ciò che si è
raccolto in quella precedente utilizzando i
mezzi più idonei per operare in sicurezza.
Ecco quindi che si predisporranno i mezzi,
gli operatori indosseranno tutti i D.P.I a loro
disposizione e il soccorso verrà attuato con
azioni concrete e ben visibili.
Il terzo momento dell’intervento, quello che
identifica la fase dell’agire, non potrà realizzarsi con efficacia se non dopo aver attuato
le fasi descritte in precedenza. In queste circostanze in funzione delle capacità, ovvero
necessità, della persona da aiutare e degli
ausili che impiega, potrebbero porsi le seguenti possibilità:
• la persona è in grado di muoversi autonomamente, sebbene impiegando un ausilio (bastone, sedia a ruote, ecc.)
• la persona non è in grado di muoversi autonomamente sia per condizioni proprie
che per quelle connesse con lo scenario
ambientale.
Nel primo caso è da incentivare l’autonomia,
sebbene sotto il controllo continuo del soccorritore, cercando di effettuare azioni di
spostamento forzato solo in presenza di
ostacoli non superabili autonomamente dalla persona. Il secondo, invece, considera lo
spostamento forzato dell’individuo senza il
proprio ausilio, condizione che può manifestarsi in casi dove:
• l’ausilio primario risulti danneggiato in
modo tale da essere inutilizzabile
• lo scenario incidentale e la metodica di
intervento non permettano lo spostamento di tali attrezzature (è il caso, ad esempio, di scenari in ambienti montani, alluvionali, marittimi, ecc.)
• la situazione sia talmente critica che
l’evacuazione delle persone debba svilupparsi con la massima rapidità a causa
delle criticità indotte dall’evoluzione dell’incidente o per cause sanitarie ad esso
correlate che possano mettere in pericolo l’individuo
• la mancata possibilità dei soccorritori di
potersi far carico del trasporto dell’ausilio
perché in numero esiguo.
VVF: soccorso ai disabili
750 Kg
150 Kg
50 Kg
50 Kg
Figura 1 - Movimentazione di un sovraccarico di 50
Kg utilizzando la postura scorretta(figura a) che
comporta un carico a livello del rachide lombare di
circa 750 Kg. Movimentazione dello stesso
sovraccarico utilizzando la postura corretta (fig. b)
che riduce il carico agente sulla zona lombare a
circa 150 Kg
questo punto dovranno essere attuate le
metodologie di trasporto uomo-uomo.
Tali metodiche tengono sempre conto dei
concetti fondamentali di sicurezza per la persona soccorsa, sicurezza per l’operatore o
gli operatori con l’aggiunta di alcuni accorgimenti quali:
• le prese, ossia le modalità con cui si
“mettono le mani” sulla persona da aiutare, devono essere eseguite da personale
formato al fine di non creare danni alla
persona soccorsa stessa, chiedendo in
ogni caso a lei la migliore modalità
• tali prese vanno eseguite in determinati
punti ossei che garantiscano sia l’incolumità del mal capitato sia il mantenimento
di punti ossei molto stabili e forti che favoriscano la prensione
• da ricordare che se vi fossero lesioni di
vario genere a carico dei diversi apparati
nelle zone in cui non vi è più capacità motoria la persona non sarà in grado di darne notizia. Quindi anche la mobilizzazione
delle parti corporee deve essere eseguita
in modo congruo, affidando la formazione a persone che ricoprano ruoli sanitari
e che indichino la metodica più corretta
da applicare
• le prese, infine, devono essere comode
per il trasportato ma anche per chi le ese-
La gestione dell’emergenza e il soccorso alle persone disabili
Nel caso sia necessario trasportare una persona sono sempre da preferire tecniche in cui sono coinvolti
almeno due operatori, per evitare sovraccarichi al loro apparato muscolo-scheletrico specialmente quando
la persona da trasportare è molto pesante.
In questi casi tali circostanze la sequenza delle azioni da compiere è la seguente:
• due operatori si pongono a fianco della persona da trasportare
78
antincendio
aprile 2013
note
In merito a quest’ultimo aspetto non vanno
dimenticati i precetti di sicurezza per il personale che attua questo trasporto, solitamente ascrivibili agli aspetti connessi con la
movimentazione dei carichi e, più in generale, dell’ergonomia lavorativa. Piccoli sovraccarichi sollevati in posizioni scorrette possono creare grossi sovraccarichi alle strutture
muscolo-scheletriche determinando un danno all’operatore e in ultimo, considerato il
contesto in cui si esprimono, la compromissione del soccorso.
Qualora sia necessario affiancare una persona in sedia a ruote che si muove autonomamente, particolare attenzione è da porre nel
farla scendere lungo le scale, qualora si ponesse la necessità. In tal caso per garantire
la riuscita dell’azione nel rispetto della sicurezza sia dei soccorritori che della persona
da aiutare, l’azione dovrebbe essere condotta da due, meglio tre, operatori.
Per favorire il trasporto lungo le scale di una
•
•
•
•
•
persona con difficoltà, sia in condizioni ordinarie sia straordinarie, come un’emergenza,
sono stati recentemente introdotti nel mercato dei dispositivi progettati per agevolare
l’evacuazione lungo le scale. Si tratta di vere
e proprie “sedie da evacuazione”, progettate
per trasportare una persona, in discesa,
muovendosi sugli apici dei gradini.
Ovviamente possono essere impiegate anche
per aiutare persone che durante l’emergenza
non sono più in grado, in conseguenza di uno
stato emozionale, di muoversi autonomamente. Tali ausili, molto diffusi nei paesi anglosassoni, possono essere utilizzati con facilità anche da parte di una sola persona e nell’evacuazione delle strutture World Trade Center,
seguita al tragico attentato dell’11/11/01, sono stati impiegati con successo1.
1 A tal proposito si vedano gli articoli di Josie
Byzek and Tim Gilmer, “September 11, 2001: A
Day to Remember” (New Mobility – November
2001) e “Unsafe Refuge. Why did so many
wheelchair users die on Sept. 11? (New Mobility
– Dicember 2001) – www.newmobility.com
ne afferrano le braccia e le avvolgono attorno alle loro
spalle
afferrano l’avambraccio del partner
uniscono le braccia sotto le ginocchia della persona
si piegano il trasportato e lo sollevano coordinando
tra loro l’azione in modo da non far gravare in modo
asimmetrico il carico su uno dei due
dopo il sollevamento cominciano a muoversi. Nel
compiere tali azioni é necessario effettuare una
leggera pressione sulla parte superiore del corpo del
trasportato in modo che lo stesso si mantenga il più
verticale possibile sgravando, in tal modo, parte del
peso dalle braccia dei soccorritori.
(Le indicazioni operative sono tratte dalla pubblicazione del Corpo
Nazionale dei Vigili del fuoco dal titolo “Il soccorso alle persone disabili:
indicazioni per la gestione dell’emergenza”, le figure da S. Marsella, P.
Mirabelli e S. Zanut, “Accessibilità e sicurezza dei luoghi di lavoro”,
Milano 2005)
aprile 2013
antincendio
Rappresentazione di una condizione molto
semplice nella quale la persona da aiutare può
utilizzare le braccia per sostenersi sui
soccorritori. In taluni casi, ovvero quando può
non esserci tale collaborazione per difficoltà
nell’utilizzo degli arti superiori, i due operatori si
posizioneranno a fianco della persona da aiutare
ed opereranno impiegando la tecnica della
“presa crociata” facendo passare la mano sotto
l’ascella ed afferrando con la mano
l’avambraccio.
79
VVF: soccorso ai disabili
gue salvaguardando il concetto di ergonomia per quanto permesso dalla situazione.
VVF: soccorso ai disabili
Conclusioni
Le problematiche appena esposte in modo
certamente sintetico rappresentano la cosiddetta “punta dell’iceberg” di una problematica di particolare complessità che richiede
conoscenze interdisciplinari, ma è altrettanto
vero, come dimostrano le esperienze dei vigili del fuoco, che può essere affrontata con
razionalità ed efficacia attraverso un percorso di conoscenza e formazione.
Possiamo capire come il lavoro integrato di
vari professionisti di settori anche apparentemente così distanti, come quelli in esame,
nella quotidianità possano collaborare e
creare sinergie per il miglioramento di molteplici servizi alla persona e alla comunità.
Come si sarà potuto apprezzare le tecniche
di trasporti di persone in pericolo richiede
determinate e specifiche tecniche che gli
operatori del soccorso sono stati addestra-
ti ad eseguire, tali metodiche però richiedono la presenza di alcuni spazi minimi per
poter rendere l’esodo più rapido e sicuro.
Solo quando ci si rende protagonisti all’interno del soccorso ci si rende realmente
conto di quanto a volte pochi centimetri
rendano le operazioni ancora più complesse di quanto lo siano già in situazioni di
emergenza.
Grazie alle nuove professionalità date da
specifici corsi di specializzazione nati all’interno del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco (Operatori Speleo Alpino Fluviali, Operatori del Soccorso Acquatico) è oggi possibile eseguire movimentazioni di persone con
difficoltà motorie anche in situazioni molto
particolari, come si evidenzia nella figure.
Oltre al successo nell’azione di aiuto la conoscenza di di tecniche più appropriate
permette al soccorritore di operare anche
nel rispetto della propria salute e sicurezza.
Discesa lungo le scale con disponibilità di 1 o 2 operatori
Con la presenza di un solo operatore quest’ultimo sarà posizionato posteriormente sul lato posteriore
della sedia a ruote afferrerà saldamente le maniglie predisposte per la movimentazione, inclinerà posteriormente l’ausilio fino al raggiungimento di una posizione di equilibrio ed utilizzando solamente le
ruote posteriore farà girare le stesse sulla gradinata.
Nella movimentazione a due operatori il primo di essi si porrà dietro la sedia a ruote, seguendo le indicazioni di cui al punto precedente, l’altro si posiziona davanti afferrandola nella parte anteriore del telaio,
Tecnica di assistenza
ad una persona
in sedia a ruote
nello scendere
le scale
utilizzando
due operatori
Tecnica di assistenza
ad una persona
in sedia a ruote nello
scendere le scale
quando è disponibile
un solo operatore
80
antincendio
aprile 2013
ponendo attenzione ad effettuare gli stessi movimenti del compagno. Quest’ultimo dovrà porre attenzione nel non sollevare eccessivamente la sedia, poiché una tale azione scaricherebbe troppo peso sul
soccorritore che opera da dietro.
Discesa lungo le scale con disponibilità di 3 operatori
In questo casa circostanza la condizione risulta estremamente favorevole rispetto alle precedenti, poiché il peso della persona da trasportare e della sedia a ruote viene meglio ripartito.
Uno degli operatori si porrà posteriormente come nella condizione uno, mentre due si porranno lateralmente afferrando la sedia per la parte anteriore del telaio,
all’altezza delle due ruotine.
Tecnica di assistenza
ad una persona in sedia
a ruote nello scendere
le scale utilizzando
tre operatori
(Le figure sono tratte da S. Marsella, P. Mirabelli e S. Zanut,
“Accessibilità e sicurezza dei luoghi di lavoro”, Milano 2005)
aprile 2013
antincendio
81
VVF: soccorso ai disabili
Gli stessi aspetti e le medesime necessità sono
certamente da considerare
anche negli ambienti della
vita quotidiana siano essi
intesi come luoghi di lavoro, svago, servizi, ecc. Per
questo la strutturazione di
piani di emergenza che
considerino anche la presenza di persone disabili e
la formazione degli incaricati alla loro gestione Tecnica di trasporto di persona su sedia a ruote con l’utilizzo delle tecniche
con percorsi strutturati Speleo Alpino Fluviali. Tale metodica è permessa dal fatto che le strutture
in esame sono state progettate prevedendo che le finestre potessero essere
anche su questi argoutilizzate come via d’esodo in caso di emergenza e nello specifico trattasi
menti, comporterebbe di un castello di manovra situato all’interno di una Caserma. Tale struttura
certamente un incremen- simula un condominio di altezza variabile ed è utilizzato dai Vigili del fuoco
to della sicurezza per tut- per l’addestramento.
ti i cittadini, oltre che un
rafforzamento di quella società inclusiva
degli aspetti positivi dell’epoca che stiamo
che, come detto all’inizio, rappresenta uno
vivendo.
Così l’Università di Trieste
garantisce la sicurezza
delle persone disabili
■ Giorgio Sclip
L’abstract
Garantire la sicurezza di tutti i lavoratori è un obbligo di ogni datore di lavoro, ma, considerando in
particolare le persone disabili, si deve oggettivamente prendere atto che molti ambienti presentano
livelli di sicurezza diversi a seconda delle abilità fisiche, sensoriali e mentali di chi li occupa.
Spesso si considera un traguardo importante la sola possibilità di garantire l’accesso ad un edificio,
dimenticandosi invece dell’importanza di dover assicurare a tutti la condizione di potersi allontanare
dal posto di lavoro nel caso in cui circostanze sfavorevoli lo dovessero rendere necessario.
Considerare adeguatamente le esigenze di tutti,
anche di chi presenta particolari esigenze, nella gestione di un’emergenza e garantire a tutti lo stesso
livello di sicurezza, è un aspetto delicato nel quale
l’Università degli Studi di Trieste, ha maturato una
significativa esperienza.
84
n’uscita di sicurezza non accessibile o un segnale di allarme che
non viene percepito rappresentano elementi sufficienti a dire che
la sicurezza all’interno di un edificio non è
garantita in maniera uguale per tutti: la sicurezza deve essere accessibile a tutti, altrimenti non è sicurezza nel senso pieno del
termine.
La cronaca ci dimostra che oggi le persone
che rimangono maggiormente coinvolte in
situazioni di emergenza, sono proprio le persone disabili nel senso ampio del termine,
dai bambini agli anziani.
U
antincendio
aprile 2013
Le principali difficoltà sono legate al fatto
che i dati a disposizione risultano, spesso,
Valutazione del rischio
Giorgio Sclip - Si è laureato in ingegneria all’Università
degli Studi di Trieste, dove lavora attualmente come RSPP
e Disabilità.
Membro del Coordinamento Nazionale dei SPP delle
Università e degli Enti di Ricerca del quale è anche rappresentante presso il Focal Point italiano dell’Agenzia
europea per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro.
Ha partecipato alla stesura di numerosi testi sulle tematiche della sicurezza in relazione alla disabilità in particolare alle Linee-guida “Disabilità e lavoro” della Società
Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale
(2007) e al “Manuale per la prevenzione degli infortuni
nelle abitazioni” a cura del Servizio Sanitario Regionale
ASS n. 1 Triestina e del Ministero della Salute (2010),
oltre a numerose pubblicazioni sulla rivista “ISL Igiene &
Sicurezza del Lavoro” (edizioni Ipsoa).
È il promotore presso all’Università degli Studi di Trieste
delle giornate di Studio “sicurezzAccessibile” e curatore
della omonima collana per le Edizioni Università Trieste
EUT.
aprile 2013
Per comprendere le difficoltà che una persona con specifiche esigenze può incontrare in
caso di emergenza è necessaria la relazione
e il coinvolgimento diretto delle persone interessate, che permetta di immedesimarsi
nelle problematiche connesse all’utilizzo e
alla fruibilità, in sicurezza, degli spazi e dei
percorsi.
Un paraplegico in carrozzina potrebbe essere un campione dello sport e quindi scegliere di stare in carrozzina perché senza una
1 Per un approfondimento del progetto di
“tutoraggio delle persone disabili in situazioni di
emergenza” si rimanda a G. Sclip, “Gli addetti
all’affiancamento dei disabili nelle emergenze”,
ISL - Igiene & Sicurezza sul Lavoro, n. 12/07.
antincendio
85
emergenza in campus universitario
Identificazione delle persone
con esigenze speciali
parziali o incompleti perché se in molti casi
l’individuazione è palese, come ad esempio
nei confronti di una persona in sedia a ruote,
o “dichiarata”, come nel caso di chi è stato
assunto con collocamento mirato, l’individuazione di alcune tipologie di disabilità non
è così immediata.
È il caso, ad esempio, di chi è diventato disabile dopo l’assunzione e non lo ha mai comunicato al proprio datore di lavoro, oppure
di chi è portatore di forme di disabilità “invisibili” che non ha, per comprensibili motivi
personali, volontà di rendere note.
Il metodo di operare è stato quello di stilare
un elenco di tutte le persone potenzialmente
“a rischio”, sulla base di informazioni disponibili oltre che ufficialmente anche informalmente, per poi effettuare una serie di sopralluoghi mirati a verificare e integrare i dati disponibili, con l’obiettivo di far emergere particolari problematiche ed esigenze legate ad
un’eventuale emergenza. I sopralluoghi sono
eseguiti dal Servizio Prevenzione e Protezione unitamente al Medico Competente, il cui
apporto è prezioso in particolare per curare i
colloqui individuali.
note
■ L’Autore
Questo rappresenta già di per sé un buon
motivo per doversene occupare e prevedere di considerare adeguatamente le esigenze di tutti, anche di chi ha particolari necessità.
In questo specifico settore l’Università degli
Studi di Trieste ha maturato una significativa esperienza sin dall’anno 2003 (anno europeo dei disabili) con la nascita del progetto di “tutoraggio delle persone disabili in situazioni di emergenza” 1, che ha portato ad
affrontare queste problematiche sperimentando delle concrete risposte, che hanno
portato alla definizione di piani di emergenza e alla realizzazione di prove di evacuazione nelle quali anche le esigenze specifiche delle persone disabili, sono state opportunamente considerate.
Questo ha portato al consolidamento di una
buona pratica, che si configura come un
percorso ciclico composto da diverse fasi
che vengono nel seguito illustrate.
emergenza in campus universitario
note
gamba, ma in caso di necessità potrebbe allontanarsi con le stampelle più velocemente
di un anziano non classificato abitualmente
disabile. Analogamente, un tetraplegico in
carrozzina non ha le stesse possibilità di allontanarsi.
Eppure all’apparenza tutti e due sono disabili motori in carrozzina.
Tra gli elementi critici da considerare nell’ambito della valutazione del rischio, i dispositivi di allarme, intesi quasi sempre come elemento sonoro pensando che questo
tipo di segnale sia facilmente percepibile a
tutti, senza considerare che questo diventa
complicato non solo in caso di problemi di
sordità ma anche in caso di utilizzo di dispositivi di protezione all’udito. Vi è poi da verificare se il segnale acustico è percepibile in
maniera efficace in tutti i punti dell’edificio,
nelle diverse condizioni di esercizio.
Anche l’orientamento, ossia la possibilità di
muoversi in un ambiente riconoscendone i
punti di riferimento, è un aspetto da considerare attentamente per il quale vi è l’abitudine ad affidarsi ai segnali visivi, dando per
scontato che tutte le persone sappiamo interpretare il segnale e intraprendere le conseguenti azioni. In continuità con l’orientamento è da valutare l’identificazione dei percorsi, che dipende dalla percezione dell’ambiente circostante: una differenza cromatica
tra una porta d’emergenza e il muro circostante può aumentare la facilità di percezione della via di fuga.
Dalla combinazione di questi fattori dipende
principalmente il tempo di reazione al quale
bisogna aggiungere quello necessario all’evacuazione vera e propria. In ultima analisi, a livello macroscopico, la principale conseguenza della presenza di disabili in un edificio si traduce in un allungamento dei tempi
dell’evacuazione.
La valutazione del rischio deve considerare
attentamente tutti gli aspetti per far sì che tale tempistica rimanga nei limiti previsti dal
D.M. 10 marzo 1998.
Per eseguire una valutazione del rischio che
consideri gli aspetti collegati alla tutela della
sicurezza delle persone con specifiche esigenze, ci si è rifatti a quanto indicato dalla
circolare n. 880/06 del 18 agosto 2006 che
ha per oggetto “la sicurezza antincendio nei
luoghi di lavoro ove siano presenti persone
disabili: strumento di verifica e controllo –
check-list”2.
Gli elementi principali considerati in questo
strumento sono stati inseriti nel più generale
processo di valutazione dei rischi, nell’ambito del progetto “Sicurezza Partecipata in
Ateneo”. Progetto che prevede che la valutazione dei rischi, presso l’Università degli
Studi di Trieste, cominci dall’analisi delle risposte di una check-list compilata da dirigenti e preposti con l’obiettivo di rilevare le
criticità tecniche ed impiantistiche presenti
sulle quali indirizzare eventuali approfondimenti.
Obiettivo di questa indagine3 è la valutazione del rischio anche per gli aspetti connessi
alla sicurezza delle persone disabili che fornisca indicazioni utili per eliminare o ridurre i
rischi.
Scelta delle misure da adottare
La possibilità che le misure tecniche ed impiantistiche predisposte per garantire, anche
in situazioni di normalità, gli spostamenti all’interno di un edificio, possano non risultare
funzionanti durante una situazione di emergenza è tutt’altro che remota.
Il semplice fatto che in caso di incendio un
ascensore, normalmente utilizzato da una
2 Strumento predisposto in applicazione del punto 1.2 della Circolare del Ministero dell’Interno n. 4 del 1°
marzo 2002 - Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti
persone con limitazioni permanenti o temporanee alle capacità fisiche, mentali, sensoriali o motorie.
3 Per un approfondimento vedi anche G. Sclip, “la sicurezza antincendio in presenza di disabili: strumenti di
verifica e controllo” “ISL - Igiene & Sicurezza sul Lavoro”, n. 11/06.
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antincendio
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note
emergenza in campus universitario
persona con difficoltà motorie per raggiungere il posto di lavoro, non sia utilizzabile, richiede di trovare una soluzione alternativa.
In conseguenza dell’esito della valutazione
dei rischi e dei provvedimenti intrapresi per
eliminarli o ridurli, bisogna individuare e scegliere le misure organizzative e gestionali da
adottare.
Pur con l’obiettivo di garantire uguale sicurezza a tutti, l’autonomia rimane il punto di
partenza per trovare soluzioni efficaci in questo campo guardando alla persona con specifiche esigenze non come un semplice assistito, ma come un compagno di squadra nelle decisioni che si devono prendere, facendo
si che la sua presenza sia, per quanto possibile, attiva e influente.
Non è possibile fornire risposte standard, ma
occorre analizzare singolarmente caso per
caso le diverse situazioni, trovando un punto di incontro tra tecnologia e scienza, tra
capacità di fare e comprensione di quello
che si fa, superando un approccio puramente metodologico e prevalentemente tecnico
per unirlo ad una sensibilità umana che permetta, anche in momenti concitati come
un’emergenza, di rispettare pienamente le
specifiche esigenze e la dignità dell’uomo.
Tutte le misure di tipo gestionale necessitano o meglio discendono dall’organizzazione
di un sistema di tutoraggio, cioè affidamento
preventivo, delle persone da assistere a uno
o più tutor4.
Primaria caratteristica richiesta ai tutor è
quella umana ossia la disponibilità a svolgere questo ruolo oltre all’idoneità fisica perché
l’obiettivo è quello di essere in grado di assistere con efficacia e le buone intenzioni potrebbero non essere sufficienti.
Peculiarità del tutor è quella di essere il primo a intervenire con mansioni specifiche:
l’obiettivo di un sistema di tutoraggio è di
Foto 1 - Utilizzo di una sedia di evacuazione
rendere autonoma la messa in sicurezza delle persone permettendo ai soccorritori professionisti di dedicarsi esclusivamente a
contrastare l’emergenza.
La persona con esigenze specifiche e il tutor
devono essere parte attiva nella discussione
per la preparazione delle procedure da adottare che dovranno successivamente venire
inserite nel piano d’emergenza.
Le misure da adottare possono essere identificate in operazioni come l’assistenza per
aprire alcune porte, il movimentare la persona in sedia a ruote manuale, scendere le
scale con l’ausilio di una sedia di evacuazione (foto 1).
Un aspetto delicato nella formalizzazione
dell’incarico al tutor è la definizione delle responsabilità. È importante chiarire che, indi-
4 per un approfondimento vedi anche G. Sclip, “gli addetti all’affiancamento dei disabili nelle situazioni de
emergenza” “ISL - Igiene & Sicurezza sul Lavoro”, n. 12/06 e G. Sclip “Gli addetti alla sicurezza con compiti
di affiancamento: l’esperienza dell’Università degli Studi di Trieste” in “Sicurezzaccessibile - La sicurezza delle
persone con disabilità: buone prassi tra obblighi e opportunità” edizioni università Trieste EUT dicembre 2008
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emergenza in campus universitario
pendentemente da un incarico formale,
chiunque è obbligato a prestare aiuto ad una
persona in difficoltà in caso di incidente o di
emergenza, per non incorrere nel reato di
omissione di soccorso: il quadro normativo
ha fondato il suo impianto sulla programmazione della sicurezza e sulla responsabilizzazione dei lavoratori, che diventano compartecipi della sicurezza sul posto di lavoro.
Il ruolo del tutor è un compito accessorio rispetto alle sue normali mansioni e di conseguenza le responsabilità sono ben diverse
da quelle di chi è un professionista della sicurezza.
L’intenzione del Legislatore è quella di formalizzare un obbligo di solidarietà umana,
per far sì che le cose si svolgano, all’occorrenza, con un certo ordine.
Il tutor deve fare solo quello che gli è stato
detto di fare e per il quale ha ricevuto adeguate istruzioni: se è stato detto di non usare l’ascensore in caso di incendio e questi,
per eccesso di zelo, lo utilizza comunque, facendolo usare anche al disabile che gli è stato affidato, potrebbero verificarsi conseguenze più gravi di quelle che potevano capitare se l’addetto si fosse limitato a quello
che gli era stato detto di fare (per esempio
raggiungere spazio calmo ecc.).
Questo comportamento si configura, in sede
di un eventuale processo, come negligenza.
Il D.M. 10 marzo 1998 prevede che non solo
chi è addetto alla prevenzione incendi e alla
lotta antincendio, ma anche chi si occupa della gestione dell’emergenza debba essere formato secondo quanto previsto nell’allegato IX.
Risulta evidente come tale formazione sia insufficiente e come i contenuti previsti devono venir integrati con nozioni specifiche che
facciano riferimento alle tematiche della sicurezza e disabilità. La soluzione adottata è
stata quella di formare i tutor solo in relazione al problema dei disabili lasciando loro
aperta la possibilità di partecipare anche ai
corsi per addetti antincendio.
Questa scelta, considerando che sono presenti nelle diverse aree degli edifici persone
con adeguate competenze specifiche (addetti primo soccorso, antincendio), sembra
adeguata e di buon senso. La formazione
specifica ha previsto l’approfondimento dei
seguenti contenuti:
• Il soccorso alle persone disabili (gestione
dell’emergenza e possibili soluzioni)
I tutor vengono formati solo in relazione alla gestione dei disabili. Spetta alla loro autonomia decisionale la
scelta di partecipare anche ai corsi per gli addetti antincendio
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antincendio
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Aggiornamento dei piani
di emergenza ed evacuazione
Ogni persona con esigenze specifiche, dotata di un ausilio tecnico o facilitatore ambientale necessario alla propria autonomia nella
quotidianità, necessiterà di assistenza personale umana anche in una situazione di
emergenza. È necessaria una accorta ed efficiente combinazione di queste risposte,
che non può essere standardizzata.
Questa esigenza di personalizzazione da
una parte e di unicità del piano dall’altra richiedono alti livelli di competenza ed interdisciplinarietà e quindi di coordinamento verificando e testando il conseguimento di efficaci obiettivi, accogliendo nel tempo innovazioni e cambiamento adattandosi con flessibilità nel tempo alle mutevoli situazioni ed
esigenze delle persone.
Il passo successivo alla scelta e definizione
delle misure da adottare è quello di aggiornare ed integrare il piano di emergenza ed
evacuazione con le misure e le relative procedure individuate per le persone con esigenze specifiche. L’inserimento anche di tali
procedure nel piano di emergenza, fa sì che
esse debbano venire coordinate e integrate
in un unico piano così da garantirne il coordinamento.
Seguono alcuni esempi di procedure specifi-
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che definite, per alcune tipologie di esigenze
diverse.
Difficoltà nella mobilità - La normativa prevede di dare adeguata assistenza alle persone
che utilizzano sedie a rotelle e a quelle con
mobilità limitata con alcuni lavoratori addestrati al trasporto delle persone disabili.
Segue un esempio di procedura:
DISABILE
• Mantenere la calma
• Entrare tempestivamente in contatto con
il proprio tutor
• Abbandonare gli effetti personali ingombranti (borse, ecc.)
• Avviarsi all’uscita con l’assistenza del
proprio tutor
• Non usare gli ascensori
• Seguire i percorsi di emergenza e raggiungere lo “spazio calmo”
• Attendere l’arrivo dei soccorritori, in compagnia del proprio tutor, nello spazio calmo.
TUTOR
• Mantenere la calma
• Entrare tempestivamente in contatto e
raggiungere la persona da tutelare
• Tranquillizzarla, spiegare la situazione e le
relative scelte per mettersi al sicuro
• Abbandonare gli effetti personali ingombranti (borse, ecc.)
• Avviarsi all’uscita prestando adeguata
assistenza al proprio disabile (assisterlo
nel percorrere la via d’esodo, aiutandolo
a rimuovere eventuali ostacoli presenti e
nell’apertura delle porte)
• Non usare gli ascensori
• Seguire i percorsi di emergenza e raggiungere lo “spazio calmo”
• Attendere la fine dell’emergenza, in compagnia della persona da tutelare, nello
spazio calmo.
Contestualmente è importante che l’addetto
che ha il compito di accogliere i soccorritori
esterni dovrà essere a conoscenza di questa
antincendio
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emergenza in campus universitario
• Il ruolo degli addetti e le sue responsabilità
• L’approccio relazionale e comunicativo
con il disabile: favorire l’empowerment e
l’autonomia personale
• Procedure di evacuazione da seguire in
caso di emergenza
• Deficit (motori, sensoriali, cognitivi) e
conseguenti impedimenti. Soluzioni operative nell’attuazione del piano di emergenza ed evacuazione
• Tecniche e dimostrazioni pratiche di movimentazione persone disabili
• La percezione del rischio nel disabile a
nell’tutor in caso di emergenza
emergenza in campus universitario
Per quanto riguarda
l’assistenza personale
a disabili in situazioni
di emergenza, non esistono
particolari indicazioni normative
riferite a persone
con disabilità mentali,
ma la procedura
deve essere semplice, mirata
ed essenziale
• Offrire alla persona il proprio braccio per
guidarlo nel movimento
• Mentre si è in movimento avvertire la persona commentando il percorso e descrivere anticipatamente ostacoli, porte, passaggi stretti, ecc.
• Appena portato al sicuro, rimanere a fianco della persona e fornire informazioni su
quello che sta succedendo e verificare se
serve ulteriore assistenza.
procedura e ricordarsi di far confluire i soccorsi verso lo spazio calmo. Ad esempio,
una frase da dire subito ai soccorritori potrebbe essere: “c’è un disabile in compagnia
del suo tutor, in attesa di aiuto presso lo spazio calmo al secondo piano. È un po’ agitato
ma sta bene e necessita di aiuto per scendere le scale”.
Persone con disabilità dell’udito - Valgono i
discorsi generali fatti per le persone con disabilità della vista. Concretamente, esiste la
possibilità che la persona con difficoltà uditive abbia difficoltà o non percepisca un segnale di allarme o comunicazioni sonore, per
cui la persona incaricata deve preoccuparsi
di avvertirlo della situazione di emergenza
avvisandolo del pericolo ed istruendolo sul
da farsi e dove andare.
Persone con disabilità della vista - Le persone incaricate di prestare aiuto ad una persona con difficoltà della vista, devono essere
adeguatamente addestrate ad accompagnare la persona con difficoltà e trasmettere
in modo chiaro e sintetico, le informazioni
utili su ciò che sta accadendo e sul modo di
comportarsi per facilitare la fuga.
Concretamente in caso di emergenza il tutor
incaricato deve garantire la possibilità di percorrere in sicurezza le vie di uscita stando vicino alla persona e la guidandola su un percorso che potrebbe non essere noto oltre
che rischioso da percorrere in momenti concitati. Oltre a ciò è richiesto se necessario di
adoperarsi per agevolare i soccorritori e fornire i riferimenti per meglio trarre in salvo la
persona.
Segue un esempio di procedura:
TUTOR
• In caso di emergenza, la persona deve
subito essere avvisata della natura della
situazione. L’assistenza si concretizza
nella guida verso la più vicina uscita di
emergenza
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Disabilità mentale - Non esistono precise indicazioni normative riferite a persone con disabilità mentali, dove le casistiche potrebbero essere molto specifiche e da trattare caso
per caso. In una situazione nuova e sconosciuta come potrebbe essere quella di
un’emergenza, queste persone, possono
trovarsi in difficoltà nel riconoscere il pericolo, possono esibire un atteggiamento di parziale o nulla collaborazione, possono avere
difficoltà di interpretare un segnale o di eseguire istruzioni che coinvolgono più di una
breve sequenza di semplici azioni.
Spesso ci si trova di fronte a casi che richiedono risposte fortemente personalizzate come ad esempio nei confronti di una persona
autistica.
Esistono poi dei casi specifici per i quali, pur
comprendendone le possibili ritrosie, è auspicabile che la persona interessata si premuri di avvertire il capo ufficio o i docenti di
rifermento: è questo ad esempio il caso di
persone con crisi epilettiche, per le quali se
riconosciute permettono di adottare un comportamento standardizzato.
In genere nei casi di disabilità mentale è par-
antincendio
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DISABILE
• Contattare il proprio tutor
• Abbandonare gli effetti personali ingombranti
• Non preoccuparsi di chiudere a chiave gli
armadi dell’ufficio
• Abbandonare i locali.
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Addestramento puntuale
Importantissima, nella gestione delle emergenze, è la formazione pratica.
È fondamentale che tutor e persone con
specifiche esigenze possano toccare con
mano, sperimentare concretamente le procedure definite.
È opportuno organizzare una prima prova limitata alle sole persone direttamente coinvolte, per testare ogni singola procedura e
verificarne l’efficacia.
Le esercitazioni sono utili per sdrammatizzare eventuali perplessità: ci si rende conto
che i compiti da svolgere non sono poi così
gravosi come li si immagina, anzi, il più delle
volte sono realmente piuttosto semplici.
Come aiutare e sorreggere una persona?
Come guidare un cieco? Aspetti e piccole
paure comprensibili, legate essenzialmente
antincendio
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emergenza in campus universitario
ticolarmente importante che la procedura sia
semplice e mirata ed essenziale.
Segue un esempio di procedura adottata per
una persona normalmente abituata a seguire
un suo rigido ordine mentale prima di abbandonare la stanza, per cui per farle capire
che in situazione di emergenza bisognava
operare diversamente, si è organizzato un intervento specifico da parte di perone con le
quali non aveva familiarità, concluso la consegna e la spiegazione della seguente semplice procedura:
emergenza in campus universitario
note
alla poca familiarità a rapportarsi con persone con questo tipo di esigenze. Problemi risolti nella maggior parte dei casi mettendo in
relazione la persona e le sue esigenze con i
rispettivi tutor, passando dalla teoria alla
pratica, unendo l’aspetto tecnico a quello
umano.
Si è capito come la cosa migliore da fare,
nella scelta della modalità di aiuto sia quella
di chiedere direttamente alla persona interessata come vuole essere aiutata. Banale
forse ma non troppo, perché in genere chi
aiuta pensa sempre di sapere e non dover
chiedere.
Da un questionario somministrato appositamente alle persone disabili, in occasione
delle prime esercitazioni di addestramento
puntuale, è emerso con forza proprio l’esigenza della persona da tutelare di essere
pienamente coinvolta per la definizione delle
modalità di aiuto 5.
locità di una persona più lenta si tradurrà in
un rallentamento in tutte le altre. Non a caso
il D.M. 10 marzo 1998, come obiettivo “misurabile”, stabilisce un intervallo di tempi nei
quali ultimare la messa in sicurezza delle
persone.
Il verbale di valutazione finale, oltre ad essere una risposta ad un’esigenza legislativa
che impone l’ufficializzazione delle prove
svolte, consente di mettere in evidenza le
criticità rilevate, come per altri aspetti, anche
nella la gestione delle problematiche connesse alla presenza di persone con specifiche esigenze, con l’obiettivo di risolverle o
comunque di migliorare la gestione dell’emergenza.
Una prova che evidenzia delle criticità rappresenta di per se un buon risultato, perché
è il punto da cui partire per ottenere un miglioramento.
Prova di evacuazione
Conclusioni
La prova di evacuazione è il momento privilegiato per verificare l’efficacia e l’organicità
del piano di emergenza.
Concretamente essa è il momento per la verifica della piena riconoscibilità del segnale
di allarme e della capacità di orientamento e
conoscenza dei percorsi di evacuazione.
Risulta utile effettuare una riunione di programmazione della prova, per tracciare la
strada da percorrere nello svolgimento della
stessa ipotizzando uno scenario di fondo, tra
le quali anche la dislocazione delle persone
disabili da assistere, sulla base del quale
agire.
Principale conseguenza della presenza di disabili in un edificio in caso di emergenza è
l’allungamento dei tempi di evacuazione: infatti non tutti si muovono con la stessa velocità e questo fatto correlato ad un affollamento durante l’esodo, comporta che la ve-
Cogliere l’occasione di organizzare un piano
di emergenza che consideri le persone con
esigenze specifiche, si è rivelata un’esperienza molto positiva perché, mediante il
coinvolgimento di tutti si è registrata una generale aumentata sensibilità verso le tematiche delle persone con disabilità e delle loro
specifiche esigenze, dell’accessibilità delle
tematiche della sicurezza. Nella stragrande
maggioranza dei casi la solidarietà era già
presente e il progetto è servito soltanto a
renderla strutturata.
Le stime ci dicono che il numero di persone
con specifiche esigenze è in continuo aumento, dunque occuparsi della sicurezza di
una persona disabile è un percorso culturale
e sociale ineludibile che permette di apportare migliorie in una società che, da questo
particolare punto di vista, un domani avrà
qualche difficoltà in più rispetto all’attuale.
5 per un approfondimento vedi anche G. Sclip, Disabili e persone con compiti di affiancamento: una diversa
percezione del rischio, “ISL – Igiene & Sicurezza sul Lavoro”, n. 11/07.
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