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Lancia in resta

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Lancia in resta
6
auto
story
Lancia in resta
di Marco Centenari
C’
è molta gente all’angolo fra via Ormea e via Donizetti, davanti al portone della ex fabbrica Itala, nella
zona di Torino compresa
fra corso Dante e il Parco
del Valentino. È il 29 settembre del 1907. Vincenzo
Lancia e il socio Claudio
Fogolin hanno affittato lì
due locali adibendoli a sede della nuova fabbrica di
automobili fondata il 29
novembre del 1906. La prima vettura è pronta per il
giro inaugurale. In effetti
sarebbe stata pronta parecchi mesi prima, in febbraio, ma era andata distrutta nell’incendio causato da una stufa rimasta
accesa di notte. Il rogo aveva lasciato sul lastrico i due
soci, che avevano tuttavia
trovato la forza d’animo e
il denaro per ricominciare daccapo. Sembra che il
maggior finanziatore della ripresa sia stato Giovanni Agnelli, che voleva molto bene a Vincenzo Lancia, suo ex dipendente alla Fiat come collaudatore
e pilota. Il futuro senatore sapeva che Lancia
avrebbe costruito macchine particolari, non concorrenziali con le proprie.
Si apre dunque il portone
di via Ormea, la vettura è
già in moto, con Vincenzo
Lancia alla guida e il collaudatore Luigi “Vigìn” Gismondi al suo fianco. Ma
la sorte ha teso un nuovo
agguato alla prima Lancia.
Non un incendio, stavolta: qualcosa di molto più
banale e perfino comico.
66
AUTOMOBILE
| SETTEMBRE 2008
UNA VETTURA DI SERIE CHE FILA
A 90 ALL’ORA, NEL 1908 È DAVVERO
TROPPO VELOCE. PER QUESTO
IL PUBBLICO GUARDA
CON DIFFIDENZA LE BELLISSIME
MACCHINE USCITE DALLA NUOVA
FABBRICA DI VINCENZO LANCIA
E DEL SOCIO CLAUDIO FOGOLIN.
UN PO’ ALLA VOLTA, PERÒ,
IL PUBBLICO “MATURA”. E LE ALTE
PRESTAZIONI, ANZICHÉ UN
HANDICAP, DIVENTANO UN PREGIO.
TANTO DA ATTIRARE L’ATTENZIONE
DI INGLESI E AMERICANI
La vettura, pur di dimensioni contenute, non passa dal portone. Che fare?
Rovesciamola su un lato,
suggerisce Gismondi. Non
se ne parla neanche, risponde Lancia che, trovato un piccone, con pochi
colpi ben assestati allarga
gli stipiti. La gente applaude e la macchina, che non
ha ancora la carrozzeria
ma si limita all’autotelaio
nudo, si avvia scoppiettando per il suo giro inaugurale. L’inconveniente e soprattutto la figura di Vincenzo Lancia trasformano
l’evento in un trionfo.
Quella prima vettura, che
sarà carrozzata da Locati
& Torretta in elegante veste double phaeton, non
ha nulla di rivoluzionario.
Eppure si distingue subito per alcune particolarità che non sfuggono agli
intenditori. È più bassa
della media, più leggera, e
il suo motore di soli 1,5 litri, con normale struttura
biblocco (2 cilindri + 2) e
distribuzione a valvole laterali, gira a 1450 giri al mi-
nuto. Un regime che per
l’epoca è considerato stratosferico, se non addirittura folle. Dura minga, diceva la gente. Un motore
che gira così forte, si rompe subito. Ma Vincenzo
Lancia sapeva quel che faceva. La sua esperienza di
collaudatore e soprattutto di pilota delle prime
Fiat da corsa, gli aveva
conferito una sensibilità
straordinaria. Non pretendeva di essere un rivoluzionario, ma un affinatore. A differenza della Fiat
e di altre grosse aziende
europee, Lancia ha sempre rifiutato il compromesso qualità/prezzo. Costi
quel che costi, una Lancia
dovrà privilegiare innanzitutto la qualità.
Vincenzo Lancia ritratto
al volante all’inizio
del XX secolo. In basso,
una Lambda del 1922.
Nel 1908, quando esce la
prima vettura di serie destinata al pubblico, l’azienda ha 30 dipendenti contro gli oltre 3.000 della
Fiat. La prima Lancia si
chiama Alfa, che nulla c’entra con l’Anonima Lombarda Fabbrica Automobili
che nascerà a Milano nel
1910 e si chiamerà poi Alfa Romeo. Alfa è la prima
lettera dell’alfabeto greco,
e tutti i successivi modelli Lancia - fino alla Lambda del 1922 - saranno battezzati con lettere greche.
Sembra che questa scelta
sia stata fatta da Vincenzo in omaggio a uno dei
suoi fratelli, il professor
Giuseppe Lancia, insegnante di lettere antiche.
La Lancia Alfa definitiva
ha un motore a 4 cilindri
biblocco di 2543 cm3 e sviluppa 28 CV al regime record di 1800 giri/min. Fa
90 chilometri all’ora, velocità spaventosa per un’auto di serie del 1908. Il primo acquirente è Felice
Nazzaro, pilota, ex collega di Lancia alla Fiat Corse. È un buon lancio promozionale, ma contemporaneamente contribuisce
a rafforzare la diffidenza
del pubblico nei confronti di vetture considerate
troppo veloci e adatte a piloti professionisti. Il sentimento si acuisce quando
di lì a poco esce da Dialfa,
con motore a 6 cilindri triblocco da 40 CV che fa 110
all’ora. Troppo. Lancia capisce, la toglie dalla produzione e la sostituisce
con la Beta del 1909, che
ha motore a 4 cilindri monoblocco di 3120 cm3, potenza di 34 CV e velocità
“autolimitata” a 90 chilometri l’ora. Segue nel 1910
la Gamma, che ha 38 CV e
fa davvero i 110, come la
Dialfa. Ma nel frattempo il
pubblico sembra maturato, e le prestazioni delle
Lancia - anziché fare paura - diventano un pregio.
La Delta del 1911 fa 115 chilometri all’ora, così come
la Epsilon. Mentre la Eta,
con un motore di oltre 5
litri e 50 CV, supera addirittura i 120, risultando la
più veloce vettura italiana
del momento.
L’anno successivo, 1912,
Fiat festeggia il traguardo
delle 10.000 automobili.
Lancia ne ha costruite poco più di 1.500. Ma la sua
fama è già consolidata oltre i confini dell’Italia, soprattutto in Inghilterra e
negli Stati Uniti. Qui John
Davidson Rockefeller, primo grande petroliere americano, sceglierà nel 1913
come vettura personale il
nuovo modello Lancia, la
Theta, prima automobile
al mondo dotata di impianto elettrico completo
per l’illuminazione e l’avviamento del motore.
6- continua
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