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257 Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dellLesame. Se
747
TITOLO I - Del procedimento davanti al tribunale
ART. 257
257 Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell’esame. Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice istruttore può disporre
d’ufficio che esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali ha ritenuto l’audizione
superflua a norma dell’art. 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che
siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o di
correggere irregolarità avveratesi nel precedente esame.
GIURISPRUDENZA
SOMMARIO:
a) Testi di riferimento;
b) Rinnovazione dell’esame dei testi;
c) Ambito di applicazione.
a) Testi di riferimento.
• L’integrazione ex officio della prova testimoniale ai
sensi dell’art. 257, primo comma, c.p.c. − norma applicabile anche nel rito del lavoro in quanto coerente con
l’accentuazione, propria di tale rito, della disponibilità
della prova da parte del giudice, nonché compatibile col
sistema di preclusioni e decadenze disposto dagli artt.
414, 416 e 437 c.p.c. − costituisce una facoltà discrezionale che il giudice può esercitare quando ritenga che, dall’escussione di altre persone, non indicate dalle parti,
ma presumibilmente a conoscenza dei fatti, possa trarre
elementi per la formazione del proprio convincimento.
Ne consegue che la chiamata dei testimoni nel caso che
ad essi altri testi si siano riferiti per la conoscenza dei
fatti, costituendo esercizio di una facoltà siffatta, che
presuppone un apprezzamento di merito sul coacervo
delle risultanze istruttorie, è incensurabile in sede di legittimità, anche sotto il profilo del vizio di motivazione. *
Cass. civ., sez. un., 13 gennaio 1997, n. 682. Conforme,
Cass. lav., 1 agosto 2000, n. 10077.
• Il principio di unità e infrazionabilità della prova,
come non preclude l’escussione in appello di testimoni
ritualmente indicati in primo grado e depennati dal primo giudice con la riduzione di lista sovrabbondante,
così non impedisce al giudice di avvalersi delle facoltà di
ordinare ex officio la chiamata a deporre dei cosiddetti
testi di riferimento. * Cass. civ., sez. lav., 22 marzo 1994,
n. 2716, Consorzio bonifica Piana del Gela c. Macinato
ed altri. Conforme, Cass. I, 14 gennaio 2000, n. 346.
• Il provvedimento di ammissione di un teste di riferimento, che costituisce esercizio di una facoltà discrezionale del giudice, è discrezionalmente revocabile, non
rientrando tra i provvedimenti non revocabili di cui al
terzo comma dell’art. 177 c.p.c. * Cass. civ., sez. lav., 19
gennaio 1993, n. 622, Bombassei c. Spa Brembo Kelsey
Hayes.
• L’integrazione ex officio della prova testimoniale è
facoltà discrezionale che il giudice può esercitare quando
ritenga che, con certezza, dall’assunzione di altre persone, non indicate dalle parti nelle loro liste, ma sicuramente a conoscenza dei fatti, possa trarre elementi per la
formazione del proprio convincimento. Perciò la chiamata dei testimoni, nel caso che ad essi altri testi si siano
riferiti per la conoscenza dei fatti, costituisce esercizio di
una facoltà discrezionale, che presuppone un apprezzamento di merito delle prove già acquisite ed è, quindi,
incensurabile in sede di legittimità. * Cass. civ., sez. III,
23 giugno 1980, n. 3946, Bonavina c. Nico Fazio. Nello
stesso senso, con riferimento al giudizio di appello,
Cass. III, 1 agosto 2002, n. 11436.
• L’assunzione di testimoni di riferimento costituisce
esercizio di una facoltà discrezionale del giudice istrut-
tore e presuppone una valutazione insindacabile dell’opportunità di trarre elementi di convincimento dall’esame di quei testi; tale facoltà, pertanto, giustificatamente non viene esercitata quando il riferimento da parte
del teste escusso sia fatto ad un soggetto non identificato,
la cui conoscenza dei fatti non sia almeno implicita nel
riferimento. * Cass. civ., sez. I, 28 giugno 1979, n. 3624,
Pavanello c. Veronese.
• In materia di assunzione della prova testimoniale,
qualora il giudice del merito, ai sensi dell’art. 257, primo
comma, c.p.c., disponga che sia chiamata a deporre una
persona alla quale si siano riferiti i testi per la conoscenza dei fatti, la citazione del teste deve avvenire a cura della
parte piú diligente, interessata all’assunzione del teste, e,
nel caso in cui nessuna delle parti vi provveda, l’ordinanza
che dispone l’assunzione del teste può essere revocata dal
giudice anche implicitamente, con il provvedimento che
dichiara chiusa l’istruttoria e fissa l’udienza per la precisazione delle conclusioni. * Cass. civ., sez. II, 28 ottobre 2004, n. 20872, Maraviglia c. Gazzarrini.
[RV577871]
b) Rinnovazione dell’esame dei testi.
• L’esercizio del potere di disporre la rinnovazione
dell’esame dei testimoni involge un giudizio di mera opportunità che non può formare oggetto di censura in sede
di legittimità in relazione ad un’asserita violazione del
diritto di difesa previsto dall’art. 24 Cost. e neppure sotto il profilo del difetto di motivazione. (Nella specie, peraltro, il giudice d’appello, a cui era stata proposta
l’istanza di rinnovazione, aveva motivato sul punto, rilevando l’inutilità di un riesame di testimoni che avevano reso deposizioni insanabilmente incongrue). * Cass.
civ., sez. II, 13 ottobre 2000, n. 13647, Bronzetti c. Giacomini.
• L’art. 257 c.p.c., che trova applicazione anche nel
rito del lavoro, consentendo, senza più specifica limitazione il riesame di ufficio di testimoni già interrogati, al
fine di chiarire la loro deposizione, implica un discrezionale apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità e legittimamente esercitabile in
senso affermativo anche dopo l’eventuale dichiarazione di
chiusura dell’assunzione della prova, senza che ciò violi il
disposto dell’art. 209 c.p.c., come si evince dal disposto
degli artt. 279, n. 4 e 356, stesso codice, i quali, rispettivamente prevedendo che il collegio, con giudizio insindacabile, possa dare provvedimenti per l’ulteriore
istruttoria della causa e che il giudice di appello può,
entro dati limiti, ordinare la rinnovazione della prova,
ugualmente presuppongono il carattere non preclusivo
dell’ordinanza di chiusura dell’assunzione. * Cass. civ.,
sez. lav., 23 marzo 1994, n. 2808, Spa Fiat Auto c. Fim
Milano.
• La necessità − prevista dall’art. 257 c.p.c. (applicabile anche al giudizio di appello, ai sensi dell’art. 359
dello stesso codice) − di procedere ad ulteriore istruttoria mediante il riesame dei testi (al limitato fine di chia-
ART. 257
LIBRO II - Del processo di cognizione
rire le loro deposizioni o di correggere irregolarità verificatesi nel precedente esame) è rimessa al discrezionale
apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in
Cassazione; in nessun caso l’esercizio del potere di ordinare la rinnovazione dell’esame dei testimoni già interrogati può consentire l’ingresso di una prova (contraria),
dall’assunzione della quale la parte interessata sia decaduta. * Cass. civ., sez. II, 26 maggio 1978, n. 2670, D.
Edilmec Mecc. c. Bortolotti.
• La rinnovazione dell’esame testimoniale dichiarato
nullo non è affetta da alcuna nullità per il fatto che il verbale della deposizione rinnovata consista nella semplice
ricopiatura a macchina di quello redatto nella precedente occasione, poiché tale circostanza non autorizza a ritenere che sia mancata la rinnovazione dell’atto nullo, e
cioè la reale e non puramente formale escussione del teste, posto che, trattandosi di deposizione sugli stessi fatti, senza necessità di domande su nuove e diverse circostanze, la ripetuta deposizione resa dal teste, in senso
sostanzialmente corrispondente a quella precedente,
ben può essere documentata in quegli stessi identici termini, di cui il verbalizzante e lo stesso testimone abbiano riconosciuto l’esatta e puntuale trascrizione delle asseverazioni rese. * Cass. civ., sez. un., 20 aprile 1978, n.
1889, P. c. P.G. Cassazione.
• Nell’ambito dei poteri riconosciuti al giudice dall’art. 257 c.p.c., che, fra l’altro, comprende quello di disporre la rinnovazione della prova testimoniale al fine
di correggere irregolarità verificatesi nel precedente esame, il giudice può disporre la rinnovazione della prova delegata, che si è svolta in violazione del principio del contraddittorio per nullità della notificazione del decreto di
fissazione dell’udienza per l’assunzione della prova, ordinando la rinnovazione della notificazione ex art. 291
c.p.c. * Cass. civ., sez. lav., 28 ottobre 1978, n. 4948,
Soc. Rizzoli c. Camba.
• La rinnovazione della prova testimoniale − ai sensi
dell’art. 257 secondo comma c.p.c. − può essere disposta
anche d’ufficio e in grado di appello, non interferendo
con il principio desumibile dagli artt. 344 e 345 c.p.c.,
della unitarietà e della indivisibilità della prova, atteso
che detta rinnovazione si esaurisce nella nuova audizione dei testi già escussi, sulle stesse circostanze sulle quali
erano stati già chiamati a deporre, senza che in tale occasione possa essere introdotta dalla controparte una
prova contraria. * Cass. civ., sez. II, 16 agosto 1990, n.
8308, Laubichler c. Soc. Ancilli.
• La facoltà del giudice, prevista dal secondo comma
dell’art. 257 c.p.c. di disporre che siano nuovamente
esaminati i testimoni già interrogati al fine di chiarire la
loro deposizione, può essere esercitata anche di ufficio,
e nel nuovo esame del teste non solo possono essere rese
intelliggibili le espressioni precedentemente adoperate
dal teste stesso, ma possono anche essere precisati punti
non sufficientemente chiariti in precedenza. * Cass. civ.,
5 maggio 1952, n. 1238.
❖ Si veda anche per quanto riguarda l’applicabilità
della norma in grado di appello, sub art. 345, par. f-2).
c) Ambito di applicazione.
• L’assunzione di testi che non siano stati preventivamente indicati in modo specifico può essere consentita
soltanto nei casi previsti dall’art. 257 c.p.c., la cui enunciazione deve ritenersi tassativa, dal momento che l’ob-
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bligo della rituale individuazione è inderogabile e che la
preclusione ex art. 244 ha il suo fondamento nel sistema
del codice di rito civile e si inquadra nel principio,
espresso dal successivo art. 245, secondo il quale il giudice provvede sulla ammissibilità delle prove proposte e
sui testi da escutere con valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte le parti hanno sottoposto al
suo esame. Di conseguenza la parte non può pretendere
di sostituire i testimoni deceduti prima dell’assunzione
con altri che non siano stati da essa stessa indicati nei
modi e nei termini previsti dal primo comma dell’art.
244 c.p.c. * Cass. civ., sez. I, 29 maggio 1992, n. 6515,
Comune di Molfa c. Calamuneri. Conformi, Cass. I, 6
aprile 1963, n. 893 e Cass. II, 5 aprile 1993, n. 4071.
• L’art. 257 c.p.c., pur importando un’eccezione al
principio fissato dall’art. 244, secondo cui i testimoni
debbono essere indicati ab initio, non deroga alle altre
disposizioni relative all’espletamento della prova ed in
particolare all’art. 253, primo comma. (Cass. civ., 14 luglio 1956, n. 2675). L’assunzione dei testi, che non siano
stati preventivamente e specificamente indicati dalle
parti, può essere consentita soltanto nei casi previsti
dall’art. 257 c.p.c., la cui enunciazione deve ritenersi tassativa, cosicché la parte non può pretendere di sostituire
i testimoni con altri che non siano stati da essa indicati
nei modi e nei termini di cui all’art. 244 c.p.c. Tale principio vale anche riguardo alla prova per testi chiesta
dalle parti e ammessa dal pretore, in quanto nessuna
norma del procedimento davanti tale giudice dispone
diversamente (art. 311 c.p.c.); mentre nulla ha a che fare
con la prova testimoniale chiesta dalle parti (artt. 244257 c.p.c.) la facoltà discrezionale che l’art. 317 c.p.c.
concede al pretore di ammettere d’ufficio una prova per
testi, poiché in tal caso è il giudice stesso che deve formulare i relativi capitoli o indicare le persone che su essi
sono chiamate a deporre. * Cass. civ., 9 marzo 1963, n.
577.
• Quando un provvedimento del giudice costituisce
esplicazione di un potere discrezionale, il mancato esercizio di tale potere non integra violazione della norma che
lo prevede, mentre un difetto di motivazione non è configurabile se manchi la sollecitazione della parte ad avvalersene. Pertanto la parte che non abbia rinnovato in sede
di precisazione delle conclusioni la richiesta di ammettere testimoni di riferimento a norma dell’art. 257 c.p.c.
non può addebitare al giudice di merito il mancato uso
di tale potere, censurandone in sede di legittimità la decisione per vizio di motivazione. * Cass. civ., sez. III, 26
giugno 1997, n. 5706, Assitalia Spa c. Tessitura Radici
Spa.
• Il principio generale per cui l’onere della prova grava su colui che allega i fatti posti a fondamento della
domanda o dell’eccezione, non viene meno nel caso in cui
al giudice è riconosciuto di disporre d’ufficio mezzi di prova ritenuti necessari, in quanto detto potere avendo carattere discrezionale non si pone in funzione sostitutiva
dell’onere predetto, con la conseguenza che il mancato
esercizio dello stesso non è censurabile in sede di legittimità anche se del tutto immotivato ed anche se disattenda una specifica sollecitazione della parte interessata. *
Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2000, n. 536, Soc. Camar
c. Prefetto di Vercelli, in Arch. giur. circ. 2000, 301.
[RV532948]
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