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Cambiare o sparire/2

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Cambiare o sparire/2
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Sped. in a.p.
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LaVita
Anno 117
I O R N A L E
l primo cambiamento che
si impone nel nostro tempo è quello teologico o,
se vogliamo, quello della
presentazione del messaggio, che rimane il compito
primario della missione affidata
alla chiesa, comunità escatologica
della salvezza. Lo impongono con
forza due motivazioni, una esterna
e una interna alla chiesa, che non
possono essere ignorate, ma che
devono, invece, essere prese pienamente sul serio, pena, altrimenti, venire clamorosamente meno
alla propria missione: la radicale
mutazione culturale avvenuta specialmente negli ultimi tempi e la
maturazione interna (largamente
legata al fenomeno precedente)
che ha caratterizzato la vita della
chiesa dal secolo scorso, con una
accelerazione consistente registrata prima e dopo il concilio Vaticano II. Due autentici scossoni che
hanno profondamente mutato il
quadro di riferimento e, in qualche
modo, lo stesso eterno messaggio
affidato alla chiesa per ripeterlo
agli uomini di tutte le generazioni
e di tutti i luoghi.
Per il primo si parla di cambiamento di paradigma, intendendo con questa parola il modello
culturale che ha dominato in una
determinata epoca e che poi, per
i profondi cambiamenti avvenuti,
ha dovuto lasciare il campo a un
nuovo modello di pensiero (e di
vita) profondamente diverso, non
di rado perfino contrario a quello
precedente. Si impone in questi
casi un processo di ripensamento che renda possibile l’ascolto e
l’accettazione di un insegnamento
che, nel caso nostro, è destinato
a tutti gli uomini. È il cosiddetto
processo di inculturazione, che
si ripete (deve ripetersi) in tutti
i passaggi registrati dalla storia.
Un’operazione delicata e sottile
da farsi con la massima attenzione, perché essa non diventi (e
nemmeno sembri) un tradimento del messaggio precedente, ma
semplicemente la condizione indispensabile perché questo arrivi
efficacemente agli uomini del proprio tempo. Il messaggio è sopra
tutte le culture ed è traducibile in
ciascuna di esse. Non si dimentichi
quanto fece l’evangelista Giovanni
introducendo nello sesso messaggio
rivelato il termine Logos (Verbo),
che certo non apparteneva all’insegnamento di Gesù.
Impossibile dire in poche parole
le caratteristiche fondamentali del
nostro tempo, come si dice postmoderno, sia che esso venga concepito come un risultato ulteriore
della modernità, sia che (più opportunamente) venga classificato
come una reazione alle esagerazioni di essa (si pensi soltanto alle
esasperazioni del razionalismo).
Quanto afferma A. Torres Queiru-
C A T T O L I C O
ga (forse il teologo più benemerito
in questa operazione di aggiornamento), che classifica l’attuale
paradigma come “oggettivista,
astorico, presecolare”, avrebbe
bisogno di essere sviluppato, ma
centra certamente alcuni aspetti
caratteristici del nostro tempo.
Comunque, ognuno, secondo la
propria esperienza e le proprie
capacità, può farsi una qualche
idea del passaggio a cui abbiamo assistito e a cui dobbiamo ora
adeguare i nostri atteggiamenti e i
nostri pensieri. A questo passaggio
alludeva papa Giovanni, quando,
nel discorso inaugurale del concilio, distingueva fra sostanza del
messaggio (che non cambia) e la
sua formulazione (che non soltanto cambia, ma deve cambiare).
Ma c’è un altro passaggio di cui
dobbiamo tener conto nella predicazione della chiesa: il progresso
nella comprensione della Parola
di Dio che, sotto la guida dello
Spirito Santo e l’urto dei segni dei
tempi, avviene continuamente
(ed è avvenuto fortissimamente in
questi ultimi decenni) all’interno di
essa, per mezzo del “sensus fidei”
del popolo di Dio e dell’opera dei
teologi, dell’esperienza mistica,
dell’insegnamento di coloro che,
nella chiesa, hanno ricevuto il “carisma certo della verità” (cf. Dei
Verbum n. 8). Così la famosa frase
di papa Giovanni va ora completata con le parole di questo testo
fondamentale del concilio.
Cosa è successo nel campo della
fede è ora sotto gli occhi di tutti:
non c’è più un argomento, men
che mai un trattato, di teologia
che sia rimasto invariato rispetto
al passato, ma che, nella fedeltà
più assoluta alla consegna ricevuta, ha subito profonde mutazioni
nelle parole e nella presentazione:
oggettivamente almeno, pecca, e
non soltanto superficialmente, chi
non ne tiene conto. C’è il rischio
tutt’altro che remoto di recare
un danno irrimediabile (o quasi)
in coloro che ascoltano e che si
allontanano, forse per sempre,
T O S C A N O
PAGINA 2
e1,10
1,10
e
Cambiare
o sparire/2
disgustati e scandalizzati. Il grido
di san Paolo (“Guai a me se non
evangelizzerò”) va completato
con le parole corrispondenti alle
riflessioni che precedono: “Guai
a me se non evangelizzerò nella
maniera giusta”. La Parola di Dio
è troppo preziosa per poter essere
sciupata dalla nostra mediocrità.
Nessuno sforzo da parte nostra
va tralasciato perché essa risuoni
in tutta la sua bellezza e brilli in
tutto il suo splendore per coloro
che l’ascoltano. La responsabilità dei maestri, dei predicatori,
dei catechisti è enorme. Nessuno
scoraggiamento è concesso, però
nemmeno nessun atteggiamento
passivo, di routine, di pigrizia, di
rassegnazione, di negligenza e di
trascuratezza.
Giordano Frosini
JOBS ACT, LIMITI
E PROSPETTIVE
ESORTAZIONE
APOSTOLICA DEL PAPA
Diretta a tutti i cristiani in particolare
ai ministri ordinati e ai catechisti.
L’invito alla missionarietà e all’impegno
19 GENNAIO 2014
GIORNATA
DELLE MIGRAZIONI
Il dovere dei cristiani verso tutte
le popolazioni colpite dalla fame
e dalla guerra
PAGINA 4
SETTIMANA PER L'UNITA'
DEI CRISTIANI
Per tutte le confessioni cristiane si
impone un cammino diretto verso
Cristo. È in lui e nel suo vangelo che i
cristiani sparsi potranno ritrovare l’unità
PAGINA 5
Smuove le acque il richiamo del
segretario del Pd Renzi
per sostenere il rilancio industriale
PAGINA 13
CANNABIS LIBERA?
Il dissenso dei cattolici
PAGINA 14
LA MORTE DI SHARON
Dopo 8 anni di coma, è morto l'ex
Presidente di Israele Ariel Sharon.
Un fiero e duro
guerriero
che in ultimo
ha lavorato
per la pace
PAGINA 15
2
primo piano
n. 2 19 Gennaio 2014
L'esortazione
apostolica
di Papa Francesco
è particolarmente
diretta a tutti gli
operatori di pastorale:
in particolare ai
ministri ordinati
e ai catechisti
Un invito alla
missionarietà
e all’impegno
EVANGELII GAUDIUM
Tentazioni
degli
operatori
pastorali
S
ento una gratitudine immensa per l’impegno di tutti
coloro che lavorano nella
Chiesa. Non voglio soffermarmi ora ad esporre le attività dei
diversi operatori pastorali, dai vescovi fino al più umile e nascosto dei
servizi ecclesiali. Mi piacerebbe piuttosto riflettere sulle sfide che tutti
loro devono affrontare nel contesto
dell’attuale cultura globalizzata. Però,
devo dire in primo luogo e come dovere di giustizia, che l’apporto della
Chiesa nel mondo attuale è enorme.
Il nostro dolore e la nostra vergogna
per i peccati di alcuni membri della
Chiesa, e per i propri, non devono
far dimenticare quanti cristiani danno la vita per amore: aiutano tanta
gente a curarsi o a morire in pace in
precari ospedali, o accompagnano le
persone rese schiave da diverse dipendenze nei luoghi più poveri della
Terra, o si prodigano nell’educazione
di bambini e giovani, o si prendono
cura di anziani abbandonati da tutti,
o cercano di comunicare valori in
ambienti ostili, o si dedicano in molti
altri modi, che mostrano l’immenso
amore per l’umanità ispiratoci dal
Dio fatto uomo. Ringrazio per il
bell’esempio che mi danno tanti
cristiani che offrono la loro vita
e il loro tempo con gioia. Questa
testimonianza mi fa tanto bene e
mi sostiene nella mia personale
aspirazione a superare l’egoismo per
spendermi di più.
Ciononostante, come figli di
questa epoca, tutti siamo in qualche
modo sotto l’influsso della cultura
attuale globalizzata, che, pur presentandoci valori e nuove possibilità,
può anche limitarci, condizionarci e
persino farci ammalare. Riconosco
che abbiamo bisogno di creare
spazi adatti a motivare e risanare
gli operatori pastorali, «luoghi in
cui rigenerare la propria fede in
Gesù crocifisso e risorto, in cui
condividere le proprie domande
più profonde e le preoccupazioni
del quotidiano, in cui discernere in
profondità con criteri evangelici sulla
propria esistenza ed esperienza, al
fine di orientare al bene e al bello le
proprie scelte individuali e sociali».
Al tempo stesso, desidero richiamare
l’attenzione su alcune tentazioni che
specialmente oggi colpiscono gli
operatori pastorali.
Sì alla sfida
di una spiritualità
missionaria
Oggi si può riscontrare in molti
operatori pastorali, comprese persone consacrate, una preoccupazione
esagerata per gli spazi personali
di autonomia e di distensione, che
porta a vivere i propri compiti come
una mera appendice della vita, come
se non facessero parte della propria
identità. Nel medesimo tempo, la
vita spirituale si confonde con alcuni
momenti religiosi che offrono un
certo sollievo ma che non alimentano
l’incontro con gli altri, l’impegno nel
mondo, la passione per l’evangelizzazione. Così, si possono riscontrare in
molti operatori di evangelizzazione,
sebbene preghino, un’accentuazione
dell’individualismo, una crisi d’identità
e un calo del fervore. Sono tre mali
che si alimentano l’uno con l’altro.
La cultura mediatica e qualche ambiente intellettuale a volte
trasmettono una marcata sfiducia
nei confronti del messaggio della
Chiesa, e un certo disincanto. Come
conseguenza, molti operatori pastorali, benché preghino, sviluppano
una sorta di complesso di inferiorità,
che li conduce a relativizzare o ad
occultare la loro identità cristiana
e le loro convinzioni. Si produce
allora un circolo vizioso, perché
così non sono felici di quello che
sono e di quello che fanno, non si
sentono identificati con la missione
evangelizzatrice, e questo indebolisce
l’impegno. Finiscono per soffocare
la gioia della missione in una specie
di ossessione per essere come tutti
gli altri e per avere quello che gli
altri possiedono. In questo modo il
compito dell’evangelizzazione diventa
forzato e si dedicano ad esso pochi
sforzi e un tempo molto limitato.
Si sviluppa negli operatori pastorali, al di là dello stile spirituale o della
peculiare linea di pensiero che possono avere, un relativismo ancora più
pericoloso di quello dottrinale. Ha a
che fare con le scelte più profonde e
sincere che determinano una forma
di vita. Questo relativismo pratico
consiste nell’agire come se Dio non
esistesse, decidere come se i poveri
non esistessero, sognare come gli altri non esistessero, lavorare come se
quanti non hanno ricevuto l’annuncio
non esistessero. È degno di nota il fatto che, persino chi apparentemente
dispone di solide convinzioni dottrinali e spirituali, spesso cade in uno
stile di vita che porta ad attaccarsi
a sicurezze economiche, o a spazi
di potere e di gloria umana che ci si
procura in qualsiasi modo, invece di
dare la vita per gli altri nella missione.
Non lasciamoci rubare l’entusiasmo
missionario!
No all’accidia
egoista
Quando abbiamo più bisogno di
un dinamismo missionario che porti
sale e luce al mondo, molti laici temono che qualcuno li inviti a realizzare
qualche compito apostolico, e cercano di fuggire da qualsiasi impegno che
possa togliere loro il tempo libero.
Oggi, per esempio, è diventato molto
difficile trovare catechisti preparati
per le parrocchie e che perseverino
nel loro compito per diversi anni.
Ma qualcosa di simile accade con i
sacerdoti, che si preoccupano con
ossessione del loro tempo personale. Questo si deve frequentemente
al fatto che le persone sentono il
bisogno imperioso di preservare i
loro spazi di autonomia, come se un
compito di evangelizzazione fosse
un veleno pericoloso invece che una
gioiosa risposta all’amore di Dio che
ci convoca alla missione e ci rende
completi e fecondi.Alcuni fanno resistenza a provare fino in fondo il gusto
della missione e rimangono avvolti in
un’accidia paralizzante.
Il problema non sempre è l’eccesso di attività, ma soprattutto
sono le attività vissute male, senza
le motivazioni adeguate, senza una
spiritualità che permei l’azione e la
renda desiderabile. Da qui deriva
che i doveri stanchino più di quanto
sia ragionevole, e a volte facciano
ammalare. Non si tratta di una fatica
serena, ma tesa, pesante, insoddisfatta
e, in definitiva, non accettata. Questa
accidia pastorale può avere diverse
origini. Alcuni vi cadono perché
portano avanti progetti irrealizzabili
e non vivono volentieri quello che
con tranquillità potrebbero fare. Altri, perché non accettano la difficile
evoluzione dei processi e vogliono
che tutto cada dal cielo. Altri, perché
si attaccano ad alcuni progetti o a
sogni di successo coltivati dalla loro
vanità.Altri, per aver perso il contatto
reale con la gente, in una spersonalizzazione della pastorale che porta
a prestare maggiore attenzione
all’organizzazione che alle persone,
così che li entusiasma più la “tabella
di marcia” che la marcia stessa. Altri cadono nell’accidia perché non
sanno aspettare, vogliono dominare
il ritmo della vita. L’ansia odierna di
arrivare a risultati immediati fa sì che
gli operatori pastorali non tollerino
facilmente il senso di qualche contraddizione, un apparente fallimento,
una critica, una croce.
Così prende forma la più grande
minaccia, che «è il grigio pragmatismo
della vita quotidiana della Chiesa, nel
quale tutto apparentemente procede
nella normalità, mentre in realtà la
fede si va logorando e degenerando nella meschinità». Si sviluppa la
psicologia della tomba, che poco a
poco trasforma i cristiani in mummie da museo. Delusi dalla realtà,
dalla Chiesa o da se stessi, vivono la
costante tentazione di attaccarsi a
una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadronisce del cuore
come «il più prezioso degli elisir del
demonio». Chiamati ad illuminare e
a comunicare vita, alla fine si lasciano
affascinare da cose che generano
solamente oscurità e stanchezza interiore, e che debilitano il dinamismo
apostolico. Per tutto ciò mi permetto
di insistere: non lasciamoci rubare la
gioia dell’evangelizzazione!
No al pessimismo
sterile
La gioia del Vangelo è quella
che niente e nessuno ci potrà mai
togliere (cfr Gv 16,22). I mali del
nostro mondo – e quelli della Chiesa
– non dovrebbero essere scuse per
ridurre il nostro impegno e il nostro
fervore. Consideriamoli come sfide
per crescere. Inoltre, lo sguardo
di fede è capace di riconoscere la
luce che sempre lo Spirito Santo
diffonde in mezzo all’oscurità, senza
dimenticare che «dove abbondò
il peccato, sovrabbondò la grazia»
(Rm 5,20). La nostra fede è sfidata
a intravedere il vino in cui l’acqua
può essere trasformata, e a scoprire
il grano che cresce in mezzo della
zizzania.A cinquant’anni dal Concilio
Vaticano II, anche se proviamo dolore
per le miserie della nostra epoca e
siamo lontani da ingenui ottimismi, il
maggiore realismo non deve significare minore fiducia nello Spirito né
minore generosità. In questo senso,
possiamo tornare ad ascoltare le
parole del beato Giovanni XXIII in
quella memorabile giornata dell’11
ottobre 1962: «Non senza offesa per
le Nostre orecchie, ci vengono riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi
Vita
La
di zelo per la religione, valutano però
i fatti senza sufficiente obiettività
né prudente giudizio. Nelle attuali
condizioni della società umana essi
non sono capaci di vedere altro
che rovine e guai [...] A Noi sembra
di dover risolutamente dissentire
da codesti profeti di sventura, che
annunziano sempre il peggio, quasi
incombesse la fine del mondo. Nello
stato presente degli eventi umani,
nel quale l’umanità sembra entrare
in un nuovo ordine di cose, sono
piuttosto da vedere i misteriosi
piani della Divina Provvidenza, che si
realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso
al di là delle loro aspettative, e con
sapienza dispongono tutto, anche le
avverse vicende umane, per il bene
della Chiesa».
Una delle tentazioni più serie che
soffocano il fervore e l’audacia è il
senso di sconfitta, che ci trasforma
in pessimisti scontenti e disincantati
dalla faccia scura. Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo
non confida pienamente nel trionfo.
Chi comincia senza fiducia ha perso
in anticipo metà della battaglia e
sotterra i propri talenti. Anche se
con la dolorosa consapevolezza
delle proprie fragilità, bisogna andare
avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san
Paolo: «Ti basta la mia grazia; la forza
infatti si manifesta pienamente nella
debolezza» (2 Cor 12,9). Il trionfo
cristiano è sempre una croce, ma
una croce che al tempo stesso è
vessillo di vittoria, che si porta con
una tenerezza combattiva contro gli
assalti del male. Il cattivo spirito della
sconfitta è fratello della tentazione
di separare prima del tempo il grano
dalla zizzania, prodotto di una sfiducia ansiosa ed egocentrica.
È evidente che in alcuni luoghi
si è prodotta una “desertificazione”
spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza
Dio o che distruggono le loro radici
cristiane. Lì «il mondo cristiano sta
diventando sterile, e si esaurisce,
come una terra supersfruttata che
si trasforma in sabbia». In altri Paesi,
la resistenza violenta al cristianesimo
obbliga i cristiani a vivere la loro fede
quasi di nascosto nel Paese che amano. Questa è un’altra forma molto
dolorosa di deserto.Anche la propria
famiglia o il proprio luogo di lavoro
possono essere quell’ambiente arido
dove si deve conservare la fede e
cercare di irradiarla. Ma «è proprio
a partire dall’esperienza di questo
deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la gioia di
credere, la sua importanza vitale per
noi, uomini e donne. Nel deserto si
torna a scoprire il valore di ciò che è
essenziale per vivere; così nel mondo
contemporaneo sono innumerevoli
i segni, spesso manifestati in forma
implicita o negativa, della sete di
Dio, del senso ultimo della vita. E
nel deserto c’è bisogno soprattutto
di persone di fede che, con la loro
stessa vita, indichino la via verso la
Terra promessa e così tengono viva
la speranza». In ogni caso, in quelle
circostanze siamo chiamati ad essere
persone-anfore per dare da bere agli
altri. A volte l’anfora si trasforma in
una pesante croce, ma è proprio
sulla Croce dove, trafitto, il Signore
si è consegnato a noi come fonte di
acqua viva. Non lasciamoci rubare
la speranza!
Vita
La
19 gennaio 2014
“I
rene ha gli occhi
tondi dei pesci, degli uccelli, dei mammiferi. Neanche nel
sorriso accennano alla piega obliqua.
È orfana, ha quattordici anni e presto
partorisce.
Vive in una stanza che era di
stalla per l’asino e ora è per lei. Il
proprietario è partito per l’Australia.
La casa è in affitto a una coppia olandese, tutto l’anno, la stalla è per Irene.
C’è un letto di pietra e un materasso
di foglie secche di cespuglio.
Crescono pochi alberi, bassi per
via del vento che li piega. Stanno
ancorati al suolo con le radici che
s’attorcigliano alle pietre.
Se sradicati mostrano all’aria la
sconfitta della loro presa”.
Inizia così il lungo racconto di
Erri De Luca, che ogni volta –di fronte alle sue pagine- ci costringe a parlare di lui e a fermarci un poco, per
tentare di capire il tutto, affascinante
nel suo porsi, con la molteplicità dei
messaggi che cerca di proiettare in
un vissuto sempre precario e difficoltoso; riferire puntualmente il testo è
soltanto un bisogno di inquadrare, in
modo preciso, questo mondo narrativo, con la protagonista adolescente
Irene, salvata in mare dai delfini, che
di giorno vive in terraferma e di
notte si unisce alla sua vera famiglia
“La storia di Irene” di Erri De Luca
Tra sogno e poesia
Lo scrittore napoletano ci regala pagine
intense, coinvolgenti e ricche di misteri
di Angelo Rescaglio
in mare: siamo tra le isole greche,
dove gli uomini “ripartono per l’emigrazione”… Da giovani lavorarono a
bordo di navi mercantili, sbarcarono
in Australia di notte, abbandonando
il turno…
Sono stati braccati, hanno usato
ogni risorsa, dall’umiltà al coltello…”.
Il testo, presentato sempre in
prima persona, completa, tra storia
e attualità, il racconto: “Abbiamo la
stessa età, la stessa dose di fortuna
che ci permette un sorso di vino sulla
terrazza di un’isola greca. Tornare
adesso all’emigrazione è un salto nel
buio, meno profondo, in cambio più
amaro. Essere espulsi due volte fa
male alle ossa. Il Mediterraneo per
noi è un buttafuori”.
Irene consegnerà ad uno straniero, lì di passaggio, la sua storia e lui
raccoglierà storie.
I
n un assolato mattino di giugno del 1963 a Mosca in via
Pesciànaya moriva, sul pianerottolo delle scale vicino alla
porta aperta di casa, Nazim
Hikmet. Chissà? Forse non avrebbe
mai immaginato di morire così uno
tra i più importanti poeti dell’epoca moderna, certo è che nei versi
della poesia “Il mio funerale” scritta
appena un mese prima, c’era stata
la volontà di metter su carta la consapevolezza di un evento inevitabile
e che, prima o poi, il suo cuore
malandato non ce l’avrebbe fatta.
Quelle strofe svincolate da ogni
regola poetica, però erano anche
un inno alla vita, una grande fede
nella libertà, la brama e l’affanno
di continuare a sentirsi liberi. Figlio
di un diplomatico e di una pittrice
amante della poesia francese Nazim Hikmet nasce a Salonicco nel
1902 ed è annoverato tra uno dei
maggiori poeti turchi che tradotto
in moltissime lingue ha conosciuto
grande notorietà anche in Occidente. Abilissimo ad utilizzare la tecnica
dei versi liberi scrive i suoi primi
testi all’età di quattordici anni e a
diciassette appare su di una rivista
U
3
n. 2
scita numero diciotto
per la collana Le Streghe, presenze poetiche
pistoiesi, curata da
Fabrizio Zollo per le Edizioni Via
del Vento.
Dopo i precedenti volumetti dedicati a scrittori, scultori, architetti,
poeti, pittori e giornalisti pistoiesi,
è ora la volta del giornalista e
scrittore Tiziano Terzani (Firenze,
14 settembre 1938-Orsigna (Pistoia), 28 luglio 2004).
Alen Loreti, che ha curato la redazione del volumetto che raccoglie
tre prose sulla pace, rileva che
“qualificare Terzani è difficile.
Invece di giudicarlo per ciò che
ha lasciato è necessario capire
quanto egli abbia assorbito della
Dietro la convinzione che “più
sono buone le cause, più scarse le
forze di chi deve servirle”, Irene
racconta la sua storia dai primi anni,
accanto al pope e poi nel clima di
indifferenza maturato, con accenni
ai drammi della storia, in quelle terre
(“I regni, i governi hanno piantato
prigioni nelle isole del Mediterraneo.
Il mare per loro è un guardiano aggiunto alle sbarre”), spettacolo pure
di guerre, nella convinzione che “La
guerra moderna ha ammazzato più
vite in abiti civili che in divisa…I
Greci hanno perduto venticinque
cittadini per ogni soldato ucciso”;
ma tutto appartiene alle “capriole del
millenovecento…”.
La storia di Irene, un mondo di
sogno, si arricchisce di tante frasi ad
effetto, in quella letteratura di De
Luca che non dimentica mai letture
bibliche e attenzioni alla natura (“‘A
contare i miei giorni così fammi
sapere’…è il verso del mattino.
Rimasto in bocca da un salmo di
Davide”; “…in natura esiste il sì e il
no. Succedono, si danno sulla voce,
si scacciano, coincidono, si litigano
il mondo”).
A pagina 35, quella espressione
“Dacci oggi il pane di tutti i giorni…
una misura difficile per noi di terra
che raccogliamo in un giorno quello
che deve bastare a lungo” mi ha fatto
ricordare le pagine di “In nome della
madre”, sempre di Erri De Luca che
non ho più dimenticato, proprio “Il
Canto di pastori”; sullo sfondo una
eterna storia di delfini, con cui Irene
ha costruito la sua vicenda fantastica:
“E’ la bellezza pura che sta entrando
in mare, illesa da lusinghe di futuro,
senza un saluto indietro, come un
serpente con la vecchia pelle”.
La storia di mezzo, sul padre
e la guerra, mi ha profondamente
coinvolto: un “ateo di guerra per
evidente incompatibilità tra un Dio e
la malora vista in Terra” e un anziano
ebreo che recita “Ecco io mando un
Nazim Hikmet
il poeta rivoluzionario
di Alessandro Orlando
la sua prima pubblicazione.
Studia sociologia presso l’università di Mosca dove scopre i testi
della rivoluzione sovietica e di Marx.
Conosce Lenin e Majakovskij poeta
e drammaturgo sovietico che ha su
di lui una grande influenza.
Hikmet ha trentasei anni quando viene accusato di incitamento
alla ribellione contro le violenze
e le repressioni del leader turco
Kemal Ataturk e condannato a 28
anni di carcere (28 anni e 4 mesi
per la precisione). Nel 1949 una
commissione internazionale della
quale facevano parte anche Pablo
Picasso, Pablo Neruda e Jean Paul
Sartre interviene per favorirne la
scarcerazione. Il poeta liberato un
anno dopo e sotto la minaccia di un
nuovo arresto riesce ad espatriare
clandestinamente e raggiungere
Mosca dove scrive numerose raccolte di poesie.
Hikmet, il poeta che non
ha mai trovato nel suo paese un editore disposto a
stampare le sue opere, si
reca spesso in Italia, paese
che ama particolarmente,
dove incontra il favore della critica e viene pubblicato da diverse case editrici
tra le quali Einaudi, Mondadori e Sansoni. Di questo poeta rivoluzionario
tra i più celebri del nostro
tempo ci rimangono i versi
immortali che compongono un itinerario creativo
svincolato da inutili orpelli,
ma intensamente forte nel
trasmettere il messaggio
dell’amore, della libertà e, come ap-
Un nuovo successo
per il poeta pistoiese
Simone Magli
Solo con metafore riesco
a parlare con l’anima
e sono strazi biascicati
di un uomo che non sa
come usare le ali.
pare in moltissime sue poesie, della
bellezza della vita.
Ricordo del giornalista
scrittore Tiziano Terzani
Uscita numero 18 per “Le Streghe”
di Franco Benesperi
prove di un uomo perennemente
inquieto, affamato di sapere, libero
dai dogmi e assetato di giustizia.
Un uomo che con la parola lotta
contro il pregiudizio e il potere,
che rivendica un’autonomia che
più di una volta gli costa cara
e che rifiutando di porsi come
maestro o guida, coltiva il ficcante
Poeti
Contemporanei
Solo con
metafore
EDIZIONI VIA DEL VENTO
vita. In questo senso la frase che
Bertrand Galland usò per definire
l’opera del grande viaggiatore e
iconografo svizzero Nicolas Bouvier è perfetta: «creare in sé l’ospitalità per ciò che ti è superiore».
L’immensa biblioteca, la collezione
di oggetti da ogni paese, lo sterminato archivio fotografico, sono
messaggero innanzi a te per custodirti nel cammino e per farti venire
al luogo che ho stabilito”… scorre
un dialogo che riconduce a destini di
vita, dopo le tensioni del male.
La terza porzione di queste pagine sa di poesia e corre lungo questa
convinzione: “C’è competizione nel
caos, una cosa molto stupida”, ha
scritto un poeta riporta Erri De Luca;
ma annota subito che non è così:“…
la rissa per vivere, dalla corsa degli
spermatozoi fino alla scomposta
salvezza da un naufragio, era fuga,
furia, affanno, fortuna e molto di più,
ma stupida no”.
ruolo di ricercatore, di seminatore
di dubbi e domande”.
La collana quadrimestrale Le
Streghe è distribuita nelle migliori
librerie, mentre per curiosità e
maggiori informazioni è consultabile il sito della casa editrice
pistoiese all’indirizzo www.viadelvento.it.
Con queste rime, il nostro concittadino Simone Magli, si è aggiudicato il primo premio nella sezione
poesia del concorso multiartistico
“Isola del Postino”, edizione 2013.
Da quanto ci ha riferito Simone, l’opera nasce da un bisogno
indivuale ed allo stesso tempo
universale. Il poeta infatti, attraverso un’introspezione individuale
riesce a trovare dei sentimenti
condivisibili con l’umanità. Il premio, che ha i propri natali sull’isola
dove fu ambientato il film “Il
Postino”, ha permesso all’artista
pistoiese di rivivere le sensazioni
che il film stesso gli aveva suscitato durante la visione. Non è un
caso che nel titolo della poesia,
sia utilizzata la parola metafora.
E’ infatti, attraverso termini come
metafora che nasce un connubio
fra l’uomo e la poesia. L’attività
poetica ed artistica di Simone non
si ferma qui, e per qualsiasi aggiornamento potete visitare il blog
www.simonemagli.blogspot.it
M.P.
4
attualità ecclesiale
Il dovere dei cristiani
verso tutte le
popolazioni colpite
dalla fame e dalla
guerra. Una nostra
intervista a
monsignor Francesco
Montenegro,
arcivescovo di
Agrigento, presidente
della la Commissione
episcopale per le
migrazioni e la
Fondazione Migrantes
di Patrizia Caiffa
“N
oi cristiani dobbiamo cavalcare
la profezia e avere il coraggio di
andare controcorrente. Dobbiamo
ricordarci che i migranti sono uomini e anche per loro Cristo è morto.
La profezia è sempre scomoda.
Dobbiamo renderci conto che il
Vangelo ci chiede di schierarci sempre dalla parte degli ultimi”. Questo
l’appello di monsignor Francesco
Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione
episcopale per le migrazioni e della
Fondazione Migrantes, in vista della
Giornata mondiale del migrante e
del rifugiato che la Chiesa celebra in
tutto il mondo il 19 gennaio.
Nel messaggio per la Giornata, intitolato “Migranti
e rifugiati: verso un mondo
migliore”, Papa Francesco
invita a una conversione
degli atteggiamenti nei confronti dei migranti: al posto
della cultura dello scarto, la
cultura dell’incontro. Che ne
pensa?
“Già il titolo del messaggio è
significativo: il Papa ci invita non solo
a prendere atto di una situazione
ma a proiettarsi in avanti verso un
mondo migliore. Noi siamo molto
sulle difensive riguardo al discorso
delle migrazioni. Papa Francesco
ci chiede di avere il coraggio di superare questa cultura dello scarto
e cominciare a pensare a come il
mondo può migliorare se si è attenti ad uno sviluppo autentico. Ci
ricorda che gli immigrati non sono
pedine e non sono solo numeri. Con
i poveri le statistiche non si possono
fare. Ogni immigrato è un volto, una
storia. Oramai, con 250 milioni di
persone che si spostano, i migranti
costituiscono quello che chiamano
‘il sesto continente’. E’ qualcosa di
cui tener conto”.
Il Papa chiede poi di gestire “in modo nuovo, equo
ed efficace” le migrazioni,
indicando due strumenti: la
cooperazione internazionale e la solidarietà. Vuol dire
che finora non è stato fatto
abbastanza?
“Siamo consapevoli che finora
non è stato fatto abbastanza. Ancora oggi continuiamo a guardare
al Sud del mondo con logiche di
colonizzazione. Se gli immigrati
vengono qui è perché ci stanno
chiedendo gli interessi di un gioco
Vita
La
n. 2 19 Gennaio 2014
GIORNATA DELLE MIGRAZIONI
“Il sesto continente
bussa alle porte:
dobbiamo cooperare”
che noi abbiamo fatto a spese loro.
Come si fa a dire che l’Africa è un
Paese povero quando l’Africa è un
Paese ricco, che ha tutte le materie
che a noi mancano. Noi andiamo
lì a prenderle e loro continuano a
restare poveri. Noi continuiamo ad
essere i popoli ‘ricchi’ che decidono
le sorti del mondo. Una cosa è colonizzare, un’altra è cooperare. Fino
a quando ci saranno divari tra Paesi
ricchi e poveri, e tra poveri e ricchi
all’interno di un Paese, non ci sarà
mai cooperazione. Cooperazione
è dire: io ti do quello che posso e
che ho, tu mi dai quello che puoi e
che hai. Purtroppo nel gestire i flussi
dobbiamo tenere conto sia delle
nostre esigenze, perché la nostra
economia ha bisogno degli immigrati, sia dei problemi che ci sono
dall’altra parte del mare. Bisogna
che i Paesi ricchi li aiutino perché
questa gente non fugga da conflitti e
miseria. Ma sembra che tutto questo
interesse non ci sia”.
Papa Francesco evidenzia
poi la necessità di superare
paure, pregiudizi, precomprensioni, con un appello
ai media a smascherare gli
stereotipi e offrire una informazione corretta. Una
grande responsabilità...
“I media hanno delle grandi responsabilità perché fomentano l’idea
della paura e nella mente della gente
l’immigrato è uguale ad un criminale.
Ma ricordiamo che chi arriva qui è
sempre il più forte perché deve sopravvivere a viaggi lunghi, al deserto,
a torture. Quindi arrivano i migliori,
non i peggiori. Dobbiamo evitare di
fare il rapporto criminalità-immigrazione-malattie perché creare paure
è creare distanze e continueremo
a non vedere. Anche perché tante
situazioni di lavoro nero e sfrutta-
mento a noi fanno comodo perché
ne traiamo profitto. Ci sono dei
giochi equivoci da parte nostra: non
li vogliamo però li sfruttiamo”.
Però il video che denunciava le condizioni del centro
di Lampedusa è stato un
servizio utile. Cosa pensa
di quanto sta avvenendo a
seguito di quel servizio?
“Sì è stato utile. Ma perché si è
gridato allo scandalo solo quando è
stato visto il video e quando sono
morte 300 persone? Perché a noi
fa comodo creare emozioni e avere
reazioni immediate che non sono
più gestibili. A noi non era permesso entrare nel centro. Ma è chiaro
che un centro di quel tipo non può
mantenere lì le persone per mesi,
senza fare niente. Deve essere un
centro di passaggio per due o tre
giorni. E’ diversa l’accoglienza nella
terraferma o in una isoletta. I gestori
hanno la loro importanza ma bisogna cambiare la modalità di gestione.
Il problema è che noi gestiamo le
cose sociali al ribasso: ma gli uomini
non sono oggetti”.
Cosa dovrebbe fare la
politica?
“La politica deve avere il coraggio. Nessuno può fermare il vento
e la storia. Non si può pensare improvvisamente di chiudere le porte.
Perché la storia e la geografia ci dicono che quei poveri hanno bisogno
di vivere e sopravvivere. La politica
deve prenderne atto e smettere di
affrontare questo fatto semplicemente come una emergenza”.
LA DOMENICA DEL PAPA
Nomina di 19 cardinali
e battesimo di 32 neonati
19 cardinali nominati da Papa Francesco. Pochi
italiani tra questi, fra i quali ricordiamo l’amico
fiorentino Gualtiero Bassetti, da qualche tempo
arcivescovo di Perugia. E’ stato detto che Papa
Francesco nomina chi non se l’aspetta e almeno
momentaneamente lascia in disparte coloro che
tradizionalmente ricoprono cattedre diocesane
di tradizione cardinalizia, come Venezia e Torino.
Egli prosegue per la sua strada ed è difficile in
questo momento prevedere quali saranno le
sue mosse future. Evidentemente sta pensando
anche alle cariche della Conferenza episcopale
italiana, che è già stata privata del suo segretario
monsignor Crociata, provvisoriamente sostituito
dal vescovo di Cassano all’Ionio, Nunzio Galantino. Una mossa che lascia prevedere ulteriori
interventi.
Intanto è facile constatare la volontà di scardinare il gioco delle cordate, che fino ad ora hanno
piazzato i loro candidati anche nelle sedi più
prestigiose. Se questo è vero, siamo dinanzi a una
linea di pensiero e di azione che non possiamo
non condividere.
Tre nuovi porporati tra cui il segretario di Papa
Giovanni, monsignor Loris Capovilla, sono ultra
ottantenni, quindi non potranno partecipare a
eventuali nuovi conclavi. Sono rappresentate nuove regioni dell’Africa e dell’Asia che non hanno
mai figurato finora nel collegio cardinalizio, come
Haiti e l’isola filippina di Mindanao.
La rivista bolognese “Settimana” ha pubblicato
un comunicato che riportiamo letteralmente:“La
nomina di Nunzio Galantino, vescovo di Cassano
allo Jonio (Calabria), a segretario generale ad
interim (30 dicembre) costituisce una ulteriore
accelerazione alla riforma della Conferenza epi-
scopale italiana. La nomina di Mariano Crociata
a vescovo di Latina e l’entrata di G. Bassetti,
vescovo di Perugia-Città della Pieve, alla Congregazione dei vescovi in coincidenza con l’uscita
del cardinal A. Bagnasco indicano come realistica
la previsione di un cambiamento degli statuti in
occasione dell’Assemblea generale del prossimo
maggio e, forse, la nomina elettiva del nuovo
presidente nell’assemblea straordinaria prevista
per novembre. Noto per la cordialità del suo
esercizio pastorale, monsignor Galantino ha alle
sue spalle studi significativi in ordine all’antropologia teologica e a figure come D. Bonhoeffer e A.
Rosmini.A lui si deve il riordino della formazione
teologica in Italia”.
Pubblichiamo l’elenco completo degli eletti: Pietro Parolin, 58 anni; Jean Pierre Kutwa, 68 anni;
Orlando Quevedo, 74 anni; Lorenzo Baldisseri,
73 anni; Orani João Tempesta, 63 anni; Chibly
Langlois, 55 anni; Gerhard Ludwig Mueller, 66
anni; Gualtiero Bassetti, 71 anni; Loris Francesco
Capovilla, 98 anni; Beniamino Stella, 72 anni; Marui
Aurelio Poli, 66 anni;Vincent Gerard Nichols, 68
anni; Andrew Yeom Soo Jung, 70 anni; Leopoldo
José B. Solorzano, 64 anni; Ricardo Ezzati Andrello,
72 anni; Sebastiàn Aguilar, 84 anni; Gérald Cyprien
Lacroix, 56 anni; Philippe N. Ouédraogo, 68 anni;
Kevin Edward Felix, 90 anni.
Intanto quanto ha fatto Papa Francesco nella
domenica 12 gennaio è stato oggetto di molte
discussioni: fra i bambini battezzati personalmente da lui c’era anche una bimba di sette
mesi, figlia di una coppia sposata solo civilmente,
non in chiesa. Una via già aperta nell’usanza dei
nostri parroci. Per amministrare il battesimo
c’è soltanto una condizione: quella di garantire
l’educazione cristiana del battezzato, ciò che può
essere fatto anche da persone di famiglia o perfino fuori famiglia. E’ pensabile che anche il Papa
abbia richiesto ai genitori della bambina questo
impegno, codificato perfino dal Diritto canonico.
R.
Vita
La
19 gennaio 2014
Nella Settimana di
preghiera per l’unità dei
cristiani siamo chiamati a
riflettere sulla storia delle
divisioni. Seguendo le indicazioni della lettera di
Paolo ai Corinti, essa trova
la sua principale origine,
quando al posto di Cristo
si pongono
personaggi o ideologie
altre da Lui e dal suo
Vangelo, quando la parola
di questi personaggi
sovrasta quella del Vangelo
attualità ecclesiale
n. 2
UNITà DEI CRISTIANI
La via cristologica
dell’ecumenismo
di Elio Bromuri
I
l tema della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani - “Cristo non può essere diviso!” (1 Cor 1,1-17) - ci riporta
all’origine delle divisioni e segna come
il punto di partenza di una storia aperta e mai
conclusa. Già in epoca apostolica nella comunità, pur piccola e piena di carismi, la comunità
di Corinto, si trova annidata la tentazione della
divisione. Questa, come spiega Paolo, è dovuta
al fatto che alcuni cristiani hanno scelto come
loro capo un personaggio diverso da Cristo.
La mancanza di centralità riconosciuta a Gesù,
l’unico Salvatore e Signore, l’unico che è stato
crocifisso per la salvezza, sta all’origine della
divisione. In questa vicenda raccontata da
Paolo troviamo, oltre alla dura denuncia della
formazione di “partiti” separati e in contrasto
tra loro, anche la via per ricomporre l’unione
della comunità: riportare al centro Cristo.
Potremmo chiamarla la via cristologia
dell’ecumenismo, prendendo atto e rimarcando la differenza tra il Cristo e i suoi apostoli, tra
Cristo e la comunità dei discepoli, tra il regno
e la Chiesa. Se, da una parte, Gesù ha voluto
identificarsi con i suoi apostoli:“Chi ascolta voi
ascolta me”, per il Verbo che annunziano, e con
I
l canto al vangelo ed il saluto iniziale della prima lettera ai Corinti dell’apostolo
Paolo combinati, ci suggeriscono il tema
di meditazione per questa domenica, la
seconda del tempo ordinario. Il primo passo è
la decisione di Dio Figlio di diventare uno di noi,
prendendo la nostra stessa natura, e di condividere le nostre esperienze: «Il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi (o, meglio,
ad “attendarsi”, dato che è questo il vero significato di eskenosen, che aggiunge al concetto di
“abitare” quello della provvisorietà e dalla mobilità propria della vita in una tenda invece che
in una casa); a quanti lo hanno accolto ha dato
potere di diventare figli di Dio». (Gv 1,14a.12a).
Il secondo passo è la “chiamata” universale ad
entrare in questa esperienza: «Paolo, chiamato
a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà
di Dio, […] a coloro che sono stati santificati
in Cristo Gesù, santi per chiamata» (seconda
lettura, 1 Cor 1, 1-3).
Si tratta, dunque, di una serie coordinata di
“missioni”. Il Verbo scende sulla terra perché
mandato dal Padre come espressione del suo
amore infinito e della sua volontà di salvezza
per tutti gli uomini: «Dio infatti ha tanto amato
il mondo da dare il Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma
abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Il Verbo fatto
carne, Gesù, a sua volta individua dei collaboratori, seguendo criteri misteriosi, dai quali però
risulta la predilezione per strumenti almeno
all’apparenza poco adatti: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto
rimanga» (Gv 15,16). Questi collaboratori ven-
5
questo ha deciso di legare la sorte della fede
e della salvezza al ministero dei suoi “inviati”,
dall’altra parte, ha ammonito di non farsi padroni del gregge, di non porsi al di sopra dei fedeli,
ma accanto ad essi come loro servitori: “Chi
vuol essere il primo sia l’ultimo”, “Non fatevi
chiamare maestri, uno solo è il vostro maestro”.
La storia delle divisioni, che ha indubbiamente molte cause, seguendo le indicazioni
della lettera di Paolo, trova la sua principale
origine, quando al posto di Cristo si pongono
personaggi o ideologie altre da Lui e dal suo
Vangelo, quando la parola di questi personaggi
sovrasta quella del Vangelo. L’apostolo per
avere il mandato da Cristo deve confessare
come Pietro “Tu sei il Cristo” e come Tommaso
“Signore mio e Dio mio”. È bello pensare che
a imitazione dell’adorazione dei Magi - proskinesis – e la loro offerta di doni di cui si è fatta
memoria nei giorni di Natale tutti i discepoli,
pur sparsi nel mondo, facciano esperienza
anche emotiva di una profonda unione nella
concorde confessione di fede al di sopra d’ogni
altra vicendevole diversificazione. La Settimana
di preghiera nella sua lunga storia ha superato
la tentazione dell’ecclesiocentrismo - la Chiesa
La Parola e le parole
II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Is 49, 3. 5-6; Sal 39; 1 Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34
gono mandati a continuare l’opera da lui iniziata: «Gesù disse loro […]: “Pace a voi! Come il
Padre ha mandato me, anche io mando voi”».
Gesù prevede che questi operatori, a loro volta,
affideranno ad altri la stessa missione. Anche
per questi prega il Padre: «Non prego solo per
questi, ma anche per quelli che crederanno in
me mediante la loro parola» (Gv 17,20).
L’oggetto della “missione” del Verbo e, di conseguenza, della “missione” di coloro dal lui scelti
per continuarla è definita da Giovanni il Battista: «Giovanni, vedendo Gesù venire verso di
lui, disse: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie
il peccato del mondo!”» (lettura evangelica, Gv
1, 29-34). Lo aveva già preannunciato l’angelo
che appare in sogno a Giuseppe titubante di
prendere con sé Maria sua sposa: «Ella darà
alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt
1,21). Gesù stesso, poi, proclama di essere stato
mandato non per i giusti, ma per i peccatori
e afferma di possedere il potere di rimettere
i peccati: «Ed ecco, gli portavano un paralitico
disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede,
disse al paralitico: “Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati” […]. Che cosa […] è più
facile: dire ‘Ti sono perdonati i peccati’, oppure
dire ‘Àlzati e cammina’? Ma, perché sappiate
che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra
di perdonare i peccati: Àlzati - disse allora al
paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua»
(Mt 9,2-6). Finalmente, la sera della risurrezione, comunica questo suo potere, e perciò
affida agli apostoli la stessa “missione” che gli
era stata affidata dal Padre: «Gesù disse loro di
nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato
me, anche io mando voi”. Detto questo, soffiò
e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro
a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati;
a coloro a cui non perdonerete, non saranno
perdonati”» (Gv, 20, 21-23).
Destinatari di queste “missioni” del Cristo e
di coloro che egli manda sono tutti gli uomini:
«Tutta la terra ti adori, o Dio, e inneggi a te»
(Sal 65,4 ) e «Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza fino all’estremità
della terra» (prima lettura Is 49, 3. 5-6).
L’accettazione di queste “missioni” non è per
niente scontata nel caso di Gesù, come dice
l’evangelista Giovanni nel suo prologo: «Veniva
nel mondo la luce vera, quella che illumina
ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato
fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo
ha riconosciuto; venne fra i suoi, e i suoi non lo
hanno accolto» (Gv 1, 9-11) e neppure per i
suoi continuatori.
Forse è capitato a tutti di sperimentare difficoltà nell’accettare la “missione” del Cristo sia
come centro e criterio normativo di fede per
tutti - per cui si proponeva di diventare tutti
cattolici o tutti ortodossi o tutti evangelici, e
ha intrapreso la strada della comune convergenza a Cristo, affidandosi alla preghiera e alla
conversione del cuore (Paul Couturier).
Il tema e la struttura della preghiera per la
Settimana di quest’anno sono stati preparati
da un gruppo misto di cristiani del Canada, un
Paese lontano da Roma, da Costantinopoli e da
Ginevra, a indicare l’universalità della Chiesa. Le
iniziative comuni che si attivano costituiscono
il segno d’unità già esistente, perché al centro
è posto il Cristo e la sua Parola, la realtà più
importante e decisiva di unione rispetto a
tutto il resto. Si dovrà ricordare e prendere
atto, a tale proposito, che se un tempo, quando
il mondo era formato da una cultura almeno
formalmente considerata cristiana, era consentito discutere anche animatamente sulle
differenze tra Confessioni cristiane in competizione e forte dialettica dottrinale, oggi in
una società globalizzata e secolarizzata e con
migliaia d’offerte religiose sul mercato del sacro
è molto richiesta per la credibilità ed efficacia
della missione evangelica la testimonianza
d’unione, fraternità, amore e condivisione di
vita. Dovrebbero poter dire tutti quelli che
vengono a contatto con i cristiani: “I cristiani,
vedi come si amano!”.
Il nuovo santo gesuita Favre, come si legge
nel n. 3924 de “La Civiltà cattolica” (p. 551-556),
già al tempo della Riforma, trovandosi in Germania negli anni Quaranta del ‘500 riteneva che
la divisione era determinata da cattiva condotta
dei cristiani e che poteva essere superata dal
riconoscimento di ciò che abbiamo in comune – “le cose che sono comuni a noi e a loro”
(“Nobis et ipsis sint communes”). Intuizione di
un santo, ancora del tutto attuale.
come “destinatari”, sia come “chiamati a portarla avanti” nel suo nome.
Come destinatari: la tentazione di tenerci
lontano dal Signore o per la paura che il nostro
peccato sia troppo grande perché la misericordia di Dio sia in grado di distruggerlo, oppure
-sottilissima e pericolosissima insinuazione del
demonio!- perché vogliamo rimettere noi da soli
a posto le cose prima di presentarci al Signore
col “prodotto finito”, per sentirci degni di stare
alla sua presenza grazie a quanto abbiamo
fatto, cadendo così nello stesso errore del fariseo nella parabola del fariseo e del pubblicano,
mentre dovremmo piuttosto imitare l’atteggiamento del pubblicano che, invece, veniva a farsi
guarire dal Signore, sapendo che è mestiere di
Dio guarire dai peccati e che egli solo può farlo.
Come chiamati a portare avanti la “missione” del Cristo: è la tentazione di non accettare questa proposta di Dio a causa della nostra
indegnità, dei nostri limiti e dei nostri peccati,
non ricordando che proprio dopo che Pietro ha
protestato la sua condizione di peccatore, Gesù
gli ha affidato il più alto incarico che potesse
esser mai affidato ad un uomo: «Simon Pietro
si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore,
allontànati da me, perché sono un peccatore”.
[…]». Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora
in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5, 8-10). È
evidente che quello che è valso per Pietro vale
allo stesso modo per ciascuno di noi per qualsiasi “missione” che il Signore voglia affidarci e
che noi dovremmo accettare sentendo rivolto
anche a noi quel rassicurante “Non temere”
rivolto a Pietro.
Don Umberto Pineschi
6
La preziosa
opera di una
associazione
Sono convinto che l’associazionismo
possa davvero essere un importante
aiuto per affrontare le criticità e le disuguaglianze. Non capire questo e non
favorire questo significa non essere dei
buoni amministratori. Ho avuto modo di
vedere di persona come questa Associazione abbia compreso una criticità della
nostra città sconosciuta perché poco
visibile. Intorno alla stazione gravita
un mondo sommerso un mondo fatto
di persone vere di fatto “fuori “ dalla
realtà sociale e assistenziale; sono detti
“barboni”“gli invisibili”.
Il freddo, la mal
nutrizione, l’assenza di una assistenza
sanitaria continua, la mancanza di
affetto, sono tutti “flagelli” terribili di
queste povere vite.
L’Associazione Raggi
di Speranza in Stazione porta con
generosità e amore tutto questo. Dove
le fredde istituzioni non arrivano lei
invece inizia. Secondo me questo
tipo di Associazionismo sono parte
importante delle Istituzioni; ne sono un
prolungamento che colma una (anche
involontaria) carenza istituzionale nel
tessuto sociale. È importante quindi che
le istituzioni abbiano la lungimirante attenzione e la ferma predisposizione ad
accompagnare l’associazionismo nella
sua opera preziosa di impegno sociale
e lotta al proliferare delle ingiustizie.
Massimo Alby
Riflessioni
in margine
al dibattito
sul disegno
di legge
Scalfarotto
Noto con molto dispiacere come lo
Stato moderno stia diventando sempre
più una “fabbrica” di diritti. Convenzioni
internazionali, costituzioni, leggi hanno
sempre riconosciuto e non creato diritti.
Oggi l’ipertrofica attività legislativa fa
sospettare che non vi sia più un riconoscimento, ma una creazione dei “diritti
dell’uomo” da parte delle istituzioni.
Il sospetto è fondato su una questione
semplice e ben comprensibile: se io ho
un’idea dell’uomo ben definita allora
“riconosco” ciò di cui ha bisogno l’uomo
e ciò da cui deve essere tutelato.
Ma cosa succede se il concetto di
“uomo” non è lo stesso per tutti? Ecco,
questa è la situazione odierna. Noi
cattolici dobbiamo esser consapevoli
che il concetto di persona, ossia una
sostanza individuale di natura razionale, la cui essenza ha valore di per sé,
non è più la visione dell’uomo accettata
da tutti, ma anzi è quella più rifiutata
dalle lobby dominanti e dai mass media.
Dobbiamo comprendere perciò che,
cosa gravissima e dalle conseguenze
devastanti, il concetto di uomo viene
votato “a maggioranza”.Voto dopo voto,
sentenza dopo sentenza l’uomo viene
definito a seconda della visione del
mondo accolta dall’organo legislativo
amministrativo o giudiziario di turno.
I diritti dell’uomo saranno perciò non
più quelli preesistenti e riconosciuti
dallo Stato, ma mere esigenze di gruppi
di pressione che vengono tradotte in
legge, atti amministrativi o sentenze.
Diritti quindi creati dallo Stato, con il
problema che però questi… non sono
diritti, ma il più delle volte capricci,
desideri, situazioni che anche il più
distratto studente di giurisprudenza del
n. 2 19 Gennaio 2014
Lettere in redazione
primo anno riterrebbe giuridicamente
irrilevanti!
Ma come è possibile che siamo arrivati
a legiferare i desideri? Quando si parla
di aborto, divorzio, unioni di fatto, insomma quando si parla di principi non
negoziabili, che sono tali proprio perchè
il negoziare su di essi è compromettere
la dignità dell’uomo, ci viene eretto
davanti un muro che sta tutto in quella
domanda, posta evangelicamente ma
con un sapore amaramente agnostico,
dall’interlocutore non cristiano: “Come
puoi giudicare?”.
Noi cattolici possiamo rispondere a
questa domanda. Ci aiutano la contemplazione della Passione di Nostro
Signore, la devozione al Suo Sacro
Cuore e alla Divina Misericordia. Se
l’uomo non avesse avuto bisogno di
un Salvatore o se si potesse salvare
da solo, la risposta a quella domanda
sarebbe quella che viene scritta dagli
intellettuali che vendono molti libri: ossia
che ognuno ha la sua storia con la sua
miseria e con la corrispondente salvezza che si dà da solo con le sue sole
forze riempiendosi del suo io (quasi...?)
onnipotente. In realtà chi segue questa
risposta, ma non è un intellettuale che
vende molti libri, si ritrova a fare i conti
con il peccato, con il rimorso, con una
famiglia distrutta, con litigi, divisioni,
asprezze e alla fine capisce che forse
ha letto i libri sbagliati: può darsi che
la salvezza se la diano gli intellettuali
nei loro salotti ma a noi comuni mortali
senza “la conoscenza” non arriva…
Oppure c’è un’altra soluzione. Pensare
che l’uomo è ferito, proprio perché originariamente ha voluto essere un dio con
le sue sole forze. È caduto e ha bisogno
di essere salvato. sono le piaghe di gesù,
aperte sulla Croce, che possono riscattare il mondo dalla morte eterna e per
dargli la vita...sono esse che ottengono
misericordia e perdono alle anime che
si perdono. Da esse scaturiscono luce,
forza, amore per tutte le anime.
L’uomo non ha bisogno di ideologie (e
teologie) che dicono che può trovare il
paradiso in terra, che può realizzare
tutto ciò che vuole, non ha bisogno di veder chiamato diritto ogni suo desiderio
(e quale legislatore potrebbe legiferare
il nostro desiderio di infinito!?). L’uomo
ha bisogno di esser chiamato alla realtà,
di riconoscere la sua miseria ma allo
stesso tempo di sapere di essere amato.
Ha bisogno di comprendere che non
si può salvare da solo ma può essere
salvato da Dio che è Giusto ma anche
Misericordioso.
Ha bisogno anche di chiamare le cose
con il loro nome: la dignità dell’uomo
sta nel non ridurlo a bestia né elevarlo
a superuomo, ma nel riconoscerlo persona degna di essere amata nonostante
la sua debolezza.
La porta della Divina Misericordia ci è
aperta dalla chiesa che, senza occhiali
ideologici, ha il coraggio di amare il
peccatore e di disprezzare il peccato.
Alessio Biagioni
Rivoluzione
omosessuale
Le rivoluzioni, spesso, per affermarsi,
si ingegnano di cambiare il nome alle
cose: la rivoluzione francese cambiò i
nomi ai mesi, quella russa li cambiò ad
alcune città, e cos’ via. La rivoluzione
omosessuale strisciante dei nostri tempi
vuol cambiare il nome al padre e alla
madre: questo ci avverte di quanto
profondamente vuol influire sul nostro
modo di essere. Eppure sembra che solo
pochi si accorgano del pericolo! E, come
tutte le rivoluzioni, anche questa fa le
sue migliaia di morti: solo che son morti
che non combattono, non piangono e
non si vedono: finiscono direttamente
fra i “rifiuti speciali ospedalieri”. Forse
anche per questo quasi nessuno se ne
accorge. Ma che mondo lasceremo ai
nostri figli?
Franco Biagioni
Critiche
nostrane
Ragioniamo un attimo su alcune opere
che la “chiesa” ha messo in cantiere
nel nostro comune e che, fino a prova
contraria, si sono rivelate delle pie
illusioni rimaste sulla carta. Senza polemiche ma con stima verso i cristiani
che condannano le ipocrisie di un’economia che crea guerre a tavolino in
paesi lontani per alimentare le industrie
belliche dell’occidente, garantendo con
ciò lavoro e reddito ad una filiera che
esporta la democrazia con le bombe
e i carri armati anziché tramite la
cooperazione. Senza polemica verso i
tanti volontari del mondo cattolico che,
come don Gallo e gli altri preti di strada,
vivono le sofferenze materiali a fianco
delle persone in difficoltà. Purtroppo,
però, dalle nostre parti assistiamo a
episodi come l’ecomostro di Valdibrana
o quella specie di canonica di Capostrada. Per quest’ultima ci sono voluti dieci
anni prima che finisse; con la collega
in consiglio comunale Alice Giampaoli
sollecitai più volte, e forse per questo
ottenemmo, l’ultimazione dei lavori. Ma
ora che esternamente sono finiti, dopo
infinite gestazioni, a cosa serve quella
piccola cattedrale nel deserto, vuota e
inutilizzata? Una spending review, in
linea con il rinnovamento e la sobrietà
di Papa Francesco, sarebbe doverosa anche per alcune parrocchie pistoiesi, visto
che questi organismi, non riscuotendo la
decima come nel passato, non possono
nemmeno avere una spesa libera e
fantasiosa. Sembrano ripresi i lavori,
dopo due anni di stop e abbandono,
all’aula liturgica di Valdibrana, pensata
forse per implementare illusoriamente
il business del pellegrinaggio e i relativi
proventi. Lavori finanziati dalla Cei,
in gara per lo spreco incontrollato di
denaro pubblico, e dalla Fondazione
Caripit, quella dei 700 mila euro per le
belle statuine nel giardino dell’asilo Villa
Capecchi in via degli Armeni e dei 10
milioni di euro fumati nel nulla dei titoli
fresh/Monte dei Paschi.
Ripensando agli inviti di Papa Francesco alla chiesa, affinché si spogli
delle proprie ricchezze, e accostandoli
alla situazione della chiesa locale, con
numerose strutture su cui non vengono
pagate le tasse (prima o poi dovrà
finire quest’ingiustizia), non posso che
auspicare un cambiamento anche nel
macrocosmo ecclesiastico pistoiese:
basta programmi immobiliari, suggeriti
da business plan economicamente
insostenibili, ma tornare a fare il proprio mestiere! Ad esempio il vescovo
Mansueto, che si appella all’accoglienza
degli immigrati, dei rom etc…, potrebbe
aprire i tanti monasteri disseminati in
diocesi, praticamente quasi vuoti, e dare
lui, concretamente, ospitalità. Magari
offrendo anche lavori di manutenzione
del vasto apparato immobiliare della
curia o nei campi della stessa. Se ne
parli senza imbarazzo, con le autorevoli
personalità, del mondo laico, penso a
Giancarlo Niccolai, e del mondo ecclesiastico, penso a Giordano Frosini, che so
essere sensibile a simili problematiche
e disponibili al dialogo. Mi si spieghi
poi come palazzo di Giano intenda
risolvere la questione del parcheggio di
Valdibrana e infine il vescovo chiarisca
pubblicamente se il parcheggio di via
del Seminario, dove ci sono diversi abbonati, è o meno un’attività economica
regolare e trasparente, soggetta come
tutte le altre al rispetto delle norme dei
parcheggi (p.e. sicurezza).
Fabrizio Geri
Un personale
ricordo di
Rita Fiamma
Leggo sul giornale della scomparsa della
professoressa Rita Flamma, ex-preside
-per più di vent’anni- del Liceo Classico
“Forteguerri”, e la prima cosa che mi
salta all’occhio è che i funerali si sono
svolti ad Avellino, sua città natale. Ora,
lo so benissimo che qualcuno vorrà far
risalire questa scelta all’attaccamento,
peraltro sempre espresso, alla terra
natìa ma -senza false ipocrisie- bisognerà sottolineare anche la cristallina
coerenza di questa donna, che ha in
cuor suo rifiutato le esequie in una città
cui ha dato tanto ma da cui è stata
sempre, per la maggior parte, avversata.
Il motivo sta nella sua intransigenza,
innanzitutto, un rigetto del compromesso e della manovra sottobanco -tanto
di moda oggi- che le attirò non pochi
nemici sin dai tempi (primi anni ‘90) in
cui ero studente io del Liceo Classico
pistoiese. L’apice di queste tensioni -lo
ricordo bene- divampò allorquando un
docente di latino e greco, che umiliava
gli studenti con voti come 1 meno o 1
più, si scagliò contro la sua dirigenza in
termini inauditi, per cause normative o
burocratiche che certo non ho memoria
di riferire con esattezza. Il professore lasciò la scuola, andando poi a tormentare
-come so- altri istituti, coi suoi modi da
“odi profanum vulgus et arceo”. Ricordo
le prese di posizione invero ridicole di
molti studenti, del comitato studentesco
e non, alcuni dei quali sedevano in
Consiglio d’Istituto, che, solo per il gusto
di alzare inutili barricate e di deridere
i corridoi del potere, organizzarono
un’occupazione che fece scalpore. La
preside Flamma subì tutto ciò con
grande dignità, non la scossero più di
tanto nemmeno i non pochi manifesti
mortuari, col suo nome stampato sopra,
affissi su molti muri della città. Questo è
successo e questo -con la verità storica
che qui occorre- va detto.
Ma Rita Flamma, così come la sua
amata collega ed amica e conterranea
Antonia Santaniello, era una persona
squisita e -non dico chi l’ha conosciuta
a fondo, chè non basta- solo chi le ha
voluto davvero bene può saperlo con
certezza. Ogni tanto, ancora studente,
di cui aveva capito il temperamento
non semplice ma già l’onestà di fondo,
mi si avvicinava per complimentarsi
con la nettezza di certe mie opinioni
e il coraggio di certi atteggiamenti,
anche nei riguardi di alcuni professori,
che sarebbero stati poco encomiati
da altre persone. Una volta, mi ricordo, mi trattò con la sua proverbiale,
impulsiva scontrosità, sfociata però in
Vita
La
sgarbatezza, davanti ad un docente.
Il pomeriggio stesso sento squillare il
telefono:-Francesco, sono la preside.
Scusami per stamattina ma davanti ad
altri non posso mostrare lati teneri-:-Si
figuri, la ringrazio-.Tanto per dirne una.
Quando mi sono laureato e, di tanto in
tanto, l’andavo a trovare, si sincerava
sempre delle mie condizioni, vita privata
compresa. Non potrò mai dimenticare
l’appoggio e l’attenzione che mi concesse quando diventai insegnante: per due
anni consecutivi, naturalmente secondo
rigoroso scorrimento delle graduatorie,
ebbi la ventura di ritrovarmi su quegli
stessi corridoi dove pochi anni prima
avevo studiato. La signora Flamma
mi assegnò incarichi importanti e mi
garantì -a me, docente novellino- la continuità didattica sulla classe dell’anno
precedente, cosa che oggi non mi riesce
spesso di ottenere, essendo di ruolo e
con dieci anni d’insegnamento o giù di
lì sulle spalle. I presidi di oggi avrebbero
solo da imparare da una così. Della
sua stima e, soprattutto, del suo affetto
incondizionato ho beneficiato più volte,
anche quelle in cui -e le sue battute
erano affettuosamente provocatorie- mi
accusava, forse con qualche fondatezza,
di essere schierato dalla parte opposta
alla sua o addirittura apolitico, lontano
da argomenti che per lei erano di vitale
importanza: l’impegno civile e la militanza partitica. Non è mai riuscita, con le
sue argomentazioni sempre puntuali, a
farmi cambiare idea.
Questi ultimi anni sono stati i più belli.
Quando se andò Mariantonia per lei
fu una gran perdita -andavano a teatro
insieme, condividevano molto della loro
vita, e adesso mi piace immaginarle di
nuovo insieme- e alla messa che il Liceo
fece in sua memoria, sgattaiolando tra
le panche della Chiesa di San Benedetto,
senza farsi vedere da nessuno, mi venne
a piangere sulla spalla, mentre io contraccambiavo il suo dolore. Dopo aver
letto su questo stesso giornale un mio
ricordo della professoressa Santaniello,
cui ho voluto bene almeno quanto a lei,
mi telefonò, apostrofandomi :-Francesco,
m’hai fatto piangere-. Nell’aprile 2011,
a tre mesi dalla nascita di mia figlia, con
le sue proprie gambe venne a bussare
alla mia porta per porgermi un regalino.
Io non c’ero perchè ero a scuola e la ringraziai solo per telefono.Avendola persa
di vista, dopo un annetto e mezzo mi
dissi che era arrivato il momento di dirle
grazie di persona. Presi l’elenco e scovai
il suo indirizzo, una via proprio davanti
al Liceo Scientifico. Montai in auto e mi
avviai verso casa sua ma quando arrivai
la vidi attorniata da un sacco di persone
che non me la sentìì di irromperle davanti con tanta sventatezza. Le lasciai
quindi un biglietto nella cassetta delle
lettere e lei, il giorno dopo, mi chiamò: si
parlò del più e del meno e fu lì che mi
informò del male che poi l’ha portata
via. Mi promise di richiamarmi quando
sarebbe stata meglio ma evidentemente
non ha potuto.Voglio quindi credere che
sia stato un dono bellissimo fattomi da
qualcuno che ci voleva bene ad entrambi il fatto di averla rincontrata un’ultima
volta, nel luglio scorso.Aveva già dipinta
in faccia e nel corpo la sofferenza, si
muoveva male e parlava con fatica ma
abbiamo avuto modo di scambiarci un
ultimo calorosissimo abbraccio e lei di
dirmi l’ultima frase che mi ha rivolto, di
un affetto e una tenerezza unici, che
porterò con me per sempre. A questa
persona io devo dire semplicemente
grazie di cuore e dichiarare che avrà
sempre il mio affetto, la mia riconoscenza e la mia ammirazione.
Francesco Sgarano
Pistoia
Sette
N.
2 19 GENNAIO 2014
DOMENICA 19 GENNAIO - GIORNATA MONDIALE DELLE MIGRAZIONI
Migranti e rifugiati
verso un mondo
migliore
Un invito
all’incontro
di preghiera e
di conviviliatà con
i nostri immigrati
D
L
a festa della Epifania è la
celebrazione del mistero
nascosto da secoli, ma a noi
rivelato da Dio per mezzo
di san Paolo, “Tutte le genti sono
chiamate a formare un solo popolo” la
chiesa, comunità di persone, comunità
di fratelli, che guidati dalla Parola di
Dio annunciano il Signore nel servizio
umile verso più deboli, verso anche chi
arriva da lontano.
La giornata mondiale delle Migrazioni, costituisce una attualizzazione
privilegiata di questo progetto del
Padre a motivo della presenza nel
nostro territorio pistoiese di uomini
e donne provenienti da tutti i paesi
del mondo.
Papa Francesco nel suo messaggio
per la giornata mondiale delle Migrazioni ci ricorda che “Tutti insieme
siamo chiamati a realizzare “un Mondo
Migliore” che “non significa una concezione astratta e neppure una realtà
irraggiungibile, ma operare perché vi
siano condizioni di vita dignitose per
tutti e perché sia rispettata, custodita
e coltivata la creazione che Dio ci ha
donato”
Il Papa vuole che la chiesa vada oltre le difficoltà economiche esistenti e
testimoni in tutte le piccole comunità
del mondo il Vangelo della Carità, vivendo con gioia la Parola del Signore”
Ero forestiero e mi avete ospitato”.
La nostra chiesa diventa Epifania
del Signore quando non presenta se
stessa, ma solo il volto di Cristo crocifisso di amore che offre a tutti sicurezza di vita, rispetto della persona, liber-
tà religiosa e sopratutto amore di Dio
e amore totale per il prossimo.Anche
le nostre celebrazioni eucaristiche
mostrano la presenza delle “Genti”
delle persone che provengono da ogni
continente, segno di una universalità
biblica, diffusa e gioiosa e visibile che
sono davvero il vestito bianco della
sposa che esulta per il venire di tutti
nella nuova Gerusalemme.
“Amatevi gli uni gli altri come
io ho amato voi, da questo riconosceranno che siete miei discepoli”
sono le parole del Signore affidate ai
suoi discepoli, che le hanno vissute e
consegnate a noi. Le nostre comunità
cristiane sono chiamate a vivere nel
nostro tempo questo amore che è
dono di Lui e ad esprimerlo attraverso gesti di accoglienza, di solidarietà,
di giustizia, di condivisione, di pace e
serenità. Attraverso i doni e le grazie
che il Signore ci da siamo chiamati ad
essere vicini ai nostri fratelli, spesso
nelle loro sofferenze o nell’abisso della
loro miseria, ma volte chiamati a gioire
con loro perché hanno raggiunto mete
soddisfacenti di vita.
Papa Francesco invita la chiesa a
comprendere le cause a volte sofferte che hanno originato lo spostarsi
delle persone e invita a superare la
diffidenza e il pregiudizio che può nascere dalla presenza sul territorio dei
migranti, che spesso hanno “ricadute
positive” di lavoro e di valori umani
notevoli, quali “l’onestà, la rettitudine
e la grandezza d’animo.
Vi chiedo anche per questo anno
di raccogliere, nelle Messe, le offerte
per destinarle alla Fondazione Migrantes, all’Associazione “San Martino
De Porres” e per venire incontro a
famiglie in difficoltà.
Siete invitatati a partecipare alla
festa che si svolgerà nel Seminario di
Pistoia alle ore 15.
Paolo Palazzi
19 gennaio 2014
Giornata mondiale
dei migranti e rifugiati
Cappella Santa Chiara (Seminario)
ore 15: Messa - Liturgia animata dalla Comunità filippina
In Aula Magna del Seminario
ore 16.30: interventi/testimonianze
Intervento sulla realtà delle Filippine, colpite dall’uragano
Ore 17.30/18: canti/danze della comunità filippina pistoiese
Canti e danze di altre comunità presenti a Pistoia
a seguire: buffet etnico
esideriamo invitare caldamente tutte le persone di
buona volontà a partecipare ai momenti di preghiera, riflessione, gioia econvivialità
che l’Associazione San Martino de’
Porres organizza presso i locali del
seminario, Via Puccini 36, dalle ore
15 alle 20.
Dopo la Messa (ore 15), la cui
liturgia sarà curata dalla Comunità
filippina di Pistoia, seguiranno momenti di riflessione, di testimonianze
di vita e di viaggio, che aiuteranno
tutti noi a condividere le speranze
e i desideri dei migranti presenti a
Pistoia.
Come ogni anno, la Giornata
mondiale dei migranti è un momento molto importante perché la
nostra comunità diocesana cresca
nella conoscenza, nella sensibilità e
nell’accoglienza verso i fratelli, che
giungono tra noi da paesi lontani, in
gravi situazioni di povertà e conflitti .
Con efficace chiarezza, Papa
Francesco sottolinea nel suo Messaggio che “Migranti e rifugiati non sono
pedine sullo scacchiere dell’umanità.
Si tratta di bambini, donne e uomini
che abbandonano o sono costretti
ad abbandonare le loro case per
varie ragioni, che condividono con
noi lo stesso desiderio legittimo di
conoscere, di avere, ma soprattutto
di essere di più”.
Giunti dopo tante traversie ai lidi
delle terre da loro ritenute più sicure,
essi incappano nei sospetti e nelle
ostilità delle popolazioni locali…
“Tuttavia, nonostante i problemi, i
rischi e le difficoltà da affrontare, ciò
che anima tanti migranti e rifugiati
è il binomio fiducia e speranza; essi
portano nel cuore il desiderio di un
futuro migliore non solo per se stessi,
ma anche per le proprie famiglie e
per le persone care”.
Quest’anno sarà di particolare
importanza l’intervento di Valerio
Bonetti, presidente della Cooperativa
‘Odissea’ di Lucca, che segue da tempo i rifugiati e i richiedenti asilo e con
loro ha organizzato un cooperativa
sociale impegnata nell’agricoltura.
Un contributo di conoscenza e di
servizio che potrà stimolare positivamente anche il nostro modo di
accompagnare i migranti presenti
a Pistoia.
Tale testimonianza, infatti, ci
aiuterà nel cammino di costruzione
di un mondo migliore attraverso il
superamento di pregiudizi e delle
precomprensioni che portano a smascherare stereotipi e offrire corrette
informazioni sul desiderio di impegno
e di creatività di tanti immigrati. E’
quanto, di nuovo, Papa Francesco
riesce a sintetizzare parlando di
“passaggio da un atteggiamento di
difesa e di paura, di disinteresse
o di emarginazione -che, alla fine,
corrisponde proprio alla “cultura
dello scarto”- ad un atteggiamento
che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire
un mondo più giusto e fraterno, un
mondo migliore”.
Questa giornata è’ inoltre un
momento importante di condivisione
e di amicizia nella diversità... Gli ultimi
tempi sono stati particolarmente
segnati da molte tragedie: l’uragano
che ha colpito le Filippine, le fughe
dal Nord Africa, dalle guerre in Eritrea e in Somalia, la povertà di tanti
luoghi della Nigeria, il disastro socio
economico che da anni sta colpendo
la Siria…. le tante vittime che hanno
trovato la morte nel nostro Mar
Mediterraneo…
Nel far memoria di tali eventi,
durante il pomeriggio, desideriamo
dar voce ad alcuni testimoni di tali
tragedie che ci narreranno (con voce
propria o prestata ad altri) le loro
storie di vita vera…
I loro racconti saranno molto
utili per tutti noi, così che possiamo
conoscere quelle verità della migrazione che spesso una informazione
inefficace e distorta preferisce nascondere….
Sul finire dell’incontro, il nostro
animo ritroverà gioia e serenità grazie ad un tuffo nella cultura filippina,
che ci sarà mostrata attraverso i canti
e le danze … e i cibi… della comunità
filippina, da anni presente a Pistoia.
Confidiamo pertanto in una
affettuosa partecipazione di tanti
pistoiesi che vogliano trasmettere ai
migranti presenti tra noi attenzione,
rispetto, solidarietà e voglia di un
comune futuro.
Paola Bellandi
8
comunità ecclesiale
SINODO SULLA FAMIGLIA
n. 2 19 Gennaio 2014
I risultati del questionario a Pistoia
I
n questi giorni è stato
mandato a Roma il documento di sintesi che
raccoglieva le risposte
delle comunità cristiane della
nostra diocesi al questionario proposto dalla segreteria
del Sinodo in preparazione
all’assemblea straordinaria
dei vescovi del 2014 su “le
sfide pastorali sulla famiglia
nel contesto della nuova evangelizzazione”. Le parrocchie e
le varie realtà ecclesiali che
hanno mandato un contributo scritto sono circa una
quarantina. Dalla lettura dei
questionari emerge un interessante quadro della situazione
pastorale della nostra diocesi
che mostra una sufficiente
omogeneità nella percezione
sia delle difficoltà, ma anche
delle possibili proposte pastorali.
Praticamente tutti riconoscono una scarsa diffusione della
Sacra Scrittura e del Magistero
della chiesa sulla famiglia anche
tra i praticanti, salvo una conoscenza spesso superficiale
e non di rado veicolata dai
Media. Questo fatto deve farci
pensare, perché significa che i
processi di iniziazione alla fede
U
n ricco calendario
per i Vespri d’organo
per l’anno 2014 promossi dall’Accademia
d’organo “Giuseppe Gherardeschi” di Pistoia in collaborazione con Regione Toscana,
Comuni di Pistoia, Cutigliano e
Carmignano, Cassa di risparmio
di Pistoia e della Lucchesia,
Cattedrale e il monastero della
Visitazione di Pistoia, parrocchie di Spirito Santo, Cutigliano,
Popiglio e Santonuovo, San
Lorenzo a Cerreto, di Collodi
e di Bargi. Ne parliamo con il
professor Andrea Vannucchi
Diplomato in organo, pianoforte e clavicembalo nei
Conservatori statali, Vannucchi
ha alle spalle una lunga carriera
durante la quale ha suonato
come solista in molti paesi
europei.
vivono oggi, almeno in Italia,
una profonda crisi. L’iniziazione cristiana ha bisogno di
una profonda revisione perché possa fare il servizio che
deve fare, quello appunto di
“iniziare” e non di concludere
l’esperienza di fede dei ragazzi.
Un altro dato condiviso emerge dai questionari: la quasi
totale assenza di una pastorale
familiare nelle parrocchie. E’
vero, si riconoscono alcune
lodevoli eccezioni in qualche
parrocchia, nelle associazioni,
nei movimenti, nei gruppi di
spiritualità familiare, nelle iniziative dell’Ufficio diocesano
per la pastorale familiare, ma
tutte queste realtà riguardano
una minoranza assoluta dei
praticanti. Spesso l’unico momento in cui si ha modo di fare
formazione con gli adulti e le
famiglie è l’omelia domenicale.
Per questo più parrocchie
suggeriscono di pensare a
percorsi di preparazione al
matrimonio di almeno un anno,
perché è molto difficile in una
decina di incontri riavviare un
cammino di fede in chi non
pratica più la fede dalla propria cresima. Incoraggiante in
tal senso è l’esperienza quasi
sempre positiva di chi fa i corsi
di preparazione alle nozze,
che notano come per molti
giovani il vangelo sia una vera
e propria scoperta gioiosa. Il
problema è per tanto quello
di accompagnare le coppie
dalla scoperta alla continuità,
aiutandole a rendere stabile
quanto hanno vissuto positivamente durante i “corsi”.
Altro elemento interessante è
quanto emerso dai questionari
sul tema della pastorale delle
“situazioni matrimoniali difficili”. La quasi totalità dei contributi riconoscono la necessità
di cercare strade per riammettere alla comunione i separati
divorziati e risposati, magari
attraverso l’introduzione di
percorsi di riavvicinamento
e riammissione ai sacramenti,
per evitare la superficialità e la
banalità che sono sempre un
nemico mortale della fede, in
qualsiasi situazione matrimoniale,“regolare” o “irregolare”,
uno si trovi.
Infine sul tema delle unioni
tra persone dello stesso sesso i questionari convengono
nell’affermare che non si devono discriminare le persone
per la loro tendenza sessuale,
e che occorre avere verso
tutti lo stesso atteggiamento di
misericordia e di accoglienza,
siano essi omosessuali o eterosessuali. Riguardo le unioni
Il ricco calendario dei
Vespri d’Organo 2014
A colloquio con il maestro Andrea Vannucchi
Maestro, quali sono le
tappe fondamentali della
sua formazione musicale?
Fin dalla giovinezza mi sono
appassionato alla musica ed in
particolare alla musica organistica. La mia formazione giovanile
si è consolidata nell’ambito del
Conservatorio di Firenze, dove ho
conseguito il diploma di organo e
pianoforte, successivamente presso il Conservatorio di Ferrara dove
ho ottenuto il diploma di clavicembalo. Nella mia formazione sono
stati fondamentali gli incontri con
il grande organista e musicologo
Luigi Ferdinando Tagliavini, con il
Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani
18-25 gennaio 2014
Sabato 18 gennaio ore 17,30:
Parrocchia del Cuore Immacolato di Maria – Belvedere
Celebrazione Eucaristica per l’apertura della Settimana presieduta da don Paolo Palazzi,Vicario generale
Mercoledì 22 gennaio ore 21:
Parrocchia della Vergine Maria
Celebrazione Ecumenica della Parola di Dio con la partecipazione del Pastore Mario Affuso della Chiesa Apostolica Italiana
Giovedì 23 gennaio ore 21:
Chiesa Cristiana Evangelica Battista (via San Marco, 9)
Incontro di preghiera
Venerdì 24 gennaio ore 21:
Parrocchia San Michele Arcangelo - Casermette
Incontro di preghiera con la partecipazione di Valdo Pasqui
membro della Chiesa Valdese di Firenze
Sabato 25 gennaio ore 16,30:
Parrocchia di San Paolo
Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Mansueto Bianchi Vescovo di Pistoia per la chiusura della Settimana
quale ho potuto approfondire la
conoscenza del repertorio organistico italiano, e con Jacques van
Oortmerssen con il quale mi sono
perfezionato fra il 1993 e il 1996
ad Amsterdam presso lo Sweelinck
Conservatorium; qui ho conseguito,
primo italiano, il diploma di solista
d’organo. Di notevole importanza
per la mia esperienza professionale, infine, è stata la mia nomina avvenuta nel 1992 come Organista
Titolare della chiesa di sant’Ignazio
(parrocchia dello Spirito Santo):
avere il privilegio e la fortuna di
suonare in modo costante questo
straordinario strumento costruito
nel 1664 da Willem Hermans,
fratello laico della Compagnia di
Gesù, rappresenta una continua
occasione per approfondire lo
studio della musica antica in un
contesto dal respiro internazionale.
Nel suo curriculum
vitae appare che lei ha
suonato in molti paesi
europei e in Giappone:
quale significato hanno
queste esperienze?
Ogni singolo concerto che ho
eseguito nelle varie città europee
mi ha offerto l’occasione di suonare su strumenti di particolare
pregio, ma soprattutto di entrare in
contatto con realtà organistiche di
ampio respiro. Merita un discorso
a parte la mia esperienza giapponese della Shirakawa Italian
Organ Academy. Ogni anno, fra
agosto e settembre, assieme al
maestro Umberto Pineschi svolgiamo attività didattica a numerosi
organisti che giungono da ogni
parte del Giappone per poter
studiare la musica antica italiana.
Si tratta della più longeva attività
culturale fra Italia e Giappone
che proprio quest’anno festeggia
il suo trentesimo anno di vita. Ma
c’è di più. Questa consolidata
collaborazione con Shirakawa,
città gemellata con Pistoia, mostra
segni di continua crescita, tanto
che, negli ultimi anni, numerosi
organisti hanno sentito l’esigenza
di approfondire le loro conoscenze
venendo proprio a Pistoia per uno
studio intensivo e attratti dai nostri
strumenti originali.
I Vespri dell’Accademia d’Organo “Giuseppe
Gherardeschi” di Pistoia
sono giunti alla XVII edizione. Come commenta
questa attività? Quale la
primaria finalità?
Credo di dover fare una premessa: il vespro d’organo è il
risultato dell’unione della preghiera con la musica; infatti durante
l’esecuzione si alternano momenti
musicali e Parola biblica, favorendo
uno spazio di meditazione e di
raccoglimento. I vespri d’organo
risultano comunque l’attività più
importante dell’Accademia Gherardeschi, della quale sono il vicePresidente; attraverso di essi si è
reso possibile l’ascolto di strumenti
antichi e recenti, di cui il nostro
territorio è particolarmente ricco;
inoltre sempre grazie ai vespri
d’organo, gli strumenti utilizzati
sono oggi tutti in perfette condi-
delle persone dello stesso sesso, le risposte giunte nei questionari affermano che bisogna
rispettare la libera scelta delle
persone. Allo stesso tempo si
invita a tenere sempre insieme
misericordia e verità, ponendo
attenzione a non banalizzare,
ad esempio affermando che
tutte le situazioni sono uguali
e che non ci sono differenze
tra l’unione tra due persone
dello stesso sesso e l’unione
tra un uomo e una donna.
Le domande poste dal questionario sono state un’occasione per le comunità cristiane
per dialogare e confrontarsi su
problematiche importanti con
cui ormai i parroci si misurano
quasi ogni giorno. Domande
che hanno permesso una “radiografia pastorale”, forse non
sempre confortante, ma che
ci interroga profondamente
sul nostro essere chiesa e sul
nostro stile di cristiani, chiamati ad annunciare la “gioia
del Vangelo” all’uomo di oggi,
chiunque esso sia e qualunque
sia la sua situazione, perché la
gioia del vangelo è per tutti, e
Dio vuole che “tutti gli uomini
siano salvi”.
Cristiano D’Angelo
zioni, tanto che vengono impiegati
non solo in ambito concertistico,
ma anche in quello liturgico e
didattico.
Quali sono i compositori più famosi che sono
stati scelti per i concerti?
In realtà la varietà degli strumenti che abbiamo a disposizione
ci ha permesso, nel corso degli
anni, di poter presentare un vasto
repertorio, che va dal rinascimento
fino alla musica contemporanea,
facendo ascoltare brani di autori
famosi, ma anche conoscere autori
poco frequentati, seppur di notevole interesse.
Cosa prevede il programma del 2014? E lei
come vi prenderà parte?
Quest’anno ci saranno trentadue vespri d’organo eseguiti sugli
organi più significativi del territorio,
coprendo sostanzialmente l’intero
anno solare. L’appuntamento ricorrente sarà ogni prima domenica
del mese alle ore 17 nella cattedrale di San Zeno, mentre gli altri
vespri pistoiesi si svolgeranno a
sant’Ignazio, alla chiesa del Carmine e presso quella delle Salesiane
(il cui strumento è stato recentemente restaurato ed inaugurato).
Numerosi, poi, sono le parrocchie,
frazioni e Comuni coinvolti nell’iniziativa: Santonuovo, Popiglio, Collodi, Pescia, Cutigliano e Bargi (BO).
Per quanto mi riguarda ho due
appuntamenti fissi per il giorno di
Natale e Pasqua in sant’Ignazio e il
2 novembre 2014 nella cattedrale
di san Zeno: giorni particolari che
la musica, credo, può rendere
più solenni…in un mondo dove
spesso domina il frastuono. Per il
lettore interessato suggerisco di
consultare e seguire il sito www.
accademiagherardeschi.it
Daniela Raspollini
Vita
La
Nuovo
direttore
comunicazioni
sociali
Mauro Banchini dopo molti
anni ha lasciato, in accordo
con il vescovo, il servizio di
direttore dell’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali.
A nome della diocesi e di tutti
vogliamo ringraziarlo per il
lavoro svolto in questi anni
con professionalità, passione
e impegno. La sua presenza e
il suo contributo sono sempre
stati stimolanti e fonti di riflessioni e iniziative che hanno arricchito la vita ecclesiale della
nostra comunità diocesana.
Mentre salutiamo Mauro voglio ufficialmente accogliere e
dare il benvenuto a Martina
Notari, una giornalista professionista che ha accettato per
due anni l’incarico propostogli
dal vescovo come nuova direttrice dell’ufficio comunicazioni
sociali della diocesi.
Ricordiamo di comunicare per
tempo le iniziative più rilevanti
che riguardano gli uffici pastorali e i vicariati della diocesi.
L’indirizzo mail a cui scriverle
è quello dell’ufficio che è
rimasto invariato: [email protected].
Cristiano D’Angelo
Benedizioni
2014
La Libreria S. Jacopo informa i
parroci che è possibile prendere visione dei cartoncini
preparati per la Benedizione
alle famiglie 2014 e prenotarli.
Pellegrinaggio
diocesano
L’ufficio diocesano pellegrinaggi comunica che è in preparazione il pellegrinaggio in
“Russia anello d’oro” che si
effettuerà dal 27 luglio al 3
agosto. Per richiedere il programma dettagliato basta tel.
allo 0573.976133 e chiedere
dell’ufficio pellegrinaggi.
Pastorale
della terza età
La vicenda
storica e la
crocifissione
di Gesù
Mercoledì 22 gennaio alle 16,
presso il Centro di Monteoliveto si terrà il quarto degli
incontri programmati per il
2013/2014 dalla Pastorale della terza età. Don Luca Carlesi
parlerà de “La vicenda storica
e la crocifissione di Gesù”.
Ci sarà modo quindi di approfondire la consapevolezza sul
come e perché Gesù è morto in croce, ed anche come
questo evento di salvezza per
l'umanità si rinnova realmente
nella celebrazione della Messa
Eucaristica.
Alla fine della riunione è previsto il consueto rinfresco,
P.G.
Vita
La
19 gennaio 2014
comunità ecclesiale
n. 2
IN CAMMINO VERSO IL SACERDOZIO
Due ministeri conferiti ad
Alessio Tagliaferro e Ugo Feraci
D
omenica 5 gennaio,
nella Cattedrale di
San Zeno il nostro
vescovo ha conferito i ministeri di Lettore e
Accolito a due membri del
seminario diocesano: Alessio
Tagliaferro e Ugo Feraci.
Alessio Tagliafierro
è stato istituito lettore, il primo ministero
verso il sacerdozio dopo
l’ammissione all’ordine
sacro. Qual è il compito
del lettore?
Il Magistero evidenzia come
competenza specifica del lettore
quella di proclamare le parola
di Dio durante le celebrazioni
liturgiche davanti ad un’assemblea riunita. Altre competenze
derivate a cui è chiamato il lettore
sono quelle di educare nella fede i
fanciulli e gli adulti; guidare i fedeli
con la parola e l’esortazione a ricevere degnamente i sacramenti;
annunciare a livello di missione la
parola di Dio; educare altri fedeli
ad essere in grado di annunciare
la parola di Dio. Questo primo
ministero mostra come la chiesa
conta su di te, affidandoti alcune
competenze che sono davvero
importanti: si parla di responsabilità missionaria ed educativa,
Gesto
munifico
per
S. Ignazio
di Loyola
Il 21 ottobre la chiesa di S. Ignazio di Loyola e l’attigua canonica
della parrocchia dello Spirito
Santo avevano riportato notevoli
danni a causa di un fulmine. Essi
consistevano nella messa fuori
uso delle campane, del sistema
di videosorveglianza e allarme,
dell’ascensore, di stampanti,
computer ed elettrodomestici,
il tutto per circa quindicimila
euro, una cifra che può apparire
modesta, ma che è notevole per
una parrocchia senza risorse al
difuori delle raccolte in chiesa
che, data la crisi generale, sono
in costante calo. È stato diffuso
un appello per sollecitare aiuti
che rendessero possibile la
rimessa in funzione di tutto
quanto era stato danneggiato
al fine di riprendere la normale
attività. La fondazione Cassa di
Risparmio di Pistoia e Pescia è
stata la prima a raccogliere questo appello, con un’elargizione
di cinquemila euro equivalente,
quindi, ad un terzo dell’entità
del danno riportato. L’aiuto è
stato determinante per dare
fiducia agli operatori parrocchiali
che vedono, così, più vicino il
traguardo dell’annullamento
dell’impasse che aveva pesantemente penalizzato la normale
routine della vita parrocchiale. La
parrocchia dello Spirito Santo
esprime il suo più sentito ringraziamento per il provvidenziale
aiuto ricevuto.
di responsabilità in relazione alla
catechesi non solo dei bambini
ma anche degli adulti. Per questo
motivo è necessario, come ci
ricordava il vescovo nell’omelia,
svolgere il nostro ministero nella
comunità con spirito di servizio
verso i fratelli, meditando, vivendo
e testimoniando la Parola di Dio
che trasmette.
Ugo Feraci è stato
istituito accolito, un altro passo nel suo cammino verso il sacerdozio. In
che cosa consiste questo
ministero?
Il centro di questo ministero
è l’eucarestia. L’accolito serve
all’altare in aiuto del diacono e del
sacerdote, ma è anche ministro in-
caricato di distribuire l’eucarestia
e portarla ai malati e agli infermi.
La vicinanza all’eucarestia deve
trasformare tutta la sua vita. Un
cambiamento che chiede –come
ricordava il vescovo nella sua
omelia- una vita sempre più autenticamente evangelica.A piccoli
passi, attraverso i doni continui
e generosi di Dio -nonostante le
mie opacità e miserie-, questi anni
di formazione mi conducono su
questa strada bella e sorprendente. Lui trascina a sé tutta la mia
vita, chiedendomi, attraverso il
ministero dell’accolitato, di imparare dal sacrificio eucaristico ad
offrirla e spenderla al servizio degli altri, soprattutto di coloro che
con la loro sofferenza e infermità
partecipano misteriosamente al
sacrificio di Cristo. Il ministero
dell’accolitato, mi aiuterà anche a
entrare sempre più a fondo nella
comprensione e nella conoscenza
delle azioni liturgiche. In questo
ministero mi precede il babbo,
che da qualche anno svolge il
ministero di accolito presso la
parrocchia di Sant’Andrea a
Pistoia. Il suo impegno umile e
attento è un esempio per me e
un motivo in più per ringraziare
il Signore.
D.R.
MONASTERO DELLA VISITAZIONE
Festa di San Francesco
di Sales
N
el 277° anno della
sua presenza a Pistoia, l'Ordine della
Visitazione di S. Maria, situato in Via delle Logge, 3 si
appresta a celebrare la festività
del proprio fondatore: San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra.
La festa avrà luogo venerdì
24 gennaio. Questo è il programma: ore 7:45 recita delle Lodi,
alle 8 Messa officiata dal can.
Romano Lotti, cappellano del
Monastero. Nel pomeriggio, dalle
16 alle 18, si terrà l'adorazione
eucaristica con la recita del rosario e dei vespri. La festività si
concluderà alle 21 con la Messa
solenne.
La straordinaria figura di san
Francesco di Sales (1567-1622)
rimane ancora da scoprire nella
sua interezza teologica. Tralasciando il suo profilo biografico,
questo santo proclamato dal
beato Pio IX,“Dottore della chiesa” si può definire, soprattutto,
“dottore dell'amore di Dio”.
La festa liturgica di san
Francesco di Sales, che ogni anno
viene celebrata soprattutto in tutti i Monasteri della Visitazione di
Santa Maria, posti in varie parti
del mondo, sia per noi un sollievo
al nostro spirito. Concludiamo
con alcune massime estratte dal
corposo epistolario del salesio in
cui ancora una volta si possono
percepire alcune indicazioni per
poter attuare un percorso pu-
ramente cristiano: «Soprattutto
bisogna combattere l'odio e il
malcontento verso il prossimo, e
astenersi da un difetto impercettibile, ma assai nocivo, dal quale
poche persone sono immuni; che
se ci capita di criticare il prossimo
o di lamentarci (cosa che dovrebbe accadere raramente), non
la finiamo più, e ricominciamo
sempre e ripetiamo all'infinito le
nostre lamentele e rimostranze:
il che è segno di un cuore esacerbato e non ancora veramente
santo. I cuori forti e saldi non si lagnano che per fatti gravi, e inoltre,
per questi fatti gravi, non serbano
più rancore, o almeno sono senza
turbamento e affanno».
Carlo Pellegrini
APOSTOLATO DELLA PREGHIERA
Propositi di inizio anno
D
al gruppo diocesano AdP, auguri a tutta
la redazione de “La Vita” e ai suoi lettori.
Come sempre abbiamo iniziato gli
incontri di questo nuovo anno, al Monastero della Visitazione in Via delle Logge a Pistoia
il 9 gennaio, dove il direttore diocesano AdP, don
Carlo Bonaiuti, ha celebrato la Messa, preceduta
da una solenne adorazione. Ci auguriamo che il
percorso di questo anno, sia come il precedente,
un cammino molto intenso. Abbiamo avuto vari
momenti di formazione, preghiere comunitarie,
riflessioni condivise, pellegrinaggi (ValdiBrana,Assisi)
ritiro spirituale dalle suore Mantellate a Treppio
e l’esperienza indimenticabile della gita a Roma,
all’udienza di Papa Francesco; e il giorno prima al
Santuario del Divino amore.
L’assemblea regionale di ottobre, svoltasi a
Prato, con la conferenza del direttore nazionale AdP,
padre Tommaso Guadagno, sul tema “Custodire,
riparare, promuovere”, ha accresciuto in noi ancora
di più, questo voler cercare, seguire, trovare la “via
del cuore”: “La preghiera del cuore”, per aprire
a Gesù, la porta del nostro cuore. Che ci aiuti a
fare sempre della nostra giornata un’opera bella,
qualcosa di vero e di buono da offrire al Signore
e ai nostri fratelli. Ora ci aspetta il primo incontro
di formazione nella parrocchia di Valenzatico, il 30
gennaio alle 15. Ci accoglierà don Roberto Razzoli
con la sua affabilità e, don Carlo, ci guiderà con
maestria, come sempre. Chi vorrà partecipare sarà
accolto con gioia e amore.
Annamaria Innocenti
9
SANTA CRISTINA A MEZZANA
Festeggiare l’Epifania
Come ogni anno, Santa Cristina a Mezzana, ha festeggiato l’Epifania
con la tradizionale manifestazione teatrale tenuta, dai bambini e
ragazzi della scuola parrocchiale di catechismo. Il tema scelto è
stato quello dell’accoglienza dell’ “Altro”, portatore di storia, cultura,
religione e quindi arricchimento per una crescita sana ed interpersonale. “A… come accoglienza”, il titolo della drammatizzazione:
musiche, canti e testi interpretati dai bambini, sono stati i linguaggi
che hanno sviluppato i contenuti scelti.
Anche il coro parrocchiale “Santo Stefano”, ha supportato l’opera
dei ragazzi presentando alcuni brani eseguiti alla rassegna corale
Sonex Vox Tua presso la Basilica dell’Umiltà in Pistoia.
Don Claudio, ha aperto la serata con un’introduzione mirata ed
ha concluso poi l’incontro, sottolineando il significato dei messaggi
proposti e la bravura degli interpreti nell’esecuzione dei canti.
Da antica tradizione, poi il parroco, ha distribuito la calza a tutti i
bambini della comunità parrocchiale da 0 a 11 anni.
I genitori, ringraziano le catechiste, Irene, Patrizia, Federica e Marinella per la maestria nel preparare i bambini con impegno, dedizione
e missionari età.
Insieme, in un clima di armonia e serenità, tutti i presenti si sono
ritrovati, per una merenda cena, nell’oratorio.
I parrocchiani
PARROCCHIA DI LIMITE SULL’ARNO
Il grande cuore
delle suore
minime
Di solito ricevere un dono fa sempre piacere, perché è un segno di
affetto, di riconoscenza, di gioia.
Ma in questo caso il dono reca solo rimpianto.
Il 5 settembre 2010 le ultime tre suore francescane minime del sacro
cuore lasciarono la loro bella scuola materna per rientrare alla Casa
madre di Poggio a Caiano, abbandonando Limite dopo quasi cento
anni di generosa e indimenticabile presenza.
Il 2013 ha segnato il definitivo distacco, poiché le suore, con formale
atto notarile, hanno donato alla parrocchia l’intera e grande struttura, la quale ha una storia che si intreccia con quella della stessa
parrocchia e della Misericordia di Limite.
Infatti, uno scarno verbale, datato 1910, fa sapere che la Misericordia
progettava di costruire “uno stabile per impiantarvi l’ambulatorio
infermieristico e l’asilo infantile, contando sulla pubblica e privata
beneficienza”.
Il palazzo in riva all’Arno venne costruito fra gli anni 1914-1916
con un costo preventivato di diecimilaquattrocento lire.
Il 4 novembre 1916 le suore minime vi fecero il loro ingresso ed
aprirono subito il primo asilo infantile della zona.
La prima guerra mondiale e la conseguente e lunga crisi economica
impedirono alla Misericordia di far fronte al debito residuo, nonostante il generoso impegno dei dirigenti che si susseguirono nel tempo.
Ancora un verbale del 18 dicembre 1938 ci informa che: “essendo
aumentato il debito e per evitare atti giudiziari, è decisa la vendita
di parte dello stabile delle suore”.
La Madre generale, suor Maria Marianna Attucci versò la quota
concordata di venticinquemila lire, ma: “per cause varie la ratifica
legale non ebbe atto”.
Si aprì così una questione economica che sembrava insolubile, ma
che vide la giusta soluzione solamente dopo la fine della seconda
guerra mondiale, poiché un vecchio socio lasciò alla misericordia i
ruderi della sua casa di Limite, che era andata distrutta nel corso di
un bombardamento aereo alleato.
Parrocchia e misericordia, in pieno accordo con le suore, vendendo
quei ruderi ad una impresa edile, ricavarono la cifra sufficiente ad
acquistare un ampio appezzamento di terreno per costruirvi la
nuova, più ampia moderna scuola materna.
Il parroco, don Mauro Gatti, iniziò i lavori di costruzione, mettendoli
sotto la protezione della Madonna.
Infatti, nel 1954, il 16 aprile, giorno dell’apparizione della Madonna
del Buon consiglio a Genazzano di Roma, furono tracciate le fondamenta e l’8 maggio dello stesso anno, festa della Madonna del
Rosario, fu posta la prima pietra.
Nel 1956 l’intera costruzione, giunta a copertura, fu ceduta con
regolare contratto notarile alle suore di Poggio a Caiano, le quali
provvidero a rifinirla e ad arredarla, inaugurandola solennemente
il 31 agosto 1958.
Oggi che la bella scuola materna “San Francesco” è tornata ad essere
proprietà della parrocchia, è doveroso rivolgere un pensiero di gratitudine a tutte quelle persone che nel corso di oltre cento anni hanno
dimostrato capacità e grande generosità nell’offrire al popolo luoghi
di educazione e di aggregazione in spirito di vera carità cristiana.
Limite porterà sempre nel cuore le care suore che nel corso di questi
lunghi anni hanno elargito gratuitamente a tutti ogni sorta di beni
materiali, morali e spirituali, auspicandone un provvidenziale ritorno.
Lidia Tognetti Mati
10 comunità e territorio
Vita
La
n. 2 19 Gennaio 2014
SICUREZZA
Diminuiscono
gli incidenti stradali
di 186 dello scorso anno.
I servizi per la prevenzione ed il
contrasto dell’ebbrezza attuati sulle
arterie di competenza hanno consentito di controllare 24.714 persone e di procedere a 207 denunce
e alla contestazione di 164 illeciti
amministrativi per guida in stato di
alterazione da sostanze alcoliche.
Sono 7 le persone denunciate per
guida sotto l’effetto di sostanze
stupefacenti. Il sistema di relazione
con tutti gli attori della mobilità, in
particolare con la Motorizzazione ha
permesso di denunciare due extra-
comunitari perché, durante gli esami
di teoria per il conseguimento della
patente di guida, sono stati sorpresi
ad utilizzare un auricolare collegato
con un telefono alla cui estremità
vi era un suggeritore che dava le
risposte esatte.
Tra le indagini spiccano quella conseguente ad una rapina ai danni di una
cittadina cinese, malmenata e percossa per farla desistere dal tentativo di
non farsi strappare di dosso la borsa,
che si è conclusa con l’individuazione
e l’arresto di due persone.
SALDI
Avvio positivo
per le svendite
invernali
Secondo Confcommercio mediamente ogni famiglia
destinerà agli acquisti un budget di circa 340 euro
N
Lo dice il bilancio
annuale della
Polstrada.
In aumento gli
automobilisti
sorpresi alla guida
col cellulare
e senza cinture
di Patrizio Ceccarelli
D
iminuiti, anche se di
poco, gli incidenti stradali nel 2013 in provincia di Pistoia. Quelli
rilevati dalla polizia stradale, che ha
presentato il bilancio delle attività
svolte nel corso dell’anno appena
concluso, sono stati in tutto 677,
contro i 683 dell’anno precedente.
Tre quelli mortali, a fronte di 7 dello
scorso anno.
Le violazioni accertate al codice della
strada sono state in tutto 19.686,
mentre i punti decurtati dalle patenti
ammontano a 30.796.
Ottocentonovantatré sono state le
violazioni all’art. 172 (guida senza
cinture di sicurezza), 743 quelle invece all’art. 173 (utilizzo del cellulare
durante la guida), a conferma che su
questo campo sono ancora molti gli
automobilisti indisciplinati.
In aumento le violazioni all’art. 193
del codice della strada (circolazione
con veicolo non coperto da assicurazione): 263 contestazioni a fronte
CRISI
Sovraindebitamento
delle famiglie
Adesso anche i consumatori possono concordare col tribunale un piano
di ritrutturazione dei debiti. A Pistoia uno dei primi casi
R
istrutturazione del debito.
Adesso possono chiederla
anche i privati cittadini.
Lo sportello pilota sul
sovraindebitamento delle famiglie,
attivato nella sede di Pistoia del
Movimento difesa del cittadino
(Mdc), grazie ad un progetto della
Regione Toscana, ha ottenuto un
primo importante risultato: è stato
omologato, dal tribunale di Pistoia,
il «piano del consumatore», il primo
a livello nazionale. A darne notizia è
Desirée Diddi, responsabile regionale e vicepresidente nazionale Mdc,
auspicando che la normativa, finora
poco conosciuta e poco applicata, diventi un valido strumento per aiutare
le famiglie che si trovano in difficoltà.
Il caso in questione riguarda una
consumatrice, pensionata, che si è sovraindebitata per aiutare il figlio, che,
ammalatosi improvvisamente non è
più stato in grado di portare avanti
la propria azienda e di provvedere al
sostentamento della figlioletta. Con
l’aiuto del Movimento difesa del
cittadino la donna ha presentato al
tribunale di Pistoia l’istanza per dare
avvio alla procedura di sovraindebitamento, prevista dalla recentissima
legge 3/12 ed è stato nominato un
tecnico per svolgere le funzioni
dell’Organismo di composizione
della crisi (figura assimilabile a quella
del commissario giudiziale per le
procedure di concordato preventivo
per le aziende fallibili). La pensionata
ha quindi presentato al tribunale
di Pistoia il cosiddetto «piano del
consumatore», ovvero un piano di
ristrutturazione dei debiti, commisurato alla sua situazione attuale.
Il piano, omologato dal tribunale,
prevede lo stralcio di circa il 50%
dell’indebitamento ed il pagamento
del residuo 50% in 90 rate mensili
(dunque con una dilazione di 7 anni e
mezzo), somma che è stata calcolata,
detraendo dalla pensione, le spese
mensili necessarie per il sostentamento del nucleo familiare. Le risorse
monetarie per pagare i creditori, pur
non essendo oggi disponibili, saranno
ottenute anche rientrando in possesso del quinto della pensione già
ceduto ad una finanziaria.
on ha deluso la partenza dei saldi invernali, che secondo Confcommercio hanno fatto registrare in tutta la provincia risultati positivi.
Merito anche del ponte della Befana, che ha consentito a tutti di
fare acquisti con la dovuta calma. Soddisfatti i commercianti del
settore abbigliamento e calzature, per i quali in molti casi la partenza è andata assai meglio dello scorso anno.
«Segno – commenta l’associazione dei commercianti - che la clientela tende
ormai a vedere nei saldi l’opportunità di completare in modo vantaggioso gli
acquisti per la stagione in corso, facendo spesso veri e propri affari».
L’avvio è andato decisamente meglio di quello del 2013 per molti negozi d’abbigliamento pistoiesi, per i quali il fine settimana lungo ha senza dubbio contribuito al risultato. Significativo l’afflusso durante la prima giornata, sabato, che
ha confermato anche la tenuta del settore calzature: ora molti commercianti
si chiedono quanto questa spinta positiva possa durare.
Nei settori abbigliamento e calzature qualcuno ha registrato un 2-3% in più
rispetto al 2013, mentre altri dichiarano invece il 10% in meno.
Per molti commercianti del territorio le prime tre settimane di svendite saranno quelle più utili per riequilibrare i conti, a meno che non giunga una nuova
e inaspettata ondata di freddo a invogliare i clienti a proseguire in un secondo
tempo le compere invernali. In media ogni famiglia destinerà agli acquisti un
budget di circa 340 euro, ma anche per i saldi permane, data l’incertezza sul
futuro e la pressione fiscale del momento, la tendenza a spendere in modo attento e ponderato. Ad attrarre sono soprattutto capi-spalla, giubbotti, calzature,
maglieria e borse, ossia i capi più costosi del guardaroba, per i quali le persone
attendono più volentieri sconti e promozioni.
Allagamenti
Interventi
d’urgenza su
viabilità e corsi
d’acqua
Entro la fine del mese sarà pronto un quadro di
programmazione completo per la difesa del suolo
A
seguito delle intense precipitazioni dello scorso sabato 4 e domenica
5 gennaio, che hanno causato criticità alla rete idrica e movimenti
franosi con interessamento del sistema viario, la Provincia di Pistoia
ha avviato alcuni interventi di somma urgenza. Per quanto riguarda
la viabilità, gli interventi hanno interessato in particolare le strade Pistoia – Riola,
Nievole-Avaglio, Montalbano, Mammianese-Marlianese e Popiglio-Fontana Vaccaia. Sul reticolo idraulico, invece, sono stati effettuati sopralluoghi da parte dei tecnici del demanio idrico provinciale su Ombrone, Brana, Ombroncello,Torbecchia e
Acqualunga. Attualmente sono stati attivati dalla Provincia due interventi di somma urgenza: uno sull’Ombrone in località Bottegone, presso Castel de Bonechi,
per un franamento arginale in destra idraulica; l’altro sul torrente Acqualunga,
nel Comune di Agliana, all’altezza di via Palaia, per una rottura arginale in destra
idraulica.
In base a quanto programmato nel documento annuale per la difesa del suolo
2014, approvato lo scorso 23 dicembre dalla giunta della Regione Toscana, la
Provincia informa che, di concerto con i soggetti consortili e gli enti locali, procederà a verificare le priorità di intervento e che, alla luce della nuova legge regionale sui consorzi di bonifica e della individuazione dei nuovi organi consortili, il
quadro della programmazione potrà essere completo solo alla fine di gennaio.
Vita
La
19 gennaio 2014
comunità e territorio
n. 2
Fondazione Banche di Pistoia e Vignole-Montagna Pistoiese
Rossella Baldecchi dona
una sua acquaforte
“R
ossella Baldecchi fa par te
di un nutrito
gruppo di artisti pistoiesi, formati alla scuola
dell’Istituto d’Arte, ora Liceo Artistico, che ci invidiano in tutto il
mondo: artisti che non lavorano per
il mercato, ma per pura passione
e per soddisfare il piacere di chi li
apprezza e li segue”. Così, il presidente della Fondazione Banche di
Pistoia e Vignole-Montagna Pistoiese
Franco Benesperi, al momento della
formalizzazione dell’atto con il quale
l’artista e docente pistoiese Rossella
Baldecchi ha donato alla Fondazione
una sua opera – per la precisione, un
ritratto di donna inciso all’acquaforte
- affinché diventi oggetto di studio e
di future esposizioni.
“Ho imparato ad amare l’acquaforte,
tecnica antica nella quale Rembrandt
era maestro indiscusso, durante i
miei studi all’Accademia di Belle
Arti di Firenze, sotto la guida del
mio insegnante Domenico Viggiano”, ha spiegato Rossella Baldecchi.
“E’ una tecnica che richiede una
lavorazione lunga e difficile, a causa
della durezza del rame, materiale che
garantisce però la durata nel tempo
dell’opera. Ma è anche una tecnica
I
appassionante, che da allora non ho
più abbandonato”.
Le opere di Rossella Baldecchi, da
oltre trent’anni, spaziano in realtà
fra mezzi espressivi anche molto
differenti fra loro: dalla pittura, alla
grafica, fino appunto all’incisione,
numerose sono le realizzazioni di
questa apprezzata e premiata artista,
le cui opere sono state esposte in
collezioni e mostre pubbliche e private, sia in Italia che all’estero (dalla
Lituania, alla Germania, dall’Uganda,
alla Polonia e al Giappone).
Eppure spesso, al di là delle diverse
tecniche usate, uno dei temi più
ricorrenti e cari all’artista è proprio
quello femminile. Donne sospese nel
tempo, incantate ed assorte, rapite in
una dimensione altra rispetto a chi
le osserva, come depositarie di una
verità solo a loro nota: così come
nell’opera donata alla Fondazione,
questi sono i soggetti che Rossella
Baldecchi ama ritrarre. Una poesia e
una sensibilità tutta al femminile, che
non è mancata nella recente realizzazione dell’opera “Il cielo addosso”
Quattro mesi di lavoro
per la riapertura
della Pistoia-Porretta
Ma c’è chi teme che possa essere l’occasione per lo smantellamento definitivo
C
di Rfi diffusa al termine dei sopralluoghi tecnici- è reso più complesso
dalla ridotta accessibilità dell’area e
dalle conseguenti difficoltà logistiche
di allestimento dei cantieri».
Rete ferroviaria italiana comunica
inoltre che è in costante contatto
con le istituzioni del territorio con
le quali dovrà essere condiviso il
piano di ricostruzione, sia per la
parte di interesse ferroviario sia per
la rimanente.
Intanto il servizio continuerà ad
essere svolto con gli autobus, mentre
da parte dei pendolari già si teme
che i tempi di riapertura della linea,
già colpita da continui tagli, possano
rivelarsi perfino più lunghi.
«È necessario che gli enti territoriali interessati intervengano preventivamente sulla zona di territorio
franato il 5 gennaio sulla linea ferroviaria Pistoia-Porretta», si specifica
intanto da Rfi.
Tanti i commenti sul profilo Facebook «Salviamo la Porrettana». In
tutti prevale il timore che per chi ha
sempre visto la linea come un costo
per le casse regionali e per quelle
delle ferrovie, possa essere l’occasione buona per arrivare, di rinvio in
rinvio, allo smantellamento definitivo.
COMUNE DI AGLIANA
A
Assegnazione
di 70 compostiere
ltre 70 compostiere verranno assegnate secondo
la graduatoria che uscirà
da coloro che ne faranno
richiesta al Comune di Agliana entro
il 1 febbraio prossimo. Coloro che
utilizzeranno la compostiera avranno
inoltre diritto ad una riduzione del
20% della parte variabile del Tributo
Comunale su Rifiuti e Servizi, meglio
noto come Tares. L’iniziativa si inserisce nella politica di gestione dei
riprodotta), entrerà così, insieme
ad una delle sei prove di artista, a
far parte del patrimonio: entrambe
- come è nelle finalità istituzionali
della Fondazione, che fin dalla sua
nascita opera per sostenere la tutela
e la valorizzazione dei beni artistici
del territorio – saranno messe a
disposizione della cittadinanza per
mostre, pubblicazioni, ricerche ed
altre iniziative pubbliche di natura
culturale.
Silvia Mauro
Arriva
il Festival della
musica e delle arti
FERROVIE
i vorranno almeno quattro mesi, secondo Rete
ferroviaria italiana, prima
che la linea ferroviaria
Pistoia-Porretta, interrotta dal 5
gennaio scorso in seguito a una
frana che ha invaso i binari, torni a
funzionare. Tempi che preoccupano
le centinaia di pendolari giornalieri
della linea, dirottati su un servizio di
bus sostitutivo messo a punto da Trenitalia: i viaggiatori però temono che
la parziale chiusura possa essere un
campanello d’allarme per il definitivo
smantellamento della tratta.
«L’intervento -si legge in una nota
ispirata a Gianna Manzini ed esposta
in via permanente nell’omonima Sala
della Biblioteca San Giorgio di Pistoia.
Alla Fondazione, l’artista ha donato
l’incisione a bulino su lastra di rame,
dalla quale sono state ricavate solo
quaranta acquaforti e sei copie di
artista: una tiratura molto limitata,
secondo i canoni tradizionalmente
applicati. La lastra, in tutta la sua
inalterata bellezza (gli artisti generalmente la annullano graffiandola,
affinché non venga ulteriormente
11
rifiuti dell’amministrazione comunale
aglianese volta ad una loro drastica
riduzione. Per fare richiesta è necessario: essere residenti nel Comune di
Agliana, essere titolari di un’utenza
domestica unifamiliare, avere a disposizione un resede dell’abitazione
adibito a orto di almeno 2 metri
quadri e/o giardino di almeno 30
metri quadri ed essere in regola con
il pagamento della Tares.
Per scaricare il bando è possibile
consultare il rinnovato portale internet del Comune di Agliana.
Per ulteriori informazioni è possibile contattare i seguenti uffici comunali aglianesi: Ufficio relazioni con
il Pubblico (Urp) e Ufficio Ambiente
– Piazza della Resistenza 1, telefono
0574-678833 e fax 0574-678800).
Orario di apertura dalle 9 alle 13
il giovedì (previo appuntamento
telefonico).
M. B.
I prossimi 24/25 e 26 gennaio presso il piccolo teatro Mauro Bolognini
si svolgerà la X edizione del Festival della Musica e delle Arti. Prestigiosi come sempre, i nomi scelti. Quest’anno è stato deciso per 4 vere e
autentiche personalità che si sono distinte nella loro vita per l’amore
per la musica e la sua valorizzazione. Si tratta di Wilma Vernocchi, una
delle regine della lirica mondiale oltre che per 15 anni prima voce de La Scala
di Milano, da sempre conosciuta ed apprezzata da tutti i più importanti teatri
lirici del mondo dove si è esibita con tenori del calibro di Silvano Carroli, Placido
Domingo, Josè Carreras, Carlo Bini, Carlo Bergonzi ed è stata per molti anni
maestra indiscussa. Fra le personalità scelte anche due pistoiesi. Una riguarda
un amico della città come il musicista Bruno Lapio nonché autore e titolare
del negozio Hoffman ma soprattutto sempre pronto e disponibile a tutte le
esigenze e le necessità del Festival della Musica e delle Arti. La seconda scelta
è caduta invece su una personalità importante per Pistoia e per la propria tradizione musicale ossia Luigi Tronci che ha personificato nel tempo la tradizione
fatta di produzione ma anche di divulgazione e conservazione. La quarta ed
ultima scelta è invece rivolta a Graziano Uliani, fondatore nonché direttore,
organizzatore ed inventore del Porretta Soul Festival.
“La scelta di premiare Graziano Uliani non è stata certamente frutto del caso
– si legge in una nota dell’ufficio stampa di Culturidea – in quanto da sempre
la nostra associazione ha riservato attenzione verso le martoriate popolazioni
africane e quest’ultime hanno trovato nell’arte e nella musica una vera forma
di riscatto dall’emarginazione e segregazione negli USA. Il Porretta Soul Festival – conclude la nota- è stato ed è in tutta Europa il più importante evento
atto a valorizzare il contributo della musica afro americana alla emancipazione dei neri d’America, oltre al segno tangibile che con la musica sia possibile
superare qualsiasi barriera.”
In questa decima edizione della manifestazione che, come detto si terrà nei
giorni 24/ 25 e 26 gennaio si esibiranno Centro di Danza Classica e Jazz di
Grazia Pasquinelli, Progetto Danza Toscana di Katia Foderi, Spazio Danza di
Silvia Caramelli, Smiledance di Federica Pacini, Idea Danza di Cristiana Capecchi, Centro Arte e Danza di Claudio Mura e Maria Rosaria di Sessa ; il tutto
patrocinato dal Comune di Pistoia e Culturidea che sostengono e finanziano
tutto l’evento.
Edoardo Baroncelli
PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE
Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633
- [email protected] - [email protected]
SEDE PISTOIA
Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected]
FILIALI
CHIAZZANO
Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]
PISTOIA
Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]
MONTALE
Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]
MONTEMURLO
Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]
SPAZZAVENTO
Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]
LA COLONNA
Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]
PRATO
Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]
S. AGOSTINO
Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]
CAMPI BISENZIO
Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]
BOTTEGONE
Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]
12
comunità e territorio
ASSOCIAZIONE “MORENO VANNUCCHI”
Incontro con il Presidente
della Repubblica Napolitano
I
l 20 dicembre 2013 organizzata
dall'Associazione internazionale Produttori del Verde "Moreno Vannucci" è stata ricevuta
dal presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano una delegazione
importante della provincia di Pistoia
composta da numerosi delegati, in
particolare dal presidente Vannino
Vannucci, da Renzo Benesperi, dalla
presidente della provincia di Pistoia
Federica Fratoni, dall'assessore Mario
Tuci, dal sindaco di Buggiano Bettarini
e dal vicario generale della diocesi don Paolo Palazzi e da qualificati
rappresentanti il settore sanitario,
imprenditoriale, professionale, sindacale e di volontariato.
Renzo Benesperi ha presentato al
Presidente la prima attività lavorativa
di Pistoia costituita dal vivaismo con
l'eccellenza a livello europeo della
presente delegazione.
Federica Fratoni e l'assessore
Tuci hanno conseganto una lettera al
Presidente Napolitano, firmata dalla
presidente della provincia e dal sindaco di Pistoia Bertinelli, per richiedere
la sua partecipazione alla soluzione
dei difficili problemi legati alla realtà
complessa dell'AnsaldoBreda.
Il vicario generale ha portato
il saluto della chiesa di Pistoia ricordando il suo forte e autorevole
impegno della chiesa locale nel
sociale. Il Presidente Napolitano ha
ricambiato con viva cordialità e con
serena autorevolezza.
La festa si è conclusa in allegria
con il pranzo offerto dall'Associa-
n. 2 19 Gennaio 2014
PRUNETTA
Vita
La
In questo paese
il Reno
è bambino
I
zione produttori del verde Moreno
Vannucci nella stupenda tenuta presidenziale di Castel Porziano.
Abbiamo trascorso una giornata
serena e ricca di momenti di dialogo,
di conoscenza reciproca delle nostre
attività personali, ma sopratutto
abbiamo vissuto una intensa e unica
emozione nell'incontrare e dialogare
con il capo dello stato, riconoscendo
la sua notevole importanza nell'attuale momento politico italiano. È
un uomo che sa dialogare con le
persone trasmettendo attraverso le
sue parole sapienza, comprensione
e visione di ciò che esiste nella
nostra Italia, evidenziando al tempo
stesso una lucidità ed una attitudine
rasserenante che appare anche dai
suoi movimenti. La delegazione nel
congedarsi dal Presidente Napolitano
lo ha invitato a visitare prima della
fine del suo mandato la città di Pistoia
per conoscere meglio le sue notevoli
eccellenze.
Paolo Palazzi
l fiume Reno nasce a Prunetta sull’alto versante dell’Appennino pistoiese. È
quindi toscano di nascita. Il paese è allineato su due poli, tra l’alto Reno e
media Lima. Il Reno nasce un po’ più in alto di Prunetta, circa 500m. a nord
dell’abitato, a 1010m. sul mare dal fianco orientale del piccolo poggio delle
Piaggette (1091m.). Salendo da Prunetta per le Piaggette tutto intorno si fa bosco,
si scorge uno scenario di montagne meravigliose. Percorrendo la mulattiera che
allaccia il paese ai due poggi in una depressione sul pendio (che accenna l’inizio
della valle), si scorge una piccola nicchietta di mattone rosso scuro che incomincia
la sorgente del Reno.
Dalla nicchietta cade un rigagnolo d’acqua di poco superiore a poche gocce. La
sorgente del Reno è stata captata insieme a quella del Cucco per crescenti bisogni
idrici dei casolari sottostanti. Dal serbatoio rettangolare di calcestruzzo, situato
sui fianchi del poggio, proviene il suono di acque cadenti. Sul deposito la data
della costruzione: anno XVI, 1938. Allora la poca acqua terrosa che parte dalla
piccola nicchietta, attraversa la mulattiera e si butta in un valloncino scendente a
precipizio nella conca delle Piastre. È tutto il Reno alla sua sorgente. Dalla valle
non scaturiscono altre sorgenti.
Dopo 2 km dal paese di Prunetta il Reno attraversa la strada per la prima volta
sopra il primo ponte che lo valica: esso appare come un fossone, folto d’erba tra
le sponde orlate d’alberi ma quasi completamente privo d’acqua. Ora Prunetta è
diventata una fresca e tranquilla residenza estiva.
Finalmente il luogo dove nasce il Reno, grazie alla Provincia di Pistoia, ha un’identità
precisa ed è entrato nella tappa dell’ecomuseo della montagna pistoiese. L’acqua
che inzuppava il territorio è stata raccolta dagli operai della comunità montana e
riunita in una fonte zampillante a nord di Prunetta: qui incomincia il viaggio delle
acque del fiume Reno che scivolano e vanno via verso le Piastre, Porretta Terme,
Bologna, e sfociano maestose presso le Valli di Comacchio, nel mar Adriatico.
Un grande lavoro quello della Proloco di Prunetta e della comunità montana, una
strada restaurata, un cippo con tutte le generalità del luogo. Tavoli e panchine
sono stati collocati vicino alla sorgente: all’inaugurazione parteciparono centinaia
di persone.
Nel recupero delle sorgenti del Reno, chi ha avuto una parte determinante nei lavori,
è stato l’intervento degli operai della comunità montana che hanno rinnovato gli
antichi splendori del luogo. Nell’arco dell’anno molte scolaresche emiliane visitano
le sorgenti del Reno: vengono a Prunetta per conoscere la nascita di questo fiume,
anche perchè, in modo particolare i bolognesi felsinei, considerano questo corso
d’acqua il loro fiume.
Giorgio Ducceschi
spor t pistoiese
CALCIO DONNE
L
Real Aglianese,
splendida realtà
a semplicità al comando. Nella
provincia di Pistoia si può praticare calcio, praticarlo bene
anche al femminile: al Real Aglianese, società giovane ma ambiziosa, tutto
questo è possibile. In poche stagioni, grazie
al tecnico/factotum d’origine calabrese Armando Esposito, il sodalizio ha fatto passi
da giganti: una prima squadra in serie C,
ma con tanta voglia di ripercorre le gesta
dell’Agliana Air Cargo Italia, che nel ‘94/95 con l’allora super bomber Morace si laureò campione
d’Italia e nel ’96-97 si aggiudicò una Coppa Italia, oltre a un titolo nazionale vinto dalle giovanili
allenate dallo stesso Esposito. Un club piccolo, ma sano, composto da persone semplici e non
personaggi artefatti. Proprio in questi giorni la squadra Giovanissime del Real (nella foto) si è
imposta nel torneo quadrangolare “Valdinievole”: dopo aver eliminato con il punteggio di 5-3
il 2003 Lucca in semifinale, la formazione neroverde, allenata da Cesare Pallara, ha battuto 7-4
le Sorgenti Labrone Livorno sul campo di Monsummano Terme, grazie a uno splendido poker
di gol di Secchi e alle belle reti di Bonacchi, Severini e Qafoku. Un successo che rappresenta
un’ulteriore crescita di un gruppo formato da ragazze promettenti. “Siamo davvero contenti
di quest’affermazione _ ha affermato il tecnico della compagine della Piana pistoiese, Pallara _
perché vincere fa sempre bene, fa imparare più in fretta e dà morale all’ambiente. Ma ora sotto
con la preparazione: abbiamo il campionato di calcio a 7 under 14 e la Coppa Toscana da onorare.
Il nostro obiettivo è far diventare giocatrici queste ragazzine, calciatrici che possano, un giorno,
entrare nell’orbita della prima squadra”. Un plauso alle atlete scese in campo: alle titolari Carol
Rizzo, Sara Schiera, Martina Qafoku, Marta Bugiani,Asia Nesti, Giada Secchi e Virginia Ania e alle
panchinare, poi entrate sul terreno da gioco, Emma Severini, Gemma Rizzo e Alice Bonacchi.
Tutte lodevoli le giocatrici aglianesi, meritevoli di elogi, ma fra tutte si sono distinte Bonacchi,
Qafoku e Secchi. “Calcio femminile è bello _ sostiene il trainer/factotum Armando Esposito _.
Spero che una vittoria come questa porti sempre più praticanti e sponsor a questa splendida
disciplina sportiva”. Glielo auguriamo.
Gianluca Barni
Calcio - Basket
Tempi Supplementari
D
di Enzo Cabella
opo lo scontro diretto di domenica scorsa con l’Arezzo, la Pistoiese riparte con l’animo sereno e
con lo stesso vantaggio sia sullo
stesso Arezzo che sulla Pianese,
seconda distanziata di cinque punti. La gara
contro gli amaranto aretini era molto temuta
nell’ambiente arancione, ben conoscendo la
forza degli avversari che puntavano tutto sul
derby, che molti indicavano come la loro ultima spiaggia. Avessero perso a Pistoia, infatti, il
distacco dalla capolista sarebbe aumentato a
10 punti, un distacco praticamente incolmabile.
Invece è stato pareggio, la lotta continua e tutto sommato consente alla Pistoiese di restare
al comando del campionato con un buon margine di vantaggio. Il cammino è senza alcun
dubbio ancora lungo, mancano ben 15 partite
(45 punti in palio) alla fine, ma la squadra di
Morgia ha le risorse giuste ed è ben motivata
per continuare la lotta con lo stesso spirito. C’è
da osservare che la sua leadership non è stata
intaccata, è sempre prima e imbattuta. E’ vero
che ha perso il record delle vittorie consecutive
in casa, fermatosi a otto, che il suo attacco
non più il primo in campo nazionale, ma sono
piccoli dettagli buoni solo per la statistica. Nel
giorno in cui Bigoni ha interrotto la sua straordinaria striscia di gol, nel giorno in cui Peluso
ha allungato il digiuno di reti, la squadra ha
trovato in ottimo sostituto: Minincleri, che pur
non essendo una punta pura, ha segnato il
preziosissimo gol del pareggio con l’Arezzo, il
terzo nelle ultime quattro partite, arrivando a
raggiungere quota otto nella classifica marcatori arancioni. Il calendario propone una giornata interessante: l’Arezzo e la Pianese giocano
in casa, rispettivamente contro l’Ostia Mare e
il Montemurlo, mentre la Pistoiese va in casa
del Gualdo, tre avversari che sono posizionati a
metà classifica e quindi potrebbero creare non
pochi fastidi alle prime tre del girone.
Il Pistoia Basket ha concluso il girone d’andata
al dodicesimo posto nella classifica generale,
con 12 punti in carniere. Nonostante l’ultima
sconfitta a Caserta, la squadra di Moretti
può ritenersi soddisfatta, in quanto ha ben
otto punti di vantaggio su Pesaro che occupa
l’ultimo posto della classifica, in odore quindi
di retrocessione. E’ opinione generale che per
restare in A possano bastare venti punti, quindi
al Pistoia Basket ne mancherebbero solo otto,
vale a dire quattro vittorie. Non sembra un’impresa particolarmente difficile. La squadra ha
raggiunto una sua identità, gli americani si
sono bene ambientati nel nostro campionato,
quindi i biancorossi di Moretti hanno tutte le
potenzialità per raggiungere l’obiettivo, anche
se i prossimi impegni sono particolarmente
difficili: infatti, domenica arriverà a Pistoia la
capolista Cantù, quindi in rapida successione ci
saranno la trasferta di Avellino e il doppio confronto al PalaCarrara con Sassari e Milano.
Vita
La
19 gennaio 2014
“J
obs Act” è l’acronimo
di una legge votata in
maniera bipartisan negli Stati Uniti il 5 aprile
2012, per sostenere
con adeguati provvedimenti e fondi il
rilancio industriale e in particolare le
“start up”, giovani società innovative
verso le quali l’America guardava e
guarda per un ritorno allo sviluppo.
Ora anche in Italia, con la diffusione
da parte del neo-segretario del Pd,
Matteo Renzi, delle prime linee del
proprio “Jobs Act”, si parla di questo
“Jumpstart Our Business Startups
Act”, un concetto complesso - almeno per una traduzione letterale - ma
semplice nella determinazione che
contiene: far fare un “salto” in avanti
al lancio di iniziative imprenditoriali,
in una parola essere innovativi perché la creatività torni a caratterizzare il “Made in Italy”. Ecco quindi
che il “giovane” segretario del Pd ha
gettato il classico sasso nello stagno,
rischiando come in passato di finire
incagliato sui veti all’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori. In sostanza
le proposte di Renzi, che per ora
sono dei puri “enunciati”, parlano
di un contratto d’inserimento per
i giovani a “tutele progressive” che
superi buona parte dei 40 tipi di
contratto attualmente esistenti. Il
“Jobs Act” renziano prevede poi
l’assegno universale di sostegno per
tutti coloro che perdono il posto di
lavoro, con l’obbligo di seguire corsi
di riqualificazione professionale e di
non rifiutare più di un’offerta di lavoro alternativa, altrimenti decade il
sostegno. C’è poi la rendicontazione
online della spesa pubblica, la fine
della figura del dirigente di pubblica
amministrazione a tempo indeterminato (per rompere la burocrazia
pubblica inamovibile e potentissima,
spesso più degli stessi ministri),
l’aiuto alle piccole imprese sui costi
energetici e una tassazione più alta
per le attività e rendite finanziarie e
più bassa per chi “fa impresa”, specie
le “start up” dei giovani.
Smosse le acque
Fin qui le novità, per ora solo
“annunciate”, da parte di Renzi. Ma
il dado è tratto, si deve dire, perché sostenitori e detrattori hanno
dovuto prendere atto tra giovedì
9 e venerdì 10 gennaio, che l’iniziativa renziana comunque è servita a
smuovere le acque. Non solo nel
centrosinistra, dove non tutti si sono
detti d’accordo con il “Jobs Act”, ma
nel centrodestra e pure tra i “grillini”, a questo punto l’intero quadro
politico sarà costretto a fare i conti
con una proposta, sia pure stringata,
alla quale rispondere con altre idee.
Del resto, il 40% dei giovani che non
trovano lavoro e la massa crescente
di disoccupati ormai sono una minaccia troppo forte per la politica, come
hanno dimostrato le avanguardie dei
“forconi” nel mese di dicembre.
Il parere
delle Acli
In attesa di vedere quali altre
proposte verranno messe sul tappeto, registriamo le prime reazioni
al “Jobs Act” di Renzi. Così, il presidente delle Acli, Gianni Bottalico,
ha subito reagito affermando che
“al momento si tratta di ‘spunti’ che
delineano appena un indice di quelle
che saranno le proposte del nuovo
segretario del Pd”, anche se “pare
condivisibile l’analisi della situazione
n. 2
dall’Italia
EMERGENZA LAVORO
13
"Jobs Act" sul tavolo
Per Acli e Mcl
una scossa salutare
Gianni Bottalico (Acli): “Al momento si tratta
di spunti che delineano appena un indice”.
Carlo Costalli (Mcl): “C’è la consapevolezza
che non sono le regole che creano i posti
di lavoro ma la ripresa della produzione;
bene pure la possibilità per i lavoratori
di sedere nel Cda delle grandi aziende”
di Luigi Crimella
di stallo, se non di arretramento, in
cui versa l’economia italiana e l’intento di realizzare una terapia d’urto per
rimetterla in moto. Peraltro le ricette
che vengono indicate sono da anni
oggetto di discussione: la riduzione
delle tasse sul lavoro, la sburocratizzazione, l’esigenza di un piano industriale generale e di singoli piani per
i vari comparti”. Bottalico nota anche
che “andrà delineata meglio nei suoi
scopi la proposta di un nuovo codice
del lavoro” ponendo attenzione al
fatto che l’estensione delle tutele non
si tramuti in realtà nell’estensione
della precarietà, mentre appare come
una misura di assoluto buon senso la
“riduzione delle forme contrattuali”
dalle oltre 40 attuali, poiché nei fatti si
è visto che quelle più utilizzate si possono contare sulle dita di una mano.
Appaiono altrettanto importanti i
capitoli riguardanti l’estensione degli
L
a casa –sotto forma di
imposte– sta franando
sulla testa degli italiani,
trascinando con sé
molta della credibilità del governo Letta, che sulla tassazione
degli immobili sta facendo una
pessima figura. Il Sole 24 Ore ha
calcolato che nel 2013 l’Italia ha
battuto il record (probabilmente
galattico) di ben 104mila aliquote
fiscali applicate al mattone nazionale, cifra iperbolica ottenuta
dalle varie aliquote di base moltiplicate per tutte le distinzioni
operate dagli 8mila e passa Comuni italiani. Ma ha anche scritto
che –in base alle nuove misure
di tassazione decise in questi
giorni– questo record sarà sicuramente battuto nel corso del
2014. Questo per dare la misura
del colossale guazzabuglio in cui
ci siamo infilati per varie ragioni,
tra le quali mancano quelle della
semplicità e della ragionevolezza.
Tutto nasce da lontano, dall’addio
all’Ici subito sostituita dall’Imu,
quindi dall’addio all’Imu voluto da
una parte politica e accettato per
ragioni di sopravvivenza da Enrico Letta. In verità l’Imu doveva
scomparire sulla prima casa, e il
mancato introito doveva essere
pareggiato da analoghi tagli alla
spesa pubblica.
Ma tagliare, in Italia, non si può
ammortizzatori sociali a chi perde
il lavoro e la riforma dei centri per
l’impiego”. Tra i limiti, Bottalico cita
le misure per attenuare le diseguaglianze, le connessioni tra lavoro ed
Europa, la finanza speculativa.
Dal Mcl
apprezzamenti
e limiti
Dal canto suo, il presidente di
Mcl (Movimento cristiano lavoratori),
Carlo Costalli, dichiara: “Apprezziamo intanto che si tratta di una
bozza di discussione coraggiosa con
l’intento di cambiare un sistema, che
noi diciamo da anni che non funziona
e che la riforma Fornero ha cambiato
addirittura in peggio”. “Complessivamente un giudizio positivo, non
ci sono né eccessi di demolizioni di
tutele né passi indietro rispetto a
enunciazioni precedenti”, prosegue,
sottolineando che nelle linee di Renzi
c’è “la consapevolezza che non sono
le regole che creano i posti di lavoro
ma la ripresa della produzione; bene
pure la possibilità per i lavoratori di
sedere nel Cda delle grandi aziende”.
Aggiunge che “non c’è il contratto
unico, come paventato, e che ci
avrebbe visto contrari, anche se la
riduzione delle forme contrattuali
ci sembra opportuna”. Circa le per-
plessità, Costalli sottolinea che “non
c’è un chiaro programma di riduzioni
fiscali, si parla genericamente di risorse ricavate dalla spending review:
proposta ingenua se non addirittura
superficiale. Cosa non va? La legge
sulla rappresentanza!”. Per il presidente di Mcl, quindi, si tratta di un
testo che “ha in sé luci ed ombre, e
che costituirà comunque oggetto di
discussione”.
ECONOMIA
Casa schiacciata
dalle tasse
Imu, Tasi e Tari: mal di testa assicurato per i contribuenti
di Nicola Salvagnin
o non si vuole: scelta legittima,
per carità. Quindi si ri-tassa. E al
posto di uno, tre: ancora la vecchia Imu su tutti gli immobili che
non siano prime case, la nuova
Tasi che sarebbe la tassa sui servizi comunali “indivisibili” (luce,
fogne, asfalto…) e la cui aliquota
è decisa localmente; la nuova Tari
che è la vecchia Tares e quindi la
tassa rifiuti, con le stesse regole
della Tasi.
Già detta così, la situazione appare più complicata di prima e, lo dicono gli esperti, più costosa per il
contribuente. Ma all’aggravio fiscale – cui siamo tutto sommato assuefatti – s’è aggiunta la beffa della
complicazione, della confusione.
Bisognerà conoscere le decisioni di ogni singolo Comune non
solo sulle aliquote, ma pure sulle
detrazioni, e le loro variazioni nel
tempo; calcolare ogni volta gli importi; rispettare le tante scadenze
perché ogni tassa – a quanto pare
– avrà due rate annuali, quindi sei
in tutto. Ma sulla rateazione non è
ancora detta l’ultima…
Lo ripetiamo: noi italiani ormai
abbiamo fatto il callo all’assurdo,
a scervellarci e a perdere un sacco di tempo per pagare, non per
incassare (si pensi ai bizantinismi
relativi alla sola Imu: la prima cantina è esentata, la seconda paga
imposte anche fossero 8 euro
l’anno; è prima casa solo per chi
è proprietario, non lo è se abitata
dai figli…). Ma figuriamoci le facce
degli investitori stranieri, di quei
fondi pensione, di quelle finanziarie, di quei grandi patrimoni esteri
che cercano nel mattone rifugio
o affari. Con tutto il mondo a disposizione, perché investire in un
Paese da mal di testa?
Cefalea che sta venendo a milioni
di italiani per un’ultima coda velenosa del capitolo Imu. Mentre
il governo, nel corso del 2013,
ballava il valzer dell’Imu sì, Imu no,
Imu sospesa; no, cancellata – con
la costante, disperata ricerca di
soldi per colmare il buco finanziario –, ben 2.500 amministrazioni
comunali italiane mettevano le
mani avanti aumentando l’aliquota
Imu sulla prima casa: metti mai
che rimanga…
Così ora l’esecutivo ha deciso che
l’Imu prima casa non è più dovuta
per il 2013, ma per le aliquote
esistenti ad inizio anno. Chi le
ha aumentate, deve chiedere la
differenza ai cittadini, da pagare
entro il 24 gennaio. Peccato che,
per calcolare questo residuo
d’imposta, ci voglia la sapienza di
un premio Nobel; che i Caf non
siano stati ancora dotati dei programmi informatici di calcolo; che
infine il risultato finale sarà (per
fortuna) di pochi euro. Per pagare
i quali però bisognerà impazzire e
perdere tempo. Diceva il vecchio
Bartali: tutto sbagliato, tutto da
rifare…
14 dall’italia
n. 2 19 Gennaio 2014
LE CHIAMANO DROGHE LEGGERE
L’Italia non
è morta.
Necessita
di autostima
di Bruno Cescon
I
l pasticcio sugli insegnanti; la
Puglia, che non vuole il rigassificatore ma cosparge il suo territorio di pale eoliche e impianti
fotovoltaici; i partiti politici in continua
fibrillazione che discutono all’infinito di
riforma elettorale, di fine delle Province;
la riorganizzazione degli ospedali e della
sanità ma salvando le pretese localistiche,
di ospedali minori inutili quanto costosi,
vicino a casa; caos sull’Imu, sulle seconde
case; indagini martellanti sulle povertà
che crescono; Cgia di Mestre che sforna
statistiche su tasse in aumento; miraggio
dello sportello unico, che non funziona e
banche dati che non dialogano; evasione
fiscale miliardaria e debiti dello Stato che
crescono assieme a quelli dei Comuni e
delle Regioni; imprese che protestano per
la burocrazia e per gli aiuti non ricevuti.
Ecco un florilegio di titoli di giornali e telegiornali. Tutti improntati al pessimismo.
Il nostro Paese è diventato lamentoso.
Non vede che le cose che vanno male.
La gente addossa la colpa ai politici ma
poi chiede raccomandazioni e posti di
lavoro nel pubblico che è già intasato
dove si lavora a singhiozzo. È diminuito
il lavoro ma vi sono disoccupati che
preferiscono il sussidio di disoccupazione
a un impiego parziale; ugualmente vi è
qualche cassintegrato che resta a casa
invece che riprendere il lavoro nella sua
azienda che ha una nuova commessa. Industriali e imprese s’aspettano aiuti dallo
Stato mentre protestano per le tasse, il
costo del lavoro. Eppure una parte di loro
non ha saputo innovare, mentre ora ha
capitali finanziari che non vuole o non sa
investire. Eppure sono guadagni, ottenuti
in parte anche con l’evasione fiscale, in
tempi più facili. Hanno spesso investito in
agricoltura e purtroppo in edilizia, quando
vi sono migliaia di appartamenti sfitti e di
capannoni vuoti, con grave danno ecologico per il territorio. I Comuni si vantano, a
buon diritto, di essere vicini alla gente ma
non sono esenti da sprechi, da assunzioni
inutili. Si sono spesso comportati da cicale
e ora chiedono soldi che non ci sono. Questo è anche il nostro Paese, anche i nostri
Friuli e Veneto. Capaci di sperimentare
nuovi partiti, che si comportano peggio
delle vecchie forze politiche. Nonostante
tutto questo c’è vitalità. Vi sono aziende,
vi sono commerci, vi sono concessionarie,
vi sono ospedali e reparti all’avanguardia
nelle specialità e bene funzionanti.Vi è chi
tra gli imprenditori osa nuovi investimenti
e pure ci guadagna. Altre imprese hanno
saputo internazionalizzarsi. Vi sono giovani che non aspettano solo i concorsi,
ma che avviano nuove attività. E sono
giovani ben preparati, spesso forniti di
diverse specializzazioni. Vi è un terzo
settore, il sociale, fatto di comunità, di rete
di imprese, di cooperazione e consorzi
che bilancia lo Stato nell’assistenza. Vi
è un’agricoltura, che ha condotto una
accelerata modernizzazione, che sta sul
mercato. Nel nostro Paese ha retto ed è
cresciuta la solidarietà, non solo quella
caritativa, ma quella dell’aiutarsi l’un
l’altro, soprattutto nelle famiglie. Se lo
Stato sociale deve ridursi all’essenziale,
il terzo settore, che interpreta e attua il
principio di sussidiarietà, potrà integrare
l’assistenza pubblica.Il nostro Paese non
è morto. Necessita di una rinnovata autostima. Di riscoprire un nuovo orgoglio di
essere italiani dentro un mondo globale.
Gli italiani debbono volersi bene.
S
Sulla cannabis libera
cresce il dissenso
nel mondo cattolico
arà vero che l’unico modo
per battere le narco-mafie,
come sostiene lo scrittore
Roberto Saviano, consiste
nel legalizzare la droga partendo
dalla cannabis? Sarà vero che esiste
una netta differenza tra le droghe che
alcuni considerano “leggere” e quelle
che invece gli stessi considerano
“pesanti”? È scientificamente dimostrabile questa distinzione, oppure
fanno male sia la cannabis sia le altre
droghe, perché agiscono sul sistema
nervoso, sul cervello e sulla psiche?
Sono domande che la gente comune
si pone, all’indomani dalla notizia che
il senatore del Pd, Luigi Manconi, ha
depositato il testo di un disegno di
legge per la depenalizzazione, la coltivazione e la possibilità di cessione
della cannabis. Mentre il leader di Sel,
Vendola, ha subito dichiarato la sua
adesione a questa iniziativa, abbiamo
sentito alcuni esponenti di comunità di accoglienza e recupero per
tossicodipendenti, che esprimono,
in maggioranza, le loro forti critiche
e riserve verso la depenalizzazione.
Hanno risposto Roberto Mineo
(presidente del “Ceis don Picchi”),
don Antonio Mazzi (“Exodus”), don
Armando Zappolini (Cnca-comunità
di accoglienza). Di parere negativo
anche il cardinal Elio Sgreccia.
Mineo, come vede questo
ennesimo tentativo di legalizzare la droga?
“Purtroppo con stupore e sconcerto,
perché non si può accettare una situazione del genere, anche se si parla per
ora di cannabis, che ha dimostrato i
suoi effetti dannosi e che tanti problemi
provoca a chi ne va in cerca e la usa. Se
si arrivasse alla liberalizzazione, avrem-
T
Vita
La
orniamo a parlare di edilizia scolastica. È stato infatti pubblicato “Ecosistema
scuola 2013”, il rapporto
annuale sulla qualità dell’edilizia e i
servizi scolastici di Legambiente, giunto
ormai alla XIV edizione.
Le notizie, ancora una volta, non sono
confortanti. Il “parco scuole” della
nostra Italia è messo male. Oltre il
60% degli edifici scolastici - spiega
Legambiente - è stato costruito prima
del 1974, data dell’entrata in vigore
della normativa antisismica. Il 37,6%
delle scuole necessita d’interventi di
manutenzione urgente, il 40% è privo
del certificato di agibilità, il 38,4% si
trova in aree a rischio sismico e il 60%
non ha il certificato di prevenzione
incendi.
L’indagine ha preso in esame la qualità
delle strutture e dei servizi della scuola
dell’infanzia, primaria e secondaria
di primo grado di 94 capoluoghi di
provincia. Ben 5.301 edifici scolastici.
La verifica di vulnerabilità sismica è
stata realizzata solo sul 27,3% delle
scuole. Nei Comuni che si trovano in
area a rischio sismico (zona 1 e 2) e
idrogeologo, solo il 21,1% gli edifici ha
compiuto tale verifica. In lieve crescita
invece i dati sull’accessibilità: l’82,3%
I pareri di Roberto Mineo (presidente del “Ceis Don
Picchi”), don Antonio Mazzi (“Exodus”), don Armando
Zappolini (Cnca - comunità di accoglienza). Il giudizio
negativo del cardinale Elio Sgreccia
di Luigi Crimella
mo un popolo di giovani che in buona
parte potrebbero diventare dipendenti
da questa sostanza. L’effetto negativo sarebbe simile a quello del gioco d’azzardo:
finché è stato illegale, era contenuto in
ristrette cerchie e aree, appena è stato
legalizzato per interesse dello Stato,
sono nati migliaia di centri per il gioco,
col risultato che oggi abbiamo quasi 2
milioni di giocatori ‘patologici’. Se è questo
che vogliamo in Italia, bene: avremo un
effetto devastante, perché oltre ai danni
psichici, fisici e comportamentali, crescerà
una generazione di persone dipendenti
con tutte le conseguenze del caso. Mi
chiedo che interesse ci sia dietro questo
tentativo da parte di certi politici”.
Don Antonio Mazzi, lei che
è il fondatore di “Exodus”, ci
dice cosa ne pensa?
“Per me legalizzare la marijuana
vuol dire, al di là del pericolo della sostanza, offrire un capriccio in più ai nostri figli.
Il problema è che i capricci, comunque,
fanno male e la droga in particolare. In
un momento in cui dovremmo invece
ridurre i ‘capricci’ vecchi, se ne vuole
aggiungere uno nuovo e ‘legale’. Credo
che la nostra società sia ipocrita e - permettetemi - ‘bastarda’, perché intende
proporre un’azione diseducativa e molto
pericolosa, soprattutto per il futuro dei
più giovani. Anziché impegnarci tutti per
stimolare verso lo studio, il lavoro, l’impegno civile e sociale, ecco che andiamo a
offrire divertimenti equivoci, pericolosi dal
punto di vista fisico, morale e spirituale,
che rendono i nostri ragazzi ancora più
viziati”.
Don Armando Zappolini,
qual è la sua visione sul problema della cannabis “libera”?
“Io ritengo sbagliato l’approccio,
che giudico ‘ideologico’, secondo il quale
ogni droga è dannosa allo stesso modo.
Equiparare le ‘leggere’ alle ‘pesanti’ è un
dazio culturale che stiamo pagando da
anni, senza una controprova scientifica.
L’uso delle droghe leggere parla piuttosto
di una vera emergenza educativa. Non
sono sicuro che legalizzare sia del tutto
positivo, sono invece sicuro che proibire e
basta è invece negativo. Non condivido le
campagne da crociata tipo quelle dell’on.
Giovanardi: vedo tanti ragazzi che usano
la cannabis e non diventeranno mai dei
‘drogati’ veri. Il confine vero sono le droghe pesanti e dobbiamo agire per non
far cascare i giovani in mano alle mafie”.
Il parere negativo del cardinale Elio Sgreccia
Una voce autorevole del mondo
cattolico, quella del cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia
Accademia per la vita, si è fatta sentire
sul tema della “droga libera”. Interpellato da un quotidiano nazionale ha tra
l’altro affermato che “per quello che
ho potuto studiare sulle dipendenze, le
loro dinamiche e i fattori che possono
aiutare i giovani a venirne fuori, quando
sono caduti dentro la droga, ritengo che
sia la coltivazione sia la liberalizzazione,
anche delle droghe ‘leggere’, è un fattore
negativo. Si è riusciti a fare qualcosa, con
il ringraziamento successivo di coloro
che sono riusciti a venirne fuori, dove
si sono prese posizioni repressive, non
nel senso punitivo della parola ma con
l’aiuto al distacco”. Ha poi aggiunto
che, a suo avviso, è necessario “togliere
la distinzione, non fondata da un punto
di vista psico-dinamico, tra le droghe
leggere e quelle pesanti: perché dal
leggero si passa facilmente al pesante”
e la cannabis è “la porta d’introduzione”.
SCUOLA
Edilizia, eterna
cenerentola
Legambiente: necessaria l’anagrafe per programmare interventi
di Alberto Campoleone
degli edifici ha i requisiti di legge, il 16,4
% ha realizzato interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Tra i moltissimi dati contenuti nel
dossier, da rilevare ancora una volta la
disparità di situazioni tra Nord e Sud
Italia per quanto riguarda la qualità
del patrimonio edilizio. Trento, Prato
e Piacenza sono i primi 3 capoluoghi
di provincia in classifica, ma bisogna
arrivare alla 23ma posizione per trovare il primo capoluogo del Sud che è,
curiosamente, L’Aquila (dove peraltro
molte scuole sono ancora in moduli
provvisori e presenta comunque una
situazione straordinaria), seguito da
Lecce alla 27ma posizione.
Un altro dato riguarda la disparità
degli investimenti per la manutenzione.
Nel 2012 l’investimento medio per la
manutenzione straordinaria a edificio
scolastico è stato di 30.345 euro contro
i 43.382 del 2011. Nel Nord la media
di tali investimenti è quasi tre volte
quella del Sud, nonostante vi sia una
maggiore necessità d’interventi nel
Meridione, legata anche alla fragilità
del territorio, al rischio idrogeologico,
sismico e vulcanico. Insomma, Italia a
due velocità (come noto).
Ci sono anche dati positivi. Ad esempio
il trend registrato nell’uso delle fonti
rinnovabili e dell’efficienza energetica.
Dal 2008 al 2013 le scuole che utilizzano fonti di energia rinnovabile sono
passate dal 6,3% al 13,5%. L’80,8%
degli edifici ha installato impianti solari
fotovoltaici, il 24,9% ha impianti solari
termici, l’1,6% impianti di geotermia
e/o pompe di calore e lo 0,4% ha
impianti a biomassa. Infine il 9,6% utilizza il mix di fonti rinnovabili. E anche
le regioni del Sud sono ben piazzate.
Il rapporto naturalmente è ricchissimo
e dice molte cose. Sostanzialmente
però torna su un refrain conosciuto:
investire nell’edilizia scolastica è una
urgenza indifferibile. Non solo con investimenti generalizzati, ma soprattutto
con una programmazione mirata, per
la quale - Legambiente insiste - serve
l’anagrafe delle scuole, che non c’è (è
attesa dal 1996). Senza, mancano le
informazioni per intervenire in modo
efficace. Insomma, servono i soldi (e il
rapporto riconosce i passi avanti fatti
recentemente, con i fondi stanziati e
l’attenzione dichiarata dal ministro) e
più ancora la programmazione. Solo
così si potrà uscire dall’emergenza.
Vita
La
19 gennaio 2014
dall’estero
n. 2
MALAYSIA
Ancora in cerca
della propria identità
La società civile
cresce nel Paese,
dove una popolazione molto
giovane reclama
più democrazia
di Angela Carusone
M
alesi, Cinesi,
Indiani: quale
che sia la loro
origine gli abitanti della Malaysia chiedono
cambiamenti politici e, anche
se le elezioni legislative dello
scorso maggio hanno permesso al partito al governo dal
1957, anno dell’indipendenza,
di tirare avanti, i problemi
restano. Divisa territorialmente tra la penisola malese
e il nord dell’isola del Borneo,
la Malaysia conta circa trenta
milioni di abitanti che, a motivo delle diverse ondate di
immigrazione, sono per circa
il 60 per cento Malesi, per il
30 per cento Cinesi e per il
10 per cento Indiani. Dopo
l’indipendenza, una sorta di
contratto sociale implicito
affidava ai Malesi in potere
C
on Ariel Sharon se
ne va sicuramente uno dei personaggi politici più
importanti dello
stato di Israele, una figura
che ha fatto letteralmente
la storia del proprio Paese
e che ha vissuto da protagonista molti avvenimenti
cruciali. Sharon era nato nel
1928 vicino a Tel Aviv da
una famiglia di ebrei sefarditi, fuoriusciti dalla nascente
Unione Sovietica. Già a
quindici anni si arruolò nelle
forze che lottavano per la
creazione di Israele e a soli
ventotto anni fu nominato
generale del nuovo esercito.
Grazie alla sua precoce
carriera militare, Sharon può
essere considerato fra i fondatori di Israele, e proprio
la sua azione nelle forze
armate lo ha reso celebre.
Sharon è stato infatti un
vero e proprio simbolo, un
eroe militare dotato di grandissimo carisma e di ferrea
determinazione, adorato
dai propri soldati e capace
di iniziative spettacolari e
risolute. Già ai vertici militari
nella guerra del 1967, fu il
conflitto dello Yom Kippur
del 1973 a consacrarne
la figura, quando guidò
l’avanzata dei carri armati
israeliani attraverso il Sinai
per aggirare le forze egiziane con una manovra da
manuale e consegnando
politico e ai Cinesi l’economia. Ma quell’intesa fra le
borghesie (malese, cinese e
indiana) al potere, “non aveva
considerato la grandissima
povertà della società, una delle
più diseguali dell’Asia, proprio
mentre la guerra contro la
guerriglia comunista rendeva
sospetta ogni rivendicazione
sociale”, scrive lo storico
Charles Dannaud. E il governo varò una nuova politica
economica che distingueva i
cittadini tra malesi, autoctoni,
e tutti gli altri, dando priorità
ai primi nella redistribuzione
delle ricchezze.
“La teoria del Malese povero e del Cinese ricco era in
realtà solo una costruzione
politica”, rileva l’economista Elsa Lafaye. “La maggior
povertà dei Malesi –spiega–
dipendeva prima di tutto dal
dualismo tra attività di sussistenza e attività produttrici di
valore, dalla divisione etnica
del lavoro, e da un accesso
differente all’educazione. In
realtà –aggiunge– le diseguaglianze all’interno di ciascuna
comunità sono state ignorate”.
Eppure durante la campagna
elettorale la paura dei Malesi
di perdere la loro sovranità
Il primo ministro Nayib Rozak
a vantaggio della minoranza
cinese è stata strumentalizzata
ancora una volta dalla politica.
“Parlando di ‘tsunami cinese’
il primo ministro Najib Razak
ha negato la realtà di un voto
che ha visto una parte dei
malesi stessi votare per l’opposizione –avverte Bridget
Welsh, docente all’Università
di Singapore– perché ormai
il divario etnico ha lasciato il
posto a un divario sociologico
e geografico”.
La realtà sociale in Malaysia è infatti cambiata. Nel
Paese il 56 per cento della popolazione ha meno di trent’an-
ni, e “la giovane generazione
si considera Malaysiana, piuttosto che malese, Cinese o
Indiana, e mostra di essere
meno razzista di quelle precedenti”, ricorda Welsh.“Questa
gioventù non ha conosciuto la
formidabile ascesa del Paese
negli anni Ottanta e non si
sente debitrice nei confronti
del vecchio partito nazionalista”, aggiunge. “Il vaso di
pandora è stato scoperchiato
con la crisi asiatica – scrive Lafaye – la popolazione accettava
una società autoritaria perché
la crescita giovava a tutti; ma
allora si sono resi conto di
pagare molto caro in termini
di libertà qualcosa che non
c’era più”.
Oggi, anche se il Paese
vive una situazione economica non difficile (i disoccupati
sono meno del 4 per cento),
e si è ottenuta una redazione
delle diseguaglianze tra le
etnie e in seno a ciascuna
comunità, la popolazione è
preoccupata per il potere
di acquisto, e reclama un
miglioramento dei servizi
pubblici, delle infrastrutture
e dell’insegnamento.
Inoltre, politicamente la
scelta del criterio etnico ha
accentuato le divisioni della
società. L’ondata di privatizzazioni avviata agli inizi degli
anni Novanta ha favorito il
nepotismo e, secondo Lafaye,
“il 20 per cento più ricco
possiede più della metà della
ricchezza del Paese”.
Oggi quindi si sono sviluppate molte iniziative provenienti dalla società, ispirate
dalle ‘primavere arabe’, e
aiutate dalla moltiplicazione
di mezzi di comunicazione.
“il cambiamento arriverà, è
inevitabile – afferma Welsh
– se non altro per motivi
demografici. Perdere il po-
IN MORTE DI SHARON
Forgiato dalla guerra
Conquistato dalla pace
Una figura complessa quella di Ariel Sharon, come la storia e la società israeliana:
un uomo nato come guerriero, dotato di ferrea determinazione, pronto a tutto per il proprio
Paese, difficile da racchiudere in qualunque categoria politica
di Stefano Costalli
la vittoria a Israele. Dopo
questa impresa Sharon uscì
dall’esercito per entrare
in politica, ma continuò a
lasciare il proprio segno profondo nella storia di Israele
utilizzando lo stesso approccio da comandante militare.
Entrato nel Likud, Sharon è
stato, come Rabin fra i Laburisti, uno dei primi ebrei autoctoni a raggiungere i vertici
delle istituzioni israeliane. Alla
fine degli anni ‘70, da ministro di Menachem Begin, diede il via alla costruzione dei
tanto discussi insediamenti in
Cisgiordania e nella Striscia
di Gaza, che difenderà e
promuoverà per i decenni
successivi. Nel 1982, Sharon
era Ministro della Difesa e
organizzò l’intervento israeliano in Libano, nel tentativo
di infliggere un colpo mortale
all’Olp guidata da Arafat.
All’interno di questa iniziativa si collocano le famose
stragi di Sabra e Chatila, in
cui reparti falangisti libanesi
sterminarono migliaia di civili
palestinesi in due campi profughi alla periferia di Beirut.
L’area era controllata dai
militari israeliani, che intervennero solo quando ormai
era troppo tardi. Un’inchiesta
interna accertò che le forze
israeliane non potevano non
conoscere ciò che stava avvenendo e stabilì una responsabilità indiretta di Sharon per
quanto accaduto, seppure
una sua responsabilità diretta non sia mai stata provata.
Questo episodio gettò una
pesante ombra sulla figura
di Sharon, tingendo la sua
famosa determinazione di
spietatezza.
La terza fase della vita di
Sharon iniziò alla fine degli
anni ‘90, quando divenne leader del Likud dopo un lungo
periodo di appannamento.
Nel 2000 la sua provocatoria passeggiata sulla Spianata delle moschee a Gerusa-
15
tere non sarà un male per il
partito al governo, che potrà
così sradicare efficacemente
i suoi elementi corrotti e
ritornare con una nuova politica”, in grado di portare “alla
creazione di una nazione democratica , capace di pensare
la sua identità, e di prendere
coscienza della ricchezza della sua multiculturalità”.
Dal mondo
Moneta unica
in Africa
Un protocollo di intesa che
genera l’unione monetaria
è stato firmato sul finire
del 2013 dai rappresentanti
di questi paesi africani. Burundi, Kenya, Uganda, Tanzania e Ruanda. L’accordo
costituisce una premessa
utile per la creazione di
una moneta unica la cui valuta potrebbe essere realtà
fra una decina di anni. Già
membri della Comunità
dell’Africa orientale, le
cinque nazioni da diversi
anni sono all’opera per la
edificazione di un mercato
unico che, sul modello di
quello che plasma l’Unione
europea, assommerebbe
una popolazione di circa
135 milioni di cittadini.
Gulag in Nord
Corea
Il rapporto annuale composto da Amnesty International denuncia la presenza
angosciante di campi di
prigionia nel Nord Corea,
afferma che “sotto la nuova
leadership di Kim Jong-un
la Corea del Nord sta violando ogni diritto umano”
e fa sapere che lo stato
più repressivo al mondo
continua a negare l’esistere
di questi gulag. Sono campi
destinati a prigionieri politici (100-200mila), dove
torture ed esecuzioni sommarie sono prassi quotidiana. Chi vi giunge “non ha
accuse formali né ha avuto
un processo; molti sono
lì solo perché conoscono
qualcuno che è caduto in
disgrazia”.
Torre di Ciro
lemme accese la miccia della
Seconda intifada palestinese,
sulla scorta della quale Sharon criticò aspramente gli
accordi di pace di Oslo.Tuttavia, nel 2005, divenuto Primo
Ministro, Sharon riconobbe
che i palestinesi avevano diritto a un loro Stato e decise
unilateralmente di ritirare le
forze armate israeliane dalla
Striscia di Gaza, facendo
sgomberare con la forza
anche vari insediamenti che
egli stesso aveva più volte
difeso. In seguito a questo
cambiamento di rotta, Sharon accusò il proprio partito
di estremismo e ne uscì per
fondare una nuova formazione di centro, Kadyma, ma un
ictus lo colpì lo stesso anno.
Questo era Sharon, una figura complessa come la storia
e la società israeliana, un
uomo forgiato dalla guerra,
dotato di ferrea determinazione, pronto a tutto per il
proprio Paese, difficile da
racchiudere in qualunque
categoria politica.
La missione archeologica
italo-iraniana (le università
di Bologna e di Shiraz; Pierfrancesco Callieri e Ahreza
Askari Chaverdi, direttori
dei lavori) ha scoperto
nella pianura di Persepoli
in Iran, dopo tre anni di
scavi nell’area di Tol-e Ajon,
una torre eretta da Ciro
il Grande (590-529 a. C.),
una struttura a base rettangolare e di impianto babilonese. Il monumento, cui
è stata attribuita la probabile funzione simbolico-cerimoniale, risale al periodo
storico successivo a quello
della conquista di Babilonia
ad opera di Ciro il Grande,
imperatore, impresa compiuta nel 539 a.C.
16 musica e spettacolo
I
l film che Paolo Sorrentino ha presentato
a Cannes nel maggio
scorso e che, votato
dalla stampa estera di Hollywood, ha vinto il Golden
Globe nella notte di domenica scorsa -trofeo che apre
ufficialmente la corsa agli
Oscar- comincia con una
macrosequenza alle Terme del
Gianicolo. Un turista orientale
cade svenuto, non si sa se
per la canicola estiva oppure per la impudica bellezza
della Città Eterna. E’ solo il
primo topos capitolino di un
lungo itinerario che va dalle
Terme di Caracalla al Colosseo, monumento imponente
dell’età Flavia, su cui s’affaccia
il balcone dell’attico di Jep
Gambardella, giornalista mondano della Roma festaiola, con
all’attivo un primo grande
romanzo, che è rimasto anche
l’ultimo: “L’apparato umano”.
Per capire l’intimo significato
di quella che sembrerebbe
essere un’impasse creativa
letargica, viene incontro allo
spettatore una citazione che
rimanda all’autore di “Madame Bovary”: “Mi chiedonodice Jep- come mai non ho più
scritto un libro. Ma guardate
questa gente, queste facce: il
nulla. E se Flaubert, che diceva
che avrebbe voluto scrivere
un romanzo sul niente, non
c’è riuscito, perchè dovrei
riuscirci io?”. I volti cui fa riferimento Jep (un Toni Servillo
molto incisivo, con loquela
da partenopeo snob) sono
quelli delle persone con cui
è solito dividere le sue tristi,
monotone serate sul terrazzo
di casa: un venditore di giocat-
I
rlanda, 1952. Una
mamma (Philomena
Lee) cacciata dalla famiglia perché incinta,
ed il suo bambino (Anthony) vengono separati, il figlio viene dato in adozione
ad una coppia americana.
I due si cercano poi per
tutta la vita in due diversi
continenti, senza incontrarsi mai. Cinquant’anni dopo
Philomena incontra Martin
Sixmith (Steve Coogan),
disincantato giornalista al
quale racconta la sua storia. Lui la convince quindi
ad accompagnarlo negli
Stati Uniti per ricercare
Anthony. L’anziana mamma
è l’attrice premio Oscar
Judi Dench, che con il suo
viso autentico di ottantenne dallo sguardo azzurro
illumina, come sempre
fa, una storia realmente
accaduta, straordinaria
negli intrecci del destino
e nella forza invincibile
dell’amore. Candidata a tre
Golden Globe (film, attrice,
sceneggiatura) alla Mostra
del Cinema di Venezia, alla
pellicola viene poi dato
il Leone d’Oro solo per
la sceneggiatura. Storia
ispirata all’inchiesta romanzata di Sixsmith, un tempo
CINEMA
La grande bellezza
Dopo il trionfo al Golden Globe,
la prossima tappa è l’Oscar
di Francesco Sgarano
toli linguacciuto, una coppia di
intellettuali inaciditi, una scrittrice fallita, un autore di teatro
insulso, succube perdipiù di
un’attricetta fasulla. E’ una fauna agghiacciante, con una vita
“sull’orlo della disperazione”,
che deve fare i conti con i rimpianti del passato, lo squallore
del presente e il buco nero in
fondo al tram del futuro, cui si
aggiunge, a un certo momento, una spogliarellista già ben
oltre la quarantina, Ramona,
figlia di un vecchio amico, con
cui Jep pare intessere l’unico
rapporto pulito della sua vacua e miserevole esistenza. Ma
la nuova amica, divenuta tanto
intima da farle compagnia sul
letto, nella contemplazione del
soffitto, senza però consuma-
Vita
La
n. 2 19 GENNAIO 2014
re l’atto sessuale, gli muore
per un male incurabile e getta
Jep in uno stato di completa
prostrazione fisica e morale.
Seguono altri personaggi,
alcuni anche appartenenti al
ceto ecclesiastico, descritto
perlopiù con sarcasmo (vedi
il cardinale di Roberto Herlitzka), per arrivare ad un
finale in cui sopravanza, con un
certo nitore, il bisogno di un
ritorno alla purezza primigenia
della giovinezza, di riavvolgere
il nastro della vita verso un
territorio incontaminato dalle
sozzure e dalle abiezioni della
vita adulta.
I paragoni sono sempre
brutti, talvolta antipatici ma,
spesso, servono a capire motivi intrinseci e connessioni
tra film e film. In questo caso
(compresa la scena finale,
dove una ragazza angelica pare
voler attirare l’attenzione del
protagonista) “La dolce vita”
di Fellini è un evidente modello cui Sorrentino si è ispirato
in più frangenti. La statua del
Cristo che là pendeva da un
elicottero conglobava tutto
il paganesimo, la profanità, la
blasfemia -oserei dire- di una
società ormai non più tollerabile, qui è la ficcante sequenza
della discoteca a riassumere
bene, nella sua martellante vacuità, la deriva di una comunità
altoborghese, intellettual-chic,
incancrenita dai fallimenti
esistenziali e indementita da
stucchevoli conversazioni
pseudo-filosofiche. Il ritratto
che ne vien fuori è, tutto
sommato, riuscito ed è debitore, se vogliamo esser pignoli,
anche di almeno altri tre titoli
felliniani dedicati allo sfacelo,
morale e reale, di certi posti
della capitale -”Giulietta degli
Spiriti”,“Satyricon” e “Roma”ma non bisogna dimenticarsi
di dire una cosa, a mio avviso,
importante. La mondanità, i
flash, i lustrini che nel film di
Fellini si concentravano nella
poi diventata celeberrima Via
Veneto, erano frutto anche
della fantasia immaginifica del
grande riminese; Sorrentino,
seppur con intelligente scandaglio psicologico, si limita
ad un’osservazione. D’altra
parte non si può scordare la
testimonianza illuminante di
Vincenzo Cardarelli, un habituè di Via Veneto: -Dopo il film
di Fellini migliaia di stranieri
cominciarono a venire a Roma
per vedere dov’era “la dolce
vita” ma restavano delusi
quando s’accorgevano che di
paparazzi, in via Veneto, non
ce n’era nemmeno mezzo-. La
differenza tra arte cinematografica e documentario d’autore. Detto questo, la schiera
d’attori è davvero brava e
folta: Toni Servillo, Verdone,
la Ferilli, Galatea Ranzi, Carlo
Buccirosso, Iaia Forte, Isabella
Ferrari, Pamela Villoresi e altri
(Fanny Ardant e Venditti nel
ruolo di se stessi) eseguono
le direttive del regista con
grande professionalità. Gli
americani, nei confronti degli
aspetti più scabrosi, osceni
e ridicoli dell’italianità, sono
sempre andati in brodo di
giuggiole e il film, con tutta
probabilità, si aggiudicherà
l’Oscar 2014 come miglior
film straniero. Ma, signori
miei, se questi sono i capolavori d’oggi, il cinema dimostra
ormai un livello qualitativo
sconsolante. E’ da tempo che
lo vado dicendo.
Sostieni
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CINEMA
“Philomena”,
un film con Judi
Dench
di Leonardo Soldati
responsabile della comunicazione per il governo Blair,
che rimasto disoccupato si
mette appunto alla ricerca
di una storia strappalacrime
con fatti accaduti in un’epoca in cui le donne non contavano niente. Il libro (“The
Lost Child of Philomena
Lee”, 2009), con il titolo
del film, è edito in Italia da
Piemme con una sezione
fotografica e racconta soprattutto la vita di Anthony.
Il film, distribuito da Lucky
Red in Italia, aggiunge che
la donna irlandese, amante
dei romanzi rosa, timida
ma coraggiosa, nel 2004 va
negli Usa assieme al giornalista per ritrovare suo
figlio ormai cinquantenne.
Due protagonisti, giornalista e signora, che non si
capiscono per tutto il film,
diversi per censo ed educazione, lui ironico, colto
e razionale, sarcastico ed
infelice, lei imbevuta di fede
e schiettezza, generosa e
piena di sentimenti, capace
di vedere anche più lontano
di lui, alla fine imparano
qualcosa l’uno dall’altra in
un doppio sfondo storico:
l’Irlanda povera dei primi
anni Cinquanta e l’Inghilterra del 2003 dell’appoggio
di Blair alla guerra in Iraq.
Coogan ha anche scritto
la sceneggiatura assieme
a Jeff Pope. Il regista, Stephen Frears, dosa pathos
e commedia, fa venire la
lacrima allo spettatore ma
la trattiene con britannico
senso del controllo, emerge
invece anche la risata per
il contrasto della strana
coppia: l’intellettuale snob
uscito da Oxford e l’ex infermiera piccolo borghese,
l’ateo e la credente. Un film
candidato ai Golden Globes
per il miglior film nella categoria drammatico, candidatura all’Oscar anche per
Judi Dench come attrice
protagonista, sempre intensa, autorevole e dai tempi
perfetti. Nell’istituto che a
suo tempo aveva ospitato
madre e figlio si vede la
foto di Jane Russell, diva di
Hollywood che come tanti
altri americani benestanti
arrivò in Irlanda per adottare un bambino. Chissà se un
giorno qualche volenteroso
farà un film sulle dive che
oggi procreano salvandosi
il girovita grazie al sistema
degli uteri in affitto. Sarebbe
un crescendo di rivelazioni
ad orologeria….
LaVita
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CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 15 GENNAIO 2014
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