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Lectio vangelo - Nuova evangelizzazione

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Lectio vangelo - Nuova evangelizzazione
Matteo 22, 1-14
Parabola del banchetto nuziale
In quel tempo, 1 Gesù, riprese a parlare con parabole (ai capi dei
sacerdoti e ai farisei) e disse: 2 «II regno dei cieli è simile a un re, che
fece una festa di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a
chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4
Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: Dite agli invitati: "Ecco,
ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono
già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5 Ma quelli non se ne
curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri
poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si
indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede
alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è
pronta, ma gli invitati non erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle
strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10 Usciti per
le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e
buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11 Il re entrò per
vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito
nuziale. 12 Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito
nuziale?" Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo
mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di
denti". 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
( Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA
(=leggere con intelligenza e
comprendere con sapienza)
Matteo 22, 1-14
Gesù riprese a parlar loro in parabole e
disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un
banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi
servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non
vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire:
Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei
animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto;
venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e
andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;
altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li
uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e
diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto,
ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli
che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti
ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere
i commensali e, scorto un tale che non indossava l`abito nuziale, gli disse: Amico,
come hai potuto entrare qui senz`abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò
ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore
di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
( Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Dopo l’entrata di Gesù a Gerusalemme (21, 1-11 ) Matteo fa seguire tre brani
polemici: il segno profetico della cacciata dal Tempio (21, 12-17 ), la maledizione del fico
come segno del giudizio per Israele (21, 18 s. ) e la discussione con i responsabili del
Tempio sulla potestà profetica di Gesù ( 21, 23-27 ). Poi segue un gruppo di tre parabole, in
cui l’ammonimento del giudizio continua: la parabola dei due figli (21, 28-31 ) e le due assai
affini dei vignaioli ribelli (21, 33-43 ) e dell’invito al banchetto di nozze regali (22, 1-14 ),
proposta oggi dalla liturgia, che minacciano la riprovazione di Israele e la vocazione dei
pagani.
Nella versione di Luca (14, 15-24 ), la parabola delle nozze è costituita da un
racconto più semplice. Gli elementi comuni delle due versioni sono il banchetto fastoso
preparato da un signore, l’iniziale invito a persone di riguardo e, dopo il loro rifiuto
l’estensione dell’invito a gente di nessun conto, che prende il posto dei primi nel banchetto.
Nei primi invitati sono indicati i notabili d’Israele che non accettano l’annunzio di Gesù,
negli altri invitati invece il popolino, gli esclusi e gli scomunicati che accolsero l’annunzio
del Regno. La versione di Matteo è più ampia e comprende due parabole: quella del
banchetto nuziale ( 22, 1-10 ) e quella dell’abito nuziale ( 22, 11-14 ), inserita nello stesso
banchetto di nozze.
AI PRINCIPI DEI SACERDOTI (1 )
La versione liturgica della parabola aggiunge : “ ai principi dei sacerdoti e agli
anziani del popolo”, che il testo evangelico aveva nominato in precedenza. Si tratta dei
notabili che avevano capito che la parabola dei vignaioli si riferiva a loro.
SIMILE A UN RE (2 )
La cena diventa un banchetto di nozze. E il convito diventa simbolo delle nozze
messianiche (cf Gv 3, 29; Ap 19, 9 ). Inoltre è detto che un re, titolo che indica Dio, ha
preparato per suo Figlio, il Messia, le nozze e manda ad invitare gli ospiti.
MANDO’ I SUOI SERVI ( 3 )
Il re non ha a disposizione solo un servo, come nella versione di Luca, ma molti e li
manda anche per un secondo invito. La parabola acquista anche un altro riferimento
allegorico: Dio ha chiamato continuamente a sé il suo popolo per mezzo dei profeti. Nella
parabola dei vignaioli alla fine il re manda il figlio che viene ucciso; qui invece si parla
delle nozze del figlio.
DI NUOVO MANDO’ (4 )
Il secondo invito è fatto con molta insistenza. Il re fa addirittura propaganda per il
banchetto. La riposta è prima almeno maleducata: non se ne curarono e insultano i servi, e
poi persino delinquenziale: uccidono i messaggeri.
LE SUE TRUPPE (6 )
La descrizione del banchetto viene interrotta dall’accenno alla punizione inflitta a
coloro che hanno rifiutato il Messia. Qui l’autore pensa al giudizio imminente sulla “città
degli assassini”, che l’esercito romano storicamente ha attuato nel 70.
NON NE ERANO DEGNI (8 )
La linea del racconto viene ripresa: “ Gli invitati non ne erano degni”, per questo (
tote = poi ) vengono introdotti quelli che prima non erano stati invitati. Eseguito il
giudizio sugli invitati infedeli inizia l’invito agli altri. Il versetto indica l’inizio della missione
ai popoli, dopo la morte e risurrezione di Gesù.
BUONI E CATTIVI (10 )
E’ il caratteristico modo orientale di dire “tutti” ( cf Gn 2, 17 ).
E LA SALA SI RIEMPI’ (10 )
Israele rifiuta l’annunzio; altri lo accettano e il nuovo popolo di Dio, la Chiesa
dei pagani, si afferma. Ma anche per la Chiesa vige la stessa serietà che per Israele. E’
quanto che afferma la parabola seguente della “veste candida”.
IL RE ENTRO (11)
Questo re è presentato come un potente signore orientale che non condivide il
banchetto con i commensali, ma viene solo a vederli.
UN TALE CHE NON INDOSSAVA (11)
Per una migliore comprensione dell’episodio bisogna rifarsi alle usanze orientali.
Gli ospiti invitati ai grandi banchetti facevano il bagno, si ungeva e vestivano un abito
nuovo, ma un invitato non si cura di adempiere a queste consuetudini. Inoltre in molti paesi
della Bibbia il cambiarsi d’abito può significare una purificazione, una conversione (cf Gn
35, 2; Es 19, 10). Questa veste ricorda quella che il padre dona al figlio ritrovato ( Lc 15, 22
) e la veste bianca dei primi cristiani dopo il battesimo. Paolo varie volte usa l’espressione :
“Rivestirsi di Cristo” ( es. Galati 3, 6,27; Efesini 4, 24 9).
Fuori di metafora, la veste
candida indica qual complesso di requisiti spirituali, che rendono l’uomo capace di
usufruire dei beni messianici. Non basta rispondere genericamente alla chiamata; bisogna
mettersi in situazione di risposta.
AMICO (12 )
Anche altre volte nel vangelo chi è detto “amico” non lo è veramente. Il termine
“amico” è usato dal padrone della vigna nei confronti degli operai della prima ora ( Mt 20,
13) e da Gesù nei confronti di Giuda, dopo il tradimento ( Mt 26, 50 ).
LEGATELO (13 )
Le tenebre esteriori sono un’espressione tipica di Matteo ( vedi anche 8, 12 e 28,
30) e indicano il castigo eterno. Qui richiamano il contrasto tra la sala di un banchetto
luminosa, gioiosa piena di invitati e la notte che regna fuori, dove l’uomo è gettato.
POCHI (14 )
La sentenza conclusiva si riferisca all’episodio finale: il senso è che non basta
essere chiamati per essere eletti; anche un chiamato, un membro della comunità santa deve
ancora dimostrare con la sua vita se appartiene definitivamente agli eletti. L’espressione
invece non può essere addotta per asserire che saranno pochi coloro che si salvano; anche
leggendo la stessa parabola infatti si vede che sono tanti che restano nel banchetto, mentre
uno solo è escluso.
MEDITAZIONE (=meditare con attenzione e ascoltare con amore)
RISPOSTA DI INVITATI
"Il regno dei cieli è simile a un re che fece le nozze per suo figlio" (Mt 22,2)... Dio
Padre fece le nozze per Dio Figlio quando lo congiunse alla natura umana nel grembo della
Vergine... Mandò dunque i suoi servi perché invitassero gli amici a queste nozze. Li mandò
una volta, e li mandò di nuovo perché fece diventare predicatori dell`incarnazione del Signore
prima i profeti, poi gli apostoli. Due volte, dunque, mandò i servi a invitare, infatti, per
mezzo dei profeti disse che ci sarebbe stata l`incarnazione dell`Unigenito, e poi per mezzo
degli apostoli disse che essa era avvenuta. Ma siccome quelli che erano stati invitati per primi
al banchetto di nozze non vollero venire, nel secondo invito si dice: Ecco, ho preparato il mio
pranzo, i miei buoi e i miei animali ingrassati sono stati macellati, e tutto è pronto (Mt
22,4)... E (il Vangelo) continua: "Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio
campo, chi ai propri affari" (Mt 22,5). Andare nel proprio campo è darsi smodatamente alle
fatiche terrene; andare ai propri affari è cercare con ogni cura guadagni mondani. Poiché
chi è intento alle fatiche terrene e chi è dedito alle azioni di questo mondo finge di non
pensare al mistero delI`incarnazione del Signore e di non vivere secondo esso, si rifiuta di
venire alle nozze del re come uno che va al campo o agli affari. Spesso anche - e ciò è piú
grave - alcuni non solo respingono la grazia di colui che chiama, ma la perseguitano. Per
questo (il Vangelo) soggiunge: "Altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora
il re, venendo a sapere queste cose, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e dede alle
fiamme la loro città (Mt 22,6-7). (Gregorio Magno, Hom. 38, 3.5-7.9.11-14)
VESTE NUZIALE: OPERE BUONE
Venuto il re per vedere i commensali riuniti alla sua tavola, cioè, in un certo senso,
pacificati nella sua fede (come nel giorno del giudizio verrà a vedere i convitati per
distinguere i meriti di ciascuno), trovò uno che non indossava l`abito nuziale. In quest`uno
son compresi tutti coloro che sono solidali nel compiere il male. La veste nuziale sono i
precetti del Signore e le opere che si compiono nello spirito della Legge e del Vangelo.
Essi sono l`abito dell`uomo nuovo. Se qualcuno che porta il nome di cristiano, nel momento
del giudizio sarà trovato senza l`abito di nozze, cioè l`abito dell`uomo celeste, e indosserà
invece l`abito macchiato, ossia l`abito dell`uomo vecchio, costui sarà immediatamente
ripreso e gli verrà detto: «Amico, come sei entrato?». Lo chiama amico perché è uno degli
invitati alle nozze, e rimprovera la sua sfrontatezza perché col suo abito immondo ha
contaminato la purezza delle nozze. «Costui ammutolí», dice Gesú. In quel momento infatti
non sarà piú possibile pentirsi, né sarà possibile negare la colpa, in quanto gli angeli e il
mondo stesso saranno testimoni del nostro peccato. "Allora il re disse ai servi: «Legatelo
mani e piedi e gettatelo fuori nel buio; ivi sarà pianto e stridor di denti»" (Mt 22,13). L`esser
legato mani e piedi, il pianto, lo stridore di denti, son tutte cose che stanno a dimostrare la
verità della risurrezione. Oppure, gli vengono legati le mani e i piedi perché desista
dall`operare il male e dal correre a versare sangue. Nel pianto e nello stridor di denti si
manifesta metaforicamente la gravità dei tormenti .(Girolamo, In Matth. III, 22, 8-11)
VESTE NUZIALE: CARITA
Ecco che con la stessa qualità dei commensali è detto chiaramente che in queste
nozze del re è raffigurata la Chiesa del tempo presente, nella quale si riuniscono insieme
ai buoni anche i cattivi. Essa è composta da figli diversi; tutti infatti li genera alla fede, ma
non tutti, con un cambiamento di vita, li conduce alla libertà della grazia spirituale, per
l`impedimento posto dal peccato. Finché viviamo quaggiú, è necessario che ce ne andiamo
mescolati per la via del secolo presente. Saremo separati quando saremo giunti. I soli buoni,
infatti, saranno in cielo, e i soli cattivi saranno all`inferno. Ora questa vita che è posta fra il
cielo e l`inferno, per il fatto che è in posizione intermedia riceve cittadini da entrambe le
parti; tuttavia quelli che ora la santa Chiesa riceve promiscuamente, alla fine del mondo li
dividerà. Se dunque siete buoni, mentre restate in questa vita, sopportate pazientemente i
cattivi. Infatti chi non sopporta i cattivi, attesta a se stesso di non essere buono a motivo della
sua impazienza... Ma poiché, o fratelli, con la grazia di Dio, siete già entrati nella sala del
convito nuziale, cioè nella santa Chiesa, guardate bene che, entrando, il re non abbia a
rimproverare nulla nell`abito dell`anima vostra. Infatti bisogna pensare con un grande
batticuore a ciò che segue subito dopo: "Il re entrò per vedere i commensali, e vide là un tale
che non indossava l`abito nuziale" (Mt 22,11). Quale pensiamo, fratelli carissimi, che sia il
significato della veste nuziale? Se diciamo che la veste nuziale significa il battesimo o la
fede, chi mai è andato a queste nozze senza il battesimo e la fede? E` escluso infatti chi
ancora non ha la fede. Cosa dunque dobbiamo intendere per la veste nuziale, se non la
carità? Entra alle nozze, ma senza la veste nuziale, chi facendo parte della santa Chiesa ha la
fede, ma non ha la carità. Giustamente si dice che la carità è la veste nuziale, perché il
nostro Redentore era vestito di essa quando venne alle nozze per congiungere a sé la
Chiesa. Fu per solo amore di Dio che il suo Unigenito uní a sé le anime degli eletti. Per
questo Giovanni dice: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito
per noi" (Gv 3,16). Pertanto, Colui che venne agli uomini per la carità, ci svela che questa
stessa carità è la veste nuziale. (Gregorio Magno, Hom. 38, 3.5-7.9.11-14)
VESTE NUZIALE ; CARITA’
La carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede
sincera ( 1 Tm 1, 5 ): questo è abito di nozze! In un unico individuo esistono due impulsi
dell’anima: la carità e la cupidigia. Nasca i te la carità se non è ancora nata, e se è già nata,
venga allevata, venga nutrita e cresca. Voi siete già dentro la chiesa, vi siete accostati al
convito, ma non avete ancora l’abito da indossare in onore dello sposo, poiché andate
ancora in cerca dei vostri interessi, non di quelli di Cristo…. Amate il Signore e con questo
sentimento imparate ad amarvi tra voi. Abbiate dunque la fede con la carità. E’ questo
l’abito di nozze. Voi che volete bene a Cristo dovete volervi bene tra di voi: amate gli amici,
amate i nemici. Considera lo sposo inchiodato alla croce per te e che prega il Padre per i suoi
nemici ( cf Lc 23, 34 ): Hai visto lo sposo che diceva così: sii amico dello sposo invitato con
l’abito di nozze. ( S. Agostino : disc. 90 )
CHIAMATI ED ELETTI
"Molti sono chiamati, ma pochi eletti" (Mt 20,16). E` tremendo, fratelli carissimi, ciò
che abbiamo ascoltato! Ecco che noi, chiamati per mezzo della fede, siamo già venuti alle
nozze de] re celeste, crediamo e professiamo il mistero della sua incarnazione, ci nutriamo
con il cibo del Verbo divino, ma il re deve ancora venire a giudicare. Sappiamo che siamo
stati chiamati: non sappiamo però se saremo eletti. Sicché è necessario che tanto piú
ciascuno di noi si abbassi nell`umiltà in quanto non sa se sarà eletto. Alcuni infatti
nemmeno iniziano a fare il bene, altri non perseverano affatto nel bene che avevano iniziato a
fare. Uno è stato visto condurre quasi tutta la vita nel peccato, ma verso la fine di essa si
converte dal suo peccato attraverso i lamenti di una rigorosa penitenza; un altro sembra
condurre già una vita da eletto, e tuttavia verso la fine della sua esistenza gli capita di cadere
nella nequizia dell`errore. Uno comincia bene e finisce meglio; un altro si dà alle male
azioni fin da piccolo e finisce nelle medesime dopo essere diventato sempre peggiore. Tanto
piú ciascuno deve temere con sollecitudine, quanto piú ignora ciò che lo aspetta, poiché bisogna dirlo spesso e non dimenticarselo mai - "molti sono chiamati, ma pochi eletti".
(Gregorio Magno, Hom. 38, 3.5-7.9.11-14)
INVITO ALLA MESSA
C’è un invito del Signore a pranzo che si ripete ogni settimana, la domenica: la
messa domenicale e la mensa della parola e del corpo di Cristo. Nella Pasqua domenicale
tutto ha il carattere di festa, di una festa di nozze che assomiglia molto alla festa di nozze
del figlio del re della parabola: è l’unione del Figlio di Dio con la sua Chiesa, con la nostra
povera umanità. Nel mistero del corpo dato a morte e del sangue versato, nella messa delle
domenica si ricorda, si rinnova e si trasmette l’amore di Gesù Cristo per noi. Ma come
rispondono gli invitati? Matteo se la cava con poche parole: “ Andarono chi al proprio
campo, chi ai propri affari”. Luca è più dettagliato e porta scuse che assomigliano a quelle
che molti cristiani portano per non partecipare alla messa domenicale. Ma noi ci rendiamo
conto di chi ci invita? E a che cosa c’invita? Ci rendiamo conto di che cosa perdiamo
rifiutando l’invito? E che il rifiuto è un’offesa al Signore che ci invita al suo amore?
(Giovanni Nervo )
SIMBOLO DELLE NOZZE
Era stato il profeta Osea nell’ottavo secolo a.C. a prendere spunto dalla sua
drammatica vicenda matrimoniale con l’infedele ma sempre amata Gomer bar-Diblaim per
elaborare un simbolo teologico di straordinaria intensità, ripreso poi dai profeti
successivi e posto alla base di quel capolavoro che è il Cantico dei Cantici. Il rapporto tra Dio
e l’uomo, invece di essere concepito sotto l’immagine di un’alleanza diplomatico-politica,
come si era fatto al Sinai ( Esodo 19, 24 ), veniva presentato come una relazione d’amore,
personale, viva, libera e purtroppo scandita anche dall’adulterio da parte dell’umanità, pronta
a lasciarsi tentare da altri piaceri e amori (l’idolatria e il peccato ). Le nozze come simbolo
dell’unione tra Dio e la sua creatura costituiranno così un tema che entrerà anche nel
Nuovo Testamento. Non dimentichiamo, ad esempio, che Gesù ha operato il suo primo
“segno” miracoloso proprio durante una celebrazione nuziale, quella di Cana. Nel vangelo
odierno ( Matteo 22, 1-14 , ) il regno dei cieli è comparato da Gesù a un banchetto
matrimoniale ove si comunicano gioia e intimità, al quale sono ammessi gli ultimi della
terra ed esclusi i superbi e i superficiali, a cui però bisogna partecipare con il tipico abito da
cerimonia, simbolo dell’adesione interiore e coerente alle esigenze divine. (Gianfranco
Ravasi )
IL REGNO TOLTO
La parabola del “banchetto nuziale” fa parte della trilogia di parabole rivolte da
Gesù ai “principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo” nell’area del tempio di
Gerusalemme. Dopo la parabola dei due figli invitati dal padre a lavorare nella vigna,
Matteo riporta la parabola dei “vignaioli ribelli e omicidi”; alla fine Gesù dice ai
responsabili del popolo di Dio che sarà loro tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che
lo farà fruttificare. I capi Giudei messi sotto accusa vorrebbero catturare Gesù, ma hanno
paura della folla che lo considera un profeta. Ad essi Gesù racconta la parabola del
banchetto nuziale. Essa suona un serio appello rivolto ai capi d’Israele, ma applicato ora
dall’evangelista ai cristiani della sua comunità. (Rinaldo Fabbris )
AMMONIMENTO AI GIUDEI
La parabola evangelica di Matteo 22, 1-14 è un convito nuziale, ossia un banchetto
con cui Dio vuole stipulare un patto matrimoniale con il suo popolo. La parabola è rivolta
ai “principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo”, dunque è in aperta polemica con il
giudaismo ufficiale. I primi due invii dei servi per fare l’invito alle nozze possono
rappresentare la missione dei profeti mandati da Dio per fare la proposta di salvezza. Ma quei
servi sono respinti, insultati e alcuni sono pesino uccisi. “Allora il re si indignò e , mandate le
sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”. Si può vedere qui
un’allusione alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d. C. , che pone fine al Giudaismo
ufficiale del secondo tempio. In questa luce la parabola suona come un ammonimento ai
Giudei che non hanno voluto e non vogliono ascoltare la voce dei profeti inviati da Dio.
(Antonio Bonora )
ATTUALIZZAZIONE PER I CRISTIANI
La parabola continua con una scena diversa. Al banchetto nuziale sono invitati
uomini da ogni parte e di qualsiasi condizione; il re, allora, passa in rassegna gli invitati per
vedere se tutti hanno l’abito nuziale”. Chi ne è privo, viene cacciato fuori “nelle tenebre”.
Pare di scorgere, in questa seconda parte, un’attualizzazione della parabola per i cristiani,
che sono entrati nella sala del banchetto, cioè nella Chiesa. Essi dovrebbero avere l’abito
nuziale, cioè una condotta degna del re e del suo regno, una fedeltà effettiva alla volontà di
Dio. Infatti l’abito nuziale indica le opere buone, su cui tanto insiste il Vangelo di Matteo.
(Antonio Bonora )
UN BANCHETTO PER TUTTI
Il profeta Isaia immagina che Dio, come re potente e ricco, offra sul monte Sion un
banchetto sovrabbondante per tutti i popoli.... Ma il dono vero è la presenza e la
manifestazione di sé: “Egli strapperàil velo”. Il secondo dono è l’eliminazione della morte.
Il terzo dono è la scomparsa della condizione disonorevole del popolo, cioè la dispersione
in mezzo agli altri popoli. Il banchetto è portatore della salvezza piena e definitiva, è festa, è
vita senza tramonto: chi accoglierà il Regno potrà cantare con gioia ed esultanza indicibile.
Nessuno è escluso dalla salvezza: “un banchetto per tutti i popoli”. I pagani, conquistati
dalla salvezza che si fa visibile in Israele, vengono irresistibilmente attirati al popolo di Dio. (
A. Bonora )
SARA’ COME UN PRANZO DI NOZZE
Il banchetto è di sua natura un tempo forte dell’esperienza umana: un segno di
comunione. Non saremo certo sorpresi che Dio abbia scelto il banchetto come segno della
comunione che vuole stabilire con noi. E neppure saremo stupiti che l’avvenire di speranza
che Dio ci prepara alla fine dei tempi sia dipinto con l’immagine di un convito, imbandito
da Dio, che radunerà tutti i popoli sulla montagna di Sion. Si sa che Gesù è entrato spesso in
casa di amici, e più spesso ancora di peccatori, per pranzare con loro. Mangiare con Gesù
non era un pranzo qualunque: era un segno della venuta del Regno. Gesù è il Regno, e dove
entra Lui, il Regno si fa presente. La festa del banchetto umano prende il suo senso quando
l’Uomo-Dio vi partecipa. “Oggi la salvezza è entrata in questa casa” ha detto in casa di
Zaccheo. E si sa che Regno e salvezza sono due aspetti di una identica realtà. Lo avrebbe
dimostrato per sempre durante la sua ultima Cena, ma già i pasti della sua vita erano in vista
di questa meta. Dove entra, Gesù porta l’amore misericordioso del Padre, la vittoria sul
peccato, la liberazione. Tutto questo si compirà definitivamente quando Egli “si cingerà i
fianchi, li farà sedere a tavola, e passando dall’uno all’altro, li servirà” (Lc 13, 37). Che
con queste parola dipinga il Paradiso è veramente commovente. E intanto tutto questo
continua ad accadere nella Chiesa: “Ecco, sto alla porta e busso. se qualcuno ascolta la mia
voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3, 20 ). Il segno
del banchetto indica dunque a un tempo la Chiesa, l’Eucaristia e il Regno definitivo, e ne
mostra l’intima connessione. ( M. Magrassi )
CHIESA SEGNO DI COMUNIONE
La Chiesa è “segno e strumento dell’intima comunione con Dio e dell’unità di
tutto il genere umano” (Vat. II). La Chiesa è comunione e il suo compito è di aggregare. Lo
fa introducendo tutti in quella intimità d’amore che c’è nel seno di Dio. Il grande
strumento della comunione ecclesiale è l’Eucaristia. Dice il teologo De Lubac: “Se è la
Chiesa che fa l’Eucaristia, è pure l’Eucaristia che fa la Chiesa”. La Chiesa cioè pone il segno
eucaristico. Ma quel “segno” rende presente Cristo, capo del Corpo mistico,
che unisce
a sé le membra. E noi, come dice S. Agostino, “diveniamo ciò che riceviamo” . Se
tutti diventiamo Lui, siamo ”uno” tra noi. Questa unità, al di là dell’Eucaristia si esprime
poi nella vita con gesti concreti. “Se comunichiamo al pane celeste, come non
comunicheremo al pane terreno?”. (Didachè) (M . Magrassi)
L’ABITO NUZIALE
Uno degli invitati viene trovato senza l’abito di nozze e viene perciò cacciato fuori
dalla sala là dove sono tenebre, pianto e stridore di denti, segno di un pentimento ormai
senza speranza.. Il senso è ovvio: non basta aver accettato l’invito; bisogna anche
trasformare la propria esistenza in funzione di questo invito. Non basta essere cristiani,
avendo accolto l’ annuncio della fede; bisogna anche lasciare che questo annuncio cambi la
vita dell’uomo e lo conformi alla volontà di Dio. Matteo non spiega che cosa sia questo
abito nuziale ( la grazia santificante? le opere buone? la gioia della fede? la comunione
fraterna? ) e non vale la pena restringere il significato del simbolo. Rimane chiaro che anche
il cristiano o cedente non può sentirsi tranquillo per il fatto di avere pronunziato il primo “si”
generoso alla chiamata di Dio; anch’egli ha da convertirsi ogni giorno per presentare a Dio
un cuore adatto a ricevere i suoi doni. (S. Sibroni)
CHIESA PONTE CHE UNISCE
La Chiesa si pone come ponte che unisce gli uomini non solo con Dio, ma anche
tra di loro. Essa ha per compito quello di andare incontro agli uomini e di raggiungerli là
dove si trovano. In tempi di “cristianità” la Chiesa radunava non solo attorno all’Eucaristia,
ma anche in molti altri settori della vita e dell’attività umana, sui quali esercitava una vera
tutela; oggi questo compito è molto diverso per le mutate condizioni. Potremmo dire che la
vera unità, il vero raduno degli uomini avviene, oggi, al di fuori della sfera di influsso
della Chiesa, quando non in opposizione ad essa. In questa situazione, la “convocazione
della Chiesa” non avviene solo attraverso la parola proclamata come nel passato, ma passa
attraverso la testimonianza dei credenti, che è davvero un appello per tutti alla salvezza e a
una “riunione” molto più totale e profonda di quella che l’uomo riesce a costruire con le
sue sole mani. ( Messalino LDC)
TUTTO POSSO IN COLUI CHE MI DA’ FORZA ( 2° Lettura)
O Cristo, nostro unico mediatore, tu ci sei necessario: per venire in comunione
con Dio Padre, per diventare con Te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;
per essere rigenerati dallo Spirito Santo. Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per
scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la
speranza della santità; per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono. Tu ci sei
necessario, o fratello primogenito del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della
fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della
pace. Tu ci sei necessario, o vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla
negazione, e per avere certezze che non tradiscono in eterno. Tu ci sei necessario, o Cristo, o
Signore, o Dio con noi, per imparare l’amore vero e per camminare nella gioia, lungo il
camino della nostra vita faticosa, fino all’incontro finale con te amato, con te atteso, con te
benedetto nei secoli. ( G. B. Montini 1965, poi PaoloVI)
PREGHIERA
(=pregare la parola )
• Ti ringraziamo, Signore, perché inviti al banchetto della vita eterna tutti gli uomini di tutti i
popoli e di tutti i tempi.
• Tu ci doni la fede, ci assicuri la grazia, ci offri l’Eucaristia; a noi chiedi che difendiamo la
fede, che collaboriamo per difendere la grazia, che ci accostiamo all’Eucaristia con le dovute
disposizioni; sostienici, Signore perché tutti giungiamo al banchetto della vita eterna,
nella pienezza del tuo Regno.
• O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza dello Spirito,
perché possiamo testimoniare quale è la speranza cella nostra chiamata. E nessun uomo
abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o entrarvi senza l’abito nuziale. (
Colletta 28 perannum A )
• “La sapienza ha mandato le sue ancelle a proclamare: chi è inesperto venga qui! Venite,
mangiate il mio pane, bevete il vino che io vi preparo” (Pro 8, 3-5). Il tuo pane, Signore è il
tuo corpo, e chi ne mangia non desidera più il cibo corruttibile, ma vuole il pane che dà la
vita eterna. Il tuo vino, Signore è il tuo sangue e chi ne beve non desidera più i piaceri di
questo mondo. (Suore Benedettine Monastero Mater Ecclesiae)
• Ti desideriamo, Signore, noi assetati di amore, assetati di pace e di giustizia, bisognosi di
consolazione. Tu solo puoi salvarci, tu solo puoi donarci il pane che ci sostiene, che ci dà
forza nel cammino aspro della vita. Chiamaci, Signore al banchetto delle nozze, dove tu
che sei lo Sposo, ti offri alla sua Sposa, a noi, all’umanità, nella donazione totale dell’amore,
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fino a lasciarti mangiare da noi poveri. Chiamaci, Signore, non ti stancare, anche se noi
siamo sordi, ribelli, ostinati. ( Suore Benedettine )
Signore, senza di te non possiamo far nulla. Senza di te siamo fontane riarse, ma tu ci doni
l’acqua che zampilla per la vita eterna e noi diventiamo sorgenti d’acqua viva per la sete
dei fratelli. Senza di te la morte stende il suo velo di tristezza sopra di noi, ma tu hai vinto la
morte per sempre e il tuo pane è il farmaco dell’immortalità, il cibo dei redenti. Tu chicco
di grano caduto nel solco, sei diventato una messe abbondante. Tutti siamo invitati. Tutti
vengono al banchetto regale. ( Suore Benedettine )
Ti benediciamo, Padre, con i poveri della terra, perché ci hai riservato un posto nella vita e
alla mensa aperta del banchetto del tuo regno, dove il corpo di Cristo è il nostro cibo. (
Basilio Caballero )
Sii benedetto, Signore, per Gesù Cristo tuo Figlio, lo sposo delle tue nozze con l’umanità e la
chiesa. Liberaci dalla follia di rifiutare il tuo invito, con le ridicole scuse di una miope
indifferenza. Rivestici della condizione del nostro battesimo, dell’uomo nuovo nato in
Cristo attraverso lo Spirito, perché siamo degni di sederci alla tua mensa per sempre. (
Basilio Caballero )
Toglici di dosso i nostri stracci, che tanto amiamo, a cui tanto siamo attaccati. Insegnaci nel
quotidiano del nostro vivere a spogliarci dell'uomo vecchio, le sue azioni e inclinazioni, le
sue abitudini, i suoi vizi e le sue passioni. (Suore Benedettine )
Rivestici come amici di Dio santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di
umiltà, di mansuetudine, di pazienza (Col 3,13). Insegnaci a rivestirci dell’uomo nuovo,
che è un canto nuovo, una vita nuova, una speranza nuova, un’infanzia nuova nello
Spirito. Conformaci al Cristo, tuo Figlio. ( Suore Benedettine )
Vieni, Santo Spirito, apri gli occhi del nostro cuore affinché oggi sappiamo accogliere con
gioia e disponibilità l’invito del Padre. Illumina le nostre menti perché comprendiamo che la
comunione con il Figlio è l’unica cosa necessaria e che la volontà del Padre è la nostra
pace. ( Suore Benedettine )
Riscalda, O Santo Spirito, i nostri cuori perché nulla anteponiamo all’amore per Cristo, non
ci accontentiamo di falsi amori, di poveri desideri, di speranze terrene, ma sappiamo
rinunziare a tutto al fine di guadagnare lui, nostra beata speranza. ( Suore Benedettine )
Signore, donaci, forza nella debolezza, costanza nella preghiera, pazienza nella tentazione,
mitezza nelle difficoltà. Rendici veri discepoli di Cristo, chiamati non per i nostri meriti, ma
per l’abbondanza della tua grazia alla beatitudine degli eletti nel regno dei cieli. ( Suore
Benedettine )
O Santissima, o piissima, Madre nostra Maria. Tu preservata, Immacolata, prega, prega
per i tuoi figli. Benedetta ed eletta, fra le donne, Maria. Sei la speranza, o tutta santa;
prega, prega per i tuoi figli. Tu del cielo sei regina, o beata Maria. Noi ti amiamo, ti
invochiamo, prega, prega per i figli tuoi. ( Antifona “Sanctissima”)
CONTEMPLAZIONE (=silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE
(=assunzione di impegni concreti)
Portiamo sempre l’abito nuziale, ossia la carità che sgorga da un cuore puro, da
una buona coscienza e da una fede sincera.
28 Domenica durante l’anno: A
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