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«Ho sorriso poco, scusatemi»

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«Ho sorriso poco, scusatemi»
GIOVEDÌ 15 GENNAIO 2015
In Italia EURO 1,50
www.corriere.it
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281
Servizio Clienti - Tel. 02 63797510
mail: [email protected]
FONDATO NEL 1876
Diamo solide sicurezze
per guardare al futuro
con ottimismo!
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Un anno fa la scomparsa
Nuova materia
L’ultimo viaggio di Abbado
Le ceneri in Engadina
A scuola si studierà
educazione
ambientale
di Paolo Di Stefano
a pagina 47
di Claudia Voltattorni
a pagina 34
Le dimissioni Il colloquio con i suoi collaboratori. Parlamento convocato dal 29 gennaio per l’elezione del successore
«Ho sorriso poco, scusatemi»
L’addio di Napolitano al Quirinale. Renzi: il nuovo presidente già entro la fine del mese
di Marzio Breda
LA CRITICA
DAVVERO
INGIUSTA
G
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
«V
continua a pagina 5
continua alle pagine 32 e 33
IL RIFORMISMO
DELLA VOLONTÀ
di Paolo Franchi
A
OMNIROMA
Debito e crescita Il verdetto della Corte europea
ARRIGO LEVI
«Quando nel 2013 mi disse:
sai che non sto bene?»
❞
Bce, sui titoli di Stato
via libera all’acquisto
Via libera della Corte di giustizia europea all’acquisto illimitato di titoli di Stato attraverso il programma Omt (Outright
monetary transactions, transazioni monetarie dirette), annunciato dal presidente della
Banca centrale europea Mario
Draghi nell’estate 2012 per salvare l’euro: il Quantitative Easing (QE), l’acquisto massiccio
di bond, debito sovrano incluso, che la Bce prepara da mesi e
potrebbe essere votato già giovedì prossimo, è compatibile
«in linea di principio» con i
trattati europei, «se vengono
rispettate alcune condizioni»,
e rientra dunque nel mandato
di politica monetaria della Bce.
● GIANNELLI
I
nove anni di presidenza?
«Certo che ne è valsa la pena,
c’era in gioco l’interesse nazionale e per lui contava più di tutto». Così racconta al Corriere
Arrigo Levi, giornalista, saggista e consigliere del Quirinale.
Spiega il senso dello Stato di
Giorgio Napolitano. E poi:
«Nell’aprile 2013 mi presentai
per sentire che cosa pensava
delle molte pressioni affinché
restasse al suo posto. Mi disse:
ma non sai che non sto bene?».
a pagina 6
IL CUSTODE DI TERRA SANTA
«La guerra
è dentro l’Islam»
di Marco Garzonio
«N
on è in atto uno scontro
di civiltà. Questa è innanzitutto una guerra interna
all’Islam», dice al Corriere padre Pierbattista Pizzaballa, il
francescano da 11 anni Custode
a pagina 21
di Terra Santa.
di Pierluigi Battista
S
carcerato ieri sera, e regolarmente in scena a Parigi
con il suo spettacolo teatrale.
Ma il caso del comico francese
Dieudonné — fermato ieri
mattina e rinviato a giudizio
poche ore dopo per «apologia
del terrorismo» — resta aperto. L’attore, noto per le prese di
posizione provocatorie dai toni
esplicitamente antisemiti, aveva scritto su Facebook «Je suis
Charlie Coulibaly».
a pagina 38
a pagina 20 Montefiori
Mario Draghi,
i sospetti tedeschi
e le scelte italiane
di Danilo Taino
M
a pagina 14
Ferraino, Savelli, Sensini
a pagina 15
Fermato per poche ore, poi va in scena. Ha solidarizzato con i killer della strage di Parigi
● LE IDEE
L’INTERVISTA A «DIE ZEIT»
ario Draghi, in un’intervista al settimanale tedesco
Die Zeit, respinge l’etichetta di
«agente» dell’Italia, non l’accetta e dice di voler rispondere
con i fatti. E il primo fatto è che
il mandato della Bce è quello di
garantire nell’eurozona una
stabilità dei prezzi che al momento non c’è.
Dieudonné, processo al comico antisemita
9 771120 498008
Quel pozzo
senza fondo
degli sperperi
nei Comuni
l contrario di quello che si
scrive, in politica non esistono eredità. Dunque, nemmeno la presidenza di Giorgio
Napolitano, pure tanto significativa, ne lascia una così chiara
da vincolare il suo successore.
● CHE COSA LASCIA
continua a pagina 11
50 1 1 5>
L’INCHIESTA
arie, eventuali e
generiche». Manca
solo questa dicitura, nelle
voci dei bilanci dei Comuni
italiani. Per il resto c’è tutto.
Con legende così fumose
che ti chiedi: cosa diavolo c’è
sotto? Esempio: «Rimborso
anticipazioni di cassa».
Cioè? Boh… Quattro miliardi
e mezzo di euro. Come l’Imu
sulla prima casa. Lo rivela
un nuovo sito da oggi online.
Dove i cittadini possono,
finalmente, confrontare
quanto spendono per le stesse
cose, dal materiale di
cancelleria alle piante da
vivaio, gli oltre ottomila
municipi italiani. Alleluia!
Purché questo lavoro
straordinario venga aggiustato
con l’obbligo, su troppe voci,
di uscire dall’indefinito.
da pagina 2 a pagina 13
È
UNIQA Assicurazioni SpA - Milano - Aut. D.M. 5716 18/08/1966 (G.U. 217 01/09/1966)
di Sergio Rizzo
e Gian Antonio Stella
iorgio Napolitano ha lasciato ieri il Quirinale dopo
due mandati: «Ho sorriso poco, scusatemi». Il Parlamento
convocato dal 29 gennaio per
l’elezione del successore.
di Antonio Polito
comprensibile
l’ostilità che si
riversa anche in
queste ore contro
Napolitano da parte
dei propagandisti
dell’antipolitica; cioè di tutti
coloro i quali hanno sperato
che la crisi economica,
morale e politica dell’Italia
sfociasse in un collasso del
sistema istituzionale, per
sostituirlo con qualcos’altro.
Un’ondata così forte di
rabbia e disprezzo per i
partiti e il Parlamento in
Italia non si vedeva da
tempo. Napolitano l’ha
affrontata di petto, senza
indulgenze, con severità.
Nella convinzione che
l’unico modo di domarla
fosse il rinnovamento delle
istituzioni democratiche. Da
questo punto di vista è stato
il più formidabile nemico
degli agitatori. Si spiegano
dunque l’astio e la collera
con cui ne salutano l’addio.
Meno comprensibile è
l’ostilità che gli proviene da
Berlusconi e dagli ambienti
a lui vicini. Napolitano
infatti, proprio per
fronteggiare il rischio di
collasso del sistema
politico, ha avuto come
stella polare della sua
azione la stabilità di
governo. Il che, in tutte le
crisi politiche che si è
trovato a gestire, lo ha
portato sempre a favorire
soluzioni che tenessero il
centrodestra di Berlusconi
dentro l’area di governo, o
comunque agganciato. Al
punto di irritare spesso gli
oppositori dell’ex Cavaliere.
ANNO 140 - N. 12
● IL CASO
LA «MEDIAZIONE» PER MILANO
MICHEL
HOUELLEBECQ
SOTTOMISSIONE
Il Csm e il patto
con Robledo
di Luigi Ferrarella
L
a «mediazione» è del vicepresidente del Csm Legnini. Il pm Robledo andrà per un
anno alla Procura di Venezia
per tornare a Milano solo
quando il capo Bruti Liberati
sarà in pensione. a pagina 31
DA OGGI
IN LIBRERIA
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
2
Primo piano Il dopo Napolitano
L’ADDIO
AL QUIRINALE
2
La firma della lettera
con le dimissioni
Poi il picchetto d’onore
e il saluto allo staff
Si apre la successione:
il 29 la prima seduta
dei grandi elettori
5
ROMA Sono le 10.50 quando una Lancia Thesis
con i vetri oscurati esce dal Quirinale. Dal gruppo di curiosi assiepati davanti al portone si fa
largo un uomo che si mette subito a gridare:
«Vergogna, vergogna». Crede che nella macchina ci sia il presidente della Repubblica ed evidentemente cerca un momento di celebrità,
dato che si è sistemato in favor di telecamere.
Ma nessuno lo riprende e, soprattutto, nessuno
lo imita. Giorgio Napolitano in realtà è ancora
nel suo studio, dove dieci minuti prima ha firmato le tre lettere di dimissioni previste dal
protocollo, e nell’auto c’è Donato Marra, suo
segretario generale, che sta viaggiando verso
Palazzo Madama, per consegnare il documento
istituzionale a Pietro Grasso, che da questo momento entra nel pieno delle sue funzioni di
supplente del capo dello Stato. Altre missive
identiche sono recapitate a Laura Boldrini, che
si prepara a leggerla a Montecitorio e cui competerà convocare il Parlamento in seduta comune, alle tre del pomeriggio del 29 gennaio. L’ultima lettera va a Palazzo Chigi, dal premier Matteo Renzi.
Il primo atto della procedura per
l’avvicendamento al Colle è quasi compiuto.
Quasi, perché la conclusione si avrà soltanto
con la cerimonia di saluto a Napolitano,
prevista dopo il ritorno di Marra dal brevissimo
tour dentro la Roma del potere, che richiede
meno di mezz’ora. Nel
cortile d’onore un picchetto
interforze è già allineato e
L’inno
anche il reggimento
La mano
corazzieri ha ormai
destra sugli
schierato un reparto a
occhi durante cavallo, al fianco della
banda dei carabinieri. E in
l’inno
un angolo si preparano le
troupe televisive e gli
inviati spediti da tutt’Europa. Manca un quarto
d’ora a mezzogiorno quando il presidente
finalmente scende, preceduto da staffieri in
polpe e seguito da un piccolo corteo dei
consiglieri più stretti. Al fianco ha la moglie
Clio e qualche passo più indietro il figlio Giulio.
È pallidissimo e, cosa rara per lui, visibilmente
emozionato. Cammina lentamente guardandosi
attorno con l’aria di uno al quale scorra in
mente il film di nove anni nei quali si è
identificato, e totalmente, nell’istituzione che
era stato chiamato a incarnare il 15 maggio 2006
e, di nuovo, il 20 aprile 2013. Napolitano
scambia un commento con Clio e alcune parole
con il caposcorta, in gergo «fox». Poi raggiunge
il centro del cortile e, mentre la banda esegue
l’Inno di Mameli, si passa la mano destra sugli
occhi, come per asciugare la commozione. Ma è
un attimo. Gli viene consegnata una copia dello
stendardo presidenziale che in quegli stessi
minuti viene ammainato dal torrino. Tutti
hanno di colpo fretta. E adesso c’è ormai solo il
tempo per un abbraccio ai consiglieri che lo
hanno assistito per questa lunga stagione. La
macchina che lo porterà a casa, al rione Monti,
è già in moto sotto il grande portico. E mentre
esce nella piazza un corazziere ci saluta
dicendo: «Siamo entrati in sede vacante… ma
fino a quando?».
M. Br.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
3
4
6
Il grande abbraccio:
così questi anni
mi hanno cambiato
9
anni
la durata
complessiva
dell’impegno
di Napolitano
come capo
dello Stato
(primo
mandato
2006-2013,
secondo 20132015)
11
i presidenti
della
Repubblica dal
1948 (De
Nicola, Einaudi,
Gronchi, Segni,
Saragat, Leone,
Pertini,
Cossiga,
Scalfaro,
Ciampi e
Napolitano)
di Marzio Breda
«S
cusatemi se vi
sono sembrato, o
se proprio non
sono stato, abbastanza sorridente con voi. Sappiate però che vi sono davvero
grato, e che vi avrò sempre cari
per l’aiuto che mi avete dato in
questi anni straordinari e che
mi hanno cambiato molto, in
profondità». Si è veramente liberato da un certo modo di essere, sia nel privato come sulla
scena pubblica, soltanto nelle
ultime ore al Quirinale, Giorgio Napolitano. E questo saluto ai collaboratori più stretti lo
dimostra, perché scioglie un
autocontrollo così assiduo e
severo da farlo a volte apparire
non solo poco partenopeo, ma
quasi disumano perfino. Mentre stavolta l’empatia con chi
lo circonda scatta sul serio e
ciò che pensa glielo si legge
nel volto. «Ne abbiamo passate, eh, presidente? Del resto, si
sa: nessuna istituzione è
un’isola del sublime», dice un
suo consigliere, uscendo dallo
studio dove sono appena state
firmate le dimissioni e citando
un’efficace battuta del costituzionalista Mario Fiorillo.
È davvero così: sono stati
due mandati straordinari, e
anche duri e difficili, quelli di
L’ammainabandiera Al Quirinale scende il vessillo del presidente (Ansa)
Napolitano al vertice della Repubblica. Una stagione sulla
quale ha lasciato il segno, specie nell’ultimo biennio, una
logorante catena di attacchi e
polemiche. Tensioni continue, che si sovrapponevano al
già delicato e complicato lavoro «d’ufficio», e che adesso è
dissolta. Il capo dello Stato è
nello studio alla Vetrata e lì
aspetta che il segretario generale Donato Marra completi il
giro fra Palazzo Madama,
Montecitorio e Palazzo Chigi
per formalizzare il congedo.
Questione di mezz’ora.
Beve un caffè con lo staff.
Gli mostrano qualche titolo
dei giornali, ma soprattutto gli
fanno scorrere le ultime lettere giunte al Quirinale dall’Italia e dal mondo. Parecchie
hanno sul mittente i nomi di
capi di Stato e di governo. Una
è del Papa, «bellissima, un
grande onore». Una porta il
cartiglio dell’Eliseo ed è di
François Hollande, affettuosa
e piena di riconoscimenti, con
un’aggiunta a mano: «Caro
Giorgio, la Francia è orgogliosa di averti avuto come amico». La conferma che la cura
con cui ha coltivato i rapporti
internazionali produce sempre buoni dividendi. Gratificanti per lui, certo, ma soprattutto per il Paese, commenta.
Il presidente legge e passa
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
PRIMO PIANO
3
1 Giorgio
Napolitano, con
la moglie Clio
Bittoni, lascia il
palazzo del
Quirinale: sono
trascorsi 8 anni
e 8 mesi da
quando iniziò il
mandato di
presidente
della
Repubblica
(Ansa)
2 Nel cortile
del palazzo il
picchetto di un
reparto
interforze
attende il
presidente
uscente per
rendergli gli
onori militari:
viene suonato
l’Inno di
Mameli
(LaPresse)
3 Napolitano,
alle 10.43 di
ieri, firma la
lettera di
dimissioni con
cui lascia
formalmente
l’incarico da
capo dello
Stato
(LaPresse)
1
oltre, siglando qualche missiva personale dettata alle segretarie la sera prima e aggiungendo alcune risposte da
far spedire con urgenza, quando arriva Clio. È un po’ scocciata per aver «preso freddo
nei saloni giù sotto», dov’era
rimasta ad aspettare, convinta
che le procedure fossero più
brevi. Anche lei ha un’espressione fra il sollievo e un vago
smarrimento. In fondo termina per entrambi una lunga parentesi e negli sguardi che dedica al marito si coglie l’attenzione apprensiva di chi vuol
capire come stia prendendo
quest’ultimo passaggio. Lo vede piuttosto provato. Un po’ in
affanno, se non spossato. E
questo forse la preoccupa.
A chi l’affianca, la first lady
L’emozione
L’emozione del capo
dello Stato
che fa emergere
un tratto affettuoso
(espressione che peraltro non
le è mai piaciuta, perché troppo pomposa) non domanda il
classico «abbiamo preso tutto?» di quando si sta per completare un trasloco. Sa che
ogni documento e oggetto è
stato controllato e chiuso negli scatoloni da settimane.
«Questo va agli archivi del
Quirinale… questo negli uffici
di Palazzo Giustiniani… questo a casa».
Una selezione alla quale,
per quanto riguarda le carte e i
libri, ha voluto sovrintendere
lo stesso presidente. Dal suo
studio privato, cosiddetto «alla palazzina», si è voluto portare dietro alcuni volumi acquistati in tempi remoti, dai
quali non si è mai separato e
che a volte sfogliava come per
prendere ossigeno. Per esempio, una raccolta di versi di Eugenio Montale, una di Giuseppe Ungaretti: passioni della
giovinezza, assieme al teatro e
alla musica, cui è ritornato
sempre, quasi all’insegna del
principio psicoanalitico del
❞
Sappiate
che vi sono
davvero
grato
e che vi
avrò
sempre cari
per l’aiuto
che mi
avete dato
Nello staff
rispondono:
ne abbiamo
passate, eh,
presidente;
del resto
nessuna
istituzione
è un’isola
del sublime
Le parole di Napolitano ai collaboratori
«Scusate se non ho sorriso abbastanza»
«regredire per progredire»,
cioè ricordare il passato per
immaginare il futuro. E ciò
che gli staffieri che lo accompagnavano l’altro ieri nell’ultima ricognizione hanno notato
è che Napolitano, prima di
spegnere la luce e chiudere la
porta, si è girato intorno e ha
«salutato» la stanza con la mano. Proprio un ciao ciao al piccolo dipinto di Giovanni Fatto-
ri che sta accanto alla scrivania, al tavolo intorno al quale
convocava le riunioni del mattino, alla copia della Costituzione sempre in vista su un
leggio.
A quel «libro sacro» della
Repubblica ha rivendicato di
essersi tenuto fedele in ogni
momento. Insomma, nella logica descritta da Vincenzo
Cuoco durante la rivoluzione
I messaggi
La soddisfazione per le
ultime lettere di
commiato giunte
dall’Italia e dal mondo
di Napoli del 1799, secondo
cui «alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che
gli uomini»: e gli ordini — come ripeteva spesso pure Ciampi — sono naturalmente le
istituzioni, che gli uomini devono tutelare con passione,
virtù morali e impegno. L’impegno che aveva messo lui
quando nel 2011 ha tenuto a
battesimo il governo di Mario
Monti e poi, una volta rieletto,
quelli guidati da Enrico Letta e
Matteo Renzi. Una «invenzione» del tutto sua il primo,
mentre sugli altri due ha esercitato una sorta di alto patronato affidando loro la missione delle riforme.
Lo hanno criticato molto,
anche per questo oltre che in
certe battaglie sulla giustizia,
ma ora il presidente non ci
pensa. Scende nel cortile
d’onore senza più pronunciare
parole, concentrato sull’addio.
Ed è qui che il suo sorvegliatissimo carattere e la sua autodisciplina a non mostrare le
emozioni hanno un secondo
cedimento. Sarà per gli onori
del cerimoniale, che stavolta
sono dedicati proprio a lui, sarà per l’inno di Mameli che
echeggia da un’ala all’altra del
palazzo, fatto sta che si commuove visibilmente. Tanto da
abbandonarsi ad affettuosità
che neppure i suoi più intimi
collaboratori gli hanno mai visto fare. Li abbraccia e li bacia
tutti, uno a uno. Distribuendo
qualche pacca sulla spalla a
chi di loro ha gli occhi lucidi e
addirittura abbandonandosi a
qualche carezza. E nella piazza
del Quirinale, mentre la macchina scende verso il quartiere
dove l’ormai ex capo dello Stato torna ad abitare, ha il risarcimento della gente comune,
che lo applaude e grida il suo
nome.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4 Il segretario
generale della
presidenza
della
Repubblica,
Donato Marra,
a Palazzo Chigi
consegna la
lettera di
dimissioni al
premier Matteo
Renzi (foto
Ansa). La porta
anche ai
presidenti di
Camera e
Senato
5 Napolitano
saluta
funzionari e
dipendenti
della
presidenza:
un congedo
commosso con
strette di mano
e baci (nella
foto con la
moglie di
Donato Marra,
Ap)
6 Napolitano
lascia il Colle
in macchina
alle 12.09: la
gente radunata
in piazza
del Quirinale
lo saluta
con un
applauso
(Ansa)
4
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
5
Primo piano Il dopo Napolitano
Festa nel rione Monti
per il ritorno a casa
(e alla normalità)
aspetta Napolitano per rifilargli le basette e spera che la signora Clio torni da lui ad accorciare la frangia, Adriano si consola rimembrando il tempo in
cui tagliava i capelli a Prodi.
«Con Clio ci diamo del tu — assicura il corniciaio — Ma solo
quando nessuno ci sente». E il
presidente? Affabile, garbato,
galantuomo... Un coro, finché
un artigiano apre un piccolo
squarcio sull’economia domestica presidenziale: «Ci crede
che sua eccellenza mi chiese
cinque euro di sconto?». Al
centro della scena sta Pietro
Stecchiotti, il macellaio detto
Pol Pet per l’antica fede comunista: «Mi sento la star di un
film americano. Se Napolitano
acconsente la festa si fa, altrimenti le cose che ho comprato
per il buffet me le venderò al
negozio». Sulla soglia della
trattoria di fronte, Valentino
Parlato assiste al via vai: «Napolitano è tornato? Io sono stato sempre contro — rivendica
l’ex direttore del Manifesto —
Ma quando fu attaccato in modo indegno mi dichiarai un corazziere in sua difesa».
Monica Guerzoni
Sabato il «bentornato» preparato dai negozianti
Vicolo dei Serpenti, il
cannone del Gianicolo ha da
poco sparato il colpo di mezzogiorno, sui tetti di Roma splende il sole eppure il Napolitano
che sbuca dall’auto blu è un po’
come il Dante della Divina
Commedia, uscito a «riveder le
stelle» nell’ultimo verso dell’Inferno. Il presidente emerito
agita il cappello in segno di saluto verso la gente che lo acclama, mentre la mano sinistra alza due dita in segno di vittoria.
C’è chi grida «bravo, grazie!» e
c’è il «bentornato presidente»
del ristorante sardo sotto casa,
scritto con il gesso sulla lavagna del menù.
Il portone che si chiude sigil-
ROMA
Il ruolo
● Con le
dimissioni
presentate ieri
da capo dello
Stato Giorgio
Napolitano è
diventato
presidente
emerito e
senatore di
diritto
presidenziale,
come previsto
dall’articolo 59
della
Costituzione
(era già
senatore a vita,
carica che
ricopriva prima
della sua
elezione, nel
2006). Siederà
nell’aula del
Senato
● Napolitano
in quanto
senatore a vita
e presidente
emerito avrà
un suo ufficio a
Palazzo
Giustiniani
● La figura del
presidente
emerito è stata
istituita da un
decreto della
presidenza del
Consiglio dei
ministri nel
1998
● L’ex capo
dello Stato
teoricamente
potrebbe già
partecipare alle
votazioni
sull’Italicum, in
discussione
proprio in
questi giorni a
Palazzo
Madama. In
Senato ha un
seggio anche
l’altro ex capo
dello Stato
Carlo Azeglio
Ciampi
● Durante le
consultazioni
per la
formazione di
un governo i
presidenti
emeriti
vengono
ascoltati per un
parere dal capo
dello Stato in
carica in quel
momento
la l’addio al potere e l’abbraccio
con la libertà. Dal rigore dei
protocolli a una normalità agognata, passeggiate e caffè al baretto, con tanto di ventaglio di
pasta sfoglia. Si può soffrire di
claustrofobia nei 110 mila metri
quadri di specchi e arazzi che
videro sfilare trenta Papi e sentirsi finalmente a casa, con
l’animo sgombro da nostalgie e
rancori, in questi 120 metri
zeppi di quadri e libri... Sotto le
finestre i vicoli della «suburra»
corrono verso i Fori Imperiali.
Tra localini bio e botteghe radical chic aleggia il ricordo struggente del barbone Angelo, che
riebbe l’auto in cui dormiva per
intercessione di Napolitano.
Il rione più antico di Roma lo
accoglie come un figlio tornato
dalla guerra e si prepara a festeggiarlo sabato in piazza. Le
locandine sono già in stampa e
il macellaio di via Panisperna,
che da decenni affetta vitelli
per il Quirinale, ha ordinato
una torta a forma di Colosseo:
«Bentornato, presidente».
Manca solo lui. I monticiani si
sentono dentro la storia anche
loro e temono che «sua eccellenza» diserti la festa, stanco
com’è per i nove anni passati al
fronte sul Colle più alto.
I negozianti fanno a gara nel
pesare pani, pesci e amicizia
certificata. Tra i barbieri la gelosia è leggenda. Se Mimmo
A casa La festa del rione Monti per il ritorno di Napolitano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Quel riformismo della volontà
e il baricentro spostato sul Colle
L’analisi
Con l’inconcludenza dei partiti l’interventismo si è trasformato da strappo in dovere
SEGUE DALLA PRIMA
Fatto salvo (e non è davvero
poco) l’impegno paziente e indefesso per sostenere in tempi
calamitosi l’unità nazionale e
la stabilità politica e per tenere
aperta nonostante tutto la via
delle riforme che il vecchio
presidente ha esercitato giorno dopo giorno, e che è forse la
cifra più vera di questi nove,
difficilissimi anni.
È appena il caso di ricordare
che in primo luogo per questo
Napolitano, uno degli ultimi
grandi esponenti della storia
migliore della cosiddetta Prima Repubblica, è stato ferocemente contestato prima da destra, poi da sinistra, infine da
destra e sinistra insieme, e a
queste contestazioni ha sempre tenuto botta, amareggiato
certo, ma senza indietreggiare.
Anche per questo, caro presidente emerito, chapeau.
L’eredità è però un’altra cosa. Lasciamo pure da parte la
storia, ormai remota, del primo former communist, seppur
riformista e socialdemocratico, al Quirinale. Restiamo alla
presidenza.«È venuto il tempo
della maturità della democrazia dell’alternanza anche in Italia», aveva scandito Napolitano
il 15 maggio del 2006 nel discorso di insediamento, assicurando che avrebbe fatto di
tutto, ma sempre nei limiti
delle sue prerogative, perché si
ponesse mano alle riforme necessarie a transitare dal bipolarismo selvatico a un bipolarismo di stampo, si diceva allora, europeo. Ma sul finire del
settennato prese pubblicamente atto che le sue si erano
rivelate «aspettative troppo fiduciose o avanzate»: nemmeno dopo la nascita del governo
Monti, una creatura sua, le forze politiche che pure lo sostenevano in Parlamento avevano
avuto un soprassalto riformatore, quella che si stava conclu-
dendo era, per le riforme (a cominciare da quella elettorale),
un’altra «legislatura perduta»,
gli elettori avrebbero di certo
presentato il conto. Quanto salato fosse lo si seppe subito.
L’Italia che andava ancora a
votare, non si lasciava più leggere con gli occhiali del bipolarismo: era divisa in partes
tres, e la terza parte (presidiata
da Beppe Grillo) non aveva alcuna intenzione di allearsi con
la prima, il Pd di Pier Luigi Bersani, per dare un governo al
Paese. Per Napolitano, che a
una democrazia dell’alternanza finalmente matura aveva
creduto davvero, magari per
un ottimismo della volontà
una volta tanto più forte del
pessimismo della ragione, era
una sconfitta. Ma fu in questo
inedito contesto che le faide
interne al Pd resero impossibile l’elezione del nuovo capo
dello Stato; e i leader delle
principali forze politiche, Bersani in testa, si recarono con il
cappello in mano al Quirinale
per chiedergli di restare al suo
posto, sapendo che non avrebbe potuto dire di no.
In un Paese che sembrava
ingovernabile vennero due governi, prima uno di unità na-
L’omaggio
Le mani di
Giorgio
Napolitano
(nella foto
Ansa) sulla
copia dello
stendardo
presidenziale
che gli è stata
consegnata ieri
nel cortile
d’onore del
Quirinale dal
comandante
del reggimento
corazzieri. L’ex
presidente
poco prima
aveva
ricevuto gli
onori militari
da un reparto
di formazione
interforze
zionale in versione ridotta,
guidato da Enrico Letta, poi,
dopo la defezione di Silvio Berlusconi, uno di unità nazionale
in versione bonsai, guidato da
Matteo Renzi. Il quale però, se
vive anche grazie all’apporto
della pattuglia di Angelino Alfano, si fa forte di un’intesa con
l’ex Cavaliere in disarmo, il
patto del Nazareno, apertamente contestata, oltre che dai
Cinque Stelle, da settori importanti del Pd e di Forza Italia.
Di questa anomala intesa non
si conoscono gli esatti contorni. Ma si sa che regge, e che la
sua prova del fuoco sarà l’elezione del nuovo capo dello Stato.
In poche parole. Prima e dopo la rielezione Napolitano ha
esercitato le prerogative presidenziali in una sorta di terra di
nessuno: non più la Seconda
Repubblica rivelatasi (brutto
aggettivo per un riformista) irriformabile, non ancora, o solo
virtualmente, la Terza, sempre
che una Terza ci sia. Se non si
parte da qui, le stesse dispute
sui pretesi straripamenti di
Napolitano sono vacue. Presidenti «notai» negli ultimi cinquant’anni non se ne sono visti. Da Giovanni Gronchi (1955)
in giù i predecessori di Napolitano (con la parziale eccezione, forse, di Giovanni Leone e
di Carlo Azeglio Ciampi) sono
stati tutti interventisti, eccome, spesso dietro le quinte,
talvolta in forme clamorose, in
un caso almeno avventuroso a
dir poco (quello di Antonio Segni, che nell’estate 1964 ricevette al Quirinale il comandante dell’Arma dei Carabinieri De
La terra di nessuno
Le prerogative
esercitate nella terra di
nessuno tra la Seconda
e la Terza Repubblica
Lorenzo, artefice del progetto
golpista passato alla storia come «Piano Solo»).
Intervenivano però (per condizionarlo e magari per stravolgerlo) dentro un quadro di
riferimento relativamente certo: i partiti con le loro strategie, le classi dirigenti, gli apparati nevralgici dello Stato. Tutto questo a Napolitano non è
toccato in sorte: nella sua stagione, il baricentro di una politica sempre più inconcludente
si è spostato sul Quirinale, creando così le condizioni per trasformare l’«interventismo»
presidenziale, da strappo alla
regola qual era, in una sorta di
dovere di garanzia democratica e nazionale nei confronti
degli italiani e dei partner internazionali dell’Italia.
Si può dissentire da questo o
quell’atto di Napolitano, si capisce, ma non prescindere da
questo dato di fatto né sottacere che a questa necessità Napolitano ha fatto fronte, oltre che
con una sapienza politica e
istituzionale ignota ai più, con
un fortissimo senso di responsabilità verso il Paese. A proposito di eredità, però, è difficile
credere che il vecchio presidente pensi di trasmettere un
simile «dovere», come un lascito, a chi verrà al suo posto.
Non lo hanno sottolineato in
molti. Ma, nel suo ultimo messaggio di Capodanno, ha voluto spiegare agli italiani perché
anche le sue dimissioni rientrino nel quadro di un «ritorno
alla normalità costituzionale»
di una Repubblica parlamentare. Il che, di questi tempi, non
è purtroppo una certezza.
Paolo Franchi
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
6
Primo piano Il dopo Napolitano
● La Nota
di Massimo Franco
IL PREMIER CERCA
DI ESORCIZZARE
LO SPETTRO
DI UN PD LACERATO
M
atteo Renzi conta sullo
spauracchio della primavera del
2013. Sa che allora un Pd quasi
vincente alle elezioni politiche,
non riuscì a trovare un nuovo
capo dello Stato. E spera che quella vicenda,
dalla quale il partito emerse lacerato dai
personalismi e dalle candidature «bruciate»
nel segreto dell’urna, sia un monito per i
parlamentari; che li spinga a dare un segnale di
unità da spendere soprattutto con l’opinione
pubblica e il proprio elettorato. Ma il passaggio
dalla delegittimazione ad una rilegittimazione
non è scontato. Molto dipenderà da come il Pd
arriverà alla vigilia del pomeriggio del 29
gennaio, quando si comincerà a votare. Le
incognite si chiamano soprattutto riforme.
Sia quella elettorale che del Senato appaiono
in salita. Eppure, Renzi è convinto di strappare
l’approvazione di entrambe per la fine del
mese. Il segnale è il «no» che ieri i gruppi di
maggioranza e FI hanno risposto alla richiesta
delle opposizioni di bloccare tutto fino alla
scelta del presidente della Repubblica. È vero
che al Senato sono planati alcune decine di
migliaia di emendamenti. Eppure, l’iniziativa
della Lega è considerata tattica. E si dà per
probabile che alla fine le modifiche possano
essere ritirate o aggirate. Il problema, di nuovo,
è il Pd. Renzi dovrà trovare un compromesso
sull’Italicum con la minoranza, che non vuole
troppi candidati «nominati» dal segretario.
Solo così può esorcizzare il fantasma del
2013; e sperare di ottenere l’elezione di un
«suo» capo dello Stato alla quarta votazione,
quando basterà la maggioranza assoluta dei
voti e non più quella di due terzi. A piazza del
Nazareno, sede del partito, concedono che solo
un rapporto più disteso con gli avversari interni
può facilitare una soluzione rapida. Altrimenti,
le manovre delle tribù dei tanti candidati
democratici potrebbero trascinare il nulla di
fatto per giorni: col rischio di regalare al
movimento di Beppe Grillo un ruolo perfino
maggiore di quello del 2013, quando riuscì a
incunearsi nelle liti della sinistra con la
candidatura del professor Stefano Rodotà.
Renzi confida non tanto nella lealtà ma nella
debolezza del centrodestra. La voce grossa fatta
ieri da Silvio Berlusconi per arringare le sue
truppe a Roma, convince fino ad un certo
punto. Attaccare il governo e rispolverare lo
spettro dei comunisti; o peggio dichiararsi
forza risolutamente all’opposizione, suona più
come un tentativo di placare i malumori della
base di FI che come un annuncio di guerra al
premier. La realtà è che Berlusconi ha margini
ridotti di trattativa con l’attuale Pd. E l’asse
istituzionale cementato dal patto del Nazareno
lo vede in posizione subalterna. Appoggiare un
capo dello Stato espresso da Renzi è una strada
obbligata per non diventare marginale.
Il problema sarà la marcia di avvicinamento
al 29 gennaio: un percorso nel quale il metodo
viene presentato come il passepartout per
superare le resistenze soprattutto dentro il Pd.
La Lega dice di temere che il Quirinale «sia
merce di scambio tra Renzi e Berlusconi». E
con Movimento 5 Stelle e Sel bolla la fretta di
dire «sì» all’Italicum come l’ennesimo indizio
di una gran voglia di elezioni anticipate. Ma la
clausola che non prevede l’entrata in vigore
della riforma prima del luglio del 2016 sembra
rinviare qualunque desiderio di urne di almeno
un anno e mezzo. Sempre che la successione a
Giorgio Napolitano non diventi un incubo. Ma
lo diventerebbe per tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’INTERVISTA ARRIGO LEVI
«Quando nell’aprile del 2013
Giorgio mi disse che stava male»
I messaggi
● François
Hollande
«Mi sia
consentito
unire la voce
della Francia
all’omaggio
unanime. Sei
un amico. E la
Francia è
orgogliosa di
avere un amico
come te»
● Angela
Merkel
«Un presidente
di grande
significato per
l’Italia, a cui il
Paese deve
molto. Un
interlocutore
tenuto in
considerazione
dal popolo
tedesco»
● Jean-Claude
Juncker
«Il mio caro
amico è
un’àncora di
stabilità,
presenza solida
e rassicurante,
e grande
europeo. Ha
superato ogni
tempesta con
equilibrio»
Giorgio Napolitano ha
chiuso il secondo mandato in
una condizione paradossale e
amara. Dopo aver accettato
una rielezione che gli era stata chiesta da un largo fronte
di partiti e che fu consacrata
dagli applausi dell’intero Parlamento, è stato quasi di continuo sotto attacco. Politicamente e mediaticamente.
Considerando a posteriori
quella sua scelta, ne è valsa la
pena?
«Certo che ne è valsa la pena,
perché c’era in gioco l’interesse
nazionale. Cioè qualcosa che
per lui contava più di qualsiasi
prezzo ci fosse da pagare». Così
dice Arrigo Levi, inviato e corrispondente nelle capitali di
mezzo mondo, saggista e infine consigliere del Quirinale
nelle stagioni di Ciampi e Napolitano, essendo amico di entrambi. Abituato a cogliere anche da piccoli dettagli la verità
di un uomo, racconta un episodio illuminante per capire in
quale chiave il senso dello Stato
sia da applicare all’azione di
questo presidente ormai vicinissimo al congedo.
«Era un giorno di metà aprile del 2013 e mi presentai nel
suo studio per sentire che cosa
pensava delle tante pressioni,
dei partiti ma non solo, affinché restasse al suo posto. Se insistono, come fai a dire di no?,
gli domandai. E lui, di solito
molto misurato, quel giorno
ebbe uno sfogo. Buttò sul tavolo un plico di referti medici, e
mi disse: ma allora non hai capito? Non sai che non sto bene?
Che ho altro cui pensare? Ecco
perché sono indisponibile».
Poi però cambiò opinione.
«Sì, passate ventiquattr’ore
si sentì obbligato a cedere.
Sciolse la riserva e fu rieletto.
Da allora sembrò dimenticare
tutto. Si rimise al lavoro e non
ho mai più udito dalla sua bocca neppure un cenno alla stanchezza o alle preoccupazioni
personali. Né tantomeno alle
polemiche venute dopo. Sono
persone, lui come Ciampi, di
una stoffa particolare. Appartengono alla generazione che
viene dall’antifascismo e che si
identifica in una concezione
del dovere molto forte. Se si
fosse sottratto a quella chiamata nel nome della Patria — e so
di usare un’espressione fuorimoda e spesso carica di valenze
retoriche — Napolitano avrebbe vissuto il proprio ritiro come
una diserzione. Insomma, era
indispensabile che rimanesse
al suo posto per la salute della
Repubblica. Per fortuna, con
grande sacrificio, ha onorato
l’impegno».
Resta curioso che, nel Paese in cui trionfa l’epos giova-
nilistico e il premier Renzi cita di continuo il mito di Telemaco, ci si sia affidati a una
persona che viaggiava già verso i novant’anni. Quale significato simbolico si può ricavarne?
«Mi mette un po’ a disagio
una questione del genere, dato
che sono quasi coetaneo di Napolitano», dice Levi, con una
punta di civetteria. «Credo che
nei momenti di svolta si riconosca il valore dell’esperienza e
della continuità. Non dimenti-
Il telegramma dallo Sri Lanka
Il Papa: è stato esemplare e generoso
Il Papa, che si trova in visita nello Sri Lanka, ha espresso con
un telegramma a Napolitano «sincera stima e vivo
apprezzamento per il suo generoso ed esemplare servizio alla
nazione italiana». (Nella foto Epa il Papa durante una visita a
un tempio buddista a Colombo)
chiamolo: un anno e mezzo fa
l’Italia era paralizzata da una
crisi politica senza precedenti,
una crisi di sistema. Era logico,
dato che stavamo attraversando tempi eccezionali, ricorrere
a qualcuno che avesse vissuto
una lunga parabola dentro le
istituzioni, anche se il suo vecchio percorso politico era lontano da quello di molti».
Inutile ricordarle che le radici di Napolitano nel Pci sono state il pretesto di intermittenti recriminazioni del
centrodestra. Mentre dalla sinistra più estrema gli si imputava un’eccessiva arrendevolezza verso Berlusconi, con
l’accusa di averlo salvato
quando i suoi governi vacillavano.
«È trascorso molto tempo da
quando il Pci era un problema
in Italia e non lo è più da almeno vent’anni. In ogni caso Napolitano non è mai stato condizionato da quel passato, a lui
interessava la stabilità del Paese. Perciò, evocare Berlusconi
in un bilancio della sua doppia
presidenza, significa parlare di
cose completamente irrilevanti. Berlusconi ha rappresentato
un fenomeno politico interessante e originale, da studiare
perché ha coinvolto molti italiani, magari ossessionandoli
per un verso o per l’altro. Ma
credo di poter dire che, per
gente come Napolitano e Ciampi, l’ex Cavaliere non sia mai
stato un’ossessione. Semmai,
verrebbe da dire, un incidente
nella storia della Repubblica».
E lo stesso vale per Grillo e
per altri protagonisti dell’antipolitica?
«Mi sembra che valgano gli
stessi dubbi, che pongo senza
arroganza. Quanto sono significative queste figure, che hanno magari una presa sull’opinione pubblica, nella vicenda
nazionale? Sono dei patrioti?
Quale impronta possono lasciare nell’identità di un Paese
e nelle sue istituzioni? Davvero
si può ritenere che la Storia si
esprima attraverso di loro? Non
siamo forse troppo schiacciati
sul presente e troppo pronti a
inventarci un mito, o un incubo, al giorno?».
Chi è
Arrigo Levi, 88
anni, direttore
de La Stampa
dal 1973 al
1978,
editorialista del
Corriere, è stato
consigliere per
le relazioni
esterne del
Quirinale con
Ciampi e
Napolitano
Ragionamenti che Arrigo Levi estende alle critiche rivolte a
Napolitano per la sfida con certi settori della magistratura. Le
liquida con un’alzata di spalle:
«Non credo, assolutamente,
che un uomo come lui abbia
fatto nulla che deragliasse dai
principi repubblicani, che si sia
mosso fuori da una piena consapevolezza dei suoi doveri. Lo
dimostra la tranquillità — in
quel caso ben più che un dono
di carattere — con cui ha affrontato quella prova di forza».
Che è stata «dura», e il consigliere Levi lo ammette, «ma
che non va sovrastimata».
Per lui bisognerebbe dunque
relativizzare e contestualizzare
criticamente quegli snodi sui
quali la politica si è dilaniata.
Quando Napolitano inventò il
governo «tecnico» di Mario
Monti e poi tenne a battesimo
le «larghe intese» di Enrico
❞
I referti medici
Insistevano per la rielezione, buttò sul
tavolo un plico di referti. Poi si sentì
obbligato a cedere e da lui non ho più
sentito neppure un cenno alle sue paure
Letta e, per ultimo, l’esecutivo
«di scopo» (e lo scopo erano le
riforme) di Matteo Renzi. Tre
esempi in cui si è contestato al
presidente di essere andato oltre i suoi poteri costituzionali.
Polemiche malposte pure queste, per Levi. Che le respinge
perché maturate «nella mente
di chi ha una memoria breve».
Basta riandare indietro nel
tempo, spiega, per trovare
«molti precedenti» di capi dello Stato che, nei periodi di crisi,
«hanno colmato i vuoti della
politica con scelte penetranti e
incisive». In definitiva: «Era, ed
è, loro compito prendere certe
decisioni, senza curarsi di ciò
che vorrebbero le maggioranze
o le opposizioni, ma avendo come unica bussola un’idea di patriottismo repubblicano».
Marzio Breda
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
7
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
8
Primo piano Il dopo Napolitano
Dentro le stanze di palazzo Giustiniani
Tevere
Nel palazzo hanno sede l'appartamento di rappresentanza del presidente del Senato, la sala Zuccari, gli uffici
dei senatorie a vita, dei presidenti emeriti del Senato, alcuni servizi e uffici dell'amministrazione.
Dal 1901 al 1985 è stato anche la sede dell'organizzazione massonica del Grande Oriente d'Italia
otti
ond
C
via
Camera
Palazzo
Montecitorio
Giardini
del Quirinale
Via d
r
el Co
Palazzo
Giustiniani
Palazzo
Chigi
1
U Piano uffici
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Palazzo
del Quirinale
2
4 Sala della
Costituzione
Studio del
capo dello
Stato
supplente
Studio e segreteria
Pietro
Carlo Azeglio Ciampi
Grasso
3
Studio e segreteria
Giorgio Napolitano
Altare
della Patria
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6
7
Uffici
Uffici a disposizione
Appartamento
Renato Schifani del segretario generale
Pietro Grasso
ex studio Cossiga
del Quirinale
presidente del Senato
Donato Marra
e capo dello Stato
supplente
Senato
piazza Madama
Piazza
Navona
5
Uffici
Mario Monti
200
3
1
2
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7
4
5
6
8
9
10
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12
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14
LA STORIA
Realizzato alla fine del Cinquecento e
ceduto nel 1590 ai Giustiniani, ricca
famiglia genovese. A inizio del 900 una
parte passò alla Cassa di Risparmio di
Roma, una parte fu affittata al Grande
Oriente d'Italia. Assegnato al Senato nel 1926,
soltanto nel 1988 fu interamente nella
disponibilità dell’istituzione. Qui venne firmata da
Enrico De Nicola la Costituzione
U
U
LO STENDARDO
La bandiera esposta a palazzo
Giustiniani è quella del supplente
capo dello Stato
11 SALA ZUCCARI
Corazziere
8
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14
Uffici
Pier Ferdinando
Casini
ex studio Andreotti
Uffici
Elena Cattaneo
ex studio
Napolitano
Uffici
Carlo Rubbia
Uffici
Marcello Pera
Uffici
Franco Marini
Uffici
Renzo Piano
Illustrazione: Mirco Tangherlini
Corriere della Sera
Il primo giorno di Grasso: grande responsabilità
Il supplente raggiunge a piedi palazzo Giustiniani. Il saluto al Senato: «A qualcuno non mancherò»
Il ruolo
● Il presidente
del Senato
Pietro Grasso
da ieri, con le
dimissioni di
Napolitano, ha
assunto il ruolo
di presidente
della
Repubblica
supplente
ROMA La giornata comincia alle
9.30, ancora da presidente del
Senato. Come da mesi a questa
parte, il clima è incandescente:
la decisione di concedere subemendamenti alla maggioranza
non va giù all’opposizione e ad
alcuni senatori democratici e
allora Pietro Grasso ci mette la
faccia per l’ultima volta da presidente di Palazzo Madama. Alle undici, ecco la comunicazione attesa, con l’arrivo del segretario generale del Quirinale
Donato Marra. E con l’ultimo
saluto ai senatori: «L’Aula mi
mancherà e metto in conto anche il fatto che a qualcuno non
mancherò. Spero di tornare
presto». Auspicio che indica la
speranza che l’elezione del
nuovo capo dello Stato sia rapida. Ma nel frattempo Grasso
diventa presidente della Repubblica ad interim. Supplente
come lo furono Cesare Merzagora, Giovanni Spadolini,
Amintore Fanfani e Nicola
Mancino. Dopo le comunicazioni di Marra, Grasso lascia
palazzo Madama e percorre a
piedi i pochi metri che lo dividono da palazzo Giustiniani,
già presidiato dai corazzieri.
Non utilizza il tunnel sotterraneo che collega i due palazzi,
per sottolineare l’importanza
di un passaggio istituzionale
che deve essere fatto alla luce
del sole. A palazzo Giustiniani
In strada Il presidente del Senato Pietro Grasso (Ansa)
viene esposto «lo stendardo
del supplente», mentre comincia l’allestimento delle stanze
adiacenti alla Sala della Costituzione, dove lavorerà Grasso.
E dove, nel pomeriggio, dopo
un rapido pranzo con la moglie, incontra alcuni funzionari
del Quirinale e il capo del cerimoniale, Luigi Cremoni. Ma il
pomeriggio è segnato anche da
una telefonata «affettuosa»
con Giorgio Napolitano.
Grasso, che manterrà la stessa scorta che ha sin da quando
era procuratore, pubblica un
tweet, prima assoluta da un
profilo personale per un presidente della Repubblica, sia pure supplente: «Una grande re-
sponsabilità e una forte emozione. Affronterò questi giorni
con spirito di servizio e animo
sereno».
Da questa mattina, comincerà il lavoro da supplente. In
mattinata ci sarà l’incontro con
il segretario generale e con i
consiglieri del presidente, per
una prima analisi dei dossier
aperti, delle urgenze e di tutto
quello che è indifferibile e indilazionabile, come è prassi in
questi casi. Tra gli appuntamenti dei prossimi giorni,
l’inaugurazione dell’anno giudiziario e la giornata della memoria.
Alessandro Trocino
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
9
Primo piano Il dopo Napolitano
Renzi: «Il nuovo presidente a fine mese»
Ringrazia Napolitano e dribbla le domande sul totonomi: adesso serve un arbitro, un garante
Poi l’avvertimento a Berlusconi: nessuno ha diritto di veto, potremmo scegliere il successore da soli
I numeri
● I grandi
elettori del
futuro
presidente
della
Repubblica
saranno 1.009:
630 deputati,
315 senatori,
58 delegati
delle regioni (3
per ciascuna,
tranne la Valle
d’Aosta, che a
Roma ne invia
uno soltanto) e
sei senatori a
vita, tra cui lo
stesso
Napolitano.
ROMA È la fine di una giornata
in qualche modo storica, Matteo Renzi si accomoda alle nove
di sera negli studi de La7, fa il
ritratto del prossimo presidente della Repubblica, «un arbitro, un garante», per l’ennesima volta rivolge un ringraziamento a Giorgio Napolitano,
«una colonna delle istituzioni,
che mi ha aiutato, indubbiamente, se le riforme si fanno è
soprattutto merito suo», ma
soprattutto manda una sorta di
altolà a tutti coloro che pongono condizioni, in primo luogo
Berlusconi: il prossimo capo
dello Stato, visto che «nessuno
ha diritto di veto», è anche possibile che «ce lo eleggiamo da
soli».
Scaramucce forse, inevitabili, ma chiare. La corsa all’elezione della prima carica dello Stato non è ancora iniziata, ma il
presidente del Consiglio sente
il bisogno di dire alcune cose in
modo molto chiaro, «basta con
la logica delle figurine, delle
bandierine», se il Cavaliere dice «non uno di sinistra ce lo
eleggiamo da soli, la logica del
così o pomì, come diceva la
pubblicità, non ha senso, io sono perché Berlusconi partecipi
all’elezione, ma devono partecipare anche i leghisti, i grillini,
la cosa che non è possibile è la
competizione ideologica».
Non c’è solo un’esternazione
di sicurezza, di confidenza, nel
processo che si sta schiuden-
❞
L’esempio
A quali
personaggi
mi ispiro?
A Bob
Kennedy
Ma spero
di non fare
la sua fine
do. Mentre insiste nel sottolineare gli omaggi a Napolitano,
«che ha fatto capire che l’Italia
non può stare immobile, che è
stato un vero riformatore, che
ha detto che la Costituzione,
così com’è, non funziona», ammette per la prima volta che il
nome del successore è in qualche modo già nella sua mente,
anzi «di nomi ce n’è abbiamo
tanti in mente, ma occorre aggiungere che le istituzioni vanno difese e in qualche modo
coccolate, i parlamentari non si
spaventino di pressioni, anche
su twitter, abbiano solo senso
istituzionale».
Una parte dell’intervista ha
notazioni personali, il rapporto
particolare con Napolitano,
che «una volta mi ha fatto notare che fra noi due corrono 50
anni»; i 40 anni appena compiuti, un compleanno che «ho
sentito, mi hanno fatto effetto,
ho sempre pensato che gli anta
fossero lontani da me, dopo di
che la vita è bella per quello che
è e io sono uno fortunato». Un
personaggio cui si ispira? «Bob
Kennedy, ma spero di non fare
la sua fine».
Di mattina, mentre le lettere
di dimissioni di Napolitano
vengono recapitate alle tre
principali istituzioni del Paese,
Camere e governo, Renzi fa comunque professione di ottimismo, «ragionevolmente a fine
mese dovremo avere il nome
del nuovo presidente, ci sono
● I grandi
elettori sono
stati convocati
a Montecitorio
il prossimo 29
gennaio alle
15: le prime tre
votazioni
prevedono una
maggioranza di
due terzi per
avere una
fumata bianca,
dalla quarta
votazione sarà
sufficiente una
maggioranza
semplice.
● Caso unico
nella storia
italiana: sarà lo
stesso
Parlamento del
2013 a
eleggere il
nuovo capo
dello Stato,
anche se da
allora sono
cambiati gli
equilibri tra i
partiti.
Napolitano fu
rieletto alla
sesta
votazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In tivù
Il premier
Matteo Renzi
ieri sera ha
tenuto a
battesimo la
nuova edizione
della
trasmissione
«Le invasioni
barbariche»
condotta da
Daria Bignardi:
al centro
dell’intervista
le dimissioni di
Napolitano e le
manovre per la
successione
.................... (Ansa)
● Da ieri al 27
gennaio le
Regioni sono
chiamate a
scegliere i loro
58 delegati:
alcuni consigli
sono stati già
convocati.
● Secondo i
primi calcoli —
complicati però
dal ruolo di Ncd
al governo con
il centrosinistra
ma in alcune
Regioni in
maggioranza
con il
centrodestra —
in linea di
massima i
delegati
regionali
saranno 35
esponenti di
centrosinistra,
22 di
centrodestra e
1 autonomista
(il valdostano
Rollandin).
tanti uomini e donne in grado
di ricoprire quel ruolo: la scorsa volta la politica non ce l’ha
fatta, ma noi non possiamo fallire» dice alla presentazione
del libro Corruzione a norma di
legge, di Francesco Giavazzi e
Giorgio Barbieri, nel corso di
un dibattito moderato da Mario Calabresi, alla presenza del
commissario anticorruzione,
Raffaele Cantone, secondo alcuni anche lui con qualche
chance di Quirinale.
Anche se ai cronisti che
chiedono Renzi risponde:
«Cantone ha tanto da fare, non
si farà rovinare la vita, voi però
non dovete rovinarla a me».
Marco Galluzzo
di Francesco Verderami
La rete del premier
che mantiene i contatti
con tutti i candidati
Terrà fede al soprannome che gli hanno affibbiato in
Consiglio dei ministri, perciò
prima di lanciare un nome per
il Colle Renzi «last minute»
aspetterà fino all’ultimo, fino
all’ultimo studierà i candidati
e i sondaggi che sul loro conto
ha commissionato. E siccome
dai dati demoscopici emerge
che nessun politico spicca oggi negli indici di gradimento,
non ha definitivamente accantonato l’idea della sorpresa.
Ma di questo il premier tace
con i quirinabili, a cui dice o fa
dire cose che non spengono le
loro speranze. Per Amato ha
avuto parole commendevoli, a
Del Rio ha spiegato che «tu saresti il mio ideale», a Casini
non ha opposto veti all’ipotesi
di un esponente dell’area moderata al Quirinale. Tranne
Cantone — a cui ieri ha cancellato ogni aspirazione sostenendo in pubblico che «lui ha
già tanto da fare all’Autorità
anticorruzione» — il leader
del Pd fa sentire tutti in corsa.
Se i candidati di Renzi si costituissero in Associazione, capirebbero che a ognuno di loro è
stata detta sostanzialmente la
stessa cosa.
Sarà per via della sua indole
o per la difficoltà politica di
comporre al momento l’intricata faccenda, in ogni caso il
premier sta alimentando le
ambizioni di quanti vorrebbero succedere a Napolitano. E li
tiene stretti a sé, grazie a un
network di fedelissimi che risponde solo a lui e che ha il
compito di monitorare i quirinabili e riferirgli ogni dettaglio delle loro conversazioni.
Così a Delrio è stato assegnato il «fronte emiliano», dove sono di stanza Prodi e Castagnetti. Alla Boschi sono
toccate la Severino e la Finocchiaro. La Madia è stata facilitata, visto che parla ogni giorno con il figlio di Mattarella,
capo legislativo del suo dicastero. Nessuno si risparmia.
Persino il sindaco di Firenze è
coinvolto da Renzi nella «rete»: è Nardella infatti a tenere
in via riservata i rapporti con
Amato.
Agli ex segretari del partito
ci pensa invece il premier,
conscio che «tutti i miei predecessori si sentono candidati
in pectore per il Quirinale». E
con loro Renzi parla, più di
frequente manda sms di lu-
Il retroscena
ROMA
singa o di rassicurazione. Ma
tra questi c’è chi ricorda com’era rassicurante il messaggio inviato dal segretario del
Pd a D’Alema quando era in
ballo per una nomina in Europa: è un messaggio che l’ex
premier ha tenuto nella memoria del telefonino e che
ogni tanto mostra ai suoi interlocutori per metterli sull’avviso.
In fondo però Renzi va capito. Deve gestire il passaggio
più delicato della sua giovane
carriera politica, con avversari
interni ed esterni al suo partito
che — a scrutinio segreto —
vorrebbero riservargli il trattamento della rottamazione. Il
premier però è convinto di
partire nella corsa al Colle da
una posizione di forza, e da lì
poter mediare: «Nessuno —
spiega — potrà fare un presidente della Repubblica contro
L’obiettivo
Il leader: nessuno può
fare un presidente
contro di me, ma dovrò
sceglierlo con gli altri
di me, anche se io dovrò farlo
insieme agli altri».
Gli «altri» sono Berlusconi,
l’Area popolare di Alfano e la
minoranza democratica. E pur
di tenere dentro l’accordo il
Cavaliere, mette in conto di
perdere un pezzo del suo stesso partito. Il problema è di non
perdere tanti pezzi del Pd e soprattutto di non ritrovarsi con
una Forza Italia a pezzi. Questo
è il maggior rischio, evidenziato ieri nell’Aula della Camera e riassunto in un tweet dal
renziano Giachetti: «Dal dibattito sulle riforme si deduce che
a giorni cadrà la giunta Maroni
e che ad ore i fittiani usciranno
da Forza Italia».
Nonostante Berlusconi faccia sfoggio dei «nostri 150
grandi elettori» per dire che
«al Quirinale non voteremo un
capo dello Stato come gli ultimi tre», lo spettacolo offerto a
Montecitorio non è stato un
bel segnale per il premier alla
vigilia della partita per il Quirinale. E come non bastasse, in
vista delle prime tre votazioni
— le più insidiose per Renzi
— i dirigenti del Pd hanno segnalato a palazzo Chigi movimenti di truppe Cinquestelle,
415
i parlamentari
del Pd che
prenderanno
parte al voto
per il futuro
capo dello
Stato: a loro
vanno aggiunti
i delegati
regionali,
circa 35
137
i grandi
elettori dei
Cinque Stelle:
rispetto al
2013 i
pentastellati ne
hanno persi 26,
che sono stati
espulsi o si
sono dimessi
dai gruppi M5S
130
i parlamentari
che fanno
parte dei
gruppi di Forza
Italia: nel 2013
il Pdl aveva 97
deputati e 91
senatori. Il
gruppo poi si è
scisso con la
nascita di Ncd
pronte a votare Prodi per tentare di sabotare il patto del Nazareno. Come ammette il vice
segretario del Pd Guerini, il
passaggio in cui è prevista la
maggioranza dei due terzi dei
grandi elettori, «sarà delicato».
Ecco spiegato l’endorsement per Veltroni, che di fatto
viene contrapposto al fondatore dell’Ulivo. Guerini confuta
la tesi, spiegando che «comunque un candidato forte si
misura poi alla prova del consenso». Insomma, è solo l’inizio della sfida, non è pensabile
sia già scritta la fine. Perciò al
momento tutti nutrono speranze. Grasso, per esempio,
agli occhi di Renzi si gioca la
partita della vita con il «canguro», l’arma usata per eliminare
gli emendamenti di massa
presentati dalle opposizioni
per fare ostruzionismo. E il
presidente del Senato — pur
da supplente di Napolitano —
tiene la regia dell’Aula di palazzo Madama dov’è in gioco
l’approvazione dell’Italicum
prima delle votazioni per il
Colle.
Nell’attesa tutti si apprestano a manovre di posizionamento. Anche quello che un
tempo fu il centrodestra —
cioè i gruppi di Forza Italia e di
Area popolare — dovrà decidere: marcerà in ordine sparso
verso l’intesa con il premier o
darà vita a un preventivo patto
di consultazione? Alfano, puntando per il Colle su una personalità «garante di tutti e con
sensibilità cattolica» si schiera
per Casini. E Berlusconi?
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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Primo piano Il dopo Napolitano
«Senza di noi non passa nessuno»
Il commento
La critica
ingiusta
Berlusconi chiede unità ai suoi senatori. E oggi vede Fitto per provare a ricucire
Al raduno con i club conferma il Nazareno. E dona 20 mila euro a un’anziana
SEGUE DALLA PRIMA
C’è il pienone all’Auditorium del Santuario del Divino
Amore dove Silvio Berlusconi
fa la sua rentrée politica proprio nel giorno in cui Giorgio
Napolitano lascia la scena restituendogli, di fatto, un ruolo
centrale per le prossime, cruciali scelte. Ma al capo dello
Stato che se ne va, il Cavaliere
— rinfrancato dalla sua gente
radunata dal capo dei Club Forza Silvio, Marcello Fiori, tanto
da lanciare anche una colletta
per una anziana che racconta
dal palco la sua storia di povertà (le darà «20 mila euro») —
non dedica nessun passaggio
esplicito nel suo discorso. Napolitano è accomunato solo ai
suoi due predecessori in un
giudizio poco lusinghiero, che
è la premessa per chiedere, stavolta, un capo dello Stato «che
sia garante di tutti e non di una
parte»: «Credo sia una domanda assolutamente logica e giusta pretendere di avere un presidente che non sia un seguito
di tre presidenti di sinistra che
hanno portato questo Paese a
questa situazione non democratica».
Non un saluto, una parola sia
pure di circostanza. Dopo Napolitano, fa capire Berlusconi,
non dovrà esserci un altro Napolitano. Uno che si comporti
come lui avallando quello che
ROMA
continua a considerare un colpo di Stato, le sue dimissioni
nel 2011: «Nei prossimi giorni
depositeremo degli allegati alla
nostra richiesta di una commissione di inchiesta su quei
fatti», minaccia.
Ma ai senatori azzurri, riuniti
in sera per fare il punto su Quirinale e riforme (con loro anche la componente centrista
dei Popolari di Mauro, quella di
Gal e Umberto Bossi invitato a
cena), in verità il leader di FI
confida di credere che Renzi
«non ci proporrà un nome di
parte», anche perché «ha bisogno dei nostri sì per farlo passare». In pubblico comunque
mette i paletti: «Oggi la sinistra
ha il presidente della Repubblica, della Camera, del Senato,
del Consiglio dei ministri e della Consulta. Non può avere tutto. Insisteremo perché ci sia
l’indicazione di un nome di garanzia che saremmo lieti di sostenere con i voti dei nostri 150
elettori uniti a quelli della sinistra».
L’identikit non c’è, nemmeno la proposta. Ai senatori
spiega: «Serve uno che non abbia ostilità nè pregiudizi nei
nostri confronti». Ma che Berlusconi sia bendisposto nei
confronti del premier lo dimostrano le parole che pronuncia
al Divino Amore: una battuta
L’incontro
Il leader di FI
Silvio
Berlusconi
(sotto) con il
coordinatore
dei club Forza
Silvio Marcello
Fiori ieri a
Roma. In platea
la fidanzata
dell’ex premier
Francesca
Pascale (in alto)
— «Volete farvi i selfie con me?
Ma io non sono Renzi!» —; un
solo passaggio da comizio: «I
comunisti oggi si chiamano
“democratici”, e hanno come
programma una “dittatura”»;
una conferma: «Il Nazareno è
un prezzo che paghiamo alla
nostra coerenza: se ci propongono riforme come le nostre
del 2005, per il senso di responsabilità ci stiamo».
In cambio, è il sottinteso,
servirà un presidente che dia
«garanzie». Soprattutto sul terreno della riconquista di una
agibilità politica, che resta lontana come dimostra anche la
decisione della Cassazione di
ieri di non permettere a Berlusconi di viaggiare fuori dai confini nazionali, perché quella
che sta scontando è «a tutti gli
effetti una pena detentiva».
Ma per ottenere quello di cui
ha bisogno, il Cavaliere ha bisogno di un partito unito e di
numeri certi. Per questo, mentre il nocciolo duro dei suoi fedelissimi si organizza (due sere
fa una trentina di loro — fra i
quali Bergamini, Romani, la
Rossi — si sono visti a cena per
serrare i ranghi e si rivedranno
la prossima settimana), l’intenzione dell’ex premier è quella
di ricucire con Raffaele Fitto.
L’ex governatore, che conta su
una componente di almeno 40
parlamentari, è stato convocato
per stamattina a palazzo Grazioli, per cercare di arrivare a
un’intesa, che resta però molto
difficile. La sua pattuglia infatti, guidata dalla senatrice Bonfrisco, alla riunione di palazzo
Grazioli ha annunciato una posizione molto dura: «Se non
cambia il premio di lista, l’Italicum noi non lo votiamo». Un
cul de sac, perché — per Berlusconi — il Nazareno non può
essere messo in discussione:
con Renzi «dobbiamo mantenere i patti, solo così lui manterrà i suoi».
Paola Di Caro
La vicenda
● Silvio
Berlusconi, che
sta scontando
ai servizi sociali
la pena inflitta
per frode
fiscale
nel processo
Mediaset,
ha chiesto lo
sconto previsto
dalle norme
sulla
liberazione
anticipata: 45
giorni. La pena
dovrebbe
finire all’inizio
di marzo
● Due i tavoli
aperti dal
leader di Forza
Italia in vista
del voto per
il Quirinale.
Da un lato
il dialogo
con il premier
per la scelta
di un nome
condiviso, sulla
scia del patto
del Nazareno
per le riforme
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● Dall’altro
Berlusconi
dovrà tenere
compatto
il partito:
il timore
è che qualche
parlamentare
dei dissidenti
voti per far
saltare il patto
del Nazareno
Nel 2010, quando Fini spaccò
la maggioranza di
centrodestra, Napolitano si
adoperò affinché la
discussione della mozione di
sfiducia a Berlusconi fosse
posticipata a dopo la legge di
Stabilità. Questo diede un
mese di tempo al premier, che
lo usò per conquistare e
trasferire voti in Parlamento, e
gli consentì di ribaltare a
sorpresa il risultato e restare in
sella.
Nel terribile autunno del 2011,
quando il governo Berlusconi
cadde al pari di tutti i governi
dei Paesi travolti dalla crisi dei
debiti sovrani, Napolitano non
sciolse le Camere, indicendo
elezioni che in quel momento
avrebbe sicuramente vinto il
centrosinistra guidato da
Bersani, ma puntò sul governo
Monti per uscire dalla
emergenza finanziaria.
Berlusconi gradì questa
soluzione al punto che diede la
fiducia al nuovo esecutivo, e
per mesi lo sostenne; non a
caso fu lui a proporre prima e
a votare poi il bis di
Napolitano.
All’indomani delle ultime
elezioni, il presidente negò a
Bersani la possibilità di dar
vita a un governo senza
maggioranza parlamentare e
incaricò invece Letta alla guida
di un esecutivo che
comprendesse Berlusconi. E
quando Renzi arrivò sulla
scena, Napolitano diede via
libera al suo tentativo, che
consisteva nel riportare nel
gioco politico Berlusconi con il
patto del Nazareno,
nonostante nel frattempo
fosse stato condannato per
frode fiscale e decaduto dal
Senato, e per questo avesse
rotto con la maggioranza e con
Alfano.
Tutte queste scelte, peraltro
pubblicamente motivate,
ovviamente sono suscettibili
di critiche; ma certo non per
essere state di pregiudizio al
centrodestra. I cui problemi
politici di oggi hanno ben altre
spiegazioni e radici.
Antonio Polito
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L’intervista
di Daria Gorodisky
Chi è
● Paolo
Romani,
67 anni,
capogruppo
al Senato di FI,
è stato editore
televisivo.
Ha ricoperto
l’incarico
di ministro
allo Sviluppo
economico
negli anni
2010 e 2011
ROMA Il mantra è «metodo condiviso». Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, lo ripete e lo ripete quando
parla di elezione del nuovo capo dello Stato. Sottolineando
che il suo partito «è stato e resta determinante». «Spero solo che sia un principio acquisito. Siamo al traguardo di una
riforma epocale verso il monocameralismo e di una nuova
legge elettorale che darà più
forza ai futuri governi: a maggior ragione abbiamo bisogno
di una personalità di alto profilo e di massima garanzia per
tutti».
Una decina di giorni fa aveva escluso che questa figura
potesse essere rappresentata
da un tecnico…
«Avevo parlato a titolo per-
Romani: si può chiudere alla quarta votazione
Il dissenso interno? Spesso serve per esistere
sonale, perché ritengo che difficilmente un tecnico possa
avere forte capacità politica, di
mediazione. Però non è una regola assoluta, è difficile segnare questo tipo di demarcazioni.
La qualità più importante che il
futuro presidente deve avere è
quella di raccogliere il consenso di tutti. Perché apparterrà
anche alle stagioni che vanno
oltre la legislatura attuale, ammesso poi che questa arrivi a
scadenza naturale».
Il dialogo
«Non interrompiamo il
dialogo sulle riforme.
Anche se ci sono
divergenze si va avanti»
…e non concepiva per il
Quirinale nessuno che avesse
la tessera del Partito democratico.
«Non sono disponibile a
tratteggiare identikit. Né voglio
partecipare a lotterie di proposte o veti».
Dunque il confronto fra voi
e il Pd va avanti, si tratta, il
patto del Nazareno continua
a tenere.
«Noi non interrompiamo il
dialogo. Siamo stati determinanti in agosto per la riforma
del Senato e in dicembre per
incardinare la legge elettorale.
Ora abbiamo ancora dei punti
di dissenso sul nuovo sistema
di voto, ma si va avanti».
In particolare, continuate a
essere contrari al voto di lista.
«Sì, perché le opposizioni ne
uscirebbero tutte fortemente
frammentate e deboli».
Prevede comunque che la
legge elettorale verrà votata
prima del 29, quando inizierà
la procedura per scegliere il
sostituto di Giorgio Napolitano?
«Per quanto riguarda il Senato, il programma è questo.
Poi, naturalmente, la legge dovrà tornare alla Camera».
Le divisioni interne al vostro partito rientreranno,
riuscirete a convincere i dissenzienti?
«C’è una larga maggioranza
del gruppo che condivide la linea ribadita anche oggi (ieri
per chi legge, ndr) da Berlusconi. Certo, anche in agosto e in
dicembre ci sono stati voti in
difformità rispetto alle indica-
❞
Il presidente
deve avere il
consenso di
tutti. Andrà
oltre la
legislatura
ammesso
che arrivi a
scadenza
zioni del capogruppo. Spesso
chi dissente lo fa per consentire a se stesso di esistere. Comunque ciascuno si assumerà
le proprie responsabilità».
Non temete franchi tiratori?
«In condizioni difficili abbiamo raggiunto comunque il
risultato per il Csm e per la Corte costituzionale».
Crede che l’elezione per il
Colle si concluderà in tempi
rapidi? Il presidente del Consiglio Matteo Renzi prevede
che avverrà entro la fine del
mese.
«Non ci sembra impossibile
chiudere alla quarta votazione,
e sarebbe anche un bel segnale
di efficienza. Vediamo, abbiamo davanti due settimane…».
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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Primo piano Le riforme
«Pronti a non votarlo»
La minoranza dem
fa muro sull’Italicum
No alle opposizioni sul rinvio a dopo l’elezione per il Colle
Aula quasi vuota al Senato — presidiata solo da un
gruppetto di grillini, dalla minoranza del Pd, dalla presidente Anna Finocchiaro, dal leghista Roberto Calderoli e da
un’attentissima Maria Elena
Boschi, inamovibile dal banco
del governo insieme al sottosegretario Luciano Pizzetti — in
attesa che da martedì inizi la
raffica di votazioni sui 40 mila e
rotti emendamenti della legge
elettorale. L’obiettivo del governo è quello di chiudere ben
prima del 29 gennaio, giorno
in cui i senatori si trasferiranno
alla Camera per eleggere il capo dello Stato e il capogruppo
del Pd, Luigi Zanda, non sembra poi così spaventato dal numero spropositato di emendamenti prodotto da Calderoli:
«Ce la faremo, magari per la fine della prossima settimana lavorando anche di sabato e di
domenica».
È saltata però la riunione di
oggi in cui il segretario Matteo
Renzi avrebbe dovuto domare
la minoranza del Pd che al Senato sta preparando un documento politico da giocare se le
richieste per limitare il numero
dei deputati nominati non dovessero essere accolte. Avverte
il bersaniano Miguel Gotor:
«Ce la mettiamo tutta ma se il
segretario non ci ascolta vuol
dire che alla fine non voteremo
l’Italicum. Non dico che votere-
ROMA
●
Il retroscena
Summit con Di Maio
da Casaleggio
Quirinarie congelate
I
l ritorno ai territori, ai
meet-up, all’«uno vale
uno» da un lato e
dall’altro la necessità —
richiesta a gran voce non
solo da parte della base ma
anche da qualche
fedelissimo — di scelte di
peso, di «volti forti» in
grado di catturare maggior
appeal elettorale.
I Cinque Stelle, dopo
il post dello staff di Beppe
Grillo sulle Regionali
in Liguria («Non ci sono
altre regole o salvatori
della patria o nomi noti,
per “vincere”»)
tornano a discutere.
La preparazione della
campagna elettorale,
intanto, incombe già e ieri
a Milano si è tenuto un
vertice alla Casaleggio
associati con — tra gli
altri — Luigi Di Maio
e il sindaco di Bagheria
Patrizio Cinque. «Questioni
territoriali legate
all’organizzazione del
territorio», liquida la
questione il vicepresidente
della Camera all’uscita del
meeting. Tuttavia è molto
probabile che si sia
discusso anche
dell’argomento del giorno:
le dimissioni di Giorgio
Napolitano e, di
conseguenza, la strategia
da adottare in vista della
scelta dell’elezione del
futuro capo dello Stato.
Punto fermo, si sa, le
Quirinarie da svolgere in
Rete, consultando gli
attivisti. Ancora incerto,
però, il metodo da adottare.
L’idea che sembra prevalere
è quella di aspettare le
mosse di Matteo Renzi,
senza scoprire le carte.
Rispetto alla primavera
2013 l’atteggiamento è
cambiato. E lo si può vedere
anche dalle parole di
Danilo Toninelli, che
precisa all’agenzia
Adnkronos: «Non facciamo
nomi non perché siamo
fermi sulle gambe ma
perché è il sistema malato
che non ce lo consente. Se
li facciamo, ce li bruciano».
Anche sulla data delle
Quirinarie vige il massimo
riserbo: possibile che la
consultazione sia
successiva all’ultima
domenica di gennaio.
Intanto, Beppe Grillo sarà a
Roma giovedì prossimo, 22
gennaio, per partecipare a
una iniziativa sul reddito di
cittadinanza insieme a don
Ciotti. Lì avrà l’occasione
per testare con mano il
puzzle sul destino del
Quirinale.
Emanuele Buzzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso Liguria
mo contro. Però...».
L’ostacolo «quantitativo»
rappresentato da Calderoli,
dunque, sembra aggirabile con
la tecnica del «canguro» (gli
emendamenti seriali cadrebbero uno dopo l’altro) o magari
perché l’esponente del Carroccio potrebbe fare forse parziale
marcia indietro. Più delicato
per il governo il problema
«qualitativo» degli emendamenti presentati dalla minoranza del Pd che ha già schierato in aula una batteria di interventi di avvertimento ipercritici sull’Italicum; Massimo
Mucchetti, Vannino Chiti, Miguel Gotor, Maurizio Migliavacca, Federico Fornaro e altri
ancora hanno puntato sull’effetto di sistema che avranno la
legge elettorale e la riforma del
bicameralismo. Mucchetti ha
spiegato che siamo davanti a
«una politica del carciofo, a
una mutazione genetica della
forma di governo». Migliavacca
ha insistito sul ripristino di un
legame forte che ormai si è rotto tra eletti ed elettori: «E questo non si ottiene certo con
l’aumento dei deputati nominati e non scelti dai cittadini».
È dunque in preparazione
un documento politico firmato
da una trentina di senatori dem
da sottoporre a Renzi nella riunione del chiarimento slittata a
lunedì. Ma l’aria di rivolta non è
poi così scontata. Pippo Civati
40%
il tetto di voti
da raggiungere
per ottenere
il premio di
maggioranza al
primo turno nel
nuovo Italicum
3%
la soglia di
sbarramento
prevista nella
nuova versione
dell’Italicum
per le liste che
corrono da sole
In Aula
Dall’alto, il
vicepresidente
del Senato
Roberto
Calderoli, il
ministro Maria
Elena Boschi e
Luciano
Pizzetti,
sottosegretario
(BenvegnùGuaitoli)
va teorizzando che anche i bersaniani ora si stanno placando
sulle riforme perché c’è una
non tanto remota possibilità
che pure l’ex segretario entri in
gioco per il Quirinale.
Segnali non amichevoli nei
confronti del governo arrivano
poi anche dalla minoranza di
FI: i fittiani (40 parlamentari)
minacciano di non seguire le
indicazioni di voto di Berlusconi: alla Camera — dove continua la lenta marcia della riforma costituzionale che deve affrontare ancora più di mille vo-
tazioni — Maurizio Bianconi
ha addirittura chiesto «una
commissione di inchiesta sul
patto del Nazareno». Al Senato
gli azzurri Bonfrisco e Minzolini si sono accodati a Sel, Lega e
M5S per chiedere la sospensione dei voti sulle riforme in attesta che si elegga il capo dello
Stato. Stessa richiesta alla Camera. A tutti, però, le presidenti Laura Boldrini e Valeria Fedeli (che da ieri sostituisce Grasso) hanno detto no.
Dino Martirano
40
mila gli
emendamenti
alla nuova
legge elettorale
presentati a
Palazzo
Madama
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Inchiesta sulle primarie ad Albenga
E in un seggio arriva l’Anticrimine
I garanti pd prendono tempo. Minacce a un collaboratore di Cofferati
GENOVA Ancora fumata nera
della commissione di garanzia
per le primarie del centrosinistra in Liguria. Ieri i garanti si
sono riuniti per esaminare 28
casi segnalati come irregolarità ai seggi e hanno aggiornato
la seduta a domani «in mancanza di alcuni documenti richiesti e attesa la necessità di
approfondimenti». A sottoporre ai garanti i casi sospetti e la
presenza di flussi anomali di
immigrati ai seggi sono i supporter di Sergio Cofferati,
sconfitto dall’assessore regionale Raffaella Paita con 4.000
voti di distacco (29 mila a 25
mila). Mentre dal Pd nazionale
arriva la richiesta, più o meno
esplicita, di chiudere alla svelta
la partita, a Genova la tensione
è alle stelle.
Ad aumentarla è arrivata la
decisione della procura di Savona di aprire un fascicolo sulle primarie, relativo, sembra, al
voto di circa 200 immigrati maghrebini nel seggio di Albenga. Il sospetto è che siano stati
«ingaggiati» e abbiano anche
ricevuto due o più euro per votare. E, se non bastasse, è filtrata ieri la notizia che il presidente del seggio genovese di
Certosa — dove ha votato un
alto numero di cittadini origi-
La vicenda
● Raffaella
Paita, 40 anni,
dall’ottobre
2010
assessore alle
Infrastrutture
della Regione
Liguria alle
primarie del
centrosinistra
per la scelta del
candidato alla
presidenza
della Regione
ha sconfitto
Cofferati con
il 55 per cento
● Lo sfidante
ha lamentato
irregolarità
nelle votazioni
e la presenza di
un numero
anomalo di
stranieri ai
seggi. Le
segnalazioni
sono finite sul
tavolo del
Comitato dei
garanti e della
procura della
Repubblica
nari di Riesi, nella provincia di
Caltanissetta — ha ricevuto la
richiesta di investigatori impegnati nel campo della criminalità organizzata di visionare le
liste dei votanti. Gli investigatori hanno posto alcune domande generali sulle modalità
di voto e non ci sarebbe stata
nessuna acquisizione di documenti — tutto quindi rientrerebbe in quella che si può definire un’attività informativa —
ma il presidente del seggio ha
preferito informare dell’acca-
duto la segreteria del Pd. In
questo clima sempre più rovente il rinvio della proclamazione ufficiale di Raffaella Paita quale vincitrice delle primarie e candidata ufficiale del
centrosinistra per la presidenza della Regione sta facendo
saltare i nervi ai suoi sostenitori. «Il comitato è inadempiente
— ha attaccato ieri Arcangelo
Merella, membro dello staff
elettorale che ha convalidato la
votazione di domenica scorsa
— le regole dicono che la se-
❞
Lo staff
di Paita
La vittoria
doveva
già essere
proclamata
Non si può
discutere
il risultato
Dopo la denuncia di Isabella Conti (Pd)
Pressioni sul sindaco, commercialista nei guai
Tra i nomi fatti ai magistrati da Isabella
Conti, il sindaco di San Lazzaro
(Bologna) che ha denunciato di essere
stata minacciata perché intende
bloccare la cosiddetta Colata di Idice, il
maxi insediamento di 582 alloggi del
valore di circa 300 milioni di euro, ci
sarebbe anche quello del
commercialista Germano Camellini, ex
presidente del collegio dei revisori dei
conti del Comune. I pm bolognesi
vogliono verificare le posizioni di
esponenti del Pd (il partito del sindaco
Conti) e persone vicine alle coop e alle
imprese coinvolte nel progetto edilizio,
dai quali potrebbero essere partite
pressioni. Camellini potrebbe essere
interrogato. «Non ho mai minacciato
nessuno. Spiegherò ai pm che ho agito
come presidente dei revisori. Ero in
Comune per la chiusura del bilancio e,
saputo dell’idea di bloccare il progetto,
ho suggerito di chiedere pareri legali»
dice il commercialista. Oggi l’avvocato
Tommaso Guerini, il suo legale,
depositerà l’istanza per conoscere la
posizione del suo assistito.
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greteria politica doveva dichiarare la vittoria di Raffaella Paita
subito, al massimo entro le otto di mattina del giorno successivo. Non c’è nessuna necessità di aspettare il responso
dei garanti, i ricorsi eventualmente si fanno dopo ma il risultato del voto non può essere
messo in discussione». Sembra che il comitato elettorale
abbia anche valutato l’ipotesi
di scrivere una lettera al comitato politico. La sensazione è
che tutto ciò alla fine non faccia altro che avvelenare il clima
intorno alla proclamazione di
Paita.
Intanto si deve registrare un
episodio sgradevole, il collaboratore di Cofferati Andrea Contini ha ricevuto minacce di
morte (vergate sulle cartoline
elettorali dell’ex sindacalista e
infilate nella buca delle lettere)
e ha fatto denuncia alla Digos.
«Credo — commenta Contini
con filosofia — che qui qualcuno abbia perso la bussola. Ho
ricevuto minacce in più fasi, le
ultime sabato e ho fatto denuncia lunedì. Se avessi voluto
strumentalizzare lo avrei detto
prima. Ma credo veramente
che ci si debba fermare».
Erika Dellacasa
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
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Primo piano L’Eurotower
I giudici: la Bce può acquistare i titoli di Stato
La Corte di giustizia Ue promuove le misure sui bond dei Paesi in difficoltà: piena discrezionalità
Per Francoforte è una pietra miliare. I mercati scommettono sul «bazooka», euro e Btp ai minimi
●
Lo studio
Visco: l’economia
illegale vale
oltre 150 miliardi
di Fabio Savelli
P
er ora siamo fermi al
condizionale. A
distanza di due anni
dall’adozione del «rating di
legalità» verrebbe da
pensare che il «passaporto
etico» per le imprese in
regola sia stato finora
confinato nel limbo delle
dichiarazioni non tradotte
in comportamenti fattuali.
«Un contributo alla
creazione di un contesto
più trasparente — ha detto
ieri in commissione
Antimafia il governatore
della Banca d’Italia Ignazio
Visco (foto) — potrebbe
venire dal rating di
legalità». L’inquilino di via
Nazionale ha ricordato che
un decreto del ministero
delle Finanze prevede che
le banche ne tengano conto
nella concessione dei
prestiti. L’imprenditore,
l’amministratore, il
direttore tecnico in regola
(che non abbiano riportato
sentenze di condanna e
non siano stati soggetti di
misure di prevenzione
patrimoniale/personale)
dovrebbero avere fino a tre
«stellette», riconoscimento
da esibire (e da rivendicare)
nel rapporto con gli istituti
di credito. Nelle parole del
Governatore traspare la
volontà di investire
maggiormente su questo
strumento, anche per
contrastare «l’anomalia
italiana» per la quale «i
bonifici dall’Italia verso i
paradisi fiscali sono di circa
il 36% più elevati di quelli
verso gli altri Paesi esteri».
Un’anomalia che Visco
correla alla criminalità
organizzata (che così cela i
proventi di furti e traffico di
droga) e «all’opacità della
legislazione finanziaria dei
Paesi di destinazione».
È un tasto dolente questo
per Visco (la stessa tesi era
stata evidenziata anche in
un’altra recente apparizione
pubblica alla presenza dei
procuratori aggiunti di
Milano e Roma) perché si
traduce in «un deficit di
credibilità» e in una perdita
secca di investimenti diretti
dall’estero quantificabile in
16 miliardi di euro negli
ultimi sette anni. D’altronde
secondo il titolare di
Palazzo Koch l’economia
illegale «pesa per il 10% del
Prodotto interno lordo».
Cioè circa 150 miliardi.
fabiosavelli
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L’acquisto illimitato di titoli
di Stato attraverso il programma Omt, annunciato (ma finora mai usato) dal presidente
della Bce Mario Draghi nell’estate del 2012 per salvare l’euro, è compatibile «in linea di
principio» con i trattati europei, «se vengono rispettate alcune condizioni», e rientra
dunque nel mandato di politica monetaria della Bce. E’ il parere dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea,
Pedro Cruz Villalón, che dà un
sostanziale via libera al Quantitative easing (QE) in stile americano, cioè l’acquisto massiccio di bond, debito sovrano incluso, che la Bce prepara da
mesi e potrebbe essere votato
già giovedì prossimo a Francoforte, quando si riunirà il Direttorio dell’Eurotower.
Il parere dell’Avvocato generale non è vincolante, ma di solito viene seguito dalla Corte di
giustizia. Perciò, anche se bisognerà aspettare alcuni mesi per
la sentenza, sembra ormai caduto l’ostacolo legale che
avrebbe potuto frenare l’azione
di Draghi. Da qui la reazione
immediata sui mercati: l’euro è
sceso al livello più basso da oltre 9 anni, giù fino a 1,1727 sul
dollaro, anche se poi in serata è
tornato sopra quota 1,18, mentre il rendimento dei Btp decennali ha toccato il minimo
storico dall’introduzione della
moneta comune, all’1,71%, per
poi chiudere a 1,74% con lo
spread intorno a 130 punti. I
Bund tedeschi a 5 anni sono
tornati negativi.
Ovvia l’esultanza all’Eurotower, che definisce il parere
«una pietra miliare», precisando che l’Omt è «pronto e disponibile». L’opinione di Villalón
chiarisce che «la Bce è la sola
responsabile della definizione
e dell’implementazione della
politica monetaria», valuta
Yves Mersch, membro del comitato esecutivo della Bce. Attraverso il portavoce del ministro delle Finanze Wolfgang
Il caso
di Mario Sensini
L’arsenale della Bce
La caduta dell'euro
sul dollaro
La discesa del rendimento
del Btp decennale
1,365
2,9
1,3
2,5
IERI
IERI
1,728%
1,1807
2
1,185
1,75
lug. ago. set. ott. nov. dic. gen.
2014
lug. ago. set. ott. nov. dic. gen.
2015
2014
2015
L’arsenale di Mario Draghi
TLTRO
COVERED
A settembre
BOND
e a dicembre
A ottobre la Bce
la Bce
ha cominciato
ha lanciato
ad acquistare
due aste di
covered bond,
prestiti
cioè obbligaalle banche
zioni bancarie
a un tasso
garantite
dello 0,15%,
ABS
con scadenza
La Bce ha
a 4 anni,
cominciato
vincolati
ad acquistare
alla concessione Abs, cioè titoli
di credito
cartolarizzati
dalle banche
che impaccheta imprese e
tano mutui e
famiglie
prestiti bancari
(ma non per
a famiglie e
mutui)
imprese
QE
Il Quantitative
easing (QE), è
l’acquisto
massiccio di
titoli di Stato e
corporate
bond
(obbligazioni
aziendali)
da parte della
Bce.
È l’arma finale
per riportare
il livello
dell’inflazione
nell’eurozona
al 2%.
Oggi è a -0,2%
d’Arco
-0,2
per cento
l’indice dei
prezzi
a fine anno
nell’eurozona
Schäuble, Berlino si limita a dire che il parere dell’Avvocato
generale della Corte di giustizia
europea porta «chiarezza» e
«mette in rilievo la posizione di
fondo del governo tedesco».
All’attacco, invece, va il presidente dell’istituto tedesco Ifo,
Hans-Werner Sinn, da sempre
contrario e allineato con i 37
mila tedeschi che hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale di Karlsruhe definendo l’Omt illegittimo: dà «carta
bianca alla Bce», così «si rischia di precipitare la zona euro in una grave crisi costituzionale», visto che il parere «ha
clamorosamente contraddetto
la Corte costituzionale tedesca».
Di fatto, nelle sue conclusioni, Villalón non solo legittima
lo scudo antispread promesso
da Draghi nel luglio 2012,
quando in piena crisi dei debiti
sovrani disse che la Bce avrebbe fatto tutto il possibile (il ce-
Le banconote
Italia, (quasi) addio
ai tagli da 500 euro
In Italia il numero di biglietti da 500
euro «è crollato», le banconote da
500 e 200 euro «sono
sostanzialmente sparite» e quelle da
100 «si stanno riducendo». Lo ha
detto il governatore della Banca
d’Italia, Ignazio Visco, intervenendo
dinanzi alla commissione Antimafia.
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lebre «whatever it takes») per
salvare la zona euro, ma rafforza l’indipendenza dell’Eurotower, che deve «godere di un
ampio margine di discrezionalità». La motivazione? Ai tribunali manca «la specializzazione
e l’esperienza di cui dispone la
Bce», che perciò «deve godere
di un ampio margine di discrezionalità nella programmazione e nell’esecuzione della politica monetaria della Ue. E il
programma Omt «è una misura non convenzionale di politica monetaria». Anche se deve
rispettare «determinate condizioni», ad esempio il divieto di
finanziamento monetario degli Stati membri e specificamente il principio di proporzionalità.
Tolto di mezzo lo scoglio legale, l’ultimo ostacolo è rappresentato dall’opposizione in
casa guidata dal presidente
della Bundesbank, Jens Weidmann. Ma la Bce può prendere
le sue decisioni a maggioranza.
Giuliana Ferraino
@16febbraio
La vicenda
● L’Omt è il
programma
della Bce per
comprare sul
mercato
secondario
titoli del debito
pubblico dei
Paesi
dell’eurozona
● La Corte
costituzionale
tedesca, dopo
aver ricevuto
37 mila
petizioni di
cittadini
tedeschi per
dichiararne
l’illegalità, ha
rinviato la
questione alla
Corte di
giustizia Ue
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Effetto flessibilità, 5 miliardi in più
Il piano a Bruxelles tra un mese
Sul tavolo della Commissione prima dell’esame europeo di marzo
Più tempo per arrivare al
pareggio di bilancio, e più soldi
da spendere già quest’anno
nelle infrastrutture. La decisione della Commissione di rendere più flessibili le regole europee sui conti pubblici apre
da subito nuove possibilità per
il governo italiano. Restando
sempre sotto il tetto del 3% di
deficit, e garantendo quest’anno una sua correzione dello
0,25% in termini strutturali e
non dello 0,5 come la vecchia
regola, il solo rafforzamento
del piano delle riforme permetterebbe di spostare oltre il
2017 (anche al 2019) l’equilibrio
dei conti. Al pareggio, dunque
si potrebbe arrivare con più
calma, senza manovre correttive pesanti. Ma già quest’anno,
poi, ci sarebbe la possibilità di
spendere almeno 4-5 miliardi
in più, senza che questi abbiano un impatto negativo sulla
ROMA
spesa, e dunque sul deficit. E
per poter sfruttare al meglio i
nuovi margini concessi da Bruxelles, il ministero dell’Economia si è messo subito al lavoro.
Il primo obiettivo è aggiornare
il Piano delle riforme, rafforzarlo, ad esempio con l’attuazione della delega fiscale, ed
anticiparlo a fine febbraio.
Normalmente il Piano viene inviato a Bruxelles ad aprile insieme al Def e all’aggiornamento del Programma di Stabilità,
ma stavolta è importante che la
Commissione lo valuti prima
del nuovo esame, previsto a
marzo. Le riforme potranno essere tenute in conto «ex ante»
purché siano attuate, ben specificate, inserite in un calendario puntuale ed abbiano «un
impatto verificabile». Per ciascuna, il governo dovrà dimostrare un impatto positivo sul
potenziale di crescita, eventuali
risparmi diretti di spesa o nuove entrate, ed il lavoro è già iniziato. Se l’effetto è positivo, sarà possibile «deviare» temporaneamente dal percorso che
porta al pareggio di bilancio,
oggi previsto nel 2017. Con la
nuova impostazione, anche per
l’Italia sarà poi possibile la deroga sugli investimenti, finora
preclusa per via del debito sopra al 60% del Prodotto interno
lordo. I contributi statali al
Fondo Juncker per gli investi-
menti saranno considerati
«una tantum» e non impatteranno sul deficit. Come la quota dei finanziamenti nazionali
che affiancano quelli Ue. Per
l’Italia nel 2014 potrebbe significare 5 miliardi di investimenti pubblici aggiuntivi.
Per il Financial Times la
nuova posizione di Bruxelles
«è un aiuto sostanziale per la
promozione dei conti italiani»,
per Le Monde addirittura «un
regalo a Renzi». Di certo l’Italia
Al Senato
Prestiti agli over 60 proprietari di casa
La commissione Finanze del Senato ha dato il via libera al
prestito vitalizio ipotecario. Si tratta di una forma di
finanziamento che consente al proprietario ultrasessantenne di
un immobile di convertire parte del valore in liquidità. Per
l’approvazione definitiva il testo passa all’assemblea del Senato.
ne beneficia, come è sicuro, si
dice al Tesoro, che fosse uno
dei Paesi più penalizzati dal rigido quadro precedente, che
sottovalutava gli effetti negativi
della recessione. Anche per
questo al ministero sono molto
soddisfatti del nuovo approccio al problema. Si riconosce,
come sosteneva il Tesoro, che
in tempi di forte recessione, o
quando l’economia viaggia
molto al di sotto del suo potenziale, come in Italia, gli sforzi di
risanamento siano meno pesanti. Dallo 0,5 strutturale, per
noi, si passa allo 0,25%. La medaglia, però, ha anche un’altra
faccia: nei periodi di congiuntura positiva, o quando quella
differenza sul potenziale sarà
ridotta, la correzione dei conti
dovrà esser più pesante di
quella prevista oggi. Non più
0,5, ma tra 0,75 e 1% di Pil.
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
15
LA BANCA CENTRALE IL PRESIDENTE
Draghi, la ferita dei sospetti tedeschi
«Mio padre mi insegnò il rigore»
I colleghi
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Il 22 gennaio, la Banca
centrale europea diventerà
maggiorenne. Ha poco meno
di 17 anni — è nata il 1° giugno
1998 — ma sta per lasciare la
famiglia dei tutori e diventare
indipendente. Mario Draghi, il
suo presidente, la sta portando
verso la maturità di chi risponde a se stesso e non alla volontà
della madre più ingombrante,
si chiami pure Germania, o della madre naturale, sia essa l’Italia: questo passaggio lo ha
spiegato, difeso ed esaltato in
una lunga intervista che viene
pubblicata oggi da uno dei
giornali più influenti della Germania, il settimanale Die Zeit.
Parole rivolte innanzitutto all’opinione pubblica tedesca
che spesso lo sospetta di essere
un «agente italiano» nel corpo
della banca dei 19 membri dell’Eurozona. Un’accusa, dice,
che lo ferisce.
Giovedì prossimo, appunto
il 22 gennaio, il Consiglio dei
governatori della Bce deciderà
quasi certamente di dare il via
al tanto chiacchierato Quantitative Easing (QE) sovrano, cioè
all’acquisto massiccio di titoli
pubblici di tutti i Paesi dell’euro. Potrà essere fatto in diversi
modi: si vedrà. Di certo, sarà un
passo fondamentale sotto due
aspetti. Il primo, di merito,
consiste nel fatto che si tratta
dell’intervento praticamente di
ultima istanza, nel senso che
poi non ce ne sono altri, per dare un colpo forte alle aspettative di deflazione, cioè di calo dei
prezzi, che se diventassero stabili e di lungo periodo schiaccerebbero per anni a venire la
crescita economica dell’area
euro. Con conseguenze gravi
anche sul piano politico.
Il secondo, di metodo ma
non meno rilevante, è questo:
nonostante politici, economisti e opinione pubblica della
Germania siano contrari al QE
sovrano e nonostante la Germania sia l’azionista più rilevante della banca centrale, la
Bce darà la massima prova di
indipendenza decidendo a
maggioranza (quindi non all’unanimità), pensando agli interessi dell’intera Eurozona,
non a quelli di un Paese o dell’altro.
Nell’intervista a Die Zeit,
Draghi dice di essere ferito dall’etichetta di «agente» dell’Italia, di non accettarla ma di volere rispondere con i fatti. E il
fatto è che il mandato della Bce
è quello di garantire la stabilità
dei prezzi, la quale al momento
non c’è. Se infatti il target è
un’inflazione annua inferiore
ma vicina al 2% e al momento è
invece negativa per lo 0,2% (a
dicembre, anche a causa del
crollo del prezzo del petrolio),
la differenza è di almeno due
punti percentuali: se questo
scostamento fosse all’insù,
nessuno avrebbe da criticare
un aumento dei tassi d’interesse; se è all’ingiù, vale la stessa
regola, solo che i tassi sono già
a zero e quindi servono anche
misure non convenzionali, ad
esempio l’acquisto di titoli dello Stato come forma di creazione di liquidità. Nell’intervista,
I maestri
BERLINO
● Ben
Bernanke, nato
nel 1953,ha
guidato la Fed,
la banca
centrale
statunitense,
durante la crisi
del 2007/2009
e fino a inizio
2014. Artefice
di una politica
monetaria
decisamente
accomodante,
ha portato i
tassi americani
vicino allo zero
e ha messo a
punto una
lunga serie di
acquisti di titoli
di Stato, il
«quantitative
easing» di cui
ora si parla in
Europa. Ha
studiato al Mit
con Draghi
● Paul
Krugman,
classe 1953, è
un economista
e saggista
statunitense.
Docente
all’università di
Princeton, ha
vinto il Premio
Nobel per
l’Economia nel
2008. La
filosofia
economica di
Krugman può
essere
descritta come
neokeynesiana,
favorevole a un
maggiore
intervento
dello Stato.
Anche lui, come
Bernanke e
Draghi, ha
studiato al Mit
di Boston
Francoforte Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. Giovedì prossimo i vertici dell’istituto si riuniscono per decidere sull’acquisto di titoli di Stato
Draghi spiega che «il rischio di
una deflazione è ancora basso
ma maggiore di un anno fa»: le
aspettative di inflazione dell’anno a venire erano storicamente in media dell’1,77%, nel
2013 sono scese all’1,08% e ora
sono allo 0,37%. E la stessa caduta delle attese si verifica sui
cinque e sui dieci anni prossimi.
Sulla base di questi numeri,
il presidente della Bce dice che
la scelta del QE è fatta per l’intera Eurozona, non per favorire
Paesi economicamente deboli
(ad esempio l’Italia) o per punire i risparmiatori tedeschi che
non amano i tassi troppo bassi.
Ammette di non essere riuscito
ancora a spiegarlo a tutti ma ribadisce che non è questione di
premiare uno o punire l’altro.
Tutti sanno, dice, che nell’Eurozona questo è il momento
L’intervista
L’anticipazione,
ieri sul sito
internet di «Die
Zeit»,
dell’intervista al
presidente della
Bce Mario
Draghi,
pubblicata
integralmente
nel numero del
settimanale
tedesco oggi in
edicola. Draghi
conferma la sua
determinazione
per l’acquisto di
titoli di Stato
❞
❞
I prezzi
Il rischio di una
deflazione è ancora
basso, ma maggiore di un
anno fa. L’euro?
È irreversibile
❞
Le mosse
La Banca centrale
europea non ha
possibilità di azioni
illimitate in vista del
direttivo del 22 gennaio
per «una politica monetaria
espansiva che accompagni la
crescita». E aggiunge che tutti i
membri del Consiglio dei governatori della Bce sono interamente d’accordo con la necessità di realizzare il mandato di
stabilità dei prezzi (il quasi 2%).
Qui si apre un nodo importante. Giovedì prossimo, tra i
membri del Consiglio — 19 governatori nazionali e sei membri del Consiglio esecutivo —
qualcuno voterà contro: quasi
certamente due tedeschi —
Jens Weidmann e Sabine Lautenschläger — e probabilmente altri. Draghi ammette la presenza di opinioni diverse su come realizzare il mandato alla
stabilità ma, aggiunge, le differenze dovrebbero essere limitate: «non abbiamo a disposizione possibilità infinite».
Si vedrà il 22. Fatto sta che
l’intervista rientra nelle iniziative di preparazione del terreno
per le scelte di grande rilievo
che la Bce farà quel giorno. Argomentazioni rivolte soprattutto alla Germania, sospettosa
di quello che accadrà: ancora
ieri, il ministro delle Finanze di
Berlino Wolfgang Schäuble ha
sostenuto di non vedere pericoli di deflazione. Draghi dice
di avere un buon rapporto di lavoro con Angela Merkel, anche
se non lo definirebbe un’amicizia. E sa che anche in Italia e in
altri Paesi europei ci sono pregiudizi nei confronti della Germania. Ma si rivolge anche ai
governi del Sud del continente,
per dire che la politica monetaria da sola non basta, che servono le riforme e che il tutto
funziona solo se aumenta la
produttività e non si crea un livello insostenibile di indebitamento. Il tutto in un quadro di
L’istituto è responsabile non solo per un Paese,
ma per 19. La Banca non si muove né per premiare
l’Italia né per punire la Germania. Questo il
messaggio che ancora deve passare a Berlino
euro «irreversibile»: realtà positiva anche per Paesi come la
Grecia, che se dovesse abbandonarlo dovrebbe comunque
fare le stesse riforme e in più, a
causa della svalutazione, dovrebbe alzare i tassi d’interesse
e probabilmente soffrire ancora più di oggi.
Un Draghi europeo che non
rinnega di essere italiano, di
avere studiato negli anni della
contestazione studentesca romana (con convinzioni liberalsocialiste) e di tornare volentieri in Italia. Ma che allo stesso
tempo ha in mente prospettive
più ampie. Grazie alla vita non
sempre facile. Al padre che
parlava tedesco quasi come
l’italiano e che gli ha insegnato
il valore del «duro lavoro» e del
seguire le proprie convinzioni
«con coraggio». Grazie agli
studi in America, all’Mit con
cinque professori Premi Nobel
per l’Economia: Franco Modigliani, Paul Samuelson, Bob
Solow, Robert Engle, Peter Diamond. E al fianco di studenti
come Paul Krugman, altro Nobel, e Ben Bernanke, presidente dell’americana Fed fino a pochi mesi fa.
Italiano, europeo, internazionale anche a costo di portarsi dietro da un paio di decenni
il nomignolo «Mister Qualchealtroposto». Torna in Italia
quando il lavoro alla Bce è finito. Viaggia perché questo è il
compito del presidente della
seconda banca centrale del
mondo. Ma considera Francoforte, sede della banca, il centro della politica monetaria e
finanziaria dell’Europa e la sua
posizione un lavoro da portare
fino in fondo, tanto da rifiutare
ogni possibilità di succedere a
Giorgio Napolitano in Italia.
Tutto nonostante le critiche
che gli arrivano da destra e sinistra (non si vincono elezioni
evocando il suo nome, lo sa).
La settimana del passaggio
alla maturità e alla piena indipendenza della Bce è iniziata.
Draghi sta per fare il passo:
vuole che funzioni.
Danilo Taino
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● Federico
Caffè,
economista
nato nel 1914 e
scomparso nel
1987, fu uno
dei principali
diffusori della
dottrina
keynesiana in
Italia. Al centro
delle sue
riflessioni
economiche ci
fu sempre la
necessità di
assicurare
elevati livelli di
occupazione e
di protezione
sociale,
soprattutto per
i ceti più deboli.
Draghi è stato
allievo di Caffè
durante i suoi
studi
all’università La
Sapienza
● Franco
Modigliani,
nato nel 1918 e
scomparso nel
2003, ha vinto
il Premio Nobel
per l’Economia
per «le
pionieristiche
analisi sul
risparmio e sui
mercati
finanziari».
Nato a Roma in
una famiglia
dell’alta
borghesia
ebraica, aveva
lasciato l’Italia
a vent’anni
dopo
l’emanazione
delle leggi
razziali. Ha
vissuto per
decenni negli
Stati Uniti, dove
ha insegnato al
Mit
16
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
17
Primo piano Recessione e tasse
Consumi fermi, l’inflazione torna indietro al 1959
Spinta alla deflazione per quest’anno dopo il magro +0,2% dei prezzi nel 2014. Debito a 2.160 miliardi
Nel 2014 l’inflazione è ai
minimi storici (+0,2%), mai così bassa dal 1959, un punto percentuale in meno rispetto al
2013. La situazione è determinata dal calo prolungato dei costi delle materie prime, soprattutto energetiche, e dei beni di
importazione, che si aggiunge
alla persistente debolezza della
domanda di consumi delle famiglie. E se il mese di dicembre
vede il tasso registrare una variazione «zero», il 2014 consegna al nuovo anno un’eredità
che rischia di trascinare il 2015
in deflazione.
Se i consumi sembrano ridotti all’osso, a novembre il debito pubblico, secondo Bankitalia, continua a lievitare (+2,6
miliardi) toccando i 2.160 miliardi, mentre le entrate tributarie rimangono pressoché in-
ROMA
Il futuro
● Nel 2014
l’inflazione è
rimasta ferma
a un più 0,2%.
● Nel 2015, se
nel corso
dell’anno si
verificheranno
variazioni
congiunturali
nulle, si arriverà
a un tasso di
crescita
negativo dello
0,2%, in piena
deflazione
Il caso
di Corinna De Cesare
Dicembre 2013-dicembre 2014, variazioni percentuali tendenziali
0,8
0,7 0,7
0,7
0,6
0,6
0,5
0,5
0,5
0,4
0,4
0,3
0,3
0,2
0,1
0
-0,1
-0,2
0,1
dic gen
2013
feb
mar
apr
mag
giu
0,2
0,1
-0,1
lug ago
2014
set
0
-0,2
ott
nov
Fonte: Istat
Dopo i tagli
le addizionali
regionali
al massimo
to permanente per la verifica
dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza». Che
hanno il compito di monitorare l’attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari delle Regioni. E così, ha fatto sapere il
Tesoro con una nota consultabile sul suo sito Internet, «per
l’anno d’imposta 2014, nella
suddetta Regione, si sono rea-
Più autonomia
Quest’anno viene
ampliata al massimo
l’autonomia tributaria
delle Regioni
lizzate le condizioni per confermare l’applicazione automatica delle maggiorazioni dell’aliquota dell’Irap nella misura
di 0,15 punti percentuali e dell’addizionale regionale Irpef,
nella misura di 0,30 punti percentuali».
E nelle altre Regioni? Per ora,
come ha evidenziato uno studio degli artigiani di Mestre,
dic
d’Arco
variate (31,3 miliardi pari al
+0,4% rispetto allo stesso mese
del 2013).
Volgendo lo sguardo all’area
Ocse, i consumi privati hanno
guidato l’incremento del Prodotto interno lordo nel terzo
trimestre del 2014 (+0,6%) ri-
Aliquota al 3,33%. Piemonte al top
In Lombardia gli sgravi più alti
MILANO Alla fine si torna sempre alla metafora della coperta
troppo corta: quest’anno le Regioni subiranno una riduzione
delle risorse erogate dallo Stato
di 3,5 miliardi di euro. E come
faranno mai gli enti regionali a
compensare questo mancato
flusso in arrivo da Roma? La risposta sta nel decreto legislativo 68 del 2011 sul federalismo
regionale e in altri leggi, che
per quest’anno, come spiegano
i tecnici della Cgia di Mestre,
ampliano al massimo l’autonomia tributaria delle Regioni.
Nel caso specifico, per l’Irpef,
l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Se nel 2012 e nel
2013 l’aliquota massima consentita arrivava fino all’1,73% e
nel 2014 saliva al 2,33%, da quest’anno gli enti locali potranno
applicare un’aliquota fino al
3,33%.
Non solo, perché in un guazzabuglio di leggi in materia di
federalismo fiscale, alcune Regioni in deficit sanitario che
non raggiungono alcuni obiettivi di rientro, non solo possono, ma devono aumentare le
tasse. Con un’aggravante: «se il
deficit sanitario è particolarmente grave — spiega la Cgia
— le Regioni sono obbligate a
un piano di rientro, mancato il
quale scattano ancora le aliquote dell’addizionale regionale di un ulteriore 0,3 per cento
oltre la misura massima prevista dalla legislazione vigente».
In un cortocircuito in cui gli enti locali inadempienti vengono
sì penalizzati, ma a danno dei
portafogli dei cittadini.
Il Molise ad esempio, arrivato ad ottobre 2014 con un esercizio 2013 che aveva mancato
alcuni obiettivi, è stato «bocciato» dal «tavolo per la verifica
degli adempimenti e il comita-
che segue il calo dello 0,2 di
aprile-giugno. Se i consumi
privati hanno fornito un limitato apporto positivo (+0,1%), le
principali voci che hanno causato la contrazione della nostra
economia sono stati investimenti (-0,2%), spesa pubblica e
riduzione delle scorte.
Tornando alle stime preliminari dell’Istat, i prezzi dei prodotti, influenzati dal calo del
costo dei carburanti, «hanno
segnato forti rallentamenti nella crescita o diminuzioni in
quasi tutti i comparti — spiega
l’Istituto — incluso quello alimentare, caratterizzato nei tre
anni precedenti da elementi di
rigidità». In questo quadro di
bassa inflazione, «soltanto alcuni comparti dei servizi con
una forte componente regolamentata hanno continuato a
L’andamento dei prezzi
sono solo cinque i governatori
che hanno modificato le addizionali Irpef ma con un numero di contribuenti che rappresenta il 41,4% del totale nazionale. Le Regioni interessate sono Abruzzo, Emilia Romagna,
Liguria, Lombardia e Piemonte. Escluso dall’analisi il Lazio
che, seppur in una seduta notturna di consiglio del 30 dicembre ha approvato una superaliquota del 3,33% si è riservato di presentare, entro aprile,
un’ulteriore legge regionale
per esentare i redditi più bassi.
Ma per le altre cinque Regioni,
gli aumenti scatteranno a partire da quest’anno con le trattenute a decorrere dal 2016: in
generale per i lavoratori dipendenti il pagamento sarà detratto dalle buste paga nel conguaglio di fine anno mentre per i
lavoratori autonomi la spesa
sarà da mettere in conto durante la dichiarazione dei redditi.
Gli aumenti, come si legge
nel grafico, vanno dai 32 ai 38
euro dell’Abruzzo con un rincaro che varrà per quasi tutti i livelli di reddito, fino a toccare i
spetto al periodo aprile-giugno
(+0,4), in particolare nell’economia Usa (+1,2%) e in quella
inglese (+0,6). Quadro ribaltato, secondo l’Ocse, in Italia: da
noi, infatti, il Pil sempre nel periodo luglio-settembre 2014 ha
visto una flessione dello 0,1%
Dati in euro
2014
Reddito Abruzzo
20.000
25.000
30.000
35.000
40.000
50.000
60.000
E. Romagna
100.000
Il ministro
Giuliano
Poletti
2015
Lombardia
Piemonte
314
306
246
264
350
346
296
275
264
350
397
408
308
343
456
433
393
366
343
456
La vicenda
481
519
419
425
566
519
491
466
424
575
568
606
606
511
682
606
593
582
510
712
654
692
692
598
797
692
694
697
596
850
827
865
865
771
1.028
865
897
928
768
1.125
1.038
1.000
1.110
1.038
80.000
Liguria
1.346
1.211
1.384
1.333
1.692
1.160
1.384
1.624
1.730
1.730
2.027
944
1.038
1.730
2.090
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi CGIA
941
1.290
1.287
1.636
1.635
1.260
1.428
1.724
2.093
2.190
2.759
d’Arco
1.560 euro in più per i redditi
più elevati della Liguria dove i
contribuenti con più di 25 mila
euro si troveranno invece a pagare 58 euro di differenza rispetto all’anno precedente. In
Partite Iva, nuove soglie o forfait al 5%
conferma che il governo correggerà il tiro sulla
tassazione per le partite Iva, appena cambiata
con la legge di Stabilità. Due le ipotesi. La
prima, avanzata dal sottosegretario
all’Economia Enrico Zanetti, è la reintroduzione
delle vecchie regole (forfait del 5% sotto i 30
mila euro di fatturato) per i giovani under 35
anni o per i primi cinque anni di attività. Un
sistema che andrebbe in parallelo alle soglie
differenziate per tipo di attività introdotte un
mese fa e che potrebbe entrare in un
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Irpef, così gli aumenti
Le ipotesi sul tavolo del governo
ROMA Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti,
sostenere l’inflazione». Per
questi motivi nel 2014 il «carrello della spesa», sottolinea
l’Istat, è in «netta decelerazione» rispetto al 2013: per i beni
alimentari, per la cura della casa e della persona, il tasso scende addirittura in deflazione a
dicembre (-0,2% dal +0,4% di
novembre), mentre nella media del 2014 si registra una netta frenata al +0,3% dal +2,2%
dello scorso anno. E nel 2014
un contributo importante al
rallentamento dell’inflazione
arriva anche dai prezzi degli
alimentari lavorati. Se nel corso del 2015 si dovessero verificare variazioni congiunturali
nulle, l’Istat ipotizza un’inflazione ancora con il segno negativo (-0,2%).
Francesco Di Frischia
emendamento al decreto legge Milleproroghe.
La seconda ipotesi, contenuta in una
risoluzione del Pd, è rivedere da capo soglie e
aliquote per alcune categorie. Oggi il governo
presenterà i suoi emendamenti alla riforma
della pubblica amministrazione. Il ministro
Marianna Madia conferma l’intenzione di
«snellire i procedimenti» disciplinari,
aggiungendo che per gli statali, in caso di
licenziamento, il reintegro è la regola generale.
L. Sal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Piemonte l’incremento Irpef
comporterà un inasprimento
della tassazione significativo
da 30 mila euro in su: se per i
redditi più bassi infatti l’aumento sarà pari a zero, per
quelli oltre la soglia dei 30 salirà gradualmente dai 9 fino a
2.500 euro (per la fascia 300
mila).
Secondo questo studio della
Cgia, le tasse saliranno soprattutto per i contribuenti con
redditi medio alti. In particolar
modo in Lombardia dove fino
ai 100.000 euro (di reddito imponibile Irpef) non si avvertirà
alcuna differenza rispetto all’anno scorso e anzi in alcuni
casi potrebbe esserci anche un
decremento Irpef. Idem per
l’Emilia Romagna dove nelle fasce più basse si pagherà fino a
28 euro in meno.
corinnadecesare
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● Sono cinque
le Regioni che
hanno
modificato le
addizionali
Irpef. A dirlo la
Cgia di Mestre
con uno studio
che rileva che,
ad esclusione
della
Lombardia, gli
aumenti per il
2015
interesseranno
i contribuenti
con redditi
medio-alti
● In linea
generale, gli
incrementi di
imposta
scatteranno
per i redditi con
più di 40.000
euro: se in
Abruzzo il
rincaro sarà di
38 euro e varrà
per quasi tutti i
livelli di reddito,
in Emilia
Romagna i
redditi sino a
39.000 euro
addirittura ci
guadagnano
● In Liguria i
contribuenti
con più di
40.000 euro si
troveranno un
aumento di 5
euro, fino a
toccare i 1.560
euro in più
per i più ricchi
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
18
#
Esteri
Il video di Al Qaeda:
«A ordinare l’attacco
il capo Al Zawahiri»
Il gruppo
● Dopo la
morte di
Osama bin
Laden,
l’organizzazione terroristica
fondamentalista Al Qaeda è
guidata
dall’egiziano
Ayman al
Zawahiri (foto
sopra), uno
degli uomini
più ricercati del
pianeta
● Il gruppo
islamista è
suddiviso in
diverse
diramazioni
sovranazionali
● La più
importante è
l’Aqip, cioè Al
Qaeda nella
Penisola
Arabica, che ha
i suoi centri di
comando nello
Yemen
La filiale yemenita si attribuisce la strage di Parigi
Un arresto negli Usa: preparava attentato al Congresso
WASHINGTON Al Qaeda nella penisola arabica ha rivendicato
con un video la battaglia di Parigi. Il dirigente Nasr al Ansi ha
salutato gli «eroi della Jihad individuale», Said e Cherif Kouachi, e promesso «nuovo terrore». Minacce che hanno spinto
ad innalzare la guardia. Gli Usa
hanno annunciato l’arresto di
un ventenne nell’Ohio pronto a
colpire il Congresso. Un aspirante attentatore incastrato da
un agente provocatore dell’Fbi.
Il video fissa alcuni punti che
dovranno ora essere verificati
da chi indaga. L’attacco è stato
pianificato, diretto e finanziato
da tre distinte figure: Osama
bin Laden, Ayman al Zawahiri,
attuale leader della Qaeda-Centrale, e Anwar al Awlaki, referente per molti militanti occidentali ed eliminato nel 2011 da
un drone Usa. Un riferimento
per avvalorare l’idea di un’ope-
Il giornale
di Elisabetta Rosaspina
I dubbi
È legittimo chiedersi
perché abbiano
atteso così tanto
tempo prima di agire
dei fratelli Kouachi nello Yemen nel 2011, una missione
usata per un rapido training e
un contatto con Al Awlaki. Ambienti della sicurezza statunitense hanno sostenuto che uno
dei terroristi sarebbe tornato in
Francia con 20 mila euro, denaro poi usato per gli attentati. Indiscrezione che confermerebbe la versione di Al Qaeda.
Lo scenario che si prospetta
— ma che dovrà essere verificato — è il seguente. I Kouachi
si recano nello Yemen, li preparano in modo veloce, li rimandano in Francia con le risorse
necessarie e la raccomandazione a non creare sospetti. In realtà la polizia li tiene d’occhio
almeno fino a questa estate, gli
americani li inseriscono nella
lista nera. Dunque sono nella
rete, ma riescono a uscirne.
Quindi si lanciano nel raid che
realizza la strategia elaborata a
Rivendicazione
Il video che
rivendica la
strage di Parigi:
Nasr al Ansi
proclama «eroi»
i fratelli Kouachi
partire dal 2010 da Osama: basta piani grandiosi, meglio i
«piccoli attacchi».
Il quadro è plausibile, ha un
suo filo storico, però è legittimo chiedersi perché abbiano
atteso così tanto tempo prima
di agire. Dal 2011 al 7 gennaio è
un’eternità, potevano essere
scoperti e solo gli errori nella
sorveglianza lo hanno impedito. Non hanno mai comunicato
in questi anni con lo Yemen? O
hanno gabbato i controlli usando dei corrieri? C’è stato un or-
dine d’attacco?
Quanto alla rivendicazione
ritardata due ipotesi. La prima,
sposata da alcuni esperti, è
scontata: i qaedisti vogliono far
propria la «vittoria» e usano
nomi famosi anche per rispondere alla concorrenza del Califfo. Altri ritengono invece che la
fazione sia responsabile, unita
da un vincolo leggero con gli
esecutori, bombe umane padrone del loro timer.
Guido Olimpio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Code all’alba di fronte alle edicole
«Charlie» vende 5 milioni di copie
Su eBay il settimanale scambiato per migliaia di euro. Air France lo distribuisce
● L’altra, in
ordine di
importanza, è
l’Aqmi, ovvero
Al Qaeda nel
Maghreb
islamico, con
«sedi
operative» e
distaccamenti
in Paesi come
l’Algeria, la
Libia e altri
dell’area
sahariana e
subsahariana
come il Mali
● Infine, nei
Paesi del
Levante travolti
dalla guerra
civile, come la
Siria e l’Iraq, Al
Qaeda è
rappresentata
dal gruppo
fondamentalista Al Nusra,
attualmente
impegnato in
una
sanguinosa
battaglia con il
regime di
Bashar Assad,
che ancora
controlla la
regione di
Damasco, e il
governo di
Bagdad,
attualmente in
mano agli sciiti
razione elaborata nel tempo e
secondo linee gerarchiche, anche se affidata a «lupi solitari».
Nel filmato, Al Ansi spiega che
l’assalto portato da Amedy
Coulibaly è stata una coincidenza, un gesto di un «fratello
mujahed». Sottolineatura che
confermerebbe la differente affiliazione del killer, dichiaratosi membro dell’Isis e celebrato
ieri da un video diffuso dal movimento del Califfo.
Le parole dell’islamista risalgono un sentiero investigativo
ritenuto attendibile dall’intelligence Usa. Intanto c’è il viaggio
DALLA NOSTRA INVIATA
PARIGI Charlie Hebdo non è morto,
come speravano i fratelli Kouachi.
Ma di sicuro è esaurito: già alle 5 e
mezza di ieri mattina, nelle edicole
degli aeroporti parigini. Ed entro
le due o tre ore successive non
c’era più una copia disponibile nel
resto della Francia. Un edicolante
di Pigalle si è spaventato quando
ha visto cento persone piantonare
all’alba la sua rivendita e, conscio
di non aver copie per tutti, ha preferito rinviare l’apertura per attendere la dispersione spontanea della folla e scongiurare risse. In Italia
il numero del dopo tragedia, abbinato a Il Fatto Quotidiano, era già
irreperibile dopo le 7 e 30.
«Se possiamo far rivivere la carta e i chioschi di giornali, e tramite
loro Charlie Hebdo, allora abbiamo vinto», si è rallegrato Luz, au-
tore della copertina del Maometto
triste, che sarà stampata in 5 milioni e 370 mila esemplari. Ieri ne
era arrivata un’avanguardia di «appena» 700 mila copie ai giornalai
scatenando l’isteria da accaparramento. Crolla il record di FranceSoir, che aveva tirato 2 milioni e
300 mila copie alla morte del gene-
rale de Gaulle. Una pensionata in
coda giurava di voler fare incetta
per solidarietà verso i caricaturisti
assassinati. Ma non tutti erano
animati da elevati sentimenti: poche ore dopo le prime copie erano
già all’asta su eBay, con altri vecchi
numeri, a prezzi oscillanti tra i 300
e i 130.000 euro (250.000 per il nuMascotte
Il cocker spaniel,
chiamato Lila,
mascotte di
Charlie Hebdo:
il giorno della
strage era
in redazione
mero 1 del 23 settembre 1970). «Un
comportamento indecente», si è
indignata la segreteria di Reporters sans Frontières. Ma anche un
dubbio investimento per gli acquirenti: i camion faranno per giorni
la spola tra la tipografia e i chioschi francesi rifornendoli di copie
a tre euro l’una, e già oggi le quotazioni crolleranno.
L’Istituto nazionale della proprietà intellettuale ha rifiutato di
registrare il marchio «Je suis Charlie» che una cinquantina di azienda cercava di assicurarsi. «Attenzione ai crotali che fanno collette a
nome nostro — avverte l’articolista Patrick Pelloux —. Meglio abbonarsi». E in effetti le sottoscrizioni sono passate da 10 mila a 120
mila. Charlie Hebdo ora cerca casa.
«Non torneremo nella vecchia redazione», informa l’avvocato Richard Malka. Le Monde offre dei
locali, ma occorre soddisfare i requisiti di sicurezza. Non tutti hanno perdonato.
«Insultante — è il commento
del Gran Muftì di Gerusalemme riferito alla caricatura del Profeta —
così si offendono due miliardi di
musulmani». Stessa reazione dall’Iran, mentre in Turchia sono stati
bloccati i siti che riproducono la
vignetta di Luz, ma non (per ora) il
quotidiano d’opposizione Cumhuriyet che ha pubblicato quattro pagine delle 16 del nuovo Charlie,
bandito però dal Senegal (con Libération). Negli Usa si discute la
decisione del New York Times e
della Cnn di non mostrare il disegno di Luz, per rispetto al pubblico
musulmano. Scelta sbagliata,
s’inalbera Margaret Sullivan, garante dei lettori che hanno dovuto
soddisfare altrove la loro curiosità.
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
ESTERI
19
#
❞
La mia cliente è consapevole della delicatezza del caso. Ma ha ogni intenzione
di piangere il suo uomo
L’avvocato della compagna di Said Kouachi
La sepoltura impossibile dei tre assassini
I cimiteri francesi respingono le loro salme
Il timore di un «pellegrinaggio» di fanatici. Potrebbero finire accanto alla tomba della vittima Ahmed
Chi sono
● Dall’alto,
i due killer
franco-algerini
dell’attacco a
Charlie Hebdo,
i fratelli Chérif e
Said Kouachi,
32 e 34 anni.
Erano collegati
alla rete
terrorista di Al
Qaida nello
Yemen, che ieri
ha rivendicato
gli attentati di
Parigi. Chérif
era stato
condannato
a 3 anni
di carcere per il
reclutamento
di jihadisti
a Parigi
● Amedy
Coulibaly, 32
anni, è il killer
della vigilessa
di Montrouge e
della strage al
negozio kosher
di Parigi.
Arrestato
dall’antiterrorismo nel 2010,
era uscito dal
carcere alla
fine dello
scorso anno.
Aveva
concordato gli
attentati con i
fratelli Kouachi
che conosceva
da tempo
DAL NOSTRO INVIATO
PARIGI Nessuno vuole l’angolo
di Caino. Figurarsi Michel Dutruge, il sindaco di Dammartin-en-Goële che ancora non
ha ripreso colore dopo quel venerdì pazzesco di sangue e tensione che aveva come epicentro il suo villaggio di casette
bianche e prati verdi. «Con
quelle due tombe si verrebbe a
creare un luogo di culto al contrario, una meta di pellegrinaggio per fanatici, e chi può essere contento di una simile disgrazia? Certo, se me lo chiedono sono costretto a farlo».
I corpi dei fratelli Kouachi
sono ancora in custodia giudiziaria all’istituto legale di Parigi. Manca poco però al rilascio
delle loro salme, al massimo
entro la fine della settimana, fa
sapere il portavoce del ministro dell’Interno. Il nulla osta
sarà concesso dal procuratore
di Parigi, una volta giunti i risultati delle autopsie. E in quel
momento comincerà uno psicodramma del quale già si intravedono i contorni.
La legge francese parla chiaro. A decidere il luogo è la famiglia, che può scegliere tra
due possibilità, il luogo di residenza oppure il Comune dove è
avvenuto il decesso. La sepoltura all’estero è possibile solo
dopo l’autorizzazione del Paese
interessato.Erano assassini,
hanno fatto una strage. Erano
tutti e tre cittadini francesi.
Hanno diritto a un funerale e
soprattutto a una tomba che
potrebbe ben presto diventare
un luogo di culto per estremisti
islamici o svitati di ogni sorta.
Nel marzo del 2012 il dilemma sull’ultima dimora di
Mohamed Merah, l’uomo che a
Tolosa uccise tre bambini e un
adulto davanti alla scuola
ebraica cittadina, dopo aver assassinato anche tre paracadutisti, venne gestito come peggio
non si poteva. Il sindaco salì
sulle barricate, minacciando le
dimissioni in caso di tomba
con nome e cognome dell’assassino.
La famiglia chiese asilo in
Algeria, la patria di origine, che
prima rispose in modo possibilista e poi oppose un rifiuto «a
Il supermercato Qui sopra, alcune immagini registrate dalle telecamere di sicurezza del negozio kosher che mostrano Amedy Coulibaly, gli ostaggi, e le vittime del terrorista
tutela dell’ordine pubblico».
Anche la sepoltura anonima
sollevò proteste da parte delle
istituzioni locali. Fu costretto
ad intervenire l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy,
che invitò a farla breve. «Lo si
sotterri — disse — senza ulteriori polemiche».
Alla fine Merah venne sepol-
to nella parte musulmana del
cimitero di Cornebarrieu a Tolosa, sotto a una tomba anonima, ignota anche ai familiari
più stretti, proprio per evitare il
rischio di cui sopra. «La mia
cliente è consapevole della delicatezza del caso e non vuole
certo clamore e notorietà. Ma
ha ogni intenzione di piangere
il suo uomo». L’unico che finora si è fatto avanti è Antoine
Flasaquier, l’avvocato della
compagna di Said Kouachi, il
cui ultimo domicilio conosciuto era Reims, nello Champagne. Assicura che non ci sarà
alcuna stele o monumento
mortuario, ma l’intenzione
della sua cliente non sarebbe
THE JOURNEY HAS JUST BEGUN
THE DESIGN COLLECTION | ALBERTO WOOL JERSEY
Rischio
Il prefetto
dell’Hauts
-de-Seine
teme
conseguenze
devastanti
sui giovani
delle
banlieu
certo l’anonimato al quale si
era o è stata costretta la famiglia di Merah.
Con grande sollievo del sindaco Dutruge, l’avvocato sembra escludere la soluzione di
Dammartin-en-Goële. «Sarebbe un insulto agli abitanti del
posto», dice. Chérif Kouachi risultava invece residente nella
banlieue di Gennevilliers, a
nord di Parigi, così come Amedy Coulibaly, che abitava poco
distante, a Fontenay-aux-Roses. Il prefetto dell’Hauts-deSeine, che ha giurisdizione su
quei due Comuni avrebbe già
fatto sapere, in modo neppure
troppo informale, di considerare la possibile inumazione in
loco alla stregua di una piaga
d’Egitto che avrebbe conseguenze «devastanti» sui giovani di quella complicatissima
periferia. Ma se nessuno dovesse fare richiesta delle due salme, la destinazione finale più
probabile sarebbe quella delle
loro ultime residenze. C’è un
solo cimitero islamico per tutta
la banlieue nord di Parigi. È
quello di Bobigny, dove l’altra
mattina ha ricevuto l’ultimo saluto Ahmed Merabet, il poliziotto ucciso dai fratelli Kouachi.
Marco Imarisio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Legami familiari
Aereo evacuato
Maimouna, la sorella
ballerina di twerking
Falso allarme bomba
Paura a Fiumicino
La sorpresa Coulibaly secondo
i giornali francesi. Maimouna,
39 anni (foto) — sorella di
Amedy, uno dei
fondamentalisti islamici che
hanno insanguinato Parigi — è
di casa in televisione e una
geniale promotrice della
«Booty Therapy», un successo dai due lati
dell’Atlantico: una danza di origine africana
tutta incentrata sui movimenti del
fondoschiena. Dai video su YouTube fino ai talk
show tv, la disciplina rivisitata da Maimouna,
ex animatrice della rete Trace, trae origine dal
mapouka, ballo tradizionale della Costa
d’Avorio, a cui si ispira il twerk, spesso associato
ai balli sexy di Miley Cyrus o Nicki Minaj: nulla
di più distante dai precetti fondamentalisti del
fratello Amedy Coulibaly. Maimouna organizza
corsi di Booty Therapy a Parigi: delle tragiche
azioni del fratello non sapeva nulla.
«Che cos’è questo? Un congegno per far saltare
gli aerei». Un ingegnere sloveno con alcuni fogli
in arabo, un oggetto elettronico «sospetto»
(pare un contapassi) e una battuta molto fuori
luogo. Tanto è bastato, ieri, a far scattare la
psicosi attentato a Fiumicino, su un aereo della
FlyNiki. Il velivolo, in partenza per Vienna alle
19.52 con 82 passeggeri e sei membri
dell’equipaggio, stava rullando sulla pista
quando sono iniziate urla e minacce. Il pilota,
visto il caos, ha allertato la torre di controllo.
L’aereo, fermato nell’area emergenze e
circondato dalla polizia di frontiera, è stato
evacuato e il volo annullato. Per due ore,
artificieri e squadre cinofile hanno ispezionato
velivolo e bagagli. L’ingegnere sloveno, un
40enne in viaggio di lavoro, è stato interrogato a
lungo dalla Polaria: rischia una denuncia per
procurato allarme. Solo alle 23.10 l’allerta è stata
revocata, con ritardi e centinaia di passeggeri
bloccati. Tre voli sono stati deviati a Ciampino.
20
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
ESTERI
❞
Charlie mette in discussione le religioni, un’idea. Dieudonné sostiene
Mehdi Ouraoui esponente socialista
il crimine contro delle persone reali
Libertà o reato, Dieudonné divide la Francia
Il comico antisemita andrà a processo il mese prossimo: aveva solidarizzato con gli autori delle stragi
Per tutto il giorno in stato di fermo, la sera torna in scena. Nel Paese più di cinquanta indagati
Chi è
● Dieudonné
M’bala M’bala,
in arte
Dieudonné, è
nato in Francia
da padre
camerunense
e madre
francese
● Ha già subito
due condanne
(con ammende
per un totale di
48.000 euro)
per avere
espresso idee
antisemite
durante i suoi
spettacoli
● Lo scorso
settembre la
procura di
Parigi aveva già
aperto contro
di lui
un’inchiesta
per apologia
del terrorismo
dopo la
diffusione di un
video in cui
ironizzava sulla
decapitazione
del giornalista
James Foley
● Dieudonné
ha inventato il
gesto della
«quenelle» (in
francese, una
pietanza a base
di pesce), che è
diventato virale
tra i movimenti
antisemiti.
Variante del
«gesto
dell’ombrello»,
a sfondo
chiaramente
sessuale,
secondo la
Lega contro il
razzismo e
l’antisemitismo
è un saluto
nazista
invertito e in
quanto tale va
bandito
● Il gesto della
«quenelle» è
stato ripreso
anche dal
calciatore
Nicolas Anelka
dopo un gol
in Premier
League nel
dicembre 2013
● Nel gennaio
dello scorso
anno il
Consiglio di
Stato ha
annullato per
motivi di ordine
pubblico il suo
spettacolo al
teatro Zenith di
Nantes
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
L’ex comico Dieudonné
non fa più ridere da almeno un
decennio, il partito che ha fondato in autunno con l’ideologo
autoproclamato «nazional-socialista» Alain Soral ha scarso
seguito, il gesto para-fascista
della «quenelle» è passato di
moda ma un colpo di genio gli
è riuscito, domenica sera.
Mentre tutta la Francia manifestava in solidarietà con i morti
di Charlie Hebdo e del supermercato ebraico gridando «Je
suis Charlie», lui è riuscito a
tornare in scena. Dieudonné ha
riconquistato il primo piano
con una frase tanto ignobile
quanto furba, dal suo punto di
vista.
«Sappiate che stasera, per
quel che mi riguarda, mi sento
Charlie Coulibaly», ha scritto
PARIGI
L’intervista
di Massimo Gaggi
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK «Quello che sta accadendo ci disorienta, ma bisogna stare attenti a non sbagliare analisi: l’islamismo radicale
non è un movimento religioso
ma è il modo in cui alcuni
gruppi esprimono la loro barbarica rabbia politica utilizzando a questo fine una certa interpretazione della religione. I
giovani jihadisti crescono
estraniati dalla società nelle
nazioni europee nei quali sono
emigrati i loro genitori. Ma la
stessa cosa avviene anche nelle
comunità dei Paesi musulmani. Molti detestano costumi e
tradizioni delle loro famiglie: il
motivo per cui si sentono disconnessi tanto dalle società
occidentali quanto dalle comunità musulmane e abbracciano
l’islamismo radicale non è religioso. Ha più a che fare con la
loro crisi di identità. La jihad
dà loro un senso di appartenenza, una nuova identità: si riconoscono in obiettivi comuni
spaventosamente chiari».
Kenan Malik è un intellettuale molto particolare. Neurobiologo e psicologo indiano trapiantato in Gran Bretagna, ha
insegnato storia della scienza e
Dieudonné su Facebook, evocando il terrorista islamico
Amédy Coulibaly che appena
due giorni prima aveva ucciso
— perché ebrei — Philippe
Braham, Yoav Hattab, FrancoisMichel Saada e Yohan Cohen
nell’azione al supermercato kosher di Vincennes, a Parigi.
Il mondo si mobilita per
Charlie Hebdo e in difesa della
libertà di espressione? Dieudonné mette subito alla prova
le autorità francesi, e le sfida a
rispettare anche la sua, di libertà di espressione. Esercitata nel
modo più disgustoso, inneggiando all’autore di una strage.
Domenica sera Dieudonné
ha scritto su Facebook un breve
testo ironico nel quale raccontava di avere partecipato alla
«marcia repubblicana»,«un
momento magico comparabile
al big-bang», «importante
quanto l’incoronazione di Vercingetorige». Dopo la derisione della manifestazione, ecco
la storpiatura dello slogan: «Mi
sento Charlie Coulibaly».
Lunedì l’apertura dell’indagine per «apologia di terrorismo», ieri mattina alle 7 una
decina di agenti della polizia
giudiziaria sono andati a casa
di Dieudonné, e lo hanno arrestato. Interrogato nel pomeriggio, Dieudonné è stato poi
scarcerato in serata e ha tenuto
come previsto il suo spettacolo
«La bestia immonda» al teatro
della Main d’Or. L’ex comico
comparirà in tribunale il prossimo 4 febbraio.
L’arresto ha provocato una
reazione quasi automatica: ma
come, milioni di persone non
hanno appena marciato in tutta la Francia per difendere la libertà d’espressione? Perché le
Sotto accusa
Il comico
Dieudonné, 48
anni, a teatro.
Già condannato
per i suoi
messaggi razzisti
e antisemiti,
da lunedì
è indagato per
apologia di
terrorismo per
aver scritto di
sentirsi «Charlie
Coulibaly»
caricature di Charlie Hebdo su
Maometto vanno difese a ogni
costo, mentre per una frase
Dieudonné rischia sette anni di
prigione e 100 mila euro di ammenda?
Una prima risposta l’ha data
l’esponente socialista Mehdi
Ouraoui: «Charlie mette in discussione le religioni, dunque
un’idea. Dieudonné invece sostiene il crimine contro delle
persone reali». L’avvocato Christophe Bigot conferma che il
diritto francese «protegge le
persone, non i simboli religiosi
o le figure divine». Il delitto di
blasfemia non esiste, quello di
incitamento all’odio razziale,
per esempio, sì.
Nonostante l’enorme ondata
di emozione contro il terrorismo — innanzitutto — e in difesa di Charlie Hebdo e del diritto di satira, in Francia resta-
no in vigore numerose leggi
che limitano la libertà di
espressione: da quella del 1881
che garantisce — e inquadra —
la libertà di stampa, per continuare con la legge Gayssot
(1992) che punisce i negazionisti della Shoah, e poi la legge
del 2012 contro la negazione
del genocidio armeno, fino alla
norma dello scorso novembre
che inasprisce le pene per chi
fa l’apologia del terrorismo.
La marcia repubblicana di
domenica non ha certo abrogato un dispositivo giuridico
molto radicato. E infatti, oltre a
Dieudonné, 54 persone sono
state indagate in questi giorni
per dichiarazioni favorevoli ai
terroristi, e cinque sono state
condannate.
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Malik: «I giovani islamici sono in crisi
E la jihad dà loro un senso d’identità»
filosofia della biologia a Cambridge e Oxford, ma anche in
varie università europee, da
Oslo a quella europea di Firenze.
I suoi studi su multiculturalismo, pluralismo e razza lo
hanno portato a pubblicare diversi libri di successo come Uomini, bestie e zombie e Dalla
Fatwa alla Jihad, un saggio sulle conseguenze del caso Salman Rushdie. E anche ad allontanarsi dalla sinistra europea marxista nella quale aveva
militato per molti anni. Oggi lo
si può definire un difensore dei
valori dell’illuminismo che rifiuta il multiculturalismo ma è
anche deciso a respingere ogni
tentazione xenofoba.
Quali errori attribuisce alla
sinistra europea?
«Da un lato una sua ampia
❞
L’errore della sinistra
Ha usato l’illuminismo
come arma di battaglia
tra civiltà anziché come
strumento di progresso
parte ha abbracciato il multiculturalismo e il relativismo finendo per considerare razzista
l’universalismo: lo ha accusato
di imporre anche agli altri popoli le idee euro-americane
della razionalità e della oggettività. In questo modo la sinistra ha rinunciato al suo impulso progressista nel nome del rispetto e della tolleranza. Poi c’è
una sezione della sinistra, pensatori come Martin Amis o Bernard-Henry Lévy, che sono rimasti legati ai valori dell’illuminismo ma li hanno usati in
modo tribale: non valori universali sui quali costruire una
vera politica progressista, ma
un mito che serve a definire
l’Occidente. In questo modo
l’illuminismo diventa un’arma
nella battaglia tra le civiltà anziché essere lo strumento che
definisce valori e attitudini necessarie per far avanzare diritti
politici e progresso sociale».
Lei quindi crede che stiam o a n d a n d o ve r s o u n o
«scontro di civiltà», secondo
il celebre monito di Samuel
Huntington?
«No, quella nozione la consideravo falsa vent’anni fa,
quando il saggio fu pubblicato,
e la considero falsa oggi. Que-
Chi è
● L’indiano
Kenan Malik
ha insegnato
storia della
scienza e
filosofia della
biologia a
Cambridge e
Oxford. È un
esperto di
razza e
pluralismo
● Ha scritto
Dalla Fatwa
alla Jihad, sul
caso Rushdie
sto non è uno scontro di civiltà
tra Occidente e Islam ma un
conflitto di valori sia all’interno
dell’Occidente che nelle società
islamiche. Valori chiave dell’Occidente come uguaglianza,
democrazia e secolarismo sono contestati anche da molti
non musulmani nelle nostre
società, soprattutto in Europa.
Basti pensare che in Francia rischia di arrivare al ballottaggio
delle presidenziali una Marine
Le Pen che di certo non incarna
quei valori. I figli delle ex colonie nati in Francia vengono
considerati tutti “africani” e
“musulmani” anche se la maggioranza di quella comunità è
più secolare, meno religiosa
della vecchia Francia. Conosco
gente venuta dal Bangladesh e
dal Marocco più illuminista di
chi ha genitori europei».
Dunque metterla in termini di scontro di civiltà è addirittura pericoloso?
«Esaspera l’aspetto religioso
mentre il vero problema è quello dell’identità e il rifiuto della
modernità. Se fossero nati 30
anni fa, i movimenti radicali
islamici sarebbero stati certamente più secolari e si sarebbero espressi attraverso campagne e organizzazioni politiche,
non con l’azione di cellule tribali, come vediamo oggi. Il
problema è il cambiamento
della natura delle rivolte: quelle anti-imperialiste della seconda metà del Novecento erano comunque basate sui valori
dell’illuminismo europeo. I loro leader combattevano le potenze coloniali ma volevano
modernizzare gli altri Paesi
non occidentali, portare libertà, industrie, sviluppo economico. I vecchi movimenti rivoluzionari volevano godere dei
frutti del progresso come gli
europei, non contestavano il
metodo scientifico né l’esistenza di valori universali. Quella
dei radicali di oggi è, invece,
una rivolta nichilista contro
progresso e globalizzazione.
Come ho scritto l’altro giorno
sul New York Times, abbiamo
vissuto l’orrore dei 148 bimbi
massacrati dai talebani in una
scuola pakistana come lo choc
improvviso di un atto “disumano e medievale”. Ma quell’atto
non è improvviso: negli ultimi
cinque anni i talebani hanno
attaccato nello stesso modo,
anche se con bilanci non così
tragici, ben mille scuole pakistane».
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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ESTERI
21
L’Europa deve chiarire la propria identità, sapendo che per poter
integrare devi definire con chiarezza i punti fermi irrinunciabili
L’INTERVISTA IL CUSTODE DI TERRA SANTA
«Non esiste lo scontro di civiltà
Questa è una guerra interna all’Islam»
Profilo
● Frate
Padre
Pierbattista
Pizzaballa
(foto), teologo
e biblista
francescano,
è nato 49 anni
fa a a Cologno
al Serio, nella
Bergamasca,
la terra di papa
Giovanni
● Terzo
mandato
È stato
nominato
custode di
Terra Santa nel
2004, e
riconfermato
nel 2010 e poi
ancora nel
2013
● Nella Città
Santa
È arrivato a
Gerusalemme
25 anni fa: un
osservatorio
privilegiato sul
Medio Oriente
e sulle vicende
mondiali che
rimandano
ai conflitti
regionali
● Regista
del dialogo
È stato il
regista della
preghiera
comune per la
pace in Medio
Oriente tra
ebrei, cristiani e
musulmani
voluta dal Papa
di ritorno dal
viaggio in Terra
Santa
❞
di Marco Garzonio
«Gli atti di terrorismo che insanguinano il
Medio Oriente e l’Europa non sono frutto di uno
scontro di civiltà. Questa è innanzitutto una
guerra interna all’Islam. È inoltre la risposta sbagliata e drammatica di una parte dell’Islam alla
modernità, ai problemi economici, morali, culturali che lo sviluppo pone. Nel mondo musulmano questa riflessione non è ancora stata fatta». Parla padre Pierbattista Pizzaballa, 50 anni
ad aprile, il francescano Custode di Terra Santa
da undici, cioè l’erede della capacità di incontro
instaurata dal Santo di Assisi con il Saladino: l’altra faccia rispetto alle Crociate.
Netanyahu e Abu Mazen in prima fila nella
marcia di Parigi. Una circostanza dettata da
un evento particolare o l’indizio di un cambiamento nei rapporti tra Israele e i Palestinesi?
«Non mi sembra che spirino venti di cambiamento. La forza degli eventi li ha obbligati ad essere a Parigi. Ma le relazioni tra Israele e palestinesi non sono cambiate, purtroppo. Le elezioni
che ci saranno tra un paio di mesi impongono
un’attesa. Si capirà dopo».
Hamas ha condannato gli attacchi terroristici in Francia: una presa di distanza dopo il
plauso all’assassinio di 4 rabbini in sinagoga?
«È una presa di posizione curiosa. Solo il tempo dirà se è mutata la strategia o se è stato un
episodio. Resto un po’ freddo. Spesso in Medio
Oriente ci sono due facce: una politica interna e
la necessità di guadagnarsi credito internazionale».
Gli attacchi di Parigi cambieranno il modo
di pensare occidentale verso i conflitti che insanguinano il Medio Oriente?
«Non sono i primi attacchi terroristici di matrice islamica in Europa. Si pensi a Madrid, a
Londra, nella stessa Francia. La novità è l’impatto sull’opinione pubblica. Si stanno determinando le condizioni perché l’Europa compia un’opera di chiarimento su alcune parole lasciate nell’ambiguità. La parola integrazione. Cosa significa? Ci sono valori al centro della convivenza. I
diritti fondamentali della persona: libertà di coscienza, uguaglianza uomo-donna, dignità e
ruolo della donna, libertà di cultura, di espressione, legislazione sul lavoro, distinzione tra politica e religione e così via. Chi viene in Europa
non può metterli in discussione. L’Europa deve
chiarire la propria identità, sapendo che per poter integrare devi definire con chiarezza i punti
fermi irrinunciabili».
Diceva Martini che ci sarà pace nel mondo
quando ci sarà pace a Gerusalemme. Solo un
paradosso?
«Gerusalemme ha un valore simbolico altissimo e, insieme, una rete di relazioni e interdipendenze molto strette col mondo. Le tensioni qui
sono espressione di quelle mondiali. E viceversa. Se qui si dialoga si può riverberare sul pianeta una capacità di incontro».
Nella mobilitazione di Parigi c’è solo l’Europa dei Lumi che difende la libertà di manifestare le proprie idee, o anche l’Europa che si
ispira al solidarismo cristiano dei grandi leader nel dopoguerra?
«L’Europa di oggi è diversa dai momenti che
l’han vista nascere. Non so quanto il solidarismo
di ispirazione cristiana animi oggi il Vecchio
Continente. Basta guardare a come si è affrontato il tema dell’immigrazione, i salvataggi in mare
e le politiche collegate. Certo, ciò che è accaduto
a Parigi ha mosso nuove dinamiche, a partire
dalla necessità di coordinarsi per rispondere al
terrorismo».
Quindi si è messo in moto solo un meccanismo che garantisca l’ordine pubblico?
«Questa è una parte. C’è un’Europa che non fa
notizia e lavora per l’integrazione, una rete di
Città santa Uno scorcio di Gerusalemme, città sacra per le tre religioni monoteistiche (Ap)
●
L’incontro
Durante la quinta crociata,
nel 1219, San Francesco
incontrò vicino a Damietta,
in Egitto, il Sultano, il capo
dell’esercito musulmano,
avversario dei crociati nella
lotta per i luoghi santi.
Il frate di Assisi, fautore del
dialogo con il nemico e
sbeffeggiato per questo dai
crociati, fu invece ben
accolto dal Sultano.
Alla partenza, il capo dei
saraceni lo colmò di doni,
tra i quali il corno di avorio
e argento conservato nella
Basilica del Santo ad Assisi.
Si narra che tra i due
nacque una lunga
e profonda amicizia.
Noi religiosi dobbiamo evitare assolutizzazioni
che portano ai fanatismi. In questo contesto, è
soprattutto il mondo musulmano che ha molto
da fare. Ma qualcosa comincia a muoversi
movimenti, volontari, iniziative. Guardiamo a
tale Europa, che conta più di quanto non si creda».
Lei è a contatto con i cristiani di tutte le confessioni in Israele, Egitto, Siria, Giordania,
Iraq, Libano. Che situazioni incontra?
«Sono Paesi diversissimi tra loro. Israele non
è come la Siria e l’Iraq. L’Egitto, oggi più tranquillo, offre aspetti e dinamiche interessanti e
vivaci. Penso all’importante discorso del presidente Sisi dell’università Al Azhar. In generale
vedo una debolezza istituzionale diffusa. Certo,
incontro situazioni umane drammatiche, ma
scopro anche tanta solidarietà, oltre a un’umanità negativa. Sono stato ad Aleppo. È una città da
due anni sotto assedio. C’è rimasto chi non sa
dove andare. Non c’è acqua e la concessione di
un po’ di elettricità dipende dai ribelli. Eppure,
imam e parroco si aiutano. I gesuiti distribuiscono 10 mila pasti al giorno e giovani volontari, cristiani e musulmani, li portano a chi ha bisogno.
Ci sono tante realtà di cui i media non parlano.
Sono il contraltare al fanatismo e alle decapitazioni».
Molti cristiani affermano che stavano meglio sotto Saddam e Mubarak, che godevano
di maggior libertà e protezione: ha fondamento tale giudizio?
«Si trattava di regimi dittatoriali, che non sarò
io certo a difendere. Ma ad essi sono subentrate
dittature peggiori, a cominciare dal fondamentalismo».
Che cosa dell’Isis attrae i giovani europei?
«Non so spiegarmi come il fanatismo possa
attrarre. Molti parlano di giovani disperati che
vengono dalle periferie dove non c’è nulla. Ma
poi vedi che accorrono anche persone istruite e
ti chiedi se non vi sia un problema di formazione, l’incapacità di abituare fin dalla scuola i giovani a pensare, confrontarsi, problematizzare.
L’Europa e soprattutto il Medio Oriente devono
affrontare il tema dell’educazione».
In Medio Oriente, tra la gente, non si avvertono reazioni di tipo umano a torture ed esecuzioni?
«Sì, una reazione c’è, ma negli incontri personali. Mi aspettavo più fermezza da parte dei media in Medio Oriente. Forse qualcosa si muove.
Penso alla reazione agli attentati di Parigi e al
mondo che li esprime da parte di Al Azhar, l’università religiosa del Cairo, riferimento importante per l’Islam».
Il Papa è stato il primo ad evocare l’immagine di «terza guerra mondiale». Quali elementi
hanno suggerito al Pontefice quell’intuizione?
«Il Papa ha uno sguardo d’assieme sulla realtà
mondiale che pochi altri possono avere. Ha colto
il cambiamento epocale e, in esso, la violenza
che lo abita come nocciolo. Il fanatismo, il dire
io sono nel giusto; o diventi come noi, o devi
sparire. Poi, a seconda delle situazioni, si avrà in
Medio Oriente l’Isis e in Africa Boko Haram. È un
ritorno al punto più buio di secoli passati».
Il Papa ha invitato alla preghiera comune in
Vaticano ebrei, cristiani, musulmani. Dicono
che lei sia stato regista. Possono fare qualcosa
per la pace le tre religioni del Libro?
«Possono fare tantissimo. Ma parliamo di religiosi, non di religioni, parola astratta. I religiosi all’interno dei loro mondi devono aver chiaro
il ruolo dell’esperienza religiosa, le relazioni con
Dio e tra questi e l’uomo e tra gli uomini, evitando assolutizzazioni che portano ai fanatismi. In
questo contesto è soprattutto l’Islam che ha un
grosso lavoro da fare in proposito. L’immagine
di religiosi che dialogano tra loro è essenziale
oggi. Non possiamo restare solo con l’immagine
che ci trasmettono i fondamentalismi».
L’Europa deve ora a fare i conti con la deriva
antisemita. La comunità ebraica francese si è
dimezzata, le comunità cristiane del Medio
Oriente emigrano. In alcuni Paesi d’Europa i
musulmani raggiungono la metà della popolazione. Che cosa sta accadendo?
«Occorre guardare al mondo in trasformazione e a questi spostamenti senza spaventarsi. Finisce un’epoca, non il mondo. Le discriminazioni contro le minoranze sono la cartina di tornasole della nostra cecità e delle nostre paure. Credevamo che l’antisemitismo fosse finito dopo le
efferatezze del nazismo e abbiamo allentato l’attenzione. Purtroppo c’è ancora il pregiudizio antiebraico e va combattuto. Bisogna distinguere
aspetto politico e religioso. Si può non condividere la politica dello Stato di Israele, ma tale valutazione non può assumere connotazioni antiebraiche o diventare il pretesto per alimentare
forme di antisemitismo».
C’è un Islam moderato o parlarne esorcizza
la paura?
«Islam moderato è un’espressione molto europea. Risponde ai nostri bisogni di semplificazione. Dobbiamo imparare a conoscere meglio
l’Islam, che è una realtà molto complessa. In
quella galassia non tutto è fanatismo, non tutto è
Isis: per carità. Certo, ci vuole un grande sforzo
da parte dell’Occidente».
Cosa non ha capito l’Occidente delle Primavere Arabe?
«L’Occidente non ha compreso molto la complessità del Medio Oriente. Prima l’ha visto sotto
il profilo dell’occupazione coloniale. Poi per
soddisfare i propri bisogni economici ed energetici. Risultato? In Iraq e Libia si son fatti errori.
Si volevano fermare dei dittatori, con i quali
s’erano avuti rapporti di convenienza? Ci poteva
stare, ma le iniziative si prendono se si ha in
mente cosa può accadere. Le primavere arabe
hanno espresso un cambiamento, ma quando
s’è trattato di definire il dopo movimenti spontanei sono stati sequestrati dai fanatismi. I cambiamenti non sono finiti, ci aspetta un periodo
di trasformazioni. Per esempio l’Isis non proseguirà nel tempo. Dobbiamo sapere che non si
può puntare alla situazione precedente, che non
ci saranno un Iraq o una Siria stati nazionali come in passato».
Il leader della Lega afferma che milioni di
musulmani son pronti a ucciderci e fa breccia
in molte periferie...
«Non dobbiamo rispondere a chiusure con altre chiusure. Il fanatismo si ferma con la prevenzione, combattendo l’ignoranza. I fanatici ci vogliono contro per giustificare i loro attacchi».
Padre Pizzaballa, lei è ottimista?
«Nel breve no. Sul lungo periodo sì. C’è una
guerra in corso, ma le guerre finiscono. E allora
c’è solo da ricostruire. Oggi magari non si intravvede una soluzione politica, ma non è finita la
missione del Cristianesimo in Medio Oriente.
Molto è distrutto, il seme è rimasto. Quello di
Gesù, figlio dell’uomo».
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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ESTERI
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C’è esigenza di coordinamento, ma anche la preoccupazione di creare altra burocrazia
Angelino Alfano ministro dell’Interno
Procura antiterrorismo, dubbi e ostacoli
I magistrati al vertice con Alfano e Orlando: meglio dare più poteri all’Antimafia. Il ruolo dell’intelligence
La vicenda
● Una delle
idee per
coordinare il
lavoro delle
Procure è
quella di creare
la Direzione
nazionale
antiterrorismo
● Ma sedici
procuratori
distrettuali
antimafia
ritengono
che non serva
ROMA Sedici procuratori distrettuali antimafia, titolari allo
stesso tempo delle inchieste
sull’eversione interna e di
stampo internazionale, riuniti
intorno allo stesso tavolo insieme ai ministri della Giustizia e
dell’Interno sostengono all’unanimità che non serve una
nuova Procura nazionale antiterrorismo, inteso come un
nuovo ufficio giudiziario. Sarebbe sufficiente, dicono, affidare poteri di coordinamento
anche su questa materia alla
Superprocura antimafia che
già esiste, «con aumento contenuto dell’organico».
Detta così sembra fin troppo
facile. In realtà restano aperte
molte questioni: dall’organizzazione interna ai singoli uffici
inquirenti (se creare strutture
«rigide» come per le indagini
su cosche e clan, oppure no, la-
sciando inalterata la situazione
attuale), ai poteri da accordare
al superprocuratore per gli
scambi di informazioni e la cooperazione tra gli organismi
territoriali. E così la nascita della Direzione nazionale antiterrorismo, seppure come articolazione di quella Antimafia, si
annuncia meno semplice di
quanto si possa immaginare. A
cominciare dal tipo di provvedimento con il quale sarà proposta dal governo; il Guardasigilli Andrea Orlando non ha
escluso il ricorso al decreto legge, ma in assenza del presidente della Repubblica, e con diverse questioni tecniche ancora da risolvere, sembra più realistico un disegno di legge; da
affidare semmai a un iter parlamentare accelerato. In modo
da avere tempo e modo per approfondire la questione e sce-
gliere gli strumenti adeguati.
La premessa è che per fronteggiare l’emergenza del terrorismo di matrice islamica la
prevenzione è più importante
della repressione. E quindi andrebbe privilegiato il lavoro
dell’intelligence, o della polizia
giudiziaria nella misura in cui
riesce a intercettare i preparativi di attentati, rispetto al lavoro
tipico dei magistrati che normalmente intervengono su fatti avvenuti, o in via di svolgimento. È quello che, nella riunione coi ministri, ha spiegato
ad esempio il procuratore di
Catania Giovanni Salvi (che in
passato, da pm a Roma, s’è occupato a lungo di terrorismo):
sarebbero più utili sofisticati
strumenti di investigazione a
disposizione di polizia, carabinieri e servizi segreti, che strutture giudiziarie centralizzate.
20
I jihadisti
indagati in
Italia perché
sospettati
di preparare
attentati
5
Mila
La stima dei
combattenti
europei
impegnati con
l’Isis in Siria
Otto anni fa, come componente del Consiglio superiore
della magistratura, proprio lui
fu relatore della proposta di
istituire una Superprocura antiterrorismo nuova di zecca,
eventualmente dotata anche di
«veri e propri poteri di indagine». Oggi invece, sulla base
dell’esperienza maturata dal
2006 in poi, Salvi ritiene che le
strutture attualmente a disposizione abbiano ben lavorato e
ottenuto risultati apprezzabili; così, anziché istituire una
struttura autonoma potrebbe
essere sufficiente affidare alla
Direzione nazionale antimafia
quello che continua a mancare:
un potere di coordinamento effettivo e uno scambio continuo
delle informazioni raccolte dai
diversi uffici giudiziari, investigativi e di intelligence, e se possibile anche dall’estero.
Questo è il punto centrale,
sul quale l’esperienza maturata
dalla Dna può tornare utile. Attraverso la banca dati antimafia, infatti, la necessità di collegamento (e dunque di coordinamento) tra le indagini emerge quasi automaticamente,
quando si incrociano gli stessi
nomi di persone inquisite o
sottoposte a controlli, o situazioni analoghe da raffrontare
per verificare possibili connessioni. Con il terrorismo sarebbe importante arrivare almeno
allo stesso risultato, sebbene le
inchieste siano meno numerose e — di conseguenza — i dati
accumulati meno significativi.
Ma al di là di annunci e progetti
più o meno altisonanti, raggiungere un obiettivo simile
sarebbe già un passo avanti.
Giovanni Bianconi
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L’inchiesta
di Fiorenza Sarzanini
ROMA «Il terrorista fa una vita di
doppio senso. Fa la vita del terrorista e un’altra vita, diciamo
normale, va al lavoro se ha il lavoro in regola. Anzi è preferibile avere un lavoro in regola come copertura, poiché l’extracomunitario che lavora e contribuisce allo Stato è apprezzato».
La voce di Jelassi Rihad è una
«voce di dentro». Perché lui è
stato reclutato, addestrato e
poi nel 2010, con altri due tunisini, ha deciso di raccontare ai
carabinieri del Ros la vita di un
jihadista.
Le confessioni sono servite a
far condannare tre mesi fa una
«cellula» operativa in Puglia,
ma soprattutto hanno aiutato
gli specialisti dell’Arma a ricostruire i legami con altri gruppi
a Roma, a Milano, in Francia e
in Belgio. Secondo gli ultimi
controlli cinque «foreign fighters» inseriti della lista dei
53 sarebbero rientrati in Italia.
E su questo sono già state attivate nuove verifiche.
Il lavaggio del cervello
Le carte processuali svelano
adesso strategie e obiettivi dei
fondamentalisti. Dichiara infatti Rihad: «I gruppi da quattro o da sei persone hanno un
legame con altri ma non si incontrano così, dodici o venti in
un appartamento. Si incontrano in moschea così tanti. Di solito c’è un capo che comanda 4
o 5 gruppi, un capo spirituale».
I «reclutatori», come evidenziano i carabinieri, «a differenza dei militanti per così dire addetti a compiti più strettamente operativi, non hanno
un’estrazione povera e di emarginazione sociale, ma al contrario provengono da contesti
socio-familiari agiati ed elitari,
hanno una ottima cultura universitaria e spesso esperienze
belliche significative».
Sono loro a scandire le giornate dei «soldati» che devono
preparare a immolarsi per la
jihad. Lo fanno nei call center o
nelle moschee, dove i seguaci
passano ore e ore di fronte ai
Sul campo Alcuni jihadisti affiliati all’Isis (Stato islamico) combattono contro le forze militari del governo di Bagdad lungo il confine tra Siria e Iraq (foto via Albaraka News/Ansa)
La confessione del miliziano pentito
«Così ci addestrano a odiare la vita»
Un lavoro regolare usato come copertura. Rientrati in Italia 5 foreign fighters
video. Si va da «Al Qaeda training» ad «Allah Akbar», da
«L’amante della jihad» a «Taliba Mujaheddin», tutti con immagini originali dei combattimenti. Rihad spiega che le
«guide» «insistono nel spiegarti e nel parlare della morte,
che diventa un trauma, un’ossessione. Ti fanno diventare la
vita un inferno. Non c’è via di
uscita che la morte». Chokri
Zouaoui, anche lui «pentito»,
parla esplicitamente di «lavag-
Gli obiettivi preferiti
«Il bersaglio civile viene
privilegiato allo scopo
di seminare il panico
nella popolazione»
gio del cervello» e dice: «Ho
detto al mio avvocato: adesso
tu sai tutto, sai la situazione,
però ti garantisco una cosa, impara l’arabo, ti mando due settimane in mezzo a loro, e fammi vedere se non sei convinto
di uccidere i tuoi compaesani».
I bersagli «civili»
Durante l’addestramento nei
Paesi europei dove vivono, generalmente in maniera regolare, imparano anche dove e come colpire. Le indagini hanno
accertato che «il bersaglio civile viene privilegiato dai terroristi di estrazione islamica rispetto a quello militare, e lo
scopo di seminare il terrore
nella popolazione assume un
rilievo primario, superiore persino agli effetti materiali del-
Il documento
Le carte
del Tribunale
di Bari con il
racconto del
pentito Jelassi
Rihad sulla
«doppia vita»
del terrorista
l’azione militare-terroristica in
senso stretto».
Per farlo «consultano i numerosi siti gestiti da gruppi
fondamentalisti, da cui estrapolano documenti (anche audio-video) che hanno ad oggetto le istruzioni per la costruzione di ordigni esplosivi, per
l’utilizzo di armi, per l’impiego
di tecniche di sabotaggio e di
incursione militare». Quando
sono pronti vengono mandati
all’estero per l’addestramento
finale. Racconta Rihad: «Quando uno lascia il lavoro, lascia
anche la casa e lascia tutto: è un
gesto di essere molto disponibili. Oppure quando uno abbandona la fidanzata e poi ritira tutti i suoi soldi dalla banca è
chiaro che questa persona ha
intenzione di andare nella terra... per l’addestramento. Frequentando la moschea si conoscono le persone che, diciamo,
ti aiutano, che conoscono le
vie, si mettono in contatto,
cioè, una catena».
In volo Roma-Peshawar
I pentiti sono espliciti: «Da
solo non potrai mai arrivare ai
campi di addestramento. Raccomandato devi essere. Quindi
L’indagine
● Il tunisino
Jelassi Rihad è
stato reclutato
e addestrato
per diventare
un jihadista.
Nel 2010,
insieme a due
connazionali,
ha deciso
di raccontare
tutto ai
carabinieri
del Ros
● La sua
confessione
ha consentito
di sgominare
una cellula in
Puglia e
ricostruire i
legami con altri
gruppi a Roma,
Milano, Francia
e Belgio
ti fanno vedere la strada. Non è
così semplice, cioè devi avere
tanta pazienza, sacrificio e vedono se sopporti. Puoi essere
bloccato a Roma per mesi, che
non puoi viaggiare perché la
strada è un po’ calda, si dice così. C’erano delle case nei posti
tranquilli dove rimangono per
diversi giorni per far crescere la
barba, i capelli. Ti fanno imparare come camminare, perché
tu devi viaggiare come un pakistano. C’era il barbiere, il parrucchiere, tutto che ti fanno assomigliare al pakistano, non
puoi partire con un aspetto così».
Le indagini hanno ricostruito le rotte seguite dai «foreign
fighters». Una parte da Roma e
arriva a Peshawar, in Pakistan.
L’altra parte da Milano, passa
per Francoforte e arriva a Peshawar. I collaboratori hanno
confermato che «si va con documenti falsi. Non puoi viaggiare con i tuoi documenti.
Con i tuoi documenti puoi fare,
per esempio, Roma-Francoforte, vai con i tuoi documenti, ma
lì, nascondi i tuoi e vai con altri
documenti falsi, che ti servono
per andare lì e poi tornare. Addirittura tornano alla scadenza
dei loro documenti. Tornano in
Italia due settimane, venti giorni. Tutte queste cooperative,
che c’erano, ti davano i contratti di lavoro, le buste paga, come
se tu fossi in regola, lavori in
Italia che in realtà eri lì in Afghanistan, rinnovi il permesso
di soggiorno e tutto e poi torni.
E questo succede, succedeva a
tanti qui in Italia».
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
Il documentario
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ESTERI
Alla fine della guerra, ho fatto un film più atroce del peggior film
d’orrore. Non mi ha più abbandonato
Alfred Hitchcock
Il campo
Donne internate
nel campo
nazista di
Bergen-Belsen
nei giorni della
liberazione, nel
1945. Il grande
regista Alfred
Hitchcock
lavorò per tre
settimane a un
documentario
girato con
immagini
provenienti dai
maggiori lager
nazisti, lavoro
che per le
circostanze
post belliche (la
crescente
contrapposizion
e con l’Urss) finì
dimenticato in
un archivio
di Paolo Mereghetti
L’impegno
Il celebre cineasta
britannico lavorò al
docu-film tra giugno e
luglio del 1945
zog e regista in proprio — non
ha ottenuto il permesso di lavorare sui materiali «F3080». Ne
è uscito un documentario
sconvolgente, che per la prima
volta mostra il lavoro fatto da
Hitch, accompagnato dalla voce narrante di Helena Bonham
Carter e intitolato Night Will
Fall («La notte scenderà», citazione dalla serie Doctor Who:
«Demons run when a good
man goes to war / Night will
fall and drown the sun / When
a good man goes to war»).
È andato in onda sulla rete
franco-tedesca Arte martedì 13
(col titolo Images de la libération des camps) e verrà programmato dall’inglese Channel
4 sabato 24 febbraio. Augurandoci che presto arrivi anche in
Italia. Che cosa si vede nel documentario? Le immagini, in
gran parte inedite, della liberazione di undici campi, tra cui di
Bergen-Belsen, Dachau, Buchenwald, Ebensee, Mauthausen, Majdanek, filmate da
quattro operatori militari: gli
inglesi Mike Lewis e William
Lawrie, l’americano Arthur
Mainzen e il sovietico Aleksandr Vorontsos, intervistati da
Singer insieme ad altri testimoni, sopravvissuti ai campi, e
al pubblico ministero che parlò
per l’accusa al processo di Norimberga. Sfortunatamente
non esistono riprese dell’incontro, avvenuto all’inizio degli
anni Settanta, tra Hitchcock e il
fondatore della Cinémathèque
française Henri Langlois, che
però nelle sue memorie riporta
quello che gli aveva confidato il
regista: «Alla fine della guerra,
ho fatto un film che doveva
mostrare la realtà dei fatti avve-
La Shoah nelle immagini di Hitchcock
Scoperto un anno fa,
restaurato, emerge
dagli archivi
il filmato girato
dal grande regista
Air. La Rivoluzione Sottile - BTicino. La Rivoluzione Sottile - La Rivoluzione Sottile - sono marchi registrati proprietà BTicino.
L’idea era quella di fare un
documentario «didattico» che
ricordasse ai tedeschi quello
che volevano non vedere: gli
orrori compiuti nei campi di
concentramento. Un film «politico», come si sarebbe detto
oggi. Ma eravamo nel 1945, la
guerra era finita da pochissimo
e l’alleato sovietico stava già diventando il nemico numero
uno dell’Occidente: non si poteva caricare sulle spalle della
Germania, almeno quella alleata di americani ed europei, un
ulteriore senso di colpa. E così,
nonostante a firmare quel documentario fosse stato chiamato Alfred Hitchcock, che vi
aveva lavorato per sei settimane, tra giugno e luglio del 1945,
il progetto era stato accantonato sine die e German Concentration Camps Factual Survey
(«Un’indagine fattuale sui
campi di concentramento tedeschi», questo il titolo di lavorazione) fu archiviato insieme
ai materiali ancora non montati nei depositi dell’Imperial
War Museum di Londra, sotto
la sigla F3080.
Alcune di quelle immagini
erano poi state mostrate, oltre
a quelle girate da altri registi
che avevano accompagnato la
marcia degli Alleati, come gli
americani George Stevens e Samuel Fuller, ma le scene che
Hitchcock aveva montato sono
rimaste nascoste per settant’anni, finché André Singer —
già produttore di Werner Her-
25
nuti nei campi di concentramento nazisti. Atroce. Era ancora più atroce del peggior film
d’orrore. Nessuno lo ha voluto
vedere. Ma quel film non mi ha
più abbandonato».
Come mai proprio Hitchcock, che lavorava stabilmente a Hollywood dove aveva
appena terminato Prigionieri
dell’oceano e Io ti salverò era
stato coinvolto in quel progetto? Il merito è tutto di Sidney
Bernstein, co-fondatore nel
1925 della London Film Society, dove aveva stretto amicizia con il giovane Hitchcock,
«infaticabile antifascista e mi-
Air
litante contro l’antisionismo»,
collaboratore negli anni Trenta
del ministero dell’Informazione e poi, nel 1954, tra i fondatori di Grenada Television.
Quando all’inizio del 1945 i primi campi sono liberati e le prime atroci immagini vengono
inviate a Londra, Bernstein
convince la Divisione guerra
psicologica del Quartier generale delle forze di spedizione
alleate a produrre un film «destinato in maniera specifica ai
tedeschi, che fosse la prova
inattaccabile delle loro atrocità». E Hitchcock accetta la proposta dell’amico, pronto a sob-
Il profilo
● Alfred
Hitchcock
(1899-1980).
Nel 1945 lasciò
Hollywood per
girare un docufilm sulla
Shoah che
non uscì mai
barcarsi un viaggio in nave dagli Usa in Inghilterra dormendo — ha raccontato — «in un
dormitorio con altre trenta
persone».
Segno che il lavoro lo interessava e infatti appena arrivato a Londra si mette al lavoro,
insieme allo scrittore inglese
Richard Crossman (che scrisse
un primo trattamento) e al corrispondente di guerra australiano Colin Wills (che invece
stese una vera e propria sceneggiatura). Hitchcock da parte sua dedicò quasi tutto il suo
tempo a guardare i materiali
che arrivavano dall’Europa, in-
Ricordo indelebile
«Hitch» confidò, anni
dopo, che il lavoro sui
campi non lo aveva più
«abbandonato»
®
La Rivoluzione Sottile di BTicino.
SOTTILE COME NESSUNA,
VANTAGGIOSA COME NON MAI.
PROVATE A COPIARLA!
sieme al montatore Peter Tanner. Il regista, forte della sua
esperienza cinematografica,
cercava soprattutto le riprese in
continuo, le panoramiche,
«perché nessuno potesse dire
che quelle immagini erano state manipolate per falsificare la
realtà». Un compito non facilissimo, visti i brevi caricatori
delle cineprese 16mm in dotazione all’esercito, ma nel film
di Singer ci sono molti esempi
di quello che Hitchcock aveva
selezionato e affidato a un primo montaggio. Sono immagini strazianti, difficili da sostenere anche a settant’anni di distanza. E più ancora dei volti
dei morti, scavati dalle piaghe e
dalla fame o maciullati dagli
aguzzini, sconvolgono le scene
in cui i soldati tedeschi prigionieri sono costretti a caricare i
corpi dei morti, li trascinano e
li gettano nelle fosse comuni,
come se si trattasse di manichini, perché i rischi delle epidemie (soprattutto tifo) rischiavano di propagarsi e non lasciavano spazio né tempo
nemmeno per un po’ di pietà.
Poi, nell’agosto del ’45, le
convenienze della politica fermarono il lavoro, Hitchcock
tornò a Hollywood per girare
Notorius - L’amante perduta e
il materiale girato e in parte
montato finì in uno scatolone
dell’Imperial War Museum. È
riemerso settant’anni dopo,
con tutta la sua forza di sconvolgente testimonianza, a confermare quello che Bernstein
andava continuamente ripetendo ai suoi collaboratori:
«Un giorno capirete che tutto
questo valeva la pena».
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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Licenza prorogata a Latorre
Per il marò altri 3 mesi in Italia
Diplomazie
di Luigi Offeddu
Il documento Ue
per allentare
le sanzioni a Putin
L’India concede al militare il tempo necessario per la convalescenza
La vicenda
N
avi della flotta russa
del Mar Nero
presenti ieri fra
Egeo, Mediterraneo, Mar
Caspio e lo stesso Mar
Nero: 26 incrociatori
guidati dal «Mosca», già
battezzato «Gloria», 45
fregate, 85 «distruttori»,
navi da sbarco come la
«Saratov» della classe
«Alligatore», sei corazzate
di ultima generazione più
altre dieci d’annata. Una
presenza che Mosca non ha
mai negato di voler
rafforzare.
Ma non è per paura o non
solo per paura che l’altro
ieri, a Bruxelles, i capi delle
diplomazie dell’Ue hanno
discusso su un documento
che per la prima volta
ipotizza di attenuare le
sanzioni europee contro il
Cremlino. Ne ha dato
notizia il Wall Street
ESTERI
● A settembre
Massimiliano
Latorre (foto)
è colpito da
ischemia in
India e ottiene
una licenza per
venire in Italia
per motivi di
salute fino al
13 gennaio
● Il 5 gennaio
Latorre subisce
un intervento
al cuore. Ieri la
licenza è stata
prorogata
ROMA Altri
tre mesi in Italia per
Massimiliano Latorre e una
mozione in votazione oggi a
Strasburgo. È appeso a queste
due buone notizie giunte ieri il
futuro dei due fucilieri di marina accusati in India dell’omicidio di due pescatori, scambiati
per pirati. In attesa di una «soluzione definitiva» che tutti, a
partire dal ministro degli Esteri
e della Difesa, Paolo Gentiloni e
Roberta Pinotti, assieme a tutte
le forze politiche ieri sono tornati ad auspicare.
Ieri Massimiliano Latorre ha
potuto festeggiare doppiamente. Per la decisione della Corte
Suprema di New Delhi che gli
ha concesso la proroga, per
motivi umanitari, consentendogli di prolungare la convalescenza dall’intervento chirurgico al cuore. E per le dimissioni
dall’Istituto Neurologico Carlo
Besta di Milano. Un sollievo del
tutto temporaneo e blindato
dalla pronuncia del giudice
Anil R. Dave, che ha concesso il
prolungamento del soggiorno
in Italia solo a patto che si rispettino gli impegni contenuti
in una lettera consegnata alla
Corte dalla Difesa del marò:
una garanzia scritta, firmata
dall’ambasciatore d’Italia in India Daniele Mancini, in cui c’è
un impegno a rispettare la
nuova scadenza fissata per il
rientro di Latorre.
«Una notizia positiva», ha
commentato il ministro degli
Esteri Gentiloni, rimarcando il
fatto che si trattava di una «richiesta basata su ragioni umanitarie», ma valutando positivamente che queste ragioni
umanitarie siano state riconosciute anche dal rappresentante del governo indiano». «Bene
la proroga. Continuiamo a lavorare per la soluzione definitiva», ha aggiunto, via Twitter il
ministro della Difesa, Roberta
Pinotti.
Ma cosa accadrà quando le
Pressing
della Ue
Oggi a
Strasburgo si vota
una
mozione
sul caso
ragioni umanitarie dovranno
lasciare il passo alla soluzione
giudiziaria o politica? Qui la
faccenda si complica, come
ben sa Salvatore Girone che, a
differenza del commilitone, è
ancora in India con obbligo di
soggiorno a New Delhi. Ancora
in attesa della formulazione del
capo di imputazione.
Ma che «la vicenda non sia
risolvibile nei tribunali e occorra una soluzione politica», lo fa
notare anche l’ex ministro degli Esteri indiano, Salman
Khurshid.
Per questo ieri a Strasburgo
si è tentata una nuova forma di
pressione europea: una mozione già discussa ieri che oggi
passerà al voto, nella quale si
sostiene che la giurisdizione
sul caso può essere italiana o
europea. Lo ha annunciato con
soddisfazione il vicepresidente
del Parlamento europeo Antonio Tajani: «Finalmente si pone il problema a livello euro-
peo, per cui non è più una questione italiana, ma dell’Unione:
è un’inversione di rotta».
Certo è che il conto alla rovescia per Latorre è già scattato.
Le condizioni sanitarie non sono ancora rosee, a giudicare
dal bollettino medico, di ieri.
«Permane la necessità di un
prosieguo delle terapie consigliate e un attento monitoraggio nelle prossime settimane
dell’evoluzione della sua situazione clinica».
Ma, comunque vada il decorso post-operatorio, dovrà
tornare tra 90 giorni in India.
Ieri la compagna ha dichiarato:
«Massimiliano è stanco, sono
state due settimane difficili:
l’operazione, il ricovero, e poi i
diversi esami, anche molto
stancanti. Il nostro auspicio è
che in questi tre mesi la situazione si possa risolvere definitivamente».
Virginia Piccolillo
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Lo scenario
di Guido Santevecchi
Journal, ma se ne parlava
già da giorni. Lo avrebbero
preparato gli analisti
dell’Alto rappresentante
per gli affari esteri Ue,
Federica Mogherini, e ora
verrà inviato ai capi di
governo. Il testo
proporrebbe all’Ue un
«approccio più attivo», che
dovrebbe essere «selettivo
e graduale», e condizionato
ad alcune prime
concessioni della Russia in
tema di Ucraina.
Francia e Italia sarebbero i
sostenitori principali
dell’idea, l’Italia per ovvi
motivi economici e la
Francia anche per certe
memorie storiche (non si
parlava francese alla corte
degli Zar, non si
coniugavano anche in
francese i maestosi sogni di
Tolstoj?). La Germania
punta ufficialmente i piedi
all’idea di «graziare» a
metà Putin, ma tiene
d’occhio il libro-cassa: è lei,
il primo partner
commerciale di Mosca.
Quella flotta fra
Mediterraneo e Mar Nero,
certo, preoccupa. E
preoccupa il digiuno
energetico imposto quasi a
tutti da Mosca. Ma molto di
più, desta allarme ciò che
accade dentro l’impero di
Putin, attanagliato dalla
peggiore crisi economica
degli ultimi 15 anni, anche
a causa delle sanzioni Ue. Il
governo ha appena lanciato
un appello alla calma. Se il
Cremlino dovesse
sbandare, potrebbe
ricorrere alla valvola di
sfogo più antica: quella
militare. «La Russia non si
isolerà dal resto del
mondo», dice il premier
Dmitri Medvedev. Ma forse
non promette: implora.
[email protected]
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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
36
miliardi di
euro, messi a
bilancio
per la spesa
militare (+2%),
un record
dalla fine della
Seconda
guerra
mondiale
132
miliardi di
dollari (+12%)
il bilancio
militare
stanziato dalla
Cina lo scorso
anno, pari a
più di tre
volte quello
giapponese
20
aerei da
pattugliamento
antisommergibile P-1, tre
droni Global
Hawk, 5 V-22
Osprey e 6
caccia F-35
in dotazione
all’Aviazione
PECHINO È un bilancio dai molti
primati quello approvato ieri
dal nuovo governo di Tokyo per
il 2015: oltre 96 trilioni di yen,
696 miliardi di euro. E il capitolo per la spesa militare sale a 36
miliardi di euro, il record nella
storia del Giappone dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Per il terzo anno consecutivo il premier Shinzo Abe,
che a dicembre ha vinto le elezioni anticipate, ha aumentato
il budget della difesa, questa
volta del 2% rispetto al 2014.
«Una necessità legata al
cambiamento di situazione intorno a noi», ha detto il ministro della Difesa Nakatani riferendosi alla contesa con la Cina
per le isole Senkaku (che Pechino chiama Diaoyu e rivendica).
Nakatani, nominato a dicembre, ha spiegato nei giorni
scorsi che navi cinesi continuano a violare le acque territoriali
giapponesi intorno alle isole,
che in più occasioni le unità
della Marina cinese hanno attivato i radar con procedure provocatorie e gli aerei da caccia
hanno volato «a distanza ravvicinata e anormale da apparecchi giapponesi». Per questo alle forze armate di Tokyo serve
un deterrente credibile, ha
concluso il ministro, ex militare di carriera.
I 36 miliardi di euro messi a
bilancio quest’anno fanno parte di un programma per dare
all’esercito di Tokyo 20 aerei da
pattugliamento antisommergibile P-1, tre droni Global Hawk
prodotti dalla Northrup Grumman, cinque apparecchi V-22
Osprey e sei caccia F-35 stealth.
La Marina avrà due cacciatorpediniere con sistema radar
Aegis e 30 mezzi per operazioni anfibie che equipaggeranno
una nuova unità modellata sul
corpo dei Marines americani:
un apparato bellico studiato
per tenere testa alla Cina.
Shinzo Abe, impegnato nel
Il Giappone mostra i muscoli
Budget record per la Difesa
contro le provocazioni cinesi
tentativo di recuperare un dialogo con il presidente cinese Xi
Jinping dopo quasi due anni di
rottura, spiega il bilancio con
un’espressione più cauta: «Pacifismo attivo».
Assicura di non avere intenzione di tornare al passato militarista, di non voler stravolgere
la Costituzione pacifista (che fu
imposta dagli americani alla fine della guerra mondiale);
spiega che il nuovo Giappone
dev’essere in grado di combattere al fianco degli alleati in caso di una crisi, che potrebbe essere innescata per esempio da
un attacco nordcoreano nella
regione.
Le parole di Nakatani hanno
provocato la replica cinese: «Il
ministro giapponese inventa la
“minaccia cinese” per i suoi
scopi». È un fatto comunque
che il bilancio militare della Cina l’anno scorso è aumentato
del 12 per cento, salendo a 132
miliardi di dollari, tre volte
quello giapponese.
Con questi presupposti il 15
agosto si celebra il 70° anniversario della fine della Seconda
guerra mondiale nel Pacifico.
Le relazioni del Giappone con
Cina e Sud Corea sono ancora
avvelenate dal risentimento
per l’aggressione giapponese e
Pechino continua ad esigere
scuse e pentimento dal governo di Tokyo.
In realtà, diversi primi ministri nipponici si sono espressi:
nel 1991 Miyazawa chiese per-
«Pacifismo attivo»
Abe nega un ritorno
al passato militarista.
Ma il riarmo «serve alle
mutate condizioni»
dono «per l’insopportabile tormento» inflitto dall’esercito
imperiale ai Paesi vicini; nel
1995 Murayama confermò
«profondo rimorso»; nel 2001
Koizumi depose una corona di
fiori in Sud Corea.
Shinzo Abe nel 2013 è andato
allo Yasukuni, il sacrario dove
con milioni di caduti giapponesi sono onorati anche 14 generali e politici condannati per
crimini di guerra, riaprendo la
ferita. Ha anche detto che non
ripudierà le dichiarazioni dei
suoi predecessori.
Abe non si inginocchierà
con gli occhi bassi come fece
nel 1970 il tedesco Willy Brandt
al ghetto di Varsavia, ma il suo
discorso il 15 agosto potrebbe
essere un punto di svolta, se
anche la Cina saprà perdonare
il passato.
@guidosant
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Deterrente
Una flotta di
incrociatori delle
«Forze di
autodifesa
giapponesi» in
navigazione.
La spesa
militare
approvata
nell’ultimo
bilancio, per
fornire «un
deterrente
credibile» al
Giappone,
prevede anche
due cacciatorpediniere e
30 mezzi anfibi
per la Marina
(Reuters)
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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Cronache
Procura di Milano, mediazione al Csm
Robledo a Venezia finché resta Bruti
La Corte dei conti
Spese all’Ikea
e per il compleanno
con i soldi del Pdl
«Minetti restituisca
13 mila euro»
Nessun verdetto sul merito dello scontro: e il vice tornerà dopo la pensione del capo
La «mediazione istituzionale» del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, sembra
propiziare la tregua in Procura
a Milano: oggi la prima commissione del Csm, invece di decidere se il procuratore Edmondo Bruti Liberati o il suo
vice Alfredo Robledo o entrambi nuocciano all’ufficio per le
accuse che si sono reciprocamente scambiati a partire dall’esposto 10 mesi fa di Robledo,
accantonerà la procedura di
eventuale incompatibilità ambientale; Bruti resterà capo a
Milano fino alla pensione il 31
dicembre 2015; il Csm creerà le
condizioni per l’urgenza di coprire un posto di sostituto procuratore generale a Venezia; e
Robledo raccoglierà questo interpello e si offrirà volontario
un anno a Venezia, potendo poi
così subito tornare in Procura a
Milano (dove nel frattempo
Bruti sarà andato in pensione),
e contando anche di riprendere il proprio posto di capo del
pool anticorruzione dal quale
era stato sollevato da Bruti.
Andrebbe bene a tutti perché salverebbe la faccia di tutti.
Legnini potrà marcare un successo personale, se tale si misura la capacità di mettere la
Procura al riparo da un conto
alla rovescia dilaniante che già
l’ha ammaccata. Robledo, che
riteneva i propri argomenti
schiacciati dalla contraerea pro
Bruti al Csm (la corrente di Md,
la sponda di laici di centrodestra, l’appoggio del presidente
della Repubblica uscente), imboccherà una comoda via
d’uscita temporanea a Venezia,
manterrà la chance di tornare a
breve al proprio posto e potrà
dirsi pago di veder riconosciuta la dignità del proprio esposto nel momento in cui Legnini
assicura che il Csm ridiscuterà
in generale i rapporti tra potere
gerarchico dei capi delle Pro-
10
I mesi
trascorsi
da quando
Robledo
ha presentato
l’esposto
al Csm
cure e autonomia dei vice e dei
singoli pm. Bruti potrà mantenere la guida della Procura nel
cruciale periodo di Expo 2015 e
salutare con soddisfazione che
l’ufficio (di cui rivendica standard di efficienza) recuperi la
serenità a suo avviso compromessa dall’asserito solipsismo
di Robledo. E il Csm si risparmierà lo psicodramma di una
resa dei conti.
Ma l’allineamento astrale,
per poter funzionare, postula
taciti corollari. I consiglieri
Csm devono evidentemente accettare di farsi trattare come
dei juke-box, che possono essere attivati o spenti a seconda
delle sollecitazioni interne (di
corrente) o esterne (di input
istituzionali). Il futuro procuratore di Milano del 2016, chiunque sarà, partirà già dimezzato,
perché l’unico modo per Robledo di essere sicuro di poter
rientrare a capo del pool anticorruzione sarebbe che al momento della nomina qualcuno
al Csm facesse presente al suc-
I gameti arrivano dall’estero
Pochi i donatori
per l’eterologa
Per le tante coppie italiane in lista per
effettuare la fecondazione eterologa, la
cicogna arriverà dall’estero: a 7 mesi dalla
sentenza che ha reso possibile l’eterologa
anche nel nostro Paese, infatti, mancano le
donazioni di ovociti e si sta registrando un
vero boom di richieste di gameti esteri.
cessore di Bruti la necessità di
adempiere a una implicita
cambiale accesa ora per disinnescare la mina; e ugualmente
dimezzato sarà il prossimo dirigente del pool, che Bruti (oggi titolare della delega) deve
ancora individuare, e che la logica del «pacchetto» vorrebbe
fosse nominato solo a titolo
provvisorio, dovendo tacitamente ri-lasciare il posto a Robledo al suo rientro. La corsia
preferenziale per coprire un
posto vacante di pg a Venezia
suonerà schiaffo per le disagiate sedi giudiziarie che, specie al
Sud, analoga premura in passato non hanno sperimentato.
E ingenua resterà l’attesa di sapere se dimenticare (Bruti) una
delicata indagine in cassaforte
per tre mesi sia svista neutra;
se depositare (Robledo) i soldi
di un maxisequestro secondo
le modalità di legge sia un obbligo o un optional; e se il vero
o il falso sia stato detto al Csm
da chi afferma (Bruti-Boccassini) o nega (Robledo-GdF) il sovrapporsi di un doppio pedinamento nelle indagini Expo.
La deludente lezione implicita è che i problemi in toga
non si risolvono: si aggiustano.
Le frizioni non si eliminano: si
aggirano. Torti e ragioni non si
appurano: si cloroformizzano
in funzione delle mutevole geometrie. Vie d’uscita si trovano
non nelle sedi istituzionali, ma
circumnavigandole in colloqui
esplorativi e telefonate informali. I proclamati rigidi principi diventano, alla bisogna, pastafrolle. I fatti non si chiariscono in veri o falsi, ma si lasciano
galleggiare
nell’indeterminatezza che li
elide. La polvere non si spazza,
ma si butta sotto il tappeto. Fino alla prossima (perduta) occasione.
Luigi Ferrarella
[email protected]
Chi sono
● Edmondo
Bruti Liberati
(nella foto in
alto), 70 anni, è
il procuratore
capo della
Procura di
Milano. Bruti
Liberati è stato
presidente
dell’Associazione nazionale
magistrati
● Alfredo
Robledo (foto
qui sopra),
64 anni,
è procuratore
aggiunto
a Milano
● Dopo
un anno
a Venezia
Robledo
tornerà a
Milano, spera di
nuovo alla
guida del pool
tangenti
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«L’azienda di Tiziano Renzi? Se necessario agiremo»
Finanziamenti alla società del padre del premier, interviene Rossi: ma no a strumentalizzazioni
FIRENZE Una società che cambia
proprietari, pur rimanendo in
famiglia, chiede un finanziamento con coperture e garanzie offerte dalla finanziaria della Regione Toscana e poi si trasferisce a Genova. E che in poco
tempo cambia «genere»: da
maschile diventa femminile
per poi tornare ancora una volta maschile. Sembrano tutto
sommato inezie amministrative e invece questi cambi e trasferimenti repentini, insieme
alla divisione dell’azienda in
due rami (buono e cattivo),
avrebbero un valore monetario
non proprio irrilevante (da 60
mila a 263 mila euro) e potrebbero aver violato le regole di Fidi Toscana che garantisce con
soldi pubblici le imprese in difficoltà in cerca di finanziamenti. Se poi alla vicenda si aggiungono i nomi di Tiziano Renzi,
delle figlie Matilde e Benedetta
e della moglie Laura Bovoli, rispettivamente padre, sorelle e
madre del premier, e che la Regione Toscana ammette qual-
che presunta irregolarità sulle
procedure, ecco che tutto diventa un nuovo caso. Tanto da
far intervenire il presidente
della Toscana, Enrico Rossi:
«Se ci saranno da prendere
provvedimenti li prenderemo
senza scadere nella strumentalizzazione politica, che mi sem-
La Consulta: referendum inammissibili
Tribunali tagliati, no ai quesiti
I referendum sulla riforma della geografia
giudiziaria sono inammissibili. È la decisione
della Consulta sui tre quesiti referendari
promossi dai consigli regionali di Basilicata,
Puglia, Sicilia, Abruzzo e Campania. I
referendum abrogativi riguardavano la
riorganizzazione degli Uffici giudiziari e in
particolare le misure relative alla soppressione
di 30 tribunali ordinari, delle corrispondenti
Procure e di 220 sezioni staccate di tribunali
ordinari, oltre alla mancata previsione
nell’ordinamento giudiziario dei circondari dei
tribunali soppressi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
bra piuttosto montata» ha detto il governatore.
Si parla ancora di Chil Post,
la società fallita di Tiziano Renzi sulla quale indaga per bancarotta fraudolenta la Procura di
Genova. Non c’è un nuovo sviluppo giudiziario, bensì l’apertura di un filone politico-amministrativo, innescato da
un’interrogazione del consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli; questi
ha sollevato dubbi sulla concessione di un fido da 437 mila
euro garantito alla Chil e solo
in parte restituiti; la risposta
dell’assessore regionale alle Attività produttive, Gianfranco
Simoncini, sembra in parte dare ragione a Donzelli.
«Il passaggio da società maschile a femminile sembra un
escamotage per prendere più
soldi — sottolinea il consigliere di Fdi —. Le regole di Fidi
Toscana prevedono infatti
un’erogazione del 60% a copertura di prestiti di aziende maschili e dell’80% per quelle fem-
minili. Tiziano Renzi ha deciso
di cedere l’azienda a moglie e
figlie che, dopo aver ottenuto i
soldi, l’hanno passata ancora al
padre e marito. E tutto questo
senza informare, come da regolamento, Fidi Toscana». Nella risposta all’interrogazione la
Regione, ha ammesso che effettivamente «le informazioni
non sono state comunicate» e
ha invitato «gli organi di Fidi a
compiere ogni verifica». Donzelli ha chiesto di recuperare
eventuali soldi incassati dalla
famiglia Renzi irregolarmente.
Di opposto parere Federico
Bagattini, legale di Tiziano
Renzi: «L’operazione è stata del
tutto regolare tanto da non costituire un profilo di addebito
mosso dalla Procura di Genova.
Noi ci confrontiamo da una
parte con i magistrati di Genova e dall’altra con il giudice civile e penale in caso di affermazione non vere e lesive della reputazione del nostro cliente».
Marco Gasperetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi è
● Tiziano Renzi
(nella foto) è il
padre del
premier Matteo
Renzi. È stato
titolare della
Chil Post,
azienda che
per ottenere
finanziamenti
previsti per
l’imprenditoria
femminile fu
ceduta da
Renzi senior
alla moglie e
alle figlie
MILANO Il party per il
compleanno e la spesa all’Ikea,
assolutamente no, e neppure
c’è ragione perché l’acquisito
del libro «Mignottocrazia»
possa in qualche modo essere
fatto passare come spesa
legata al mandato politico.
Dopo quella penale, a
novembre, a tre anni per
favoreggiamento della
prostituzione nell’appello del
processo Ruby, ora sull’ex
consigliera regionale del Pdl
Nicole Minetti si abbatte anche
la condanna della Corte dei
conti della Lombardia a
versare all’erario circa 13 mila
euro. Condannato anche
l’allora capogruppo del Pdl
Paolo Valentini Puccitelli che,
per aver avallato le note spesa
della Minetti senza verificarle,
dovrà pagare 6.513 euro. L’ex
valletta eletta nel 2010 nel
listino bloccato di Formigoni è
uno dei 64 consiglieri
lombardi di maggioranza e
opposizione accusati di
peculato nell’inchiesta sui
rimborsi spese per milioni di
euro per i quali il 2 febbraio
comincerà l’udienza
preliminare del gup Fabrizio
D’Arcangelo. Dall’inchiesta
penale il procuratore regionale
della Corte dei conti Antonio
Caruso e il sostituto
Alessandro Napoli hanno
aperto una serie di
procedimenti contabili che via
via arrivano alla sentenza. Le
spese «devono rispondere a
criteri di decoro, sobrietà ed
economicità», scrivono i
giudici e non lo fanno gli
832,80 euro spesi dalla Minetti
all’Hotel Principe di Savoia l’11
marzo 2011, giorno del suo
ventiseiesimo compleanno,
oppure i 129,41 pagati a
maggio 2010 all’Ikea e Leroy
Merlin per comprare alcuni
oggetti e i 16 per il libro di
Paolo Guzzanti, un volume
«all’evidenza estraneo a ogni
esigenza di aggiornamento».
La maggior parte dei rimborsi
riguarda spese per taxi,
consumazioni al bar e al
ristorante per una sola
persona che, come tali, non
sono di «rappresentanza» ma
«del tutto private e personali».
I giudici, però, mitigano
almeno in parte le
responsabilità della Minetti
perché nel Consiglio regionale
della Lombardia quella delle
spese pazze è stata «una prassi
preesistente e risalente» a
prima dell’elezione di una
delle ospiti più presenti alle
cene e ai dopocena di Arcore.
Giuseppe Guastella
[email protected]
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
CRONACHE
#
L’INCHIESTA LE SPESE DEI MUNICIPI
Il Comune che investe in matite
e quello che sperpera per le liti
In rete
● Matteo Flora,
della «The
Fool» di Milano
(Monitoraggio,
moderazione,
gestione e
tutela Legale
della
reputazione
online) ha
realizzato il
portale
soldipubblicireloaded
(soldipubblici.
mgpf.it) per
dare la
possibilità a
tutti gli italiani
di vedere le
classifiche
generali e pro
capite delle
varie spese
● Le cifre sono
ottenute dalla
banca dati
Siope (Sistema
informativo
operazioni
pubblici enti)
della Banca
d’Italia, anche
se non
aggiornata in
ogni sua parte
● Alcuni giorni
fa
un’operazione
«trasparenza»
sulle spese
delle
amministrazioni locali è stata
lanciata anche
dal governo
con il sito
soldipubblici.gov.it
● A realizzare
il sito è stata
l’équipe
guidata da
Giovanni
Menduni del
Politecnico di
Milano
basandosi
«scrupolosamente sui dati
ufficiali»
proprio del
Siope
di Sergio Rizzo
e Gian Antonio Stella
SEGUE DALLA PRIMA
È un pozzo senza fondo di informazioni fondamentali, numeri assurdi e curiosità, il sito
soldipubblici.mgpf.it. Navighi un po’ e ti poni
domande bizzarre: con chi sono in guerra a Micigliano, in provincia di Rieti, per spendere in
«liti e patrocinio legale» 356 euro pro capite
contro il miserabile centesimo (un cent!) del
comune di Pisa o gli zero (zero carbonella) centesimi di altre migliaia di municipi?
Oppure: quali animali si sono comprati a Barengo, in provincia di Novara, per spendere 26
euro abbondanti a testa contro i 2 centesimi di
Nocera Inferiore? E cos’è questo «global service» che ha fatto scucire al Comune di Spoleto
quasi 217 euro per ogni cittadino se a Pavia non
hanno tirato fuori una sola monetina?
Il pasticcio dei codici fiscali
In realtà, molti dati vanno presi con le pinze.
È ovvio, ad esempio, che il Comune di Longarone non spende un milione e mezzo di soldi
pubblici per ogni cittadino: il guaio è che la
banca dati originaria, il Siope (Sistema Informativo Operazioni Enti Pubblici) di Bankitalia,
non è stato ancora aggiornato di recenti ritocchi. Vedi appunto Longarone, che dopo la fusione con Castellavazzo risulta avere 6 abitanti
invece di 5.433. Peggio, la nuova realtà comunale conserva il nome di prima ma con due codici Istat, due codici fiscali... E pasticci simili
sono segnalati per altri sei Comuni: Montoro,
Fabbriche di Vergemoli, Scarperia, San Piero,
Tremezzina e Val Brembilla.
Un peccato, certo. Ma secondario rispetto alla massa enorme di numeri che consentono per
la prima volta agli abitanti di Portofino o Bergolo, Marsala o Luserna, come dicevamo, di fare
dei paragoni. E capire se il loro municipio, rispetto per esempio ai Comuni vicini, è amministrato bene o male. Per poterne poi chiedere
conto. Una trasparenza che, rimossi i piccoli errori iniziali grazie alle inevitabili precisazioni di
questo o quel municipio, dovrebbe consentire
poi un maggiore controllo pubblico dei conti. E
di conseguenza non solo contenere le spese ma
arginare la corruzione che conta proprio, per
prosperare, sul caos totale dei bilanci.
Un sito web mette a confronto
i bilanci delle amministrazioni:
Pomezia sborsa per cancelleria
1,4 milioni; Micigliano 356 euro
pro capite in parcelle di avvocati
I dati
Cifre in euro
Totale
Pro capite
Spese per il trasporto pubblico locale (prime dieci città)
784.492.898,89 621
Milano
700.033.473,94 265
Roma
Palermo
Brescia
Bari
157
91.523.944,31
Genova
Venezia
230
220.825.353,16
Napoli
252
65.454.506,15
85
55.891.519,61
263
49.672.116,93
112
35.207.596,26
Catania
27.256.180,38
93
Padova
24.163.495,99
116
Spese per lo smaltimento dei rifiuti (prime dieci città)
521.459.529,51
Roma
305
292.631.662,81
Napoli
234
204.378.416,98
Torino
197
238
301.303.882,33
Milano
Genova
123.134.651,4
211
Palermo
122.551.471,61
187
318
82.644.205,66
La squadra e le falle del sistema
Venezia
E dunque evviva Riccardo Luna, il giornalista
esperto di startup innovative pubblicamente
ringraziato per questo lavoro anche da Matteo
Renzi. Evviva l’équipe di Giovanni Menduni del
Politecnico di Milano che basandosi sui dati del
Siope ha battezzato il sito soldipubblici.gov.it
segnalando con onestà le iniziali discrepanze.
Ed evviva Matteo Flora, della «Thefool» di Milano (Monitoraggio, Moderazione, Gestione e
Tutela Legale della Reputazione Online) che ha
fatto il passo successivo costruendo il portale
soldipubblici.mgpf.it per dare la possibilità a
tutti di vedere le classifiche generali e pro capite delle varie spese.
Certo, il sistema zoppica sulle varie voci dei
bilanci. Che differenza c’è tra gli «incarichi professionali esterni» e gli «incarichi professionali»? Peggio ancora, certe caselle sono così generiche, come scrivevamo, da lasciare spazio a
ogni interpretazione: «altre spese per servizi»,
«altri tributi», «altre infrastrutture» e così via.
Prova provata della necessità di cambiare le regole definendo una volta per tutte per ministeri, Regioni, Province (finché ci saranno) e Comuni le diciture che possono essere utilizzate.
Così da permettere di capire se sotto la dicitura
«altri contratti di servizio» c’è una serata di fuo-
Bologna
70.182.279,75
184
Bari
63.679.485,68
203
Padova
292
60.694.126,38
Spese per manifestazioni e convegni (prime dieci città)
Salerno
47
6.287.662,43
1
Roma
5.120.109,09
Milano
4.513.816,46
3
Venezia
3.596.225,16
13
Verona
3.118.703,94
12
San Remo
2.252.818,91
41
Trieste
1.641.599,02
8
Prato
1.634.112,53
8
Padova
1.621.423,0
7
Jesolo
1.542.072,39
62
Fonte: sportale “Soldipubblici-reloaded”
(soldipubblici.mgpf.it)
Molti dati vanno presi con le pinze, tra tante voci
generiche come «altri tributi», «altre spese per
servizi» e «altre infrastrutture». In «rimborsi
anticipazioni di cassa» sono stati versati ben
4 miliardi e mezzo di euro. Come sono stati
impiegati? Non lo sa nessuno, tranne i cassieri
454,4 €
Quanto paga all’anno
ognuno degli abitanti
di Moncenisio (Torino)
per le indennità
degli organi istituzionali.
È il comune con la cifra
pro capite più alta
d’Italia
Corriere della Sera
chi artificiali, un cenone clientelare o l’appalto
per le fognature.
I miliardi «scomparsi»
Torniamo ai 4 miliardi e mezzo dei «Rimborsi anticipazioni di cassa», metà di quanto i Comuni hanno speso nel 2014 per gli stipendi del
personale, nove miliardi. Come sono stati impiegati? Non lo sa nessuno, tranne i cassieri
municipali. Si tratta infatti di somme loro affidate per pagamenti in contanti dei quali non
esistono riscontri immediati. Ci saranno magari il mese successivo, quando si scoprirà se sono stati usati ad esempio per viaggi o formazione professionale. O si capirà, per intuizione, dal
rendiconto del bilancio. Ma la classificazione
Siope non dice nulla di più.
Una follia: la trasparenza esclude zone grigie.
Per non dire di altre sovrapposizioni e intrighi
che appaiono studiati apposta per non far capire nulla. Ci sono «trasferimenti correnti ad imprese di pubblici servizi» (253 milioni) e poi
«trasferimenti correnti ad aziende speciali»
(220 milioni), e poi «trasferimenti correnti ad
altri enti del settore pubblico» (1,3 miliardi!) e
«trasferimenti correnti ad altri» e «trasferimenti in conto capitale ad altri» e «trasferimenti correnti a imprese pubbliche»... Di cosa
parliamo? Di cosa?
Le categorie «gemelle»
E cosa distingue i soldi per «Beni di valore
culturale, storico, archeologico e artistico» e
quelli per le «opere artistiche»? E come vanno
distinti i denari spesi per «fabbricati civili a uso
abitativo, commerciale e istituzionale» (1,3 miliardi!) e le «locazioni» (389 milioni) e gli «altri
beni immobili» (un miliardo e 552 milioni!) e
la «manutenzione ordinaria e riparazione di
immobili» (752 milioni!) e le «altre spese di
manutenzione ordinaria e riparazioni» pari a
571,6 milioni? E che differenza c’è fra «beni di
rappresentanza» e i «servizi di rappresentanza»?
Non esiste nemmeno la certezza che in quelle voci i Comuni mettano tutti le stesse cose.
L’addetto che materialmente compila i mandati
ha sì l’obbligo di metterci un codice: ma lo sceglie lui. Lui! E il tesoriere che stacca l’assegno
non è tenuto a controllare che sia giusto, ma solo che un codice ci sia. E così sarà fino al prossimo 15 marzo, quando l’obbligo di fattura elettronica per le pubbliche amministrazioni almeno questo problema, Deo gratias, dovrebbe risolverlo.
Le spese dei più piccoli
Eppure, nonostante il guazzabuglio, qualcosa di come gli enti locali spendono i soldi si riesce finalmente a capire, grazie soprattutto al
numeretto che gli «hacker» hanno messo accanto a ogni cifra: il valore pro capite, appunto.
Quel numeretto dice, ad esempio, che certe dimensioni lillipuziane dei municipi non hanno
senso. Il Comune più piccolo d’Italia, Pedesina
in Provincia di Sondrio, paga per le indennità
del sindaco e dei consiglieri comunali 9.358 euro: tanto quando spende (9.679 euro) alla voce
«competenze per il personale a tempo indeterminato», forse un unico impiegato part-time.
Fanno 283 euro a testa. Ovvio, con 33 abitanti,
un sindaco e 11 consiglieri comunali... Moncenisio di consiglieri ne ha 11 per 34 abitanti, e
spende ancora di più: 15.449 euro. Sono 454 euro a persona, che fanno di quel paese torinese il
posto dove si stanziano più soldi pro capite per
mantenere i pubblici amministratori. E anche
per le consulenze: sempre che per «incarichi
professionali» si intendano quelle. La spesa pro
capite nell’ultimo anno è stata di 955 euro. Per
un totale di 32.495 euro.
Una cifra modesta, in assoluto. Neppure paragonabile con i 75,1 milioni (28 euro pro capite) di una città come Roma. Ma la dice lunga su
quanto l’accorpamento dei Comuni minuscoli,
pur nel rispetto delle tradizioni storiche e del
diritto di rappresentanza, sia indispensabile
per mettere sotto controllo la spesa.
Pro capite a confronto
I confronti, sul pro capite, possono essere
micidiali. Gli amministratori locali a Roma costano 7,8 milioni: due euro per abitante. Che
salgono a 3 a Milano, 5 a Napoli, 6 a Palermo, 11
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
CRONACHE
33
#
Le città che spendono di più
3.074
Milano
Dati in euro
2.867
Brescia
3.880.739.341,79
2.323
2.159
Trento
540.536.709,37
Pro capite
1.822
Trieste
Bolzano
249.451.907,12
Totale
241.422.779,52
366.629.922,07
2.992
3.442
Venezia
Alessandria
267.645.130,52
892.423.964,51
1.915
1.853
Torino
Padova
1.670.748.859,38
384.126.554,17
1.713
1.422
Genova
Verona
998.080.801,55
360.420.093,07
1.704
1.587
Bologna
Parma
648.669.792,8
282.077.394,15
1.580
1.221
Bari
Modena
382.469.603,46
283.515.010,01
2.125
1.807
Napoli
Prato
2.038.637.057,48
338.309.667,25
4.089
1.769
Cagliari
Salerno
264.671.724,38
539.551.469,47
10.086
1.910
1.792
Messina
Firenze
434.171.471,02
699.372.402,98
1.912
Perugia
3.472
1.747
L’Aquila
Roma
311.785.137,56
1.293
4.610.969.990,3
688.958.963,54
Catania
Palermo
847.127.849,02
1.009.464.206,89
Fonte: portale «Soldipubblici-reloaded» (soldipubblici.mgpf.it)
a Cosenza, 12 a Siracusa e Caserta, 13 euro a Bolzano, 14 a Messina, 15 a Chieti, 22 a Vibo Valentia, 24 ad Aosta... Per carità, è chiaro che più
piccola è una realtà e più lo stesso identico servizio costa. Ma una regolamentazione fissa sui
gettoni di presenza decisi a livello nazionale in
rapporto anche agli abitanti appare indispensabile: i 498 milioni stanziati nel 2014 per le indennità e i gettoni alle giunte e ai consiglieri comunali potrebbero essere spesi più equamente.
Prendiamo una delle voci più grosse? Lo
smaltimento dei rifiuti, che costa agli italiani
quasi 8 miliardi e mezzo l’anno. Il Comune di
Napoli nel 2014 ha sborsato 305 euro per ogni
cittadino, Venezia 318: ovvio, in una città dove i
turisti sono quotidianamente il triplo degli abitanti la raccolta differenziata è complicatissima. Ma si possono spendere 684 euro pro capite a Porto Cesareo, 760 a Capri, 802 a Caorle?
Fermo restando, si capisce, che non sempre
un’alta spesa pro capite denuncia una mancanza di efficienza. Prendiamo il trasporto pubblico locale: il Comune dove il costo è più elevato è
Milano: 621 euro per abitante, contro i 265 di
Roma, i 230 di Napoli, i 263 di Brescia e addirittura gli 85 di Palermo. La qualità del servizio di
trasporto nel capoluogo lombardo non è minimamente paragonabile, però, non solo con
quella dei capoluoghi siciliano o campano, ma
neppure quella di Roma. Dove l’incasso dei biglietti è la metà rispetto a Milano e una società
come l’Atac, fosse privata, sarebbe già fallita.
E i servizi scolastici? A Milano si spendono 33
euro per abitante. Niente, in confronto ai 118 di
Basiglio, il Comune più ricco d’Italia, o ai 108 di
Maranello, il paese della Ferrari. In confronto ai
21 di Potenza, però, si tratta di un’enormità. Ma
anche in rapporto ai 17 di Firenze, agli 11 di Li-
Corriere della Sera
Il paese più piccolo d’Italia, Pedesina,
in provincia di Sondrio, conta 12 consiglieri
su 33 abitanti: soltanto per le indennità
degli eletti se ne vanno 9.358 euro
vorno, agli 8 di Catania e Latina, ai 7 di Cagliari,
ai 6 di Catanzaro... Onestamente: siamo sicuri
che i servizi milanesi, in questo settore, valgano
tre volte quelli livornesi?
È qui che servono, i confronti. Com’è possibile che Milano nel 2014 per la voce «servizi ausiliari e pulizie» abbia speso 23 euro per abitante
e Roma solo 7? Risponderete: la differenza si vede. Ma come la mettiamo con Potenza, che ne
ha spesi 103? E Salerno: 120? E Muggia, che di
euro ne ha investiti 138, può davvero dimostrare
che valeva la pena di stanziare il triplo pro capite di Trieste (44 euro) con la quale confina? È
così abissale, la differenza, o c’è qualcosa che
non torna?
752
Milioni di euro
Sono stati spesi dai Comuni in un
anno alla voce «manutenzione
ordinaria e riparazioni di immobili»
«Varie e generiche»
Della serie «varie e generiche»: a cosa si riferisce la voce «altri materiali di consumo» che
assorbe in totale 518 milioni e vede in testa per
numeri assoluti Ragusa e nel pro capite il borgo
sudtirolese di Tires? Pennarelli, fotocopiatrici o
sci? E come mai alla voce «Mezzi di trasporto»
Roma risulta avere speso nell’ultimo anno 77,1
milioni contro 4,2 di Milano? Spese improvvise
e non previste?
Una cosa è certa. Una volta messa a punto la
banca dati online con le precisazioni e le contestazioni di questo e quel Comune, nulla sarà più
come prima. Già oggi i cittadini di Pomezia, per
dire, hanno il diritto di chiedere: come mai per
«carta, cancelleria e stampati» la città spende
1,4 milioni e cioè più di Milano (988 mila), Catania (971 mila) o Roma (769 mila)? E perché, si
interrogheranno a Roio del Sangro, il loro Comune per «pubblicazioni, giornali e riviste»
sborsa 53 euro pro capite contro i 2 di Trento? E
come mai Cittareale ha speso 186 euro pro capite di «derrate alimentari»?
Tempi duri, per gli amministratori spendaccioni. Purché non ci si accontenti di questo primo assaggio di trasparenza e si metta mano infine al modo insensato di fare i bilanci. E purché, dopo quelli comunali, vengano messi online, con la stessa chiarezza, i bilanci delle
Regioni e dei ministeri. Che al momento, però,
sembrano un po’ sordi...
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I bilanci
● Più in
profondità
nella lettura dei
bilanci dei
Comuni italiani
si scopre, per
esempio, che
quello di
Milano è — nel
Paese — la
realtà che
spende di più
per l’acquisto
dei quotidiani. Il
capoluogo
lombardo
spende 1,23
milioni di euro
(questo stando
all’ultimo
rilevamento).
Al secondo
posto c’è il
Comune di
Reggio Emilia
che sborsa 603
mila euro.
Quindi Trieste
(460 mila
euro), Campi
Bisenzio (367
mila euro) e
Bolzano (330
mila euro).
Roma spende
poco più di 47
mila euro
● Milano
risulta anche
al primo posto
per quanto
riguarda
l’indennità
degli organi
istituzionali
con una cifra
che supera gli
88 milioni di
euro. Segue
Roma, che
spende meno
di un quarto
rispetto al
capoluogo
lombardo (20
milioni di euro).
Al terzo
gradino c’è
Napoli (15,1
milioni di euro),
seguita da
Torino (13,47
milioni), quindi
Trento (12,5
milioni)
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
CRONACHE
ILLUSTRAZIONE DI GUIDO ROSA
34
Il progetto
ROMA Tutela dell’acqua, dei ma-
Fusti radioattivi
stoccati da anni
«Intervenga
il premier»
Le parole
ri, della flora e della fauna. Alimentazione sostenibile. Gestione dei rifiuti. Servizi ecosistemici. E poi, per i più grandi:
green economy, green jobs e
green talent, città sostenibile,
inquinamento, consumo del
suolo e rifiuti, adattamento ai
cambiamenti climatici, incluso
il dissesto idrogeologico. Tutto
ciò si chiamerà «educazione
ambientale» ed entrerà a scuola, dalla materna fino alla maturità. Fin dal prossimo settembre. Obbligatoria.
L’hanno studiata insieme il
ministero dell’Ambiente e
quello dell’Istruzione che han-
● I «nativi
ambientali»,
secondo le
intenzioni del
ministro
dell’Ambiente
Gian Luca
Galletti, sono
quei bambini
che imparano
prima a fare
la raccolta
differenziata
che a scrivere
o a usare
il computer
Il ministro
Giannini: «Un percorso
didattico per preparare
i ragazzi a comportarsi
in modo virtuoso»
no preparato un librone di duecento pagine con linee guida,
spunti e materiali didattici per i
docenti che dovranno trasmettere agli studenti una vera e
propria «cultura ambientale»
perché diventino, a dirla con il
ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, dei «Nativi ambientali», dal nome del progetto dei due ministeri.
Non sarà proprio una materia a sé stante, ma si integrerà
con tutte le altre, nell’orario
esistente, che siano scienze,
geografia, storia e perfino inglese, perché, dice Galletti,
«oggi la cultura ambientale ha
la stessa importanza delle altre
materie, qui si parla della sopravvivenza del nostro pianeta:
in Italia lavoriamo sempre in
emergenza, invece se ognuno
avesse rispetto per il proprio
giardino non ci sarebbe bisogno di insegnarlo a scuola, non
ci sono alternative».
E allora, aggiunge la ministra dell’Istruzione Stefania
Giannini, «bisogna costruire
un percorso didattico per preparare i ragazzi ad un comportamento virtuoso, nella scuola
deve entrare una cultura rivolta
a questi temi: l’ambiente come
il cibo, sono due argomenti per
i quali abbiamo stabilito un
programma per le scuole in vista dell’Expo 2015». Il progetto
verrà firmato dai due ministri
in febbraio a Casal di Principe
dove le scuole locali con l’uni-
In un Comune del Tarantino
Clima, rifiuti e biodiversità:
in classe si studia l’ambiente
Nel 2016 tematiche verdi obbligatorie dalle materne alla maturità
2,6
Milioni
Gli studenti
della scuola
primaria sono
2.596.200
7,8
Milioni
Sono tutti gli
studenti della
scuola statale
nel 2014-2015
versità di Napoli hanno realizzato un centro di cultura ambientale.
Ma in realtà in quasi tutte le
classi, dall’asilo in su, l’ambiente è già molto presente: che si
insegni ai più piccoli la raccolta
differenziata o si parli agli istituti tecnici di energia rinnovabile, i «nativi ambientali» sono
già molto informati. Il punto,
spiega la Giannini, «è che questa impostazione non sia più
una cosa occasionale, lasciata
alla bravura dei singoli docenti, ma che diventi parte dell’insegnamento in classe, perciò
non ha un orario fisso, ma
rientra in quel discorso di insegnamento multidisciplinare
verso cui sta andando la scuola
italiana». E Galletti: «È un progetto a cui credo molto, mi
aspetto una grande collaborazione dal mondo della scuola:
mia figlia di 9 anni deve saper
fare la differenziata meglio di
come usa l’iPad».
Il saluto su Instagram
Molti docenti però bocciano
la novità: «Chiamano in maniera diversa cose che ci sono
sempre state», interviene Giovanna Mezzatesta, preside della storica elementare Rinnovata Pizzigoni di Milano, dove da
oltre cento anni i bambini si
occupano di orti e animali della fattoria: «Noi non facciamo
educazione ambientale? Tutela
dell’acqua, gestione dei rifiuti,
dissesto idrogeologico: non solo noi, da tempo ormai in tutte
le scuole si affrontano questi
temi, ma questi signori li leggono i curricula? Mi sembrano
solo dei proclami». È più positivo Domenico Pantaleo, segre-
Il sindacalista Cgil
Pantaleo: «Una grande
innovazione, però sono
necessari investimenti
e più docenti»
tario della Cgil Scuola: «Mi
sembra una grande innovazione, una buona idea che guarda
anche al futuro in cui sempre
più la tutela dell’ambiente sarà
uno sbocco per l’occupazione».
Però, «bisogna vedere come
verrà realizzata: servono molti
investimenti perché il numero
dei docenti va rinforzato e loro
vanno formati».
Esulta invece Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente territorio e lavori pubblici della Camera e
presidente onorario di Legambiente: «È una scelta molto positiva, che deve rappresentare
l’introduzione di forme nuove
di apprendimento per educare
alla convivenza civile e al futuro». E Simona Malpezzi, Pd: «I
programmi vanno però ripensati per garantire un approccio
continuativo».
Claudia Voltattorni
[email protected]
● L’espressione «nativi
ambientali» è
«parente» dei
«nativi digitali»,
che indica
le persone
cresciute
in mezzo
alle nuove
tecnologie
digitali:
computer,
Internet,
telefoni
cellulari,
iPad e MP3
● Il primo
a parlare di
«nativi digitali»
fu lo scrittore
statunitense
Marc Prensky
nel suo Digital
Natives,
Digital
Immigrants
pubblicato nel
2001, dove
indicava il
nuovo gruppo
di studenti
che accede
al sistema
dell’educazione
avendo già
una estrema
familiarità
con le nuove
tecnologie
Doveva essere un deposito
«temporaneo» di rifiuti
radioattivi, in gran parte
provenienti da attrezzature
sanitarie. Invece l’area attende
da anni una bonifica, con
dentro ancora 16.724 fusti,
dei quali 3.344 con materiali
ancora radioattivi, mentre gli
altri sono decaduti. È il sito
Cemerad, nel comune di
Statte, in provincia di Taranto.
Il ministro dell’Ambiente Gian
Luca Galletti ha risposto a
un’interrogazione
parlamentare alla Camera e ha
spiegato che «il ministero
segue con attenzione» la
situazione. Nel frattempo il
presidente della commissione
Ecomafie, Alessandro Bratti,
ha denunciato «l’urgenza»
della questione chiamando in
causa anche il premier Matteo
Renzi. «Questa è una
situazione da risolvere non in
breve ma in brevissimo tempo,
per non dire dopo “l’avevamo
detto”», ha affermato,
ricordando che il deposito si
trova a soli 15 km dall’Ilva. Tre
anni fa era intervenuto anche
l’Istituto superiore per la
protezione e la ricerca
ambientale (Ispra) che aveva
fatto un sopralluogo. La
società che gestiva il deposito,
la Cemerad srl, che operava
nella raccolta di rifiuti
radioattivi da applicazioni
medico-industriali, è fallita nel
2005. Da oltre dieci anni il sito
è sotto sequestro preventivo
con affidamento in custodia
giudiziaria all’assessore
all’Ecologia del comune di
Statte. Secondo il ministro
Galletti, il comando
provinciale dei Vigili del fuoco
sta ancora predisponendo «il
Piano di emergenza» da
attuare in caso di incidenti al
deposito. E il comune di Statte
ha calcolato in 5.125.000 di
euro i costi per «l’ipotesi di
caratterizzazione (cioè di
verifica dei materiali contenuti
e delle loro condizioni) dei
fusti in loco e successivo
smaltimento dei rifiuti speciali
non radioattivi» e di
«9.024.600 di euro» per
«l’allontanamento di tutti i
fusti per la successiva
caratterizzazione e avvio allo
smaltimento». Un’ipotesi,
quest’ultima, spiega il
ministro, che «risulterebbe
attuabile solo mediante
ricorso a procedure di
urgenza».
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● Il caso
Quegli attacchi informatici di cui nessuno parla
di Daniele Manca
O
Sposini sta meglio, l’abbraccio di Mara
«Il mio amore». Tre parole e un abbraccio affettuoso per il
debutto su Instagram di Mara Venier. Il destinatario è
Lamberto Sposini, giornalista colpito da ictus nel 2011 quando
era in studio con la conduttrice a La vita in diretta. Sposini
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appare sorridente e in buona salute.
ltre 10 mila cyber attacchi alla pubblica amministrazione italiana. È il
risultato di un’indagine basata su
300 questionari inviati ad altrettante amministrazioni italiane e che costituisce il
cuore del primo rapporto sulla sicurezza
informatica preparato dal Centro di ricerca di Cyber Intelligence and information
Security (Cis) presso l’Università di Roma
La Sapienza.
Numeri che fanno pensare quanto si
stia sottovalutando il tema. Troppo spesso si ritiene che gli attacchi informatici
abbiano come principale obiettivo quello
di ottenere dati. E di questo normalmente
si tratta, si va da violazioni alla privacy allo
spionaggio industriale. Ma la pervasività
informatica è ormai tale che dai sistemi
computerizzati dipende gran parte della
nostra vita privata e collettiva.
Mettere fuori uso i server che permettono a centrali elettriche di funzionare o,
come viene riportato ad esempio nel rapporto, interrompere le contrattazioni di
Borsa per una settimana, ha effetti economici ma anche fisici che vengono spesso
sottovalutati. La ricerca condotta dal Cis
diretto da Roberto Baldoni che ha rivelato
le cifre sul numero di attacchi, si basa su
questionari inviati a 42 amministrazioni
centrali, 117 Comuni, 19 Regioni, il 25%
delle Asl, il 4,5% degli ospedali.
La formula del questionario non aiuta
compiutamente a comprendere il livello
di pericolosità e profondità del fenomeno. Sia l’Agenzia digitale sia il governo
che quel rapporto hanno voluto potreb-
bero però avviare indagini sul campo e
approfondite, condotte da esperti del settore per identificare eventuali falle informatiche che possono essere dannose per
i cittadini e il Paese. Il numero degli attacchi può spingere a un ingiustificato allarmismo. Anche se le «intrusioni» nelle
centrali nucleari sudcoreane dello scorso
dicembre, come pure quelle avvenute in
Germania, mostrano che i rischi non sono solo potenziali. Così come notato nell’introduzione alla Ricerca, nel giro di 10
anni si è passati da attacchi condotti da
singoli ad autentiche organizzazioni attive nel crimine informatico. Il rapporto
contiene proposte per iniziare a ridurre i
rischi. Ma ancora più utile sarebbe avere
una mappa reale delle nostre debolezze.
daniele_manca
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
CRONACHE
35
Samantha, la paura e il tweet: stiamo bene
Sensore in tilt, allarme a bordo della stazione spaziale. Astronauti chiusi per ore in un’area sicura
La vicenda
● L’astronauta
Samantha
Cristoforetti,
37 anni,
è la prima
donna
italiana
in missione
per l’Agenzia
spaziale
europea
e anche la
prima donna
italiana
nello spazio
● Cristoforetti
è in missione
sulla Stazione
spaziale
internazionale
(Iss), dove
svolge diverse
ricerche
scientifiche
● L’Iss è un
progetto
di cinque
agenzie
spaziali:
la Nasa (Usa),
la Rka (Russia),
l’Esa (Unione
europea),
la Jaxa
(Giappone) e la
Csa (Canada)
● È abitata dal
2 novembre
del 2000
e dovrebbe
orbitare
sino al 2020
L’allarme è suonato all’improvviso. E sulla stazione spaziale internazionale (Iss) si è
diffusa la paura. Anche Samantha Cristoforetti ha dovuto indossare assieme ai suoi compagni di viaggio la maschera
antigas per proteggersi da
eventuali esalazioni pericolose.
E tutti e sei gli astronauti sono
stati obbligati a rinchiudersi
nel modulo russo Zvezda sigillando in fretta il portellone per
separarsi dal resto della casa
cosmica. «Stiamo tutti bene,
qui siamo al sicuro», ha scritto
su Twitter Cristoforetti. Ma la
concitazione è grande e ogni
attività viene sospesa in attesa
di ordini da Houston. «Sono
tutti al sicuro» i primi messaggi dal centro di controllo, anche se l’emergenza è continuata, a caccia delle cause di un potenziale incidente che avrebbe
potuto avere drammatiche
conseguenze.
Nella mattinata i segnali di
telemetria dalla base orbitale
rivelava segni di perdita di ammoniaca. Un sensore mostra
l’aumento in un accumulatore
mentre la pressione atmosferica nell’ambiente aumenta.
«Due indizi che prima di tutto
ci imponevano di proteggere
l’equipaggio», riferisce Mike
Suffredini program manager di
Iss alla Nasa. Tutto normale invece nel modulo russo Zvezda,
il luogo adatto per rifugiarsi
anche pensando al peggio e alla necessità di ritornare a Terra.
Al modulo infatti sono agganciate le due navicelle Soyuz capaci di riportare a casa sani e
salvi i sei astronauti.
«Analizzando i dati è nato il
sospetto che il problema fosse
tuttavia un segnale sbagliato
dei computer», spiega Bernardo Patti program manager di
Iss all’agenzia spaziale europea
(Esa). Falso allarme, dunque,
tutto da dimostrare però, con
gli ingegneri che cercano le
cause e studiano eventuali rimedi. «Un evento tossico poteva essere un rischio serio paragonabile a un incendio a bordo
e per questo ci sono diversi sistemi di protezione al fine di
La scelta di Domenico Barili
L’ex manager di Parmalat
lavora alla mensa dei poveri
Domenico
Barili, 81 anni,
ex capo del
marketing
Parmalat,
sconta
ai domiciliari
7 anni e 8 mesi
Negli anni d’oro di Calisto
Tanzi, era l’uomo delle
sponsorizzazioni sportive a
nove zeri che fecero conoscere
il marchio Parmalat nel
mondo. Ora, condannato in via
definitiva a 7 anni e 8 mesi per
il crac da 14 miliardi di euro
dell’ex multinazionale del latte
nel 2003, Domenico Barili, 81
anni, da mesi ai domiciliari,
sconterà parte della pena
facendo volontariato alla
mensa dei poveri di padre Lino
a Parma. Il compito dell’ex
manager, per due mattine alla
settimana, sarà quello di
selezionare e gestire il cibo e le
bevande in arrivo dall’esterno.
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L’iniziativa UniCredit
Il «dono» per chi fa non profit
La «competizione solidale», realizzata da
Unicredit, finirà il 19 gennaio e sono 60 mila i
voti giunti a oltre 900 non-profit (sulle oltre
1.050 presenti) sul sito ilMioDono.it, la piazza
virtuale creata per rendere possibile l’incontro
tra associazioni e donatori. Ai concorrenti
occorrono almeno 100 voti per accedere alla
ripartizione della donazione di UniCredit che
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ammonta a 200 mila euro.
La ricostruzione
Ieri alle 9.44 del mattino, all’interno
della Stazione spaziale internazionale,
è scattato l’allarme. Il modulo Destiny
dove si trovavano alcuni astronauti
è stato isolato e all’equipaggio
è stato ordinato di trasferirsi
nel modulo russo Zvezda
Dove si sono
rifugiati. Modulo
russo Zvezda
Pannelli solari
Dove erano.
Modulo Usa
Destiny
L’interno del modulo
Pannelli solari
2
Bagno
1
7
8
3
4
5
6
1 Cabine con sacchi a pelo per il riposo
dei cosmonauti
2 Bicicletta e attrezzi ginnici: gli astronauti
si allenano per un’ora al giorno
3 Impianto di controllo per l’acqua
4 Cucina di bordo con refrigeratore
5 Tavolo per mangiare e lavorare
6 14 oblò per osservare la Terra
7 Sbarre alle pareti su pavimento e soffitto
utilizzate per muoversi in sicurezza
8 Etichette con i comandi bilingue:
inglese e russo
Corriere della Sera
scongiurarlo» aggiunge Patti.
All’interno della stazione circolano dei tubicini con dell’acqua la quale preleva il calore
generato dai numerosi apparecchi elettronici. Questi tubicini entrano in un sistema collocato all’esterno del modulo
americano Destiny trasferendo
il loro calore a dei condotti con
ammoniaca molto efficace per
disperderlo attraverso dei radiatori. I segnali raccolti indicavano la possibilità che, per
qualche rottura, dell’ammoniaca fosse penetrata nel circuito
dell’acqua con la possibilità
che, essendo un gas, si diffon-
Nel modulo Cristoforetti indossa la maschera protettiva
desse nell’aria diventando un
grave pericolo per la respirazione degli astronauti. Più grave invece l’ipotesi di una contaminazione interna: per questo
l’equipaggio è stato isolato.
Per fortuna i test hanno fatto
emergere il sospetto che all’origine di tutto ci fosse il software
di un computer incaricato di
gestire le due reti di raffreddamento, interna ed esterna. Ma
bisognava essere certi. Per questo gli astronauti sono rimasti
chiusi al sicuro. «Nella notte
speriamo di riavviare i sistemi
e solo allora torneremo alla
normalità», precisa con cautela
Grazie
Presidente Napolitano
da parte di tutte le vittime del lavoro per
quello che ha fatto in questi anni per tutti
noi, affinché non mancasse l’attenzione generale e il rispetto per la salute e la vita di
tutti i lavoratori.
Grazie per la Sua vicinanza e la Sua sensibilità verso i drammi di quanti si sono
infortunati sul lavoro o che hanno contratto una malattia professionale e di cui
in pochi si sono accorti.
Ma ancor più sentitamente Le siamo
grati per le parole di conforto e di solidarietà piena che ha sentito di condividere
con tutti gli italiani, quando sono accaduti fatti di cronaca indegni per il nostro
paese, con morti innocenti e ingiuste causate dall’attività lavorativa.
Franco Bettoni
Presidente Nazionale
A SSOCIAZIONE N AZIONALE FRA L AVORATORI
M UTILATI E I NVALIDI DEL L AVORO
Mike Suffredini. Assieme a Cristoforetti sulla Iss ci sono due
astronauti americani tra cui il
comandante Butch Wilmore e
tre cosmonauti russi inclusa
Yelena Serova che segna il ritorno delle cosmonaute nello
spazio dopo quasi vent’anni.
Un «evento tossico» sulla
stazione è uno dei peggiori incidenti che possono capitare
assieme al fuoco e alla possibilità di uno scontro con qualche
detrito vagante. Ma questa volta, per fortuna, a serpeggiare
nell’aria è stata solo la paura.
Giovanni Caprara
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● Il caso
Le giunte calabresi sciolte
(per mancanza di donne)
di Giusi Fasano
S
embra una questione di numeri e invece
si tratta di sostanza. Dice la legge Delrio:
nei Comuni con più di 3.000 residenti
non si può nominare una giunta che non
contenga almeno il 40% di presenze
femminili. Rappresentanza da garantire
anche nei Comuni più piccoli ma senza un
obbligo percentuale preciso. Peccato che
spesso, un po’ ovunque, i sindaci facciano
finta di niente e tirino dritti verso giunte
squilibrate, diciamo così, se non
completamente maschili. «La formuletta per
spiegare di aver violato la legge di solito è: le
ho cercate ma non le ho trovate» sintetizza
Stella Ciarletta, consigliera regionale di
parità in Calabria. Che aggiunge: «Stavolta
gli è andata male». È «andata male» ai
Comuni di Rombiolo, nel Vibonese, e a
Montalto Uffugo, Torano Castello e
Vaccarizzo Albanese, nel Cosentino. Perché il
Tar Calabria, con le sue prime sentenze del
2015, ha deciso di azzerare le quattro giunte
per la mancata osservanza delle norme sulle
pari opportunità. Non c’è stata nessuna
adeguata istruttoria per dimostrare che non
è stato possibile trovare donne alle quali
affidare gli assessorati, dicono in sostanza i
giudici. Dove per «adeguata istruttoria» si
intende non il semplice rifiuto di questa o
quella cittadina alla quale era stato proposto
l’incarico. Istruttoria: cioè ricerca seria e
approfondita, anche fuori dalla lista degli
eletti e, se proprio è necessario, perfino fuori
dai confini comunali, sempre nel rispetto
degli orientamenti politici. Soltanto dopo
tutti questi tentativi andati a vuoto si può
rinunciare alla presenza femminile. Le
sentenze del Tar calabrese sono una buona
notizia. Ma come sempre ce n’è anche una
cattiva. Su 149 Comuni che hanno votato per
le amministrative ce ne sono più o meno la
metà, quasi tutti sotto i 3.000 abitanti, che
hanno giunte di soli uomini. «La verità?»
chiede la consigliera Ciarletta. «Non
avevamo soldi per portare tutti al Tar».
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
36
Moda Il Pitti di Firenze
Accessori La calzatura sportiva piglia tutto e i marchi più classici e «alti» del made in Italy si adeguano:
la suola diventa in gomma anche nei modelli artigianali, torna il polacchino anni Sessanta
Scarpe, una su due è sneaker
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
Il divo
FIRENZE Nulla è più come prima
Geox
In cuoio, con le suole totalmente
impermeabili e traspiranti
Moreschi
La stringata in tartan con suola in
gomma
Lotto
Anima e fascino vintage per la
nuova versione «Leggenda»
a.testoni
La runner in nappa con la stampa
optical
Converse
Uno dei modelli della nuova
collezione: trapuntato
Cesare Paciotti
Le sneaker 4US in pelle bianca e
tessuto
nella moda dove ormai sono i
giovani a lanciare le tendenze.
«Un buyer di Selfridges mi ha
detto che oggi le sneaker valgono il 50 per cento del mercato
delle scarpe da uomo. È incredibile come le cose siano cambiate», racconta Patric Cox, raffinato designer (già negli Anni
80 creava scarpe per Vivienne
Westwood) arrivato al Pitti di a
Firenze — il salone della moda
maschile con le linee per il
prossimo autunno/inverno —
per presentare la collezione
creata per Geox. «Le sneaker
sono diventate come piccole
opere d’arte — spiega —, non
c’è grande griffe che non le
proponga, da Saint Laurent a
Prada e Gucci». Cox mostra le
sue: il mocassino in vitello
marron trattato con tintura naturale con la suola a cassetta tono su tono; in pelle grigia o
bianca con la suola in tono cucita a mano. Hanno la suola a
cassetta scura anche mocassini
e stringate di Harrys, marchio
made in England prodotto in
Italia con Daniele Pacini, che
dipinge le scarpe a mano. Gli
stivaletti Beatles di Moreschi
sono un mix di lavorazione e
materiali: pelle unita a tweed o
tartan e la suola carrarmato in
gomma 2,2 cm «per camminare soft». Da a.testoni, Bruno
Fantechi mostra le scarpe in
pelle piena di cuciture e la suola in gomma con tramezza in
cuoio: «Sono la sintesi perfetta
dell’artigianalità italiana applicata al mondo informale» .
La Swinging London domina
in un ritorno massiccio del polacchino (con suola in gomma)
che dal napoletano Castori ha
anche le sembianze di un mocassino in suede rialzato con
una ghetta. «Il problema della
moda è far divertire l’uomo
nell’acquisto», ammette il designer-imprenditore Massimo
Rebecchi mostrando giacche
(anche da smoking) dall’estetica rustica e invece in jersey
(stretch).
Ovviamente ci sono anche i
brand classici delle running
che rilanciano, riempiendo le
scarpe di tattoo. O.X.S. fa tatuare lo stivaletto da lavoro ecologico dal guinness record Alle
Tattoo. Da Adidas è piena di
cuori la tomaia in pelle stampata cocco e suola in gomma
Elvis Presley
«il re del rock
and roll» o
semplicemente
«il re», ma
anche «Elvis il
bacino», oltre
che uno dei più
famosi cantanti
e chitarristi di
tutti i tempi è
stato icona di
stile negli anni
Sessanta.
Nella foto (dal
libro «Vestire
da star. Le icone
dello stile
maschile» di
Josh Sims,
Mondadori)
canta e balla
scatenato
indossando un
paio di Jack
Purcell,
modello della
Converse
Sartorio
Lo scarponcino ha metà tomaia
nello stesso tessuto del pantalone
La Martina
Il «cortos», stivaletto con la zip
dalla tradizione argentina
Il marchio
A rendere
iconico le
Converse All
Star fu il
campione di
basket Charles
«Chuck»
Taylor.
Diventato
venditore
dell’azienda di
Mills Converse,
Taylor negli
anni Trenta
diede il nome
alle scarpe da
basket,
adottate per
gli allenamenti
dall’esercito
Usa durante
la II guerra, e
poi dalla
National
Basketball
League
naturale. In seta stampata a
palle di bigliardo la luxury tennis di Cesare Paciotti 4US arricchita da dettagli in vernice e
metallo. Fluorescente quella di
Alberto Premi, vincitore di
«Who is on Next?» in ascesa.
«Qui si trovano i migliori
prodotti del made in Italy a
prezzi accessibili», sintetizza il
Il debutto di Furla Uomo
presidente di Pitti Gaetano
Marzotto nello stand di Sartorio (gruppo Kiton), dove lo
scarponcino come quello indossato dai cacciatori di inizio
secolo ha metà tomaia in misto
cashmere check come il pantalone. Ha la tomaia in casentino
bianco come il pannello del
chiodo in pelle nera anche la
stringata grossa di Gabriele Pasini e sono un patchwork di lane check e pelle i mocassini di
Alberto Guardiani.
La moda lusinga gli uomini.
Orciani lancia la cintura senza
fibbia: così non ti sentirai più
in colpa se ingrassi un chilo.
Maria Teresa Veneziani
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Pinko
La sneaker gioiello «Shine baby
shine»
Clarks
Anfibio stringato in camoscio con
suola in para
O.X.S.
Giovanissima la collezione
di stringate «Tattoo»
Diadora
Uno dei nuovi modello
della collezione Heritage
La collezione di Peuterey
Come la vuoi? La borsa che si assembla in negozio È il parka il miglior sostituto del cappotto
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE Decolla dalla Leopolda
di Firenze il nuovo corso di
Furla. «È un anno decisivo —
racconta l’ad Eraldo Poletto
(+45% di fatturato negli ultimi
3 anni) — con il lancio della
collezione uomo, un prodotto
di fascia “alta” che, nel made
in Italy, soprattutto per il
cliente straniero, è andato a
colmare un vuoto importante.
A febbraio presenteremo la
prima linea di calzature
mentre a giugno trasferiremo
il nostro quartier generale in
un palazzo ottocentesco di
cinque piani (ex Palazzo
Ricordi) accanto alla Galleria
Vittorio Emanuele a Milano
oltre all’ampliamento e il
restyling del nostro flagship in
piazza Duomo». Entro qualche
mese anche una boutique sulla
Fifth avenue a New York e
nuove aperture a Madrid e
Vienna. L’uomo Furla è un
ragazzo a cui piace giocare con
i colori, le forme e il design. A
lui è dedicata una linea di
zaini, borse da viaggio,
modelli cross-body, cui si
aggiungono custodie per
smartphone, agende, porta
computer, portafogli. A
interpretare la collezione, una
Modular bag (foto) che può
essere assemblata in negozio e
personalizzata con elementi di
diversi colori e materiali, dalle
pelli gommate al più classico
motivo tartan.
Flavia Fiorentino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE Su uno sfondo di luci riflesse
con un grande minerale al centro dalle
molteplici sfaccettature, Peuterey ha
mandato in scena il suo nuovo total
look che supera l’iconico capo spalla
elegante e sportivo per offrire maglie,
pantaloni, giacche con cui vestire in
un contesto metropolitano, ma anche
durante un viaggio nella natura. «Ci
ispiriamo a un grande fotoreporter
come Bill Cunningham del New York
Times dinamico e versatile —
racconta il direttore creativo del brand
Riccardo Coppola — e per
accompagnarlo in ogni momento
siamo partiti dallo sportwear per
arrivare a un parka strutturato in
sostituzione del cappotto. Senza
tradire la tradizione di capi pensati per
affrontare il freddo, abbiamo creato
una nuova linea fashion: panni di lana
doppiati e nastrati, come il gessato,
definiscono il concetto di un’eleganza
tecnologica. Ma i dettagli sono la vera
sorpresa: dall’interno staccabile al
cappuccio di montone ecologico, alle
zip waterproof e le tasche nascoste o a
contrasto con il nylon». Capi iconici:
una cappa, sia in lana che in tessuto
tecnico, e un gilet multitasca, tipico
dei fotografi. Peuterey Artic, invece, è
una carrellata di imbottiti dalle
straordinarie capacità termiche, per
gli sport invernali.
F. Fio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
MODA
37
North Sails
Il super manager
e la svolta fashion
del marchio
che sa di mare
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE Dopo la recente
acquisizione da parte del
fondo americano Oakley
Capital, la passione della vela
ha portato Robert Polet, ex ceo
di Gucci, ad imbarcarsi (anche
come socio) nella nuova
avventura di North Sails, in
piena transizione da leader
mondiale nella produzione di
vele a marchio globale con
collezioni moda (una anche
dedicata alla donna). Polet
affiancherà Eric Bijlsma, anche
lui velista, e da poco uno dei
maggiori azionisti e ceo di
North Sails Apparel: «Con
Robert siamo amici e amiamo
il mare — ha spiegato Bijlsma
— lui è il vero architetto del
marchio. Le linee di
abbigliamento non saranno
solo funzionali e innovative,
ma anche di grande impatto
estetico». Due le collezioni:
North Sails Blue, linea casual
che incarna l’essenza del
brand, e North Sails Black,
linea di alta gamma che sarà
disponibile in tutto il mondo
per il prossimo autunno/
inverno. Un team di velisti e
fashion designer hanno
lavorato insieme, all’insegna di
uno stile essenziale ma non
minimalista: tessuti compatti,
nastrature,
impermeabilizzazioni
prendono forma in volumi
ampi e di tendenza. Il progetto
«retro tech» è riuscito invece a
rendere attuale ogni capo della
tradizione alternando panno
e feltro ai nylon di nuova
generazione. Ocean Blue,
infine, rappresenta la linea
giovane e ribelle del brand:
lineamenti heritage, ispirati
a una San Francisco Anni 80
con tratti militari e un
imprescindibile sapore sailor.
F. Fio.
Chi è
● Andrea
Incontri, classe
1971,
mantovano, si
è laureato in
Architettura al
Politecnico di
Milano. Il 2009
segna il vero
debutto nel
prêt-à-porter
Eco piuma, poncho, borsone
«La normalità non banale»
del marchio
che porta il suo
nome
● La svolta con
il concorso
«Who is on
next?» 2010,
che vince: la
sua carriera
decolla.
Quest’anno è
«special guest»
del Pitti
La sfilata di Andrea Incontri, da promessa a «special guest»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE Potrebbero essere atterrati dall’Asia o da un altro
pianeta i ragazzi di Andrea Incontri che hanno sfilato sotto le
volte affrescate di Palazzo Corsini. Camminano spediti sulla
musica elettro pop, indossano
giubbotti in tessuto loden (imbottito in eco piuma) con le
maniche in neoprene, come il
pantalone che però ha un taglio classico. Ai piedi il killer
mocassino, in pelle spazzolata
bordeaux a punta, con le borchie.
Lo stilista nato a Mantova nel
1971 ma milanese d’adozione
— laurea in Architettura al Politecnico — fu lanciato proprio
da Pitti nel 2010 e ora torna in
veste di special guest. «Internazionale, informale, iperfunzionale sono le tre parole che de-
scrivono la collezione easy to
wear 2016», spiega il designer.
Una moda che interpreta lo
stile new normal, la riscoperta
della normalità, mai banale,
però. Mentre in una sala sfilano 25 modelli e 4 modelle, in
quella accanto altri 10 ragazzi
in piedi sopra a un cubo argentato indossano tutti lunghi
poncho con cappuccio in tessuto tecnico o in tessuto loden
— dal nero al verde al beige e
sabbia — e ghette antivento.
Sulle spalle o in mano portano
grosse borse, tutte nere, dalle
linee pulite. «Tutto ruota attorno agli accessori», dice Incontri che ha creato 18 varianti di
borse e 7 tipologie di zaini. «Le
seconde borse sono diventate
importanti come le prime.
Queste sono pensate sia per
uomini sia per donne perché
oggi le funzioni sono equipara-
te. La pelle di bufalo martellata
è l’involucro di un contenitore
che nasconde al suo interno tasche e pochette estraibili».
Sono uomini veloci, quelli di
Incontri, ma senza ansia. Rassicurante è la palette di colori:
nero, blu, grigio, verde militare, aubergine e ruggine. Il
parka imbottito può essere in
nylon o in pelle nera. La giacca
in panno ha 8 tasche, piccole e
grandi, quasi una borsa.
La camicia è il capo che percorre la collezione, anche in
tessuto duvet morbidissimo
(ocra o mattone) con collo in
maglia con le iniziali AI sul davanti.
Quella delle ragazze è lunga
fino ai piedi ripresa in vita, tutta stampata di rose. Un tocco di
romantica normalità.
M. T. V.
La sfilata
Sopra, i ragazzi
con il lungo
poncho con
cappuccio in
tessuto tecnico o
loden, ciascuno
con una borsa
diversa,
presentati da
Incontri. Qui
accanto un
abito della
collezione
femminile
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Riciclare i jeans fa tendenza, il rammendo come scelta etica
Dalla riparazione di quelli usurati e rotti nascono nuove linee. La rivincita del denim italiano sul Giappone
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
FIRENZE La «nuda verità» sul denim di cui si discute allo stand
della svedese Nudie è molto
semplice, ma fa effetto parlarne nel corso di una fiera, come
Pitti, basata sulle novità in arrivo nei negozi, le novità che gli
uomini europei, asiatici, americani compreranno da maggio
in poi. La verità è che un paio di
jeans non muore — non dovrebbe morire — mai. Nudie
offre riparazioni gratuite, addirittura un servizio di permuta
dell’usato: porti i tuoi jeans
usurati e rotti e ottiene il 20% di
sconto sul nuovo (il tuo vecchio
paio verrà rammendato e venduto come capo vintage).
Da una campagna informativa online e di cartellonistica
che spiega come riparare i propri jeans e insiste sul concetto
di recupero a una nuova forma
di «responsabilità aziendale».
Questo non vuol dire ovviamente che sia finita la lunga è
molto redditizia stagione dei
jeans consumati ad arte durante la lavorazione — perfino alla
Nudie, apostoli del recupero e
1873
anno di nascita
del primo paio
di jeans, creato
negli Usa come
indumento di
lavoro per gli
operai della
ferrovia
il riciclo, c’è un modello con
una sagoma di tessuto consumato sulla tasca che ricorda il
contorno di uno smartphone
—; significa che il rammendo
dei jeans, un tempo esclusiva
dei cowboy e degli operatori di
pozzi petroliferi texani è entrato definitivamente nel ciclo
creativo-industriale delle «tendenze Pittiane».
G-Star ha inaugurato, oltre al
nuovo negozio fiorentino, la
collezione basata sull’arte del
rammendo. Il nuovo Restored
Denim che nasce dalla riparazione di jeans strappati usurati:
tecniche come quella del punto
di rinforzo, ispirata alle riparazioni dei vestiti da lavoro, i
rammendi su misura, le toppe
con cuciture invisibili. Denim
artigianale, venduto già strappato e già rammendato (il tra-
monto dei ripped jeans che
hanno mandato in giro una generazione di ragazzi e ragazze
con ginocchia e spesso natiche
parzialmente scoperte dagli
strappi realizzati durante la
produzione). Remco de Nijs,
uno degli strateghi della casa,
che non ha problemi ad accedere, se volesse, a un paio di
jeans nuovi al giorno, è solito
portare sempre gli stessi jeans
5
tasche il taglio
tipico dei jeans.
il termine jeans
identifica il
taglio dei
pantaloni, a
prescindere
dal tessuto
Gherardini
La fabbrica (per i 130 anni)
diventa un’opera d’arte
Nove chilometri dello storico tessuto Softy
avvolgono la facciata della sede di Scandicci di
Gherardini in questi giorni di Pitti Uomo.
Un’installazione di Marco Fallani (che
richiama i lavori di Christo e le sue
installazioni con l’utilizzo di tessuti come
per trasformare interi edifici) per
celebrare i 130 anni della maison di
pelletteria più antica d’Italia (fondata
nel 1885), che per l’occasione ha
creato una versione ad hoc
dell’altrettanto storica «Bellina».
per far si che si personalizzino
con l’usura naturale. E spiegava
sorridendo che «il denim è un
capo che si basa sulla fiducia.
Sull’onestà».
Da Closed invece la responsabilità aziendale prende la
forma del lavaggio all’ozono
che dura soltanto 30 minuti risparmiando acqua e energia;
capi tinti e finiti a mano;
l’asciugatura in forno a 80°; la
serie Rivetto d’oro di Candiani
Denim. PT05 è il jeans italiano
di Pantaloni Torino, con un solo modello di denim giapponese che un tempo era invece la
tendenza numero uno e che a
questo Pitti è parso ridimensionato, una bella rivincita per
il denim italiano. E, addirittura, GAS ha l’«atelier del made
in Italy» per il denim con banda dorata o argentea realizzata
in termo nastratura sulla cimosa, un procedimento brevettato, e le novità come il chino in
denim, il vecchio classico pantalone militare inglese realizzato non con il solito twill di cotone ma con il denim.
Matteo Persivale
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38
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
●
Il comico arrestato Campione dell’antisemitismo più
turpe, l’umorista francese è un essere spregevole. Ma nel
mondo della tolleranza, quello che vogliamo, il suo
linguaggio malato va contestato, non trasferito in galera
ANALISI
& COMMENTI
di Giovanni Belardelli
Facciamo troppa retorica
sulla scuola digitale
E intanto i bambini
non sanno più scrivere
È
consentito nutrire qualche dubbio
sulla «scuola 2.0»? Non, ovviamente,
sulla necessità che gli istituti
scolastici siano forniti di computer e
connessioni Internet veloci (cosa che spesso,
soprattutto al Sud, non avviene), ma sul
fatto che l’insegnamento sia interamente
digitalizzato, nei materiali impiegati come
nei metodi della didattica. I dubbi sono
autorizzati da un esperimento che nel corso
dell’anno passato ha interessato due scuole
elementari romane. In esse si è dato agli
alunni dalla III alla V classe il compito di
scrivere ogni giorno poche righe (da 4 a 6) in
corsivo; i componimenti sono poi stati
analizzati sotto il profilo dei contenuti, della
calligrafia, della sintassi ecc.
L’iniziativa partiva dalla constatazione
che la generazione dei nativi digitali sta
perdendo la capacità di scrivere in corsivo, a
favore dell’uso della tastiera o — per chi
ancora sa usare quell’oggetto in via di
estinzione che è la penna — dello
stampatello. Il punto rilevante è, come ha
osservato uno dei responsabili del progetto,
Benedetto Vertecchi, che alla crescente
difficoltà di scrivere a mano e alla parallela
diffusione dei mezzi digitali corrispondono
«una diminuzione della memoria, della
capacità di orientamento spaziale e una
meno precisa percezione delle relazioni
temporali». Corrispondono, insomma,
significative alterazioni nell’apprendimento.
Ben venga allora una dotazione
minimamente adeguata delle scuole nel
campo degli strumenti digitali. Ma il nostro
sistema di istruzione dovrebbe avere anche
un compito che nessun altro oggi è in grado
di svolgere adeguatamente: preservare non
solo abilità a rischio di estinzione come la
scrittura a mano, ma le specifiche capacità
percettive e di organizzazione del pensiero
che a quelle abilità sono connesse. Per fare
ciò occorrerebbe però che, al ministero
dell’Istruzione o a Palazzo Chigi, si fosse
consapevoli del problema e si andasse oltre
la facile retorica sulla «scuola 2.0».
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l comico Dieudonné è un essere spregevole, ma le società che
non vogliono compromettere i
princìpi della libertà di espressione devono consentire anche
agli esseri spregevoli di dire la
loro. Dieudonné non «pareggia» Charlie Hebdo, non è come i vignettisti del settimanale
decimato dai fanatici ma di segno contrario. No. Charlie Hebdo non odia e non vuole annientare i rappresentanti delle
religioni da prendere in giro,
Dieudonné odia gli ebrei ed è
un campione dell’antisemitismo più turpe. Charlie Hebdo è
irriverente e provocatorio,
Dieudonné invoca la camera a
gas per il giornalista ebreo Patrick Coen nel tripudio degli
spettatori che detestano gli
ebrei come il loro comico sul
palco. Charlie Hebdo ride,
Dieudonné inventa la quenelle,
che è un saluto nazista camuffato, fa premiare lo storico negazionista Robert Faurisson da
un finto deportato con la stella
gialla, irride le vittime dei campi di sterminio, chiama alla
guerra santa contro Israele. Un
essere spregevole, repellente,
che con i suoi spettacoli riempie circhi e teatri: e si capisce
perché un numero sempre crescente di ebrei francesi non
senta più la Francia come casa
propria e voglia partire per
Israele, dove sono stati celebrati i funerali dei morti uccisi nel
supermercato kosher.
È proprio la lontananza assoluta dalle sconcezze propalate da Dieudonné che ci costringe a deplorare l’arresto che era
stato disposto dalle autorità
francesi (cui è seguita, nel pomeriggio, la scarcerazione) dopo il «Je suis Coulibaly» ostentato all’indomani delle carneficine di Parigi. Domenica milioni di persone hanno sfilato per
le strade della capitale francese
CHIARA DATTOLA
I
● Il corsivo del giorno
LIBERTÀ DI PAROLA
ANCHE PER DIEUDONNÉ
di Pierluigi Battista
in difesa della libertà d’espressione. Si sono raccolti attorno a
valori che nell’ordinarietà della
routine passano inosservati.
Hanno capito, dopo la strage
che si è consumata nella redazione di un settimanale satirico, che non bisogna condividere idee e immagini per affermare il diritto inalienabile e
non negoziabile di quelle idee
e di quelle vignette di circolare
liberamente. Quei francesi
hanno stabilito un’ideale linea
di demarcazione: di qua le società libere che tollerano i peggiori attacchi, persino a ciò che
consideriamo più sacro e intangibile, di là i sistemi totalitari che considerano il dissenso
un delitto, e includono in quella categoria ogni difformità
non contemplata nei dogmi,
nella dottrina, nei decreti fissati arbitrariamente dal potere.
La libertà d’espressione deve
valere anche per Dieudonné.
Così come per quegli ebrei che
in passato hanno manifestato
davanti a teatri e tendoni per ricordare di che pasta antisemita
fosse fatto quel personaggio
che dileggiava i deportati, metteva alla berlina le stelle gialle,
premiava chi considerava una
«menzogna creata dai sionisti»
lo sterminio di Auschwitz.
È difficile accettare una tolleranza per idiozie tanto intollerabili. La tolleranza non è naturale, esige un grande sforzo
quasi ascetico, costringe chi
vorrebbe ribellarsi alle turpitudini di un Dieudonné a uno
sforzo eroico di autodisciplina.
Anche la libertà non ha nulla di
«naturale», è una costruzione
culturale, è una conquista faticosa ottenuta da pochi secoli, e
solo in alcune parti del mondo.
Se vogliamo difendere il valore
della libertà, dobbiamo essere
capaci di resistere alla tentazione censoria. Che non comporta
indifferenza, rinuncia a combattere. Il conflitto tra idee e
modelli culturali è l’ossigeno di
una democrazia liberale e perciò non bisogna dare tregua a
Dieudonné, bisogna gridare il
disgusto per chi sputa sui morti della Shoah. Ma non bisogna
arrestarlo, non bisogna metterlo in catene, non bisogna farne
un martire per chi non aspetta
altro che un guru che sappia
calamitare l’odio crescente per
ebrei e «infedeli». Solo così è
possibile rivendicare una differenza tra «noi» e «loro»: nel
mondo auspicato da Dieudonné l’intolleranza sarebbe assoluta e spietata. Nel mondo della libertà e della tolleranza il
linguaggio malato di Dieudonné va contestato ma non trasferito in galera. E forse nemmeno
rinviato a giudizio. Perché «Je
suis Charlie» non venga dimenticato troppo presto.
abbiano dichiarato di non essere stati all’origine del provvedimento.
Una misura errata può essere introdotta in un provvedimento normativo per errore. E
non mancano gli esempi in
proposito. Ma nel caso in questione è difficile crederlo. La
massima parte dei cittadini
ignora che in base ai regolamenti vigenti le riunioni del
Consiglio dei ministri sono
precedute da un pre Consiglio
ove i vari uffici legislativi dei
ministeri esaminano, sotto la
supervisione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio e del capo del dipartimento Affari giuridici e legislativi, i
provvedimenti all’ordine del
giorno del Consiglio dei ministri. I partecipanti rappresentano il meglio dell’esperienza e
della cultura giuridica presenti
nella nostra Pubblica ammini-
strazione, e provengono in larga parte dal Consiglio di Stato o
dalla Corte dei conti. È impensabile che essi possano non
aver compreso il reale portato
dell’art. 19 bis del Decreto se il
testo della misura fosse stato
effettivamente sottoposto al loro esame.
Purtroppo, troppo spesso
anche il Consiglio dei ministri
approva solo le linee generali
di provvedimenti ancora in fieri, che vengono poi formulati
puntualmente in un secondo
tempo. È presumibile che questo sia ciò che è avvenuto. Ma
se così è, è opportuno che il
presidente Renzi non si limiti
ad annunciare che la misura
sarà rivista e che nel frattempo
non entrerà in vigore, ma assicuri che essa verrà ritirata o radicalmente modificata. È insomma necessario e politicamente auspicabile — specie al-
la vigilia delle delicate
scadenze istituzionali e legislative che attendono le Camere
— che l’errore venga non solo
riconosciuto ma eliminato, e
che non si cerchi di difendere
la misura con argomenti speciosi, come qualcuno ha tentato di fare danneggiando il governo anziché aiutarlo. Non si
deve essere più realisti del re; e
il re, nella persona del capo del
governo, si è già pronunciato
indicando che gli effetti negativi saranno rimossi.
I problemi del sistema fiscale italiano non si risolvono varando misure errate che possono tradursi in un vantaggio per
i grandi evasori, ma rendendo
più equa la distribuzione del
carico fiscale. Deve essere quest’ultimo il vero obiettivo dell’attuazione della delega.
Università di Firenze
© RIPRODUZIONE RISERVATA
UN ERRORE DA ELIMINARE
LA CHIAREZZA CHE MANCA
SUL PASTICCIO DEL 3%
di Stefano Passigli
C
aro direttore, per meglio valutare la decisione del governo di
depenalizzare qualsiasi evasione fiscale
che resti nei limiti del 3% del
reddito imponibile è opportuno considerare innanzitutto
due aspetti.
In primo luogo, occorre ricordare che la normativa vigente già configura l’esistenza
di un reato solo se le imposte
evase superano i 50 mila euro.
La non rilevanza penale di eva-
sioni fino al 3% dell’imponibile
potrebbe invece coprire redditi
ben più elevati dell’attuale soglia di 1.667.000 euro ed evasioni ben superiori a 50 mila
euro. Depenalizzare in questo
modo l’evasione non avrebbe
l’effetto di tutelare chi fosse involontariamente caduto in errori o di rendere più «umano»
il Fisco nei confronti dei piccoli
evasori, ma quello di impedire
il ricorso alla sanzione penale
in molti casi di evasione da parte di contribuenti con redditi
anche elevati o di ingenti violazioni Iva da parte delle imprese. Una decisione che va in di-
rezione opposta a quella adottata dal Fisco degli Usa o dei
maggiori Paesi europei.
L’obiettivo del governo di
rendere più agile il rapporto tra
cittadini e Fisco è giusto, ma la
misura adottata è inadeguata.
Non deve dunque sorprendere
che sia il presidente della Commissione cui il governo aveva
affidato la formulazione dei
provvedimenti attuativi della
delega (il professor Gallo, già
presidente della Corte costituzionale e ministro delle Finanze del governo Ciampi), sia i dirigenti del ministero direttamente competente in materia,
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
LA SPINTA NECESSARIA
L’ITALIA NON SPRECHI
L’OPPORTUNITÀ
CHE HA DATO L’EUROPA
di Maurizio Ferrera
Flessibilità I governi
nazionali potranno
spendere più in
investimenti e allungare i
tempi per rispettare i
vincoli Ue. Renzi acceleri
su Jobs act e Terzo settore
F
ine delle politiche europee di austerità?
No, ma una importante svolta in direzione della crescita, questo sì. Una Comunicazione adottata l’altro ieri dalla Commissione apre margini non indifferenti
per usi «virtuosi» di risorse pubbliche, aggirando la tagliola del patto di Stabilità. Si tratta di
quella flessibilità a gran voce chiesta da Matteo
Renzi già dalla primavera scorsa e a lungo osteggiata da Angela Merkel e Barroso. Il Patto è già
flessibile, si diceva, non c’è bisogno di nuove regole. La Comunicazione appena pubblicata non
smentisce formalmente questa tesi, ma conferma che le regole non sono mai state applicate e
che non esisteva neppure il manuale di istruzioni.
I criteri del patto di Stabilità potranno essere
allentati in tre casi: per i contributi nazionali al
nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (il cosiddetto piano Juncker); per gli investimenti in progetti cofinanziati dai Fondi europei; e per sostenere i costi di breve periodo delle
riforme strutturali. Le maggiori uscite pubbliche
collegate a questi tre tipi di misure verranno parzialmente abbuonate nel calcolo del deficit (il fatidico 3%). I governi nazionali potranno, in soldoni, spendere un po’ di più e/o allungare i tempi per rispettare i vincoli Ue.
La «clausola delle riforme strutturali» è una
novità quasi assoluta. Seppur vagamente prevista da un Regolamento del 1997, è finora rimasta
lettera morta. L’Italia ha premuto per la sua applicazione sin dal governo Monti e un aiuto decisivo è arrivato lo scorso agosto da Mario Draghi,
che si è schierato a favore nel suo discorso di
Jackson Hole. La Comunicazione pone tre condizioni affinché una riforma possa essere considerata come «strutturale». Deve trattarsi innanzitutto di un provvedimento ambizioso, volto a superare storiche e profonde debolezze nazionali.
L’impatto fiscale diretto deve essere chiaramente dimostrabile in termini di minori spese o di
maggiori entrate (eventualmente anche grazie a
più crescita e più occupazione). Infine, le riforme devono essere già approvate al momento in
cui si chiede l’attivazione della clausola e ci deve
essere un impegno solenne alla loro piena attuazione. Lo strumento attraverso cui un Paese
membro può attivare la richiesta è il Programma
nazionale di riforma, che tutti i governi Ue devono presentare ogni anno in aprile.
In che modo può l’Italia sfruttare al più presto
la nuova clausola? L’agenda è talmente ampia
che abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Ma è
meglio concentrarsi su pochi realistici obiettivi.
Ne propongo tre. I primi due riguardano l’attuazione del Jobs act, che ha il vantaggio di essere
già una legge delega approvata dal Parlamento.
Al suo interno ci sono la riforma dei servizi per
l’impiego e l’adozione di un pacchetto di misure
per favorire la conciliazione e dunque l’occupazione femminile. C’è poi la riforma del Terzo settore. Il disegno di legge delega su questo tema è
all’esame del Parlamento e con un po’ di sforzo
lo si potrebbe approvare entro i prossimi due
mesi. È quasi superfluo sottolineare come su
questi tre fronti si concentrino alcune delle più
gravi debolezze strutturali del nostro sistema
economico e sociale. Abbiamo un deficit storico
di servizi alle persone e alle famiglie.
In Francia e in Gran Bretagna gli occupati nel
❞
Misure
Meglio concentrarsi su pochi realistici
obiettivi, come la promozione
del lavoro femminile e di un moderno
settore «neoterziario sociale»
settore sono un milione in più che in Italia. Questo buco è colmato dal welfare «fai da te», che è
però diventato una trappola. La promozione di
un moderno settore di «neoterziario sociale»
potrebbe generare molti circoli virtuosi, anche
sulla finanza pubblica. Siccome gran parte dei
vantaggi andrebbe alle donne, potrebbe finalmente scattare quella «molla rosa» pronta a dare impulso alla crescita grazie al fattore D: il lavoro e il talento femminili. La delega del Jobs act in
tema di conciliazione contiene peraltro molti altri elementi (come il tax credit e gli asili nido) a
sostegno dell’occupazione femminile in ogni
settore. Il rafforzamento dei servizi per l’impiego e di formazione sarebbe un tassello importante di questa strategia. E avrebbe, naturalmente, effetti positivi a largo spettro sul funzionamento di tutto il nostro mercato del lavoro.
Un pacchetto di misure ambiziose e coerenti
su questi tre fronti sarebbe perfettamente in linea con la strategia «Europa 2020»: difficile per
la Commissione negare il carattere strutturale di
un simile pacchetto. Resta un solo problema: la
capacità e la credibilità progettuale e attuativa
del governo. Se Matteo Renzi vuole far tesoro del
successo appena ottenuto a Bruxelles, deve mettersi subito a galoppare a Roma. I suoi consulenti economici aspettano solo il via libera: si metta
al lavoro una squadra di esperte ed esperti e si
prepari un bel libro bianco da allegare al prossimo Programma di Riforma. Ne vale la pena, cerchiamo di non perdere questo treno.
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●I
39
MARÒ, SOLUZIONE IN 3 MESI?
TUTTO È NELLE MANI DI MODI
COMMENTI
DAL MONDO
Risorse idriche
il modello
della California
nuova battaglia in
●
❞ La
California è quella per il
risparmio idrico. Nella
Contea di San Diego sono
preoccupati. Gli abitanti di
questa città sono sempre
considerati tra i più virtuosi.
Ma nel mese di novembre il
loro consumo ha raggiunto i
64 litri d’acqua pro capite
(una cifra ancora positiva
rispetto agli 89 litri
consumati dagli altri
californiani). Al punto che un
editoriale del San Diego
Union-Tribune, diretto da
Jeff Light, fa un appello al
senso civico degli abitanti
della città californiana. Un
monito fatto proprio anche
dalle autorità.
Alcol e coprifuoco
L’Australia
resta divisa
legge sul coprifuoco
●
❞ La
per gli alcolici nel New
South Wales, sta lacerando
la comunità australiana. Lo
sottolinea un editoriale del
Sydney Morning Herald,
diretto da Darren Goodsir,
dove si ricorda che il
governo, dopo un periodo di
sperimentazione, sta
pensando di fare
retromarcia e tornare al
passato. Una decisione
criticata da chi vede la
pressione delle lobbies degli
alcolici. Il provvedimento,
sottolinea il quotidiano, ha
ridotto la microcriminalità in
alcune zone, ma a scapito
della libertà di circolazione.
Per questo, conclude,
criticarla è giusto.
a cura di Carlo Baroni
l primo ministro indiano
Narendra Modi ha intenzione di risolvere la vicenda dei due marò italiani
entro i prossimi tre mesi.
Attraverso un accordo politicogiudiziario tra Delhi e Roma già
in discussione. Questa è la buona notizia, fatta filtrare ieri da
fonti indiane in coincidenza
con l’allungamento, di novanta
giorni, della licenza di convalescenza a Massimiliano Latorre
garantita dalla Corte Suprema
su richiesta del governo Modi.
L’impressione è che la soluzione politica sia questa volta più
vicina rispetto alle illusioni che
erano sorte in passato: il ritorno in Italia dell’ambasciatore in
India Daniele Mancini, che secondo il settimanale Panorama sarà sostituito da Lorenzo
Angeloni, potrebbe essere il segno di un cambio di fase. C’è
però altro da aggiungere, meno esaltante.
Innanzitutto, non è detto
che la discussione tra India e
Italia abbia un risultato accettabile per entrambe le parti. E
non è nemmeno detto che lo
stesso Modi possa avventurarsi
in concessioni estreme: le
pressioni interne sono contra-
stanti. Alcune spingono per
una soluzione favorevole a Latorre e al suo commilitone Salvatore Girone: l’ex ministro degli Esteri Salman Khursheed ha
detto ieri all’Ansa che la disputa è irrisolvibile nei tribunali e
«l’unica via d’uscita è una soluzione politica». Altre spingono
invece per una risposta dura all’Italia: ne sono un segnale le
indiscrezioni fatte uscire sulla
stampa indiana nei giorni scorsi per sostenere che l’agenzia
antiterrorismo Nia ritiene che i
due marò abbiano ucciso senza
ragione due pescatori indiani il
12 febbraio 2012.
Il rischio è che il gioco del
gatto (l’India) che tiene in vita il
topo (l’Italia) senza però mai liberarlo, in funzione da quasi
tre anni, continui. Anche se
Modi arriverà davvero a una soluzione, però, questa sarà solo
dipendente dalla sua volontà,
dalla sua benevolenza. Non
dall’azione politica di Roma,
scarsa e confusa. Bene se ci sarà una soluzione. Molto male
per la performance internazionale dell’Italia.
Danilo Taino
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LA SFIDA DELLE TV ONLINE
CHE MIGLIORA L’OFFERTA
L’
accordo firmato da
Woody Allen con
Amazon, per la realizzazione di una
nuova serie televisiva, è l’ultimo episodio nella sfida lanciata dalle nuove «emittenti» via Internet. Un’offensiva
che vede in prima fila Amazon
e Netflix, e che sta suscitando
la controreazione delle tv «tradizionali», come Sky e Hbo. I
colossi della Rete stanno mettendo a segno un successo dopo l’altro. L’ingaggio del regista-cult newyorkese segue di
poche ore il trionfo della società di Jeff Bezos ai Golden Globes, dove Transparent, la commedia seriale su una famiglia
con il padre transgender, in arrivo anche in Italia, ha vinto
due premi. House of Cards,
prodotta da Netflix, è diventata
un caso.
Amazon e Netflix offrono
streaming video, una formula
che permette a chi possiede un
televisore connesso a Internet
di acquistare solo il film o lo
spettacolo che gli interessa,
senza bisogno di sottoscrivere
un abbonamento satellitare o
via cavo. La formula piace sem-
pre di più. In Europa, secondo
dati di Ihs, Netflix è terza, dopo
Sky e Liberty, con 9,4 milioni di
abbonati. Lo streaming insidia
i colossi mediatici, ma la prima
a negare la volontà di rimpiazzarli è proprio Netflix. E comprensibilmente, visto che trae
ricavi e profitti, oltre che dalla
produzione di programmi propri (come, appunto, la serie
House of Cards), dalla distribuzione di quelli altrui. Una storia, positiva, di collaborazionecompetizione.
Di sicuro comunque l’espandersi di società come Netflix,
Amazon e Hulu spinge le televisioni a pagamento come Sky
(che trasmette le serie più belle
sul canale Atlantic) a migliorare la propria offerta. Un altro
esempio: Hbo, la mitica emittente via cavo americana che ha
reinventato la serie televisiva di
qualità, ha aperto un sito web
soltanto per lo streaming online. Si tratta in sostanza di un
grande gioco del piccolo schermo, dove a guadagnarci, una
volta tanto, è il telespettatore.
Edoardo Segantini
[email protected]
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
40
ANAS S.p.A.
Compartimento della viabilità
per la Campania
AVVISO DI RETTIFICA
BANDO NALAV036-14 - GARA 38MS-14 - S.S.7IV “Domitiana” Lavori di manutenzione
straordinaria per il miglioramento della sicurezza stradale e la razionalizzazione delle
intersezioni a raso tra i Km 7+500 - 11+950 - 22+700 - 23+100.
Sul foglio inserzioni della Gazzetta Ufficiale n. 6 del 14 gennaio 2015 è pubblicato
l’Avviso relativo alla sospensione della procedura di gara per l’appalto in oggetto, al
fine di consentire il perfezionamento degli atti tecnico-amministrativi propedeutici
all’accessibilità delle aree interessate dai lavori.
Nuovo Termine per la presentazione delle offerte: ore 12.00 del 25 marzo 2015.
Prima seduta pubblica: ore 10:00 del 31 marzo 2015.
IL DIRIGENTE AMMINISTRATIVO
Avv. Massimo Siano
VIALE KENNEDY, 25 - 80125 NAPOLI
Tel. 081/7356111 - Fax 081/621411
sito internet www.stradeanas.it
TRIBUNALE DI LATINA
Ufficio fallimentare
Fallimento “AUTO BARSI SERVICE S.R.L” n. 76/13
Giudice Delegato: Dott. Antonio Lollo Curatore: Dott. Gianpiero Macale
ESTRATTO BANDO PER LA VENDITA SENZA INCANTO DEI BENI MOBILI ACQUISITI ALL’ATTIVO DEL FALLIMENTO
La Curatela del Fallimento n. 76/2013 della AUTO BARSI SERVICE S.R.L, dichiarato con sentenza del 22/05/2013,
AVVISA
che intende raccogliere offerte di partecipazione alla procedura competitiva per la vendita senza incanto dei beni
mobili acquisiti all’attivo del Fallimento, come da inventario e perizia di stima agli atti della Procedura, posti a gara
nei 3 seguenti lotti:
Lotti
n. 1 - “Arredi e macchine per ufficio”
n. 2 - “Macchinari ed attrezzatura d’officina”
n. 3 - “Ricambi e accessori”
Prezzo base in € oltre I.V.A.
4.200,00
8.400,00
5.000,00
Offerta minima in aumento in €
oltre I.V.A.
420,00
840,00
500,00
Il tutto come meglio descritto e specificato nel “BANDO E REGOLAMENTO per la ricerca di offerte di partecipazione
alla procedura competitiva per la vendita dei beni mobili acquisiti all’attivo del Fallimento” (e relativi allegati), alle
condizioni, di cui segue stralcio, facendo, comunque, espresso riferimento al suddetto Bando e Regolamento il cui
contenuto deve intendersi qui integralmente richiamato e trasfuso:
- la vendita potrà essere effettuata anche per singoli lotti;
- agli importi su indicati si dovrà aggiungere l’I.V.A. all’aliquota vigente;
- i beni sono venduti nello stato di fatto e diritto in cui essi si trovano con oneri e spese di ritiro a carico
dell’aggiudicatario, sono escluse successive contestazioni, con esonero del fallimento da ogni responsabilità e
onere al riguardo.
Eventuali vizi, mancanza di qualità, difformità o differenza di qualsiasi genere, pure in termini quantitativi, anche
dovute ad azioni di rivendica svolte da parte di terzi qualora accolte ai sensi di legge, non potranno dar luogo ad
alcun diritto in favore dell’aggiudicatario, essendosi di ciò tenuto conto nella determinazione del prezzo base d’asta,
né la vendita potrà essere risolta per alcun motivo. Le offerte per l’acquisto dovranno essere effettuate mediante
dichiarazione da presentarsi in busta chiusa ed intestata a “Fallimento n. 76/13 - Offerta acquisto beni” presso
la Cancelleria fallimentare del Tribunale di Latina entro le ore 11,00 del giorno 04/02/2015. L’apertura delle buste
avverrà il giorno 05/02/2015 alle ore 15,30 presso lo studio del Curatore dott. Gianpiero Macale. La versione integrale
del Bando e Regolamento di gara, della perizia di stima e dell’inventario fallimentare sono disponibili presso la
Cancelleria fallimentare, presso lo studio del Curatore dott. Gianpiero Macale, Corso della Repubblica 283, Piano
7, telefono 0773665400, fax 0773662346, pec [email protected], nonché in allegato alla pubblicazione sul sito
www.astegiudiziarie.it.
Latina, data di pubblicazione
Il Curatore fallimentare - Dott. Gianpiero Macale
AERONAUTICA MILITARE
UFFICIO GENERALE CENTRO DI RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA
DIREZIONE DI AMMINISTRAZIONE
Gli Enti e i Distaccamenti dell’A.M., dislocati su tutto il territorio nazionale, provvederanno, nel corso dell’anno 2015,
all’effettuazione di sondaggi economici di mercato per: - l’acquisto di beni e servizi, in settori e categorie merceologiche
elencate all’art. 129 del D.P.R. 236/2012 (ex. art. 2 del D.M. 16 marzo 2006) relativamente a quelli per i quali non sono
operabili convenzioni stipulate da parte della CONSIP ovvero non sia possibile il ricorso al MEPA, ivi compresi gli interventi
di meccanica e carrozzeria su autovetture e mezzi pesanti; - l’esecuzione di lavori, ai sensi dell’art. 125 D. Lgs 163/2006,
afferenti a beni immobili, ad infrastrutture e relativi impianti ed in particolare: manutenzione, riparazione beni immobili
ed aree verdi, manutenzione impianti fissi (termici, idraulici, elettrici, climatizzazione, etc.), tecnologici, idraulica, falegnameria. Gli operatori economici eventualmente interessati a presentare preventivi di spesa relativi ai suddetti sondaggi
economici di mercato che avranno luogo, di volta in volta, nel corso dell’anno 2015, potranno inoltrare, a mezzo di lettera
raccomandata con avviso di ricevimento, apposita istanza su carta intestata, firmata dal legale rappresentante dell’impresa,
nella quale dovranno indicare: i settori di interesse, il fatturato annuo e quant’altro elemento di informazione ritenuto necessario al fine di meglio illustrare l’attività dell’impresa. La suddetta istanza dovrà essere inviata agli Enti/Distaccamenti di specifico interesse, i cui indirizzi potranno essere rilevati sul sito WEB WWW.AERONAUTICA.DIFESA.IT - GARE
D’APPALTO.
IL DIRETTORE - Col. C.C.r.n. Alfredo TRITAPEPE
Estratto invito a manifestare interesse
per l’acquisto del Complesso Aziendale di Equiter S.r.l. in a.s.
Il Commissario Straordinario di Equiter S.r.l., con sede legale in Roma, Via Catania 9, in
amministrazione straordinaria ai sensi del D.L. 347/03 (“Equiter”), a tanto autorizzato
con provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 0001465 del 9 gennaio 2015,
invita
tutti i soggetti interessati a presentare manifestazioni di interesse entro le ore 18:00 (ora
italiana) del 2 febbraio 2015, per l’acquisto del Complesso Aziendale, nei modi e nei
termini indicati nell’invito a manifestare interesse allegato al Programma di Cessione del
Complesso Aziendale di Equiter, autorizzato in data 7 agosto 2014 dal Ministero dello
Sviluppo Economico e già pubblicato per intero sul sito www.equiter.com (l’“Invito”).
La procedura di vendita coinvolge l’intero Complesso Aziendale facente capo a Equiter
(il “Complesso Aziendale”).
L’elenco dei beni materiali ed immateriali e dei contratti costituenti il Complesso Aziendale
potrà essere richiesto al Commissario Straordinario, previa presentazione delle manifestazioni di interesse, al seguente indirizzo: Commissario Straordinario Equiter S.r.l. in
a.s. Via Ugo De Carolis, 100, 00136 Roma, Fax: 06 35341159, PEC: [email protected]
Allo stesso indirizzo potranno essere inviate tutte le comunicazioni relative all’Invito.
L’Invito contiene l’indicazione dei requisiti soggettivi necessari per la presentazione di
una manifestazione d’interesse, del contenuto minimo della manifestazione d’interesse e
della documentazione da allegare a questa, nonché altre informazioni in merito alle manifestazioni di interesse e alla presente procedura. Il Commissario Straordinario sceglierà,
a proprio insindacabile giudizio e senza alcun obbligo di motivazione, quali persone fisiche, giuridiche e/o cordate ammettere alla procedura di vendita.
Il presente invito costituisce esclusivamente un estratto non completo dell’Invito. Esso
non costituisce un invito ad offrire, né un’offerta al pubblico ex art. 1336 del Codice Civile,
o una sollecitazione del pubblico risparmio ex art. 94 e ss. del D. Lgs. n. 58 del 24 febbraio
1998. La pubblicazione del presente estratto, dell’Invito e la ricezione delle manifestazioni
d’interesse non comportano per il Commissario Straordinario alcun obbligo di ammissione alla procedura di vendita e/o di avvio di trattative per la vendita e/o di vendita nei
confronti dei soggetti interessati all’acquisto né, per questi ultimi, alcun diritto a qualsivoglia prestazione da parte del Commissario Straordinario e/o di Equiter a qualsiasi titolo.
Il testo in lingua italiana dell’Invito prevale sul presente estratto e su ogni testo pubblicato
in lingua straniera. L’invio della manifestazione di interesse da parte dei soggetti interessati costituirà espressa accettazione da parte degli stessi di quanto previsto e riportato
nell’Invito, che i soggetti interessati sono tenuti a leggere nella sua interezza.
Il Commissario Straordinario
Prof.ssa Daniela Saitta
Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica
Direzione Pianificazione Generale
U.O. Piano Regolatore - P.R.G.
Pubblicazione degli atti relativi alla Deliberazione A.C. n. 63 del 29 settembre 2014 con la
quale è stato adottato il Programma di Trasformazione Urbanistica denominato “Via Longoni”
Gli atti relativi alla Deliberazione dell’Assemblea
Capitolina n. 63 del 29 Settembre 2014 saranno
pubblicati e consultabili nella sezione riservata all’Albo Pretorio on-line accessibile dal sito
www.comune.roma.it e potranno anche essere
visionati presso il Dipartimento Programmazione
e Attuazione Urbanistica U.O. Piano Regolatore P.R.G. via del Turismo, 30 - 00144 Roma (il lunedì
dalle ore 9,00 - 12,00 e il giovedì dalle ore 9,00
- 12,00 e 14,00 - 16,00), dal 15 Gennaio 2015 e
per i 15 giorni successivi. Gli interessati potranno
fino a quindici giorni dopo la scadenza del periodo
di deposito, entro il 13 febbraio 2015, presentare le eventuali osservazioni e le opposizioni che
dovranno essere redatte in duplice copia - di cui
una in bollo da € 16,00 per le sole opposizioni.
Le osservazioni e le opposizioni potranno essere
consegnate al protocollo del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, via del
Turismo, 30 - 00144 Roma (il lunedì dalle ore
9,00 - 12,00 e il giovedì dalle ore 9,00 - 12,00 e
14,00 - 16,00) o inviate per raccomandata. Ai fini
del rispetto della scadenza stabilita, farà fede la
data del timbro postale.
Dirigente - Arch. Vittoria Crisostomi
Accordo di Programma art. 49 L.R. 38/99
D.Lgs. n. 267/2000 - art. 34
Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 63 del 29/09/2014
ENTE DI GOVERNO DEL TPL
UFF. PERIFERICO PROVINCIA DI VENEZIA
via Forte Marghera n. 191
30173 Mestre (VE)
Sono indette le seguenti procedure ristrette:
1. “procedura a doppio oggetto per l’individuazione di un nuovo socio di ATVO s.p.a.
con specifici compiti operativi, mediante
sottoscrizione e versamento dell’aumento
di capitale sociale (pari al 15%) riservato
al medesimo ed affidamento ad ATVO
s.p.a. della concessione dei servizi TPL
urbani ed extraurbani per l’ambito di unità
di rete del Veneto orientale”; importo
dell’appalto: € 5.189.870,24;
2. “affidamento della gestione in regime di
concessione dei servizi di trasporto pubblico locale extraurbani su gomma relativi
al collegamento tra Chioggia e Venezia”;
importo dell’appalto: € 37.416.600,00;
criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa sulla base dei criteri indicati nell’invito a presentare offerte;
Termine presentazione delle domande:
ore 12.00 del 12/02/2015, pena l’esclusione.
integrativa
è
La
documentazione
consultabile sul profilo: http://www.provincia.venezia.it/trasparenza/bandi-di-garaaperti.html.
IL DIRIGENTE - ing. Paolo Gabbi
Il Fall. Biemme Domus S.r.l., curatore Avv. Fabrizio Ravidà, vende beni immobili presenti presso il Comune di Velletri come di seguito individuati: (1) Piena proprietà dell’appezzamento di terreno distinto al NCT al fg. 67 p.lle: (a) 1109 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are
01 ca. 74 - reddito dominicale Euro 0,05 - reddito Agrario Euro 0,02; (b) 1110 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 00 ca. 97 - reddito
dominicale Euro 0,03 - reddito Agrario Euro 0,01; (c) 1111- bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 02 ca.45 - reddito dominicale Euro 0,08
- reddito Agrario Euro 0,03; (d) 1112 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 03 ca. 58 - reddito dominicale Euro 0,11 - reddito Agrario Euro
0,04; (e) 1112 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 03 ca. 58 - reddito dominicale Euro 0,11 - reddito Agrario Euro 0,04; (f) 1113 - bosco
ceduo - cl. 5 - superficie are 04 ca. 72 - reddito dominicale Euro 0,15 - reddito Agrario Euro 0,05; (g) 1114 - bosco ceduo - cl. 5 superficie are 05 ca. 84 - reddito dominicale Euro 0,18 - reddito Agrario Euro 0,06; (h) 1116 - canneto - cl. 4 - superficie are 00 ca. 04 reddito dominicale Euro 0,01 - reddito Agrario Euro 0,01; (i) 1117 - canneto - cl. 4 - superficie are 01 ca. 54 - reddito dominicale Euro
0,28 - reddito Agrario Euro 0,32; (j) 1119 - canneto - cl. 4 - superficie are 03 ca. 04 - reddito dominicale Euro 0,55 - reddito Agrario Euro
0,63; (k) 1120 - canneto - cl. 4 - superficie are 01 ca. 17 - reddito dominicale Euro 0,21 - reddito Agrario Euro 0,24; (l) 1121 - vigneto cl. 2 - superficie are 18 ca. 50 - reddito dominicale Euro 26,27 - reddito Agrario Euro 15,29; (m) 1124 - vigneto - cl. 2 - superficie are 13
ca. 66 - reddito dominicale Euro 19,40 - reddito Agrario Euro 11,29; (n) 1125 - vigneto - cl. 2 - superficie are 14 ca. 39 - reddito dominicale
Euro 20,44 - reddito Agrario Euro 11,89; (o) 1126 - vigneto - cl. 2 - superficie are 14 ca. 44 - reddito dominicale Euro 20,51 - reddito
Agrario Euro 11,93; (2) Piena proprietà del casale inagibile ed in completo stato di abbandono, con annessa corte esclusiva (distinta la
corte al NCT fg. 67 p.lla 1285 - Ente Urbano della superficie tra coperto e scoperto di mq. 1.845,00), distinto il casale al NCEU al fg. 67
- p.lla 1285 - Categoria A/7 - classe 5 - consistenza 8,5 vani - rendita Euro 1.185,27 - Via Ferruccio Parri snc piani: T-1. Confina con: Via
Ferruccio e/o Francesco Parri (viottolo non asfaltato); e particelle - 1116, 1117, 1121, 1123, tutte del foglio 67, salvo altri. Sono disponibili
perizia e relazione notarile. La procedura si svolgerà nelle forme di cui all’art. 107 l.f. Offerte, a partire dalla base d’asta € 50.000,00 (al
netto di oneri fiscali che saranno a carico dell’acquirente così come le spese notarili e ogni altro accessorio) conformi al disciplinare di
gara che a richiesta sarà trasmesso, entro il 26 gennaio 2014 ore 13:00 presso lo studio del curatore, Via Bertoloni 44/46, Roma (tel.
06/80690224). Apertura delle buste alle ore 16:00 del medesimo giorno presso lo studio del curatore.
TRIBUNALE DI RIMINI
Sezione Fallimentare
Fallimento METHA GESTIONI SRL CON SOCIO UNICO IN LIQUIDAZIONE
Giudice Delegato Dott.ssa Maria Antonietta Ricci
PEC [email protected]
SECONDO AVVISO DI VENDITA DI COMPENDI AZIENDALI
OPERANTI NEL SETTORE ALBERGHIERO CON RIBASSO DEL 25%
La procedura intestata
vende
in lotti distinti le singole aziende alberghiere di seguito descritte al prezzo base indicato in
corrispondenza di ognuna di esse:
LOTTO 1) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Torino Mirafiori, esercitata in Torino,
Via Paolo Gaidano n. 113 - PREZZO BASE euro 67.000.
LOTTO 2) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Plus Udine Tavagnacco, esercitata in
Tavagnacco, Via Adia Alpi n. 10 - PREZZO BASE euro 48.000.
LOTTO 3) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Milano Wattredici, esercitata in
Milano, Via G. Watt n. 13 - PREZZO BASE euro 710.000.
LOTTO 4) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Plus Milano San Siro, esercitata in
Milano, Via Gaetano Airaghi n. 125 - PREZZO BASE euro 375.000.
Le modalità e formalità della vendita sono riportate nel disciplinare pubblicato sul sito internet del Tribunale di Rimini. Copia del disciplinare e maggiori informazioni sulla vendita
potranno essere richieste alla pec della procedura: [email protected].
La gara tra gli offerenti per ciascun Lotto, con inizio dal Lotto 1, si terrà avanti il Giudice
Delegato al Fallimento nel suo Ufficio presso Il Tribunale Fallimentare di Rimini, Via C.A.
dalla Chiesa 11, il giorno 30.01.2015 ore13.00. Le aziende sopra indicate sono allo stato
oggetto di contratto di affitto temporaneo con scadenza al 31.12.2015. Si precisa che il presente annuncio non costituisce proposta né offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. né sollecitazione al pubblico risparmio, né impegna in alcun modo la curatela fallimentare.
Rimini-Milano
I Curatori del fallimento
Dott. Claudio Ferrario - Dott. Giuseppe Chiarelli
COMUNE DI STORO PROVINCIA DI TRENTO
G5011405
Aggiudicato il 18.12.2014 con il criterio dell’offerta economica
mente più vantaggiosa l'appalto per l’affido del servizio nido
d’infanzia alla Città Futura soc.coop.soc., via Abondi 37, Trento.
Esito agg.: www.comune.storo.tn.it .
Ill fu
unzionario dii Seegreteria d..ssa Cllaudia Za
anetti Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
41
Economia
Parigi
Bolloré chiude l’Opa Havas e sale al 73%
Il gruppo Bolloré chiude con successo l’Opa su Havas. In base ai
dati preliminari dell’offerta sulla società della comunicazione, la
partecipazione sale al 73% del capitale dal 30% precedente.
«L’operazione rientra nella strategia di investimento di lungo
termine in Havas avviata 10 anni fa» ha commentato il gruppo di
Vincent Bolloré. Quest’ultimo ieri era in Benin per l’inaugurazione
della stazione ferroviaria di Cotonou.
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La Rivoluzione Sottile
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© RIPRODUZIONE RISERVATA
Unicredit, i soci prenotano i posti
L’ipotesi Biasi e la conferma di Vita
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Le fondazioni rinunciano a un seggio. Il ruolo di Aabar nella governance
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La Lente
di Antonella Baccaro
Savona
e i pericoli
incalcolabili
dei derivati
P
rima regola per gestire
i derivati: non crearli.
L’economista Paolo
Savona, ascoltato in
commissione Finanze della
Camera per l’indagine su
questi strumenti finanziari,
è stato netto. «Qualsiasi
regolamento sui derivati si
faccia, il mercato lo
aggirerà». Quanto ai rischi,
«nessuno è in grado di
valutarli». Perciò sarebbe
meglio proibire l’uso dei
derivati a chiunque oppure
consentirlo a privati che
operino con fondi propri.
Nel pubblico, dove le
perdite ricadono sulla
collettività, i derivati
andrebbero evitati o
almeno garantiti con un
fondo di riserva approvato
dal Parlamento. Una nuova
sezione della Corte dei
conti potrebbe garantire
controlli «terzi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● Al prossimo
consiglio di
amministrazione del 20
gennaio
l’amministratore delegato di
Unicredit
Federico
Ghizzoni (nella
foto)
presenterà la
proposta di
budget 2015.
Al successivo
board dell’11
febbraio
saranno invece
presentati conti
2014. Ghizzoni
punta a un utile
annuo di 2
miliardi di euro.
Il 13 maggio ci
sarà
l’assemblea sul
bilancio e sul
rinnovo del
board
Il taglio degli amministratori
nel prossimo consiglio di Unicredit da 19 a 17 comporta che
due consiglieri si facciano da
parte: ma chi tra i grandi soci
rinuncerà al posto? La discussione in Piazza Aulenti è appena cominciata: a giocarsi quel
posto sono le Fondazioni, ma
anche i soci esteri. La partita
non è semplice, né lo è il lavoro
del presidente Giuseppe Vita e
del vice Vincenzo Calandra Bonaura, incaricati di sondare gli
umori degli azionisti.
In Unicredit le Fondazioni
contano ormai solo per il 9%,
mentre sono cresciuti i soci
esteri. Primo azionista è Aabar,
fondo sovrano di Abu Dhabi,
con il 5,02%, seguito dal fondo
Usa BlackRock al 4,66%. Il fronte degli enti è rappresentato da
Cariverona al 3,46%, Crt al 2,5%
e Carimonte al 2,1% mentre
hanno quote minime le fondazioni Manodori, Sicilia e Cr
Treviso. Ci sono poi Del Vecchio (3%) e Caltagirone (1%).
Nei giorni scorsi — compreso il comitato governance di
martedì 13 in vista del consiglio
del 20 gennaio sul budget 2015
— si è avviata un’analisi per individuare la strada migliore per
accorpare i posti mantenendo
al contempo le varie professionalità richieste dalla Banca
d’Italia. «Il dialogo mi sembra
molto costruttivo», riferisce
uno dei protagonisti.
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
● Il caso
6,60
IERI
5,02
-1,28%
5,15
2014
gen
feb
mar
apr
mag
giu
lug
set
ott
nov
dic
gen
d’Arco
29,7
miliardi la
capitalizzazione di Unicredit
a Piazza Affari.
I soci italiani
(fondazioni e
privati) pesano
ormai in totale
per il 12% circa
Sembra ormai certo che le
fondazioni, che tre anni fa indicarono 7 consiglieri, rinunceranno a un posto. Ma non vogliono perderne un altro. Un
passo indietro toccherebbe
dunque agli stranieri (oggi sono 7 nel board, compresi i due
in quota Aabar). C’è anche
l’ipotesi di un taglio da 4 a 3 alle
vicepresidenze, attualmente
affidate a Fabrizio Palenzona
(per Crt), al vicario Candido Fois (Cariverona), Calandra Bonaura (Carimonte) e Luca Cordero di Montezemolo (Aabar).
Per Verona poi è possibile che
si candidi Paolo Biasi, se lasciasse in anticipo la presidenza di Cariverona, in scadenza a
novembre non rinnovabile.
Scontata la conferma del ceo
Federico Ghizzoni, è aperto il
tema del presidente. Gli italiani
sono compatti per un secondo
mandato a Vita. Ma Aabar
avrebbe sollevato l’esigenza di
una figura internazionale alla
presidenza, che però sarebbe
già soddisfatta da Vita: già tre
anni fa fu scelto in quanto manager italiano con carriera di
successo tutta in Germania.
Toccherà a Montezemolo mediare tra arabi e italiani. In realtà ciò che interessa ai soci è che
la banca abbia buona redditività e spinga sull’internazionalizzazione. L’11 febbraio il board
approverà i conti 2014 da cui dipende il dividendo: Ghizzoni
vuole centrare l’obiettivo di 2
miliardi di utile; la stima Ubs è
di 2,1. Musica per gli azionisti.
Fabrizio Massaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ilva, a rischio il rientro dei fondi di Riva
Il Tesoro: per la voluntary disclosure segnalare le operazioni sospette
MILANO Il rientro dei capitali dei
Riva sequestrati all’estero e
fondamentali per attuare le
prescrizioni dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale)
è a rischio. Il decreto legge sull’Ilva approvato la vigilia di Natale andrebbe a intervenire sull’articolo 1 comma quinquies
AVVISO DI AGGIUDICAZIONE APPALTO
L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A, con sede in Roma, via
Salaria, 1027, rende noto l’esito della procedura negoziata ai sensi
dell’art. 57, comma 2 lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006 per la definizione
di un accordo quadro con un unico operatore economico finalizzato
alla fornitura di carta termica con ologramma applicato per la realizzazione di marche da bollo. L’esito di gara è stato pubblicato nel Supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. 429590-2014-IT
del 18/12/2014; CIG n. 55404625E0.
L’appalto è stato aggiudicato in data 30/10/2014 alla società Fedrigoni
S.p.A. con importo di aggiudicazione Euro 1.357.200,00 IVA esclusa.
L’avviso di aggiudicazione integrale è disponibile sul sito internet
www.ipzs.it.
Il Direttore Acquisti
(avv. Alessio Alfonso Chimenti)
Per la pubblicità
legale e finanziaria
rivolgersi a:
Un anno a Piazza Affari
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Tel. 02 2584 6665
Fax 02 2588 6114
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11 Fax 081 49 777 12
Via Campania, 59 C - 00187 Roma
Tel. 06 6882 8650
Fax 06 6882 8682
C.so Vittorio Emanuele II, 60
70122 Bari
Tel. 080 5760 111 Fax 080 5760 126
del precedente decreto 2013,
creando dei «problemi» al
rientro del miliardo e 200 milioni. A sollevare il caso, durante un’audizione in Senato, è
stato il procuratore aggiunto di
Milano, Francesco Greco. «Se
l’Italia rivuole questi soldi —
ha detto — deve far rivivere il
contenuto di quella norma».
Il primo problema sollevato
da Greco riguarda gli impegni
con la Svizzera, che ha posto alcune «condizioni» come il fatto che «i soldi non vengano
confiscati prima della sentenza
passata in giudicato». Il secondo riguarda il fatto che «una
elargizione dello Stato, ovvero
una confisca preventiva di questo denaro senza una contropartita» potrebbe «avere dei riflessi in termini costituzionali
e anche con l’Ue perché potrebbe rappresentare una sorta di
aiuto di Stato». Per Greco una
soluzione potrebbe essere
«un’emissione di un prestito
obbligazionario con un rendimento pari a quello medio del
Fondo unico giustizia».
Nei giorni scorsi il Tesoro ha
diffuso una circolare sulla voluntary disclosure in cui si
spiega che resta immutato l’obbligo di attivare le procedure di
adeguata verifica della clientela
e gli obblighi di registrazione e
di segnalazione di eventuali
operazioni sospette nel caso di
elevato rischio di riciclaggio o
finanziamento del terrorismo,
come previsto dal decreto legislativo 21 novembre 2007 n.
231. Per Fabrizio Vedana, vicedirettore generale dell’Unione
fiduciaria, «la circolare non risolve i dubbi interpretativi della legge. Si confida che Bankitalia circoscriva i termini di applicazione sull’obbligo di segnalazioni di operazioni
sospette». Per Stefano Simontacchi, managing partner di
L’accordo
Tirrenia-Clessidra, firma anche Negri
(f.mas.) Anche la Gip di Luigi Negri, socio di Tirrenia al 15%, ha
accettato le condizioni dell’offerta avanzata da Vincenzo Onorato
(primo socio al 40% con Moby) a Clessidra per cedere il suo 35%
nel vettore navale. Il valore sarebbe di circa 10 milioni. Manca ora
solo l’ok della Shipping Investment di Francesco Izzo, al 10%.
Bonelli Erede Pappalardo,
«non c’è un problema per avvocati e commercialisti, esclusi
dall’obbligo dall’articolo 12 di
quel decreto. Più complicata la
situazione per le istituzioni finanziarie».
Fr. Bas.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Crollo dei Bitcoin,
in fumo miliardi
(e illusioni)
di Massimo Sideri
I
bitcoin — che già nel
2014 erano stati il
peggior investimento in
valuta del mondo passando
da 1.200 a 300 dollari —
stanno ora crollando di
oltre il 30%: dal 1° gennaio
sono stati bruciati 1,7
miliardi di dollari di
capitalizzazione, di cui oltre
un miliardo nelle sole
ultime 24 ore. L’anno è
iniziato con un buco da 5
milioni nella maggiore
borsa europea, Bitstamp:
un duro colpo per la fiducia
nelle magnifiche sorti e
progressive del «contante
di Internet». Comprendere
il fascino dei bitcoin non è
scontato, ma la storia può
aiutare. La tradizione vuole
che la prima moneta sia
stata coniata da Creso, re di
Lidia, nel VII secolo a.C. Da
allora ha fatto un lungo
viaggio: dall’impero
persiano ai greci, dai re ai
signori feudali (che
diventavano anch’essi, così,
dei piccoli monarchi grazie
al signoraggio) fino alle
banche centrali. Ciò che
collega tutte queste fasi
storiche è che il diritto di
«produrre» la moneta è
sempre stato alieno alla
persona comune. Ma il
bitcoin ha venduto proprio
l’illusione di poter essere,
grazie a un pc, una piccola
banca centrale o un
Gonzaga. Ora, il crollo del
valore ci riporta alla realtà.
@massimosideri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
42
CONSIGLI E STRATEGIE
PER INVESTIRE AL MEGLIO
*in più rispetto al prezzo del quotidiano
5
IN E-BOOK
nei migliori store digitali e nell’app
per iPad® Biblioteca del Corriere
In edicola dal 19 gennaio con
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
Strategie
Marchionne: lascio
fra 4-5 anni
Mai un suv Ferrari
ECONOMIA
«Abbiamo la migliore squadra. Me ne vado fra 4-5
anni». Sergio Marchionne, numero uno di Fca, ha
ribadito ieri parlando in occasione dell’Automotive
News World congress che lascerà il gruppo verso la
fine del piano industriale al 2018. E ha aggiunto
che «sono meno di 10» i candidati alla sua
successione. Marchionne ha poi sottolineato che
«il pubblico italiano capisce che senza Chrysler il
futuro di Fiat sarebbe stato incerto. Non ho
rimpianti: l’unione è un bene per tutte e due le
aziende». Ha quindi confermato che «non ci sarà
mai un suv Ferrari». Il top manager, che è anche
presidente della Casa di Maranello, ha rimarcato
che il gruppo «ha altri brand come Maserati per
questo segmento e per competere con Porsche. La
Ferrari non ha mai speso un soldo in pubblicità.
Non lo ha mai fatto né lo farà. È un marchio unico
che va preservato, dobbiamo essere molto selettivi
perché deve rimanere tale». Una Ferrari, ha
proseguito, dev’essere prodotta interamente in
Italia «altrimenti sarebbe una bestemmia».
Soffermandosi sui cambiamenti al vertice della
«Rossa» ha detto che «Luca ha fatto un buon
lavoro alla guida di Ferrari per 23 anni e Ferrari è
stata campione nel 2008, ma bisognava cambiare.
Lo stile delle macchine andava benissimo, le corse
no. Iniziamo la stagione in ritardo perché la
macchina non era pronta, ma miglioreremo. Sarà
una stagione interessante».
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«Consob, violata la collegialità»
Il gruppo elettrico
Enel sul mercato
dei capitali
lancia il concambio
di sei prestiti
Il Tar boccia la delibera che taglia lo stipendio al dirigente del dossier Unipol
«Violata la regola della collegialità». Dunque «si deve disporre l’annullamento della delibera Consob n. 18822 del 7
marzo 2014». Lo dice una sentenza del Tar del Lazio.
Quella delibera stabiliva il
taglio dello stipendio di un dipendente: Marcello Minenna.
Non uno qualsiasi ma il dirigente che entrò in rotta di collisione con il presiedente Giuseppe Vegas sulla valutazione
dei derivati Unipol.
Sette marzo 2014, al tavolo
riunioni della Consob si siedono Vegas e il commissario Paolo Troiano. Sono loro la Commissione. Sono rimasti in due
dopo la fine del mandato di Michele Pezzinga a dicembre (solo a giugno sarà nominato il
terzo componente, Anna Genovese). C’è da votare su una questione interna molto delicata:
provvedimenti disciplinari
contro Minenna, capo dell’Ufficio analisi quantitativa, per
aver violato le disposizioni autorizzando un collega a partecipare a un corso a Singapore. Lo
sanno tutti negli uffici dell’Authority quanto sia stata violenta la rottura sulla valutazione
dei derivati Unipol, passaggio
chiave nel via libera alla fusione con Fonsai. Alcuni, a torto o
a ragione, leggono i procedimenti disciplinari come un atto della guerra interna.
Tre mesi prima della delibera sul taglio dello stipendio,
esattamente il 13 dicembre
2013, la Consob aveva sul tavolo
il lavoro di Minenna, secondo
cui il portafoglio titoli strutturati di Unipol presentava un
differenziale negativo di fair
value tra i 592 e i 647 milioni.
Simulazioni, stime ex ante
(Unipol oggi ha dimezzato a 2,4
miliardi il portafoglio con 11
milioni di plusvalenze). La
Commissione non prese in
considerazione il dossier (a
supporto tecnico) e con il voto
doppio di Vegas, contrario Pezzinga e astenuto Troiano, decise che Unipol non doveva apportare correzioni, in linea con
la proposta di Angelo Apponi,
capo Divisione informazione
emittenti (ufficio competente
in materia), tre giorni fa nominato direttore generale.
Lo scontro interno a Consob
finisce anche nelle carte della
Procura di Milano. Minenna è
sentito come testimone dal pm
Orsi che indaga per aggiotag-
gio l’amministratore delegato
Carlo Cimbri e tre manager
Unipol. Nel frattempo la decisione di tagliargli lo stipendio
(un quinto per sei mesi) è stata
presa anche se Consob ha sempre negato qualsiasi relazione
con il caso Unipol-Fonsai. Ma
come è stata presa? Vegas e
Troiano sono riuniti uno di
fronte all’altro. Duo non faciunt
2
i commissari
Consob dal
dicembre 2013
a giugno 2014,
con voto
doppio per il
presidente
Wall Street Prima banca Usa
Jp Morgan paga gli scandali
Jp Morgan, la più grande banca Usa, paga gli
scandali: l’utile cade del 6,6% a 4,92 miliardi
dopo 1,1 miliardi accantonati. Per il ceo Jamie
Dimon «le banche sono sotto attacco».
collegium dice la massima latina (e la logica) ma il governo
dorme e il terzo commissario
non c’è ancora. Troiano sfodera
il suo «no» motivato, Vegas
«sì» due volte, da commissario
e da presidente. Voto doppio,
come se fosse una materia di
inderogabile urgenza. La delibera 18822 passa. Minenna la
impugna. Il Tar si pronuncia e
la sentenza è depositata dal 10
novembre. Consob non ha ancora deciso se appellarla.
La sanzione disciplinare è
«illegittima» — si legge — e
«inesistente» il fatto materiale
contestato. E comunque per
lungo tempo la Consob «ha
funzionato, di fatto, come un
organo monocratico» con
«minori garanzie di indipendenza rispetto a un organo collegiale», garanzie che «sono
assolutamente indefettibili nel
caso di un’autorità amministrativa indipendente». La decisione di sanzionare Minenna, al
quale Consob deve pagare le
spese di giudizio, semmai
«avrebbe dovuto essere assunta all’unanimità».
Mario Gerevini
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
43
La vicenda
● La Consob
taglia lo
stipendio di un
dirigente
considerato
«nemico» del
presidente
Vegas (sopra)
● La delibera
passa con il
voto doppio del
presidente
● Minenna va
al Tar che gli dà
ragione:
«Illegittima»
L’Enel si riaffaccia sul mercato
dei capitali: ieri mattina,
tramite Enel Finance
International, ha lanciato
una nuova operazione con la
quale si offre di ritirare sei dei
propri bond in circolazione —
con un valore complessivo di
circa 5,5 miliardi — in cambio
di una combinazione di un
nuovo bond senior a 10 anni in
euro e cash. Secondo quanto
risulta all’agenzia Radiocor,
nell’operazione il gruppo
guidato da Francesco Starace è
supportato da Banca Imi in
qualità di dealer manager e da
UniCredit come joint dealer
manager e joint bookrunner.
L’offerta è valida fino alle 17 del
21 gennaio e il regolamento è
previsto per il 27 gennaio.
I titoli in circolazione
oggetto dell’ offerta di
scambio hanno scadenze su
settembre 2016, luglio 2017,
aprile 2018, ottobre 2018,
marzo 2020, e luglio 2021.
L’operazione mira a
ottimizzare le scadenze e il
costo del debito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
44
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AcomeA Performance (A1)
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4,459
4,595
16,835
17,073
12,722
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5,425
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4,775
4,934
14,329
14,513
4,435
4,571
16,840
17,076
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11,748
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18,713
8,945
8,946
6,548
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3,943
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5,297
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6,316
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Invictus Global Bond Fd
Invictus Macro Fd
Sol Invictus Absolute Return
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72,945
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Azimut Formula 1 Absolute
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Azimut Prev. Com. Crescita
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Azimut Prev. Com. Crescita Cl. C
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Azimut Prev. Com. Equilibrato Cl. C
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Azimut Prev. Com. Obbli.
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Azimut Prev. Com. Obbli. Cl. C
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EUR
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AZ F. Bond Target 2015 DIS
EUR
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AZ F. Bond Target 2016 ACC
EUR
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AZ F. Bond Target 2016 DIS
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AZ F. Bond Target 2017 Eq Op ACC
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AZ F. Bond Target 2017 Eq Op DIS
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AZ F. Bond Target 2018 Eq Op DIS
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AZ F. Bond Target Giugno 2016 ACC
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AZ F. Bond Target Giugno 2016 DIS
EUR
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AZ F. Bond TargetSettem.2016 ACC
EUR
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7,176
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6,781
12,843
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11,072
12,357
12,385
11,408
12,063
12,084
10,521
10,518
17,520
6,925
9,089
9,265
6,661
15,064
13,395
16,189
7,741
10,226
30,937
26,964
7,127
7,020
7,113
6,781
12,842
11,314
11,345
12,488
12,512
11,404
12,094
12,113
10,560
10,552
17,522
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9,105
9,237
6,670
15,098
13,291
16,005
7,740
10,221
31,063
5,125
5,124
5,103
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5,366
3,910
3,860
4,742
5,626
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5,583
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6,025
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5,087
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4,806
5,690
5,164
5,932
5,132
5,130
5,110
5,413
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3,899
3,871
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5,623
5,638
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6,024
5,427
5,488
5,154
5,199
5,089
4,807
5,049
4,804
5,688
5,163
5,930
AZ F. Bond TargetSettem.2016 DIS
AZ F. Cash 12 Mesi
AZ F. Cash Overnight
AZ F. Carry Strategy ACC
AZ F. Carry Strategy DIS
AZ F. Cat Bond ACC
AZ F. Cat Bond DIS
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AZ F. CGM Opport European
AZ F. CGM Opport Global
AZ F. CGM Opport Gov Bd
AZ F. Commodity Trading
AZ F. Conservative
AZ F. Core Brands ACC
AZ F. Core Brands DIS
AZ F. Corporate Premium ACC
AZ F. Corporate Premium DIS
AZ F. Dividend Premium ACC
AZ F. Dividend Premium DIS
AZ F. Emer. Mkt Asia
AZ F. Emer. Mkt Europe
AZ F. Emer. Mkt Lat. Am.
AZ F. European Dynamic ACC
AZ F. European Dynamic DIS
AZ F. European Trend
AZ F. Formula 1 Absolute ACC
AZ F. Formula 1 Absolute DIS
AZ F. Formula 1 Alpha Plus ACC
AZ F. Formula 1 Alpha Plus DIS
AZ F. Formula Target 2015 ACC
AZ F. Formula Target 2015 DIS
AZ F. Formula 1 Conserv.
AZ F. Global Curr&Rates ACC
AZ F. Global Curr&Rates DIS
AZ F. Global Sukuk ACC
AZ F. Global Sukuk DIS
AZ F. Hybrid Bonds ACC
AZ F. Hybrid Bonds DIS
AZ F. Income ACC
AZ F. Income DIS
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 ACC
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 DIS
AZ F. Institutional Target ACC
AZ F. Institutional Target DIS
AZ F. Italian Trend ACC
AZ F. Italian Trend DIS
AZ F. Lira Plus ACC
AZ F. Lira Plus DIS
AZ F. Macro Dynamic
AZ F. Opportunities
AZ F. Pacific Trend
AZ F. Patriot ACC
AZ F. Patriot DIS
AZ F. Qbond
AZ F. Qinternational
AZ F. QProtection
AZ F. Qtrend
AZ F. Renminbi Opport
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EUR
EUR
EUR
EUR
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5,395
5,288
5,016
5,016
5,336
5,278
6,196
6,566
6,605
5,759
3,291
6,627
5,754
5,748
5,584
5,200
5,929
5,141
7,029
2,641
4,610
5,300
5,297
3,342
5,346
5,331
5,606
5,523
6,168
5,562
5,089
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4,152
5,735
5,528
5,456
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5,680
5,603
3,096
3,096
5,141
4,846
6,268
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6,644
5,410
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4,932
5,296
6,302
5,188
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5,801
6,240
5,164
5,164
6,803
6,166
Quota/pre. Nome
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
ECONOMIA/MERCATI FINANZIARI
● Piazza Affari
45
Sussurri & Grida
Il fondo salva aziende e la partecipazione dei privati
di Giacomo Ferrari
Eni e energetici sotto pressione
Tra le banche sale Bpm
L
e incertezze di Wall Street, dopo alcuni
dati macro deludenti e la trimestrale
inferiore alle previsioni di JP Morgan,
hanno frenato le Borse europee, dove
continua a prevalere la volatilità in attesa
delle prossime scadenze (Bce ed elezioni in
Grecia). A Piazza Affari il Ftse-Mib è arretrato
dell’1,59% e le vendite hanno colpito in
particolare Buzzi-Unicem (-4,75%), Moncler
(-3,78%) e Prysmian (-3,09%). Giù anche Eni
(-2,95%) penalizzata dal calo del petrolio. In
rialzo, invece, Bpm (+1,77%), che spicca in un
comparto bancario debole nonostante il
leggero calo dello spread (a 130 punti base in
chiusura). Fuori dal paniere delle blue-chips,
infine, progressi per alcuni editoriali, come
Monrif (+4,57%) e Rcs MediaGroup (+4,05%).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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(f.ta.) Il nodo da sciogliere è se il nuovo strumento per il risanamento di aziende strategiche
sarà interamente pubblico oppure se, più probabilmente, coinvolgerà capitali privati. Il programma prevede che la scelta venga fatta in tempo per presentare il provvedimento nel Consiglio dei ministri di martedì 20 gennaio, che dovrà approvare il pacchetto del cosiddetto
investment compact. Per questo sono al lavoro i
tecnici del ministero per l’Economia e del ministero per lo Sviluppo economico, i due coinvolti
insieme ai consulenti della presidenza del consiglio e alla Cassa depositi e prestiti. L’esordio della società sarà sul caso Ilva, per poi estendere il
modello ad altre realtà. Proprio l’Ilva guidata dal
commissario straordinario Piero Gnudi (foto) richiede interventi d’emergenza, che potranno
procedere più rapidamente se lo strumento sarà
esclusivamente pubblico. Lo chiedono, in particolare, le banche creditrici, rassicurate dall’intervento dello Stato ma preoccupate di soluzioni
più complesse che richiedano tempo e, di conseguenza, la necessità di altri finanziamenti
ponte. La più esposta è Intesa Sanpaolo, seguita
da Unicredit e Banco popolare. In tutto risultano
finanziatrici per quasi 1,8 miliardi, di cui 250 milioni concessi nel settembre scorso ottenendo la prededucibilità, corsia preferenziale nel rimborso
rispetto agli altri creditori.
Il coinvolgimento di capitali
privati rende più complessa l’operazione ma, come sottolineano sia il Mef sia la Cassa depositi e
prestiti, ha almeno due effetti importanti: ridurre l’eventualità di una bocciatura in sede europea
per violazione del divieto di aiuti di Stato alle
aziende e innescare un effetto di leva finanziaria
permettendo di sommare capitali privati a quelli
pubblici. Sicuramente sarà una società a cui ne
faranno capo altre, specializzate per tipologia
d’intervento, anche se la ragione sociale potrà
contenere la parola fondo. La nuova iniziativa
completa la gamma degli strumenti d’intervento
pubblici per la crescita delle aziende affiancando il Fondo strategico italiano (Fsi), la società
Fondi italiani per le infrastrutture (F2i), il Fondo
per le piccole e medie imprese, i finanziamenti
per il venture capital.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA
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(d. pol.) Seguirà la strada già battuta dalle ex
matricole Rottapharm e Intercos anche la Favini
di Vicenza. Insieme a Fedrigoni doveva celebrare in Borsa l’anno delle ipo nel settore della carta. Il progetto sospeso lo scorso 25 ottobre torna
così in un cassetto. I soci Orlando Italy (62% del
capitale) e Crédit Agricole negoziano in esclusiva con un altro private equity. Si tratta di Progressio, società che fa capo ai manager Guido
De Vivo e Filippo Gaggini, Mittel, Caritrento e
Isa, che ha già firmato una lettera d’intenti. Il valore è di circa sette volte l’ebitda, pari a 16,5 milioni su 165 di ricavi. Una cifra stimata superiore
a quella che sarebbe stata spuntata a Piazza Affari. Progressio vuole rafforzare il settore delle
«carte release», trame per la produzione di ecopelle, con applicazioni dal lusso all’abbigliamento sportivo. Il resto del business viene dalle
carte grafiche per il packaging per Gucci, Hermès e Cartier.
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
46
Cultura
& Spettacoli
Il poeta
Omaggi a Virgilio Giotti
in Austria e Spagna
Ricorrono oggi i 130 anni della
nascita di Virgilio Giotti, il poeta
triestino (al secolo Virgilio
Schönbeck, scomparso nella sua
città il 21 settembre 1957) che
ha lasciato testi importanti in
dialetto e in lingua.
L’anniversario è stato anticipato
da traduzioni di suoi testi,
dall’Austria (dove l’editore Drava
di Klagenfurt ha pubblicato
Kleine Töne, meine Töne. Pice
note, mie note) al mondo di
lingua spagnola (Colores.
Il poeta Virgilio
Giotti (18851957), triestino
Antologia 1909-1955, Editorial
Pre-Textos). In catalano è invece
uscita la versione degli Appunti
inutili, il diario postumo uscito
per i tipi del Ramo d’Oro nel
2007: editi da Callígraf, i testi
tradotti da Anna Casassas
hanno una prefazione di Anna
De Simone e sono seguiti da una
postfazione di Claudio Magris.
Il colloquio
Parla l’autore del thriller-commedia «La verità e altre bugie» (Marsilio), l’esordio più conteso dell’anno
Ci vuole talento. Per mentire
Sascha Arango e la falsità: «È solo una forma di comunicazione»
Il caso
● Il volume è
stato l’esordio
più
sorprendente
della stagione,
oggetto di aste
tra gli editori,
venduto in 22
Paesi
● Protagonista
è Henry
Hayden,
scrittore di
bestseller di
fama
internazionale,
bugiardo
(quasi) perfetto
finché un
imprevisto
mette in
pericolo
matrimonio e
carriera
● Sascha
Arango è nato
a Berlino nel
1959 da madre
tedesca e
padre
colombiano.
Sceneggiatore
molto noto in
Germania, è
stato più volte
premiato con il
Grimme-Preis,
prestigioso
premio per la
televisione
di Elisabetta Rosaspina
L
a fortuna aiuta i mendaci.
Soprattutto se eleganti,
empatici, brillanti: alla
Tom Ripley, insomma. A
dimostrare spiccato talento per
la contraffazione, qui, è un certo
mister Hayden, scrittore di successo che, in verità, non ha mai
vergato una sola linea dei suoi
entusiasmanti bestseller. E
nemmeno ci prova, in quanto
dispone di una compulsiva e
asociale ghostwriter, sua moglie Martha. È lei, trasparente e
devota, la vera autrice dei suoi
fortunati romanzi. L’ideale e insostituibile fonte della sua celebrità e del suo benessere.
A ben vedere, Martha è tutto
ciò che c’è di vero nella vita del
marito. Insieme, formano una
coppia dall’equilibrio perfetto:
lei, solitaria e ritrosa, adora scrivere — non pubblicare — e odia
comparire; lui, simpatico e
mondano, impugna la penna
soltanto per concedere autografi e firmare lucrosi contratti con
il suo felice editore, che è convinto di avere sotto contratto e
sotto gli occhi un genio narrativo. Quindi, meglio sgombrare
subito il campo da ogni dubbio
velenoso. Sascha Arango, lo giuri: ha scritto davvero lei La Verità e altre bugie o è stata sua moglie? «Mia moglie, mia moglie,
naturalmente» ride, da Berlino
dove abita, il 55enne autore di
uno dei romanzi più contesi della stagione alle aste delle fiere
letterarie. Se lo sono strappato
di mano le case editrici di 22 Paesi e, per l’Italia, se lo è aggiudicato Marsilio, che lo manda oggi
in libreria.
Parrebbe un po’ insolita una
bagarre simile per un esordio,
se non fosse che Sascha Arango
non è penna di primo pelo. Da
anni è il pluridecorato sceneggiatore della serie televisiva po-
liziesca più amata dai tedeschi,
Tatort, ovvero Il luogo del delitto. Con i thriller, gli intrighi, i
colpi di scena, dunque, aveva già
la mano esercitata. Però ancora
non si era potuto togliere la soddisfazione di un avvio così:
«Nella vita sono pochi i momenti di grande certezza. Ma in
quest’istante Henry vide nel futuro», senza dover ingaggiare
una voce narrante fuori campo,
per illustrare le sensazioni del
protagonista di fronte all’evidenza della sua futura paternità.
«Per questo mi diverte di più
scrivere libri che copioni —
spiega il neoromanziere, che comunque sta personalmente
adattando il suo libro alle esigenze di Hollywood —. Non credo che gli sceneggiatori siano
più bravi degli scrittori. Possiedono una tecnica diversa che
consiste nell’arrivare al punto
omettendo, anziché aggiungendo dettagli. La parte più difficile
del lavoro è proprio in ciò che
non scrivi».
Tra poche «verità e altre bugie» il lettore avanza alla scoperta delle diverse sfaccettature di
un personaggio che sa farsi perdonare, come opina il suo creatore: è la storia di un uomo che
commette un errore e finisce
nella patologia del mendacio,
dove ogni bugia ne richiede
un’altra e poi ancora un’altra, e
un’altra, per occultare le precedenti. Affinando, frottola dopo
frottola, quella che Arango definisce «una delle forme più interessanti di comunicazione».
Sceneggiatore tedesco
Dice al «Corriere» lo sceneggiatore
Arango: «In Germania siamo in
molti a voler fuggire dalla tv»
Magari non la più nobile: «Mentiamo tutti. Rientra nella nostra
creatività — obietta lo scrittore
—. Non dico che sia una buona
cosa, ma spesso la verità è l’ultima spiaggia. Mentiamo per renderci importanti, per vivere meglio, per cortesia. Per non ferire
chi ci fa un regalo anche se non
ci piace».
D’accordo, ma chi è davvero
Henry Hayden, questo accattivante e ineffabile mistificatore
che un perfido spermatozoo,
approfittando di una sua distrazione, ha inguaiato fin dal primo paragrafo? «È un tipo fortunato, che ha avuto però un’infanzia molto difficile. Man mano che si va avanti si rivela
freddo, intelligente, astuto, ma
fondamentalmente cerca di essere una buona persona con tutti» lo descrive, indulgente,
Arango.
Insomma. A dire il vero, tra il
momento iniziale in cui l’ecografia dell’utero della sua amante (ed editor), Betty, gli rivela
che sta per diventare padre, ma
del figlio della donna sbagliata,
e il finale (tutt’altro che definiti-
❞
Il protagonista è un
uomo
ambiguo,
ma
tranquillo e
silenzioso
Mi sono
innamorato
del furbo ed
elegante
Tom Ripley
di Patricia
Highsmith
Registi che scrivono
Sorrentino, Cronenberg & C.: dal set alle pagine
Il canadese
David Cronenberg
(71 anni)
Ciak, si scrive. La flotta di
cineasti salpata verso la
letteratura è sempre più folta.
C’è Paolo Sorrentino in Italia,
premio Oscar l’anno scorso
con la Grande bellezza e terzo
classificato al premio Strega,
nel 2010, con la sua opera
prima Hanno tutti ragione
(Feltrinelli). C’è il settantenne
David Cronenberg in Canada,
regista di oltre 20 lungometraggi, attore in quasi
altrettante pellicole altrui, e
finalmente debuttante l’anno
scorso in libreria con Divorati
(Bompiani). Con il tedescocolombiano Arango in
Germania, si conferma
dunque l’irresistibile e
reciproca attrazione tra autori
(di libri) e autori (di film), una
volta generalmente a senso
unico: erano gli scrittori a
fornire trame agli
sceneggiatori, impegnati a
proiettare sul grande schermo
quello che ogni lettore
immaginava nella sua testa.
Personaggi, scenari, paesaggi.
È andata così per un altro
intreccio di diaboliche
menzogne: Gone girl, il
romanzo di Gillian Flynn
pubblicato nel 2012 e adattato
dalla stessa Flynn per il
cinema, con il titolo L’amore
bugiardo (libro tradotto da
Rizzoli). Arango vorrebbe un
Fassbinder per dirigere il suo
primo libro, ma non si
sbilancia sull’interprete
principale: «Sottoporremo lo
script a vari attori famosi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
(e.ro.)
RENÉ MAGRITTE «PAESAGGIO INCANTATO»
● La verità e
altre bugie esce
oggi nelle
Farfalle di
Marsilio
(traduzione di
Alessandra
Petrelli, pagine
248, 17)
vo), Henry ha tempo di trasformarsi da dandy imbonitore in
killer recidivo: «Sì — ammette il
suo autore —, Henry è un personaggio ambiguo; si disprezza
per quello che fa, ma non ha rimorsi. In fondo è un uomo tranquillo e silenzioso». Vorrebbe
aggiungere forse «anche innocuo». Il che non è del tutto inesatto, almeno finché Henry non
vede messe in pericolo l’agiatezza e la reputazione che si è miracolosamente conquistate per via
coniugale.
Ma le gambe corte delle sue
bugie si manifestano sotto il busto di una vecchia conoscenza:
«Gisbert Fasch, il mio personaggio preferito, dopo Henry — garantisce Arango —. Io mi sento
un misto di Henry e di Fasch, il
perdente».
Non ha sex appeal, Fasch,
non miete conquiste, è soltanto
ostinato e solo. Non ha più illusioni, dopo aver accantonato
quella di diventare scrittore, ma
non ha dimenticato l’iroso, violento compagno di orfanatrofio
che gli ha rubato il letto da adolescente, e si è impadronito del
suo sogno da adulto. Ne nascerà
un impari duello, dove è ancora
la menzogna ad avere la meglio.
Almeno provvisoriamente.
Se la pazienza premia Honor
Eisendraht, per esempio, discreta e fedele segretaria dell’editore Moreany, la punizione
tarda. Sebbene Arango professi
il suo amore per i suoi maestri
russi, a cominciare da Dostoevskij, e inglesi: «Mi sono innamorato a 15 anni di Patricia Highsmith e del suo furbo ed elegante Tom Ripley — ricorda lo
scrittore —. Spero che i lettori
italiani simpatizzeranno con
Henry, anche se è un personaggio negativo. E che finiranno per
perdonarlo. Prometto: pagherà
le sue colpe nella prossima puntata».
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
● In pagina
L’aldiquà di Luca Ricci
e i fantasmi quotidiani
di Cristina Taglietti
TERZA PAGINA
o, te e il fantasma. Nella cucina c’è
l’amica immaginaria della figlia che fa i
biscotti con l’amica immaginaria del
padre; in camera il piede della prima
moglie defunta fa sentire il suo peso sul
materasso (o è il gatto?); in fondo al
corridoio il trompe l’oeil si apre su un
giardino da cui vengono soffi d’aria; in
I
Elzeviro
POVERA E NUDA
VAI FILOSOFIA
IN TELEVISIONE
Segna
libro
salotto un finto marito e finto padre
entrato dalla finestra aspetta che i suoi
(finti) cari vadano a dargli un saluto
prima che l’eclissi faccia del giorno notte;
l’alone bagnato che si forma sul
materasso di una coppia, è inspiegabile
come i cerchi nel grano. È tutto vero, tutto
falso: è il fantastico che Luca Ricci anima
con grande padronanza drammaturgica
e voce riconoscibile, in dodici racconti
(alcuni inediti) dedicati ai Fantasmi
dell’aldiquà (La scuola di Pitagora, pp.
110, 10, postfazione di Umberto Silva).
Presenze domestiche, quasi
complementi d’arredo in questi interni
perfettamente descritti con il minimo dei
47
dettagli, così come gli elementi cui si
accompagnano: amore, morte,
tradimento, gelosia. La vita, insomma. O
la possibilità di una vita. Gli occhi dei
bambini sorvegliano tutto, anche il
fantasma di Raymond Carver che Ricci,
discretamente, convoca.
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Protagonisti Un anno fa scompariva il grande direttore d’orchestra. Un libro di Giuseppina Manin lo ricorda
Le ceneri di Abbado in Engadina
L’ultimo viaggio sulle montagne
di Raffaele La Capria
S
uccede anche questo, che quelli che hanno un posto in televisione, presentatori,
conduttori, giornalisti eccetera, usino la
televisione come se fosse di loro proprietà, come un podio da cui parlano al popolo
diffondendo le proprie opinioni. Non capiscono, fanno finta di non capire, che la televisione
non è cosa loro, e dunque non possono usarla,
sfruttandone il potere, per propri fini e per il
loro molto personale interesse. Per esempio
accade che molti di questi personaggi scrivano
libri letterariamente di nessuna importanza,
saggi di attualità, di costume, politica, romanzi,
che data la notorietà televisiva degli autori invadono le librerie, i giornali, il mercato, e tutto
questo è normale, niente di male, tranne forse
che la letteratura che vale passa in second’ordine. E accade anche che Tizio promuova in trasmissione uno di questi libri di un suo collega
televisivo, e che il collega in un’altra trasmissione promuova il libro di Tizio, e questo non va
bene. Insomma un circolo vizioso con questo di
negativo: che dei veri libri e dei veri scrittori
non si parla quasi mai. E oltre a ciò nei programmi più seguiti vengono chiamati e vengono promossi sempre i già promossi, i già famosi
e mai quelli da promuovere. Ma questo è cosa
nota, fa parte del costume nazionale accorrere
in soccorso del vincitore.
Si è mai sentito nominare un vero scrittore o
un vero critico in una trasmissione, con la stessa insistenza e la stessa premurosa attenzione
riservata al collega che occupa un posto in televisione? La cosa non mi meraviglia, la cultura è
da tempo che latita dal nostro Paese, non sanno
cosa sia i politici e, tranne rare eccezioni, non
ne parlano mai col tono giusto, altre sono le
cose che a loro interessano. Non ci sono grandi
riviste, veri punti di incontro, una società che la
tenga nella giusta considerazione. Solo i cosiddetti eventi, come lo Strega e simili, manifestazioni più mondane che culturali, più spesso
«assessorili», per promuovere il turismo. E, sia
detto per inciso, i premi sono raramente in
danaro, sempre targhe targhette medaglie e
medagliette, mai pecunia, sicché lo scrittore,
quando è premiato, è solo usato.
Si fa presto a
dire destra: ma
nell’Italia del
dopoguerra,
specie a partire
dagli anni
Sessanta,
soltanto i
neofascisti
accettavano di
essere
classificati così.
Eppure non si
trattava certo
dell’unica
destra
possibile: ve ne
erano altre, più
o meno
mimetizzate, e
alcune nuove
sono poi
emerse negli
anni Novanta.
Esplorano il
tutto gli autori
del libro a più
voci Storia delle
destre nell’Italia
repubblicana, a
cura di
Giovanni
Orsina
(Rubbettino,
pp. 285, 18)
✽ ✽ ✽
Devo continuare? Quando si leggono i giornali la cultura bisogna cercarla in un angolino,
dopo le straripanti pagine dedicate alla cucina,
alla moda, alla salute. La cultura è considerata
secondaria. Prima, non molto tempo fa, c’era la
terza pagina, Montale, Piovene, Moravia, Buzzati, Parise scrivevano elzeviri creativi, non articoli
di informazione come oggi si fa per inseguire
gli «eventi» e l’attualità. Come conseguenza di
tutta questa situazione, anche la vita di chi deve
guadagnarsela scrivendo libri o articoli è diventata grama. Lo dico in nome di tanti miei amici
e lo dico anche per esperienza personale.
Ma anche i nostri intellettuali, i rappresentanti della cultura che conta, avrebbero molte
cose da rimproverarsi. I più bravi si sono rinchiusi nel loro recinto esclusivamente letterario, con polemichette esclusivamente letterarie,
e spendono la loro intelligenza in quel recinto;
altri meno bravi scrivono in un loro gergo intellettualistico che credono alto e invece è solo
poco comunicativo; altri ancora, soprattutto i
più giovani, sono eccessivamente competitivi e
hanno come unica ambizione il successo. Pochi
hanno un loro mondo poetico da esprimere,
uno stile riconoscibile ed originale. Moravia,
Pasolini, Calvino, Parise scrivevano in una lingua chiara e comprensibile, e spesso si sporcavano le mani, non erano «arroccati» e insieme
smaniosi di successo mediatico. Insomma oggi
anche gli intellettuali di questo tipo sono responsabili della situazione che si è creata e sono un esempio della scarsa sorveglianza critica
che a tutti loro ha concesso un lasciapassare.
Nel Paese che più deve alla cultura perché la
cultura è alla base della sua identità, della sua
lingua, dell’unica storia di cui non debba vergognarsi, sembra strano che la cultura sia trascurata fino a questo punto.
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«Per il
conservatore
un’abitudine
sociale vale più
di molti
ritrovati nuovi
non passati
attraverso
l’esperienza
dei secoli».
Traspare il
disincanto di un
Giuseppe
Prezzolini quasi
novantenne in
questa frase
tratta dal suo
Manifesto dei
conservatori,
pubblicato per
la prima volta
da Rusconi nel
1971 e ora
riproposto dalle
Edizioni di
Storia e
Letteratura con
un testo
introduttivo di
Gennaro
Sangiuliano
(pp. XXVIII116, 18)
a cura di
Antonio
Carioti
A sinistra: la piccola cappella di Crasta in Val
Fex, in Engadina. Lì dietro, in mezzo alle altre,
c’è la lapide del direttore d’orchestra Claudio
Abbado (qui sopra). Nella foto, pubblicata da
«Classic Voice», si riconoscono un rametto
d’abete, alcune pigne e una caramella
di Paolo Di Stefano
L
o raccontano come un
sabato di luce bellissima, quell’1 novembre in
cui i quattro figli di Claudio Abbado, Daniele, Alessandra, Sebastian e Misha, hanno
posato l’urna con le ceneri di
papà dentro un muretto di sasso che cinge il piccolo cimitero
di Crasta. Poco più di due mesi
fa. C’erano anche i tre nipoti,
Tommaso, Francesca e Gigi.
Una cerimonia molto ristretta
per onorare il proposito di far
tornare il grande direttore nei
luoghi che amava di più, a duemila metri, poco distante da Sils Maria, in Engadina, dove da
anni trascorreva le sue settimane di riposo e di contemplazione, di passeggiate tra larici e
marmotte. A volte di studio:
qui, nell’estate 2003, ha portato
le partiture di Wagner e Debussy, le musiche d’esordio con
l’Orchestra di Lucerna.
Il libro di Giuseppina Manin,
in libreria da oggi (Nel giardino
della musica, Guanda), che
racconta la vita e l’arte di Abbado, si chiude con il racconto di
quella mattina. Tre quarti d’ora
per raggiungere da Sils, a piedi
o in carrozza, la chiesetta quattrocentesca di Crasta, dove
spesso Abbado «entrava per
ammirare l’abside affrescata
con una teoria di angeli e santi
coloratissimi», scrive Manin,
«al centro una Vergine con il
capo avvolto in un velo bianco,
in alto un Cristo dentro una
mandorla». Sono i luoghi che
ispirarono Segantini, gli stessi
frequentati da Nietzsche, da
Hesse, da Marcuse. «Una volta
arrivati alla piccola cappella
bianca, il visitatore passa attraverso un recinto verde. Un po’
giardino un po’ camposanto.
Poche tombe, semplici e commoventi come si usa in montagna. Intorno i prati, le montagne solenni, qualche mucca pigra che pascola beata. Un bel
posto per riposare. Da vivi e anche da morti». Una lapide nuda, con nome e cognome, gli
anni di nascita e di morte
(1933-2014) incisi in basso a sinistra, quasi invisibili. Un rametto di abete, una caramella,
alcune pigne, nient’altro. Quella mattina tre musicisti, amici
di Claudio, hanno suonato musiche di Bach e di Schubert.
Non ci tengono a far sapere i loro nomi.
Era l’ampia Val Fex, dominata
dal massiccio del Bernina e dai
ghiacciai, il suo paesaggio del
cuore, che d’estate alternava
con il mare di Alghero e con il
suo giardino «magico», curato
amorevolmente. Qui, a 1.950
metri, qualcuno lo ricorda passeggiare, gracile e distinto, in
solitudine. Pranzava alla Pensiun Crasta, una casa antica proprietà del falegname che aveva
costruito i primi sci della zona.
Tetto spiovente e cornici decorate alle finestre. All’interno,
grandi credenze di legno chiaro. Un’idea di semplicità svizzera, familiare, le tovaglie bianche
e i fiori al centro.
La sua prima moglie, Giovanna Cavazzoni, il giorno della
morte, 20 gennaio dell’anno
scorso, ha ricordato che da giovane Claudio amava sfidare la
montagna, appassionato com’era di altissime cime. Le gite,
le escursioni, lei scalatrice pre-
L’addio
Una lapide nuda, un
rametto di abete e tre
musicisti che eseguono
Bach e Schubert
●
Il volume
Nella biografia
utopia e impegno
del maestro
L’impegno per una
«musica accessibile a
tutti», l’amore per la natura,
la storica direzione della
Scala, i «Berliner», e i 90
mila alberi chiesti nel 2010
al posto del cachet per
tornare a Milano. C’è la
passione, l’impegno e la
carriera di Claudio Abbado
nella biografia Nel giardino
della musica, di Giuseppina
Manin
(Guanda,
pp. 174, 14) che esce
oggi, a un
anno dalla
morte del
maestro
avvenuta il
20 gennaio
2014, raccogliendo ricordi e
aneddoti frutto di tante
interviste per il «Corriere
della Sera». E fa rivivere
stagioni musicali
memorabili, dal Don Carlo
al Viaggio a Reims.
Il museo veneziano
Record di visitatori al Guggenheim
Nel 2015 si punta sui fratelli Pollock
I
l 2014 alla Collezione Peggy
Guggenheim si è concluso
con numeri da record. Nel
corso dell’anno il museo
veneziano ha infatti contato
396.077 presenze durante i
suoi 316 giorni di apertura, con
una media giornaliera di 1.253
ospiti. Questo numero include
7.000 studenti e oltre 1.000
insegnanti del programma di
formazione «A scuola di
Guggenheim», 1.500 bambini
dei laboratori domenicali del
«Kids Day» e oltre 7.700
persone che hanno visitato la
collezione in occasione di
inaugurazioni e visite speciali.
Il 2015 si apre offrendo al
pubblico la possibilità di
visitare fino al 19 gennaio la
mostra Azimut/H. Continuità
e nuovo, a cura di Luca
Massimo Barbero, che con
oltre 110.000 visitatori dalla sua
apertura, il 20 settembre 2014,
ha fatto riscoprire l’atmosfera
della galleria e rivista fondate
da Castellani e Manzoni nella
Milano del 1959. Seguiranno
mostre sui fratelli Pollock. Si
comincia il 14 febbraio con la
mostra Alchimia di Jackson
Pollock e poi dal 23 aprile con
Jackson Pollock e il fratello
Charles.
coce, lui alpinista, ma sciatore
un po’ tardivo e subito spericolato: «La sfida era uno dei suoi
modi di affrontare la vita, a quel
tempo le guide alpine erano pochissime e in certe ore, attraversare da soli i ghiacciai era sconsigliato, ma lui non si fermava,
era attratto da tutto ciò che era
difficile, improbabile, pericoloso, e a volte voleva fare proprio
lui, un po’ presuntuosamente, il
capocordata». Non bastò a terrorizzarlo, un mezzogiorno di
tanti anni fa, il boato di un
ghiacciaio che si era staccato
dall’alto e che veniva giù come
una bomba: «Rimase tranquillo, abbiamo riattraversato la valle non appena il masso era precipitato. Aveva un coraggio che
lo spingeva al di là del buonsenso, un amore fisico per la montagna che non lo tratteneva dal
mettere a repentaglio il proprio
corpo».
Con l’avanzare dell’età, Abbado ha scelto Fex per passeggiare tranquillamente nei boschi,
e per meditare fuori dal gorgo
della celebrità. Non più le Alpi
della giovinezza da conquistarsi con le proprie gambe sulle
rocce e sui ghiacciai, non più la
Valle d’Aosta, i 3.500 metri sopra Cervinia. Adesso, un’altitudine rispettabile ma vissuta
senza il furore di chi vuole scalare. Negli ultimi vent’anni Abbado divideva i momenti liberi
tra la Sardegna e l’Engadina. Ha
goduto di queste montagne anche nell’ultima estate, prima di
ritirarsi ad Alghero per affrontare la malattia, in autunno.
«Qui le cime sono così vicine...», disse Abbado, «Ti entrano in camera dalla finestra. Qui
i pensieri si allargano, come lo
sguardo sul paesaggio. Il tempo
si dilata. Tutto è così semplice e
maestoso in montagna. Gli alberi svettano più alti, la loro
chioma si fa più scura, le loro
voci più sommesse e misteriose».
Milano, nel frattempo, ricorda Giuseppina Manin, gli ha dedicato una lapide al Famedio, lo
spazio del Monumentale riservato alle più celebri personalità
cittadine. Le ceneri di Abbado
sono state sparse in parte nel
mare sardo, il resto è custodito
in un muretto della Val Fex, dove il «tempo si dilata».
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
SPETTACOLI
Su «Sette»
Francesco De Gregori si racconta a «Sette», in
edicola domani con il «Corriere della Sera». Il
cantautore racconta il suo progetto «Viva Voce»,
doppio album in cui rilegge i suoi classici e parla a
ruota libera. «L’Italia si può ancora definire terra
felice per la sua storia. E recentemente sono stato
in Germania. Ho visto la differenza e capisci perché
la Merkel voglia far pagare all’Italia lo scotto per
questo “lavorare con lentezza”, una particolarità
tutta italiana».
De Gregori
«L’Italia rimane
una terra felice»
Satira a Hollywood
Peggior attrice, 2 nomination per Cameron Diaz
Doppia candidatura per Cameron Diaz ai Golden Raspberry Awards,
(detti anche Razzies) le cosiddette Pernacchie d’oro che dal 1981
incoronano i peggiori film e i peggiori attori dell’anno appena
trascorso. La diva ha avuto nomination per «The Other Woman» e
per «Sex Tape». Il film in testa al poco ambito riconoscimento è
«Transformers 4 - Age of Extinction» di Michael Bay. Nonostante il
grande successo di pubblico non ha convinto i critici ed è in lizza per
sette categorie.
Jennifer Lopez
recenti Golden Globe dove non
ha gradito la battuta sui “globi”
del suo corpo detta da Jeremy
Renner) Jennifer conferma che
il suo obiettivo è girare e produrre diversi film e mettere da
parte show e i suoi redditizi
impegni per profumo, linee di
moda e accessori.
Che cosa le è piaciuto di più
della sua Claire?
«Le sue verità: è una donna a
un crocevia, è una insegnante
nella scuola locale, presa da
tanti doveri. Ha smesso di chiedere a se stessa che cosa veramente vuole. L’ammirazione di
quel ragazzo risveglia in lei
slanci del passato, ma Claire ha
una solida struttura morale,
spesso in contrasto con la sua
vulnerabilità». Nel genere
thriller i suoi film preferiti sono quelli di Hitchcock. «Tornavo a casa e reinventavo le storie,
davo un seguito».
La diva in un thriller:
sul set a 45 anni
mi sento più libera
«Basta con l’ossessione di apparire giovani»
Chi è
● J. Lo. è nata a
New York il 24
luglio 1969 da
una famiglia di
origini
portoricane
● Ha iniziato la
sua carriera nel
cinema a metà
anni 90. Ha
lavorato anche
con Coppola e
Soderbergh
● Nel 1999
debutta nella
musica col suo
primo album
«On the 6». In
carriera ha
venduto 80
milioni di dischi
● Sposata e
divorziata tre
volte, l’ultima
con la popstar
Marc Anthony
da cui ha avuto
due gemelli
LOS ANGELES Jennifer Lopez ci
riprova come attrice. Tutti i
suoi fan, che seguono con attenzione le tante professioni
dell’eterna ragazza del Bronx,
sono pronti a vederla nel thriller The boy next door. Donne
che l’ammirano, uomini che
apprezzano le sue generose
curve e persino i ragazzi.
«Quello dei giovani è il mio
pubblico preferito» dice la star
che è anche impegnata, per chi
non ha tutto ciò che lei ha conquistato, nella filantropia della
sua Lopez Family Foundation.
Una regola di J. Lo è, a suo dire da sempre, «stay
hungry» e poco le
importa che sia stata
detta anche da Steve
Jobs agli studenti
dell’Università di
St a n fo rd : « I o h o
sempre voluto realizzare i miei sogni e
“resto affamata” di
emozioni e incontri».
A 45 anni dice di
sentirsi più che mai
in armonia con il suo corpo e
più libera di esprimersi dal
punto di vista artistico. «Mi interessa interpretare donne della mia età, in esse ritrovo i miei
cambiamenti e non mi spaventa affatto non essere più la J. Lo
trentenne. Mi sento molto più
realizzata e cosciente di ciò che
scelgo e faccio ora che non nel
mio passato. Ho sempre lavorato, ora è il momento di farlo
con una coscienza e scelte focalizzate non sull’apparenza o la
smania di apparire giovani, ma
con tutto ciò che, invece, ho
raggiunto nelle varie tappe.
Tutto serve, anche gli errori. Il
tempo che passa non ti toglie
cose ma te ne dà altre e spesso
molto più importanti. Ogni età
ha un suo valore preciso, la mia
di oggi è molto fertile». Non a
caso ha anche co-prodotto il
film diretto da Rob Cohen e
scritto da una donna, Barbara
Curry. Jennifer interpreta Claire Peterson, un’ultraquarantenne sposata con un figlio
adolescente. Il ragazzo ha come amico il diciannovenne
Ryan Guzman, professionista
nella vita anche di arti marziali,
ballerino provetto nonché modello, già definito dalla Hollywood in cerca di nuove star
«il nuovo Tom Cruise».
Ambientato a Los Angeles,
in un distretto con le villette a
schiera della classe media agiata, il thriller pone la diva al centro di un copione che il regista
Cohen sviluppa per gradi. Dapprima presenta la famiglia, poi
i desideri più segreti della signora che dopo 18 anni di matrimonio si scopre a spiare dalla finestra quell’amico atletico
del timido figlio, arrivato a casa
del nonno perché i suoi genitori sono morti apparentemente
in un incidente.
Sempre elegante (come ai
❞
Desideri
Interpreto una donna
matura che si scopre
a spiare dalla finestra
l’amico del figlio
❞
La battuta
Non ho gradito la frase
di Renner sui miei
«globi» all’ultima
festa del cinema
«The boy next door» Jennifer Lopez in una scena del film diretto da Rob Cohen, presto sugli schermi
L’autore condannato a Teheran
Il regista iraniano Panahi in concorso al Festival di Berlino
Dissidente
Il regista
iraniano Jafar
Panahi (54 anni)
49
È quello di Jafar Panahi il nome forte della
Berlinale, la rassegna cinematografica tedesca
giunta alla 65ª edizione, che quest’anno si
svolge dal 5 al 15 febbraio. Panahi sarà in gara
con Taxi, interpretato da lui stesso. Il regista
iraniano dissidente quattro anni fa è stato
condannato a 6 anni di reclusione. Non solo: gli
è stata anche preclusa la possibilità di dirigere,
scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare
interviste sia all’estero che all’interno dell’Iran
per 20 anni. Ma nonostante questo Panahi aveva
già firmato con il suo collaboratore di sempre
Closed curtain, premiato nel 2013 con l’Orso
d’argento per la migliore sceneggiatura.
Inevitabile quindi che il suo ultimo lavoro sia
particolarmente atteso. Oltre al suo, sono stati
resi noti altri sei titoli della selezione ufficiale:
Queen of the Desert di Werner Herzog con
Nicole Kidman, James Franco, Damian Lewis,
Robert Pattinson; Body della polacca
Malgorzata Szumowska, Big Father, Small
Father and Other Stories del vietnamita Phan
Dang Di, Diary of a Chambermaid di Benoît
Jacquot con Léa Seydoux e Vincent Lindon,
Victoria del tedesco Sebastian Schipper, Gone
with the Bullets del cinese Wen Jiang. Fuori
competizione invece ci sarà Mr. Holmes, il film
diretto Bill Condon con Ian McKellen e Laura
Linney.
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Le priorità nella sua vita quali sono, considerando che lei è
da anni l’attrice latina più pagata? «Adoro ogni momento della vita e crescita dei miei gemelli Maximilian ed Emme.
Migliorare le condizioni delle
donne nel mondo è un mio
obiettivo come imparare sempre qualcosa».
Ha cominciato la carriera
d’attrice con un piccolo film di
grande qualità, Selena, poi ha
interpretato anche flop colossali e ha venduto più di 80 milioni di dischi. Le prossime
tappe? «Sarò presente al prossimo Sundance con Lila & Eve
in cui ho recitato con Viola Davis. Mi piace anche doppiare
film d’animazione».
Confessa di rilassarsi soprattutto con una sorta di diario, in
cui scrive giorno dopo giorno.
«La vita non è un viaggio materiale o di vanità».
Giovanna Grassi
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La fiction Rai con Beppe Fiorello
In tv la fiaba della bambina strappata agli orrori di Sarajevo
Le puntate
● La fiction
«L’angelo di
Sarajevo»
(in onda su
Rai1 il 20 e 21
gennaio)
è liberamente
ispirata
al romanzo
del giornalista
Franco Di Mare
«Non chiedere
perché»
ROMA «L’angelo di Sarajevo», la
fiction in onda su Rai1 il 20 e 21
gennaio, racconta la storia vera
di una bambina, strappata all’orrore della guerra e adottata
da un italiano. Quella bambina
si chiama Stella, ora ha 23 anni
e si sta per laureare in Economia.
Il padre adottivo è il giornalista Franco Di Mare che dice:
«Mia figlia non ha voluto partecipare alla stesura della sceneggiatura, né tantomeno vedere neanche un fotogramma
della fiction prima della messa
in onda perché per lei, vedere
rappresentata la sua vita, è
un’emozione troppo forte. Mi
ha detto “papà, la vedremo insieme da soli a casa quando sarà trasmessa”. Le ho risposto di
preparare i fazzoletti, perché si
piange come vitelli! E per l’occasione ho comprato un televisore più grande».
È l’estate del 1992. Sarajevo è
sotto assedio. Un inviato di
guerra della tv italiana (interpretato da Beppe Fiorello) assiste al bombardamento di un
orfanotrofio dove, poco dopo,
entra e incrocia lo sguardo impaurito della piccola Malina:
decide di portarla via con sé.
Prodotta da Raifiction e Picomedia, girata nei veri luoghi
del conflitto con la regia di Enzo Monteleone, è liberamente
ispirata al romanzo di Di Mare
«Non chiedere perché». «Andrà in onda di martedì, invece
che di lunedì – spiega il direttore di Raifiction Tinni Andreatta
– per evitare lo scontro con
“Scherzi a parte” con Bonolis
su Canale 5: è un prodotto molto importante e bisogna per-
mettere a più persone possibile
di vederlo».
Beppe Fiorello ha vissuto in
maniera emotiva il suo personaggio e soprattutto l’incontro
reale con la piccola attrice che
impersona Malina, Iva Nikolic:
recitare con una partner di 10
mesi non capita spesso.
«No – afferma l’attore – perché lei non fingeva di interpretare un ruolo, ma faceva sul serio!».
Emilia Costantini
EmiliaCostantin
Dramma Beppe Fiorello (45 anni) nella fiction di Rai1
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50
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
SPETTACOLI
In platea
7 giorni sul palco
di Claudia Provvedini
Harold Pinter
Dittico
La serra Il potere è stupido,
dietro di esso piccoli uomini
spaventati, schiacciati
nell’ingranaggio. «Un’apocalisse
comica» secondo il regista
Marco Plini. Nel cast, Mauro
Malinverno (foto), Luca
Mammoli, Valentina Banci
(dal 15, Bonci, Cesena)
Goyescas e Suor Angelica Storie
«al femminile». Nell’opera di
Granados è centrale Rosario/
Giuseppina Piunti; in Puccini, nel
ruolo della monaca Amarilli
Nizza. Regia Andrea De Rosa,
coreografia Michela Lucenti con
Balletto Civile, dirige Renzetti
(dal 15, Regio, Torino)
TEATRO E MUSICA
Al Verdi di Trieste
In scena a Roma
Lo scanzonato
Wagner
in maschera
Mosè secondo Castellucci
Eccessi e fumo negli occhi
di Franco Cordelli
I
di Enrico Girardi
I
l titolo inaugurale di una stagione d’opera
non ricca nei numeri ma tutt’altro che priva
di contenuti culturali come quella del Teatro
Verdi di Trieste è Das Liebesverbot (Il divieto
d’amare) di Wagner (foto). Si fa raramente in Europa e persino in Germania, figurarsi in Italia.
Eppure, nel suo seguire a suo modo il modello
comico dei Paesi latini — il soggetto viene da
una novella di Giambattista Giraldi Cinzio —
l’opera è godibilissima, oltre che interessante
per l’appassionato wagneriano, che vi trova molto di più del saggio giovanile di cui riferiscono i
manuali. Trova i prodromi di quel tipo di «ingenuità» che anche lo smaliziato Wagner degli anni a venire non perderà mai; e vien da aggiungere, fortunatamente. E trova un melodismo da
reggere il confronto con Donizetti o Auber.
L’allestimento è frutto di una coproduzione
che il Verdi ha realizzato con i teatri di Lipsia e il
festival di Bayreuth. La regia di Aron Stiehl non
ritrae la mano nel dar vita ai diversi tipi di comicità, dalla più leggera alla più «pesante», che attraversano l’azione. E si cura che la recitazione
— il cast è formato da cantanti che hanno Wagner nel Dna — assecondi il gioco anche ove
possa apparire più scanzonato del necessario.
Cosicché il sangue giovane che scorre in queste
arterie arriva vigoroso al cuore: una scelta giusta,
anche se prende vita tra scene e costumi ultrakitsch. Oltre al cast, capeggiato dalla protagonista
Lydia Easley, si apprezza la solidità e la chiarezza
della direzione di Oliver von Dohnányi, maestro
slovacco che non è figlio del celebre Christoph
ma, come questi, discende dal leggendario Ernö
(tedeschizzato in Ernst).
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Il divieto d’amare
di Richard Wagner. Sul podio von Dohnányi
●●●●●●●●●●
7,5
n Go down, Moses di Romeo Castellucci, in scena
all’Argentina di Roma, si
possono distinguere dieci
più o meno sontuose sequenze.
1. Alcune persone fluttuano
in una mezza luce, dietro un velatino. Viene appesa l’immagine di un coniglio. Sono gli adoratori e il (declassato) vitello
d’oro.
2. Un cilindro ruotante, posto in orizzontale, gira freneticamente. Cresce il suo suono.
Discende dall’alto una barba o
un cespuglio, che s’impiglia
nel cilindro.
3. In una stanza da bagno
una donna si lamenta, è in corso un’emorragia. Con le mani
imbratta tutto. La faccenda è
lunga dieci-quindici minuti.
Uno spiritual vi pone fine.
4. In un cassonetto delle immondizie c’è un fagotto nero di
plastica. Intuiamo che là dentro giace il corpo di un neonato. Sul velatino le scritte: Tremava come una foglia. Teneva
stretto a sé un sacchetto.
5. Stanza di polizia. Sta meglio ora? Dove ha messo il neonato? Ha fatto da sola o è stata
costretta a buttarlo?
6. Interrogatorio. La ragazza
squaderna un foglio, è quello
con l’immagine del coniglio. La
ragazza sembra parlare al coniglio. Di nuovo delle scritte: Era
bello sentirlo inghiottire il latte. I suoi piccoli stantuffi dal
naso. Gli schiocchi delle cartilagini.
7. Stanza d’ospedale. La ragazza arriva su una lettiga.
L’aiutano a sdraiarsi dentro il
tunnel della risonanza magnetica.
8. Di nuovo il cilindro nella
consueta, per Castellucci, guerra delle immagini. Dall’alto
scendono barbe o cespugli
(forse metafora astratta del ro-
veto ardente: ma lo si suppone
per il titolo dello spettacolo).
9. Grotta preistorica. Uomini
grugnenti fluttuano come gli
uomini d’oggi dell’inizio. Mordono brandelli di carne sanguinolenta. Una sgradevole associazione ci fa pensare a quel
neonato, a quell’uomo che non
sarà: Mosè non sarà, né scenderà da nessuna montagna.
(Scendi, Mosè di Faulkner:
Insieme
Un momento
di «Go down,
Moses»,
il nuovo
spettacolo
di Romeo
Castellucci
«L’ha venduto al Faraone, e ora
è morto»: lo cito perché il regista nomina l’Esodo ma anche
Faulkner). Un uomo e una donna si accoppiano.
10. La donna lascia l’impronta della mano sulla parete. Su
quella parete traccia tre lettere:
SOS. L’appello resuscita una
frase: «Il popolo non sa d’essere popolo perché non sa d’essere schiavo». È la frase-chiave, il
moralistico messaggio che Castellucci lancia alla platea. Platea che è parsa fredda, anzi stufa. 75 minuti li ha giudicati
troppi. Personalmente ritengo
troppo il tutto. Troppo: volontaristico, arbitrario, pretenzioso. Le scritte si giudicano da sé.
In una c’era un errore di grammatica (associazione sbagliata
di aggettivo a sostantivo). Il lamentoso Castellucci ripete che
l’Europa lo ama ma l’Italia lo rifiuta, dimenticando la Biennale del 2013 e il mese a Bologna
del 2014. Qualche tempo fa mi
disse (con gentilezza) che ce
l’avevo con lui. Non è così. Penso che egli abbia da tempo
esaurito le sue risorse. È il destino dei creatori di teatro-immagine. Hanno tutti smesso
ancor giovani. O sono morti, in
tanti, troppo presto. Castellucci
continua alzando la posta con
l’arma della genericità, del fumo negli occhi. Che dire di più?
Che «dare i voti» è sempre
complicato, ma per l’assente
Mosè qualunque voto sarebbe
stupido. Moses è senza voto.
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L’importanza di chiamarsi Ernesto
Lucia Poli diverte nel «j’accuse» di Wilde
di Magda Poli
L
a commedia L’importanza di chiamarsi Ernesto di
Oscar Wilde, ora in scena
con la regia di Geppy Gleijeses
(dal 21 al Sociale di Stradella), è
una critica perfida ed elegante
di una società resa asfittica dalla forma, feroce nel suo conservatorismo, paradossale nella
sua ipocrisia, ridicola nel fintocolto dialogare, quell’Inghilterra vittoriana che condannerà e
imprigionerà l’autore perché
omosessuale. Nella fortunata
Svagata
Lucia Poli (74) in
«L’importanza
di chiamarsi
Ernesto»
edizione di Gleijeses si agitano
personaggi mai farseschi e mai
naturalistici imbevuti d’assurdo che dicono il nulla e il nulla
hanno come sostanza, divorano parole, si aggrovigliano nella trama per poi districarsene
con lievità, si nutrono di paradossi e sono l’esilarante specchio di un mondo vacuo e crudele.
Tra dialoghi lievi e taglienti,
Wilde si fa anche beffe della
«pièce bien faite» alla francese
e dei loro usurati intrecci, fatti
di bugie, finti lutti, matrimoni
contrastati, incredibili agnizio-
ni impastati a temi come l’onore, i natali, la fedeltà.
In una compagnia di buon livello, divertentissima è la Lady
di Lucia Poli, personaggio ossessionato dal «bon ton», pervaso da uno svagato sarcasmo e
da un’illogica logicità. Un colorito ritratto di una società popolata da marionette eleganti,
annoiate, opportuniste e
benpensanti.
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L’importanza di chiamarsi...
regia di Geppy Gleijeses
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8
DISCHI
Classica Lieder
Cantautori Cascina Piovanotto Jazz Hamburg ’72
Pop Title
Bostridge esalta Schubert La magia di Giorgio Conte Jarrett, talento dinamico Trainor annoia dopo la hit
A
l traguardo dei 50 anni il tenore inglese Ian
Bostridge si regala un cofanetto (3 cd e 1 dvd
Warner) che rappresenta il testamento in vita
dell’arte sua. Ripresenta cioè i tre cicli di Lieder
di Schubert incisi negli ultimi anni: un vertice
della lirica da camera occidentale che, in anni e
anni di continuo studio e ripensamento, giungono qui a un livello di profondità interpretativa
difficilmente imitabili, se è vero che ogni parola,
accento e intonazione di tale repertorio, bello da
togliere il fiato, sono calibrati al millimetro.
La voce ha una purezza che disorienta e l’intesa coi pianisti è eccellente: Uchida per «Die
Schöne Müllerin», Andsnes per «Winterreise» e
Pappano per «Schwanengesang». Abbassa il voto però il video realizzato con la regia di David
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Alden. (E. Gir.)
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8
«A
ffondato nella mia pigrizia come una ciliegia sotto spirito, circondato dalle mie
canzoni, (...) tra le zolle di una terra amica, in
compagnia di una bottiglia di Barbera avvolta in
un lino bagnato, con pane e salame in agguato,
mentre la mia fedele squaw rassetta in cucina,
sotto un cielo fresco o assolato dondolo con la
mia beata solitudine».
Così Giorgio Conte, fratello di Paolo, presenta
le nuove canzoni, figlie di un pigro «Otium»,
dell’album «Cascina Piovanotto» (Ala Bianca/
Warner), il buen ritiro nell’Astigiano. Voce chitarra fisarmonica e poco altro per una dimensione stralunata in cui sentirsi vivere, cogliendo il
respiro della natura e la magia dell’amore e contrapposta alla fatica dell’adulterio («Gli amanti»). (Mario Luzzatto Fegiz) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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8
N
onostante le apparenze, il trio documentato
da «Hamburg ’72» (Ecm) non è un «supergruppo» ma la formazione stabile che Keith Jarrett aveva creato negli ultimi anni Sessanta.
Con Charlie Haden al contrabbasso e Paul Motian alla batteria, l’allora giovane musicista di Allentown, classe 1945, non si esibiva solo al pianoforte ma anche a sax soprano, flauto dolce,
percussioni, mostrando l’inarrestabile vitalità
del proprio talento. Questo concerto radiofonico
del 14 giugno 1972, rimasto finora pressoché inedito, non rende forse fino in fondo la varietà
espressiva e la profondità emozionale dei tre,
ma basta il conclusivo «Song For Che» (15 minuti di continue invenzioni) per farne un meritevole classico. (Claudio Sessa)
C’
è vita oltre il tormentone? Meghan Trainor
ha azzeccato la prima mossa con «All About
That Bass», brano dal gusto pop retro con messaggio di autoaffermazione per le ragazze di oggi. Con «Title» ecco l’album.
Meghan mantiene la stessa linea: canzonette
scritte con in mente i girl group anni 60, il doowop e i ritmi caraibici. A dirci che siamo nel 2014
ci sono dei beat hip hop su cui rappa («Bang
Dem Sticks» e il secondo singolo «Lips Are Movin»). Anche nei testi si gioca sempre allo stesso
tavolo: autoironia su serate finite male causa
sbronza e consigli di autostima alle teen di oggi.
Il problema è che fatti salvi un paio di brani (i
singoli, «Walkashame» e «Title») la ripetitività
diventa noia. (Andrea Laffranchi)
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7,5
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6
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
SPETTACOLI
51
La differenza
Mischa Maisky
Da Ben Jelloun
Mullova Labèque
Hamlet Travestie
Otello secondo Luigi Lo Cascio
Sua la regia e il ruolo di Jago
(nella foto), Vincenzo Pirrotta è
Otello. In lingua italiana e
siciliana, 4 i personaggi, a
tragedia avvenuta rivela il
baratro che genera odio tra
uomo e donna
(dal 20, Piccolo Strehler, Milano)
Suites di Bach La n.1 in Sol
maggiore, n.4 in Mi bemolle
maggiore, n.5 in Do minore,
violoncello Mischa Maisky; il
controtenore Tim Mead in
pagine da Purcell a Monteverdi,
a Haendel, L. Cummings
al clavicembalo
(15; 22, Argentina, Roma)
Dalle ceneri Dare parola con
la poesia ai dispersi delle guerre,
sommersi nella neve, nella
sabbia, per diventare voce di
tutti. Regia Massimo Luconi; con
Ibrahima Diouf, Ndiawar Diagne,
M. Madaleine Mendy, Mamadou
Seye, Jean G. Tekagne (in scena,
Fabbricone, Prato)
Victoria Mullova violino Katia
Labèque piano In Mozart–
Sonata La maggiore K526;
Schumann-Sonata La minore
op.105; Arvo Pärt–Fratres;
Takemitsu-Distance de Fée;
Ravel-Sonata in Sol maggiore.
Società del Quartetto
(20, Conservatorio, Milano)
Poole, Petito e Shakespeare
Dal seducente burlesque del
‘700 alla precaria famiglia
napoletana di un Amleto
dissociato, figlio senza padre. Di
e con Emanuele Valenti e Gianni
Vastarella di Punta Corsara (fino
al 25, al Teatro Franco Parenti,
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Milano)
CINEMA
The water diviner
Crowe regista
mischia
epica e poesia
A
nche Russell Crowe passa
con onore alla regia senza
mirare alto e parte per Gallipoli, baricentro dei Dardanelli dove laggiù nel ‘15 l’avanzata alleata fece 250.000 morti da Australia e Nuova Zelanda.
Tra questi, tre rampolli dell’agricolo rabdomante partito
dal deserto casalingo per cercare, spinto in una tragedia greca,
i corpi dei figli. L’intuizione divina del padre che pensa di
scoprire dove si trovano i corpi,
porta in dote al film bellico un
invito poetico (un piccolo e
non super eroe) che si cala in
una avventura con inutile parentesi sentimentale. Film epico con geografie selvagge e
sentimenti primordiali, The
Water diviner somiglia al viso
di pietra ruvida di Crowe che
ha costretto la troupe a un duro
training per calarci in un altro
reale dove troviamo l’attore e
poeta turco Erdogan nel ruolo
del primo comandamento: la
Solidarietà (m. po.)
● ● ● ● ● ● ● ● ● ● 6,5
Box office
1
A
American
Sniper
di Clint
Eastwood, con
Ben Affleck
e Sienna Miller
3.590.609
2
G
3
A
Si accettano
miracoli
di e con
Alessandro
Siani e Fabio
De Luigi
2.518.495
The imitation
game
di Morten
Tyldum,
con Benedict
Cumberbatch
1.362.363
IN DISCESA
IN SALITA
NOVITÀ
STABILE
G
A
N
=
ncastonato tra le vite straordinarie di Turing, Chris Kyle
e di Luther King, ecco La teoria del tutto, il film su Stephen Hawking, l’astrofisico
malato ma non minato da un
blocco neurologico devastante,
studente che nel ’63 a Cambridge conosce la ragazza che sarà
sua moglie e madre di tre figli
fino alla separazione dopo un
quarto di secolo.
Mentre il male gli impedisce
di camminare, poi di parlare,
Hawking è il trionfo dell’intelligenza pura e astratta, teorizza
i buchi neri e rilancia prodigiose scoperte. Il film di James
Marsh (Oscar per Man on wire,
documentario sull’uomo che
cammina tra le torri) è la cronaca di un rapporto difficile, visto
con gli occhi non rinunciatari
della signora Jane Hawking che
ha descritto la relazione in un
libro molto sentimental mood
edito da Piemme. Questo il limite d’una produzione corret-
G
iulio Cesare come un immobiliarista che fa
crescere un villaggio romano intorno ai Galli, assumendo schiavi, cambiando alleanze e
combinando un sacco di guai come nello stile
del celebre fumetto di Goscinny e Uderzo di cui il
regista Louis Clichy, con gavetta alla Pixar, recupera una puntata uscita nel ’71.
Con certo ritmo e certo humour (e pure certa
volgarità nel doppiaggio in chiave romanesca) il
cartoon, dopo otto anni, sazia i molti patiti dei
celebri personaggi paleo-politici in passato vissuti anche grazie ad attori come Depardieu e Benigni. Tra Asterix, Obelix e la foresta ecologicamente segata anche una colonna sonora che recupera gaiezze d’oggi come «Tè per due» e una
rumorosa allegria collettiva di calcolato infantilismo. (m. po.)
6,5
Big eyes
Svolta di Tim Burton
in stile Perry Mason
A
Pittrice
Amy Adams
(40 anni)
è Margaret
Keane nel film
diretto
da Tim Burton
nche se gli infelici, pesti grandi occhi infantili dipinti nei ’50-‘60 da Margaret Keane sono quelli che hanno influenzato il suo potere visionario, Tim Burton raccontando la storia del
raggiro di marketing d’arte, sta sotto al suo
copyright di fantasy.
Firma un film processo di genere, alla Perry
Mason, in cui aspettiamo che venga messo alla
prova di pennello il bugiardo tarantiniano Christoph Waltz, che odiamo anche per la sua prestazione sopra le righe che si contrappone a Amy
Adams, ex star disneyana che nel gioco a togliere, lo supera per introspezione e verità. Interessante oggi questa truffa leggendaria che la dice
più lunga di ieri sul plusvalore dei consigli d’arte
pilotati e la cultura american pop. (m. po.)
●●●●●●●●●●
La storia d’amore di Hawking
lancia Redmayne all’Oscar
Genio e morale,
la vita incredibile
di Alan Turing
A
I
Il ritorno dell’eroe
che resiste ai romani
●●●●●●●●●●
The imitation game
di Maurizio Porro
Asterix e il regno degli Dei
Baffi e alette
Il volto
di Asterix,
protagonista
del cartoon
sull’invincibile
eroe dei Galli
La teoria del tutto
7
Coppia
Eddie
Redmayne (33
anni) e Felicity
Jones (31) in
una scena del
film diretto da
James Marsh
ta, in cui forse si vorrebbe sapere qualcosa di più del rapporto
del genio con la sua materia
stellare e il concetto di Tempo.
Il vero mistero dell’universo
morale è l’accettazione di
Hawking delle sue condizioni,
superiorità che gli ha concesso
di valicare i limiti e di diventare
una astro-star. Certo in queste
occasioni comanda il cast: Ed-
die Redmayne, che ha preso lezioni di «disarmonia» da una
ballerina, è così bravo che merita l’Oscar che forse avrà dopo
il Golden Globe, attorniato da
presenze intense, Felicity Jones
e Charlie Cox, terzo lato di un
triangolo più “mielò” che bergmaniano,
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7
ltra vita sorprendente,
l’analista matematico Alan
Turing che ci salvò dai nazi decriptando la formula Enigma
col primo rudimentale computer. Ma non bastò a salvarlo dalla condanna morale: era gay,
accusato di atti osceni nel ‘52,
fu castrato chimicamente e si
uccise con una mela avvelenata
come Biancaneve (le scuse inglesi arrivarono solo nel 2009).
Ispirato al libro di Hodges
(ed. Bollati Boringhieri), il film
di Morten Tyldum, vincitore a
Toronto, è tradizionale ma le
sorprese vere della vita durante
la guerra e il sorriso di Keira
Knightley gli danno un aspetto
da fiction e ci mettono di fronte all’eterno paradosso del genio a contatto con il genere
(omofobo) umano.
Turing ha il viso geometrico,
infrangibile impassibile di Benedict Cumberbatch che certo
si candida all’Oscar pur con
molte sfumature di grigio melodrammatico. (m. po.)
●●●●●●●●●●
7
52
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
SPETTACOLI
53
Le iniziative del Corriere
Da oggi in edicola il libro che ricostruisce la carriera dell’artista morto il 4 gennaio
Una musica inconfondibile e l’invenzione dell’anglo-napoletano. L’amicizia con Troisi
N
ella notte fra il 4 e il
5 gennaio 2015 moriva improvvisamente Pino Daniele,
musicista napoletano di gran classe che aveva saputo creare un nuovo linguaggio musicale e poetico per cantare quel crogiolo di stili e culture che trova nella città di
Napoli il suo crocevia, fra blues
e Mediterraneo, Oriente e
America latina.
Da oggi, per un mese, è in
edicola con il Corriere della Sera al prezzo di euro 9,90 (più il
costo del quotidiano) il libro
Pino Daniele – Blues per sempre, un instant book dedicato
alla vita e all’opera dell’artista
partenopeo scritto e realizzato
da una squadra di firme del
Corriere.
Il corpo centrale del libro è
costituito da un viaggio nell’arte di Pino Daniele, sia sul piano
della creatività musicale che su
quello del linguaggio, quell’inimitabile anglo-napoletano
che ha fatto scuola, e infine sulle dichiarazioni dello stesso Pino Daniele che spiega in dettaglio la sua filosofia umana e artistica.
«I miei primi dischi sono
stati un po’ naif — ammetteva
—. Non c’era ancora la consapevolezza di creare qualcosa
che rimanesse nel tempo. Non
mi rendevo neanche conto di
quello che stavo scrivendo.
Tutto nasceva con naturalezza.
Risale proprio a quel periodo
una canzone come “Napule è”,
diventata un classico del mio
repertorio».
Nel libro, Pino Daniele apre
il suo cuore: «Nelle mie canzoni — confessa — parlo spesso
di amore, inteso come amore
universale, come tensione
emotiva verso gli altri. Parlo anche di amore verso una persona, capire che non ha senso
cercare sempre nuove emozioni, ma è meglio concentrarsi
nel rapporto verso una donna.
La propria donna. E che non diventi mai abitudine».
Napoli e l’America: due
mondi lontani e una contaminazione difficile da immaginare. Eppure il Mascalzone latino
aveva intravisto una possibile
strada per un crossover lessicale (ma ancor prima musicale)
che sarebbe diventato l’arma
vincente per scalare le classifiche.
Nel libro (13 capitoli raccolti
in oltre 140 pagine) non mancano altri elementi importanti
per lumeggiare la personalità
dell’artista scomparso: la famiglia d’origine, povera e numerosa, la fortuna di essere stato
allevato da due zie che curarono la sua istruzione, le famiglie
Sul palco
Pino Daniele
durante un concerto
Il cantautore è morto
a 59 anni per
una crisi cardiaca
PINO DANIELE
CUORE BLUES
ESORDIO, FAMIGLIA E SUCCESSO:
VITA DA MASCALZONE LATINO
«CANTO L’AMORE UNIVERSALE»
successive e la sua complessa
vita sentimentale e affettiva
(due matrimoni, cinque figli),
il contesto musicale della sua
crescita con compagni di avventura come Rino Zurzolo,
Enzo Avitabile, James Senese,
Tullio De Piscopo, le collaborazioni internazionali e i duetti
(da Eric Clapton a Jovanotti).
Ampio spazio viene dedicato al
rapporto di amicizia e artistico
fra Pino Daniele e Massimo
Troisi, e più in generale alla
creazione di mirabili colonne
sonore per il cinema. La vita e
l’opera di Pino Daniele vengono contestualizzate in due
scritti dai titoli significativi:
«Una città che non ti lascia
mai» sul suo rapporto conflittuale con Napoli e «Da Santa
Chiara al mare» dedicato ai
luoghi cari al cantautore. E non
manca una disamina su Pino
Daniele, la politica e i politici,
verso i quali l’artista ha avuto
umori variabili: sì a Bassolino e
De Magistris, no a Bossi.
Il libro si apre con una prefa-
Copertina La cover del libro in edicola
Nel testamento esclusa la compagna Amanda
Premiati i figli, in particolare i più piccoli, e la seconda moglie. Niente ai fratelli
NAPOLI Depositi, titoli, azioni
societarie, beni immobili. E diritti d’autore. Il non indifferente patrimonio di Pino Daniele
verrà suddiviso tra gli eredi nel
rispetto del testamento che il
cantautore aveva consegnato a
un notaio romano e del cui
contenuto i parenti sono stati
informati pochi giorni fa.
Seppure nella riservatezza
che avvolge una vicenda strettamente privata, trapelano alcuni dettagli relativi alle volontà espresse dall’artista. Dall’eredità risulterebbe esclusa
Amanda Bonini, la donna che
da circa un paio d’anni era diventata la compagna di Daniele, che per lei aveva lasciato la
moglie Fabiola Sciabbarrasi.
Esclusa anche la famiglia napoletana del cantautore: i tre fratelli, le due sorelle, i nipoti.
In cima alle volontà testamentarie di Pino Daniele ci sarebbero i figli: Alessandro e
Cristina, avuti dalla prima moglie, Dorina Giangrande, e Sara, Sofia e Francesco (gli ultimi
due minorenni), nati dal matrimonio con la Sciabbarrasi. A
tutti e cinque andrebbe suddiviso il cinquanta per cento del
Insieme Pino Daniele e Amanda Bonini
patrimonio. L’altro cinquanta
per cento andrebbe invece per
metà a Fabiola (dalla quale non
c’è mai stata separazione ufficiale) , mentre il rimanente andrebbe ripartito ancora tra i figli, ma solo fra i tre più piccoli.
Pino Daniele avrebbe così
voluto in qualche modo privilegiare Sara, Sofia e Francesco
che a differenza degli altri due
figli devono ancora costruirsi il
futuro. Alessandro e Cristina,
infatti, hanno già da tempo una
loro autonomia finanziaria, essendo stati da anni entrambi
professionalmente impegnati
zione dello scrittore Francesco
Piccolo nella quale si analizza il
rapporto fra la musica di Pino
Daniele e i fan. «Esistono due
tipi di artista. Quello razionale,
una sorta di artista-intellettuale, che sente il dovere di conoscere quante più cose possibili
del mondo, altrimenti non saprebbe muoversi. E quello
istintivo, che sembra essere nato, per esempio, con le dita sulla chitarra. Così sembrava Pino
Daniele». Il viaggio fra parole e
immagini si conclude con un
paragrafo dedicato ai brani più
noti del Mascalzone latino: sono riportati i testi di trenta canzoni con una spiegazione per
una libera interpretazione dei
pezzi composti in napoletano.
Il Corriere della Sera propone dunque un ritratto a tutto
campo di colui che ha spazzato
via anni e anni di retorica e di
stereotipi ammassati alle falde
del Vesuvio. Lo ha tradito quel
cuore che aveva cantato insieme con l’amico Massimo Troisi. Questo libro è un omaggio
al Mascalzone latino, alla sua
arte, alla sua capacità di raccontare (in musica e parole) le
mille contraddizioni di una
Napoli «che ‘a sape tutt’ ‘o
munno ma nun sanno ‘a verità».
Mario Luzzatto Fegiz
© RIPRODUZIONE RISERVATA
nell’entourage del padre. Trattata approfonditamente anche
dal settimanale Oggi in edicola
stamattina, la vicenda dell’eredità di Pino Daniele sembra far
finire ai margini Amanda Bonini, che non solo è stata il suo
ultimo amore, ma anche la persona che fisicamente gli è stata
accanto nei momenti della tragedia, che lo ha accompagnato
in auto dalla Maremma a Roma
nel folle tentativo di raggiungere il Sant’Eugenio (dove c’era il
cardiologo del cantautore) anziché il più vicino Pronto soccorso, e in pratica lo ha visto
morire. Ora dovrà lasciare anche il casale nei pressi di Orbetello dove stava con il compagno.
F. B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il suo storico bassista
De Rienzo:
era una categoria
dell’anima
oltre ogni misura
NAPOLI Gigi De Rienzo è uno
dei musicisti napoletani che fa
parte della storia di Pino
Daniele. Bassista e
coproduttore artistico di
«Nero a metà» (1980) ha
lavorato a più riprese con Pino
e gli è stato accanto anche
durante l’ultimo tour. «Il
concerto di chiusura lo
abbiamo fatto il 22 dicembre a
Milano. Eravamo la band di
allora e in più gli amici di
sempre. Una atmosfera
bellissima, eravamo felici. Se
penso che quello sarebbe stato
il suo ultimo concerto...». Per
De Rienzo l’incontro con Pino
Daniele è
stato
«un’opportun
ità unica,
perché era il
tipo di artista
con cui
qualunque
Sorridente
musicista
Il musicista
avrebbe
Gigi De Rienzo
voluto
suonare. Pino ha espresso una
categoria dell’anima che ha
un’estensione e ramificazioni
non misurabili, perciò non si
misura lo sgomento in cui ci
ritroviamo. È stato un
cantautore molto popolare, a
tratti popolaresco, ma ha
anche continuato a sentirsi il
chitarrista del proprio gruppo,
a studiare fino all’ultimo,
inseguendo di volta in volta il
mood di cui s’era innamorato.
È stato considerato un
bluesman, ma era troppo
curioso, troppo sensibile per
stare chiuso in un genere solo.
Il suo evocare il blues era più
probabilmente un vezzo:
giocare con la musica meno
enfatica, meno ingessata del
mondo per dire «so’ uno ‘e
miez ‘a via».
Fulvio Bufi
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
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Eventi
La guida
Oltre 450 espositori
per una casa
contro gli sprechi
Dal 29 gennaio al 1° febbraio, Fiera Bolzano,
in collaborazione con l’Agenzia di certificazione
energetica degli edifici CasaClima, ospita
Klimahouse, fiera internazionale che nel tempo
(questa è la decima edizione) si è affermata come
autorevole riferimento per tutti coloro (architetti,
progettisti, costruttori edili e utenti finali) che
desiderano costruire abitazioni secondo criteri di
efficienza energetica e di sostenibilità. Oltre allo
spazio espositivo con le novità proposte dalle
aziende di settore presenti (oltre 450), la fiera offre
convegni internazionali, incontri, workshop,
seminari, mostre fotografiche sui più efficienti
edifici CasaClima, dimostrazioni dal vivo sugli
errori da evitare in edilizia, visite guidate a edifici
CasaClima per operatori tecnici e utenti finali e
premi alle aziende di settore più innovative sul
fronte della sostenibilità. Info: tel. 0471/516000,
www.fierabolzano.it/klimahouse, biglietto 10
euro (7 euro online previa registrazione)
L’appuntamento La fiera di Bolzano Klimahouse compie dieci
anni. Con l’agenzia CasaClima ha favorito la nascita di una
cultura del risparmio energetico. Un autorevole progettista
spiega perché ora la sfida verde deve passare su un piano etico
di Mario Cucinella
RIVOLUZIONE
A
SOSTENIBILE
lcuni nuovi edifici affrontano il tema del risparmio
energetico e, in
maniera più amp i a , i l te m a d i
nuovi linguaggi legati alla sostenibilità. Questi esempi, che
si stanno moltiplicando in giro
per il mondo, dimostrano la
nascita di una nuova etica, della presa di coscienza del problema e, al tempo stesso, rappresentano una nuova sfida sia
per l’architettura sia per il
mondo della politica che deve
vedere nella risoluzione del
problema ambientale una
grande risposta sociale. La sostenibilità, in architettura, non
è semplicemente una questione tecnica ma è anche una
spinta a ripensare gli edifici, la
loro forma e l’uso dei materiali,
inoltre stimola la necessità di
una più profonda conoscenza
del costruire e di un maggior
dialogo con il contesto climatico e sociale.
I modelli di sviluppo si sono
concentrati sull’idea di produttività, efficienza e speculazione, concetti che insieme non
hanno prodotto una diversificazione e complessità, ma un
appiattimento di linguaggi e
consumi indifferenti sia alle
micro che alle macro economie fino agli stili di vita.
Il fenomeno di una visione
unica, di un’unica economia
planetaria come del resto il
modello edilizio ampiamente
esportato in maniera indifferente, ha dimostrato tutti i suoi
limiti attraverso una profonda
insoddisfazione e un costo ambientale insostenibile. Le nuove tecnologie offrono, è vero, la
possibilità all’architetto di scoprire nuovi linguaggi formali
ma senza una visione la sola
tecnologia non è sufficiente.
L’EFFICIENZA NON BASTA PIÙ
L’ARCHITETTO DEVE IMPARARE
I VALORI DELLA CONVIVENZA
Per troppo tempo abbiamo
creduto a questa illusione semplice e chiara della tecnologia,
tutto controllabile artificialmente, perfettamente prodotti
dall’industria, con condizioni e
spazio di lavoro indifferenti ai
diversi climi e alle diverse cul-
❞
Il rapporto da ritrovare
Abbiamo ceduto troppo
alla tecnologia perdendo
l’empatia con i luoghi
in cui si costruisce
I danni del protagonismo
Bisogna domare una
stravaganza che non è
creatività: lascia spazi
inutili, scenografie sorde
ture. In questo rapporto ceduto
alla tecnologia e all’economia,
l’architettura ha perso quel rapporto d’empatia con i luoghi,
con le condizioni climatiche.
Nel cedere questi saperi l’architettura si è concentrata solo
sulla pelle, sull’impatto visivo
togliendo alla forma e il linguaggio la struttura fondamentale della lingua.
Una rivoluzione vera e propria aprirà nuovi scenari sia per
ciò che riguarda la trasformazione dell’enorme parco immobiliare esistente, responsabile di gran parte degli sprechi
energetici e delle emissioni inquinanti, sia per la progettazione di nuovi edifici, e che deve
partire da una nuova concezione del valore del progetto e della figura dell’architetto come
portatore di valori etici ambientali e di conoscenza del costruire.
Una figura socialmente utile.
Un altro aspetto è quello dell’
A Pechino Il Sino-Italian Ecological and Energy Efficient Building
realizzato dalla Mario Cucinella Architects (foto di Daniele Domenicali)
impatto sociale. L’architettura
che svilupperà il tema della sostenibilità, infatti, non cambia
solo nella forma e nel linguaggio ma propone anche una
nuova interpretazione degli stili di vita, un nuovo rapporto
con l’abitare e con il mondo del
lavoro e, soprattutto, la creazione di spazio pubblico.
Dobbiamo rifarci delle domande. Vogliamo edifici che riducano le emissioni di C02, per
il bene di tutti, e rispondano ai
I vantaggi dell’impatto zero
spiegati dagli stessi inquilini
U
n grande «albero del futuro» per festeggiare i dieci anni di Klimahouse.
Creato dagli artigiani della Val Sarentino componendo tra loro le radici degli
imponenti abeti della loro valle, l’albero svetta
all’ingresso principale della Fiera di Bolzano,
pronto ad accogliere le migliaia di persone attese dal 29 gennaio all’1 febbraio per la decima
edizione della «Fiera internazionale per l’efficienza energetica e il risanamento in edilizia».
Un albero al quale tutti potranno appendere foglie di legno sulle quali scrivere i propri sogni
«green» per il pianeta. Un simbolo di sostenibilità che si propagherà in Rete grazie a un «albero del futuro», virtuale e interattivo sul sito klimahouse.it, pronto a raccogliere pensieri e intenti di una comunità che mischia passione e
tecnica, conoscenza scientifica e visione.
Sono quasi mezzo milione le persone che in
questi dieci anni hanno visitato Klimahouse.
Promosso dalla Fiera di Bolzano e nato in colla-
borazione con l’Agenzia CasaClima, una delle
realtà più note a livello internazionale per la certificazione energetica degli edifici, che fa capo
alla Provincia autonoma di Bolzano, il salone in
dieci anni si è imposto come punto di riferimento del settore, espandendosi poi in altri
campi (con Klimaenergy e Klimamobility) e in
altri territori. «Coerenza e sostenibilità sono le
nostre parole d’ordine — spiega Reinhold Marsoner, direttore di Fiera Bolzano —. Così non
abbiamo ampliato la nostra area fieristica ma
organizzato edizioni itineranti di Klimahouse
per il Centro e il Sud, quest’anno in Toscana (1719 aprile) e in Puglia (2-4ottobre)». Una scelta di
successo andata a braccetto con l’espandersi
della certificazione CasaClima. Il salone numero
Le occasioni
Visite anche all’hotel di Thoeni e alla
casa di Kammerlander. Il direttore:
«Sostenibili senza aumentare gli
stand ma con fiere al Centro e al Sud»
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alla radice
L’«albero
del futuro»
per i 10 anni di
Klimahouse.
È stato creato
dagli artigiani
della Val
Sarentino
(foto M. Parisi)
Non solo gli stand, anche 16 tour tra gli edifici ecologici
di Luca Barbieri
L’autore
Mario Cucinella,
classe 1960, è
fondatore della
Mario Cucinella
Architects,
specializzata in
progettazione
architettonica,
con particolare
attenzione ai
temi della
sostenibilità
e dell’impatto
ambientale
degli edifici.
A Klimahouse
interverrà
venerdì 30
alle 9.30
nuovi bisogni sociali, economici e culturali delle nostre società? Allora dobbiamo fare
uno sforzo tutto nuovo perché
l’architettura riprenda dentro
di se quei valori fondamentali
che sono fondativi del fare architettura. Bisogna domare e
controllare una stravaganza
che non è creatività e che lascia
spazi inutili e scenografie sorde.
Dobbiamo ricominciare a
vedere in questo complesso di
cose i valori fondamentali, come i diritti e i bisogni essenziali dell’essere umano: non ci sarà sostenibilità senza una forte
determinazione a difendere gli
uomini, a dare loro gli strumenti per vivere insieme in
maniera giusta, dove alla visione tecnologica e prestazionale,
dobbiamo sovrapporre quella
della bellezza delle emozioni,
del piacere di stare insieme e di
condivisione dello spazio comune.
Finché non ci libereremo
dell’eredità del secolo scorso e
delle abitudini ormai consolidate, sarà anche difficile esprimere attraverso l’architettura
una nuova società, un nuovo
modo di aver cura del capitale
naturale e del capitale sociale.
La sfida è tutta qui e, contrariamente a quanti considerano
la sostenibilità qualcosa di superficiale e accessorio, o «alla
moda», bisogna quotidianamente lavorare per migliorare
il nostro lavoro, costruire edifici più belli dentro e fuori, ma
che segnino l’inizio di una nuova era.
L’architettura può giocare un
ruolo fondamentale sui temi
legati al cambiamento climatico, l’architettura sarà, insieme
ad altre discipline, una forza
propellente per generare questo cambiamento che dovrà essere, prima di tutto, culturale.
È ora di cambiare.
dieci ospita, quest’anno, oltre 400 aziende che
espongono le ultime novità di prodotto e i servizi più all’avanguardia del settore. Klimahouse
propone anche un denso programma di congressi e di visite guidate che mischiano formazione tecnica e, perché no, anche turismo ambientale. Sì, perché una delle caratteristiche dell’Alto Adige è quella di rappresentare una sorta
di grande parco tematico green che trova nell’appuntamento fieristico il suo concentrato.
L’Alto Adige a impatto zero ha testimonial d’eccezione: dallo sciatore Gustav Thoeni proprietario del Clima Hotel progettato da Matteo Thun
nel cuore del Parco dello Stelvio, alla CasaClima
dell’alpinista Hans Kammerlander, passando
per l’avveniristica sede di Salewa. Per valorizzare
questo patrimonio diffuso i professionisti possono scegliere il proprio «Enertour» tra 16 visite
guidate sul territorio. Con il Klimahouse City
Parcour invece, anche i singoli cittadini possono mettere piede in case ad alta efficienza energetica: troveranno ad attenderli gli inquilini
stessi che spiegheranno loro costi, vantaggi e
quotidianità di una casa a impatto zero.
All’insegna della sostenibilità, Klimahouse
offre inoltre viaggi organizzati al Salone, da diverse città del Nord con una tappa intermedia a
Trento per visitare il quartiere ecosostenible
«Le Albere» progettato da Renzo Piano. Nel programma di convegni e workshop spicca il congresso internazionale «Costruire con intelligenza», il 30 e 31 gennaio con l’architetto Mario Cucinella e il professor Wolfgang Feist, precursore
delle Case Passive. Sempre il 31 pomeriggio la
presentazione di Charles Waldheim, chairman
dell’Harvard School of Design, e una conferenza
dell’archistar Kengo Kuma. «Dobbiamo cogliere
il futuro con un nuovo atteggiamento — spiega
Gernot Rössler, presidente di Fiera Bolzano —.
L’edilizia sostenibile e il risparmio energetico,
sono le vere sfide del nostro secolo».
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
EVENTI
I numeri della crescita
Scarica
l’«app»
Eventi
Fondata nel 2006, in questi
dieci anni Klimahouse
ha richiamato 450.000
visitatori in tutta Italia (408.000
a Bolzano, 42.000 nelle edizioni
itineranti via via promosse in
Umbria, Puglia, Roma e
Toscana). La pagina di
Facebook conta 12.500 fan
Senza traumi
Un taglialegna contrassegna i tronchi
appena abbattuti nella foresta certificata
di Itacoatiara, nel Brasile settentrionale
(foto Paulo Whitaker/Reuters)
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Informazione,
approfondimenti, gallery
fotografiche e la mappa
degli appuntamenti più
importanti in Italia.
È disponibile sull’App Store
di Apple la nuova
applicazione culturale del
«Corriere della Sera Eventi».
È gratis per 7 giorni.
Eventi
● Il commento
«Marchio» di fabbrica:
la difesa dell’ambiente
di Enrico Franco
L
unedì sera, chiudendo il suo intervento
al Ricevimento degli imprenditori che la
Confindustria provinciale organizza a
gennaio per dettare l’agenda dell’anno, il
presidente Stefan Pan ha ricordato come, in
un terzo dei Comuni altoatesini, le aziende
manifatturiere siano il primo datore di
lavoro: «È il miglior presupposto — ha
commentato — per consentire ai nostri
contadini di avere una seconda occupazione
e mantenere i loro masi. Così si tutela il
paesaggio». La difesa dell’ambiente,
dunque, in Sudtirolo è un impegno diffuso,
non limitato agli ecologisti che, peraltro,
sono ampiamente rappresentati pure
politicamente, avendo ben tre eletti nel
consiglio della Provincia autonoma. È
proprio in virtù di una sensibilità condivisa
che all’ombra delle Dolomiti, in una natura
da molti invidiata, si è sviluppato da anni
un forte distretto della green economy. Se
altrove si corre ai ripari, qui si preferisce
prevenire: giocare d’anticipo, ad esempio,
significa consumare il minimo di energia
possibile, prima ancora di preoccuparsi di
produrla con fonti rinnovabili (altro primato
locale). Il fiore all’occhiello di tale strategia è
il marchio CasaClima, che certifica la
qualità energetica degli edifici. Certo,
costruire immobili che garantiscano più
facilmente una temperatura adeguata
comporta qualche costo aggiuntivo, ma
l’investimento si ripaga presto nel tempo e
l’edificio ha maggior valore sul mercato. In
pochi anni, CasaClima è diventato un sigillo
talmente prezioso da essere oggetto di
continui tentativi di contraffazione, finora
prontamente stoppati anche
giudiziariamente. Ciò che spesso chi non vive
in Alto Adige fatica a capire, è che la specialità
del territorio e della sua comunità, al di là dei
fattori storici e linguistici, è data da un
comune sentire, dall’essere un sistema che si
muove in sintonia. La Fiera di Bolzano ne è
una lampante dimostrazione, in quanto non
ha inseguito le mode (neppure quella
dell’espansionismo fine a se stesso) ma ha
privilegiato esposizioni che contribuiscono alla
narrazione delle tipicità sudtirolesi. Il successo
di Klimahouse, insomma, si spiega con la forza
delle proposte autentiche, quella tipica del
buon latte di montagna munto nei masi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Evoluzioni
di Umberto Torelli
C
hi associa ancora le case
in legno agli chalet di
montagna, si sbaglia.
Adesso le costruzioni
multipiano in legno non hanno paura di sfidare il cielo. Il record di altezza spetta per ora al
Treet Building di Bergen, in
Norvegia. Uno skyscraper di 14
piani realizzato con struttura di
travi e pilastri in legno lamellare. Ma presto a insidiarne il primato sarà Vancouver, in Canada, dove l’architetto Michael
Green ha in fase di progettazione avveniristiche torri residenziali e business di 30 piani. «Oltre agli aspetti green e di sostenibilità ambientale, gli edifici
in legno rappresentano una valida soluzione ai fenomeni sismici — spiega l’architetto Lorena De Agostini, consulente di
proHolz Austria Promo Legno,
l’associazione per la promozione del legno in edilizia — purché in fase di progettazione si
tenga conto dell’intera struttu-
Sempre più su: ora il legno è a un livello superiore
Versatile e flessibile, sarà il materiale delle nuove torri di Vancouver, alte trenta piani
ra e delle connessioni con la
carpenteria metallica».
L’esempio arriva da Christchurch in Nuova Zelanda.
Dopo il terremoto del 2011, oltre un terzo delle abitazioni
andarono distrutte. Il Governo
mise subito a punto il Central
Recovery Plan, con uno stanziamento di oltre 25 miliardi
di euro, per costruire edifici
antisismici, scegliendo il legno come materiale privilegiato. Tra quelli già realizzati a
tempi record spicca il Merrit
Building, con strutture portanti di legno collegate alle
giunture tramite speciali martinetti idraulici: una soluzione
che garantisce all’edificio di
resistere ad ampi movimenti
ondulatori.
Per quanto riguarda l’Europa
troviamo Vienna, dove l’ordinamento edilizio del 2007 consente l’uso del legno fino a
un’altezza di sette piani. Nel
complesso residenziale nella
I progetti
Agli antipodi
Dopo il forte sisma di Christchurch,
per la Nuova Zelanda è il materiale
privilegiato nell’edilizia. Milano lo ha
sperimentato nel social housing
Sopra, le torri di
Vancouver,
dell’architetto
Michael Green. In
alto, la «Maison
de l’Inde» a
Parigi, di Rubner
Wagramer Strasse gli elementi
di legno lamellare sono assemblati in modo indipendente tra
loro e questo rende l’intera
struttura in regola con le rigide
norme antincendio. In Italia
sono oltre una ventina i complessi multipiano già realizzati.
Tra queste spicca l’intervento
di Social Housing più grande
d’Europa, realizzato a Milano in
via Cenni (Zona San Siro) dell’architetto Fabrizio Rossi Prodi. Quattro torri di nove piani,
per 27 metri di altezza, realiz-
zati con pannelli portanti in legno a strati incrociati. «Una soluzione valida sia per gli aspetti
ecologico-ambientali, sia per le
potenzialità tecniche — precisa l’architetto De Agostini —, il
complesso già abitato prevede
edifici multipiano con elevate
prestazioni di sicurezza strutturale e comfort abitativo».
L’altoatesina Rubner Holzbau, presente a Klimahouse, ha
firmato «Maison de l’Inde» a
Parigi, due torri multipiano in
legno di sette piani, realizzato
in soli 4 mesi. In totale, 72 alloggi rivolti agli studenti, all’interno della città universitaria. I
progettisti dello studio LipskyRollet hanno prestato particolare attenzione all’inserimento
nell’ambiente circostante, rivestendo il legno con un mosaico
in pasta di vetro rosso-violetto,
in perfetta armonia con i vicini
fabbricati in mattoni rossi.
@utorelli
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
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●
Risponde Sergio Romano
● Italians
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
SÌ, MA CON GIUDIZIO
di Beppe Severgnini
Quel che un presidente
non deve essere
LETTERE
AL CORRIERE
ISLAM E MUSULMANI
Parole da usare
Caro Romano. in questi giorni
in cui le vicende del terrorismo
fanatico a Parigi hanno
riempito le cronache e i
commenti giornalistici e
televisivi, è invalso l’uso di
impiegare come sinonimo di
musulmano l’aggettivo
«islamistico» per distinguerlo
da «islamico» (anche lei, ad
esempio, ha usato
«movimento islamistico» e
«ondata islamistica»). Si
tratta di un errore in quanto
per la lingua italiana
«islamista» è solo sostantivo e
significa «studioso
dell’islamismo», cioè della
religione islamica (dall’arabo
Islam, fede, pace,
sottomissione ad Allah).
«Islamita», sostantivo, è
invece «il seguace
dell’islamismo», mentre
l’aggettivo «islamitico»
significa «riconducibile
all’islamismo, specialmente
dal punto di vista delle
acquisizioni culturali e
artistiche». Ad esempio, si usa
«arte islamitica». Consiglio di
usare con correttezza la lingua
italiana e di non creare
neologismi con lo
stravolgimento improprio di
vecchie parole.
Franco Colombo, Muggia (Ts)
Grazie per le precisazioni
linguistiche, molto utili. Ma
occorre ricordare che non sempre una parola assume significati nuovi soltanto per l’uso
che ne fanno i giornalisti e i
commentatori. E’ la realtà che
crea situazioni e protagonisti
per cui occorre trovare una parola adatta. L’uso, anche se talvolta improprio, è la vita della
lingua.
PAGAMENTI
Cifre oltre i mille euro
Ho cercato di pagare il bollo di
1.147 € della mia auto con
carta di credito, ma mi è stato
detto: «Accettiamo solo
Il massacro compiuto a Parigi — assurdo,
inconcepibile, da condannare senza nessuna
esitazione — ci tocca così profondamente
da far sì che i sentimenti abbiano facilmente il
sopravvento sulla ragione. È ovvio che non c’è
nessuna scusa per chi all’offesa reagisce con
terribile inaudita violenza, ma perché non si
vuole prendere atto della realtà? Che oggi
esistano persone disposte a uccidere in nome di
Allah, come una volta i cristiani uccidevano in
nome di Dio, è una certezza, un fatto. Ora,
ammesso che la libertà di burlarsi di Gesù o di
Dio, di Maometto o di Allah sia cosa giusta,
buona e ragionevole, se non è necessario perché
devo esercitare tale libertà, sapendo così di
mettere a repentaglio non solo la mia vita, ma
anche quella dei miei familiari, degli amici, dei
concittadini? Ha senso se — ripeto — non è
necessario? In questo caso l’esercizio della
libertà deve tener conto della responsabilità e
della razionalità. E dettati dal sentimento
e non dalla ragione sono tanti titoli di
giornali analoghi al seguente: «Questo è
l’Islam». No: questo è il fanatismo di alcuni
islamici.
Miriam Della Croce
[email protected]
Le lettere firmate con
nome, cognome e
città, vanno inviate a
«Lettere al Corriere»
Corriere della Sera
via Solferino, 28
20121 Milano
Fax: 02-62827579
@
[email protected]
www.corriere.it
[email protected]
La tua
opinione su
sonar.corriere.it
Putin non
andrà ad
Auschwitz per i
70 anni dalla
liberazione del
Lager, a causa
delle tensioni
con la Polonia.
Giusto?
Cara signora Della Croce,
e reazioni delle opinioni pubbliche e dei
governi democratici all’attentato contro la
redazione di un giornale satirico francese
hanno dato l’impressione che l’Occidente
consideri la libertà d’espressione alla stregua di
un valore assoluto e intoccabile, da difendere
sempre e comunque, indipendentemente da
ogni altra considerazione. Non è vero, naturalmente. Non vi è Paese, fra quelli rappresentati in
prima fila alla grande manifestazione di Parigi,
che non abbia leggi in cui vengono fissati confini e paletti. Il Paese vittima dell’attentato, la
L
SUL WEB
Risposte
alle 19 di ieri
Sì
36%
64%
No
contanti !». La legge che
impedisce pagamenti in
contanti per cifre superiori a
1.000 euro è stata abrogata e
non ci è stato comunicato?
massimo_fusari@
fastwebnet. it
Nelle scuole
pubbliche di
New York ora è
possibile
tenere i
cellulari in
classe. Siete
d’accordo?
RADIO 1
Inno a ritmo di marcetta
Perché alle 6 Radio 1 trasmette
l’Inno eseguito dalla
Filarmonica di Berlino (a
ritmo di marcetta dei
Bersaglieri)? Non abbiamo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
forse di meglio come
l’orchestra della Scala, la
banda dei Carabinieri, ecc. ?
Mario Ruggiero
marioruggiero44@
gmail.com
Massimo Fusari
La domanda
di oggi
Francia dei diritti dell’uomo e del cittadino,
proibisce la pubblicazione delle opinioni di
Adolf Hitler (Mein Kampf) e quelle del misterioso falsario che denunciò, in un libello dei primi
del Novecento, l’«assalto ebraico al potere mondiale» (I protocolli dei savi di Sion).
Nel sistema legale francese la negazione del
genocidio armeno e del genocidio ebraico non
sono opinioni, ma reati. Un uomo politico francese di origine comunista, ma convertito all’Islam, Roger Garaudy, è stato condannato da
un tribunale francese nel febbraio 1998 per avere
scritto un libro (I miti fondatori della politica
israeliana) in cui affermava che il genocidio
ebraico è soltanto una fabbricazione sionista. Un
altro tribunale francese, nel 1995, ha condannato, sia pure a una pena simbolica, Bernard Lewis,
uno dei maggiori studiosi del Medio Oriente,
per avere espresso qualche dubbio sull’opportunità di definire «genocidio» quello degli armeni
durante la Prima guerra mondiale. Sempre in
Francia ieri è stato rinviato a giudizio per «apologia di terrorismo» un comico francese originario del Camerun, Dieudonné M’bala M’bala, colpevole di avere accoppiato il nome del giornale
satirico con quello di uno degli attentatori («Je
suis Charlie Coulibaly»).
In altre parole, cara Signora, la libertà di
espressione è totale per quelle idee e opinioni
che riflettono il pensiero dominante di una società nazionale in un determinato momento storico, più limitata quando offende lo stesso pensiero dominante. Se le vignette di Charlie Hebdo
avessero preso di mira gli ebrei, le reazioni sarebbero state alquanto diverse. È comprensibile.
Noi non possiamo dimenticare quali orribili
conseguenze l’antisemitismo abbia avuto per la
sorte di 6 milioni di persone. Ma non dovremmo
dimenticare che anche le società musulmane
hanno le loro memorie.
DIPENDENTI PUBBLICI
Pene raddoppiate
Non passa giorno senza nuovi
scandali dove sono coinvolti
dipendenti pubblici o
parlamentari. Chi deve fare
rispettare le leggi, in caso di
condanna non può essere
trattato come un cittadino
comune e le pene dovrebbero
raddoppiare.
Annibale Antonelli
Formia (Lt)
LAVORATORI MALATI
Il primo giorno
Una volta il primo giorno di
malattia non veniva
retribuito. Successivamente la
norma è stata eliminata. Ora
ne vediamo le conseguenze.
Credo sarebbe utile
ripristinarla al più presto.
Isabella Coccolini
G
iornali, siti e telegiornali sono pieni
di giudizi sui (quasi) nove anni al
Quirinale di Giorgio Napolitano,
perciò mi limito a cinque parole: è
stato un buon presidente.
Se dovessi scegliere una frase di saluto,
non prenderei una citazione di Norberto
Bobbio, ma un verso di Franco Battiato:
«Com’è difficile restare calmi quando tutti
intorno fanno rumore». E di chiasso, dal
2006, in Italia ne abbiamo fatto parecchio.
Molti, più competenti di me, hanno
spiegato le qualità che dovrebbe possedere
il successore al Quirinale. Mi limiterò,
dunque, a indicare quali caratteristiche il
futuro presidente della Repubblica NON
dovrebbe avere.
Non dev’essere un dilettante. Il presidente
della Repubblica è il Grande Arbitro (senza
guardalinee), e un arbitro che non conosce
il regolamento non serve. Musicisti,
architetti e bibliotecari funzionano nei film
(«Benvenuto, Presidente» con Claudio
Bisio). In realtà combinano disastri. La
politica è un mestiere, non
necessariamente a vita, un mestiere che,
tenetevi forte, si può fare onestamente.
Non dev’essere freddo. Noi italiani siamo
empatici ed emotivi. Un presidente
distaccato e impassibile ci metterebbe a
disagio.
Non dev’essere caldo. Un altro Cossiga
versione Picconatore provocherebbe un
esaurimento nervoso nazionale.
Non dev’essere ambizioso. Il Quirinale
non è un trampolino, è un colle. Non serve
per saltare più in alto, ma per guardare
lontano. Deve aver perso, in vita sua, il
nuovo presidente: una bella sconfitta
illumina ogni curriculum. Ma guai se
usasse il nuovo incarico per regolare i conti.
Non dev’essere timoroso. Il suo titolo è
capo dello Stato, non vice di qualcuno o
qualcosa.
Non dev’essere neutro. Dev’essere
intellettualmente onesto. Deve avere una
storia piena di idee e convinzioni; non una
carriera costellata di opportunismi e
omissioni.
Non dev’essere un uomo o una donna.
Dev’essere una persona. Mandare una
femmina al Colle, perché non c’è mai stata,
sarebbe un errore. Mandarci un maschio,
perché c’è sempre stato, sarebbe un’ignavia.
Mandarci la persona sbagliata sarebbe un
guaio.
@beppesevergnini
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© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Vauro
INTERVENTI E REPLICHE
Ebrei e musulmani: convivenza possibile
Teniamo a ringraziare il Rabbino Giuseppe
Laras, presidente del Tribunale Rabbinico del
Centro Nord Italia, per il suo intervento «La
Bibbia messa ai margini e la crisi del
Cristianesimo» (Corriere, 13 gennaio) e avere
posto la seguente questione: «È possibile per
l’Islam, in ossequio al Corano, e per necessità
religiosa interiore dei musulmani osservanti (...)
apprezzare positivamente, in una prospettiva
teologica, ebrei e cristiani (...)?» e soprattutto per
aver anche premesso in una frase: «Ci sono
centinaia di migliaia di singoli musulmani,
persone degne e buone, realmente religiose, che
a queste domande hanno già risposto
personalmente con il rispetto per il prossimo e
per la sua fede, (...) tuttavia manca una reale
inequivocabile, onesta, autorevole e vincolante
riflessione teologica al riguardo». A questa
legittima richiesta e in mancanza nell’Islam, così
come nell’Ebraismo, di una autorità con riflesso
universale (mentre lo stesso Islam è universale,
versus unum), vorremmo rispondere con le
stesse parole del Sacro Corano, citate anche dal
professor Giulio Giorello — che sarà anche il
moderatore del Rabbino Laras al prossimo
incontro alla Biblioteca Ambrosiana di Milano del
9 febbraio, come lo fu con me il 15 dicembre
scorso nel ciclo «Letture di nuovi Classici» —
parole che affermano: «E se Dio avesse voluto,
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avrebbe fatto di voi una sola comunità, ma ha
voluto provarvi con l’uso che farete di quel che vi
ha donato. Gareggiate dunque nelle opere
buone: voi tutti ritornerete a Dio ed Egli allora vi
informerà a proposito delle cose sulle quali siete
discordi». (Al-Ma’idah, Sura della tavola
imbandita 5:48).
Shaykh ‘Abd al Wahid Pallavicini
Presidente CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana
L’intervista a Malika Hamidi
L’intervista a Malika Hamidi comparsa ieri a
pagina 23 del Corriere è firmata da Marco
Ventura e non, come erroneamente indicato, da
Franco Ventura.
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
58
Sport
Formula 1
Sviluppo motori, via libera anche alla Honda
Anche la Honda potrebbe ricevere l’ok per sviluppare i motori per
tutto il 2015. La Casa giapponese, che rientra in F1 come fornitrice
della McLaren, lunedì ha protestato con la Fia. La Federazione
sembra ora orientata a rivedere la sua posizione e a fare sì che
anche la Honda possa allinearsi a Ferrari, Mercedes e Renault e
sviluppare le power unit. Resta da capire come reagiranno gli altri
motoristi: ancorché debuttante e in teoria svantaggiata, la Honda
avrebbe un benefit che gli altri un anno fa non poterono sfruttare.
Mercato I bomber sono i più corteggiati, ma non ci sono soltanto loro: Destro vuole solo il Milan,
tensione tra Osvaldo e l’Inter e tra Giovinco e la Juve. Azione di disturbo bianconera per Nainggolan
Intrighi dentro l’area
Telefoni caldi. Il mercato, in
tempi di carestia, è una serie di
trattative sfinenti, una specie
di partita a scacchi fatta di
bluff, lunghe pause e improvvise accelerazioni. E coinvolge
soprattutto gli attaccanti, alti e
piccoli, giovani e vecchi, italiani e stranieri, meglio se in scadenza di contratto e a caccia di
rivincite. Destro e Pazzini, Mario Gomez e Osvaldo, Giovinco
e Borriello, Gilardino ed Eto’o.
Ma gli intrighi da qui al 2
febbraio si allargheranno alle
altre zone del campo e coinvol-
Trattative
Eto’o sempre più
Samp, Borriello al
Genoa con buonuscita
Roma: Quagliarella
geranno giocatori importanti.
L’Inter, rifondata con Podolski
e Shaqiri, deve completare il
maquillage con un centrocampista tra Lucas Leiva e Mario
Suarez; la Roma deve trovare i
soldi in fretta per riscattare
Nainggolan e al tempo stesso
chiede Darmian al Toro; la Juve
cerca un trequartista ma trova
solo porte chiuse; il Milan lavora sul centrocampista Baselli
dell’Atalanta e per risolvere
l’emergenza sulla fascia sinistra torna a pensare a Pasqual
della Fiorentina senza trascurare il genoano Antonelli.
Gli attaccanti sono il sale del
mercato, che è in continua evo-
Punte stellari
20
15,5
2,7
11,5
milioni di euro
richiesti dalla
Roma per
Mattia Destro:
l’attaccante
vuole
solo il Milan
milioni di euro
spesi due
estati fa dalla
Fiorentina per
Mario Gomez:
ora il tedesco
è sul mercato
milioni di euro
l’ingaggio
di Marco
Borriello fino
a fine stagione:
passerà dalla
Roma al Genoa
milioni di euro
la cifra spesa
dalla Juventus
per riscattare
Sebastian
Giovinco:
sogna l’Arsenal
luzione, dinamico come lo ha
definito Galliani. Destro è il
pezzo pregiato. Lui vuole divorziare dalla Roma e la Roma è
pronta ad accontentarlo, ma a
determinate condizioni: i giallorossi accettano solo il prestito con obbligo di riscatto e non
con il semplice diritto, che è
poi la proposta del Milan. Destro è nato all’Inter, ma ora
vuole solo i rossoneri e avrebbe
bocciato qualsiasi altra ipotesi,
dalla Fiorentina sino al Torino.
Serve tempo per trovare la quadratura perché il mercato è anche pazienza e saper trovare gli
incastri giusti. Intanto, per abbassare la temperatura, il Milan ha tolto Pazzini dalla lista
dei cedibili. Mossa strategica.
Braccio di ferro tra l’Inter e
Osvaldo: i nerazzurri non vogliono rafforzare le potenziali
concorrenti, mentre l’italo argentino ha bocciato Cagliari e
Genoa tanto che Preziosi ha
trovato l’accordo con la Roma
per il ritorno di Borriello: il
centravanti ha ottenuto un
contratto lungo 18 mesi e una
buonuscita dei giallorossi. La
Fiorentina, al di là delle precisazioni di Montella, non ritiene
più incedibile Mario Gomez,
ma Destro boccia lo scambio.
Così i viola sondano il mercato
straniero e Garcia pensa a Quagliarella. La Juve è prigioniera
di Giovinco. Il bomberino tascabile è stato offerto all’Inter
per Osvaldo e alla Fiorentina
per anticipare di 6 mesi l’arrivo
di Neto. Giovinco sino adesso
ha bocciato tutto, ingolosito
7 milioni
il valore del riscatto stabilito dall’Inter nella trattativa per Pablo Daniel Osvaldo
con il Southampton. Ma i nerazzurri vogliono chiudere subito il rapporto con l’italoargentino
dalle proposte dell’Arsenal. Occhio a Gilardino, corteggiato
dalla stessa Fiorentina come
dal Parma. Eto’o, invece, non è
un intrigo, ma una questione
di soldi. Il suo ritorno in Italia,
alla Sampdoria, è sempre più
vicino: c’è da colmare una differenza sull’ingaggio intorno a
500 mila euro. E per il passaggio di Muriel alla corte di
Mihajlovic sono necessarie ulteriori visite mediche e uno
sconto da parte dell’Udinese.
All’estero si sta muovendo il Liverpool, che ha messo nel mirino Lavezzi del Psg.
Il mercato è sfide sottotraccia molto sentite. La Roma sta
forzando i tempi per riscattare
Nainggolan ed è pronta a blindare il belga. È una lotta contro
il tempo e contro i rivali dello
scudetto. La Juve si sta muovendo nell’ombra per assicurarsi la metà del giocatore nelle
mani del Cagliari. Ora però i
bianconeri sono impegnati a
trovare un trequartista da consegnare ad Allegri. Ma è una
strada in salita perché, dopo i
no del Galatasaray per Sneijder
e del City per Jovetic, anche il
Dortmund ha gelato Marotta e
Paratici sull’armeno Mkhitaryan. All’Inter serve un centrocampista e i nomi sono due:
Lucas Leiva e Mario Suarez.
Mancini preferirebbe il brasiliano del Liverpool allo spagnolo dell’Atletico Madrid. Ilicic rifiuta il Bologna per il Toro.
Alessandro Bocci
Monica Colombo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ronaldo&Messi, la coppia da sogno che eccita Ancelotti
«Pronto ad allenarli». Il portoghese rompe con la fidanzata e ha un figlio tifosissimo di Leo
Il primo sponsor dell’operazione impossibile è il piccolo
Cristianinho, 4 anni, figlio di
Cristiano Ronaldo ma con
un’insospettabile venerazione
per Leo Messi: quando lo vede
entrare in sala, pochi minuti
prima della cerimonia di consegna del Pallone d’oro a papà,
sgrana gli occhi e gli si fa incontro intimidito. «Che devo
farci, ha visto un video con noi
due su internet, e da quel giorno non parla che di te...» confesserà poi al rivale Cristiano
senior, più divertito che invidioso.
7 Palloni d’oro
Cristiano
Ronaldo, 29 anni,
e Leo Messi, 27
Il secondo sponsor ha qualche anno in più, si chiama Carlo Ancelotti, e una coppia del
genere se la sogna di notte: «Se
riesco a immaginare di allenare nella stessa squadra Ronaldo
e Messi? Perché no... Uno è la
bandiera del Real Madrid, l’altro del Barcellona, è difficile
anche solo pensare che possa
succedere, ma sarebbe una
gran cosa averli tutti e due insieme». Unico problema: vista
la loro valutazione di mercato
(inestimabili, come un Van Gogh e un Monet sulla parete del
tinello) anziché sul pullman
sociale andrebbero accompagnati allo stadio dentro un furgone portavalori.
Sognare non costa nulla, ma
realizzare un sogno del genere
costerebbe uno sproposito:
Messi si sente stretto al Barcellona? E allora perché non comprarlo e metterlo di fianco a,
chessò, un Cristiano Ronaldo?
Un’opzione illegale persino per
un fulminato della PlayStation,
i due più forti giocatori del
mondo (sette Palloni d’oro
consecutivi in due) nella stessa
squadra. Quando si dice: ti piace vincere facile.
❞
Ancelotti
Allenare
insieme
Ronaldo
e Messi?
Perché no...
Sarebbe
una gran
cosa averli
tutti e due
insieme
La fortuna di Cristiano Ronaldo è la rivalità con Messi, la
fortuna di Messi è la rivalità
con Cristiano Ronaldo: «Voglio
vincere subito un altro Pallone
per raggiungere Leo» ha dichiarato subito dopo l’incoronazione il portoghese; «Cristiano ha meritato questa vittoria,
ma l’anno prossimo toccherà di
nuovo a me» ha replicato l’argentino. Il Neuer di turno stia
preoccupato, e soprattutto rassegnato. In Formula 1 dicono
che il tuo primo avversario è il
compagno di squadra, e piazzare Ronaldo e Messi sotto uno
stesso tetto significherebbe sì
mettere insieme 61 più 58 gol
segnati nell’anno solare 2014,
ma anche farli giocare con un
pallone solo. Di conseguenza,
farli litigare.
E se si parla di coppie, ora
Cristiano è focalizzato su altro:
pare che la sua storia con la
modella russa Irina Shayk, «dimenticata» durante i canonici
ringraziamenti da Pallone
d’oro, sia ai titoli di coda. Non è
dato sapere, in questo caso, il
parere di Cristianinho.
Roberto De Ponti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
SPORT
59
MotoGp
Stoner, un altro anno come tester Honda
Raid
Basket
Dakar, Roma esce illeso da un terribile incidente Datome in D-League, l’ex pro Maynor a Varese
Casey Stoner prosegue l’attività di collaudatore di lusso della Honda
anche nel 2015. Ritiratosi a fine 2012, l’australiano, 29 anni, iridato
nel MotoGp 2007 (su Ducati) e 2011 (su Honda) ha provato l’ultima
volta la RC213V nell’ottobre 2014. Ora salirà sul prototipo 2015 dal
29 al 31 gennaio a Sepang. Previsto un secondo test entro il 2015.
TENNIS Fognini, la Errani e la Pennetta teste di serie all’Australian
Open che parte lunedì. Intanto a Sydney, Fognini out con Del Potro
(4-6, 6-2, 6-2); Bolelli, invece, promosso ai quarti: 6-3, 6-3 a Goffin.
Nani Roma è stato vittima di un terribile incidente con la Mini nella
10a tappa della Dakar (da Calama a Salta, di nuovo in Argentina). Lo
spagnolo, costretto a ritirarsi dal raid, si è capottato ripetutamente
dopo essere decollato: vettura distrutta, ma sia lui sia il copilota,
Michel Perin, sono usciti illesi. Roma, uno dei favoriti, aveva già visto
compromessa la sua Dakar per una panne nella prima tappa.
SCI Nuovo programma a Wengen: lo slalom passa a sabato e la
discesa a domenica causa meteo sfavorevole; domani combinata.
Stanco di finire in tribuna, Gigi Datome lascia i Detroit Pistons e passa
alla D-League, la lega di formazione della Nba, vestendo la maglia
dei Grand Rapids Drive, affiliati con i Pistons. «Così potrò pronto per
una nuova chance» dice il giocatore azzurro. Serie A: Varese perde
per almeno un mese Diawara (distacco parziale di una retina:
stamane l’operazione a Monza) e ingaggia il play Eric Maynor, 27
anni, che ha giocato anche ad Oklahoma City con Russell Westbrook.
Ma ancora non si sa chi, tra Robinson e Deane, gli lascerà il posto.
Vita da Pazzo: segna,
esce dal mercato
e fa cambiare il modulo
● Il commento
Com’è dura per i c.t.
La cena indigesta
di Roy Hodgson
di Daniele Dallera
G
iorni duri, difficili per
Roy Hodgson, c.t.
dell’Inghilterra.
Prima, si prende
dell’«ignorante, folle,
buffone», cortesie che
viaggiano sul web solo per
aver votato Mascherano al
Pallone d’oro, preferendolo
a Ronaldo e Messi. L’anno
tormentato appena
abbozzato del tecnico
inglese continua con
l’imprevisto bidone che gli
ha tirato la Premier League
rifiutando il cortese invito a
una cena di lavoro per i
giocatori di «interesse
nazionale». Hodgson
intendeva «convocarli» per
fine mese per fare loro un
discorsino, analizzare cose
buone e cattive. Uno stage
con le gambe ben piazzate
sotto un tavolo, reso più
attraente dalla cucina
italiana per la quale il
vecchio Roy ha un debole.
Niente da fare, i club inglesi
hanno preso carta e penna
e hanno fatto sapere al c.t.
che i loro giocatori sono
troppo impegnati e non
hanno tempo per cene di
lavoro. Hodgson ha
abbozzato facendo sapere
che si sarebbe reso
indisponibile per qualsiasi
altra data: così imparano.
La vita da c.t. non è faticosa
solo in Italia dove Conte
combatte per i famosi stage
(i suoi non certo a cena),
ma anche in Inghilterra
dove evidentemente la
Nazionale viene vista male
anche se va al ristorante.
Ma ora è allarme difesa: out Zapata e De Sciglio
MILANO La febbre del martedì
sera ha portato Giampaolo Pazzini in cima alla hit rossonera:
era da tempo che il suo nome
non risuonava così spesso. Per
la prima volta in campo dal 1’,
subito in gol e tolto dal mercato, almeno secondo comunicazione ufficiale mandata in onda su Milan channel. Non è
proprio detto che i fatti siano
legati da relazioni di causa-effetto (in fondo Pazzini con il
Sassuolo ha solo fatto vedere
quello che è e che può dare),
ma l’ordine cronologico è questo.
Se davvero la situazione resterà uguale anche il 2 febbraio
alle 23 (momento di chiusura
del mercato invernale), allora
l’attaccante rossonero potrà
guardare a questi giorni di voci
e di febbre come quelli che gli
hanno cambiato la stagione.
Non di più, perché se resterà al
Milan in questa sessione, andrà comunque in scadenza di
contratto in estate. Ma la vita è
adesso, con il gol al Sassuolo in
girata acrobatica, con una prestazione decisamente convincente, con la conferma di quello che un centravanti d’area
può dare anche a questo Milan
(soprattutto contro le mediopiccole quando il contropiede
non basta e soprattutto ora che
si può contare sui cross di Cerci), con la foto di lui e la moglie
sorridenti sui social dopo lo
sfogo di mesi fa della signora,
con il raffreddamento della pi-
sta per Mattia Destro (per ora
altrettanto bloccato dalla Roma).
Il Pazzo, fino alla partita di
Coppa Italia impiegato per 217’
racimolati qua e là, ha sfruttato
bene la sua occasione, aiutando il Milan a superare il primo,
importantissimo, dentro o fuori della stagione. E pensare che,
quando finalmente era arrivato
il suo momento, si è trovato
Comunicazione
La società a Milan
Channel: «Pazzini
resta qui». E Inzaghi
pensa al 4-2-3-1
bollente per la febbre (ieri infatti ha saltato l’allenamento).
Poco male: era già capitato a
Ménez prima di Milan-Udinese
e il francese aveva segnato due
gol. Proprio in quell’occasione,
Pazzini aveva scalato il primo
gradino, superando Torres nelle gerarchie di Inzaghi: se Ménez non fosse riuscito a giocare, al suo posto sarebbe toccato
a lui. Partito il Niño, ecco l’attaccante toscano in pole, ma
sempre tra le riserve. Non è mai
stato semplice il cammino di
Pazzini al Milan: aveva appena
cominciato a ingranare dopo il
passaggio dall’Inter, quando
arriva un concorrente come
Mario Balotelli. Al termine di
quella stagione (2012-2013)
conclusa comunque con 37
presenze e 16 reti, si fa operare
al ginocchio destro e sta fuori
sei mesi. Torna in campo e al
gol e non trova più l’allenatore
che lo stimava particolarmente, Max Allegri. Con Seedorf
gioca poco, con Inzaghi esplode Ménez. E ora? Ora Inzaghi
sta pensando di cambiare modulo per sfruttare al meglio le
caratteristiche del francese e
del Pazzo: l’idea è quella di arrivare al 4-2-3-1, con Ménez impiegato sempre centralmente
(dove preferisce), ma dietro la
prima punta Pazzini. Magari
non subito, ma il percorso di
lavoro dovrebbe portare lì.
Ma se l’attacco per ora esce
dalle voci di mercato, è la difesa
che vi entra prepotentemente,
dopo gli infortuni di Zapata e
De Sciglio, che preoccupano la
società. Il colombiano ha subito nella partita con il Sassuolo
un’infrazione ossea al secondo
metatarso del piede destro e ne
avrà per un mese. Lo sfortunatissimo De Sciglio, che aveva
dato segni di ripresa, ha di
nuovo male al piede che già
aveva sofferto di fascite plantare: gli esami approfonditi saranno oggi (così come quelli al
polpaccio di Muntari) ma si teme uno stop altrettanto lungo:
ecco allora che la priorità del
Milan torna il terzino sinistro,
con il nome di Pasqual sempre
caldo.
Arianna Ravelli
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Ritorno al gol Giampaolo Pazzini, 30 anni, in rete contro il Sassuolo (LaPresse)
La scelta di Shaq: «Mi voleva la Juve, ho preferito l’Inter»
Lo svizzero: «Questa è la soluzione migliore. Puntiamo alla Champions. A Empoli spero di esordire»
Chi è
● Xherdan
Shaqiri,
svizzero, è nato
a Gnjilan,
Kosovo, il 10
ottobre 1991.
Ha giocato fino
al 2012 nel
Basilea,
poi nel Bayern
Monaco che ha
lasciato il 9
gennaio 2015
per l’Inter
● Con la
nazionale
svizzera ha
esordito nel
2010 e giocato
41 partite
segnando
15 gol
MILANO Maglia numero 91, proprio come l’anno di nascita:
Xherdan Shaqiri è un ragazzo
sveglio che ama lasciare il segno. In campo e fuori. E così
nel giorno della sua presentazione ufficiale alla Pinetina ha
subito regalato una frase che
farà delirare il popolo interista.
«Mi aveva cercato anche la Juventus, ma ho scelto l’Inter: la
soluzione migliore per me».
Già il ragazzo era stato accolto al suo arrivo all’aeroporto di
Malpensa da oltre 500 tifosi
esultanti, figuriamoci cosa accadrà ora dopo che si è presentato così. Domenica scorsa a
San Siro la gente nerazzurra lo
ha acclamato alla lettura delle
formazioni e poi quando si è alzato dalla panchina per iniziare
il riscaldamento. E pensare che
non ha giocato neppure un minuto. Lui ha le idee chiare al riguardo: «Mi sono allenato bene in questi giorni e sabato a
Empoli spero proprio di giocare subito per dare il mio contributo alla squadra che punta a
tornare in Champions League
nella prossima stagione. Sono
fiducioso che l’Inter possa presto tornare dove si merita di
stare un grande club come
questo».
Shaqiri è nato a Gjilan (Kosovo, ex Jugoslavia) da una famiglia che non si può proprio definire benestante e pare che,
quando con i genitori e i fratelli
si è trasferito in Svizzera, nei
primi tempi abbia abitato in un
appartamento senza riscalda-
mento. E, infatti, con i primi
soldi guadagnati col calcio ha
subito comprato casa per i genitori ai quali è molto legato,
come del resto ai fratelli.
«La nostra è una famiglia
molto unita tanto che a farmi
da manager sono loro» ha ricordato lo svizzero nei giorni
scorsi precisando che pure il
Liverpool si era interessato a
lui. «Sì: avevo diverse possibili-
Il caso
Giallo in Coppa d’Asia
Giocatore giordano
in semicoma dopo antidoping
Dall’antidoping al semicoma. È accaduto,
secondo il ricorso della Federcalcio giordana,
all’attaccante Ahmad Hayel dopo la partita di
Coppa d’Asia persa 1-0 dalla Giordania con l’Iraq
lunedì a Brisbane, in Australia. Hayel, 30 anni, è
tornato in albergo in uno stato di «semicoma,
debolezza e ipotermia». Prima, aveva vomitato
nella sala dei controlli, «troppo fredda», senza
riuscire a completare il test. Al giocatore è stata
data acqua senza sali o elettroliti nonostante il
malore sofferto nelle quattro ore trascorse in
attesa di fornire il campione di urina e, una
volta in albergo, è stato portato in stanza «su
una sedia a rotelle». La Confederazione asiatica
si è difesa sostenendo di avere adottato «la
procedura usuale come da regolamento» e
precisando che «il medico della Giordania era
presente alla procedura antidoping». Hayel
adesso rischia di saltare la partita contro la
Palestina.
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Talento Xherdan Shaqiri, 23 anni, pronto a esordire sabato a Empoli (Ansa)
tà che ho valutato in fretta, perché in realtà io avevo già deciso».
Serve aggiungere che Roberto Mancini ha avuto un ruolo
fondamentale nell’indirizzare
la scelta di Shaqiri? «Credo nel
tecnico e nel suo progetto: le
sue parole, quando ci sentivamo al telefono, mi hanno colpito e convinto a venire all’Inter
— ha sottolineato il giocatore
—. E dopo i primi allenamenti
con questo grande allenatore
mi sono reso conto di aver fatto
la scelta migliore».
Felice il ragazzo e pure Roberto Mancini che lo ha accolto
con poche ma significative parole: «Shaqiri arriva dal Bayern
Monaco ed è nazionale svizzero: non credo serva aggiungere
altro». E, invece, ha ancora
qualcosa da dire: «Ricorderò
per tutta la vita l’accoglienza ricevuta dai tifosi al mio arrivo a
Milano: no, non mi aspettavo
proprio tanto affetto. E ora farò
di tutto per sdebitarmi in fretta».
Franco Fiocchini
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
60
Mariapaola affranta abbraccia Luciana, Marina
e Luca in questo triste momento per la perdita del
cognato
Gabriele
- Milano, 13 gennaio 2015.
Ricordiamo con affetto l’amico
Gabriele
Famiglia Longhini. - Milano, 14 gennaio 2015.
Maria, Erminio e Donata, Patrizia, Riccardo e
Laura, Simona e Valter, Antonella e Roberto si
stringono affettuosamente a Laura e ai figli Marina
e Luca partecipando commossi al loro dolore per
la perdita del caro
"La vita è un viaggio, viaggiare è vivere
due volte".
(Khayyam)
I figli Cesare, Pietro e Lorenzo, le nuore Olivia e
Nicoletta e le nipoti Luisa e Giulia ricordano con
amore
E’ serenamente scomparso, il 14 gennaio 2015,
con profonda fede nel Signore, il
Antonio De Lorenzi
Ufficiale di collegamento Regio Esercito Italiano
con l’ VIII Armata Britannica, Cavaliere d’ Onore e
Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta,
Grand’ Ufficiale dell’ Ordine dei Santissimi Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di Gran Croce dell’ Ordine
al Merito Civile di Savoia, Cavaliere Professo dell’
Ordine Militare di Santo Stefano Papa e Martire.Con immenso dolore lo annunciano la cognata
Donna Maria Antonietta Lodolo D’Oria, con il marito Ninì Coppola; i cugini Fineschi Sergardi, Giunti, Brandolini d’Adda, Griccioli; i nipoti Torrigiani,
Maglio, Sanminiatelli, Miari Fulcis, Castelbarco Albani, Palici di Suni, Cicogna Mozzoni, Medici del
Vascello, Menini ed i parenti tutti.- I funerali avranno luogo nella chiesa di Santa Felicita, piazza Santa Felicita, Firenze, venerdì 16 gennaio 2015 alle
ore 11,30.- Le ceneri verranno tumulate nella tomba di famiglia, nella chiesa di Monistero, Masse di
Siena, a data da indicarsi.
- Firenze, 15 gennaio 2015.
La cerimonia funebre si terrà venerdì 15 gennaio
alle ore 14 presso la chiesa San Francesco a Saronno. - Saronno, 13 gennaio 2015.
Partecipano al lutto:
– Carla e Maria Pia Borghi.
– Elena, Massimo, Lorenzo e Viola Gagliardi.
– Davide, Bruna, Paolo, Antonio, Guido.
– Achille, Paola Canti.
Gabriele Bonatti
- Concesio (BS), 15 gennaio 2015.
I Consiglieri dell’Istituto di Assistenza ai Minori
ed agli Anziani di Milano, Alda Bencini, Maria Ferrario, Enrico Piccaluga, Elena Rolandi, Gianluigi
Villaschi ed i soci, si uniscono commossi al dolore
della famiglia per la scomparsa del Presidente
Avv. Gabriele Bonatti
costante sostenitore di tutte le iniziative benefiche
a favore di giovani, anziani e famiglie in difficoltà.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Partecipano al lutto:
– Silvia Entronchi e famiglia.
– Viviana Malvisi e famiglia.
l’
Tony
sarai sempre nei nostri cuori.- Tua sorella Manuela
con Piero, Stefania con Mario, Susanna con Roberto, Silvia con Marco.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Edoardo e Luciana con Elisabetta, Francesca, Angelamaria ed Ambrogio, con Davide, Giorgio e
Mascia e tutti i nipoti, sono vicini a Mirella, Cesare
Olivia e figlie, Pietro Nicoletta, Lorenzo per la perdita del caro cognato e zio
Antonio
- Saronno, 14 gennaio 2015.
Grazia partecipa con affetto al dolore dei figli e
di Mirella per la perdita di
I soci del Rotary Club Milano Castello ricordano
avv. Gabriele Bonatti
socio onorario e fondatore del nostro club.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Il Vice Presidente della Casa dei Ragazzi "Treves
De Sanctis" o.n.l.u.s. Alda Bencini, i Consiglieri
Gianpaolo Cagliani, Alessandra Colombo, Paolo
De Martinis, Maria Ferrario, Egidio Galbusera ed i
soci partecipano commossi al lutto della famiglia
per la scomparsa dell’
Avv. Gabriele Bonatti
fondatore, Presidente e guida per oltre quarant’anni della Residenza Sanitaria assistenziale per Disabili di Olgiate Molgora nel ricordo della sua illuminata e costante dedizione a sostegno dei più
deboli. - Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015.
La Direttrice Paola Clerici, il Direttore Sanitario
Stefano Mozzanica, il Segretario Osvaldo Chiarelli
della Residenza Sanitario assistenziale per Disabili
di Olgiate Molgora partecipano con affetto al dolore della famiglia per la scomparsa dell’
Avv. Gabriele Bonatti
Presidente della Casa dei Ragazzi "Treves De Sanctis" o.n.l.u.s., ricordandone con immenso rimpianto
la profonda umanità e la grande competenza che
hanno contraddistinto per oltre quarant’anni la sua
fattiva partecipazione alle iniziative a favore dei disabili. - Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015.
Antonio
- Saronno, 14 gennaio 2015.
Biancamaria, Davide e Barbara, Uberto e Chicca
ricordano con affetto
Antonio
- Saronno, 14 gennaio 2015.
Antonio
Ricordiamo le spensierate giornate passate insieme e ti pensiamo con affetto.- Ugo, Giovanna, Cristina e Chiara.
- Milano - Saronno, 15 gennaio 2015.
Partecipano al lutto:
– I cugini Canti e Sevesi con le loro famiglie.
Nino e Carla, con Alessandro, Loredana e Federico partecipano commossi al dolore per la perdita
del caro
Antonio
- Saronno, 15 gennaio 2015.
Profondamente commossi partecipiamo al dolore di Mirella, Cesare, Pietro e Lorenzo per la scomparsa del carissimo amico
Antonio
Partecipa al lutto:
– Gianfranco Montecchio.
Il personale della Residenza Sanitaria per Disabili, del Centro Socio Educativo e della "Casa di
Sophia" si unisce al dolore della famiglia per la
scomparsa dell’
Partecipano al lutto:
– Andrea e Luca Bellini.
– Gaetano Bonavita e famiglia.
– I collaboratori dello Studio Bellini.
Presidente della Casa dei Ragazzi "Treves De Sanctis" o.n.l.u.s. sempre premuroso ed attento nei confronti di tutti gli operatori.
- Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015.
Gabriele Bonatti
Ciao Bonatti, gli ospiti della Casa dei Ragazzi di
Olgiate Molgora ti ricorderanno sempre con affetto. - Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015.
Siamo particolarmente vicini a Cesare, Pietro,
Lorenzo, e Mirella per la perdita del carissimo
Antonio
Con affetto Dina, Roberto, Andrea, Claudia e Guido. - Lomazzo, 15 gennaio 2015.
Dopo una lunga e bella vita è mancato all’affetto
dei suoi cari
Luigi (Gino) Silvestri
Partecipano al lutto:
– Luciano, Teresa D’Andrea.
Ne danno il triste annuncio la moglie Vittoria, il
figlio Alfredo con Roberta, Cecilia e Isabella, la figlia Patrizia con Alice, Andrea, Aurora e Guido.- Si
ringraziano per le cure mediche prestate il Professore Roberto Franceschini e per l’affettuosa assistenza quotidiana la badante Geta Nitica.
- Milano, 13 gennaio 2015.
I condomini di via Eustachi 21 Milano partecipano commossi al grave lutto che ha colpito la famiglia per la scomparsa del
Giuseppe e Lilli con le loro famiglie si uniscono
commossi al grande dolore di Vittoria, Alfredo e
Patrizia per la perdita del caro
Gabriele Bonatti
sig. Giancarlo Rigante
- Milano, 14 gennaio 2015.
Nobile di Firenze e Nobile di Siena
Nel ricordo del nostro indimenticabile amico
Francesco
Marilì, Anna e Giammi.
- Moncalieri, 14 gennaio 2015.
Gli Ufficiali del nucleo I.I.L.O. del Regio Esercito
- Italian Liaison Unit VIII Armata Britannica membri
della sezione Associazione Combattenti Guerra di
Liberazione inquadrati nelle forze regolari partecipano con profondo dolore la scomparsa del
N.H.
Francesco Carlo Griccioli
collega ed amico, per molti anni Presidente della
sezione. - Firenze, 14 gennaio 2015.
Cinzia e Chantal, Barbara e Lothar piangono la
scomparsa della loro amata mamma e nonna
N.D.
Ciao
con il quale abbiamo condiviso quarant’anni di vita.- Fabrizio e Paola Bellini.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Avv. Gabriele Bonatti
N. U.
Francesco Carlo Griccioli
Gino
- Milano, 14 gennaio 2015.
Luciana Silvestri Polacco
Le esequie si terranno sabato 17 gennaio, ore 11,
presso la chiesetta del cimitero di Lambrate.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Annarosa e Alberto sono vicini a Cinzia e Chantal per la perdita della cara
Luciana
sorella e amica di tutta una vita.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Livio ed Elena con Andrea e Martina piangono
la scomparsa della cara
zia Luciana
e sono vicini a Cinzia e Chantal in questo triste
momento. - Milano, 14 gennaio 2015.
Ciao carissima
zia Luciana
compagna di allegrissime e divertenti chiacchierate, "nonna virtuale" per incoraggiamenti e consigli,
rimarrai sempre nei nostri cuori.- Emanuela, Sebastiano, Antonio e Benedetta si stringono forte a
Cinzia, Chantal, Barbara e Lothar.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Con infinita tristezza Augusto con Luisa, Giuditta
con Achille salutano il loro amatissimo e indimenticabile fratello
Vittorio Leva
uomo di grande valore.- Le esequie si svolgeranno
venerdì 16 alle ore 11 nella chiesa parrocchiale di
Travedona.
- Varese - Milano, 14 gennaio 2015.
I direttori delle sedi CMTF Andrea, Anna, Laura,
Lia, Manuela, Marco, Massimo, Maurizio, Pierfrancesco, Piergiorgio, Piero, con i didatti, ricordano e
ringraziano
Luigi Boscolo
per essere stato un grande maestro nella professione e nella vita. - Milano, 13 gennaio 2015.
Partecipano al lutto:
– Luisanna e Umberta.
Il Direttivo Sirts e soci partecipano con commozione alla scomparsa del socio fondatore, Presidente Onorario e nostro maestro
Luigi Boscolo
- Milano, 14 gennaio 2015.
Francesco Vadilonga e Gloriana Rangone insieme con lo staff del Centro di Terapia dell’Adolescenza e della Scuola di Psicoterapia Iris di Milano
partecipano con dolore alla perdita del loro grande
e indimenticabile maestro
Luigi Boscolo
- Milano, 14 gennaio 2015.
La moglie Vanna, i figli Marco e Sergio e i nipoti
Delia, Giorgio e Jonathan, annunciano la scomparsa di
Emilio Pavesi
- Milano, 14 gennaio 2015.
Gli amici stringono in un tenero abbraccio Vanna, Marco, Sergio per la perdita del caro
Emilio
Ricorderemo sempre i nostri incontri, le belle sciate
allietate dalla tua allegria.- Ci mancherai tanto.Aldo e Mirella, Virgilio e Laura, Sandro e Ester, Gigi, Emilia, Aurelio e Mariuccia, Mirco e Luisa, Cesare e Milvia, Gianni e Anna, Nicola e Rosa.
- Milano, 14 gennaio 2015.
A tumulazione avvenuta le figlie Carla, Maria e
Teresa, unitamente a Lucio e Dario, annunciano
con immenso dolore la scomparsa del loro amatissimo papà
Dott. Angelo Nerini
medico condotto
uomo giusto e libero.- Ci mancheranno sempre e
tanto la sua intelligenza, la sua saggezza, il suo
amore.- Le figlie ringraziano di cuore tutti i medici
che l’hanno seguito, in particolare il Dottore Carlo
Lodi per le sue cure premurose e coloro che l’hanno stimato come persona e come medico.- Un grazie sentito a Mirella Agachi che si è presa cura di
lui con devozione.
- Codogno, 15 gennaio 2015.
Zubin Mehta e l’Orchestra Filarmonica di Israele,
piangono la perdita di
Yoko Nagae Ceschina
una cara amica e una dei mecenati più importanti
nel mondo della musica.- La sua generosità, unita
al suo calore e entusiasmo, saranno per sempre
nei nostri cuori. - Tel Aviv, 14 gennaio 2015.
FAI Fondo Ambiente Italiano ricorda con profonda gratitudine
Yoko Nagae Ceschina
generosa e costante sostenitrice delle attività della
fondazione. - Milano, 15 gennaio 2015.
zio Vittorio
- Milano, 13 gennaio 2015.
Paolo Melaragno
- Pozzilli, 14 gennaio 2015.
Dario, Stella, Gaia e Giulia Rossetti sono vicini
alla famiglia per la scomparsa del loro caro
Alfonso Fucci
- Legnano, 14 gennaio 2015.
La Casa di Riposo per Musicisti - Fondazione Giuseppe Verdi comunica che nel cinquantottesimo
anniversario della scomparsa di
Arturo Toscanini
venerdì 16 gennaio alle ore 11 il Maestro verrà
ricordato con
Wally
Wanda
Walter
Emilio
Alvaro Di Stefano
Luigi (Gigi) Viviani
Il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale, il Direttore Sanitario, il Direttore Scientifico
e il personale tutto IRCCS Neuromed, partecipano
con sentita commozione al grave lutto che ha colpito il Presidente Professore Erberto Melaragno per
la scomparsa del fratello
La sorella Sandra, le cognate, i nipoti si uniscono
al dolore della famiglia per la perdita del caro
I nipoti Laura con Francesco Mariavittoria ed
Edoardo, Patrizia e Guglielmo con Silvia, Andrea e
Alessandra con Luca, Roberto con Caterina, Mariavittoria e Giacomo con Alessandro e Sara ricorderanno sempre con grande rimpianto il loro meraviglioso, amatissimo
Romano Borroni, assieme ai figli Monica, Michele, Raffaella,Claudio è affettuosamente vicino a Rosa, Massimo, Alessandro e famiglie, per la morte
dell’amico di una vita
Clelia Matelli
alla quale li ha legati un affetto che non si è mai
diluito nel tempo. - Milano, 14 gennaio 2015.
- Milano, 14 gennaio 2015.
Il Presidente Antonio D’Amato, i componenti del
Consiglio Direttivo e tutti i colleghi della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, profondamente rattristati, partecipano al dolore dei familiari per la scomparsa del collega
- Varese - Milano, 14 gennaio 2015.
I cugini Giovanni, Andrea e Mario Graziani, e
Alberto, Benedetta, Gino, Carla e Isabella Ragazzi,
con le loro famiglie, si stringono con tantissimo affetto a Elisabetta, Francesco e Clara nel dolore per
la perdita della loro dolcissima mamma
Cavaliere del Lavoro
protagonista dello sviluppo dell’industria impiantistica e del cemento. - Roma, 14 gennaio 2015.
I familiari annunciano la morte di
Iolanda Sutera ved. Caprara
Il funerale si terrà venerdì 16 gennaio alle 9 presso
la chiesa di San Gioachimo a Milano.
- Milano, 14 gennaio 2015.
e
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
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Walfredo
nella cappella della Casa di Riposo per Musicisti in
Milano, piazza Buonarroti 29.
- Milano, 15 gennaio 2015.
15 gennaio 1986 - 15 gennaio 2015
"E ogni sera allo schiudersi di questo azzurro troppo perfetto mi torna in mente
quel suo viso chiaro d’affetto... e la voce
del mio amico ritorna viva nel mio ricordo pieno di amore e di allegria".
Sempre come allora
Enrico Ballicolai
Barbara. - Milano, 15 gennaio 2015.
Enrico Ballico Lay
Se è vero che le persone si amano per i loro difetti
tu dovevi averne tanti.- Tuo papà che ti amerà sempre, che cerca di tenerti allegro ovunque tu sia.
- Pietrasanta, 15 gennaio 2015.
16 gennaio 2014 - 16 gennaio 2015
architetto
Giancarlo Pozzo
con nostalgia e tenerezza ricordiamo Cin e la sua
lunga vita serena.- Carla, Riccardo, Valentina e
Caterina.- Una Santa Messa sarà celebrata venerdì
16 gennaio alle ore 18 in S. Maria della Passione
a Milano. - Milano, 15 gennaio 2015.
15 gennaio 2014 - 15 gennaio 2015
"La vita si ascolta come si ascolta il mare.- Le onde montano, crescono, cambiano le cose poi tutto torna come prima,
ma non è più la stessa cosa".
(Alessandro Baricco)
Gilberto Rodolfo Citterio
Rossana. - Milano, 15 gennaio 2015.
La famiglia Corvini ringrazia commossa tutti gli
amici che hanno partecipato al dolore per la scomparsa dell’amata
Fiorenza Corvini Ravanelli
- Zoate, 15 gennaio 2015.
2010 - 2015
Bob Noorda
...a me pare ieri.- Ciao Bob.- Ornella.
- Milano, 15 gennaio 2015.
15 gennaio 2010 - 15 gennaio 2015
Mirella e Matteo ricordano sempre
Gigi Speroni
- Milano, 15 gennaio 2015.
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e ringraziamenti: € 300,00
Gazzetta dello Sport
PER PAROLA: Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
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e ringraziamenti: € 185,00
Diritto di trasmissione:
pagamento anticipato € 1,67
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L’accettazione delle adesioni
è subordinata al pagamento
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Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003
(“Codice in materia di protezione dei dati personali”).
Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla
tutela dei dati personali, La informiamo sulle modalità, finalità e ambito
di comunicazione e diffusione dei Suoi dati personali e sui Suoi diritti, in
conformità all’art. 13 del D. Lgs. 196/2003. Per permetterle di usufruire
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ogni momento, quali sono i Suoi dati e come essi sono utilizzati. Ha anche
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blocco ed opporsi al loro trattamento. Ricordiamo che questi diritti sono
previsti dal Art.7 del D. Lgs 196/2003. Per ogni informazione riguardo
ai diritti può rivolgersi, a tal fine, al Responsabile del trattamento dei
dati personali di RCS MediaGroup S.p.A. scrivendo allo stesso c/o RCS
MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano.
Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
Libro
Un libro agile, «gentile» e ben disegnato,
come i ciclisti stilizzati in copertina, visti
dall’alto. «La Bici e la Rosa» (Palombi Editore,
93 pagine, 9 euro), è l’omaggio al Giro scritto
da Pio Cerocchi, giornalista di lungo corso,
ma non alle corse. Forse anche per questo la
sua passione è giovane e scattante. E quindi
capace di leggere l’edizione 2014 andando
oltre l’andamento della gara, che pure è
seguita con cura e attenzione ai particolari
«La Bici e la Rosa»
capace di scattare sui pedali
e unire grandi e piccoli
da intenditori. Nella stessa pagina si passa
da Scarponi a Favero. E in quella successiva
può capitare — grazie ad azzeccati inserti
fotografici — di trovare sulla strada non solo
Coppi e Bartali ma anche Massignan o
Battistini «quasi che l’autore abbia voluto
chiamare tutti i ciclisti ad entrare in un
gruppo ideale senza luogo e senza tempo, in
una fratellanza senza confini» come scrive
Romano Prodi nella sua prefazione, anche
Allegri, spazio alla linea verde
Morata e Coman anti Verona
questa scaturita da una passione lunga e
sincera. Ma perché il Giro e non il Tour di
Nibali? Perché la Rosa fa parte della nostra
memoria collettiva. E «per quell’attimo di
armonia altrimenti indefinibile che
accumuna i grandi ai piccoli e che crea un
gruppo ideale nel quale c’è posto per tutti in
ogni strada della nostra penisola...».
p.tom.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I biancocelesti sfideranno il Milan
Senza età
Il gol realizzato
da Miro Klose,
36 anni,
contro il Torino
(Ansa)
«Coppa Italia un obiettivo, stadio pieno e gli stimoli non mancano»
Lo Stadium è pieno. Il pallone lo porta la Juventus. E ai gol
chi ci pensa? Senza Tevez e Pirlo (non convocati) e con Vidal
forse in panchina, Allegri dovrebbe fare a meno di 25 reti su
45. Contro l’Hellas Verona —
che deve fare a meno di Luca
Toni, influenzato — è l’occasione per il resto dell’attacco juventino di dimostrare che il letargo è finito, anche se l’inverno deve ancora cominciare:
Llorente ha segnato 5 gol (in
1.589 minuti: a segno ogni
317’), ma l’ultimo decisivo è
quello di fine novembre a Mal-
Torino, ore 21
Juventus
Verona
4-3-1-2
5-3-2
30 Storari
1 Rafael
26 Lichtsteiner
71 Martic
19 Bonucci
2 Rodriguez
5 Ogbonna
4 Marquez
38 Mattiello
5 Sorensen
33 Agostini
20 Padoin
8 Marchisio
19 Greco
6 Pogba
77 Tachtsidis
10 Hallfredsson
37 Pereyra
7 Saviola
9 Morata
99 Nené
11 Coman
Arbitro: Calvarese di Teramo
Tv: ore 21 diretta Raidue
moe; Morata (4 in 604’: ogni
151’) ha giocato quasi un terzo
di Llorente e non timbra il cartellino da oltre due mesi (JuveParma, 7-0); Coman (0) è partito due volte titolare e non scende in campo da un mese; Giovinco (0) è disperso: titolare a
Empoli l’1 novembre e poi comparsa in un paio di occasioni. Il
turnover, soprattutto in attacco, alla Juve per adesso non esiste. Morata-Coman, 41 anni in
due, potrebbe essere la coppia
giusta per raggiungere il Parma
ai quarti di finale. Ma il francesino può anche giocare dietro
le punte. «Ho quattro attaccanti, due giocheranno il primo
tempo e due il secondo — concede Allegri —. Per quanto riguarda Coman è un ragazzino
del ‘96 e lo stesso Morata è un
ragazzo che viene dal Real Ma-
61
SPORT
drid ed è arrivato alla Juventus
come un giocatore importante
e credo che in futuro lo diventerà ancora di più. Giovinco
trequartista? A spezzoni sì, ma
lui è un attaccante, ha grandi
qualità tecniche. I giocatori a
disposizione li tratto come se
dovessero rimanere fino a fine
stagione».
Compreso Pogba, tornato in
vetrina dopo il gran gol al San
Paolo: «Lo vogliono tutti ed è
normale. È giovane e forte e
credo abbia delle qualità per
migliorare — sottolinea il tecnico — . Penso stia facendo
meno di quelle che sono le sue
reali potenzialità. Ora viviamo
il presente, a giugno non si sa
cosa può succedere...». Il presente parla di una Coppa Italia
che a Torino manca da vent’anni e di un avversario che si è ri-
Centravanti
Alvaro Morata,
22 anni,
spagnolo, è alla
prima stagione
con la
Juventus.
Finora ha
segnato 4 gol
in 18 partite
e 577 minuti
totali fra serie A
e Champions.
Solo 4 volte
titolare:
2 in serie A e 2
in Champions
(LaPresse)
preso domenica battendo il
Parma, ma è incupito da una
stagione normale, dopo quella
esaltante da neopromossa: «La
Coppa è un obiettivo della stagione — dice Allegri — e dobbiamo fare il massimo per arrivare in fondo. Lo stadio sarà
pieno e gli stimoli non mancheranno. Quelli che hanno
giocato meno avranno una
possibilità, ma non è un esame, perché quando vanno in
campo io ho totale serenità.
Hanno la possibilità di mettermi in difficoltà nelle scelte future: a fine campionato spesso
è decisivo chi ha giocato meno». Mercato o non mercato
qualche certezza in più in zona
gol sarebbe necessaria. Fin da
subito.
Paolo Tomaselli
L’altra partita
Nel pomeriggio
il Parma
ha battuto
il Cagliari 2-1,
reti di Paletta,
Sau e Rispoli
Gli ottavi
Martedì
MILAN
2
SASSUOLO 1
Ieri
PARMA
2
CAGLIARI
1
Ieri
TORINO
1
LAZIO
3
Oggi, ore 21
JUVENTUS
VERONA
20/1, ore 18
FIORENTINA
ATALANTA
20/1, ore 21
ROMA
EMPOLI
21/1, ore 21
INTER
SAMPDORIA
22/1, ore 21
NAPOLI
UDINESE
Così nei quarti
Questi gli
accoppiamenti
nei quarti
27/1, ore 21
MILAN-LAZIO
4/2, ore 21
vinc. InterSampdoria
c. vinc. NapoliUdinese
3/2, ore 21
vinc. RomaEmpoli c. vinc.
FiorentinaAtalanta
28/1, ore 21
vinc. JuventusVerona
c. PARMA
La Lazio ritrova Keita e Klose
e batte il Toro in scioltezza
Granata eliminati tra i fischi
TORINO Vola la Lazio dei
giovani e conquista i quarti di
finale di Coppa Italia.
Segnatevi questi due nomi:
Keita Balde, classe 1995, e
Danilo Cataldi, classe 1994, al
debutto in prima squadra.
Sono loro i volti freschi e di
qualità della squadra
biancoceleste che nel deserto
dell’Olimpico (4.305 paganti)
supera senza grandi problemi
l’ostacolo Torino, brutto e
contestato. Dopo il bel pari nel
derby, un’altra prova
convincente per la Lazio, che
ritrova anche i gol di un Klose
di nuovo brillante. Entrambi i
tecnici si affidano al turnover:
limitato quello del granata
Ventura, alle prese con diverse
assenze; più ampio quello del
biancoceleste Pioli. Solo Radu
e Parolo erano in campo dal
primo minuto domenica
scorsa contro la Roma. Gli altri
nove undicesimi, comunque,
convincono per solidità,
qualità e organizzazione. È un
mix di esperienza (Klose,
Ledesma) e freschezza quello
assemblato dal tecnico laziale
che produce in fretta effetti
positivi. Alla prima palla
buona, Keita scappa in
velocità, salta Maksimovic con
un doppio passo e infila
Padelli con un diagonale di
sinistro. È il primo gol
stagionale per il talento
spagnolo di origine
senegalese. È una bella Lazio:
lo testimonia la trama che
porta al raddoppio. Ancora
Keita ispira Cataldi che
rifinisce per Klose. Il tedesco
deve solo spingere in porta. E
il Toro? La squadra di Ventura
fa una grande fatica: dei primi
45 minuti granata si ricordano
solo le proteste per un tocco di
mano in area di Konko su
colpo di testa di Glik che ha
fatto gridare al rigore. Per il
resto solo fischi e
contestazione, con
destinatario principale il
presidente Urbano Cairo,
invitato, fin dal secondo
minuto di gioco, ad andarsene
e a investire sul mercato. Il
primo acquisto di gennaio,
Maxi Lopez, appena arrivato,
viene lanciato da Ventura in
apertura di ripresa al posto di
un deludente Amauri. La
scossa arriva: Martinez riapre
subito la gara. Ma dura poco
perché Padelli stende Klose;
rigore ed espulsione per il
portiere granata. Dal dischetto,
Ledesma trasforma. Alla Lazio
i quarti con il Milan, al Toro la
contestazione.
Filippo Bonsignore
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Torino
Lazio
1
3
Marcatori: Keita 13’, Klose, 29’ p.t;
Martinez 4’, Ledesma rig. 12’ s.t.
TORINO (3-4-1-2): Padelli 5;
Maksimovic 5, Glik 5,5, Moretti 5,5;
Darmian 6, Jansson 5,5 (Farnerud 5,5
16’ s.t.), Gazzi 6, Molinaro 5,5
(Castellazzi 6 11’ s.t.); El Kaddouri 4,5;
Amauri 4 (Maxi Lopez 6 1’ s.t.), Martinez
6. All.: Ventura 5
LAZIO (4-3-1-2): Berisha 6; Konko 6
(Basta 6 23’ s.t.), Novaretti 6, Radu 5,5,
Cavanda 5,5; Onazi 6,5, Ledesma 6,5,
Parolo 6,5 (Tounkara s.v. 44’ s.t.); Cataldi
7 (Pereirinha s.v. 28’ s.t.); Klose 6,5, Keita
7. All.: Pioli 7
Arbitro: Russo 6
Espulso: Padelli 11’ s.t. Ammoniti:
Amauri, Cavanda, Gazzi, Martinez
Recuperi: 0’ più 4’
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Telecamere in porta: la B chiede di usarle già a maggio
La richiesta del presidente Abodi per i playoff. Tavecchio dice sì per la A da agosto: «Scelta ineludibile»
La vicenda
● Il n° 1 della
Lega di B (dal
2010) Abodi
vuole la Goal
line technology
già nei play off
di maggio
● Il costo varia
dai 160 ai 200
mila euro
MILANO Il gruppo di lavoro sulla
«Goal line technology» (Glt),
istituito dal Consiglio federale
del 17 dicembre (coordinatore
il d.g. Uva) per studiare le modalità tecniche di applicazione
in Italia delle telecamere per il
gol/non gol, ha individuato le
norme, che dovranno essere
adottate dalle varie Leghe nel
progetto operativo e che dovranno essere inserite nelle
Noif, le norme organizzative
interne federali: adesione a regolamenti e direttive Fifa; garanzia di uniformità d’applicazione nelle varie competizioni.
Ha detto il presidente Tavecchio: «Sono convinto che l’utilizzo della Glt, a partire dal
prossimo campionato, sia ormai un fatto ineludibile». Un
modo per ribadire il netto cambio di strategia rispetto alle ultime tre stagioni.
Insieme con il presidente
dell’Aia, Nicchi, il d.g. della Lega di A, Brunelli, il consigliere
federale Perrotta (in rappresentanza dei calciatori) era presente il numero uno della Lega
di serie B, Andrea Abodi, che
ha lanciato una proposta innovativa, per guadagnare tempo:
l’introduzione della «Goal line
technology» già nei playoff di
questa stagione, che iniziano a
fine maggio e riservati alle sei
squadre che si sono piazzate
fra il terzo e l’ottavo posto in
3
anni in serie A
con gli
addizionali
(arbitri
di porta).
L’inizio il 25
agosto 2012,
dopo
il successo
di Euro 2012
classifica. Dal punto di vista regolamentare non ci sono ostacoli all’introduzione della Glt,
perché i playoff vengono considerati un torneo a parte rispetto al campionato, anche se ne
rappresentano la naturale conclusione. La questione non è
un dettaglio, perché non sarebbe possibile cambiare le regole
all’interno di uno stesso torneo
ed è per questo che la Glt non
potrà essere adottata in Coppa
Italia.
Resta ancora da definire
quale sistema adottare. La Fifa,
a partire dalla Confederations
Cup 2013, ha scelto il nuovissimo sistema Goalcontrol 4D (14
telecamere in azione), ma è
possibile anche la soluzione
del «goalref» oppure dell’«occhio di falco» ed esiste anche
un quarto brevetto. Si tratta di
scegliere la soluzione migliore
come affidabilità tecnologica e
come costi. Abodi è disponibile a fare da apripista, non soltanto per confermare che la Lega di B è sempre aperta agli
esperimenti, ma anche perché
preparerebbe il terreno alla Lega di A, che è pronto alla Glt a
partire dal prossimo campionato. Al momento si prevede
che per ogni stadio l’impianto
possa costare fra i 160.000 e i
200.000 euro, ma la Lega di A
ha la (fondata) speranza di trovare uno sponsor. I vertici della
A vorrebbe chiudere il quadro
normativo e tecnico entro febbraio, in modo da arrivare preparati al via libera di agosto.
Tra marzo e aprile si dovrebbe anche decidere se confermare gli arbitri d’area (introdotti nel 2012-2013), ma è
un’ipotesi che al momento appare quantomeno remota. La
differenza fra arbitri di porta e
tecnologia è rappresentata dal
fatto che i primi vengono pagati dalla Figc e costano più di un
milione all’anno, mentre l’introduzione della Glt ricadrà
sulle società. In tempo di austerità tutto può servire.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
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Tv
Teleraccomando
di Maria Volpe
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del capo dello Stato Giorgio
Napolitano, si apre la
partita per il successore al
Colle. Michele Santoro ne
parla con Giuliano Ferrara,
Massimo Cacciari e Marco
Travaglio. Anche Nicola
Porro insieme all’ospite
Alessandro Sallusti si
occupa, oltre che delle
stragi di Parigi, del
successore di Napolitano.
Servizio Pubblico
La7, ore 21.10
Virus - Il contagio delle idee
Rai2, ore 23.05
Il Duende
arriva in Italia
La prima esecuzione
italiana di «Duende - The
dark notes» di Luca
Francesconi, che spiega: «Il
Duende è storicamente il
demone del flamenco.
Come spiega García Lorca è
una forza sotterranea di
inaudita potenza».
Commissionata dalla Rai,
dalla BBC e dalla Radio
svedese, l’opera è stata
eseguita in prima italiana
nel maggio 2014
dall’Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai, diretta
da Susanna Mälkki.
Duende - The dark notes
Rai5, ore 21.15
Oscar, è l’ora
delle nomination
In diretta l’annuncio delle
nomination agli Oscar.
Conferenza stampa per le
prime 10 categorie e una
seconda per le altre 13.
2015: Le nomination in diretta
Sky Cinema 1, ore 14.30
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Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015
63
Sul web
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Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
A FIL DI RETE di Aldo Grasso
Il «Calciomercato» che fa sognare risparmiandoci la lavagna
Vincitori e vinti
«I
l calcio non è e non sarà soltanto qualità e lavagna, perché in esso vi sono
anche i sentimenti che reggono la vita: c’è coraggio, c’è solidarietà, c’è vergogna, c’è rivalsa, c’è nobiltà e c’è livore. Toglietegli tutto questo e sarà finita la gallina
dalle uova d’oro televisiva». Così Javier Marìas, era il
1997. La gallina dalle uova d’oro continua, con l’avvento della pay-tv, ma la lavagna è aumentata a dismisura e rischia di rovinare tutto.
Che cos’è la lavagna? È il commento eccessivamente tecnico, è il «4-4-2 contro il 3-5-2», è la seconda voce, è l’interminabile discussione se sui calci d’angolo è meglio marcare a uomo o a zona, sono
TWILIGHT SAGA...
Robert Pattinson
I vampiri di Canale 5
battono la fiction italiana:
per Pattinson 3.749.000
spettatori, 14,7% di share
RAGION DI STATO
Luca Argentero
La fiction italiana superata
dai vampiri di Canale 5: per
Raiuno 3.668.000
spettatori, 13,6% di share.
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capacità di non prendersi troppo sul serio (molto
belle le chat fantasiose di Fayna), ma soprattutto ha
il merito di farci entrare ancora nel mondo dei sogni. Riuscirà il Toro a comprare qualcuno che faccia
dimenticare la delusione di Nocerino? Così, immagino, per tutte le squadre, salvo forse quella al vertice.
La tv non può dare qualità (i casi sono molto rari); se la desidero nel calcio, vado a leggermi «Undici», rivista trimestrale calcistica, o qualche pezzo di
Jack O’Malley. Nelle partite che vedo in tv vorrei ritrovarvi coraggio, solidarietà, vergogna, rivalsa, nobiltà e livore. Il resto è lavagna.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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le domande che gli ex calciatori fanno al collega allenatore nel dopo partita. La lavagna ricorda molto,
nel campo degli studi sulla comunicazione, la moda della semiologia, ovvero il ridicolo tentativo di
dare una veste scientifica all’ovvio. Per farla breve,
alla «lavagna» dei pretenziosi sono preferibili gli
sproloqui di un Vincent Candela, ex terzino giallorosso, che si presenta in uno dei tanti talk visibilmente alticcio.
Per questo una delle poche trasmissioni che riesco a seguire ancora con piacere è «Calciomercato.
L’originale» di Alessandro Bonan e Gianluca Di
Marzio (Sky Sport 1, dal lunedì al venerdì, ore 23).
Pur fornendo notizie, il programma ha la grande
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Come si gioca
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Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera
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