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Appendice A: Relazioni d`ordine e Insiemi Parzialmente Ordinati.

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Appendice A: Relazioni d`ordine e Insiemi Parzialmente Ordinati.
Capitolo 11
Appendice A: Relazioni d’ordine e
Insiemi Parzialmente Ordinati.
Se X è un insieme arbitrario, una relazione ≥ su X viene detta relazione d’ordine parziale
quando è riflessiva (per x ∈ X, x ≥ x), transitiva (per x, y, z ∈ X, se x ≥ y e y ≥ z allora
x ≥ z) e antisimmetrica (per x, y ∈ X, se x ≥ y e y ≥ x allora x = y). In tal caso (X, ≥) si dice
insieme parzialmente ordinato.
Al posto di a ≥ b si può scrivere equivalentemente b ≤ a.
La relazione d’ordine parziale ≥ si dice relazione d’ordine totale se vale ulteriormente la
proprietà: per ogni coppia x, y ∈ X, x ≥ y oppure y ≥ x.
Se (X, ≥) è un insieme parzialmente ordinato:
(i) Y ⊂ X si dice limitato superiormente (inferiormente) se ammette un maggiorante
(minorante), cioè un elemento x ∈ X tale che x ≥ y (y ≥ x) per ogni y ∈ Y ;
(ii) elemento x0 ∈ X tale che non esiste in X alcun x 6= x0 con x ≥ x0 , si dice elemento
massimale di X. (Si noti che se x0 è massimale è in generale falso che ogni x ∈ X soddisfi
x0 ≥ x cioè un elemento massimale di X non è in generale un maggiorante di X).
Se (X, ≥) è un insieme parzialmente ordinato, Y ⊂ X si dice ordinato se ≥ ristretta a Y × Y
è una relazione d’ordine totale.
Ricordiamo il lemma di Zorn equivalente all’Assioma della Scelta (o di Zermelo):
Lemma di Zorn. Se in un insieme parzialmente ordinato (X, ≥) ogni sottoinsieme ordinato è
limitato superiormente, allora X ammette almeno un elemento massimale.
Tra le nozioni utili nella teoria degli insiemi parzialmente ordinati ci sono anche quelle di estremo
superiore ed estremo inferiore. Se (X, ≥) è un insieme parzialmente ordinato:
(i) a è detto estremo superiore dell’insieme A ⊂ X e si scrive a = sup A, se a è un
maggiorante di A e se ogni altro maggiorante di A, a 0 , soddisfa a ≤ a0 ;
(ii) a è detto estremo inferiore dell’insieme A ⊂ X e si scrive a = inf A, se a è un mino-
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rante di A e se ogni altro minorante di A, a 0 , soddisfa a0 ≤ a;
È immediato verificare che ogni sottoinsieme A ⊂ X ammette al più un unico estremo superiore
ed un unico estremo inferiore.
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Capitolo 12
Appendice B: Dimostrazione di
alcuni teoremi.
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Capitolo 13
Appendice C: Integrale di funzioni a
valori spazi di Banach.
Assumeremo nota la teoria della misura (positiva) per funzioni a valori complessi sviluppata
come in [1, 13]. Vogliamo qui mostrare come si possa estendere [25] la teoria dell’integrazione
al caso di funzioni a valori in spazi di Banach, f : X → B, dove (X, Σ, µ) è uno spazio con
misura positiva σ-additiva arbitrario. È chiaro che il problema maggiore risiede nel fatto che, in
generale, in uno spazio di Banach B non esiste un ordinamento come in R, per cui non possiamo
definire l’integrale di una funzione f : X → B prendendo l’estremo superiore degli integrali delle
funzioni semplici maggiorate da f . Bisogna elaborare un’altra procedura che però si dimostra
essere equivalente alla procedura standard quando dimB < ∞ (in particolare B = C) e la misura
è completa (cioè ogni sottoinsieme di un insieme di misura nulla appartiene alla σ-algebra Σ) e
σ-finita (cioè lo spazio X è unione numerabile di elementi della σ-algebra Σ ciascuno con misura
finita).
Nel seguito di questa appendice (B, | |) è sempre uno spazio di Banach sul campo C (anche se
quanto diremo funzionerà anche se il campo è R) e (X, Σ, µ) è uno spazio con misura positiva.
Diremo che s : X → B è una funzione a gradino se e solo se è una funzione semplice (ossia
l’immagine è costituita da un numero finito di valori le cui controimmagini sono insiemi misurabili) e le controimmagini dei valori assunti da s sono insiemi di misura finita. Indichiamo con
St(X, µ)B lo spazio vettoriale sul campo K delle funzioni a gradino.
Diremo che f : X → B è µ-misurabile se solo se esiste una successione {s n }n∈N ⊂ St(µ, X)B
tale che sn → f , quasi ovunque rispetto a µ, per n → +∞. Indicheremo con M (µ, X) B lo spazio
vettoriale su K delle funzioni su X a valori in B µ-misurabili.
Nota. Si può provare che se dimB < ∞ (in particolare B = C) e se µ è completa e σ-finita,
allora f : X → B è µ-misurabile se e solo se è misurabile (e quindi la nozione non dipende
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dalla scelta di µ).
Definiamo l’integrale su Y ⊂ Σ della della funzione a gradino s =
funzione caratteristica dell’insieme E e A i := s−1 (ai )) come
Z
s dµ :=
Y
Ovviamente risulta
n
X
ai µ(Ai ∩ Y ) .
Z
χY · s dµ .
Pn
i=1
ai χAi (dove χE è la
i=1
Z
s dµ =
X
Y
Indicheremo con L1 (X, µ)B il sottospazio vettoriale di M (X, µ) costituito dalle f : X → B per
le quali esiste una successone {sn } ⊂ St(X, µ)B che tende a f quasi ovunque rispetto a µ e che
soddisfi:
Z
lim
|f − sm | dµ = 0 ,
(13.1)
m→+∞ X
Le funzioni di L1 (X, µ)B si dicono funzioni integrabili secondo Bochner.
Si prova che in tal caso esiste il limite
Z
Z
f dµ ,
sn dµ =:
lim
n→+∞ X
X
che viene detto essere l’integrale di f rispetto a µ. La definizione è ben posta in quanto, se
{sn } e {s0n } sono successioni in St(X, µ)B che tendono alla stessa f ∈ L1 (X, µ)B , allora:
Z
Z
lim
sn dµ = lim
s0n dµ .
n→+∞ X
n→+∞ X
L’integrale di f su Y ∈ Σ viene definito al solito come:
Z
Z
f dµ :=
χY · f dµ .
Y
X
Si può definire una seminorma || ||1 su L1 (X, µ)B ponendo:
Z
||f ||1 :=
|f | dµ .
X
Questa seminorma ha la proprietà che se f ∈ L 1 (X, µ)B allora:
Z
Z
f dµ ≤
|f | dµ .
X
X
Si prova che la seminorma || ||1 è tale che ||f ||1 = 0 se e solo se f = 0 quasi ovunque rispetto a
µ. Definendo quindi L1 (X, µ)B esattamente come nel caso in cui B = C si può provare che tale
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spazio risulta essere spazio di Banach.
La teoria definita consente di generalizzare il teorema della convergenza dominata di Lebesgue
come segue.
Teorema della convergenza dominata generalizzato. Sia (X, Σ, µ) spazio con misura
positiva e B spazio di Banach su C.
Se {fn }n∈N è una successione di funzioni in L1 (X, µ)B tali che esiste g ∈ L1 (X, µ)C non negativa
con
|fn (x)| ≤ g(x) quasi ovunque rispetto a µ su X
e tale che
fn (x) → f (x)
quasi ovunque rispetto a µ su X se n → +∞ ,
allora:
(a) f ∈ L1 (X, µ)B ;
(b) ||fn − f ||1 → 0 per n → +∞;
(c) vale che:
Z
X
f dµ = lim
Z
n→+∞ X
fn dµ .
Questo teorema ha una serie notevole di conseguenze:
(1) se g ∈ L1 (X, µ)C , f ∈ L1 (X, µ)B e |f (x)| ≤ g(x) quasi ovunque rispetto a µ su X allora
f ∈ L1 (X, µ)B ;
(2) f ∈ L1 (X, µ)B se e solo se |f | ∈ L1 (X, µ)C ;
(3) se {fn }n∈N è una successione di funzioni in L1 (X, µ)B tali che fn (x) → f (x) quasi ovunque
rispetto a µ su X se n → +∞ ed esite c < ∞ con ||f || 1 ≤ c per ogni n ∈ N, allora f ∈ L1 (X, µ)B
e ||f ||1 ≤ c;
(4) se B1 è un secondo spazio di Banach e T ∈ B(B 1 , B), allora se f ∈ L1 (X, µ)B1 vale
T ◦ f ∈ L1 (X, µ)B . Ulteriormente, l’applicazione
T : L1 (X, µ)B1 3 f 7→ T ◦ f ∈ L1 (X, µ)B
è lineare e continua e soddisfa.
(i) ||T||R ≤ ||T ||, R
(ii) T ( X f dµ) = X T ◦ f dµ .
I teoremi di passaggio del simbolo di limite e di derivata sotto il segno di integrale ed il teorema di Fubini-Tonelli non cambiano forma rispetto alla formulazione standard della teoria della
misura per funzioni a valori in C.
Nota. Si può verificare che la definizione data di integrale coincide con quella ordinaria quando
B = C. Più precisamente f ∈ L1 (X, µ)C se e solo se f è integrabile nel senso della teoria della
misura ordinaria. In tal caso i due tipi di integrale forniscono lo stesso risultato e lo spazio
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L1 (X, µ) definito secondo la teoria ordinaria coincide con L 1 (X, µ)C definito sopra.
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Bibliografia
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