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CORSO PRATICO di CANTO CORALE

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CORSO PRATICO di CANTO CORALE
CORSO PRATICO
di
CANTO CORALE
PREFAZIONE
Sono Omero Cominato, un appassionato del canto corale, come tanti, e cerco
costantemente di migliorare il mio modo di cantare e la qualità della mia voce. Per me, in questo
campo, i lavori sono sempre in corso. Attraverso letture, osservazioni, sperimentazioni,
approfondimenti, verifiche e conferme alle mie idee, messe insieme dal vivo (canto in un coro) e
ricorrendo anche alla vasta banca dati disponibile in Internet, ho sintetizzato una serie di pensieri
e di proposte circa il bagaglio di conoscenze e di esperienze basilari che, a mio avviso, un corista
dovrebbe possedere.
Sei anche tu un appassionato del canto corale e vuoi incominciare questa esperienza
partendo con il piede giusto? Oppure sei già in un coro ma non sei soddisfatto del tuo modo di
cantare e della qualità della tua voce? Non riesci a sostenere il canto per un'ora di seguito senza
provocarti una forte tensione nella gola e rimanere quasi senza voce? il suono della tua voce è
pieno, armonioso, caldo e provvisto di colore come vorresti? quando è richiesto un suono forte o
fortissimo, il volume della tua voce ti soddisfa o vorresti avere più sonorità e potenza? e quando
devi sostenere un suono prolungato e magari con un filo di voce, ti riesce di cantare con volume e
intonazione costanti? Vorresti cantare conoscendo le note e le pause, la loro durata, cosa sono i
diesis, i bemolle ecc. in modo da saper interpretare correttamente lo spartito musicale che devi
eseguire? Sai come si fa a scandire il ritmo del tuo brano musicale per cantare a tempo, per
sincronizzare la tua con le altre voci del coro, per non commettere errori di durata del suono e dei
silenzi, per cominciare e per finire una frase musicale a tempo? Vuoi cantare con soddisfazione
crescente e contribuire anche al successo del tuo coro? Qui troverai le risposte che ti interessano.
Se sei intenzionato a crescere musicalmente, segui i consigli che ti verranno proposti e cerca di
metterli in pratica ogni volta che canterai.
Per comodità di lettura e di consultazioni future, ho elaborato tutto questo in forma di
corso dandogli un’impostazione essenzialmente pratica, con lo scopo di trasferire al corista, nel
modo più diretto possibile, tutte le nozioni necessarie per cantare in un coro. Il corso si propone di
individuare e di risolvere i problemi che un corista, intenzionato a crescere, può incontrare
nell’esecuzione del canto corale. Le mie proposte di approfondimento individuale fanno
riferimento alla tecnica di canto e ai fondamenti essenziali della teoria musicale.
PARTE PRIMA - TECNICA DI CANTO
INTRODUZIONE
Cantare significa utilizzare alcune parti del nostro corpo:
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le corde vocali anzitutto. Dalle loro vibrazioni esce all’esterno del nostro corpo la voce.
Sono poste a livello della glottide cioè nella laringe (dentro il Pomo di Adamo) che è la
parte alta della trachea, quel tubo che ci consente di respirare con i polmoni;
la faringe. Muscolo a forma di canale che è la prosecuzione della laringe verso l’uscita del
suono e che deformandosi in lungo e/o in largo, ha la capacita di modificare gli effetti della
risonanza del suono nella testa. La faringe comprende il retrobocca – o palato molle – la
bocca e le cavità nasali. La faringe dà passaggio all’aria della respirazione e ha notevole
importanza nella fonazione, rinforzando le armoniche del suono che esce dalla laringe;
i polmoni. Sono il serbatoio per l’aria che utilizziamo per far vibrare le corde vocali;
il diaframma. E’ un muscolo-membrana a forma di cupola, sottile, flessibile ma molto
potente, che separa il torace dall’addome. Dalla cooperazione del diaframma con i polmoni
2
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e con i muscoli addominali nasce la colonna d’aria destinata a trasformarsi in suono con le
vibrazioni delle corde vocali;
i muscoli addominali. Aiutano il diaframma ad agire sui polmoni per far uscire la colonna
d’aria.
Come si può notare immediatamente, per cantare in modo corretto bisogna sollecitare alcune
parti del nostro corpo. Molto spesso, mentre si pone molta attenzione nell’allenare correttamente
i nostri muscoli quando si va in palestra, per non sollecitarli in modo errato e andare incontro a un
vero e proprio danno fisico, molta meno attenzione viene posta su quelle nostre altre parti del
fisico che utilizziamo per cantare, non sapendo o dimenticandoci che anche in questo caso
potremmo fare dei danni al nostro fisico.
Un errato utilizzo delle corde vocali può infatti causare infiammazioni con conseguenti
abbassamenti di voce; se l’erroneo utilizzo persiste, si può arrivare a causare cisti e noduli sulle
nostre corde vocali e a quel punto avremmo fatto davvero un bel guaio. Pensate a quanta cura
hanno di solito i chitarristi con le corde della loro chitarra. Le evitano sbalzi di temperatura, non le
fanno prendere umidità, spesso non fumano mentre suonano perché la nicotina che si deposita
sulle corde rende meno brillante il suono. Immagino che sarebbe ancora più giusto avere le stesse
attenzioni per le nostre corde vocali, che tra l’altro ci servono per tante altre cose e purtroppo non
si possono cambiare come le corde di una chitarra. Pertanto, se abbiamo intenzione di cantare in
modo serio, bisogna impostare il nostro fisico per farlo e bisogna allenarlo giorno per giorno per
rafforzarlo e preservarlo, raggiungendo così soddisfazioni sempre più grandi nel cantare. Quanto è
stato detto finora non vale solo per i cantanti, ma anche chi usa il parlato per professione
(doppiatori, attori, speaker, conferenzieri, insegnanti, venditori ecc.) nonché per chi vuole
comunque parlare correttamente (sempre più persone oggigiorno si rivolgono per questo al
medico - logopedista). Inutile poi soffermarci più di tanto sulla dizione. Bisogna impararla. A
meno che non vogliamo cantare intenzionalmente canzoni dialettali.
Per cantare bene occorre quindi acquisire una tecnica. Chiaramente ogni genere musicale ha una
sua specifica tecnica, quindi diffidate, per esempio, dell’insegnante di musica lirica che vuole
insegnare canto leggero e viceversa. Ogni insegnante dovrebbe limitarsi al suo specifico campo, a
meno che non si parli dei fondamentali del canto (la respirazione, la fonazione e la dizione). Con
una buona impostazione della voce e con la tecnica al nostro servizio, aumentiamo l’estensione
vocale (saremo cioè in grado di cantare note più basse e note più alte di quanto non avessimo mai
creduto). Con la tecnica riusciamo a vestire bene il nostro timbro vocale e metterlo al servizio di
una riuscita esecuzione canora, modificando la risonanza del suono della nostra voce nella nostra
testa (la testa, attraverso le sue cavità faringee, è una naturale cassa di risonanza. La sua
conformazione può cambiare il suono. Per fortuna grazie all’utilizzo consapevole della faringe
possiamo variare la risonanza del suono nella nostra testa). Possiamo tirar fuori tutte le sfumature
che la nostra voce possiede e utilizzarle per renderla più accattivante, soprattutto, possiamo
mantenere sempre la perfetta intonazione, anche sulle note più lunghe. Con la tecnica e
l’impostazione vocale possiamo cantare a lungo ed evitare che la voce si abbassi e sostenere più
esecuzioni con un ritmo più serrato. Insomma i vantaggi sono veramente tanti.
Per cantare bene bisogna anche conoscere perfettamente i nostri limiti, che con la tecnica
possono sorprendentemente spostarsi verso l’alto; però, bisogna comunque conoscerli per evitare
inutili e dannosi tentativi comunque impossibili per le nostre caratteristiche fisiche. Appurato
questo, occorre studiare ogni modo per rendere sempre più bella la voce che possediamo
utilizzando ogni risorsa, anche la più nascosta che comunque possediamo.
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IL DIAFRAMMA
E' ormai diventato luogo comune che per cantare bene bisogna cantare "con l'addome". I meglio
informati ti spiegano, toccandoti la pancia, che bisogna adoperare il diaframma... e il discorso
finisce li. Ma vediamo un po', questo è il diaframma:
Muscolatura del diaframma, visto dal versante addominale
1 = pilastro laterale sinistro (cui corrisponde specularmente il destro)
2 = pilastro mediale sinistro (cui corrisponde specularmente il destro)
3 = hiatus (foro di passaggio) esofageo
4 = hiatus aortico
Mentre la muscolatura della parete toracica (i muscoli intercostali esterni e interni) determina la
respirazione toracica, il diaframma promuove un diverso tipo di respirazione, vale a dire quella
addominale. Anch’esso, come il cuore, è in azione per tutta la durata della vita dell’individuo.
La porzione periferica del diaframma, il cui spessore ammonta mediamente a 3 mm, è fissata
all’apparato scheletrico, posteriormente, tramite la sua muscolatura, alla colonna vertebrale
lombare (1^, 2^ e 3^ vertebra lombare), anteriormente, alla parte bassa dello sterno e,
bilateralmente, alla superficie interna delle ultime costole (dalla 7^ alla 12^) e perciò all’intero
contorno inferiore della gabbia toracica.
La funzione del diaframma è bene dimostrata con l’aiuto della radioscopia: nella respirazione
normale il diaframma si abbassa di 1-3 cm, ma durante l’inspirazione profonda che precede la fase
attiva del canto, i singoli segmenti muscolari del diaframma si contraggono maggiormente e la
cupola ogivale si appiattisce abbassandosi anche fino a oltre 10 cm, con conseguente
compressione dei visceri e ampliamento massimo della cavità toracica. Durante l’espirazione, il
diaframma contratto si rilascia riacquistando, con la collaborazione dei muscoli addominali, la
propria forma a cupola. In caso di tosse, di starnuto o riso, nonché mentre si parla o si canta, sono
in funzione i muscoli del cosiddetto “torchio addominale” cioè quei muscoli addominali che ci
consentono di aumentare progressivamente la pressione intra-addominale dopo essere entrati in
apnea.
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LA RESPIRAZIONE
Cantare quindi vuol dire innanzitutto respirare. Molti già sanno che per cantare nella maniera
corretta occorre sapere respirare con il diaframma. Innanzitutto poggia una mano sulla parte
bassa del tuo addome. Questa zona NON è il diaframma, ma il cosiddetto “muro addominale”. Per
localizzare il diaframma poggia le dita sulla parte bassa delle ossa dello sterno, esattamente dietro
quel punto vi è il muscolo ricercato.
Ora piazza le mani sul torace, con le dita rivolte verso l’alto e le palme sui capezzoli. Questa
operazione ti da una buona idea visualizzata delle dimensioni dei tuoi polmoni. Sono composti da
migliaia di minuscoli sacchetti d’aria chiamati alveoli, tutto l’insieme somiglia molto a una spugna
molto densa formata da microscopici palloncini. I polmoni non si riempiono da soli, ma inalano
allargandosi grazie a un movimento discendente del diaframma, l’inspirazione, nella quale il
diaframma risucchia l’aria esterna comportandosi come lo stantuffo di una grossa siringa
rappresentata appunto dai nostri polmoni, che si riducono quando il diaframma ritorna in
posizione con l’espirazione. Quando senti dire che il diaframma deve “supportare” (sostenere) il
canto, significa semplicemente che il diaframma è in grado di muoversi liberamente verso il basso
e verso l’alto e di fare degli aggiustamenti di pressione d’aria sulle corde vocali, in altre parole, che
il diaframma può esercitare il controllo dinamico della colonna d’aria che “si appoggia” su di esso.
Come si fa a respirare correttamente? Immetti nei polmoni una gran quantità d’aria facendo
attenzione a non gonfiare la cassa toracica e senza alzare le spalle. Spingi invece l’aria inspirata
verso la pancia percependo la sensazione di avere un palloncino che si gonfia nell’addome (in
questo modo stai convogliando l’aria anche nella parte bassa dei polmoni con l’aiuto del
diaframma che si sposta verso il basso facendo più spazio all’aria che entra nei polmoni). Tieni ben
presente che una corretta respirazione prevede l’utilizzo di tutto il polmone e non solo della parte
alta. Infatti la respirazione alta o “clavicolare” è dannosa per il nostro organismo perché consente
di utilizzare solo parzialmente la nostra capacità polmonare, limitando quindi la ventilazione e
l’ossigenazione del sangue e dei tessuti del nostro corpo. Sono lo stress e le cattive abitudini che ci
fanno respirare con la parte alta dei polmoni. I bambini infatti respirano con “tutto il polmone” e
lo fanno nel modo più naturale possibile. Pertanto, una corretta respirazione applicata in ogni
momento del giorno e non solo quando cantiamo, non può che farci del bene.
Quando il diaframma si abbassa completamente, i polmoni si riempiono, si gonfia l’addome, che si
porta in avanti, e le costole inferiori si aprono lateralmente. In questo modo la gabbia toracica è
diventata più capiente essendosi allargata sia orizzontalmente (per via dell’apertura costale) che
verticalmente (per effetto dell’abbassamento del diaframma) e non perché si sono alzate le spalle
che invece debbono essere rimaste immobili. Tanto per fissare nella mente il concetto:
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Quindi, trattieni l’aria per qualche secondo e poi comincia a svuotare i polmoni emettendo il
suono del vocalizzo “ooooo”. Attenzione alla posizione della bocca, esagera il movimento facendo
assumere alla bocca una posizione il più possibile tondeggiante e “a megafono”. Quando decidi di
espirare, devi mantenere ben tonici i muscoli addominali (quelli immediatamente sotto lo sterno,
nella parte alta dell’addome cioè quelli del “torchio addominale”) per fornire la giusta pressione
sul diaframma e regolare quindi la velocità di espulsione della colonna d’aria in modo da ottenere
un “rilascio controllato” del fiato, mantenendo costante e prolungato nel tempo lo svuotamento
dei polmoni. Fai questi movimenti lentamente, non avere assolutamente fretta né di inspirare né
di espirare. Tra l’altro questo tipo di respirazione contribuisce anche a rilassarti e quindi sfrutta
bene il tempo che hai deciso di impiegare per questo esercizio.
Importante. Per verificare se la tua respirazione diaframmatica è corretta, mettiti davanti a un
grande specchio e fai un bel respione. Se nell'inspirare le spalle si alzano, allora la tua respirazione
va rivista. Se invece, sempre facendo un bel respiro, le spalle rimangono immobili e l'aria inspirata
ti va a gonfiare l'addome (questo accade perchè il diaframma si abbassa e comprime i visceri
facendo spazio ai polmoni) allora va tutto bene, la tua respirazione diaframmatica è corretta. Ora
si tratta solo di applicarla al canto!
LA TRASFORMAZIONE DEL RESPIRO IN SUONO
Quando respiri normalmente, le tue corde vocali sono completamente aperte (a formare una V)
per lasciar passare liberamente i flussi d’aria che entrano ed escono dai polmoni.
Quando parli o canti, le corde vocali sono chiuse (a formare due II (elle)) con i lembi interni
affacciati che vibrano, producendo un suono più o meno acuto o grave a seconda della frequenza
di vibrazione. In altre parole, quando parli o canti le tue corde vocali si oppongono al libero
passaggio del flusso d’aria che esce dai polmoni, frenandolo, tanto che tu, per farle vibrare (e far
sentire così la tua voce) sei costretto a esercitare una pressione appropriata sul flusso d’aria (il
fiato) in uscita. Se parli o canti sottovoce, la pressione del fiato sulle corde vocali sarà minima, se
parli o canti con voce sostenuta, sarà maggiore.
Questo aumento volontario di pressione dell’aria contenuta nei polmoni, bronchi, trachea e
laringe (pressione che si esercita in ogni direzione sulla colonna d’aria che va dal diaframma fino
alle corde vocali), sai da cosa è provocata? Da una fascia muscolare particolarmente adatta per
questa funzione che è formata dai muscoli del cosiddetto “torchio addominale”. Sono i muscoli
situati nella porzione superiore dell’addome, quella che riesce a contenere il palmo della tua mano
appoggiata sull’addome proprio dove finisce lo sterno, praticamente sotto o a livello del
diaframma. Prova a parlare e a cantare, con volumi variabili, tenendo il palmo della mano
appoggiato su questa parte dell’addome e sentirai come funzionano i muscoli del torchio
addominale. Se hai finito l’esercizio, andiamo avanti.
E’ soprattutto attraverso la pratica che s’impara a respirare, a economizzare il fiato in vista di suoni
lunghi o frasi estese e a capire da dove provengono gli impulsi fisici che ci consentono di
appoggiare i suoni per controllarne l’emissione. In proposito, ecco alcune indicazioni:
1. Concéntrati e impòniti di respirare nella maniera corretta utilizzando il diaframma per
riempire e svuotare i polmoni. La respirazione deve avvenire solo ed esclusivamente grazie
al diaframma, non respirare spingendo col muro addominale né gonfiando la parte alta
della cavità toracica. Sdraiati se vuoi rendere l’esercizio inizialmente più facile. Poi ripetilo
da seduto e in piedi.
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2. Respira a fondo, fai serie di respirazioni per circa 40 secondi, un poco di pausa e poi ripeti,
per una decina di volte. All’inizio tieni le mani sull’addome, spostale sul diaframma e
verifica sempre che i muscoli lavorino nella maniera corretta, mantenendo tutto il sistema
nel maggiore rilassamento possibile.
3. Prima dell'attacco iniziale del canto, controlla attentamente l'inspirazione, che deve essere
compiuta lentamente (due-quattro mov.), pianissimo e con il naso, tenendo la bocca chiusa
e facendo presentire la vocale iniziale, a seconda del pezzo. Respirando contemporaneamente con il naso e con la bocca si ottiene un'inspirazione veloce ma non profonda,
utile solo nei casi in cui non ci sia tempo sufficiente per respirare a fondo.
4. Assumi una posizione eretta, sia quando canti in piedi che quando provi seduto. Questa
posizione è indispensabile ai fini di una buona resa esecutiva. Non incrociare o accavallare
le gambe e non assumere una posizione troppo rilassata. Non muovere la testa in su o in
giù per assecondare i suoni gravi, al fine di non compromettere la tranquillità della laringe,
nel cui interno vibrano le corde vocali. Ci si può rilassare solamente durante le interruzioni.
5. Vivi la respirazione come un atto fisico volontario in cui occorra sviluppare le capacità di
immagazzinamento e di economizzazione del fiato.
Di seguito, alcuni esercizi stimolanti per l'attività diaframmatica collegata all'emissione del suono.
Durante il canto cerca di premere il diaframma verso l'alto (con i muscoli del cinto addominale)
per svuotare i polmoni:
(a) Mantenere il suono della vocale o interrotto da pause, in cui non bisogna prendere fiato
(b) Eseguire una serie di note staccate pronunciando la vocale i preceduta da una h espirata
(c) Eseguire con intensità un portato
(d) Eseguire di seguito i tre esercizi precedenti (a+b+c).
N.B. Anche una risata intensa può aiutare a far comprendere da dove provengano gli impulsi
diaframmatici (prova!).
Tutto questo percorso, coinvolgendo il corpo, la respirazione, l'attività diaframmatica e la mente,
risulta gratificante perché, in questo modo, riusciamo a prendere coscienza dell’evento fisico che
trasforma il fiato in suono.
E' buona cosa allenare i muscoli del cinto addominale con un po' di ginnastica, perchè assolvano
meglio al loro ruolo di sostegno e la voce risulterà così meno velata e imprecisa e più intensa.
Apriamo ora una parentesi che, come vedrai, ci darà modo di scoprire qualcos'altro sul diaframma.
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Articolo a cura di metodoequilos Nadiya Tymchyshyn
( http://guide.dada.net/energia_del_respiro/biografia.shtml )
Pubblicato il 22/02/2008
L'ossigeno brucia i grassi
L'ossigeno puo' essere chiamato miracolo aterapeutico. Infatti l'ossigenazione dell'organismo puo'
risolvere praticamente tutti i problemi collegati alla salute. I piu' gravi problemi polmonari, di
pressione, di cellulite o di emicrania possono essere risolti dalla respirazione profonda. Tali
assunzioni possono essere accolte con ironia, ma cio' accade quando non comprendiamo quello di
cui ci parlano.
Se avete avuto anche voi una reazione di incredulita' dovreste leggere il volume di Paul Bregg,
"Respirazione profonda, via verso la vita" risalente agli anni '30, dove gia' si sosteneva che gli
statunitensi stanno compiendo un lento suicidio a giudicare da come respirano...
Secondo Bregg, una respirazione non intensiva determina invecchiamento precoce e una morte
altrettanto precoce. Una respirazione irregolare comporta problemi come stanchezza cronica,
emicrania, stitichezza, cattivo funzionamento dello stomaco, dolori muscolari, reumatismi,
problemi di vista e di udito, perdita di memoria, angina, enfisemi. Tutti questi disturbi conducono
a una morte precoce.
L'uomo occidentale utilizza solo la quinta parte dei suoi polmoni ma, indipendentemente dalla
nostra respirazione, la nostra civilta' deve affrontare un problema peggiore. Al momento attuale
l'ossigeno nell'aria e' sceso al 19% mentre l'ossido di carbonio e' salito al 25%. Quindi, a parità di
volume d'aria che inspiriamo, oggi incameriamo meno ossigeno che in passato.
Insieme all'inquinamento, la qualita' dell'aria e' peggiorata anche per altri fattori: la scomparsa dei
boschi, la clorizzazione dell'acqua, l'elaborazione chimica dei generi alimentari, l'impoverimento
del suolo, i gas e lo smog delle automobili.
Tutti questi fattori si uniscono agli endemici problemi presenti al nostro interno: stress, intestino
crasso ricoperto di scorie, cattiva alimentazione.
Il livello della nostra salute ed energia dipende dal modo in cui il nostro organismo riesce ad
elaborare l'ossigeno introdotto. L'ossigeno e' insostituibile nel metabolismo, nella circolazione
sanguigna, nella digestione e nell'espulsione delle tossine.
Aiuta la depurazione del sangue, favorisce l'immunita' dell'organismo ed esercita un’influenza
tranquillizzante sul sistema nervoso.
L'ossigenazione dell'organismo e' la chiave della vita.
Il deficit di ossigeno nell'aria causa la riduzione dell'immunita' e la formazione di una gran
quantita' di tossine nel sangue, che determinano a loro volta invecchiamento precoce.
La funzione svolta dal programma Equilos parte dal fatto che nel nostro organismo esistono
combustibili di diversa qualita'. Il combustibile di qualita' migliore e' ritenuto il grasso lipidico, che
viene bruciato dall'ossigeno.
Gli esercizi del programma Equilos permettono di immettere nell'organismo quanto piu' ossigeno
possibile.
Quanto piu' e' l'ossigeno immesso nell'organismo, tanto maggiore e' la quantita' dei lipidi bruciati.
Dopo aver bruciato i grassi, l'ossigeno inizia a interagire con gli organi e i tessuti, rendendoli piu'
sani e resistenti.
Come facciamo a immettere nei polmoni una maggior quantità di ossigeno? Ma con il diaframma,
naturalmente.
(Oltre che per le finalità generali di cui si parla nell'articolo, l'esercizio che segue è utile sia per
prendere coscienza delle capacità e del ruolo del proprio diaframma nella respirazione durante il
canto sia per dare maggiore mobilità al muscolo diaframmatico, rinforzandolo).
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Come respirare col diaframma
Nel programma Equilos viene eseguita la respirazione col diaframma.
Per cominciare mettetevi diritti, le gambe alla stessa estensione delle spalle. Piegate appena le
ginocchia come se voleste sedervi. Mettete le mani a circa 2-3 cm sopra di esse e svolgete il
seguente esercizio:
1) Espirate l'aria a bocca aperta
2) Inspirate velocemente col naso
3) Espirate con forza dal diaframma tutta l'aria attraverso la bocca
4) Trattenete il respiro e tendete l'addome all'indietro per 10 secondi
5) Mettetevi di nuovo diritti e respirate
Avvertenze
Primo punto
Liberate i polmoni dall'aria rimasta arrotondando le labbra come per fischiare ed espirate
profondamente.
Secondo punto
Chiudete le labbra, inspirate con forza dal naso incamerando quanta piu' aria possibile a livello
addominale
Terzo punto
Quando non riuscirete piu' ad incamerare l'aria, alzate la testa, aprite la bocca ed espirate in modo
netto ed immediato. Importante e' che l'emissione di aria sia fatta dal diaframma (cioè spingendo
fuori l'aria alzando il più possibile il diaframma) e non dai polmoni. Inizialmente vi sara' difficile
acquisire questa capacita' polmonare-diaframmatica e potranno esserci disturbi di adattamento
che passeranno con la ripetizione dell'esercizio.
Quarto punto
Dopo aver espirato tutta l'aria, serrate le labbra senza inspirare, inclinate la testa, tendete il ventre
indietro, contraendolo il piu' possibile (almemo 8-10 secondi).
Quinto punto
Ora mettetevi di nuovo diritti e assumete la posizione di riposo immettendo aria nei polmoni.
L'aria deve essere immessa in modo netto ed immediato. Durante l'inspirazione sarebbe ottimale
sentire un fischio o una sorta di singhiozzo. Questo significa che i polmoni, privati d'ossigeno per
alcuni secondi, ora l'assumono con piu' forza.
Sono sufficienti 15 minuti al giorno di questo esercizio per bruciare 900 calorie. Chiusa parentesi.
LA POTENZA DI EMISSIONE VOCALE
Conosci la tecnica di respirazione superturbo dei neonati? E’ ciò che permette loro di gridare per
ore senza affaticare la voce. Ovviamente un neonato non ha molta forza muscolare, per cui da
dove proviene tutta questa energia? La risposta è che istintivamente un neonato sfrutta due
principi universali: la pressione dell’aria e il contraccolpo.
LA PRESSIONE DELL’ARIA
L’aria che ci circonda è pressurizzata (ad 1 atmosfera di pressione) ed auto-stabilizzante. Quando
la pressione diminuisce in un punto, l’aria attorno a quel punto si sposterà in modo da riempire il
vuoto relativo. Questo è il motore che guida le condizioni atmosferiche, oltre che il motivo per cui i
meteorologi parlano sempre di zone di alta o bassa pressione. Su una scala minore, quando ad
esempio apriamo un vasetto di sottaceti e sentiamo un rumore di risucchio, significa che quel
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vasetto era stato confezionato “sotto vuoto” e al suo interno la pressione dell’aria era minore che
all’esterno. Svitando il coperchio l’aria istantaneamente riempie il vuoto. La stessa cosa succede
quando noi inspiriamo. Quando i polmoni vengono espansi, la pressione dell’aria al loro interno
scende e ciò fa in modo che l’aria esterna entri per sanare questo squilibrio. Ricorda: non è l’aria
che fa espandere i nostri polmoni, ma i muscoli.
Come hai già visto, il diaframma è il muscolo a forma di cupola posizionato esattamente sotto i
nostri polmoni; muovendosi verso l’alto e il basso fa diminuire o aumentare il volume dei polmoni.
Vi sono anche muscoli tra le costole che distendono la gabbia toracica e anche nel collo e nelle
spalle che possono sollevare il torace ma che, per una respirazione diaframmatica – come noto –
non vanno messi in tensione quanto invece rilassati. Ognuno di questi muscoli contribuisce
all’inspirazione e alla modifica del volume dei polmoni.
Spesso siamo troppo tesi nella zona dello stomaco (ad esempio per stress o… per troppo cibo) e
per questo il diaframma è bloccato e non può creare spazio per la giusta espansione dei polmoni. I
neonati invece non hanno questo problema e possono avere tutti i vantaggi portati dall’abilità del
diaframma di “raccogliere” aria. Nota come il loro addome sia gonfio come piccoli Buddha appena
prima che la loro voce fuoriesca. Il principio è semplice: più aria avremo dentro, più pressione
avremo per farla uscire cantando.
Una volta espansi, i polmoni sono come due palloncini che occupano l’intero volume della cavità
toracica e la pressione interna è maggiore di quella esterna. Tutti sappiamo che la pressione verrà
fuori autonomamente e con forza, semplicemente rilasciando la bocca del palloncino. Spesso però
non riusciamo ad applicare questa legge universale al canto e utilizziamo i muscoli addominali per
spingere l’aria fuori dai polmoni. Questa operazione non solo è inutile (come schiacciare un
palloncino) ma provoca diversi problemi. Cantare richiede una specifica e appropriata pressione
d’aria e troppa forza creerà un collo di bottiglia nella nostra gola ed il controllo sarà perso.
IL CONTRACCOLPO
Anche l’altra sorgente di potenza, piuttosto sottovalutata, il contraccolpo, dipende dal diaframma.
Molte persone associano, sbagliando, il “supporto” con la “spinta” e, toccandovi il ventre vi
dicono: <canta da qui>, ma questo è corretto solo per metà. È infatti molto meglio capire come
tutto il sistema lavora assieme, una sorta di anatomia creativa.
È stato detto che il corpo è un tempio, ma io penso che assomigli più a un palazzo. Chiamiamo il
primo piano della nostra struttura “gambe”, il secondo rappresenta la cavità addominale mentre il
terzo quella toracica, l’attico sarà la nostra testa. Quando nella realtà viviamo in un edificio simile,
è naturale comprendere che ciò che per una persona è il soffitto per un'altra è il pavimento;
questo è perfettamente applicabile anche al nostro corpo. Il diaframma è infatti il pavimento dei
polmoni (e della cavità toracica) e il soffitto della zona addominale. Muoviamo questo divisorio in
basso o in alto ed allargheremo una cavità restringendo l’altra.
Quando il diaframma discende, comprime tutta quanta la cavità addominale e dato che
quest’ultima contiene molti dei nostri organi vitali non può essere compressa molto senza divenire
evidente. Attenzione perché questo è effettivamente il comportamento corretto. Non è vero che
quella zona si sta riempiendo di aria, è solo la risposta al soffitto che scende.
Comprimere la cavità addominale non avrà effetti visibili (l’addome che si dilaterà) se i muri che la
delimitano non saranno completamente rilassati, per questo “trattenere la pancia” mentre si
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canta non farà altro che bloccare tutto questo meccanismo e soprattutto impedire al diaframma di
scendere. Il risultato sarà un respiro poco profondo che non accumulerà molta forza.
Ciò che impariamo dai neonati è che fare una grande inspirazione è molto importante, come
altrettanto importante è evitare di “spingere” fuori l’aria una volta che i polmoni sono
completamente pieni. Nell’inspirare lavoriamo per accumulare energia, ora dobbiamo solo
rilasciarla.
Tutti abbiamo sperimentato che la reazione automatica alla compressione è il contraccolpo. Se
comprimiamo una molla, essa scatterà tornando nella posizione originale appena la rilasciamo. Più
forza applichiamo nella compressione e più forza otteniamo dal contraccolpo. Ora proviamo a
comprimere la molla nello stesso modo di prima, ma invece di rilasciarla di colpo, facciamolo
lentamente. Notiamo che la molla ritorna alla posizione originale seguendo la velocità della mano.
Questo è ciò che si dice “rilascio controllato”. Notiamo inoltre che nella fase di rilascio, la nostra
mano non ha assolutamente la necessità di tirare la molla perché questa si muove
autonomamente grazie all’energia che le abbiamo fatto accumulare in precedenza. Tutto ciò è
perfettamente applicabile anche al diaframma. Una volta che la cavità addominale è compressa,
questa vorrà tornare nella posizione originale. Come se stesse regolando il contraccolpo di una
molla, il nostro diaframma deve continuare a esercitare una lieve pressione verso il basso, al fine
di regolare il contraccolpo di pressione d’aria che altrimenti si ripercuoterebbe negativamente
nella nostra laringe. In altre parole il diaframma “supporta” la nostra voce assicurandoci che le
corde vocali non siano sovra-stimolate.
Combinando il contraccolpo della cavità addominale con l’impeto di alta pressione dato dai
polmoni perfettamente riempiti avremo finalmente una grande potenza vocale da sfruttare.
Notiamo come entrambe le sorgenti di potenza siano passive, tutto il lavoro
deve essere fatto durante l’inspirazione.
Peraltro, se il ritmo del canto non ci dà il tempo sufficiente per riempire bene i polmoni o se
avremo comunque bisogno di più spinta (ad es. per note più acute o nelle battute dove si richiede
il forte o il fortissimo), allora avremo sempre gli addominali a disposizione per aggiungerne un po’.
Ma in tutti gli altri casi in cui non è richiesto un volume di voce così elevato, dovremo “trattenere”
il nostro diaframma per avere un rilascio controllato della quantità di fiato che passa attraverso le
corde vocali; cioè, come detto qualche riga fa, il diaframma deve continuare a esercitare una lieve
pressione verso il basso e per farlo dobbiamo naturalmente aiutarci con i muscoli addominali.
Quali? Quelli del torchio addominale, che madre natura ci ha dato per aumentare (o diminuire) la
pressione intra-addominale e, quando cantiamo, per controllare la velocità di salita del diaframma
e di conseguenza la pressione dell’aria sulle corde vocali, secondo la nostra esigenza.
Come puoi notare, i muscoli addominali sono sempre e comunque chiamati in causa per
supportare adeguatamente il movimento verso l’alto del diaframma nella fase attiva del canto e
ora che abbiamo chiarito alcuni aspetti importanti sulle diverse modalità di supporto che essi
forniscono, siamo in grado di stabilire questa regola generale: se la dimamica del pezzo prevede
volumi di voce contenuti dal pianissimo fino al mezzoforte (cioè inferiori a forte), chiama in causa
gli addominali per trattenere il tuo diaframma in modo da provocare un rilascio controllato del
fiato; se invece devi eseguire un forte o un fortissimo, allora togli il freno al diaframma e aumenta
la pressione con gli addominali per ottenere il necessario volume di voce.
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So bene che sembra ci sia sempre bisogno di spingere dagli addominali affinché la voce sia
potente, ma ricorda che questo desiderio è solo una reazione a polmoni non completamente pieni
d’aria e che la spinta addominale va utilizzata come ultima risorsa e mai come prima linea di forza.
Non sarà immediato né semplice ri-allenare il corpo per rilassare gli addominali ad ogni
inspirazione, ma il compenso sarà una voce che realmente sfonderà i muri!
Concludo questo paragrafo riportando una delle opinioni possibili in merito a come debba essere
eseguita la respirazione, quella di Alfredo Kraus (Las Palmas 1927 – Madrid 1999. Kraus è
semplicemente il più grande tenore della seconda metà del Novecento):
"La respirazione giusta è quella diaframmatica-intercostale, perché aprendo al massimo le costole
durante l'inspirazione, la membrana elastica del diaframma può distendersi completamente fino a
poter sostenere la colonna d'aria che su di essa si appoggia. Questo è importantissimo: durante la
fase d'inspirazione il diaframma comprime la cavità addominale e si dilatano le costole, poi si
appoggia il suono e, man mano che lo si emette, si continua a spingere all'infuori questa cintura,
per fare in modo che la membrana del diaframma resti il più possibile tesa durante l'emissione.
E’ sbagliato mandare indietro lo stomaco mentre si emette il suono, perché, mandando lo stomaco
all'indietro, la membrana perde la sua tensione e il suono non è più appoggiato. Per mantenere
costante l'appoggio, dunque, la membrana diaframmatica deve essere tesa il più possibile e,
durante l'emissione, bisogna spingere all'infuori."
Quanti libri si possono leggere con altre affermazioni, altri consigli. Alcuni raccomandano
addirittura il contrario, come mandare lo stomaco indietro mentre si emette il suono. Chi ha
ragione? Dov'è la verità? Dal momento che ciascuno usa parole e a volte concetti molto diversi da
quelli altrui per descrivere il processo respiratorio, com'è possibile pensare di riuscire a trovare le
parole giuste per farlo comprendere a ciascun membro del coro? Sii curioso, sperimentalo
personalmente, non fermarti mai nella ricerca e troverai la TUA verità, se hai intenzione di
crescere.
Ancora Alfredo Kraus:
"II canto ha bisogno di un linguaggio speciale per essere capito e di molta fantasia. Non può essere
spiegato in alcun modo: non è come il pianoforte che ha i suoi tasti da premere ed è lì, visibile. Chi
non ha fantasia troverà sempre difficoltà nel canto. Molta!"
Io personalmente concordo con il grande Alfredo Kraus e, nel mio piccolo, cerco di trasformare il
mio respiro in suono seguendo il suo consiglio, cioè: “…durante la fase d'inspirazione il diaframma
comprime la cavità addominale e si dilatano le costole, poi si appoggia il suono e, man mano che lo
si emette, si continua a spingere all'infuori questa cintura (ndt. spingere in fuori, con i muscoli
addominali, la cintura addominale sottostante il diaframma), per far in modo che la membrana del
diaframma resti il più possibile tesa durante l'emissione.”
Per capire meglio, prova questo esercizio. Fai una bella inspirazione diaframmatica e mettiti in
apnea. In apnea, aumenta la pressione interna col torchio addominale; nota che più aumenti la
pressione più spingi in fuori la pancia con gli addominali. In questa situazione, comincia ora a
rilasciare piano piano il fiato in modo uniforme e controllato “continuando a spingere all’infuori
questa cintura addominale” fino a quando non avrai più fiato. Non ti pare che sia proprio quello
che intendeva il grande Alfredo Kraus?
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LA LARINGE
Queste sono le nostre corde vocali. Dalle loro vibrazioni esce all’esterno del nostro corpo la voce.
Sono poste a livello della glottide cioè nella laringe (dentro il Pomo di Adamo) che è la parte alta
della trachea, quel tubo che prosegue nei bronchi e ci consente di respirare con i polmoni.
Corde vocali aperte per la respirazione
Corde vocali chiuse per suoni bassi (sin.) e alti (des.)
(all’interno dell’apertura si notano gli anelli cartilaginei della trachea) (l’espansione a forma di spicchio, nella parte bassa delle foto, è l’epiglottide)
La laringe si trova quindi al centro della gola, nella porzione terminale alta della trachea ed è la
parte vibrante del nostro strumento voce. Il suo diametro interno (in figura, misurato
verticalmente nel senso delle corde vocali) è circa pari a un quarto della sua dimensione lineare
(misurata in orizzontale, 8-10 cm), che è più corta nella donna e maggiore nell’uomo. Vibra
anch’essa durante l’emissione dei suoni (lo puoi sentire appoggiando le dita sulla gola) ed è molto
mobile: si innalza durante la deglutizione e l’emissione dei suoni acuti, si abbassa durante
l’emissione dei suoni gravi (fai delle prove e ti convincerai). E’ costituita da cartilagini riunite fra
loro da articolazioni e legamenti e mobilizzate da un certo numero di muscoli. All’interno della
laringe ci sono due piccoli lembi, chiamati corde vocali, che possono parzialmente coprire la
trachea e vibrare quando l’aria vi passa attraverso. Questi organi sono similari alle palpebre, per
dimensione e forma, ma sono interamente ricoperti da una sottile membrana di mucosa e devono
sempre rimanere lubrificati (per combattere la loro disidratazione dovuta alla continua
ventilazione dell’aria, dovremmo bere spesso acqua a temperatura ambiente).
Esiste una rete di muscoli all’interno e attorno le corde vocali, muscoli che, variando la loro
tensione, possono provocare variazioni di altezza, spessore e volume della voce, in una grande
varietà di modi. Questi muscoli lavorano riflessivamente, esattamente come quelli degli occhi, e
operano meglio quando sono sostenuti da un’appropriata pressione di aria. Così, per cantare note
alte, le nostre corde vocali devono essere più tese, più allungate e più sottili per vibrare più
velocemente, rispetto alle note più basse. I muscoli della laringe tirano e rilasciano le corde vocali
per produrre, rispettivamente, note alte e basse. L’escursione completa del movimento necessario
per ottenere l’intera estensione delle tonalità della voce si misura in termini millimetrici (3-4 mm).
Proprio perché il fenomeno del canto chiama in causa movimenti millimetrici, non dobbiamo
investire le nostre corde vocali con una pressione d’aria troppo elevata. Il conseguente
irrigidimento dei muscoli che circondano la laringe toglierebbe flessibilità alle corde vocali
bloccandole. Senza la necessaria flessibilità ed elasticità che consentono l’allungamento e
l’accorciamento delle corde vocali, diventa impossibile estendere il registro della voce e
semplicemente non c’è più canto. La chiave per cantare note alte è il volume. Ridurre il volume
della voce rimuove l’eccessivo carico di pressione d’aria consentendo alle corde vocali una
maggiore elasticità. Se i muscoli del viso o del collo vengono messi in tensione per sostenere una
nota, vuol dire che stiamo aggiungendo troppa pressione d’aria. Bisogna trovare il punto di
equilibrio tra forza e flessibilità.
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SE LA TUA LARINGE POTESSE PARLARTI …
Ciao. Permettimi di presentarmi. Sono la tua laringe e anche se sono con te da quando sei nato, le
circostanze fanno si che non mi conosci a fondo. Io lavoro ogni giorno proteggendo
automaticamente i tuoi polmoni da cibo o liquido che ingerisci e tossendo per far uscire
qualunque cosa abbia preso la strada sbagliata. Io facilito anche la crescita e l’irrobustimento del
tuo corpo immettendo aria nei tuoi polmoni.
Assodato che queste cose sono molto importanti, la mia più grande aspirazione è però di
diventare famosa perchè sono capace di emettere suoni. Vengo usata soprattutto per parlare ma
con un piccolo lavoro di coordinazione tu puoi trasformare i miei suoni in qualcosa di melodico. Se
i suoni che faccio sono importanti per la tua musica, sarebbe una buon idea di spendere un po’ di
tempo per conoscere ciò che è necessario per farmi suonare.
Anche se posso suonare forte come una tromba, non sono fatta di metallo. Quindi non è una
buona idea soffiarmi dentro con tutta la forza che hai perchè ho delle parti delicate. Solo perché
posso modulare i suoni come un trombone a tiro non vuol dire che sono una di loro. Come sai, io
entro in taglie diverse con nomi come Voce di soprano, Contralto, Tenore ma questo non vuole
dire che posso essere suonata come un sassofono. Anche se non ci sono corde dentro di me, i miei
organi vibratori possono essere tesi proprio come le corde di una chitarra. In realtà non
appartengo a nessuna delle seguenti tre categorie di strumenti musicali: non a fiato, non a corda e
nemmeno a percussione. Questo perché c'è una categoria di attività completamente diversa per
indicare quello che faccio: si chiama cantare.
È semplice. Tu non puoi soffiare sulle corde di chitarra per suonare una canzone o strimpellare un
tamburo per ottenere una rullata. Ogni strumento ha un particolare insieme di requisiti fisici.
Tuttora quando si arriva alla voce, la gente tenta di farla suonare con principi che si applicano ad
altri strumenti. Ci sono quattro componenti fondamentali per la quasi totalità degli strumenti.
Ognuno ha un attuatore (qualcosa per poter provocare il suono) un vibratore (qualcosa che vibra
per produrre un suono) un risonatore (qualcosa per migliorare la vibrazione originale) ed un
articolatore per plasmare il suono che esce. Attuatori sono il plettro della chitarra, l’archetto del
violino, le mazze del tamburo, le mani e l’energia del flusso d’aria e del fiato. Vibratori sono
oggetti come corde, superfici di tamburo, bocchini, canne e le corde vocali. Per la categoria dei
risonatori, il suono risuona amplificato nello spazio chiuso di una chitarra acustica, di un tamburo,
di un sassofono o nella tua gola, bocca e naso. Gli articolatori vanno, a scelta, dai pedali wah-wah,
alla sordina nella campana di una tromba, alle tue labbra e la tua lingua.
La maggior parte dei problemi vocali è causata da una sovrapressione sull’attuatore (se mi spedisci
il fiato con troppa pressione). Questo è un comportamento tipico dei principianti di qualsiasi
strumento. I negozi di musica sono spesso affollati di bambini seduti li che premono con il plettro
sulla loro chitarra e maltrattano le corde per dimostrare ai loro amichetti come suonano in modo
impressionante. Quando persone adulte tentano di cantare per la prima volta, anche loro
premono sul plettro (tensione nel collo) e trattano troppo duramente il vibratore (le corde vocali).
La differenza è che, col tempo, i bambini rilasciano la loro presa letale sulla chitarra e sviluppano il
tocco necessario per suonare, mentre i cantanti tendono ad andare nella direzione opposta. Per
controllare meglio la situazione, i cantanti tendono a spingere di più, come se stessero soffiando in
una tromba. Il problema è che una tromba è un oggetto inanimato che richiede una pressione
supplementare per note alte. Io sono invece una parte della tua anatomia e dò risposte tuttaltro
che musicali quando vengo sovraccaricata.
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Puoi imparare un sacco sul canto, studiando le differenze tra suonare uno strumento e usare una
parte del tuo corpo per fare musica. È tuttavia importante ricordare anzitutto che le leggi del
suono sono sempre le stesse e hanno valore universale. Gli strumenti sono già costruiti in pieno
accordo con queste leggi. Per massimizzare il tono, la maggior parte degli strumenti hanno
vibratori che fluttuano dentro o attorno ad un risonatore (è anche il mio caso perché ho una certa
mobilità!). Le corde di una chitarra, per esempio, sono sospese sul foro di risonanza e toccano
appena il corpo della chitarra. Nello stesso modo, se tu mi permettessi di fluttuare liberamente
nella tua gola, non irrigidendo i muscoli del collo, io suonerei al meglio delle mie possibilità. So che
non è facile tenermi appesa e rilassata quando tu stai cantando con tutta la tua anima, ma le leggi
del suono non si curano di ciò che è facile!
Per cantare con tonalità accurate è necessario rispettare i parametri di una scienza piuttosto
semplice. Una nota di una certa altezza non è nulla di più di qualcosa che vibra ad un numero
preciso di vibrazioni al secondo. Gli scienziati la chiamano frequenza. Per cantare note acute devi
solamente tirare le mie corde vocali come faresti per accordare una chitarra. Più tiri un qualcosa,
più veloce diventa la frequenza di vibrazione e più acuto il suono che produce. Allo stesso tempo
tutto diventa più sottile quando viene allungato. Questo vuole dire che le mie corde vocali hanno
bisogno di diventare sottili per produrre note acute e di ispessirsi per fare note basse; di nuovo,
proprio come le corde di una chitarra. Ora presta attenzione, perché proprio qui io dichiaro con
autorevolezza la mia diversità in tutti questi paragoni con la chitarra. Tu puoi cantare anche le
note più acute mandandomi più pressione d'aria - come in una tromba. Il problema però di
cantare note alte in questo modo è che l’extra-pressione d'aria fà ispessire le mie corde vocali che
diventano rigide mentre l'imboccatura di una tromba (dove le labbra vibrano con la pressione del
fiato) rimane sempre la stessa. Dal momento che nulla può essere sottile e spesso allo stesso
tempo, io non riuscirò mai a darti la nota che ti aspettavi. Mi dispiace!
Se mi offri un ambiente che rispetta le leggi del suono, potrò servirti molto meglio. In breve,
l'elenco dei problemi causati da un approccio errato nei miei confronti è presto riempito da tutto
quello che a te non piace della tua voce. E ora una buona notizia! Cioè che il suono del tuo canto è
basato probabilmente su credenze sbagliate e comportamenti non funzionali che però possono
cambiare. Imparare ciò che richiede un strumento è il frutto degli insegnamenti che lo stesso
strumento ti può dare in risposta all’uso che ne fai. Se e come applicherai questi insegnamenti,
farà di te un artista o meno.
Non c’è niente di sbagliato picchettare su una chitarra come se fosse un tamburo, ma lo
strumento certamente ha da offrire di più se viene suonato tradizionalmente. Allo stesso modo, io
posso essere soffiata come un corno francese, posso essere tesa come una chitarra e posso essere
schiaffeggiata come un bongo. Tu però otterrai da me il meglio se mi farai suonare come una
laringe.
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TUTTI I LUOGHI DELLA RISONANZA
C’è una piccola estensione della gola sopra la laringe, a forma di canale, chiamata faringe; è il
luogo principale dove avviene la risonanza della voce. E’ dotata di muscoli molto sensibili, che
restringono lo spazio interno in risposta a contrazioni del muro addominale. Il suo spazio interno
diminuisce per aiutare la laringe, che s’innalza, ad emettere suoni acuti; per contro, il suo spazio
aumenta, mentre la laringe si abbassa, per sostenere suoni gravi. La faringe comprende il
retrobocca (o palato molle) ed è connessa alla bocca e alle cavità nasali, altri importanti luoghi di
risonanza vocale. La faringe ha notevole importanza nella fonazione perchè rinforza le armoniche
del suono che esce dalla laringe.
Una tecnica, personalizzabile anche se ormai consolidata nei principi generali, di utilizzo delle
cavità risonanti consente di ottenere l’amplificazione naturale della voce umana, come?
“mettendo simultaneamente in funzione tutte le risonanze del corpo umano”, dalle cavità sinoidali
della testa (la famosa “maschera”) alla risonanza di petto. Vediamolo.
LA FONAZIONE NEL CANTO
Abbiamo visto che la faringe (intesa come insieme di retrobocca, bocca e cavità nasali) ha notevole
importanza nella fonazione perchè rinforza “le armoniche” (cioè il timbro) del suono prodotto
dalle corde vocali. Rinforzare le armoniche significa anche ottenere un suono più pieno e
potenziato, come dimostrano gli strumenti dotati di cassa armonica o di risonanza tipo violini,
chitarre ecc. In altre parole, se noi riuscissimo a mettere in pratica una tecnica adeguata di
preparazione di queste nostre cavità emittenti, riusciremmo a produrre un suono “rotondo e ricco
di sonorità” soddisfacendo noi stessi e il maestro del coro che spesso è costretto a sollecitare ai
coristi un suono migliore provvisto di “colore”.
Bene, tutte le tecniche che possono essere suggerite hanno lo scopo di fare aumentare il volume
della cavità faringea, in modo da incrementare la capacità risonante della nostra testa. Quando
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emettiamo un suono cantato, la bocca, la lingua e le labbra modificano la loro posizione e forma
per articolare le parole del canto. Le cavità nasali svolgono il loro ruolo risonante e il loro volume
interno non può essere variato più di tanto. Possiamo invece agire nel retrobocca aumentandone
il volume interno attraverso la tensione dei muscoli che si trovano nelle pareti del palato molle, in
modo da sollevare il velo pendulo. Per farlo, è sufficiente far assumere al retrobocca
“l’atteggiamento muscolare” che si ha pronunciando lo “gn” della parola “gnomo” oppure
iniziando uno sbadiglio. Così facendo, l’incremento del volume del retrobocca va a vantaggio sia
dell’emissione sonora attraverso la bocca sia della risonanza delle cavità nasali, risonanza facilitata
dalla distensione massima anche delle coane nasali, che si trovano nella parte alta del palato
molle, proprio dietro il velo pendulo. Perciò, ogni volta che ti accingi a cantare, devi fare mente
locale alla necessità di assumere questo particolare atteggiamento muscolare adottando la tecnica
suggerita (dello “gn” o dello sbadiglio, a tua scelta) e di mantenerla per tutta l’esecuzione canora.
Una citazione merita anche l'articolazione della bocca. Articolare bene le vocali, aprendo bene la
bocca come se dovessimo masticare le parole, facilità anche l'uscita del suono dalla testa,
soprattutto dei suoni più alti. Non sottovalutare l'importanza della posizione della bocca, che (in
uno con le cavità nasali) è l'unica via d'uscita del suono dopo aver risuonato nel tuo corpo; sarebbe
come sottovalutare i fori delle casse acustiche, frutto di accurate ricerche progettuali tendenti a
esaltare la resa acustica dei diffusori. Per cui, ritornando a te, cerca di essere buon progettista
della tua cassa acustica naturale.
Canta ora lentamente una serie di scale musicali do-re-mi-fa-sol-la-si-do, collegate ascendenti e
discendenti, con l’intonazione del tuo Do naturale. Nota come la laringe si muove nella tua gola
per "trasportare" i suoni ascendenti e discendenti. Come un ascensore, sta al pianterreno con il
Do e sale fino al 7° piano con il Do superiore per poi ridiscendere.
Questa, di lato, è la dimostrazione fotografica di
cosa succede quando canti dei suoni di altezza
diversa.
Nell’immagine di sinistra, suono acuto (Heigh
pitch), la laringe (freccia chiara, immediatamente
sotto di essa si vedono le corde vocali) ha
raggiunto la posizione alta della gola, il cui lume
si presenta piuttosto chiuso (freccia scura) per
agevolare la generazione di suoni acuti.
A destra, suono basso (Low pitch), la laringe si
trova nella posizione bassa della gola, il cui lume
ha un’ampiezza maggiore (freccia scura) per
agevolare i suoni bassi (alla base della piccola
freccia chiara si nota l’epiglottide, in posizione di
apertura).
Adesso, con i suoni della scala do-re-mi-fa-SOL-fa-mi-re-do, canta, in successione, i vocalizzi: uu,
oo, aa, ee, ii. Nota come si muove la lingua per pronunciare i vocalizzi: la sua parte posteriore (la
radice) si muove dal basso verso l'alto per passare da "uu" a "ii" e viceversa. Applicando la tua
fantasia, osserva infine come, strettamente collegate a questo movimento della lingua, si possano
"visualizzare" diversi punti focali lungo il palato, nei quali "si concentra" il suono di ciascuna
vocale, a partire dalla sezione posteriore del palato per la "u" fino a giungere alla sezione
anteriore per la "i" e viceversa.
Tutto questo dimostra come vocali differenti facciano variare sia gli spazi che i rispettivi "punti
focali" all'interno della bocca. Come sappiamo dall'acustica, i cambiamenti della dimensione e
della forma di una cavità risonante fanno variare il timbro dei suoni e allora possiamo sfruttare
l'immagine astratta del posizionamento del nostro timbro nei diversi punti focali lungo il palato,
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per fare un ulteriore passo avanti nel miglioramento della nostra voce. Pronuncia queste sillabe
(senza cantarle questa volta) con movimenti della bocca un po' esagerati: II - EE - AA - 00 - UU.
Fallo di nuovo, ma questa volta immagina che ci sia una "X" che si muove nella tua bocca lungo il
palato. La prima sillaba, "II" ha il suo punto focale nella parte anteriore della bocca, vicino ai denti.
La "X" poi si muove all'indietro finchè la "UU" trova la sua "X" posizionata nella parte posteriore
più estrema della bocca. Le 5 vocali ci danno 5 differenti punti focali nella bocca che meritano un
ulteriore approfondimento. Pronunciale di nuovo: II - EE - AA - 00 – UU.
Bene, la posizione ideale per cantare, per la maggior parte dei cantanti, corrisponde al punto
focale "AA" o alla "X" centrale. Introduciamo ora il nuovo concetto della "Apple AA" (pronuncia:
Ápl = mela). Ciò significa che la tua "AA" dovrebbe essere pronunciata come se stessi per dare il
primo avido morso ad una bella mela di media grandezza. Per pronunciare AA, devi aprire bene
la bocca abbassando la mascella. Pronunciala parecchie volte con questa nuova idea in mente
per consolidare il concetto (come se avessi una mela –naturalmente virtuale– nella cavità della
bocca): "AA" "AA" "AA".
Senza l'immagine della mela in bocca, molti pensano di essere nel punto focale "AA" quando
invece si trovano più vicino alla posizione della "00". Non cadere anche tu nella trappola!
Visualizza realmente la mela. Di' di nuovo "Ápl AA".
Pronuncia "II, EE, AA". Ancora: "II, EE, AA". Ora la parola "moon" (pronuncia MUUN = luna, che
contiene la sillaba "UU") ma questa volta fallo nel fantastico punto focale della "Àpl AA". Noti la
differenza? Quando hai compreso questo concetto, lo puoi applicare facilmente ad ogni frase che
canterai. Ora vediamo perchè dobbiamo farlo e perchè è così importante.
Cantare nei punti focali della "00" o della "UU" porta ad affaticamento della voce o alla
raucedine. Questa posizione semplicemente fa lavorare troppo duramente le corde vocali e tutti
gli altri organi della voce (cioè muscoli, membrane, cartilagini, e altri apparati coinvolti nella
produzione della voce) e può portare anche a suoni fischianti o cupi e strozzati.
Cantare nei punti focali "II" o "EE" produce invece suoni molto nitidi, brillanti, nasali e taglienti
ma che difettano di un buon timbro. Può anche causare tensioni dei muscoli della faccia e della
bocca. Per tali motivi useremo questi punti focali a nostro vantaggio quando necessario, ma non
certo per cantarci la maggior parte del tempo.
Cantare con la tecnica della mela in bocca nella posizione centrale della AA (Àpl AA) è salutare
perchè consente un uso non faticoso della cavità orale. Cerca di sollevare il tuo palato molle (con
la tecnica dello sbadiglio o dello gn che già conosci o della mela in bocca) quando canti nel punto
focale "Àpl AA" e otterrai un suono gradevole e bilanciato. Fai pratica e, dopo qualche sessione di
prove ripetute, ti sorprenderai di quanto sia facile.
Come ultimo punto, se hai raggiunto un buon controllo del respiro con il supporto del
diaframma, se sai cantare nella posizione "Àpl AA" ma ancora non sei soddisfatto del timbro della
tua voce, devi focalizzare la tua attenzione su come far sorgere la risonanza e su come far
risuonare la tua voce: ricorda sempre che il suono parte dalla laringe, che vibra durante
l'emissione della voce e viene amplificato risonando nella faringe (nella bassa gola) solo se non è
ostacolato da tensioni muscolari, e che lo stesso suono va incanalato nelle cavità di ulteriore risonanza della testa. Come? Cantando "di testa" e non "di gola".
COME FAR RISUONARE LA VOCE
La nostra voce è il nostro “strumento” e ora impareremo a farlo suonare. Come per qualsiasi altro
strumento devi capire come “pizzicare” nella maniera corretta, al fine di far risuonare all’interno
del tuo corpo un suono armonioso. Faccio appello alla tua fantasia creativa.
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MAI CANTARE DI GOLA
Quante volte, finiti i canti, abbiamo sentito dire: <Sento una forte tensione nella gola, non ho più
voce>. Ecco il punto focale di tutte le nostre chiacchierate! Quando sentiamo affaticamento o
tensione nella gola è perché stiamo “cantando di gola”, ciò significa che la colonna d’aria che parte
dai polmoni e diventa suono grazie alle corde vocali si sta rifrangendo nella parte bassa della
nostra gola (Y).
X
Y
Se la colonna portante della vostra voce va a terminare la sua corsa nella parte bassa e quindi
posteriore della nostra gola (Y) si dice che stiamo “cantando di gola”. Così facendo porteremo i
muscoli di quella zona ad un affaticamento superiore e ad un conseguente irrigidimento, buona
parte delle vibrazioni sonore rimarranno al nostro interno invece di uscire, causando tensioni sulle
corde vocali. Come se non bastasse, proprio perché il suono non esce completamente, il volume
rimarrà sempre molto basso, costringendoci a sforzare molto per poter ottenere un buon volume.
Come puoi facilmente capire siamo finiti in un inferno dal quale non potremo uscire e che porterà
a una pessima performance. Ora che abbiamo capito qual’è l’errore, andiamo ad analizzare le
tecniche per far fuoriuscire la voce nella maniera più armoniosa possibile.
USARE LA TESTA
Il punto Y è dove la colonna d’aria che fuoriesce dai nostri polmoni va a scontrarsi contro le pareti
della nostra gola per poi rimbalzare fuori. Il nostro obiettivo è di trovare invece un punto X
ottimale (che non provochi tensioni muscolari e che permetta un’ampia fuoriuscita al suono) e di
far puntare la colonna d’aria esattamente li, sul punto X ottimale. Tocca con un dito il punto in cui
il tuo naso si congiunge con la fronte, esattamente dietro tale punto vi è il punto X ottimale.
Concentrati molto sul focalizzare questo tuo punto X, è la cosa più importante in assoluto per far
risuonare la tua voce.
Ora devi fare in modo che, quando espiri facendo fuoriuscire la voce, la colonna d’aria portante
non vada a scontrarsi con le pareti della tua gola ma giunga direttamente nel punto X, aiutandoti
anche, non dimenticarlo mai, con la bocca atteggiata allo gn o allo sbadiglio o con la mela in bocca.
Questo automaticamente porterà notevole aumento di volume, di durata e di pienezza dei suoni,
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il tuo strumento si affaticherà molto meno e le tue corde vocali godranno di grande longevità.
Riuscire a fare questo viene chiamato “cantare di testa”, perché è proprio li che il suono si rifrange
risuonando.
COMPRENDIAMO LE NOSTRE SENSAZIONI
E’ sicuramente complesso capire se stiamo cantando nella maniera corretta, ci vuole tempo ed
esercizio, dobbiamo acquistare un grande feeling con una parte nascosta del nostro corpo
analizzando le sensazioni che proveremo cantando.
Facciamo delle prove con vocalizzi cantati, ascendenti e discendenti, di riscaldamento a basso
volume tipo <hummm> per poi passare a <eeeee> e infine <aaaaa> visualizzando il nostro punto X,
e facciamo in modo che la colonna d’aria spinta dal diaframma punti direttamente verso di esso.
Questi esercizi richiedono grande concentrazione e pazienza, scusa se mi ripeto molte volte ma è
veramente importante. Non avrai un insegnante accanto per correggere i tuoi errori, devi capire
tutto il meccanismo autonomamente e per questo ci vuole tempo. Una volta comprese le
sensazioni trasmesse dal tuo corpo avrai in mano la chiave per poter cantare liberamente senza
preoccupazioni.
Due trucchi importantissimi:
•
esegui, ogni volta che puoi, alcuni vocalizzi <nnnnn> di scale ascendenti e discendenti (a
bocca chiusa) estremamente nasali; così, la colonna d’aria sarà indirizzata verso la parte
frontale alta (molto alta) della tua gola. Certamente la voce “normale” non dovrà essere
nasale, la posizione di uscita dell’aria sarà “naturalmente” un po’ inferiore a quella di
questi vocalizzi nasali, ed è esattamente quella desiderata,
•
quando “colpisci” nella maniera corretta il punto X, sentirai come un leggero formicolio nel
e dietro il naso, dentro la testa; è il segnale che sei nella posizione giusta, non lasciarla anzi
riévocala spesso durante le tue prove.
LA VOCE
Sentite cosa dice il logopedista Dino Becagli a proposito della voce: “…L'organo sul quale bisogna
spingere per ottenere una buona sonorità è l'addome. Fare esercizi tendendo il diaframma come
un tamburo cercando di ottenere suoni nella più bassa tonalità possibile.
Le corde vocali, che sono due appaiate, per realizzare suoni gravi producono vibrazioni lente e
brevi. Si evita così la frustata delle corde col relativo sfregamento dell'una contro l'altra che crea
seri guai come lo sgranamento della voce, afonie, formazione di polipi sulle corde stesse.
La voce con tono basso, contrariamente a quello che si può credere, ha una resa maggiore anche
sul piano dell'ascolto che non il falsetto o l'acuto, raggiungendo con la pressione sull'addome spazi
più distanti.
E non si creda che per esprimere grande potenza vocale sia necessario produrre una fuoriuscita
esorbitante di fiato. Questo è un altro errore: la sonorità, ripeto, è determinata soprattutto dalla
pressione che si esercita sull'addome e su tutti i muscoli dell'apparato vocale, cioè quelli
dell'esofago, della glottide e dell'epiglottide, per non parlare di quelli della zona retropalatale.
Le donne per natura non possiedono la voce d'addome, anzi sfuggono per istinto dall'impararla
proprio perché la natura si preoccupa in anticipo di proteggere l'eventuale figlio che si collocherà
nel ventre e che per questo ha spostato l'apparato vocale più in alto. Per la donna, quindi, gli
esercizi per riattivare il diaframma e ripristinare l'impiego dovranno svolgersi senza forzare, per
gradi, e logicamente sarà più difficile apprenderne la tecnica.
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Per educare e sviluppare la potenza e l'incisività vocale, oltre che della chiarezza dei suoni
("masticando" le parole in modo che risultino il più intelligibili possibile) ognuno deve preoccuparsi
di arrivare a conoscere come è strutturato il proprio apparato vocale e cercare caso per caso la
pratica più corretta e gli esercizi più efficaci per ben ARTICOLARE e sviluppare SONORITÁ e
POTENZA partendo sempre dal proprio naturale.
Anche quando si parla con amici o parenti a casa il consiglio è quello di far sempre mente locale:
premere costantemente sull'addome cercando toni bassi. Anche quando si legge il giornale farlo a
voce alta proiettando il suono. Dopo un po' che si va d'addome, ci si accorge che anche la voce di
"maschera" e quella di "testa" e di "falsetto" riescono meglio….”
È quindi fondamentale porre sin dall'inizio particolare cura nella respirazione che dovrà partire dal
diaframma senza alzare le spalle. L'inspirazione (nasale) sarà sufficientemente ampia e veloce
mentre l'espirazione (emissione del suono) sarà parsimoniosa in modo da "cantare sul fiato" senza
sprecarlo. Ricorda che il pianissimo richiede una maggiore riserva di fiato che non il fortissimo. E’
utile effettuare alcune lente e profonde inspirazioni ed espirazioni prima delle prove o
dell'esecuzione in pubblico o nei concorsi corali; ciò, oltre a predisporre il corpo al completo
rilassamento, sarà utile anche per togliere l'eventuale nervosismo o il timor panico.
PAROLE, SILLABE E VOCALI
La struttura della lirica di uno spartito di canto è composta da una sequenza di parole che sono
suddivise in sillabe e a ciascuna sillaba il compositore ha assegnato una o più note della frase
musicale per ottenere che le sillabe vengano cantate in sequenza e in fase con l’andamento della
melodia. Generalmente, le sillabe sono costituite o da una vocale a se stante o da consonanti unite
a una vocale e possono terminare o meno con una consonante. Ad esempio come in questa lirica
in latino: Ec-ce e-nim in i-ni-qui-ta-ti-bus con-ce-ptus sum et in pec-ca-tis con-ce-pit me ma-ter mea (Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre – dal Miserere).
Perciò, nell’esecuzione di un canto si pronunciano le consonanti e si cantano le vocali che sono le
uniche in grado di “trasportare” i suoni corrispondenti alle note musicali dello spartito.
Focalizziamo ora l’attenzione sulla sonorità delle vocali. La “a”, la “e” e la “i” sono vocali cosiddette
chiare mentre la “o” e la “u” sono vocali scure. Nell’esecuzione canora, generalmente non ci sono
problemi a cantare le vocali scure mentre le vocali chiare a volte non vengono emesse con un
timbro vocale “rotondo e ricco di sonorità” ma risultano troppo aperte, metalliche e a volte
addirittura così “sguaiate” e incontrollate da perdere la perfetta intonazione, soprattutto sulle
note di maggiore durata.
La perfetta intonazione può essere raggiunta, e mantenuta, se il suono delle vocali “a” ed “e”
viene “mescolato e corretto” con quello della vocale “o”; per intenderci meglio, canta,
nell’intonazione che ti è più congeniale, prima il suono “aaaaa” e poi, con la stessa intonazione il
suono “ooooo”. Ora cantali assieme e ne uscirà un suono intermedio, che è quello giusto che ci
consente un maggior controllo dell’intonazione. Con la stessa tecnica, ripetilo per la “e”, cioè
prima “eeeee”, poi “ooooo” e quindi i due suoni mescolati assieme per ottenere il suono
intermedio. Sempre applicando la stessa tecnica, mescola ora il suono della vocale “i” con la “u” e
otterrai il suono intermedio corrispondente alla “i” francese, che è quello corretto.
Queste sonorità “rotonde e colorate” delle vocali chiare si ottengono in modo naturale e non
“forzato” se hai impostato la tua emissione sonora con la tecnica dello “gn” o dello sbadiglio o
della mela in bocca, indirizzando la colonna d’aria che porta il suono sul tuo punto X di risonanza.
Prova e ti convincerai!
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LA DIZIONE
Bisogna dare la massima importanza all'espressività della parola. Insistere soprattutto sulle sillabe
àtone che devono essere pronunciate con estrema leggerezza, specie quando la parola è
sdrucciola (Bèr-ga-mo, Màn-to-va, Dò-mi-ne ecc.), nel qual caso l'ultima sillaba (atona) deve essere
appena pronunciata. La sillaba atona diceva il grande vescovo Dom Mocquereau dell'Abbazia
benedettina francese di Solesmes (dove si sviluppò il canto gregoriano francese), deve essere
come un fiocco di neve. Soltanto che la neve - aggiungeva - è materiale! L'accento tonico (quello
principale), fatte rare eccezioni, deve essere invece molto dolce e di poco più intenso della sillaba
atona.
Particolare cura si dovrà avere anche per i dittonghi che hanno l'accento sulla prima vocale (mio,
tuo, suo), specie se l'accento cade su di un suono molto breve, per evitare il pericolo di spostare
l'accento sulla vocale successiva (miò, tuò, suò) o addirittura su quella precedente (l'àmia, l'àtua,
l'àsua) come spesso purtroppo si sente nelle amene canzonette da parte di certi cori parrocchiali.
Porre la medesima attenzione agli iati, evitando le elisioni, particolarmente nella lingua latina,
dove spesso si sente ky-rielei-son anziché ky-ri-e / e-le-i-son. Così pure la separazione tra
consonante e vocale, dove spesso si sente i-nex-cel-sis anziché in / ex-cel-sis, e via dicendo. Le
consonanti doppie (fatta eccezione per quelle sonore: l, m, n, r, s) si ottengono facendo una
brevissima interruzione fra l'una e l'altra (not'te, mez'zo ecc.).
Un ultimo suggerimento per quando si canta in latino. Molte parole di questa lingua finiscono con
la “s”. Bene, questa “s” il più delle volte risulta così flebile che non si sente come invece si
dovrebbe. Se noi terminiamo la parola pronunciando “sss” il risultato è assicurato ma dobbiamo
fare attenzione a non debordare oltre la durata della nota cui si riferisce questa sillaba finale,
durata che va comunque rispettata.
IL RISCALDAMENTO
Quando usi la voce (in qualsiasi maniera, dal rap all'urlo, al canto legato o sommesso o più
semplicemente parlando) otterrai molto di più se prima di tutto eseguirai del riscaldamento. Non
esiste nessun modo per evitare questo, chi pensa che non sia necessario oppure che possa
sembrare sciocco, esegue inconsapevolmente il riscaldamento durante il canto invece che prima e
non riuscirà a dare il meglio di se stesso.
IL PERICOLO
Gli aumenti di attività di ogni muscolo causano un innalzamento della temperatura corporea.
Entrare “in azione” di colpo da uno stato di “freddo” scatena una reazione protettiva dei muscoli
della gola, reazione che serve a fronteggiare una possibile prospettiva di lesione. Il collo, la
mascella ed i muscoli della lingua si irrigidiscono e questa situazione richiede al cantante una
pressione d'aria maggiore per far fuoriuscire la voce. La tensione crea attrito e l’attrito provoca un
forte surriscaldamento e un rigonfiamento delle corde vocali. In parole povere “sparare” a gran
potenza le prime canzoni farà sì che sarai fuori gioco in breve tempo e non recupererai per buona
parte del giorno successivo.
Pensa che i cantanti professionisti cominciano fin dal mattino con una sessione di canto quasi
sempre solista (senza strumenti di accompagnamento o comunque strumentazioni acustiche), per
poi parlare normalmente durante tutta la giornata e arrivare alla sera cantando all’incirca cinque
volte la settimana. Questo è sicuramente uno stress enorme per le corde vocali, che devono
essere riscaldate nella maniera giusta, altrimenti non dureranno a lungo.
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SI COMINCIA
Durante le fasi di riscaldamento non è importate che cosa canti, ma come lo fai. Inspira
normalmente ed espira soffiando fuori l’aria poco per volta e molto lentamente. Ora sciogli i
muscoli del viso e del collo eseguendo dei lenti movimenti rotatori del collo e pronunciando a
basso volume: <hummm>. Pian piano comincia a variare l’altezza del suono (dal basso all’acuto e
viceversa, ad es. do-re-mi-fa-SOL-fa-mi-re-do) ma non lasciare mai che i muscoli dei viso cambino
posizione o si irrigidiscano, non cambiare espressione, devi sempre mantenere il rilassamento.
Attenzione a non variare troppo l’estensione delle note, mantieni sempre un range nel quale ti
possa sentire a tuo agio e non sforzare in alcun modo. Ora passa a <eeeee> e infine ad <aaaaa>,
tutto questo sempre a basso volume e sostenendo le note il più a lungo possibile ma senza sforzo.
Mantieni la melodia il più scorrevole possibile, senza salti elevati tra le note (do-re-mi-fa-SOL-fami-re-do). Man mano che la tua voce si riscalda (non affrettare i tempi) alza il volume.
Quando il volume è abbastanza alto (ovviamente comunque ben lontano dallo sforzare la voce) è il
momento di fare un altro esercizio. Con la sillaba "mi" canta una scala di 5 note (do-re-mi-fa-SOLfa-mi-re-do) mettendo la "m" solo sui gradi ascendenti 1, 3, 5, e discendenti 3 ed 1, in modo che il
risultato sia <mi-ii-mi-ii-MI-ii-mi-ii-mi>. Il suono deve risultare regolare e scorrevole, senza
cedimenti di voce. Cantare in questo modo consente alle corde vocali di assumere un po’ più di
carico mantenendo i vantaggi dello <hummm>. Scambiando ora il vocalizzo <ii> con <aa> in modo
da ottenere <ma-aa-ma-aa-MA-aa-ma-aa-ma> aumenterà ulteriormente il carico di lavoro delle
corde vocali, ma prima di farlo accertati che il vocalizzo con <ii> ti riesca alla perfezione.
Gli indicatori di un buon riscaldamento sono lingua e mascella tra loro indipendenti. Per
verificarlo, apri la bocca lasciando pendere la mascella e mettiti il dito indice sul mento. Usando la
stessa scala di 5 note di cui sopra, alterna fra i vocalizzi <aa> ed <ii> senza muovere il mento in
modo da cantare <aa-ii-aa-ii-AA-ii-aa-ii-aa>. Il tuo indice è li per ricordarti di permettere alla lingua
di muoversi – non al mento. Infatti, solo la parte posteriore della lingua ha bisogno di sollevarsi per
pronunciare il vocalizzo <ii>; non hai la necessità di spalancare la bocca.
Quando tutto questo ti riuscirà facile, puoi aumentare la velocità di esecuzione dell’esercizio senza
rendere la cosa difficile – un canto veloce non richiede un flusso d’aria veloce. Solo quando sarai
capace di eseguire la tua escursione di voce senza forzare, puoi provare a cantare a voce più
sostenuta. Aumenta gradualmente il volume di queste scale fino a raggiungere la condizione di
prontezza operativa da palcoscenico.
Per affrontare un concerto di un paio d’ore credo che il tempo giusto di riscaldamento possa
essere di circa 10-15 minuti. Per una canzone solamente, puoi riscaldare anche per un’ora. La
parte più difficile del riscaldamento (anche se mentre stai leggendo potrebbe non sembrarti così)
è trovare il tempo e il luogo per poterlo fare. La via delle perfezione è quella di tenere bene in
caldo la voce poco alla volta, durante tutta la giornata; quando ne hai la possibilità fai dei vocalizzi
a basso volume <hummm>, ti aiuteranno.
LA FARINGE E I REGISTRI DELLA VOCE
La faringe è semplicemente un passaggio dalle cavità nasali giù verso la laringe e poi continua
verso l’esofago, il tubo dove passa il cibo diretto nello stomaco. Quando deglutiamo il cibo o del
liquido, la parte posteriore della lingua abbassa l’epiglottide fino a chiudere l’imboccatura della
laringe, per evitare che cibo e liquidi entrino nei polmoni. Dal punto di vista respiratorio e del
canto, la faringe presenta tre differenti zone: la naso-faringe (posizionata dietro il naso), la oro23
faringe (nel retrobocca) e la laringo-faringe (nel retrogola). Capire, o meno, com’è fatta la faringe
e come essa lavora nel canto, può fare un’enorme differenza nella voce di un cantante.
Così come la faringe è divisa in tre zone, per convenzione anche le voci del canto vengono spesso
suddivise in registri (voce di petto, voce di mezzo, voce di testa e falsetto). A queste zone/registri
vengono associate definizioni che indicano la qualità timbrica dei diversi suoni che vengono emessi
quando si passa dai suoni bassi ai suoni alti. Questa suddivisione è puramente teorica, intendiamoci, perché il registro della voce è uno, senza soluzione di continuità (un continuum).
Quindi, quando si canta si passa da un registro all'altro della voce, cui corrispondono diverse
posizioni delle cartilagini della laringe che controllano la contrazione e la distensione delle corde
vocali. Ecco qui:
Di seguito, un interessante approfondimento sulla meccanica della generazione della voce e sui
passaggi tra i registri. Se deciderai d'interrompere l'approfondimento, potrai proseguire andando
direttamente a pagina 27.
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MECCANICA DELLA GENERAZIONE DELLA VOCE
Fase inspiratoria. Le cartilagini aritenoidi ruotano in modo da allontanare fra loro i processi vocali e
gli estremi posteriori delle corde vocali, che vi sono inseriti; questa manovra determina l'apertura
della glottide (Fig. sotto (a)). Intanto l'attività dei muscoli respiratori provoca l'afflusso dell'aria nei
polmoni, i quali seguono la discesa del diaframma dilatandosi e trascinando con sé bronchi,
trachea e laringe.
Fase fonatoria. Corrisponde, per quanto riguarda la meccanica respiratoria, a quella espiratoria di
una normale respirazione; ne differisce per il fatto che le cartilagini aritenoidi ruotano all'indietro e
scivolano lateralmente in modo da portare a contatto il margine vibrante delle corde vocali (Fig.
sotto (b)); queste allora entrano in vibrazione per effetto della pressione dell'aria.
(a) Corde vocali aperte, in fase inspiratoria; (b) corde vocali chiuse, tramite rotazione delle CA, in
fase fonatoria: CA=cartilagini aritenoidi, CC=cartilagine cricoide; CT=cartilagine tiroide, CV=corde
vocali (legamenti vocali)
Le modalità di vibrazione delle corde vocali variano a seconda dei meccanismi fonatori impiegati,
che sono qui, di seguito, schematizzati per semplicità di esposizione.
(a) 1° meccanismo (1° registro): contrazione attiva delle corde vocali. (b) 2° meccanismo (2°
registro): stiramento delle corde vocali provocato dalla rotazione delle CA. (c) e (d),
rispettivamente, visione superiore e laterale del 3° meccanismo (3° registro): ulteriore stiramento
delle corde vocali dovuto all'abbassamento massimo della CT (pomo d'adamo).
CA =c artilagini aritenoidi, CC = c. cricoide, CT = c. tiroide, CV = corde vocali, MST = muscolo
sternocleidomastoideo, S = sterno.
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Questa che segue è una descrizione più puntuale dei concetti su accennati:
1° meccanismo. Corrisponde a quello che la laringe mette in atto quando il corpo si accinge ad uno
sforzo come per sollevare un peso o nella defecazione (utilizzando i muscoli del cosiddetto “torchio
addominale”). In questo caso i m. adduttori delle cartilagini aritenoidi portano a contatto le corde
vocali e ne assicurano la chiusura; contemporaneamente i muscoli inclinatori della cartilagine
tiroide assicurano la solidità di attacco dei loro estremi anteriori. Avendo struttura muscolare, le
corde vocali si contraggono, si rigonfiano e svolgono la funzione di chiusura del serbatoio
polmonare, necessaria, p. es., per dare solidità d'attacco ai muscoli toracici impegnati nel
sollevamento di un peso (Fig. qui sopra (a)). Se invece la forza di contrazione rimane inferiore a
quella descritta, sotto la pressione dell'aria le corde vocali possono entrare in vibrazione
producendo approssimativamente la prima quinta (= 5 note) dell'estensione vocale musicalmente
utile.
2° meccanismo. Le cartilagini aritenoidi accentuano la loro rotazione stirando le corde vocali
all’indietro in modo non dissimile da quello che s’impiega per porre in tensione le corde di uno
strumento musicale (Fig. qui sopra (b)) e la voce aggiunge circa un’altra quinta alla propria
estensione vocale musicalmente utile.
3° meccanismo. I muscoli inclinatori della cartilagine tiroide entrano in azione e le corde vocali
sono stirate passivamente in avanti. L’inclinazione della cartilagine tiroide, infatti, allontana il suo
diedro interno dalle cartilagini aritenoidi, alle quali le corde vocali stesse sono inserite con
l’estremo opposto (Fig. qui sopra (c)). Questa trazione si somma a quella all’indietro già esercitata
dalle cartilagini aritenoidi ed aggiunge un’ulteriore quinta all’estensione vocale musicalmente utile
già raggiunta. Determinante è in particolare la funzione di vincolo con lo sterno, esercitata dai
muscoli sternotiroidei durante la risalita della laringe nel corso dell’espirazione; vincolo che,
trattenendo la parte libera della cartilagine tiroide, la inclina quanto più essa risale e scarica sui
muscoli del tronco la maggior parte del lavoro necessario (Fig. qui sopra (d)). Questa manovra
corrisponde a quello che in gergo vocale si chiama "passaggio" al registro superiore.
Il cosiddetto "passaggio" al registro acuto viene dunque ottenuto con
l'inclinazione in avanti di uno degli elementi dello scheletro della laringe:
la cartilagine tiroide (il "pomo d'Adamo"). Tale inclinazione determina lo
stiramento delle corde vocali e la produzione delle note acute.
A= cartilagine aritenoide; C= cartilagine cricoide; T= cartilagine tiroide;
CV= corde vocali; Ml= azione dei muscoli ioidei; ST= azione dei muscoli
sterno-tiroidei.
Abitualmente nell'eloquio sono messi in azione soltanto i primi due dei tre meccanismi descritti; il
terzo è tipico del canto. Sia nell'uno che nell'altro caso essi non entrano in azione separatamente
ma in combinazioni diverse. I comportamenti fonatori si possono riunire fondamentalmente in tre
tipi e il fatto ha importanza particolare per il canto:
1° tipo. I tre meccanismi tendono ad entrare in azione successivamente, la voce assume colorazioni
timbriche diverse nelle tre regioni d'altezza chiamate "registri", mentre i cambiamenti di timbro nel
passaggio da un registro all'altro, in particolare quello dal 2° al 3°, chiamato tipicamente
"passaggio", sono evidenti (voce non educata);
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2° tipo. La contrazione attiva del 1° meccanismo è ridotta, il 2° e 3° meccanismo di distensione
passiva delle corde vocali entrano in azione contemporaneamente fin dalle note basse, non si
avvertono cambiamenti sensibili del timbro alle diverse altezze e si parla di assenza di registri e di
passaggio (voce detta in gergo vocale "impostata per natura");
3° tipo. La contrazione attiva, sia pure in vario grado, è presente in tutti i registri e il carattere
timbrico del grido permane in tutta l'estensione (emissioni "di forza" delle tecniche popolari,
romantiche e veriste).
Fine dell'approfondimento. Riprendiamo il discorso interrotto.
Per quanto esistano delle eccezioni, il passaggio fra questi tre registri principali è critico nel senso
che l'emissione sonora può purtroppo subire delle soluzioni di continuità. Lavorare sui passaggi è
importante perché la voce deve raggiungere una ed una sola coloritura per tutti i registri (il
continuum). L'ottenimento della medesima qualità sonora è estremamente importante; quanti
cantanti si ritrovano invece con due voci e a volte persino tre! Si tratta di persone che non hanno
lavorato bene sui passaggi. Come si fa per ottenere un passaggio morbido da una posizione
all'altra della laringe? La continuità necessaria si realizza a livello della laringe, che si rilassa. L'arte
del canto significa anche arte di cancellare i passaggi. Lavorare sui passaggi significa, di fatto, farli
scomparire. Vedrai, tra poco, come si può fare.
La voce di petto è spesso associata ai suoni bassi del registro della voce, dal timbro caldo, pieno e
intenso.
La voce di mezzo è generalmente associata ai suoni intermedi del registro, dal timbro caldo e
pieno. Questa voce include anche la maschera vocale dal timbro caldo e “di testa”.
La voce di testa (donne) e il falsetto (uomini) vengono associati a timbri di voce leggeri, chiari e
brillanti che appartengono ai suoni più alti del registro e che risuonano nelle cavità dei seni
frontali.
Quando canta una nota, ognuno di noi, sentendo la propria voce, deve decidere se quella nota ha
bisogno di maggior calore o maggiore brillantezza e quindi deve regolare lo strumento voce per
emettere quel suono. Non sai come farlo? La risposta te la dà la faringe, la via maestra che
collega quasi tutte le cavità risonanti. Ancora anatomia creativa.
Dai un’altra occhiata alla prima figura di pag. 24 e individua la faringe e le cavità risonanti.
Prendiamo in considerazione la seguente analogia: lo strumento voce, il tuo corpo, è un edificio
con molti piani e la faringe è l’ascensore interno che va dal piano più basso a quello più alto e
viceversa.
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Le cavità dei seni frontali
rappresentano la mansarda
e sono associate alle note
più acute.
Le cavità nasali, nasofaringe, e la maschera
vocale rappresentano
l’ultimo piano.
La cavità orale, oro-faringe,
e il palato molle
rappresentano i piani
intermedi.
La parte alta della cavità
toracica e la laringo-faringe
rappresentano il primo
piano.
La parte bassa della cavità
toracica rappresenta il
pianterreno ed è associata
alle note più basse.
Prenditi un attimo per fissare nella mente
questa immagine
La Faringe
ASCENSORE
MANSARDA
Cavità dei seni frontali
Note più acute
ULTIMO PIANO
Cavità nasali - Maschera vocale
Naso-faringe
PIANI INTERMEDI
Cavità orale - Palato molle
Oro-faringe
PRIMO PIANO
Cavità toracica superiore
Laringo-faringe
PIANTERRENO
Cavità toracica inferiore
Note più gravi
Molti cantanti si rifiutano di usare l’ascensore che si muove senza sforzo verso la nota più alta.
Preferiscono invece salire con fatica le scale del palazzo, spesso soffermandosi mentalmente su
ciascun gradino (nota) una volta raggiunto. Invece di concentrarti su un piano (o una nota) alla
volta, impara ad usare la faringe a tuo vantaggio e a migliorare la qualità timbrica della voce.
Questa tecnica ti darà la necessaria continuità di collegamento tra le note dei diversi registri ed
espanderà anche l’estensione dell'intero registro della tua voce. Usa il vocalizzo che segue,
glissando (scivolando) sulle note (come se suonassi una sirena) per mettere in pratica il concetto.
Prima di cominciare però assicurati che il tuo corpo e lo strumento siano completamente rilassati e
liberi da tensioni muscolari e che la voce sia già sufficientemente riscaldata.
Incominciamo con il vocalizzo "iiii" emettendo una confortevole nota bassa del nostro registro e
saliamo, suono dopo suono, fino ad una confortevole nota acuta del nostro registro (dal primo
fino all’ultimo piano del palazzo, ignorando per ora il pianterreno e la mansarda). Segui
esattamente queste istruzioni:
1. Prefigurati mentalmente la confortevole nota bassa che stai per fare – falla, sentila
risuonare nella tua testa.
2. Come inizi a salire con il suono, creati l’immagine mentale dell’ascensore che comincia a
muoversi nel tuo torace.
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3. Comincia a scivolare (glissare) sul vocalizzo "iiii", suono dopo suono, fino alla nota più
acuta ma ancora confortevole. Nota dopo nota, continua a visualizzare l’ascensore che
sale con velocità costante, dolcemente e senza sforzo, fino a raggiungere l’ultimo piano.
4. Sentirai il bisogno di aumentare gradualmente il fiato a mano a mano che le note
salgono.
5. Prefigurati mentalmente la tua nota più acuta che intendi raggiungere. Falla. Sentila
risuonare nella tua testa. Poi, fai una soffice fermata quando sei arrivato a destinazione.
Nella transizione fra i registri della voce spesso il suono si interrompe e si incrina, come abbiamo
già detto, oppure si può sperimentare un grande cambio nella qualità, che è il nostro
obiettivo. Dobbiamo cantare il vocalizzo "iiii" con suono sufficientemente forte su ciascuna nota,
anche se dovesse capitare una interruzione o un fastidioso cambio di timbro. Ripetere l’esercizio
più volte ti aiuterà a guadagnare potenza e coordinazione necessarie per effettuare i cambi di nota
senza incrinature o interruzioni della voce. Questo esercizio ti aiuterà anche a sviluppare un modo
di cantare con voce piena e naturale, nell’ambito di un’estensione di suoni invidiabile. E questo ci
porta al nostro prossimo passo:
Adesso vuoi raggiungere un’estensione di voce più alta?
Aumentare l’estensione della voce verso note ancora più acute può rivelarsi un compito
scoraggiante e trasformarsi in delusione per molti cantanti. A molti studenti viene insegnato di
focalizzarsi prioritariamente sulla maschera vocale. Come risultato, anche dopo anni di prove,
alcuni cantanti arrivano fino ad una certa nota e da li non riescono più a muoversi come se
avessero già raggiunto le cavità risonanti sulla sommità della loro testa. Ritornando alla nostra
analogia, è come se l’ascensore avesse raggiunto l’ultimo piano del palazzo, la cavità nasale, e non
gli fosse consentito di andare oltre. Il suono emesso usando questo tipo di focalizzazione è spesso
un po’ “di testa” e tuttavia rimane ancora un po’ cupo. Per aumentare la tua estensione
oltrepassando questo punto, devi arrivare fino alla mansarda, le cavità dei seni frontali e quelle
sulla parte alta e posteriore della testa. Il timbro del suono sarà leggero, chiaro e brillante, senza
timbri “di testa” associati con la maschera vocale.
Allora, per aumentare l’estensione della voce devi spingerti con l’ascensore fino al tetto. Questo
richiede un piccolo supplemento di fiato e un cambio di focalizzazione. Cambia nella tua mente
l’immagine del punto focale all’interno della tua testa situato dietro la congiunzione naso/arcata
oculare (punto X nella parte anteriore della cavità nasale) con un’altra immagine di un punto
focale X sulla sommità della testa. Fai semplicemente galleggiare le note. Avrai bisogno di
abbassare la mascella per aggiungere più spazio. Non rincorrere un maggiore volume di voce e non
continuare a spingere troppo. Canta con facilità. Ripeti spesso questo esercizio per sviluppare
potenza, abilità e resistenza in questa estensione di suono.
Seguendo i passi di cui sopra e ri-facendo “la sirena” con "iiii", ancora una volta consenti
all’ascensore (mettendo a fuoco la sua immagine mentale) di accedere alla mansarda. Slanciati
verso il tuo punto focale fino al tetto e canta la nota più acuta della tua vita che mai sei riuscito a
fare. Usa l’immagine mentale dell’ascensore che sale per aiutarti a capire dove si focalizza il
timbro di ogni nota. Ricorda che il timbro risultante dovrà essere leggero, chiaro e brillante, ma
con una sensazione di calore e di pienezza. Anche se all’inizio potresti provare una sensazione non
confortevole, non è coinvolta nessuna forzatura vocale e quindi puoi ripetere l’esercizio. In realtà,
se eseguito in modo corretto, cantare note molto acute diventa piuttosto facile.
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Ricordati anche di bere acqua a temperatura ambiente nel corso degli esercizi per prevenire la
disidratazione delle corde vocali e del tuo strumento voce.
E così ora vuoi raggiungere un’estensione di voce ancora più bassa?
Ora che abbiamo analizzato il piano mansarda della teoria dell’ascensore, probabilmente avrai
capito che dobbiamo sviluppare il concetto del pianterreno. Riprendiamo l’esercizio della sirena
vocale per spiegare il concetto, ma questa volta incominciamo da una nota alta:
1. Pensa ad una confortevole nota alta dalla quale cominciare – falla e sentila all’inizio nella
testa.
2. Inizia questa nota con l’immagine mentale dell’ascensore che parte dalla mansarda.
3. Comincia a scivolare sulla sillaba "iiii", in giù nota dopo nota, verso quella più bassa della
tua estensione vocale. Durante la discesa delle note, immagina l’ascensore scendere al
pianterreno con velocità costante, dolcemente e senza sforzo.
4. Per raggiungere il pianterreno della tua estensione è importante bilanciare la minore
quantità di fiato necessario con la quantità di spazio di risonanza nella cavità toracica
e con l’entità del controllo muscolare da usare. Mettiti dentro l’ascensore e sperimenta
l’accesso in questa zona. L’abilità di negoziare lo spazio nel "basamento" è direttamente
collegata a quanto grave è la nota che puoi cantare e a quanto caldo è il timbro del
suono che ne risulta.
NOTA BENE: Non "spingere" assolutamente con la voce in questa estensione. E’ molto meglio
rilassarsi e diminuire la pressione del fiato, continuando a supportare il suono con il diaframma.
Praticando questo esercizio la potenza dell’estensione vocale aumenterà gradualmente. Spingere
con la voce provocherà solamente stress o danni all’organo fonatorio, ritardando lo sviluppo delle
tue potenzialità vocali.
ACCENTI MUSICALI E ACCENTI METRICI
Quando un musicista esegue uno spartito con il suo strumento, in assenza di altre indicazioni, deve
rispettare la gerarchia degli accenti musicali all’interno di ciascuna battuta o misura. Deve cioè
eseguire ciascun suono corrispondente a ciascuna nota del rigo musicale con una accentuazione
(intensità di volume) diversa che, in senso generale, decresce col procedere dei suoni (delle note),
da sinistra a destra, in un’alternanza di accenti forti e deboli. Riferendoci al rigo musicale qui
sopra, ogni nota rappresenta un accento (movimento o battito) di intensità diversa e così nelle
prime due battute segnate con un tempo di 4/4 ci sono 4 note per battuta la cui gerarchia degli
accenti è quella rappresentata dal grafico di trattini riportato al di sopra del pentagramma.
Come puoi constatare, all’interno di ciascuna battuta l’importanza degli accenti diminuisce
progressivamente, nel rispetto degli accenti secondari. Parallelamente aumenta la tensione verso
il primo battito della battuta successiva. Nella battuta di tre tempi (3/4) il secondo accento, che
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segue immediatamente il primo, è più forte del terzo accento. Oppure nell’ultimo tipo di battuta di
6/8, l’andamento degli accenti è ancor più articolato.
Proseguiamo ora nell’analisi delle parole della lirica collegate alle note musicali. Come già sai,
anche le parole hanno degli accenti metrici (o tonici) che mettiamo naturalmente e senza pensarci
al posto giusto quando parliamo. Così, ad esempio, se scrivessimo la frase precedente con gli
accenti sulle parole al posto giusto come le pronunciamo, la frase sarebbe: “ànche le paròle hànno
dègli accènti mètrici che mettiàmo nàturalmènte e sènza pensàrci al pòsto giùsto quàndo
parliàmo”. Bene, nell’esecuzione del canto, dobbiamo far corrispondere gli accenti metrici di ogni
sillaba agli accenti musicali delle note contenute in ciascuna battuta.
Infatti, come puoi notare nei tre spezzoni di lirica sotto le note dell’esempio musicale riportato in
figura all’inizio pagina, l’accento metrico che va cantato più forte rispetto ai successivi è quello che
cade sulla prima nota della battuta, cioè sull’accento musicale più forte. Questa graduale
alternanza di accenti forti e deboli rende più viva l’esecuzione canora, conferendo maggiore
efficacia all’interpretazione. E allora, quando cantiamo, cerchiamo di dare alle parole la loro
accentuazione naturale, modulandone le sillabe secondo le regole degli accenti musicali. Questo ci
faciliterà anche nel mantenimento del ritmo dell’esecuzione canora, dal momento che la
scansione del ritmo si appoggia maggiormente sulla cadenza degli accenti musicali forti cui
generalmente corrispondono gli accenti tonici (naturali) delle parole della lirica.
Ma il compositore, per ottenere effetti ritmici speciali, può alterare questa gerarchia degli accenti
ricorrendo, per esempio, alla Sincope o al Contrattempo (o Controtempo).
Come abbiamo visto, ogni tempo (4/4, 3/4, 6/8…) ha degli accenti (forti, mezzoforti, deboli) che
cadono su ogni movimento. La Sincope è lo spostamento dell'accento dalla sua cadenza naturale e
si ha quando il suono, invece di iniziare sul tempo forte, comincia sul tempo debole della battuta e
si prolunga sul tempo forte successivo, come in questo esempio:
Nel Controtempo si ha lo spostamento dell'accento come nella Sincope, solo che il suono, invece
di prolungarsi sul tempo forte, viene troncato da una pausa:
Oppure, come nel prossimo caso, il compositore àltera la gerarchia degli accenti con indicazioni
dinamiche di pianissimo pp piano p e forte f , con forcelle che indicano crescendi e diminuendi
dell’intensità sonora e con un’ulteriore accentuazione > sulla sillaba Vir della parola Vir-gi-ne:
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LA POSTURA CORRETTA
Quando ci esibiamo, la nostra posizione deve essere sicura e rilassata nello stesso tempo. Teniamo
quindi le gambe leggermente divaricate (affinchè il nostro equilibrio non sia precario) le ginocchia
debbono essere leggermente flesse (per non mandare il bacino all’indietro) e mantenute elastiche.
Cerchiamo di spostare il peso del corpo in avanti sbilanciandoci leggermente sulle punte, questo
contribuirà a farci sentire un po’ più rilassati. Se al contrario indirizziamo il nostro peso sui talloni,
sbilanciandoci leggermente all'indietro, dovreste avvertire una sensazione di rigidità che si
estende anche alla zona delle spalle e del collo, per l'appunto quelle zone del corpo che invece
dobbiamo mantenere rilassate.
Il bacino, per via della posizione delle ginocchia si sposta lievemente in avanti. La parte superiore
del corpo va tenuta ben rilassata (tronco, spalle, collo) in questo modo anche la gola risulterà
rilassata e la colonna d’aria proveniente dai polmoni farà vibrare solo e direttamente le corde
vocali, senza alcuna influenza dovuta alle contrazioni muscolari.
Da notare che questa postura deve risultarci estremamente rilassante, se ci sentiamo tesi
evidentemente stiamo sbagliando qualcosa. Pensate che anche chi pratica lo sport del tiro di
precisione con la pistola, assume una posizione molto simile a questa che gli permette di prendere
la mira comodamente, senza fretta e senza muovere le spalle.
NON ASPETTARE A IDRATARTI
Ogni macchina è dotata di un manuale del proprietario che ti istruisce ad aprire immediatamente
il cofano se si accende la luce dell’olio. Un’idea migliore, se sei abituato ad aspettare che la luce di
emergenza si accenda prima di prenderti cura del tuo motore, sarebbe di mettere sul veicolo il
cartello "In vendita". Permettere a una macchina di correre senza sufficiente lubrificazione è una
ricetta sicura per un guaio lungo il percorso. Lo stesso è vero per cantanti che non si mantengano
idratati. Senza protezione adeguata, l'attività del canto causa il rigonfiamento delle corde vocali
nella laringe. Il problema è l'attrito. Se volessimo consultare il manuale del proprietario per i nostri
corpi, esso ci direbbe semplicemente che c’è una soluzione naturale per questo problema.
Tenersi idratati è un’esigenza di tutto il giorno. Spesso aspettiamo finché non abbiamo sete per
attaccarci a una bibita. Questa soluzione è tardiva per i cantanti - specialmente se sei già sul
palcoscenico. Ci vogliono almeno venti minuti, per uno stomaco vuoto, affinchè l’acqua entri in
circolo nel tuo sistema e sia visibile sulle membrane dove c’è necessità. Le bibite o altri liquidi
hanno bisogno di molto più tempo perché prima devono essere digeriti. Questo significa che
assumere bibite sul palcoscenico non produrrà effetti prima del termine dell’esibizione. Ma allora,
perché una sorsata rapida di qualche cosa tra le canzoni dà un sollievo immediato? Per due
ragioni: la prima è che ci sono dei recettori nella gola che segnalano al cervello che sono in viaggio
dei fluidi; la seconda è l'azione fisica di deglutire.
Contrariamente a quanto si crede, nulla che noi ingoiamo arriva direttamente alle corde vocali.
Tutti i beveraggi che i cantanti consumano nello sforzo di bagnare la loro voce fischiante vengono
deviati dall'epiglottide della laringe e spediti giù nell'esofago. E questo è ovviamente un bene.
Come l'occhio, la laringe dovrebbe essere bagnata da una soluzione salina, non da tè o miele.
Anche se per ipotesi la tua bibita colasse giù fino alle corde vocali, il flusso d’aria generato per
cantare prosciugherebbe prontamente l'area. Se stai sforzando la voce o sei nervoso, i muscoli
della gola si contraggono e la tensione chiude i condotti della saliva designati per lubrificare la
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laringe. Come in un lampo, deglutire cambia per un secondo la posizione dei muscoli e permette ai
condotti della saliva di aprirsi e di ri-lubrificare – semprechè, beninteso, tu sia idratato.
Due terzi del peso del tuo corpo è acqua. Avrebbe senso, quindi, sostituire con la medesima
quantità quanto viene perso. Una regola generale è di consumare giornalmente 25-50 gr. di acqua
per ogni chilo di peso corporeo (per 70 Kg, in media almeno 2,5 litri). Conta anche l’acqua che si
assume con il cibo, così se non ti piace bere, consuma cibi ad alto contenuto d’acqua come frutta
cruda e vegetali. Sfortunatamente, birra, caffè e bibite gassate aromatizzate non contano. Anche
se ciascuna contiene soprattutto acqua, i loro ingredienti inducono il corpo a liberarsene,
lasciandoti con meno acqua di prima. Certi cibi prosciugheranno anche la tua riserva d’acqua
interna. Siccome la digestione è la priorità numero uno del corpo, quando ci riempiamo di cibo a
basso contenuto d’acqua, come panini, crackers, chips, formaggio, carni elaborate e patate, alla
gola e alla laringe viene sottratta l’acqua dell’idratazione per colmare il deficit. Fondamentalmente, se mentre mangi senti il bisogno di bere qualcosa, vuol dire che il cibo che stai
assumendo è troppo concentrato. Un buon metodo sarebbe di bere abbondantemente prima del
pasto in modo da non sentire il bisogno di diluire il processo digestivo.
Gli atleti si idratano bene prima della gara così i loro muscoli non soffrono di crampi; i cantanti
dovrebbero fare lo stesso. Mantenere una laringe lubrificata vuol dire che sarai in grado di
deglutire durante una esibizione senza succhiare l’acqua da una bottiglia. Ricorda che per il tuo
strumento le prove non sono più facili dei concerti, così prendi l'abitudine di essere idratato; se il
tuo bilancio è limitato, non c’è niente di sbagliato con l’acqua del rubinetto. È una buon idea
filtrarla per rimuovere il cloro, se c’è. È meglio bere acqua a temperatura ambiente per evitare di
far contrarre i muscoli della gola (come fa la muscolatura del corpo quando ci si tuffa in una
piscina con acqua fredda) . Qualsiasi sia il tuo stile di canto, ti accorgerai da solo quando avrai
raggiunto un miglioramento significativo della capacità di cantare a lungo. Una buona misura di un
livello di idratazione corretto è l’orina chiara.
Dal momento che sul nostro corpo non c’è alcuna luce d’emergenza per avvisarci di qualcosa che
non va, lascia che la seguente formula diventi il tuo mantra non aspettare a idratarti.
DISADDESTRAMENTO NECESSARIO
<Vorrei essere capace di cantare meglio ma non sono sicuro che l’addestramento valga la fatica>.
Io penso che se qualcuno ritiene che il miglioramento dell’abilità di cantare sia una fatica, vuol dire
che non c’è passione. Può forse portare a qualcosa di buono qualsiasi avventura artistica se non
c'è passione? Voglio rappresentarvi una prospettiva alquanto diversa sul problema delle lezioni
vocali. Noi tutti sappiamo di qualcuno che possiede una voce incredibile e non ha mai avuto alcuna
istruzione. A queste persone basta aprire la bocca per far uscire qualcosa di grande. Fortunati loro.
Comunque, la credenza comune che delle persone siano nate per cantare non vuole dire che il
resto di noi deve rimanere seduto ai bordi solo per ascoltare. Chiunque può migliorare il suono
della propria voce. Il mio consiglio è di pensarci come ad un “disaddestramento” della nostra voce.
Basta fare una visita in una sala di maternità per rendersi conto che noi tutti siamo nati con
l'abilità di produrre suono. Piangere è un comportamento istintivo. Cantare è come piangere ferite o dispiaceri a parte. Dopo un breve periodo dalla nascita, le nostre personalità emergono ed
influenzano questo istinto di base. Dei bambini piangono più forte e più spesso. Da bambini ai
primi passi, abbiamo cominciato a sperimentare che toni vocali diversi provocano negli altri
risposte anche loro diverse. Quando un bambino di due anni piange abbastanza, o avrà un altro
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biscotto o verrà spedito nella sua stanza. In virtù della durata del pianto, noi siamo arrivati fino a
sei biscotti e i risultati di questi esperimenti hanno influenzato pesantemente la nostra
personalità. Noi stabiliamo caratteristiche peculiari della nostra immagine che ci portiamo per
tutta la vita. Se dubiti di questo, visita un centro anziani e osserva quanto il gioco del bingo
assomigli a una classe di asilo infantile. Non è che gli anziani si comportano come bambini; è che
sono diventati di nuovo loro stessi. Con ciò intendo dire ai cantanti potenziali che fino dalla prima
infanzia abbiamo addestrato i nostri muscoli a produrre suono in un particolare modo. Il tuo
particolare modo può o meno interferire negativamente col canto. Se interferisce, allora devi
“disaddestrarti”.
La maggior parte dei problemi vocali può essere fatta risalire al parlare. Da bambini ci hanno
insegnato i significati delle parole e come pronunciarle, ma non come usare efficientemente i
nostri muscoli quando parliamo. Questo si è aspettato che accadesse in modo naturale. Di solito
però non è successo. Normalmente, le emozioni dominano il motore dei nostri riflessi e plasmano
il modo in cui parliamo. Il discorso diviene così un’estensione della nostra personalità. Possiamo
dire molto circa il modo in cui uno parla, ma non su quello che sta dicendo. C'è una differenza
tuttavia tra naturale e normale. Naturale vuol dire efficienza; normale invece è quello al quale
siamo abituati. Sfortunatamente, siamo così abituati al modo in cui parliamo che l’aver addestrato
tensioni muscolari passa inosservato finché non ci decidiamo a cantare.
Siediti a un pianoforte o prendi una chitarra e lo strumento è pronto per suonare. I musicisti
danno questo per scontato perché fin dai primi passi dispongono di uno strumento pre-equilibrato
e costruito appositamente per quei timbri di suoni, e questo è un vantaggio enorme quando si
impara a suonare. Al contrario, apri la bocca per cantare e un gran numero di ostacoli può
compromettere estensione, timbro, volume e flessibilità. In altre parole, per imparare a cantare
devi prima costruire uno strumento. La maggior parte degli strumenti che suoniamo oggi sono il
risultato di molti anni di messe a punto. A mano a mano che migliorano le tecniche per costruire
pianoforti e chitarre, migliorano anche il loro suono e la facilità di suonarli. Gli strumenti
rimangono sostanzialmente gli stessi giorno dopo giorno. Questo offre una solida base per
sviluppare l’abilità necessaria per suonare. Noi purtroppo non abbiamo quel vantaggio con le
nostre voci. Molte cose possono interferire con la "suonabilità" della nostra voce, dal parlare tutto
il giorno fino al provocare la tensione muscolare della mascella. Siccome la maggior parte di
queste non sono limitazioni genetiche o "naturali", possono essere rimosse se lo vogliamo.
Costruire uno strumento per cantare non richiede niente di più che stabilire un percorso libero da
ostacoli dalla inspirazione fino alla fonazione. Qualsiasi cosa stia bloccando il flusso deve essere
rimossa dal percorso. Io non sto dicendo che sia facile, abbiamo lavorato sodo tutta una vita per
realizzare queste situazioni di rigidità e di tensioni muscolari ed il corpo non sarà certo felice di
permettere loro di andarsene. Quello che ti voglio suggerire è che non devi accettare la tua voce
così com’è. Le leggi del suono sono le stesse per ognuno. Rilascia la tua gola e avrai un grande
timbro. Permetti alle corde vocali di tendersi liberamente e avrai grande estensione e precisione.
Fai ritornare la tua respirazione ad uno stato istintivo e naturale e avrai il controllo dinamico della
voce. Pensa a tutto ciò come ad un disaddestramento necessario e avrai il giusto approccio
concettuale per iniziare il processo di riabilitazione della tua voce.
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PARTE SECONDA – FONDAMENTI DI TEORIA MUSICALE
Acustica semplice
Un corpo che vibra genera compressione e rarefazione dell’aria, che si trasmette in tutte le
direzioni sotto forma di onde. Le onde che raggiungono un orecchio animale o umano vengono
raccolte dal padiglione auricolare e convogliate sulla membrana del timpano che inizia a vibrare.
Questo è collegato con una catena di ossicini che trasferiscono le vibrazioni ad un liquido presente
nell’orecchio interno. I movimenti del liquido stimolano i filamenti delle cellule ciliate (situate
all’interno della coclea) che generano gli impulsi nervosi che, attraverso il nervo, giungeranno al
cervello dove verranno elaborati come suoni.
Ogni onda sonora ha caratteristiche proprie come l'intensità o la lunghezza. Non si può sentire un
suono se non ha una intensità sufficiente a far vibrare il timpano e lo stesso avviene se non ha la
giusta lunghezza d’onda. Il numero di volte che una sorgente sonora vibra in un secondo viene
chiamata frequenza e viene espressa in Hertz, quindi se un suono ha frequenza 100 significa che la
sua sorgente vibra 100 volte in un secondo. L’orecchio umano è sensibile a frequenze da 20 a
20.000 Hertz.
IL SUONO
Generalmente, nel linguaggio comune, quando si parla di suono si intende la sensazione
psicologica legata all'ascolto. Per descrivere un suono, in effetti, spesso usiamo aggettivi, come ad
esempio gradevole oppure fastidioso, che sono legati alla sfera delle nostre emozioni. Ma come
possiamo definire in modo più esatto e oggettivo un suono? Per rispondere a questa domanda ci
conviene partire dalle origini e quindi, per prima cosa, cercare di capire da dove nasce un suono.
Se facciamo un piccolo esperimento e pizzichiamo la corda di una chitarra ci accorgiamo che, in
questo caso, il suono è prodotto e nasce proprio dalla vibrazione della corda.
Vibrazione di una corda pizzicata
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Per essere più precisi possiamo dire che per vibrazione si intende un movimento oscillatorio di un
corpo attorno alla sua posizione di equilibrio come quello mostrato dalla figura precedente. La
cosa interessante è che qualsiasi suono, non solo quello di una corda di chitarra, è prodotto
proprio da un fenomeno di questo tipo in cui c'è un corpo, chiamato sorgente del suono, che
vibra. Ma come riesce questa vibrazione ad arrivare fino al nostro orecchio per essere percepita?
Quello che accade è che, quando un corpo vibra, la sua vibrazione si propaga nell'ambiente
circostante sotto forma di un’onda di pressione ed è proprio quest'onda che viene chiamata
suono. Per visualizzare questo fenomeno possiamo pensare all'onda che si genera su uno specchio
d'acqua quando lasciamo cadere un sasso nel liquido: più il sasso è pesante e più sarà alta l'onda
che si propaga nell'acqua. Allo stesso modo più è ampia l'oscillazione della corda e più sarà forte il
suono che ascolteremo.
Onda di pressione generata nell'aria dalla corda
La figura qui sotto è la rappresentazione delle onde sferiche generate, ad esempio, da un
diapason, ma potrebbe essere qualsiasi strumento, voce compresa. Potete notare come,
allontanandosi dalla sorgente del suono, la pressione dell’onda aumenta fino ad un massimo per
poi diminuire fino ad un valore minimo e così via con una ripetizione costante dello stesso ciclo nel
tempo. Il suono quindi si propaga con una serie di compressioni e di rarefazioni dell’aria (onda
sonora), che possono essere percepite dal nostro orecchio.
LE CARATTERISTICHE DEL SUONO
Se andate a guardare su un qualsiasi libro di musica vedrete che il suono si definisce usando tre
proprietà: altezza, intensità e timbro. Ma cosa rappresentano questi nomi? Per capire come si
collegano queste grandezze al suono ci conviene osservare la forma dell'onda di pressione che
nasce da un corpo che oscilla e si propaga nel mezzo circostante. Possiamo rappresentare
quest'onda su di un grafico come quello che segue:
Se osservate la figura vi accorgete che un’onda sonora è caratterizzata dal fatto che una stessa
forma si ripete periodicamente. L'altezza di un suono, chiamata più comunemente frequenza, è
proprio l'inverso del tempo che dura ogni ripetizione, tempo che viene chiamato il periodo
dell'onda. L'onda sonora in figura, per esempio, ha un periodo che dura 1/100 di secondo
(periodo: t=0,01 sec.) e quindi una frequenza pari a 100 oscillazioni al secondo. L'unità di misura
della frequenza si chiama Hertz, o in breve Hz, e quindi questa frequenza vale 100 Hz. Ma come
possiamo sentire la frequenza di un suono? Niente di più facile! Più un suono è acuto e più la sua
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frequenza cresce. Per dare un po' di numeri, considerate che una frequenza minore di 200 Hz è un
suono basso mentre una frequenza maggiore di 800 Hz è un suono acuto.
Passiamo ora alla seconda proprietà di un suono, l'intensità. Come potete immaginare con questo
nome si intende l'ampiezza di un suono, il suo volume. Ma come si misura questo volume? Così
come per la frequenza esiste un'unità di misura ad hoc, gli Hertz, anche in questo caso per
misurare l'ampiezza di un suono si usa un’unità particolare chiamata Decibel e quando usiamo
questa unità facciamo riferimento proprio alla sensibilità dell'udito: un suono appena percepibile
infatti ha un’ampiezza di 0 Decibel - abbreviato in Db - mentre un suono spacca timpani ha
un’ampiezza di 120 Db. Una conversazione normale, a un metro, arriva a 70 Db. A 140 Db si
raggiunge la soglia del dolore.
L'ultima e più complessa caratteristica di un suono è chiamata timbro. Possiamo dire che il timbro
rappresenta la carta di identità del suono. Per convincersene facciamo suonare, per esempio, a un
violino e a un pianoforte la stessa nota alla stessa ampiezza. Questi due suoni quindi avranno la
stessa altezza, la stessa intensità ma un timbro, e quindi una identità, differente:
Grafico dell'onda di pressione generata da un piano e da un violino
Come vedete, la forma dell'onda è molto diversa nei due casi e si sarebbe tentati di affermare che
è proprio lei la responsabile del timbro. Ma purtroppo questo non è del tutto esatto. In effetti ci
possono essere delle forme d'onda che pur essendo differenti hanno lo stesso suono. A prima
vista potrebbe sembrare di essere arrivati in un vicolo cieco, ma in realtà una via di uscita esiste e
la scoprì nel 1701 il francese Sauveur. Questo scienziato, studiando le vibrazioni di una corda, intuì
che qualsiasi suono in realtà è formato da una somma di onde elementari chiamate sinusoidi o
armoniche. E questa scoperta venne formalizzata, verso la fine del '700, dal matematico J. B.
Fourier che ne ricavò un celebre teorema che porta il suo nome. Usando questo teorema si vede
che il timbro di un suono in effetti dipende dalla quantità e dall'ampiezza delle armoniche che
contiene così come il sapore di una pietanza dipende dagli ingredienti che usiamo per prepararla.
Quindi, così come possiamo descrivere una pietanza attraverso la lista dei suoi ingredienti, allo
stesso modo possiamo caratterizzare un suono specificando le armoniche che lo formano. Questa
lista degli ingredienti di un suono ovvero delle sinusoidi che lo compongono, si chiama spettro. Ma
vediamo di capire ancora meglio con altre parole.
Abbiamo visto che uno strumento musicale, suonando una nota, emette un segnale periodico
oscillante con una frequenza (altezza) precisa; per esempio il La centrale di un pianoforte emette
una frequenza di 440 Hertz, e questo è il cosiddetto "diapason", il valore valido internazionalmente per accordare tra loro gli strumenti di tutte le orchestre del mondo.
In realtà però lo strumento non emette solo quella frequenza, detta "fondamentale", ma anche i
suoi multipli, detti "armoniche superiori", però con intensità minore della fondamentale.
Per capirci, usando dei valori dell'intensità arbitrari, se uno strumento emette la frequenza
fondamentale di 440 Hertz con l’intensità del 100%, emetterà anche, contemporaneamente, la
frequenza di 880 Hertz (440 x 2) con intensità, diciamo, del 10%, quella di 1320 Hertz (440 x 3) con
intensità del 15%, quella di 1760 Hertz (440 x 4) con intensità del 25% e così via.
Le percentuali dell'intensità delle armoniche superiori sono tipiche dello strumento, cioè quelle
del pianoforte sono molto diverse da quelle del violino, come abbiamo già visto; inoltre se prendo
dieci violini, queste percentuali varieranno leggermente da uno all'altro.
L'unione di questi suoni emessi dallo strumento produce un segnale oscillante tipico e
riconoscibile, proprio di quello specifico strumento; le diverse percentuali costituiscono il "timbro"
di quello strumento. I timbri sono molto diversi da uno strumento all'altro, e quasi tutti sanno
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riconoscere se una certa nota è suonata da un pianoforte o da un violino o da un clarinetto, e
leggermente diversi tra strumenti uguali, tanto che solo gli orecchi allenati riconoscono il timbro di
un pianoforte da concerto da quello di un pianoforte economico.
Come si presenta graficamente il segnale emesso da uno strumento musicale?
Questa qui sotto è la forma d’onda di una frequenza fondamentale con intensità del 100%. E’ una
curva che si chiama sinusoide e che è perfettamente simmetrica; solo le apparecchiature
elettroniche, se si desidera, possono emettere un segnale così, che oltretutto risulta sgradevole e
innaturale all’udito, perché spoglio.
1,50
1,00
0,00
720
360
0
Intensità del suono
0,50
-0,50
-1,00
-1,50
Tempo
Se nel grafico qui sopra inseriamo alcune frequenze delle armoniche superiori, esso si trasforma
perchè viene eseguita, istante per istante, la somma algebrica di tutte le sinusoidi presenti (valore
istantaneo dell'onda fondamentale ± valore istantaneo delle onde delle armoniche superiori) e il
grafico che ottieni è quello qui sotto, che comincia finalmente a somigliare ad un vero suono:
1,50
1,00
0,00
720
360
0
Intensità del suono
0,50
-0,50
-1,00
-1,50
Tempo
Le note musicali
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Nella scrittura musicale i suoni vengono rappresentati attraverso dei segni chiamati note
musicali
Ad ogni nota musicale è assegnata un’altezza precisa, misurata in hertz (numero di
vibrazioni al secondo)
Le note musicali sono sette: Do, Re, Mi, fa, Sol, La, Si
Queste sette note rappresentano sette suoni, dal più grave al più acuto
La successione delle sette note viene chiamata scala musicale
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La scala musicale
• Per coprire tutti i suoni udibili dall’orecchio umano la scala musicale deve essere ripetuta
più volte
• Ad ogni ripetizione le note, pur mantenendo lo stesso nome, cambiano di altezza
• La distanza tra due note con lo stesso nome ma di altezza diversa viene chiamata ottava
• La distanza di ottava si ottiene raddoppiando la frequenza del suono iniziale
Il pianoforte è uno degli strumenti più estesi: copre infatti più di 7 ottave di estensione , dal La di
27,5 hertz fino al Do di 4186 hertz. Il flauto dolce soprano ha un’estensione di sole 2 ottave: dal
Do di 523,2 hertz fino al Do di 2093 hertz.
Accordatura degli strumenti musicali
Nel 1970, a Toledo (Spagna), un gruppo di esperti (musicisti, musicologi, fisici, costruttori di
strumenti) incaricati dal Consiglio d’Europa ha stabilito che tutti gli strumenti musicali devono
essere accordati partendo dalla nota La con la frequenza di 440 hertz. Questa frequenza viene
utilizzata anche per dare l’intonazione alla voce umana.
I nomi delle note musicali
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Per identificare le note noi utilizziamo il sistema di notazione sillabica
Questo sistema fu introdotto dal monaco benedettino Guido d’Arezzo (992 – 1050)
La notazione sillabica identifica le note con le sillabe Do Re Mi Fa Sol La Si
Esiste inoltre un sistema di notazione alfabetica, utilizzato nei paesi anglosassoni: A-B-C-DE-F-G cui corrisponde la seguente sequenza: la-si-do-re-mi-fa-sol.
Il pentagramma
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Il pentagramma è un sistema grafico che indica con precisione l’altezza dei suoni
E’ costituito da un insieme di 5 linee orizzontali e parallele
Su tali linee, e negli spazi tra le linee, vengono scritti i simboli dei suoni: le note
La posizione dei simboli sul pentagramma determina l’altezza dei suoni rappresentati dalle
note musicali
Le linee e gli spazi del pentagramma si contano sempre dal basso verso l’alto.
I simboli che rappresentano le note vengono inseriti sia sulle linee che negli spazi.
Sul margine sinistro del pentagramma sono indicate la chiave, il tempo e la tonalità. E'
suddiviso in battute, o misure, spazi compresi tra due linee verticali che contengono la
note della battuta.
I tagli addizionali
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Sul pentagramma si possono scrivere solo nove note (5 sulle linee e 4 negli spazi)
Per poter inserire un maggior numero di note (sia verso il basso che verso l’alto) si
utilizzano delle linee aggiuntive
Per non complicare la lettura, queste linee sono rappresentate solo da piccoli trattini detti
tagli addizionali
I tagli addizionali vengono visualizzati solo quando le note superano l’ampiezza del
pentagramma
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La chiave musicale
La chiave musicale è un segno che viene posto all’inizio di ogni pentagramma
La chiave determina l’esatta altezza e il nome di una nota all’interno del pentagramma
Le altre note vengono ricavate partendo dalla posizione di questa nota di riferimento
Esistono vari tipi di chiavi musicali: esse prendono il nome dalla nota di cui segnano la
posizione
Le due chiavi più usate sono:
o La chiave di Sol (detta chiave di violino)
o La chiave di Fa (detta chiave di basso)
La chiave di Sol (di violino)
La chiave di Sol (di violino) determina la posizione della nota Sol (392 hertz) sulla seconda linea del
pentagramma. Questa chiave viene utilizzata dagli strumenti dal suono acuto (violino, flauto,
tromba, clarinetto, ecc. e, per la voce umana, da soprani, contralti e tenori):
La chiave di Fa (di basso)
La chiave di Fa (di basso) determina la posizione della nota Fa (174,7 hertz sulla quarta linea del
pentagramma. Questa chiave viene utilizzata dagli strumenti dal suono grave (contrabbasso,
trombone, fagotto, ecc. e, per la voce umana, da baritoni e bassi):
Gli strumenti con maggiore estensione di suoni (pianoforte, organo, arpa, chitarra)
utilizzano sia la chiave di basso (per i suoni gravi) che quella di violino (per i suoni acuti):
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Estensione delle voci
Toni e semitoni
L'ottava e' divisa in dodici parti uguali: i sette suoni principali e le cinque alterazioni. Queste dodici
frazioni sono chiamate semitoni; due semitoni formano un tono. Per capire meglio questo
concetto si pensi alla tastiera di un pianoforte, composta di tasti bianchi e tasti neri. I tasti bianchi
corrispondono ai sette suoni principali (le sette note), i tasti neri alle loro alterazioni. Il passaggio
da un tasto a quello adiacente (bianco o nero) e' un semitono (o mezzotono). A ognuno dei tasti
bianchi corrisponde il nome di una nota con questa successione: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si;
dopodichè comincia l'ottava successiva con un nuovo Do e così via.
… DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
DO
RE
MI…
Le alterazioni
Le alterazioni (dette anche “accidenti”) hanno la funzione di spostare un suono, avanti o indietro,
di un semitono (o di un tono, nel caso di alterazioni doppie). Le note alterate corrisponderanno
quindi ai tasti neri del pianoforte. Le alterazioni sono due: il Diesis (simbolo = # ), alterazione
ascendente, e il Bemolle (simbolo =
b
), alterazione discendente. Ogni tasto nero, perciò, potrà
contemporaneamente avere due nomi.
41
Ad esempio, il tasto nero tra Do e Re potrà chiamarsi Do diesis o Re bemolle, quello tra Fa e Sol si
chiamerà Fa diesis o Sol bemolle, ecc. Le alterazioni vengono neutralizzate dal Bequadro (simbolo
= n ) che riporta il suono alla nota naturale. Si ha uno spostamento di un tono nel caso del Doppio
Diesis (simbolo =
‹
, movimento ascendente) e del Doppio Bemolle (simbolo =
bb , movimento
discendente).
Le alterazioni possono avere la seguente funzione: alterazioni fisse, alterazioni transitorie e
alterazioni precauzionali.
Sono alterazioni fisse, o costanti, quelle poste all’inizio del rigo subito dopo la chiave. Possono
costituire le alterazioni fisse i diesis o i bemolli, in numero da uno a sette secondo una successione
prestabilita che inizia dal Fa per i diesis:
e dal Si per i bemolli:
Le alterazioni fisse determinano la tonalità o l’intonazione del brano musicale. Esse valgono per
tutte le note aventi lo stesso nome, indipendentemente dall’ottava a cui appartengono e, salvo
esplicita indicazione di modifica o di annullamento, rimangono in vigore per tutta la durata del
rigo.
Transitorie sono invece le alterazioni che non vengono scritte alla chiave ma si adoperano
all’interno delle battute mano a mano che occorrono. Esse hanno effetto solamente per la battuta
nella quale si trovano; eccezionalmente il loro effetto può prolungarsi sulla prima nota della
misura successiva solo se questa è unita mediante legatura di valore alla precedente nota
contrassegnata dall’alterazione transitoria.
Le alterazioni precauzionali, che spesso compaiono tra parentesi, vengono poste su note che
nella/e battuta/e precedente/i sono state contrassegnate da alterazioni transitorie e hanno lo
scopo di richiamare alla memoria dell’esecutore le alterazioni scritte in chiave.
Un esempio riassuntivo:
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Scala diatonica e scala cromatica
Una successione di note vicine (gradi congiunti) dà origine alla scala. La scala diatonica è formata
da toni e semitoni e precisamente 5 toni e 2 semitoni:
Quella cromatica è formata da soli semitoni. Per ottenerla usiamo, ascendendo, le alterazioni
ascendenti e, discendendo, quelle discendenti:
#
Note e pause musicali
All’interno delle varie battute si trovano le note che danno luogo ad un’alternanza di suoni che
possono essere di lunga o di breve durata e talvolta sono interrotti da silenzi più o meno
prolungati. Per indicare la durata di questi suoni e di questi silenzi ci si serve di simboli grafici
chiamati figure musicali (o valori, le note) e figure di silenzio (le pause). Perciò la durata di un
suono si riconosce dall’aspetto della nota in base al quale si contraddistinguono i diversi valori
temporali dei suoni. Alla base del nostro sistema sta il valore intero (4/4) rappresentato dalla
figura di semibreve; questo valore intero è oggetto di frazionamenti successivi, sempre binari
(successione di valori dimezzati: 2/4, 1/4, 1/8 ecc.), che danno origine ai sottomultipli elencati
nella seguente tabella:
43
La legatura e il punto di valore
Con le figure musicali contenute nella tabella precedente, è possibile rappresentare solo alcuni
valori di durata. Nella pratica musicale questi valori non sono sufficienti per ottenere tutte le
differenti durate che può assumere una nota. Perciò occorre trovare un sistema per creare altre
figure musicali. Lo si fa ricorrendo alla legatura di valore tra due note posizionate alla stessa
altezza nel pentagramma oppure aggiungendo uno o più punti alla destra della testa della nota.
La legatura di valore è una linea curva che unisce due o più figure musicali della stessa altezza e il
suo effetto è quello di sommare il valore delle figure musicali e di trasformarle in un unico suono
del valore complessivo.
Il punto di valore consiste in un puntino inserito a destra della testa della nota. Ogni punto
aumenta di metà il valore della figura musicale che lo precede. Per esempio, una nota di 2/4
seguita da due puntini avrà questo valore complessivo: 2/4 + 1/4 (1° puntino) + 1/8 (2° puntino).
Il punto di valore può essere utilizzato anche con le pause. Due esempi:
3/4
3/4
3/4
5/4
8/4
La legatura che unisce due o più note di diversa altezza non è una legatura di valore. Questa
legatura viene detta “di portamento” perché suggerisce all’esecutore un passaggio “portato” cioè
eseguito senza soluzione di continuità, per esempio nell’ambito dello stesso respiro, dalla prima
all’ultima nota:
Legatura di portamento
Un ulteriore tipo di legatura è quella “di frase” che viene utilizzata per contrassegnare le diverse
frasi musicali che formano un brano:
Legature di frase
Gli Abbellimenti
Gli abbellimenti, lo dice la parola stessa, servono ad abbellire, ornare una parte di una melodia,
vocale o strumentale, tramite note estranee alla normale divisione della battuta.
Gli abbellimenti principali d'interesse per un corista sono l'Acciaccatura e l'Appoggiatura.
L'Acciaccatura è rappresentata da una notina sbarrata che viene prima del suono reale e in genere
è una croma (1/8). La sua esecuzione è molto rapida, rispetto all'andamento della composizione e
sottrae alla nota reale una piccolissima parte del valore di quest'ultima. L'acciaccatura può essere
composta anche da più note (semicrome o biscrome), che in questo caso sono solo raggruppate e
non sbarrate:
44
L'Appoggiatura è una nota in carattere più piccolo che precede la nota reale ed è posta sul tempo
forte della misura, sottraendo al suono reale il valore che essa rappresenta:
Il Tempo
Il tempo indica il numero di movimenti (impulsi o battiti) contenuti all'interno di ogni misura o
battuta. E', quindi, l'indicatore metrico-ritmico di un brano musicale. Viene espresso da una
frazione posta all'inizio del pentagramma, frazione che indica il contenuto, in termini di valore
delle note, di ogni battuta. Il tempo e' binario quando all'interno della battuta vi sono due delle
unità assunte come valori base del tempo (es. un tempo di 2/4), ternario se queste unità sono tre
(es. 3/4), quaternario se le unità di base sono quattro (es 4/4), quinario (es. 5/4) e settenario (es.
7/4). Inoltre si distingue tra tempo semplice e composto. Si ha tempo semplice se l'unita' di base e'
assunta di per sé, come negli esempi appena citati (unità di base = Q ); composto se, invece, l'unita'
di base e' assunta quale multipla di una suddivisione ternaria (unità di base = Q°= E
E E = 3/8) (es. il
tempo di 6/8 e' composto di due movimenti di 3/8 ciascuno; il tempo di 9/8 da tre movimenti di
3/8 ciascuno ecc.).
Tempi semplici più usati
4/4 (oppure C, tempo comune) Quattro Quarti, indicato anche, con notazione più moderna, 4/Q
E' formato da quattro movimenti, o accenti, di 1/4: Q
Q Q Q uno in battere (accento forte), uno in
levare (accento semidebole), uno in battere (mezzoforte) e uno in levare (accento debole).
2/4 o 2/Q Due Quarti - E' formato da due accenti/movimenti di 1/4: Q
Q uno in battere e l'altro in
levare.
3/4 o 3/Q Tre Quarti - E' formato da tre accenti/movimenti di 1/4:
Q Q Q uno in battere e due in
levare.
3/8 o 3/E Tre Ottavi - E' formato da tre accenti/movimenti di 1/8:
E E E uno in battere e due in
levare.
Tempi composti più usati
6/8 o 2/Q° Sei Ottavi - E' formato da due accenti/movimenti di tre ottavi ciascuno:
1 in battere e 1 in levare
9/8 o 3/Q° Nove Ottavi - E' formato da tre accenti/movimenti di tre ottavi ciascuno:
1 in battere e 2 in levare
12/8 o 4/Q° Dodici Ottavi - E' formato da quattro accenti/mov.ti di tre ottavi ciascuno:
1 in battere e 3 in levare (o 2 in battere e 2 in levare).
45
Un raffronto grafico dei Tempi semplici e dei Tempi composti è riportato nell’Appendice 1 a pg 50.
La scansione del ritmo
Nel canto corale (come nella musica) è necessario che la base concettuale di riferimento per una
corretta esecuzione sia comune e condivisa da tutti i componenti del coro, pena l’insorgere, prima
o poi, di errori che possono compromettere la buona riuscita della prestazione. Il contesto di
riferimento che ci servirà da guida è il seguente. La frazione che rileviamo all’inizio del rigo
musicale, 4/4, 3/4, 3/2, 2/4, 6/8 ecc., ha questo significato pratico:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
il numeratore indica il numero degli accenti/movimenti contenuti in ciascuna battuta,
il denominatore della frazione rappresenta la nota (cioè l’unità di tempo, o l’unità di
accento) la cui durata di suono costituisce l’unità di misura della velocità con cui vengono
eseguiti gli accenti e perciò determina il ritmo del brano musicale,
gli accenti possono avere durate di suono lunghe o corte,
il primo di ciascuna battuta è sempre l’accento (il suono) più forte (movimento in battere)
gli accenti successivi sono più deboli (movimenti in levare),
gli accenti, compreso il più forte, possono cadere anche sulle pause (silenzi)
tra un accento e il successivo possono esserci, o meno, un numero variabile di note
la velocità con cui vengono eseguiti gli accenti (cioè la sequenza regolare degli impulsi
sonori accentati) determina il ritmo
se adottiamo un sistema che ci consenta di marcare fisicamente questo ritmo in modo che
la marcatura degli accenti risulti in fase con le durate lunghe o corte dei vari suoni, il nostro
canto sarà perfettamente aderente alle indicazioni temporali dello spartito.
Il solfeggio
E’ difficile, noioso e poi a che serve? Il solfeggio evoca nel principiante questi sentimenti. Chi
esegue canto o musica in modo soddisfacente risponde: il solfeggio, o meglio, la scansione del
ritmo di un brano musicale effettuata “in proprio”, cioè personalmente, è essenziale ed
imprescindibile per cantare a tempo, per sincronizzare la nostra con le altre voci del coro, per non
commettere errori di durata del suono e dei silenzi, per cominciare e per finire una frase musicale
a tempo. Quanto detto risulta evidente se si mettono a confronto da una parte la relativa facilità
di esecuzione “sincrona” di un canto corale con voci all’unisono e, dall’altra, l’oggettiva difficoltà di
esecuzione di un brano polifonico formato da frasi musicali diverse per ciascuna voce, che iniziano
e si concludono in momenti diversi per le quattro voci. In quest’ultimo caso, se i componenti del
coro non scandiscono individualmente il ritmo, insuccessi e delusioni sono sempre dietro l’angolo.
I maestri di coro e i direttori d’orchestra, che si “sbracciano” e “sbacchettano” durante l’esecuzione del brano musicale cos’altro fanno se non praticare un solfeggio che va a beneficio di tutti gli
esecutori? Questa è la dimostrazione evidente dell’importanza fondamentale di misurare la
pulsazione ritmica ai fini di una buona esecuzione. Tra i maestri e i direttori, c’è chi dice che il
rispetto del ritmo è di gran lunga il più importante dei parametri musicali e che da solo vale
almeno l’80% di una esecuzione soddisfacente. Certo, la scansione del ritmo che può fare un
corista è semplificata rispetto al solfeggio vero e proprio di un maestro di coro, se non altro perché
il corista è costretto a farlo muovendo un piede dal momento che ha le mani occupate con lo
spartito.
Perciò se vuoi continuare a cantare con soddisfazione crescente e contribuire anche al successo
del tuo coro, convinciti della necessità di fare tuo il metodo di scansione del ritmo che ci
accingiamo a spiegare con gradualità.
Il primo caso che analizziamo riguarda la pulsazione ritmica del tempo di 4/4 (indicato con C nel
prospetto che segue). E’ dotato di 4 accenti per battuta e l’unità ritmica è la nota da 1/4. Come è
46
stato già detto, di questi 4 accenti il primo è il più forte (accento in battere) e gli altri 3 sono più
deboli (accenti in levare). Tutti gli accenti possono essere marcati fisicamente con il movimento di
una mano o di un piede. Poiché, come detto, i coristi hanno generalmente le mani occupate,
d’ora in avanti faremo riferimento al piede. Allora, la punta del piede, o il tacco se si preferisce,
deve battere a terra per marcare ognuno di questi 4 accenti.
Dopo aver battuto a terra con la punta del piede (cioè dopo aver fatto un movimento che
chiameremo in battere) solleviamo leggermente la punta del piede (effettuiamo cioè un
movimento che chiameremo in levare) per accingerci a marcare, di nuovo in battere, l’accento
successivo e così via di seguito, mantenendo una cadenza costante di movimenti del piede in
battere e in levare. Le eventuali note in eccesso rispetto ai 4 accenti andranno distribuite
all’interno dei movimenti del piede, tra il battere e il levare, tenendo conto del loro valore.
Eseguiamo ora il prossimo esercizio pronunciando le sillabe scritte sotto le note e marcando con il
piede il ritmo degli accenti in battere e in levare. I numeri scritti sotto le sillabe evidenziano i 4
accenti.
Le pause
Per le pause di 1/4 possiamo adoperare le parole: uno, u-no, u-un. Per 1/8 “un” e per 1/16 “u”.
47
Le terzine
Le terzine appartengono alla categoria dei gruppi irregolari che sono costituiti da gruppi di sole
note o di note e pause, che, nel loro insieme, hanno un valore maggiore o minore di quello dello
spazio occupato nella misura. I gruppi possono essere sovrabbondanti o mancanti. Quelli riportati
nel rigo seguente sono sovrabbondanti perché al posto di 2 ottavi ne presentano 3. L’effetto è
quello di accelerare l’esecuzione poiché, dovendo il ritmo degli accenti rimanere costante, per
ogni accento bisogna eseguire un ottavo in più. Nei gruppi mancanti invece, la situazione è
opposta e l’effetto esecutivo è quello di un rallentamento.
1
2
3
4
1
2
3
4
Esempi di lettura ritmica
1
2
1
2
1
2
NOTA: La “misura in levare” è la prima misura di una composizione che contiene note il cui valore
complessivo è inferiore a quello segnato in chiave (vedi righi con tempo di 3/4 e di 2/4 ). I valori
mancanti per completare questa misura esistono ma, per convenzione, sono “invisibili”. Perciò
nella misura c’e normalmente solo l’ultimo accento della battuta, quello appunto in levare, da cui
il nome della misura in parola.
48
Esercizio di canto
(la scansione ritmica degli accenti va effettuata con i movimenti del piede, in battere e in levare)
Nota 1:
Nota 2:
Nella situazione in cui dobbiamo cantare una nota seguita da una pausa:
1.
nel primo caso, la durata della nota da 1/4 (accento 2) andrà ritmata
iniziando con il movimento in battere del piede, proseguendo col movimento in
levare e concludendo con un secondo movimento in battere (che cade
sull’accento 3). Cioè la sillaba te andrà cantata: te-e-e in sincronia coi movimenti
del piede battere-levare-battere
2.
nel secondo caso, la durata della sillaba tal sotto la nota da 2/4 (accenti 1 e
2) dovrà terminare con il terzo movimento in battere del piede (che cade
sull’accento 3) e andrà cantata: ta-a-a-a-al in sincronia coi movimenti del piede
battere-levare-battere-levare-battere
49
Appendice 1
Il tempo è l’insieme dei valori contenuti in una misura e viene indicato con una frazione all’inizio di
una composizione. Il tempo può essere semplice o composto a seconda che l’unità di tempo (la
nota che corrisponde all’accento unitario) contenuta nella misura sia binaria o ternaria.
Per trasformare un tempo semplice in composto basterà aggiungere un puntino a ciascuna unità e
moltiplicare la frazione per 3/2.
Con processo inverso, per trasformare un tempo composto in semplice si toglie il puntino a
ciascuna unità e si divide la frazione per 3/2.
In tabella, il numeratore della frazione indica il numero di accenti e la nota che appare a
denominatore indica la tipologia dell’accento unitario.
50
Appendice 2
Simboli musicali
Accenti
Per enfatizzare la nota, in modo sia più forte di quelle circostanti.
Parentesi (Brackets)
Indicano suggerimenti interpretativi da parte del revisore, esempio [rit.].
Segno di respiro (Breath)
Inserire un respiro interpretativo, in genere senza modificare l’andamento di tempo.
Cesura
Una pausa indicata tramite linee di divisione inserite fra frasi melodiche e ritmiche.
Coda
Un passaggio con funzione di chiusura formale di un movimento.
Crescendo
Indica una crescita graduale dell’intensità.
Diminuendo
Indica una diminuzione graduale dell’intensità.
Corona
Pausa; la nota viene tenuta più a lungo rispetto alla sua normale durata.
Forte
Da eseguire con forte intensità.
Forte fortissimo
Da eseguire con il massimo dell’intensità.
Forte piano
Attaccare la nota forte, diminuendo istantaneamente ad un volume inferiore.
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Fortissimo
Intensità molto forte.
Fortissimo piano
Attaccare la nota molto forte, diminuendo istantaneamente ad un volume inferiore.
Forzando
Attaccare la nota forte, con accento deciso.
Forzando
Attaccare la nota più forte, con accento deciso.
Forzando
Attaccare la nota estremamente forte, con accento deciso.
Abbellimento (Grace note)
Consiste in una notina che funge da ornamento alla nota seguente. Da suonarsi appena prima della nota o
direttamente sul battere.
Armonici
Una nota generata utilizzando l’armonico di un suono fondamentale.
Ripetizione di una misura
Indica che bisogna ripetere la misura precedente esattamente come è scritta.
Mezzo forte
Moderatamente forte.
Mezzo forte piano
Attaccare la nota moderatamente forte, diminuendo istantaneamente ad un volume inferiore.
Mezzo piano
Moderatamente piano.
Mordente
Abbellimento costituito da una rapida alternanza con la nota ausiliaria superiore o inferiore.
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Pianissimo
Molto piano.
Piano
Piano.
Piano pianissimo
Più piano possibile.
Indicazione di frase
Legatura posta su di un gruppo di note musicalmente relazionate fra di loro.
Ritornello
Indica l’inizio o la fine di una sezione di musica che deve essere ripetuta.
Segno
Un segno che indica l’inizio o la fine di una sezione ripetuta; indicata in genere con D.S. (Dal Segno).
Sforzando
Attaccare la nota forte con una certa enfasi.
Sforzando
Attaccare la nota molto forte con una certa enfasi.
Sforzando
Attaccare la nota estremamente forte con una certa enfasi.
Sforzando piano
Attaccare la nota forte con una certa enfasi, diminuendo subito l’intensità.
Legatura di frase (Slur)
Legatura posta su di una frase melodica da suonarsi legata senza articolazioni strumentali.
Staccato
Note che devono essere articolate con una leggera separazione fra di loro.
Stop
Alterazione dell’intonazione chiudendo parzialmente la campana (per ottoni) o usando una falsa diteggiatura (legni).
53
Tenuto
Tenere la nota per il suo valore completo.
Tenuto staccato
Tenere la nota per il suo valore completo, ma non collegarla con la nota successiva.
Tremolo
Rapida alternanza di note o, per gli archi, di arcate in su e in giù.
Trillo
Rapida alternanza della nota principale con la nota ausiliaria superiore o inferiore.
Gruppetto (Turn)
Abbellimento costituito in genere dalla nota principale e due note ausiliarie superiore e inferiore.
Vibrato
Leggera fluttuazione di intonazione usata per arricchire e aggiungere espressione al suono.
Staccato secco (Wedge)
Nota particolarmente corta e staccata.
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BIBLIOGRAFIA
Le principali informazioni di fonte esterna contenute nel presente corso provengono da:
Parte prima – TECNICA DI CANTO
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•
Lorena Scaccia - www.scuoladicanto.it
Fabrizio Balliano - www.e-socrates.org
Mark Baxter - www.voicelesson.com
Yvonne M. DeBandi - www.singsmart.com
Mauro Uberti - www.maurouberti.it
Wieland Ziegenrücker - ABC Musica, Manuale di teoria musicale con esercizi
Parte seconda – FONDAMENTI DI TEORIA MUSICALE
•
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•
Acustica semplice – www.sublimen.com
Roberto Betti - www.geocities.com/Vienna/Strasse/5418/
Pasquale Bona e Daniele Zanettovich – Metodo completo per la divisione, con appunti di
teoria musicale
Wieland Ziegenrücker - ABC Musica, Manuale di teoria musicale con esercizi
Alberto Romanello – Appunti di teoria della musica
FINALE The art of music notation – Simboli musicali - www.finalemusic.com
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