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il fallimento e l`applicazione dell`imposta comunale
IL FALLIMENTO E L’APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA COMUNALE SUGLI
IMMOBILI
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il presupposto impositivo e la natura del debito per gli immobili
compresi nel fallimento – 3. La soggettività passiva, i termini per il versamento e la dichiarazione ICI –
4. La base imponibile e la natura della norma – 5. La sentenza della Corte di cassazione 24 ottobre 2005
n. 20575 – 6. Le conclusioni.
1. INTRODUZIONE
Nel delineare un quadro sugli aspetti fiscali relativi alle procedure concorsuali, necessita
analizzare il problema concernente l’applicazione dell’Imposta comunale sugli immobili (ICI) per i beni
compresi nel fallimento (ed anche nella liquidazione coatta amministrativa) considerando che la carenza
di norme fiscali disciplinanti le varie fattispecie verificabili è solo in parte colmata dalla giurisprudenza,
dalla dottrina e dalla prassi dell’amministrazione finanziaria.
Ai fini ICI, la condizione di fallito del proprietario del bene immobile ha rilevanza solo in sede
di versamento dell’imposta, momento in cui sarà riscosso il prezzo di vendita del bene e prelevata da
esso la somma necessaria per il pagamento dell’imposta; tale condizione non comporta alcuna
variazione della base imponibile, che risulta determinata applicando i vari criteri previsti dall’art. 5 D.lgs.
30 dicembre 1992 n. 504. Per gli immobili che cadono nel fallimento l’obbligo della dichiarazione e del
pagamento sorge nel momento dell’alienazione, non avendo il curatore alcun obbligo precedente.
Tali principi sono affermati con precisione nella sentenza della Corte di cassazione 24 ottobre
2005 n. 20575.
2. IL PRESUPPOSTO IMPOSITIVO E LA NATURA DEL
DEBITO PER GLI IMMOBILI COMPRESI
NEL FALLIMENTO
Ai fini ICI la disciplina dei beni immobili compresi nella procedura fallimentare è prevista
unicamente dall’art. 10, comma 6 D.lgs. n. 504 del 1992 secondo cui l’imposta è dovuta per ciascun
anno di possesso rientrante nel periodo di durata del procedimento ed è prelevata dal prezzo ricavato
dalla vendita; il versamento dell’imposta deve essere effettuato entro tre mesi dalla data in cui il prezzo
di vendita è incassato ed entro lo stesso termine deve essere presentata la dichiarazione.
La normativa dell’art. 10 comma 6 del D.lgs. n. 504 del 1992 si applica alle varie categorie di
immobili comprese nei casi di fallimento: immobili strumentali, personali dell’imprenditore e dei soci
illimitatamente responsabili delle società di persona, immobili patrimoniali.
Il comma 6 dell’art. 10 D.lgs. n. 504 del 1992 riproduce l’art. 125 comma 4 T.U. 22 dicembre
1986 n. 9171 e l’art. 18, comma 5 D.P.R. 4 febbraio 1988 n. 422.
Sulla natura del presupposto dell’ICI per gli immobili compresi nelle procedure concorsuali la
dottrina non è concorde. La tesi minoritaria considera la normativa in esame come istitutiva di un
presupposto d’imposta speciale distinto da quello ordinario rappresentato da una fattispecie complessa
formata dal possesso del bene, dalla vendita e dal pagamento del corrispettivo3. Tale tesi si fonda sul
fatto che la norma in questione ricalca l’art. 125, comma 4 T.U. n. 917 del 1986, riproponendo
l’interpretazione autorevole secondo cui per gli immobili compresi nel fallimento il presupposto
dell’ILOR era integrato non dal semplice possesso del reddito ma da questa fattispecie complessa.
Tale norma regolava l'assoggettamento all'imposta locale sui redditi degli immobili non strumentali dell'impresa e personali
dell'imprenditore e dei soci, compresi nel fallimento.
2 Questa disposizione disciplinava i conseguenti obblighi dichiarativi e di versamento.
3 In modo conforme E. Stati, Imposta comunale sugli immobili, in Il fallimento, 1993, p. 570, e E. Sollini, L’imposta comunale sugli
immobili ed il fallimento, in il Fisco, 1993, p. 11008.
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La tesi dottrinaria prevalente, invece, considera l’art. 10 non modificativo del presupposto
ordinario dell’ICI bensì come regola procedimentale che nulla aggiunge al presupposto del tributo né
alla soggettività passiva. Per gli immobili compresi nel fallimento il presupposto impositivo è quindi,
sempre, quello del possesso del bene mentre alla vendita si ricollega l’esigibilità del tributo.
Riteniamo di accogliere quest’orientamento in quanto in tal modo si pone l’accento, in primo
luogo, sul contesto normativo in cui si colloca il comma 6 dell’art. 10 e cioè quello relativo ai versamenti
e alle dichiarazioni; in secondo luogo, sull’interpretazione letterale in base alla quale in caso di fallimento
l’imposta è dovuta per ogni anno di possesso e il riferimento al prezzo ricavato dalla vendita è relativo
agli obblighi strumentali e non certo all’individuazione di un nuovo presupposto impositivo;
l’orientamento in questione permette, quindi, da un lato di istituire un nuovo obbligato al versamento –
il curatore – e dall’altro di prevedere per questi (in considerazione della particolarità della situazione: il
fallimento) termini e modalità di versamento non usuali nella legislazione. Dall’accoglimento di tale
interpretazione si registrano due conseguenze:
1. l’applicabilità di tali disposizioni per analogia ad altri casi in cui si ravvisi una lacuna
normativa(ad es. per l’eredità giacente);
2. la competenza del regolamento comunale ICI nel disciplinare diversamente le regole
procedimentali.
In relazione al periodo da prendere in considerazione per il calcolo dell’imposta sul prezzo ricavato
dalla vendita si ripresentano i problemi di qualificazione del credito vantato dal comune che avevano
formato già oggetto di attenzione da parte della dottrina nella vigenza dell’ILOR4.
La dottrina è concorde nel considerare il credito per l’ICI, relativo agli immobili compresi nel
fallimento quale credito prededucibile, ai sensi dell’art. 111 n. 1 della legge fallimentare5, individuandosi
come atti compiuti per l’amministrazione del fallimento anche quegli atti che consistono
nell’adempimento di oneri fiscali gravanti sui beni ricompresi nella massa passiva. I crediti prededucibili
sono caratterizzati da un nesso causale con le operazioni di liquidazione che si può manifestare nel duplice
aspetto di ricomprendere sia i debiti sorti come conseguenza delle operazioni stesse sia i debiti che
hanno un rapporto strumentale con tali operazioni di liquidazione.
E’ opinione accoglibile quella secondo cui nell’ipotesi in cui il prezzo di vendita del bene non sia
sufficiente al pagamento dell’ICI tale differenza debba essere soddisfatta con le (eventuali) altre attività
della procedura mantenendo, anche in tal caso, la natura di credito prededucibile6.
La prededucibilità dell’ICI, in sede fallimentare, trova un sicuro fondamento nel modo di
esazione dell’imposta, che deve essere prelevata nel complessivo ammontare sul prezzo ricavato dalla vendita . Tale
caratteristica si ritiene non venga meno neppure se l’immobile è stato oggetto di una procedura di
esecuzione individuale, intrapresa ad esempio da un istituto bancario, e questo perché l’art. 41, comma
3 D.lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (testo unico bancario) stabilisce la prevalenza dei crediti di natura
fiscale su quelli delle banche.
Secondo un recente orientamento giurisprudenziale7 il comune gode, per il credito vantato ai
fini ICI, di un privilegio ai sensi dell’art. 2752 comma 4 c.c.. Analogo privilegio si estende agli interessi
sul credito maturati nell’anno della dichiarazione di fallimento e per l’anno precedente mentre non si
applica alle sanzioni, considerate crediti chirografari in quanto hanno natura afflittiva e non risarcitoria.
Si veda F. Tesauro, Appunti sugli adempimenti fiscali del curatore fallimentare, in Rass. trib., 1990, I, p. 251, critico sulla formazione
dell’art. 125, comma 4 del testo unico.
5 R.D. 16 marzo 1942 n. 267 - Art. 111 - (Ordine di distribuzione delle somme): 1. Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo
sono erogate nel seguente ordine: 1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall'erario, e dei debiti
contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato;
2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge; 3) per il
pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso,
compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero
non soddisfatti da questa. 2. I prelevamenti indicati al n. 1 sono determinati con decreto dal giudice delegato.
6 Sostenitori di tale opinione F. Randazzo, ICI e fallimento: questioni controverse, in Corr. Trib., 1993, 2906 e G. Marini, Contributo
allo studio dell’imposta comunale sugli immobili, Milano, 2000. In questo senso pare orientarsi la giurisprudenza: si veda Trib.
Milano, sez. II, 2 ottobre 2000, n. 10786, in G.T. – Riv. giur. trib., 2001, 157, con nota adesiva di Di Gregorio, Sull’applicabilità
dell’art. 2752, ultimo comma, c.c. a tutti i tributi locali, ivi, p. 159, ss.
7 Si veda la sentenza del Trib. Milano 5 maggio 2004 n. 5611.
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Nel caso di restituzione del bene al fallito ritornato in bonis senza che il credito ICI sia stato
soddisfatto nel corso della procedura concorsuale il soggetto tenuto al pagamento complessivo è
comunque il fallito. Questa tesi benché supportata da orientamenti giurisprudenziali8 non si ritiene, in
realtà, possibile in quanto nel diritto fallimentare la restituzione dei beni al fallito, al termine della
procedura, presuppone il soddisfacimento integrale di tutti i crediti. Il credito ICI deve trovare, a parere
dello scrivente, copertura integrale nell’ambito delle disponibilità finanziarie della procedura
concorsuale procedendo, se necessario, anche alla vendita dello stesso bene.
Nella procedura concorsuale i tributi rientrano tra i debiti di massa per cui sorge il problema di
qualificare il credito ICI quale credito privilegiato (in quanto la normativa prevede che l’imposta va
pagata tramite prelievo dal prezzo di vendita) o qualecredito chirografario. Il credito del comune
maturato nel periodo precedente la dichiarazione di fallimento è ammesso, su istanza di insinuazione,
allo stato passivo ma non è riconosciuta la natura di credito privilegiato in quanto né la legge istitutiva
del tributo né le leggi sulla finanza locale lo prevedono.
Con la dichiarazione di fallimento si genera una sospensione dell’obbligazione tributaria; il
comune, infatti, non può chiedere il pagamento dell’ICI durante il periodo fallimentare in quanto
trattasi di crediti sorti successivamente alla dichiarazione di fallimento e quindi concorrenti sul
patrimonio del fallito secondo il principio della par condicio creditorum9. Il credito successivo diventerà
esigibile in unica soluzione al momento della vendita dell’immobile. Nulla viene detto, invece, sulla
natura del credito ICI pre-fallimento che dovrebbe, a nostro parere, essere ricompreso nella massa passiva,
senza alcun privilegio e senza alcuna predecucibilità, in quanto i creditori concorrenti, cioè coloro che
vantano un credito accertato con la procedura fallimentare, debbono essere soddisfatti secondo il
criterio della parità di trattamento che si concretizza nel porre i creditori sullo stesso piano e nel
soddisfarli in maniera proporzionale.
3. LA SOGGETTIVITÀ PASSIVA, I TERMINI PER IL VERSAMENTO E LA DICHIARAZIONE ICI
In relazione all’individuazione del soggetto passivo ICI si è concordi nel ritenere che, durante la
procedura concorsuale, questi sia sempre il proprietario del bene immobile. Il presupposto dell’imposta
– il possesso – si identifica con la titolarità del diritto di proprietà10 anche se il bene non si trova nella
disponibilità del proprietario-fallito11.
L’art. 10, comma 6 D.lgs. n. 504 del 1992 nulla dice circa il soggetto obbligato alla presentazione
della dichiarazione e al versamento dell’ICI ma è opinione largamente condivisa in dottrina che questi
possa essere individuato nel curatore fallimentare, che, secondo la legge fallimentare, attua la gestione
dell’intero patrimonio del fallito ed quindi è tenuto al compimento delle suddette operazioni in quanto
atti afferenti la gestione dell’immobile.
La normativa in esame – art. 10, comma 6 D.lgs. n. 504 del 1992 – stabilisce che il versamento
dell’imposta deve essere effettuato entro tre mesi dalla data in cui il prezzo è stato incassato ed entro lo
stesso termine deve essere presentata la dichiarazione. Rimane, in tal modo, non risolta la questione del
momento impositivo12: se questo cioè coincida con la data di emissione del decreto di trasferimento
oppure con la riscossione del prezzo e quindi se il maxi periodo di imposta decorra dalla data della
sentenza dichiarativa di fallimento fino alla data del decreto di trasferimento oppure fino alla data di
riscossione del prezzo.
A tal proposito si veda la C.T.P. Bergamo, sez. III, 9 novembre 2002, n. 149, in GT – Riv. giur. trib., 2003, p. 1156.
Art. 2741 c.c.: 1. Concorso dei creditori e cause di prelazione. I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni
del debitore, salve la cause legittime di prelazione. 2. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche.
10 Si veda U. Apice, L'ICI e l'Invim del curatore fallimentare, in il Fisco, 1994, p. 11369.
11 Secondo la previsione dell'art.. 42, comma 1, della legge fallimentare, che testualmente recita: Art. 42 - (Beni del fallito): 1. La
sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni
esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.
12 Per un quadro generale della problematica: C. Zafarana, Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure concorsuali,
Edizioni IPSOA, II ed. Luglio 2001.
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L’art. 105 della legge fallimentare prevede che per le vendite di immobili nel fallimento si
applicano le disposizione del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione. Ne deriva che
la vendita fallimentare è costituita da due momenti:
1. aggiudicazione: vi è l’obbligo dell’aggiudicatario di versare il prezzo fissato;
2. decreto di trasferimento: il giudice delegato emette il decreto con il quale il bene immobile
viene trasferito all’aggiudicatario.
Nella prassi questi due momenti non coincidono poichè, nella maggior parte dei casi, il decreto
è successivo al pagamento. Soltanto, però, con il decreto di trasferimento emesso dal giudice si ottiene
l’effetto traslativo13 del bene poiché tale atto rappresenta il solo titolo idoneo per la trascrizione
attribuendo il potere al giudice delegato di sospendere la vendita fino all’emissione dello stesso14. Quindi
prima del decreto la vendita non può considerarsi perfezionata e la somma pagata dall’aggiudicatario15 non è
ancora il prezzo ricavato dalla vendita; per cui non può essere prelevata dal curatore la somma da pagare ai
fini ICI.
Tutto questo incide, naturalmente, sull’individuazione della decorrenza del termine per il
versamento dell’ICI e per la presentazione della dichiarazione. Il legislatore ha utilizzato l’espressione
incasso nell’accezione di definitiva disponibilità, prelevabilità da parte del curatore dal prezzo della
vendita. Tutti questi elementi convogliano nell’indicare nella data di emissione del decreto di
trasferimento dell’immobile il dies a quo del termine trimestrale per il versamento e per la dichiarazione
ai fini ICI da parte del curatore fallimentare16. Accogliere la tesi sostenuta da una parte della dottrina 17
sulla riscossione del prezzo da parte del fallimento come termine di decorrenza iniziale per la
dichiarazione e versamento ICI, comporterebbe la mancata applicazione dell’imposta per il periodo che
va dal momento dell’incasso al decreto di trasferimento; il curatore avrà calcolato l’ICI fino alla data
dell’incasso e l’aggiudicatario non avrà il possesso dell’immobile fino al decreto di trasferimento per cui
sarà tenuto al pagamento dell’ICI soltanto da quella data.
4. LA BASE IMPONIBILE E LA NATURA DELLA NORM A
L’art. 10, comma 6 D.lgs. n. 504 del 1992 lascia aperto il problema fondamentale della scelta del
metodo di calcolo della base imponibile per gli immobili venduti nel corso della procedura concorsuale
dovendo optare tra i principi ordinari fissati dall’art. 5 D.lgs. n. 504 del 1992 e il prezzo di
aggiudicazione.
La Corte di cassazione, prima della sentenza n. 20575 del 2005, era intervenuta18 sull’argomento
della base imponibile ai fini ICI, anche se per il caso specifico di determinazione della base imponibile
ICI per le aree fabbricabili; il prezzo finale di aggiudicazione dei beni venduti nell’ambito della
procedura concorsuale soddisfa il requisito del valore venale in comune commercio richiesto dall’art. 5,
comma 5 D.lgs. n. 504 del 1992, in quanto la procedura è volta a perseguire interessi di carattere
pubblico e le vendite all’incanto dei beni sono tali da assicurare il miglior prezzo di realizzo dei beni
posti in vendita; d’altronde il giudice non è vincolato dai parametri indicati nella norma ma può
ricorrere ad altri parametri ritenuti adeguati ed idonei.
Si veda a tal proposito la sentenza della Corte di Cassazione n. 4760 del 10 dicembre 2002.
Ciò ai sensi del combinato disposto dell’art. 108 della legge fallimentare e dell’art. 586 del codice di procedura civile.
15 Aggiudicatario che in tale posizione può vantare solo un’aspettativa ad essere l’acquirente del bene.
16 Si veda la sentenza della Corte di Cassazione, Civile, sez. V, 1 settembre 2004, n. 17636 - ICI - Immobile compreso nel
fallimento - Versamento dell’imposta e presentazione della dichiarazione. Per un commento della sentenza S. Cinieri,
Osservatorio giurisprudenziale n. 123, in Fisco Oggi, Rassegna del 15 novembre 2004.
17 Si veda F. Brighenti, L’ICI nel fallimento, in Boll Trib n. 14/1993; F. Brighenti, Adempimenti tributari e responsabilità del
curatore fallimentare, Torino, 1996; F. Brighenti, L’ICI nel fallimento tra legge e panfiscalisti locali, in Il Fisco n. 35/04; Trib. Perugina,
decreto 12/02/93 in Il Fallimento n. 5/93.
18 Si veda la Cass. 24 settembre 2003 n. 14148 - Imposta comunale sugli immobili (ICI) - Immobili venduti nelle procedure
fallimentari - Base imponibili - Determinazione - Ai sensi dell'art. 5 d.lgs n. 504 del 1992 - Identificazione con il prezzo di
aggiudicazione - Affermazione – Fondamento. Per un breve commento si veda, Osservatorio Giurisprudenziale n. 74, in Fisco
Oggi, edizione del 20 ottobre 2003.
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Quest’intervento dei giudici di legittimità secondo cui i criteri indicati nell’art. 5 D.lgs. n. 504 del
1992 non sono né esaustivi né esclusivi e il prezzo di aggiudicazione corrisponde in principio a quello
effettivo di mercato – di cui al comma 5 dello stesso art. 5 – ha spinto una parte degli autori19 a
sostenere la tesi che la base imponibile dell’ICI, per gli immobili che ricadono nel fallimento, sia
collegata al prezzo di vendita. Tutto ciò sarebbe conforme al principio della capacità contributiva in
quanto il prezzo incassato è manifestazione di ricchezza; anche perché – sostiene questa parte della
dottrina - applicando i criteri di determinazione della base imponibile fissati dall’art. 5, si potrebbe
ottenere un valore maggiore rispetto al valore reale del bene, rappresentato dal prezzo di
aggiudicazione. Tale tesi, che non ci vede favorevoli (per le ragioni che indicheremo nella trattazione
della Cass. n. 20575 del 2005) è supportata dall’art. 44 T.U. 26 aprile 1986 n. 131, il quale prevede - in
materia di imposta di registro - che, nei casi di espropriazione forzata, la base imponibile è costituita dal
valore del bene determinato dal prezzo di successoria, fissato dall'art. 34 comma 6 T.U. 31 ottobre
1990, n. 346.
5. LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE 24 OTTOBRE 2005 N. 20575
Nella sentenza della Corte di cassazione n. 20575 del 2005, in commento, il fallimento N.S. ha
presentato ricorso contro la decisione di secondo grado della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia (CTR).
L’oggetto della controversia è la richiesta del fallimento N.S. di restituzione dell’ICI a suo avviso
pagata in eccesso, per un immobile di categoria D, venduto nell’ambito della procedura concorsuale. Il
fallimento N.S ha posto a fondamento della sua richiesta il ricorso all’applicazione del criterio contabile
per il calcolo della base imponibile – di cui all’art. 5 comma 3 del D.lgs. n. 504 del 1992 – anzichè del
prezzo di aggiudicazione, ai sensi dell’art. 10. Avendo il comune rigettato la richiesta il fallimento N.S.
ha proposto ricorso alla CTP che lo ha respinto. La sentenza è stata, poi, confermata anche dalla CTR
sull’assunto che l’art. 10 non ha alcuna attinenza per il calcolo della base imponibile ma è relativo
soltanto alla fase della riscossione dell’ICI.
Il fallimento N.S. ricorre in Cassazione articolando diversi motivi. In particolare sostiene la
violazione degli artt. 5 e 10 D.lgs. n. 504 del 1992, relativamente alla determinazione della base
imponibile degli immobili venduti in quanto, a suo avviso, non si applicherebbero i criteri di calcolo
dell’art. 5 bensì varrebbe il valore costituito dal prezzo di vendita. Il fallimento N.S. ha affermato, poi, la
violazione dell’art. 10 citato in quanto questo andrebbe letto in conformità al principio della capacità
contributiva sicché il tributo ICI sarebbe collegato alla ricchezza introitata con la vendita del bene,
escludendo l’applicazione di altri criteri o valori.
La Corte di cassazione condivide in pieno quanto deciso dalla CTR, in quanto la norma da
applicare per la determinazione della base imponibile è soltanto quella contenuta nell’art. 5 – rubricato
espressamente Base imponibile – criterio collegato al catasto, con l’eccezione dei fabbricati di categoria D
non ancora censiti, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati20. E’ questo l’unico
criterio per la determinazione della base imponibile dei fabbricati ai fini ICI e l’interprete non può
andare oltre a quanto previsto per legge21.
L’art. 10 D.lgs. n. 504 del 1992 è rubricato Versamenti e dichiarazioni e riguarda soltanto la fase
della presentazione della dichiarazione e del pagamento del tributo. Il comma 6 dell’art. 10 non fa alcun
cenno al metodo di determinazione della base imponibile il che conferma l’applicazione del criterio di
cui all’art. 5; indica invece il termine entro il quale va fatta la dichiarazione ed il termine entro il quale va
effettuato il pagamento dell’imposta nonché la fonte dalla quale attingere per effettuare il pagamento
dell’ICI (il prezzo di vendita).
F. Brighenti, L’ICI nel fallimento tra legge e panfiscalisti locali, in il Fisco n. 35/04.
Per l’esame approfondito dei vari criteri per la determinazione della base imponibile ai fini ICI si veda E. Piscino, Il calcolo
della base imponibile, ai fini ICI, degli immobili di categoria D – nota a sentenza della Cassazione, in Riv. s.s.e.f., n. 11 del 2005.
21 Per il divieto di cui all'art. 23 Cost., la cui portata induce a ritenere che gli elementi fondamentali del rapporto tributario
devono essere previsti esplicitamente per legge.
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Questa particolare disciplina del versamento, che crea un maxi periodo di imposta, si giustifica
perché fino a quando non viene ottenuto l’incasso derivante dalla vendita di quel bene, sarebbe del tutto
ingiustificato ed illogico pretendere il pagamento di una somma da prelevare da altri beni.
Il bene immobile compreso nel fallimento, continua la Suprema Corte, non è né un bene esente
né un bene escluso dall’imposta né un bene per il quale vale un criterio differente per la determinazione
della base imponibile. E’, semplicemente, un bene per il quale l’obbligo della dichiarazione e del
pagamento sorge nel momento in cui viene venduto, in quanto soltanto in quel momento viene ad
esistere la somma necessaria per fronteggiare l’imposta.
Il presupposto dell’ICI è il possesso del bene ed è lo stesso sia in una situazione di normale
titolarità che nell’ambito di una procedura concorsuale; per la Suprema Corte non esistono ragioni
giustificative, né sul piano della giustizia distributiva né sul piano razionale, per dover applicare una
diversità di trattamento per la determinazione della base imponibile trattandosi di fabbricato uguale a
tutti gli altri con l’unica differenza di essere ricompreso in una procedura concorsuale.
Era ed è necessaria, invece, una deroga per le modalità di pagamento e di dichiarazione, così
come è necessaria, per la Corte di cassazione, una particolare indicazione sui modi del prelievo per
evitare che si potesse attingere da altre fonti. In una situazione particolare come quella del fallimento
l’obbligo del pagamento può sorgere solo se quel bene è liquidato e si traduce in una somma.
In conclusione, quindi, il riferimento dell’art. 10 al prezzo di vendita ha una portata limitata e
riguarda solo la fase esecutiva dell’ICI non incidendo affatto sulla determinazione della base imponibile.
Per tutti questi motivi il ricorso del fallimento N.S. viene rigettato.
6. LE CONCLUSIONI
La Corte di cassazione con la sentenza in epigrafe ha affermato il principio secondo cui gli
immobili compresi nel fallimento sono regolarmente soggetti all’ICI e nessuna variazione interessa la
modalità di calcolo della base imponibile. L’obbligo della dichiarazione e del pagamento sorge, in capo
al curatore, soltanto nel momento della vendita del bene (con decorrenza del periodo dei tre mesi dalla
data del decreto di trasferimento), non avendo alcun obbligo in precedenza.
E’ pienamente condivisibile il principio affermato in questa sentenza dai giudici di Piazza
Cavour per il quale fabbricato che ricade nel fallimento non è un bene escluso o esente né un bene per
il quale è utilizzabile un criterio diverso di determinazione della base imponibile anche perché la (scarna)
normativa prevista in tema di ICI e fallimento è quella dell’art. 10, comma 6 D.lgs. n. 504 del 1992 che
come abbiamo detto è espressamente rubricato Versamenti e dichiarazioni e risulta quindi applicabile
l’unico principio fissato dal legislatore che è quello dei criteri fissati all’art. 5 – rubricato Base imponibile.
Il riferimento, nel comma 6 dell’art. 10, al prezzo di vendita deve essere interpretato, secondo il
pensiero condivisibile della Suprema Corte, alla luce della particolare fattispecie astratta, il fallimento, ed
ha una portata molto limitata riguardando solo la fase esecutiva ed attuativa del tributo ICI e non
incidendo sulla fase precedente della determinazione della base imponibile.
La condizione del fallito-proprietario dell’immobile ha rilevanza, quindi, ai fini dell’ICI, solo in
quanto la riscossione sia rinviata al momento in cui sarà riscosso il prezzo di vendita del bene mentre
non comporta alcuna variazione dei criteri per la determinazione della base imponibile.
Eugenio Piscino
Responsabile del Settore Finanziario del Comune di Gragnano
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