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b. dunster, residenze bedzed a sutton, londra, inghilterra

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b. dunster, residenze bedzed a sutton, londra, inghilterra
b. dunster, residenze bedzed a sutton, londra, inghilterra
Una crescente consapevolezza
dell’emergenza ambientale ha
caratterizzato gli ultimi dieci
anni nel corso dei quali si è assistito ad un progressivo impegno
sul tema della sostenibilità all’interno del processo progettuale.
Il Governo britannico ha fatto
propria, con grande partecipazione, la filosofia di un vivere
l’architettura e la città con criteri di salvaguardia energetica ed
ha investito generosamente
nella ricerca che ha prodotto
importanti documenti programmatici, rivolti appunto ad
un ripensamento globale del
‘fare architettura’.
Basta citare i seguenti riferimenti:Constructing the Team - Final
Report of the Governament and
Industry Review of Procurement and
Contractual Arrangements in the UK
Construction Industry (Sir Michael
Latham, London, HMSO, 1994),
Rethinking Construction - The Report of the Construction Task Force
(Sir John Egan, London, HMSO,
1998), RIBA, Architects and the
Changing Construction Industry
(London, RIBA Publications, 1999).
Non è questa la sede per addentrarsi in
una analisi specifica, ma non è possibile
non sottolineare quanto sia attuale oggi
nel Regno Unito la ricerca di strumen-
ti e tecniche costruttive nuove, legate
agli imperativi bioecologici.
Ironicamente, si potrebbe commentare
che la patria dell’high-tech degli anni ’60
ha prodotto il bio-tech degli anni ’90:
così, l’Inghilterra ha creato il ‘problema’
ma ha anche poi cercato la ‘soluzione’!
Le ‘mega strutture’ che spuntavano
come funghi nella City della deregulation
degli anni ’80 davano quasi per scontato un ecosistema di illimitate risorse ed
energie: uffici che sfidavano l’infinito
con i loro innumerevoli piani sorretti da
pilastrate in cemento che segnavano il
perimetro di planimetrie sempre più al
limite delle luci concesse dalle regole
della statica; piani di lavoro (trading floor)
sigillati da pannelli di tamponamento
senza possibilità di finestrature apribili e
dove si sopravviveva grazie all’immancabile impianto ‘meccanico’ di aria condizionata. Uffici, al tempo, tecnologicamente avanzati che oggi sarebbe quasi
inconcepibile continuare a costruire. La
nuova eco-sensibilità degli anni ’90 sollecitata forse anche dalla crisi immobiliare della fine degli anni ’80 - ha
imposto un improrogabile ripensamento sull’utilizzo delle risorse del nostro
pianeta che ci si è accorti essere non più
infinite ma scarse e preziose. I primi
impressionanti avvisi che il ‘global warming’ non era solo uno slogan, ma un
fenomeno che avrebbe coinvolto e
cambiato profondamente la vita di tutti,
Spaccato assonometrico delle residenze.
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CIL 89
Camino solare.
hanno scosso la coscienza della nazione
che ha senza dubbio risposto all’appello
del pianeta malato con studi e ricerche
di cui oggi si vedono i primi tangibili
risultati. Così, i nuovi edifici, realizzati
recentemente a Londra, mostrano
impianti che cercano di ridurre al minimo l’emissione di CO2; le nuove sedi
delle compagnie internazionali ed,
emblematicamente, lo stesso Nuovo
Parlamento Britannico si avvalgono di
criteri di produzione energetica passiva
per controllare la climatizzazione degli
ambienti. Molta attenzione si è quindi
spesa negli anni nel tentativo di correggere l’euforia dell’ufficio post-moderno, sigillato da pannelli e arricchito da
falsi decori. Sulla scia del nuovo motto
learning from Nature (imparare dalla
Natura), una estetica pacata, sobria,
minimalista pervade le nuove costruzioni, raffinate, quasi austere ma tecnologicamente sofisticate. Edifici intelligenti,
definiti anche ‘biomimetici’, che sfidano
l’ovvia distinzione tra natura e costruito;
edifici che si relazionano con i fruitori e
rispondono all’ambiente grazie ad
impianti che rivoluzionano le tecniche
costruttive tradizionali: la facciata è una
‘pelle’ sensibile agli stimoli esterni che,
attraverso sensori (i ‘pori’), comunica
agli impianti (il ‘cuore’) ed al grande
atrio ventilato (i ‘polmoni’) come autoregolarsi. Il ‘terzo millennio’ sta realizzando le utopie del guru americano
Buckminster Fuller e, nonostante sia
cambiata la cultura della tecnologia
rispetto a quella degli anni ’60, l’edificio
è un robot intelligente con il comportamento analogo a quello di un organismo vivente. Una rivoluzione in corso
pilotata dall’aristocrazia architettonica
internazionale (Norman Foster, Richard
Rogers, Nicholas Grimshaw, Michael
Hopkins, Renzo Piano) insieme ai
principali studi di ingegneria tra cui primeggiano gli Arup & Partners e gli
Arup Associates.
Dopo quattordici anni di collaborazione con Michael Hopkins, in qualità di
associate, Bill Dunster ha fondato nel
1999 il suo studio per specializzarsi nella
ricerca del comfort abitativo e nella progettazione a basso utilizzo di risorse
energetiche. Lo studio, con sede nel
primo edificio ecosostenibile costruito
dall’architetto, dal simbolico nome di
Hope House, è composto, come scrive
Dunster, da “quattro architetti, due disegnatori, una segretaria ed un cane”, che
insieme affrontano con impegno programmatico il tema del ‘vivere sostenibile’, ancora solo marginalmente risolto
in Gran Bretagna. Il 2000 ha segnato
una data importante per lo studio che
ha costruito il suo primo agglomerato
urbano bioecologico nel borough di
Sutton, a sud di Londra: un prototipo di
insediamento che propone una nuova
qualità ambientale del costruire e nuovi
modelli di vita collettiva; questo progetto, che ha già ricevuto l’ammirazione
della stampa e dell’industria britannica,
merita quindi anche la nostra attenzione. Bill Dunster ha fondato Zedthinking
(pensiero Zed), una filosofia di vita in
armonia con il pianeta che rivaluta i
concetti di qualità e di rispetto per l’ambiente. Bastano i seguenti dati per comprendere le ragioni della necessità di un
cambiamento nella gestione delle nostre
risorse: ogni anno, in America, si producono 5,85 tonnellate di CO2 per persona, in Gran Bretagna 2,92, in Europa
2,31, in Cina 0,65, in India 0,23.
È ovvio il legame tra stile di vita, industrializzazione e consumo energetico: a
Facciata tipo della tipologia in linea con i camini solari in copertura.
Londra, ad esempio, a causa del forte
pendolarismo casa/lavoro, il traffico si
sposta ad una media di 20 km/h, provocando alti livelli di inquinamento nelle
zone del centro.
Dunster propone un modello di sobborgo mirato a rivoluzionare il sistema
urbano nazionale: BedZed è infatti un
quartiere ad alta densità, rispetto ai parametri inglesi, ma soprattutto è un quartiere dove coesistono spazi per la residenza, il lavoro, l’aggregazione comunitaria e l’assistenza sociale. Un quartiere
autonomo, un microcosmo urbano
ripetibile che, se adottato a scala nazionale, ridurrebbe la quota di periferia
anonima di circa il 25%. Quartieri integrati progettati in sintonia con il pro-
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PROGETTI
gramma globale di Agenda 21 che relaziona ad ogni modello urbano il suo
impatto ambientale ed energetico.
BedZed è quindi un vero e proprio
brano di città, il primo sobborgo ‘verde’
in Inghilterra che dimostra, come sottolinea Dunster, che “lo sviluppo ecosostenibile è realizzabile anche economicamente nonostante gli attuali vincoli e
restrizioni del mercato attuale”.
Bed Zed (2.500 m2) è costituito da 82
alloggi con una densità di 50 alloggi per
1/ ettaro; due sono le tipologie adotta2
te: case in linea con giardino e terrazzi
ed appartamenti con accessi da resedi
privati o da viali dal carattere più urbano con isolati porticati al piano terra per
ospitare le tradizionali attività commer-
Il camino solare durante la fase di montaggio in cantiere.
Particolare dei pannelli fotovoltaici in facciata.
Particolare della facciata tipo in vetro.
Particolare del percorso in quota di collegamento
tra i blocchi.
ciali. La tipologia in linea si sviluppa su
tre piani ed ha un alto livello di flessibilità che permette l’eventuale suddivisione in appartamenti singoli per ciascun
piano secondo le esigenze del mercato.
Una percentuale dello spazio globale è
dedicata al terziario (laboratori artigiani
e studi professionali), alle attività comunitarie (circoli, caffè) ed all’assistenza
(asili, lavanderie). Questo nuovo prototipo residenziale è il risultato di una
ricerca di cinque anni in cui si sono affinati tre progressivi progetti, basati inizialmente sul modello biocompatibile
di Hope House, la prima sperimentazione costruita da Dunster dove si sono
messe in pratica alcune fondamentali
strategie di controllo ambientale e cioè:
• strutture ad alta massa termica (il laterizio è particolarmente indicato per
assolvere a questa funzione);
• pannelli fotovoltaici;
• camini solari a vento per coadiuvare la
ventilazione naturale e per il recupero
del calore;
• pareti vetrate;
• tetti giardino;
• riciclo delle acque meteoriche;
• quartieri ad alta densità edilizia (rispetto agli attuali standard britannici) e polifunzionali (secondo il modello urbano
della città europea), in linea con i principi fondanti della nuova urbanistica
sostenibile, mirata a combattere l’attuale
gestione del territorio che in Gran
Bretagna tende ancora a prediligere lo
zoning che meglio si adatta alla logica
speculativa del mercato.
Il progetto è il risultato di un team
composto dallo studio di ingegneria
Ove Arup and Partners e dal ‘Gruppo
per lo sviluppo BioRegionale’ (BioRegional Development Group); i costi che
permettono la realizzazione di un edificio cosiddetto ‘verde’, come sottolinea
Dunster, possono essere dilazionati in
un arco di tempo variabile da cinque a
venti anni. I vantaggi di un alloggio Zed
sono quantificabili in un risparmio
energetico fino al 90 % rispetto alla residenza tipo in Inghilterra, grazie ad una
climatizzazione realizzata da un sistema
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CIL 89
collaborante costituito da una struttura
in laterizio che costituisce la massa termica, da coibentazioni maggiorate nelle
pareti e nei solai, oltre a pannelli fotovolatici e ad un camino solare in copertura: questo sistema riduce il consumo di
elettricità al punto che una centrale termica che produce 130 kW riesce a fornire energia sufficiente per una comunità di 440 residenti.
I materiali sono tutti locali (prodotti
all’interno di un raggio di 100 km dal
lotto) e, quando possibile, riutilizzati
dalla demolizione di fabbriche antiche.
La filosofia Zed sta interessando con
sempre crescente attenzione ricercatori,
architetti ed anche politici ed imprenditori; una nuova coscienza ambientale
che si traduce nei molti incarichi e progetti in corso, tra cui: Velocity, un piccolo villaggio di 4 ettari dove vengono
messi in pratica le filosofie di un vivere
sostenibile; Earth Centre, un centro conferenze nella città di Doncaster; Flower
Tower, un edificio a torre per l’edilizia
economica e popolare.
Bill Dunster, con la sua ‘Zedfactory’, è
convinto che si possano realizzare nuovi
agglomerati e nuove architetture con
zero emissione di carbonio: le tecnologie esistono e, come commenta lo stesso architetto, ‘ognuno di noi deve operare una scelta di base, e cioè contribuire a creare il problema oppure la soluzione…!’
Maria Cristina Donati
Scheda tecnica
Progetto:
Bill Dunster Architects
Ingegneria:
Ove Arup & Partners
Committente:
Peabody Trust con BioRegional
Development Group
Luogo:
Hackbridge, Sutton
Costi:
10 milioni di sterline
Realizzazione:
1999-2000
FOTOGRAFIE
Raf Makda
Nella pagina a fianco:
veduta del blocco dei condomini.
Veduta della facciata vetrata e dei camini solari
del blocco condominiale.
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PROGETTI
Fly UP