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La nefropatia da mezzi di contrasto radiografici iodati

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La nefropatia da mezzi di contrasto radiografici iodati
La nefropatia da mezzi di contrasto radiografici iodati: Patogenesi, Fattori predisponenti, Prevenzione
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DEPTH
REVIEW
La nefropatia da mezzi di contrasto
radiografici iodati: Patogenesi, Fattori
predisponenti, Prevenzione
Michele Andreucci
Cattedra di Nefrologia, Dipartimento di “Scienze della Salute”, Campus “Salvatore Venuta”, Università “Magna Graecia”
Corrispondenza a: Michele Andreucci; Professore Associato di Nefrologia, Università della “Magna Graecia”
I-88100 Catanzaro; Tel:+39 0961 3647301 Fax:+39 0961 712384 Mail: [email protected]
Abstract
I mezzi di contrasto radiografici iodati possono causare una disfunzione renale che si verifica in particolare nei pazienti con preesistente insufficienza renale e/o diabete. Questa compromissione della
funzione renale è chiamata CIN (C
Contrast-IInduced Nephropathy), cioè un’insufficienza renale acuta che
compare entro 24-72 dopo l’inezione intravascolare del mezzo di contrasto radiografico iodato e che non
può essere attribuita ad altre cause. La patogenesi della CIN non è stata ancora completamente chiarita
e può essere dovuta a vari fattori, che includono l’ischemia renale, soprattutto nella midollare renale, la
formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS: reactive oxigen species), una riduzione della produzione
di NO (nitric oxide), e danni all’epitelio tubulare e all’endoteslio vascolare. Ho passato in rassegna la patogenesi e i fattori di rischio per la CIN e discusso gli accorgimenti per la sua prevenzione, fornendo una
lunga lista di voci bibliografiche che potranno consentire ai lettori dell’articolo una profonda valutazione
di questa malattia iatrogena.
Parole chiave: agenti di contrasto iodati, danno renale acuto da mezzi di contrasto, danno tubulare renale, insufficienza
renale acuta, mezzi di contrasto radiografici, nefropatia da mezzi di contrasto
I mezzi di contrasto (MDC) radiografici iodati sono farmaci ampiamente usati nella pratica
clinica per migliorare la visibilità di organi e di strutture anatomiche mediante tecniche radiologiche. Sono utilizzati per procedimenti sia diagnostici (per distinguere aree normali
da aree patologiche) che terapeutici come radiografie (urografie, arteriografie, etc), interventi percutanei arteriosi e cardiaci (coronarografie, angioplastiche) e tomografie computerizzate [1] (full text). Quelli utilizzati oggi sono modificazioni chimiche di un anello
benzenico triiodato. La loro radio-opacità è basata sull’ione iodio. Pertanto sono necessarie
soluzioni ad alta concentrazione di iodio (di solito 250-400 mgI/mL).
I mezzi di contrasto radiografici iodati
I MDC radiografici iodati sono classificati in ionici o non-ionici e monomerici o dimerici (Tabella 1). Hanno osmolalità e viscosità differenti. I MDC ionici ad elevata osmolalità (HOCM:
High-Osmolar Contrast Media, es. diatrizoato) hanno una osmolalità compresa tra 1500 e
1800 mOsm/Kg, cioè pari a 5-8 volte l’osmolalità del plasma. I MDC non-ionici a bassa osmolalità (LOCM: Low-Osmolar Contrast Media, es. ioexolo) hanno un’osmolalità compresa tra
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600 e 850 mOsm/Kg, cioè pari a 2-3 volte l’osmolalità del plasma. I MDC non-ionici isoosmolari (IOCM: Iso-Osmolar Contrast Media, es. iodixanolo) hanno un’osmolalità di circa
290-300 mOsm/Kg, cioè la stessa osmolalità del plasma [2] (full text) [3] (full text) [4] (full
text).
La nefropatia da mezzi di contrasto iodati (CIN)
I MDC iodati sono in genere innocui. I loro effetti collaterali sono generalmente modesti e
transitori. Tuttavia, soprattutto nei pazienti con funzione renale ridotta e/o diabete mellito,
i MDC possono causare la cosiddetta Nefropatia da mezzi di contrasto (CIN: Contrast-Induced Nephropathy o CI-AKI: Contrast-Induced Acute Kidney Injury) [1] (full text). Si tratta
di una malattia iatrogena indicata come la terza causa di Insufficenza Renale Acuta (IRA)
acquisita in sede ospedaliera (dopo i casi di IRA da interventi chirurgici e da ipotensioni
marcate e prolungate): costituirebbe il 12% di tutti i casi ospedalieri di IRA [5]
[5].
È stato anche affermato che la CIN si verifica nel 5% dei pazienti ospedalieri con normofunzione renale [6]
[6]. Nei pazienti extraospedalieri con clearance della creatinina (ClCr), quindi
con il filtrato glomerulare (GFR: glomerular filtration rate), >45 ml/min per 1.73 m2, il rischio di CIN sarebbe invece molto basso (pari circa al 2%) [7] (full text). Più recentemente è
stato sostenuto che la CIN è rara nei soggetti con normofunzione renale, mentre si verifica
più facilmente nei soggetti con preesistente compromissione della funzione renale, soprattutto se diabetici [8]
[8].
La CIN può essere definita come un’IRA che si verifica da 24 a 72 ore dopo l’iniezione intravascolare di MDC e che non può essere attribuita ad altre cause. Si tratta in genere di una
diminuzione della funzione renale non-oligurica, asintomatica e transitoria, raggiungendo
la massima espressione tra il terzo ed il quinto giorno e tornando ai valori iniziali dopo
10-14 giorni. La compromissione della funzione renale è in genere indicata dall’aumento del
valore assoluto di creatinina sierica (CrS) di 0,5 mg/dL (o più) o dall’aumento del 25% (o più)
Tabella 1. Mezzi di contrasto iodati comunemente usati nella pratica clinica
Nome
Tipo
Contenuto Iodio (mg/mL) mOsm/Kg Tipo Osmolalità Viscosità cps a 37°C
Diatrizoato (Hypaque 50)
Monomero
300
1,55
HOCM
10.5
Metrizoato Isopaque (Conray 370)
Monomero
370
2,1
HOCM
3.4
Ioxaglato (Hexabrix)
Dimero
320
580
LOCM
7.5
Iopamidolo (Isovist-370)
Monomero
370
796
LOCM
9.4
Ioexolo (Omnipaque 350)
Monomero
350
884
LOCM
10.4
Iodixanolo (Visipaque 320)
Dimero
320
290
IOCM
11.8
Ionico
Nonionico
I mezzi di contrasto ionici e nonionici possono essere monomerici o dimerici; ci sono 3 atomi di iodio per ogni anello di benzene di un mezzo di contrasto: se una molecola del mezzo di contrasto contiene solamente 1 anello di benzene, è detto Monomero; se contiene 2 anelli di benzene, è detto
Dimero. In soluzione, i mezzi di contrasto ionici si dividono nei loro anioni e cationi aumentando così la loro osmolalità; mentre i mezzi di contrasto
nonionici non si dividono. I dimeri nonionici sono i mezzi di contrasto ideali in quanto posseggono molto iodio con una più bassa osmolalità.
L’osmolalità dei mezzi di contrasto sono paragonati all’osmolarità del plasma. HOCM = High Osmotic Contrast Media hanno un’osmolalità molto più
elevata di quella del plasma, cioè 5–8 volte l’osmolalità del plasma. LOCM = Low Osmotic Contrast Media hanno un’osmolalità ancora elevata rispetto a
quella del plasma, cioè 2–3 volte l’osmolalità del plasma. IOCM = Iso Osmotic Contrast Media hanno la stessa osmolalità del plasma. Cps: Viscosità in
Centipoise.
I dati di viscosità sono stati ottenuti da [220]
(Riprodotta da [3] (full text) con l’autorizzazione).
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del valore della CrS basale; ma è noto che la CrS varia con l’età, il sesso e con lo sviluppo
delle masse muscolari. È pertanto preferibile l’uso della clearance della creatinina (ClCr).
Ancora migliore è l’utilizzo del filtrato glomerulare stimato (eGFR: estimated glomerular filtration rate) che è il calcolo della ClCr ottenuto o con la formula MDRD (Modification of Diet
in Renal Disease) [9] o con l’equazione CKD-EPI (Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration) [10]
[10], oppure con la semplice e pratica formula di Cockcroft-Gault: (140 - numero
anni di età) x Kg peso corporeo/ 72 / CrS (in mg/dL); nel sesso femminile il risultato deve
essere moltiplicato per 0,85 [11]
[11]. La eGFR, oltre ad essere più corretta della ClCr misurata
(passibile di vari errori), evita la tediosa procedura della raccolta delle urine di 24 ore per
la misurazione della ClCr. Briguori et al [12] (full text) hanno proposto l’utilizzo dei nuovi
biomarkers per riconoscere i primi segni di danno renale da MDC: kidney injury molecule-1
(KIM-1), interleukin-18 e soprattutto neutrophil gelatinase-associated lipocalin (NGAL). Gli
Autori ritengono che il valore sierico di NGAL (che deriva dall’epitelio tubulare) sia il biomarker più adatto a diagnosticare, entro poche ore, un inizio di danno renale, in una fase
subclinica della CIN prima della alterazione della funzione renale.
La CIN è caratterizzata da una diminuzione del GFR a 30-60 mL/min o meno. In alcuni casi, la
CIN è una grave IRA con oliguria (<400 mL/24 ore), che richiede la dialisi. In questi pazienti
la mortalità è elevata [13]
[13].
Gli aspetti clinici ed il trattamento della CIN sono gli stessi dell’IRA dovuta ad altre cause
[3] (full text) [14] (full text) [15] [16]
[16].
La diversa nefrotossicità dei differenti mezzi di contrasto
iodati
I MDC LOCM sono meno nefrotossici dei MDC HOCM. La frequenza di CIN varia dal 5% al 12%
per i MDC HOCM e dall’1% al 3% per i MDC LOCM. È stato dimostrato che l’uso dei MDC LOCM
piuttosto dei MDC HOCM riduce l’incidenza di CIN in pazienti con preesistente insufficienza
renale cronica [17] (full text) [18] [19] (full text) [20] [21]
[21]. Questo ha portato al minor utilizzo
dei MDC HOCM. Il MDC IOCM iodixanolo sembra essere meno nefrotossico del MDC LOCM
ioexolo, per lo meno nei pazienti con IRC sottoposti all’infusione intra-arteriosa del MDC
[22] [23]
[23].
Una meta-analisi eseguita nel 2006 da McCullough et al [24] (full text) sugli effetti dell’IOCM
iodixanolo sulla funzione renale confrontati con i MDC LOCM includeva 16 trials randomizzati, controllati a doppio cieco con dati di ben 2.727 pazienti. Essi riscontrarono che l’uso
dell’IOCM iodixanolo si associava a minori incrementi della CrS e a una minore comparsa di
CIN rispetto all’utilizzo dei LOCM, soprattutto in pazienti con IRC e/o diabete mellito.
Tuttavia la maggior parte degli studi e delle meta-analisi recenti non ha evidenziato significative differenze sulla incidenza della CIN tra IOCM e LOCM [22] [23] [25] [26] (full text)
[27] (full text) [28]
[28].
Tre interessanti studi hanno escluso una differenza di nefrotossicità tra il MDC LOCM iopamidolo e il MDC IOCM iodixanolo.
Così Barrett et al [29] hanno confrontato gli effetti sulla funzione renale di dosi equivalenti
di Iodio e.v. (40 g I) del MDC LOCM iopamidolo 370 (n. 77) o del IOCM iodixanolo 320 (n. 76)
in 153 pazienti con IRC (CrS ≥1.5 mg/dL e/o ClCr ≤60 mL/min) sottoposti a tomografia computerizzata in uno studio multicentrico, randomizzato a doppio cieco. Un aumento della CrS
≥0.5 mg/dL non fu osservato in nessuno dei pazienti che avevano ricevuto iopamidolo-370
e in soli due pazienti che avevano ricevuto iodixanolo-320 (p = 0.2). Un aumento della CrS
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≥25% si verificava in tre pazienti che avevano ricevuto iopamidolo-370 e in tre pazienti che
avevano ricevuto iodixanolo-320 (p = 1.0).
Analogamente Solomon et al [26] (full text) hanno condotto il trial CARE (Cardiac Angiography in REnally impaired patients), randomizzato, a doppio cieco, coinvolgendo 414 pazienti con un eGFR di 20-59 mL/min/1.73 m2 sottoposti a cateterizzazione cardiaca, usando
o il MDC LOCM iopamidolo o il MDC IOCM iodixanolo. Un aumento della CrS di ≥0.5 mg/dL si
verificava nel 4.4% (9 pazienti su 204) dopo iopamidolo e nel 6.7% (14 pazienti su 210) dopo
iodixanolo (p=0.39), mentre un aumento della CrS ≥25% si verificava nel 9.8% e nel 12.4%, rispettivamente (p=0.44). Quindi non c’era differenza nell’incidenza della CIN tra il MDC LOCM
iopamidolo e il MDC IOCM iodixanolo. Anche nei pazienti con diabete (n = 170), non vi era
una differenza statisticamente significativa tra questi due MDC.
Infine lo studio PREDICT (Patients with REnal impairment and DIabetes undergoing Computed Tomography) di Kuhn et al [25] ha confrontato l’incidenza della CIN dopo somministrazione o del MDC LOCM iopamidolo 370 (n. 125) o del MDC IOCM iodixanolo 320 (n. 123)
in pazienti con IRC (eGFR = 20-59 mL/min/1.73 m2) e diabete sottoposti a tomografia computerizzata. La CIN (intesa come un aumento della CrS ≥ 25% dal valore basale) si verificava
in 7 pazienti (5.6%) che avevano ricevuto iopamidolo-370 e in 6 pazienti (4.9%) che avevano
ricevuto iodixanolo-320 (p = 1.0).
La meta-analisi di Heinrich et al [23] includeva 25 trials randomizzati e controllati con i
dati di 2.850 pazienti e confrontava la nefrotossicità del MDC IOCM iodixanolo (1701 pazienti) con quella dei MDC LOCM (ioexolo, iopamidolo, iopromide, iomeprolo, ioversolo, iobitridolo) (1569 pazienti) somministrati per via venosa. Il MDC iodixanolo non riduceva il
rischio della CIN (8 trials) se paragonato ai MDC LOCM considerati insieme. Però la somministrazione intra-arteriosa dei MDC in pazienti con IRC (17 trials) rendeva il rischio della CIN
maggiore con il MDC LOCM ioexolo (494 patients) rispetto al MDC IOCM iodixanolo, mentre
non si notava una differenza significativa tra iodixanolo e altri MDC LOCM.
Reed et al [27] (full text) hanno condotto un’altra meta-analisi (16 trials che includevano
2763 individui) che confrontava ancora la nefrotossicità del MDC IOCM iodixanolo con MDC
LOCM. Gli Autori non hanno trovato una differenza significativa nell’incidenza della CIN tra
il gruppo ricevente lo iodixanolo ed il gruppo ricevente MDC LOCM, ma ammettevano possibili differenze di nefrotossicità tra i diversi tipi di MDC LOCM.
Patogenesi della nefropatia da mezzi di contrasto iodati
La patogenesi della nefropatia da MDC (CIN) oggigiorno non è ancora completamente conosciuta. Molti fattori sono risultati essere coinvolti [3] (full text) [30]
[30]..
Quando i MDC sono iniettati per via endovenosa o intraarteriosa, si verifica immediatamente una risposta emodinamica renale bifasica: una immediata, rapida e transitoria vasodilatazione renale accompagnata da un aumento del flusso ematico renale (RBF: renal blood
flow) che è seguita da una prolungata vasocostrizione renale con un aumento delle resistenza vascolari renali ed una riduzione del RBF. I vasi extrarenali mostrano una transitoria
vasocostrizione seguita da una vasodilatazione stabile con diminuzione delle resistenza periferiche [30] [31] (full text) [32] (full text) [33] (full text). Ovviamente questi fenomeni sono
accentuati dalle condizioni di disidratazione e/o di deplezione salina del paziente.
La diminuzione del RBF causerà una diminuzione del GFR (Figura 1).
Queste modifiche dell’emodinamica renale causano una importante ischemia renale che è
particolarmente grave nella midollare renale per la sua peculiare anatomia e fisiologia. InG Ital Nefrol 2014; 31 (5) – ISSN 1724-5590 – © 2014 Società Italiana di Nefrologia
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fatti anche in condizioni fisiologiche normali la tensione di ossigeno (O2) a livello della midollare renale esterna è molto bassa per la sua notevole distanza dai vasa recta discendenti.
Questo scarso apporto di O2 contrasta con l’elevato consumo di O2 di quest’area dovuto
all’elevato fisiologico riassorbimento tubulare nei segmenti S3 dei tubuli renali prossimali
e nei lembi spessi ascendenti delle anse di Henle contenuti proprio nella midollare renale
esterna [30]. Prostaglandine, ossido nitrico (NO: nitric oxide) e adenosina, in condizioni
fisiologiche, aumentando il flusso ematico regionale e diminuendo il trasporto tubulare,
adeguano l’entità del riassorbimento tubulare al limitato apporto di O2 [34] (full text). Alterazioni di uno o più di questi meccanismi protettivi causeranno un’ipossia midollare. E le
alterazioni emodinamiche renali indotte dai MDC rendono l’ipossia midollare renale particolarmente grave [3] (full text) [30].
È stato dimostrato che, in cani con normale funzione renale, il MDC non-ionico ioexolo (Omnipaque 300) induceva una vasodilatazione renale per l’attivazione prevalente dei recettori
A2 dell’adenosina con aumento del RBF; invece in cani con ridotta funzione renale il MDC
ioexolo induceva l’attivazione sia dei recettori A2 dell’adenosina (che si associava ad una iniziale vasodilatazione renale), che dei recettori A1 dell’adenosina (che era responsabile della
successiva vasocostrizione che aggravava l’emodinamica renale) [35]
[35]. Si è quindi dedotto
che la vasocostrizione indotta dai MDC è mediata dai recettori A1 dell’adenosina, mentre
l’attivazione dei recettori A2 dell’adenosina è responsabile della vasodilatazione causata dal
MDC. D’altronde la somministrazione dei MDC determina un aumento dell’eliminazione di
adenosina con le urine.
È stato ampiamente dimostrato con studi in vitro che i MDC causano una vasocostrizione
marcata dei vasa recta della midollare renale. Così Sendeski et al [36] hanno dimostrato, me-
Figura 1.
I complessi meccanismi con i quali i mezzi di contrasto iodati causano la caduta del filtrato glomerulare (GFR).
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diante microperfusione in vitro di vasa recta discendenti isolati dai reni di ratti, che soluzioni
del MDC IOCM iodixanolo, con una concentrazione di Iodio di 23 mg/ml (per simulare il
dosaggio di Iodio utilizzato negli studi radiologici nell’uomo), causano una vasocostrizione,
con una riduzione del 52% del diametro luminale da riduzione di NO, ed aumentano la risposta vasocostrittoria all’angiotensina II.
Ma i MDC causano anche una diuresi osmotica, che comporta un maggior apporto di fluido
tubulare e quindi un maggior riassorbimento attivo tubulare nel lembo ascendente spesso
delle anse di Henle con conseguente maggior consumo di O2. Questo aggrava ulteriormente
l’ipossia midollare [2] (full text) [3] (full text) [36].
La maggior parte dell’acqua filtrata dai glomeruli è riassorbita dai tubuli renali. Siccome
invece il MDC filtrato non è soggetto a riassorbimento tubulare, la sua concentrazione
nel lume tubulare aumenta notevolmente. Il risultato sarà un progressivo aumento
dell’osmolalità e quindi della viscosità del fluido intratubulare. Per il rapporto esponenziale
che esiste tra la concentrazione di una soluzione e la sua viscosità, infatti, l’aumento
dell’osmolalità del fluido intratubulare porterà a un notevole aumento della sua viscosità
[37] (full text). Poichè il flusso di un fluido in un tubo aumenta con l’aumentare del gradiente pressorio e diminuisce con l’aumentare della resistenza e siccome la resistenza aumenta proporzionalmente all’aumento della viscosità del fluido, l’aumento della viscosità
del fluido intratubulare dovuta al MDC aumenterà la pressione intratubulare renale riducendo il gradiente tra pressione idrostatica glomerulare e pressione intratubulare [37] (full
text). Pertanto, la diuresi osmotica da MDC causerà un’ostruzione tubulare che contribuirà
al danno dell’epitelio tubulare e alla caduta del GFR [30] (Figura 1).
Ma un ruolo importante nella patogenesi della CIN sembra essere svolto dallo stress ossidativo (Figura 2). Pisani et al [38] hanno di recente dimostrato che una manganese superossido dismutasi ricombinante somministrata in vivo a ratti trattati con il MDC diatrizoato
riduceva lo stress ossidativo renale, prevenendo così la riduzione del GFR ed i danni istologici renali che conseguono alla somministrazione del MDC.
L’ipossia midollare, infatti, può causare la formazione delle specie reattive dell’ossigeno
(ROS: Reactive Oxygen Species) [4] (full text) [39] (full text).
Un ruolo cruciale è svolto dalla caduta del NO che si ritiene essere dovuta alla sua reazione
con le ROS, in particolare l’anione superossido O2. [40] [41] (full text). Questa reazione può
portare alla formazione del più potente anione ossidante perossinitrito (ONOO-) [42] (full
text) che può essere più dannoso per le cellule endoteliali (Figura 2).
Nei pazienti con IRC è presente un’alterazione dei sistemi antiossidanti [43] ed un aumento
dello stress ossidativo associato a infiammazione e disfunzione endoteliale [44] (full text).
Questo può spiegare perché una pre-esistente IRC rappresenti una condizione che predispone allo sviluppo della CIN [30].
Ma i MDC esercitano anche una citotossicità diretta sulle cellule endoteliali vascolari e sulle
cellule epiteliali tubulari renali causando apoptosi e necrosi (Figura 2).
Le cellule endoteliali sono le prime cellule con le quali i MDC entrano in contatto con la somministrazione e.v. ed intra-arteriosa. La diminuzione del NO nei vasa recta è dovuta non solo
all’aumentata produzione di ROS, come su esposto, ma anche alle cellule endoteliali danneggiate ed apoptotiche [40].
Come accennato, i MDC sono filtrati dai glomeruli e non riassorbiti dai tubuli renali. Il riassorbimento tubulare di acqua aumenta la loro concentrazione nel fluido tubulare rendendo
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più marcato il loro danneggiamento diretto sull’epitelio tubulare [31] (full text) [45] (full
text) [46]
[46].
Studi recenti hanno valutato i meccanismi molecolari intracellulari coinvolti nella fisiopatologia della CIN analizzando gli effetti tossici acuti da esposizione ai MDC di vari tipi di
cellule epiteliali tubulari renali [47] [48]
[48].. Detti studi hanno dimostrato, in cellule umane di
embrione 293T, che il "pathway" intracellulare JNK-ATF2 è coinvolto nell'apoptosi cellulare
indotta da MDC. Inoltre, l'attivazione (fosforilazione) di JNKs (membri delle MAP chinasi),
chinasi coinvolte in vari tipi di danno cellulare, differiva a seconda del tipo di MDC. Gong
et al [49] hanno confermato in parte questi risultati dimostrando inoltre che l'apoptosi indotta dai MDC era associata all'attivazione di un'altra subfamiglia delle MAP chinasi, p38
MAPK, con un coinvolgimento del pathway MAPK/iNOS. Più recentemente l’attenzione si è
concentrata sull'analisi degli effetti a lungo termine dei MDC sui pathways intracellulari in
cellule epiteliali tubulari renali prossimali umane [47] [50] [51] [52] [53] [54] [55] (full text)
[56] (full text) [57]
[57].
In cellule tubulari renali umane primarie ed in cellule HK-2 (linea cellulare tubulare renale
prossimale umana immortalizzata disponibile in commercio e da molti anni utilizzata da
vari gruppi di ricerca proprio per le sue caratteristiche fenotipiche [58] [59]
[59]) esposte a
MDC il mio gruppo di ricerca ha dimostrato una diminuzione della sopravvivenza cellulare
secondaria ad una ridotta attivazione di Akt e di ERK 1/2, chinasi che giuocano notoriamente un ruolo fondamentale nella sopravvivenza/proliferazione cellulare come dimostrato, ormai da molti anni, da vari gruppi di ricerca con l’utilizzo di svariati modelli
sperimentali [60] (full text) [61] [62] (full text) [63] (full text) [64] (full text) [65]
[65]; questa ridotta sopravvivenza cellulare veniva notevolmente incrementata in seguito alla transfe-
Figura 2.
I complessi meccanismi con i quali i mezzi di contrasto iodati causano la caduta del filtrato glomerulare (GFR). Il ruolo importante dello
stress ossidativo.
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zione delle cellule HK-2 con una forma costituzionalmente attiva di Akt [54], dimostrando
quindi che, anche in caso di morte cellulare indotta da MDC, Akt svolge un ruolo significativo nella sopravvivenza cellulare [54]. Inoltre il mio gruppo ha dimostrato, in cellule
HK-2, che i MDC influenzano l’attivazione/disattivazione dei fattori di trascrizione, come
FoxO3a, un target di Akt, e STAT3, che controllano i geni coinvolti nella apoptosi e nella proliferazione cellulare [50] [55] (full text).
Studi negli animali sperimentali e studi in vitro suggeriscono che i MDC iodati possono indurre direttamente apoptosi delle cellule tubulari renali mediata da caspasi [66]
[66]. L’apoptosi
da MDC può essere dovuta all'attivazione delle “shock proteins” ed alla inibizione di enzimi
citoprotettivi e prostaglandine [67] [68]
[68].
Fattori predisponenti alla CIN
I fattori predisponenti alla CIN includono condizioni modificabili e condizioni non modificabili (Tabella 2) [3] (full text).
Esaminerò inzialmente le condizioni non modificabili:
1. Età avanzata (>65 anni). I motivi per i quali l’età avanzata predispone all’insorgenza
della CIN sono molteplici e includono le alterazioni della funzione renale legata all’età,
la presenza di vasi sanguigni con le alterazioni proprie dell’età avanzata, di malattie
delle arterie coronarie, etc. [69] (full text) [70]
[70].
2. La compromissione preesistente della funzione renale, qualunque ne sia la causa, predispone alla CIN. Quanto più elevato è il valore della CrS, o meglio quanto più basso è
il valore dell’eGFR, tanto più alto è il rischio di sviluppo della CIN. Un verosimile punto
cut-off per identificare i pazienti ad alto rischio di CIN è un eGFR di 60 ml/min/1.73
m2. L’incidenza di CIN in pazienti con IRC è molto elevata, variando dal 14,8% al 55%
[69] (full text). Deve essere tuttavia ricordato che in un recente studio retrospettivo osservazionale ospedaliero, si è dimostrato che la comparsa di CIN in seguito ad angiografia coronarica si verificava con una frequenza simile in pazienti con e senza IRC [71]
[71].
3. Diabete mellito soprattutto quando è associato a IRC [72]
[72]. Il diabete predispone alla
CIN con un’incidenza che varia dal 5,7% al 29,4% [69] (full text). L’associazione dell’IRC
con il diabete mellito aumenta notevolmente il rischio della CIN rispetto all’IRC senza
diabete [73] (full text) [74]
[74]. Sia il diabete che i MDC aumentano i livelli renali di endotelina, che è prodotta dalla proteolisi del precursore prepro-endotelina sotto l’azione
dell’enzima di conversione dell’endotelina. Questo può spiegare la suscettibilità dei paTabella 2. Fattori predisponenti allo sviluppo della CIN
Fattori non modificabili
Fattori modificabili
Età avanzata (>65 anni)
Dosaggi elevati e iniezioni multiple del MDC
Compromissione preesistente della funzione renale
Via di somministrazione
Diabete mellito
Osmolalità e viscosità del MDC
Scompenso cardiaco
Anemia
Tranpianto renale
Uso concomitante di farmaci nefrotossici
Uso concomitante di ACEi e/o ARBs
Abbreviazioni: MDC, mezzo di contrasto; ACEi, angiotensin-converting enzyme inhibitors; ARBs, angiotensin II receptor blockers.
(Riprodotta da [3] (full text) con l’autorizzazione).
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zienti diabetici ai MDC. I MDC riducono così l’ossigenazione della midollare renale,
già molto bassa soprattutto nel diabete mellito [75]
[75]. Ma l’alta incidenza della CIN
nei diabetici è stata anche attribuita all’ipersensibilità dei vasi renali dei diabetici
all’adenosina, un altro agente vasocostrittore [76]
[76]. È stato dimostrato, infine, che
l’ipercolesterolemia è un forte predittore di CIN nei pazienti diabetici [77]
[77].
4. Lo scompenso cardiaco congestizio grave e la performance sistolica del ventricolo
sinistro gravemente compromessa si ritiene siano importanti fattori di rischio per
l’insorgenza della CIN [69] (full text).
5. Mieloma multiplo. La CIN fu descritta per la prima volta in un paziente con mieloma
sottoposto ad urografia e.v. [78]
[78]. La CIN da mieloma è stata attribuita alla precipitazione del MDC con proteine abnormi e di cellule tubulari epiteliali danneggiate e
desquamate per l’ischemia [5] [79]
[79]. Le pubblicazioni successive avevano portato alla
conclusione che i MDC fossero controindicati in pazienti con mieloma per il rischio
molto elevato di sviluppare una CIN [80] [81] [82] [83] [84]
[84]. Un recente studio clinico
retrospettivo ha esaminato il rischio di CIN in pazienti con mieloma in seguito alla iniezione di MDC nonionici iodati durante una tomografia computerizzata. Sulla base dei
loro risultati gli Autori hanno concluso che l’incidenza di CIN in pazienti con mieloma
ed una CrS normale è bassa e si collega con i livelli di β2-microglobulina; pertanto
la somministrazione di MDC in questi pazienti è relativamente innocua [85]
[85]. I livellli
sierici di β2-microglobulina si correlavano in modo significativo allo sviluppo di CIN.
Sarebbe pertanto opportuno il controllo dei livelli sierici di β2-microglobulina prima di
somministrare i MDC a pazienti con mieloma. Gli Autori ritengono che valori di β2-microglobulina sierica al di sotto del valore soglia di 2,8 mg/L comportino l’eliminazione
del rischio di CIN [85].
6. La sepsi è considerata un fattore di rischio, probabilmente per i danni diretti tubulari
causati da tossine batteriche e per le alterazioni della circolazione [5] [70] [86] (full
text).
7. Tranpianto renale. I pazienti con rene tranpiantato sono ad alto rischio di CIN per
l’uso concomitante di farmaci nefrotossici immunosoppressivi, come la ciclosporina, e
l’alta prevalenza di diabete e di IRC. In uno studio retrospettivo in pazienti trapiantati
di rene l’incidenza della CIN era ridotta, pari al 15,3%, in coloro che ricevevano
un’idratazione e.v. paragonata all’incidenza, pari al 42,8%, di coloro che non ricevevano alcuna profilassi prima della somministrazione e.v. o intra-arteriosa del MDC
[87]
[87].
Per quanto riguarda le condizioni modificabili, esse sono importanti perché la loro modifica
consente la riduzione del rischio di CIN (Tabella 2):
1. Dosaggi elevati e iniezioni multiple (entro le 72 ore) del MDC rappresentano fattori di
rischio della CIN [5] [70] [86] (full text) [88] [89]
[89]. Il rischio di CIN è infatti dose-dipendente; esso aumenta con il volume del MDC iniettato [89] [90] [91]
[91]. Elevate dosi del MDC
sono utilizzate nell’angiografia coronarica, condizione in cui la CIN è più frequente
[92] (full text) [93]
[93].
2. Via di somministrazione. Molti studi hanno dimostrato che la via di somministrazione
e.v. è meno rischiosa della via intra-arteriosa [8] [94] [95] [96] [97] [98]
[98]. La via intra-arteriosa determina infatti una più elevata acuta concentrazione intrarenale del MDC [5]
[22] [86] (full text), soprattutto se l’iniezione arteriosa avviene in sede soprarenale [99]
[99],
comunque in vicinanza delle arterie renali [100]
[100].
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3. Osmolalità e viscosità del MDC. È stato già affermato che i MDC LOCM sono meno nefrotossici dei MDC HOCM e che la maggior parte degli studi e delle meta-analisi recenti
non ha evidenziato significative differenze sull’incidenza della CIN tra IOCM e LOCM
[23] [26] (full text) [27] (full text) [28](vedi sopra).
4. Grave disidratazione e/o deplezione salina. Per disidratazione in senso stretto si intende una carenza di acqua nell’organismo. È, per esempio, quella che si verifica negli
anziani che non si sforzino di bere; è dovuta alla loro diminuita sensazione del senso
della sete [101]
[101]. Spesso però con il termine disidratazione si vuole intendere una deplezione anche salina con contrazione del volume extracellulare. In effetti sia la disidratazione vera e propria che la deplezione salina causano una riduzione del volume
effettivo intravascolare (vedi sotto). Va precisato che la vasocostrizione renale indotta
dall’adenosina prodotta per effetto del MDC è accentuata durante la deplezione salina
ed è ridotta durante l’espansione del volume extracellulare indotta dalla somministrazione di soluzione salina [33] (full text).
5. Riduzione del volume “effettivo” intravascolare. Per volume “effettivo” intravascolare
si intende il riempimento relativo dell’albero arterioso determinato dalla gittata cardiaca, dalle resistenze vascolari periferiche e dal volume ematico totale [14] (full text).
Una riduzione del volume “effettivo” intravascolare può essere dovuta a scompenso
cardiaco congestizio, grave compromissione della performance sistolica del ventricolo
sinistro, grave e prolungata ipotensione, cirrosi epatica, sindrome nefrosica o deplezione salina secondaria ad abnormi perdite di fluidi corporei (per vomito, diarrea,
sudorazione profusa, etc.) associate a un’insufficiente apporto di sale. In queste circostanze la vasocostrizione renale è accentuata rendendo l’ischemia renale da MDC più
marcata [2] (full text) [30].
6. Ipotensione arteriosa grave e prolungata [5] [102]
[102]. È stato già detto come questa possa
causare una riduzione del volume “effettivo” intravascolare (vedi sopra).
7. Anemia. L’anemia è un fattore di rischio per CIN contribuendo all’ischemia renale. È
stato dimostrato che l’incidenza della CIN è più alta (28.8%) in pazienti che avevano i
più bassi valori sia dell’eGFR che dell’ematocrito. In pazienti con bassi valori di eGFR
ma con elevati valori di ematocrito si riscontrava una ridotta incidenza di CIN [103]
[103].
8. Uso concomitante di farmaci nefrotossici come gli aminoglicosidi, la ciclosporina A,
l’amfotericina e il cisplatino. Anche l’uso concomitante dei farmaci anti-infiammatori
nonsteroidei rappresenta un importante fattore di rischio per il loro effetto inibente
sulle prostaglandine vasodilatatorie [86] (full text) [104]
[104].
9. Uso concomitante di inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEi) e/
o dei sartanici, bloccanti dei recettori dell’angiotensina (ARBs). Ci sono opinioni diverse sul ruolo degli ACEi e degli ARBs nella patogenesi della CIN [105]
[105]. Secondo molti
Autori i pazienti con IRC in trattamento con ACEIs o con ARBs sono ad alto rischio di
sviluppo della CIN [71] [106] [107] [108] (full text) [109] [110]
[110], soprattutto se anziani
[111]
[111]. Secondo altri, invece, il captopril previene la CIN nei pazienti diabetici riducendo
l’aumento dell’angiotensina II indotta dai MDC [112]
[112]. Duan et al [113] hanno dimostrato
che nei ratti il Telmisartan protegge il tessuto renale dalla nefrotossicità dei MDC
(HOCM diatrizoato o LOCM ioexolo). Così alcuni Autori suggeriscono di interrompere
gli ACEIs e gli ARBs 48 ore prima della somministrazione del MDC, soprattutto in pazienti con altri fattori di rischio [110]. Secondo altri, invece, la sospensione degli ACEIs
e degli ARBs 24 ore prima di un’angiografia coronarica non influenza l’incidenza della
CIN in pazienti con IRC stabile [114]
[114]. Secondo le linee guida KDIGO dell'AKI Work
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Group, non ci sono oggi prove sufficienti per raccomandare l’interruzione di questi
farmaci prima dell’uso dei MDC [115]
[115].
Prevenzione
Vi sono regole fondamentali da seguire per prevenire la CIN, soprattutto nei pazienti ad alto
rischio [13].
(1) Monitoraggio della funzione renale
In tutti i pazienti sottoposti ad indagini radiologiche con MDC, la funzione renale deve
essere monitorata con il dosaggio della CrS ed il calcolo dell’eGFR. Questo è particolarmente
importante nei pazienti ad alto rischio nei quali la CrS e l’eGFR vanno controllati prima e
ogni giorno per 5 giorni dopo l’indagine radiologica [5].
(2) Sospensione dei farmaci nefrotossici
I farmaci potenzialmente nefrotossici devono essere sospesi prima dell’utilizzo del MDC. In
particolare andrebbero sospesi gli aminoglicosidi, la vancomicina, l’anfotericina B, la metformina e i farmaci anti-infiammatori nonsteroidei [3] (full text). Se gli aminoglicosidi non
possono essere sospesi, bisogna seguire il consiglio della “European Renal Best Practice”
[116] (full text): usare una singola somministrazione oppure, nei pazienti con normofunzione renale, somministrare una singola dose giornaliera monitorando i livelli ematici
dell’aminoglicoside. Nei pazienti in trattamento con anfotericina B l’ “European Renal Best
Practice” suggerisce di incrementare l’infusione di soluzione salina [116] (full text). Un discorso particolare merita la metformina, l’antidiabetico orale che stimola la produzione intestinale di acido lattico, che è usata nel trattamento del diabete di tipo II. Se il MDC causa
una CIN, quindi una diminuzione marcata del GFR, siccome la metformina viene eliminata
quasi esclusivamente dai reni, si ha una ritenzione del farmaco che causa una grave acidosi
lattica che può essere fatale. Pertanto la metformina deve essere sospesa 12 ore prima della
somministrazione del MDC e può essere assunta di nuovo non prima di 36 ore dopo l’esame
radiologico o anche più tardi se la CrS non è ritornata ai valori basali [3] (full text) [117]
[117].
(3) Scelta del mezzo di contrasto meno nefrotossico
Come si è già detto, i MDC LOCM (e.g. ioexolo) sono meno nefrotossici dei MDC HOCM (e.g.
diatrizoato). Ma i MDC IOCM (e.g. iodixanolo) sembrano essere meno nefrotossici dei MDC
LOCM [5]. Comunque iodixanolo (IOCM) e iopamidolo (LOCM) appaiono essere i MDC di
scelta per ridurre il rischio di CIN [3] (full text) [26] (full text).
(4) Utilizzo del più basso dosaggio possibile del mezzo di contrasto
Elevati dosaggi di MDC sono richiesti negli interventi percutanei coronarici, per lo più eseguiti in persone anziane che presentano una funzione renale compromessa [118]
[118]. Per questi
casi sono state suggerite varie formule per calcolare la dose del MDC meno dannosa sulla
funzione renale.
• Formula di Cigarroa: 5 mL del MDC per Kg peso corporeo/CrS (mg/dL) con massima
dose accettabile di 300 mL per arteriografia diagnostica coronarica [119]
[119].
• Formula di Laskey: il rapporto V/eGFR, cioè tra volume del MDC (V) ed eGFR suggerito
da Laskey et al [120] (full text), è un buon indice predittore della comparsa di CIN. Il
punto cut-off è dagli Autori calcolato nel valore 3,7 per interventi percutanei coronarici;
cioè un rapporto >3,7 si associerebbe, dopo somministrazione del MDC, ad una comparsa di CIN; recentemente il punto cut-off è stato portato a 2,0: al di sotto di 2,0 la CIN
sarebbe una rara complicanza degli interventi percutanei coronarici, che invece au-
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menterebbe in maniera drammatica ad un rapporto di 3,0 o superiore [121] [122] (full
text).
• Rapporto tra grammi di Iodio ed eGFR; un rapporto I gr/eGFR di 1,42, o, meglio ancora,
di 1,0, si associerebbe ad una minore incidenza di CIN [121].
(5) Adeguata idratazione del paziente prima del mezzo di contrasto
La principale procedura da attivare per prevenire la CIN è un’adeguata idratazione del paziente [123] (full text) [124] [125] [126]
[126]. Va senz’altro abolito il vecchio suggerimento ai
pazienti di evitare di assumere liquidi dal giorno precedente l’indagine radiologica. Anzi
deve essere suggerita un’adeguata idratazione: per esempio 500 mL di acqua da assumere
prima e circa 2500 mL dopo la somministrazione del MDC, in modo da garantire una diuresi
di almeno 1 mL/min [127]
[127]. Nei pazienti ad alto rischio si dovrebbe somministrare e.v.
un’infusione di soluzione salina 0,9% con una velocità di infusione di 1 mL/Kg peso corporeo/ora, iniziando 6-12 ore prima di somministrare il MDC e continuandola fino a 12-24
ore dopo (ovviamente se è presente una diuresi e se le condizioni cardiovascolari lo consentono) [5] [123] (full text). La motivazione per provvedere ad un’adeguata idratazione del
paziente è di espandere il volume intravascolare con una conseguente soppressione del
sistema renina-angiotensina e riduzione della vasocostrizione e dell’ipoperfusione renale.
Inoltre l’incremento della diuresi riduce il tempo di contatto del MDC con l’epitelio tubulare
renale e quindi la sua tossicità diretta sull’epitelio stesso [13] [128] [129] (full text). Secondo
vari Autori, l’idratazione con una soluzione di bicarbonato di sodio è preferibile a quella con
la soluzione “fisiologica” di cloruro di sodio 0,9% [130] [131] [132] [133] [134] [135] (full text)
[136]
[136]. Così, per esempio, venivano infusi 154 mEq/L di bicarbonato di sodio a pazienti sottoposti ad angiografia o a intervento sulle coronarie, sottoforma di un bolo di 3 mL/Kg/ora
per 1 ora prima della somministrazione del MDC, seguito da un’infusione di 1 mL/Kg/ora
per 6 ore durante e dopo la somministrazione del MDC [131]. La motivazione sarebbe basata
sul fatto che esisterebbe un rapporto causale tra un basso pH del fluido tubulare renale e
un’aumentata generazione di ROS responsabile dei danni all’epitelio tubulare renale. Il bicarbonato di sodio, escreto con le urine dopo infusione e.v., diminuisce l’acidificazione delle
urine, in tal modo riducendo la produzione di ROS e aumentando la neutralizzazione dei radicali liberi di ossigeno. Questo proteggerebbe i reni dai danni da MDC [133] [134] [137] (full
text) [138]
[138]. Altri Autori, invece, non hanno osservato alcun beneficio con l’utilizzo del bicarbonato di sodio al posto del cloruro di sodio in pazienti con IRC sottoposti ad angiografia coronarica [139] [140] (full text) [141] [142]
[142]. Alcuni Autori hanno addirittura osservato
un aumento dell’incidenza della CIN con l’uso del bicarbonato di sodio, presumibilmente
perchè il bicarbonato, in presenza di ROS, aumenterebbe la generazione delle ROS stesse
[143] (full text). La “European Renal Best Practice” [116] (full text) raccomanda l’espansione
del volume extracellulare o con una soluzione di cloruro di sodio isotonica o con una di bicarbonato di sodio in pazienti ad alto rischio di CIN.
(6) Antiossidanti
Siccome le ROS hanno un ruolo importante nella patogenesi della CIN, è stato studiato l’uso
di antiossidanti a scopo preventivo. Il più importante antiossidante esaminato in vari studi
è la N-acetilcisteina, usata sia come scavenger dei radicali liberi, sia come fattore in grado
di aumentare l’effetto vasodilatante del NO [5] [144] [145]
[145]. È stato dimostrato che il pretrattamento con N-acetilcisteina riduceva la citotossicità del MDC in cellule renali umane
embrionali trattate con il MDC ionico HOCM iossitalamato, con il MDC non-ionico LOCM
iopromide o con il MDC IOCM iodixanolo [146] (full text) e migliorava l’insufficenza renale
ischemica in modelli animali [147]
[147]. È stato pertanto suggerito di usare la N-acetilcisteina nei
pazienti ad alto rischio con questo dosaggio: (a) per via orale, 600 mg due volte al giorno, il
giorno prima ed il giorno stesso della somministrazione del MDC [5]; oppure (b) per via e.v.
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150 mg/Kg in 500 ml di soluzione salina isotonica mezz’ora prima, seguita da infusione di
50 mg/Kg in 500 ml di soluzione salina isotonica durante le 4 ore successive [148] (full text).
Reddan et al [149] (full text) hanno condotto una rassegna sistematica della letteratura sulle
pubblicazioni tra il 2000 e il 2008, esaminando i trials prospettivi, randomizzati, controllati
per volume extracellulare. Confrontando il trattamento con NAC a quello senza NAC, 6 trials
dimostravano beneficio significativo, 1 beneficio borderline in favore del NAC ed 1 mostrava
uno svantaggio nell’uso del NAC [150]
[150]; 15 non mostravano differenza nell’incidenza della
CIN tra trattamento con NAC e non trattamento [151]
[151].
La Vitamina C (acido ascorbico) e la Vitamina E (α- o γ-tocoferolo) sono altri antiossidanti
usati nella prevenzione della CIN.
Risultati controversi sono stati ottenuti con l’uso dell’Acido ascorbico [146] (full text)
[152] (full text) [153] [154]
[154]. I dosaggi usati sono stati di 3 g per os, 2 ore prima del MDC e 2
g nella notte ed altri 2 g alla mattina seguente [152] (full text) [153]. In una recente metaanalisi che ha coinvolto 1.536 pazienti, l’incidenza della CIN era pari al 33% in meno rispetto
a quella riscontrata nei pazienti che non ricevevano l’acido ascorbico [155]
[155].
Tasanarong et al [156] hanno studiato gli effetti della somministrazione di 350 mg/die per
os di α-tocoferolo oppure di 300 mg/die per os di γ-tocoferolo, a partire da 5 giorni prima
della procedura coronarica con MDC LOCM iopromide e continuata fino a 2 giorni dopo, in
combinazione con l’infusione di soluzione salina 0,9% (1 mL/Kg/ora per 12 ore prima e 12
ore dopo) in pazienti con IRC: la CIN si sviluppava nel 14,9% dei casi nel gruppo placebo, ma
solo nel 4,9% e 5,9% nei gruppi α- e γ-tocoferolo rispettivamente.
(7) Nebivololo
Il nebivololo è un antagonista dei recettori β1-adrenergici di terza generazione. Toprak et al
[157] (full text) hanno ipotizzato che il nebivololo protegga i reni contro la CIN, mediante la
sua azione antiossidante e l’azione vasodilatante mediata dal NO. Essi hanno poi dimostrato,
in ratti Wistar-albino, che il nebivololo produceva un aumento dell’eGFR che era stato ridotto dal MDC HOCM diatrizoato, ed una diminuzione della congestione midollare, dei cilindri proteici e della necrosi tubulare, dello stress ossidativo renale, della microproteinuria
causata dal MDC, ed un aumento del livello di NO diminuito dal diatrizoato. Uno studio in
120 pazienti sottoposti ad angiografia coronarica ed a ventricolografia sugli effetti protettivi
del nebivololo (5 mg ogni 24 ore per 4 giorni) sulla comparsa di CIN non mostrava una significativa minore incidenza della CIN rispetto ai pazienti trattati con N-acetilcisteina o solo
con l’idratazione, anche se l’aumento della CrS dopo 5 giorni dalla somministrazione del
MDC era più marcato nei pazienti non trattati con nebivololo [158]
[158].
(8) Statine
È stato dimostrato che l’ipercolesterolemia (a) compromette la vasodilatazione ad opera
delle cellule endoteliali [159] [160] [161] [162] (full text) (b) causa alterazioni del sistema intrarenale delle prostaglandine, (c) compromette la sintesi del NO, (d) aumenta la generazione delle ROS, rendendo così il rene più vulnerabile ai MDC [162] (full text) [163]
[163].
Studi recenti hanno dimostrato un effetto benefico delle statine nel prevenire la CIN in pazienti sottoposti ad interventi coronarici percutanei [164] [165] [166] (full text) [167] [168]
[169] (full text). Ma l’effetto nefroprotettivo delle statine è stato attribuito alle loro varie
proprietà (antiossidante, anti-infiammatoria e antitrombotica) ed all’attività vasodilatatoria
mediata dal NO, che migliora la microcircolazione renale [170] (full text) [171] (full text).
È stato dimostrato che la simvastatina ha un effetto nefroprotettivo dose-dipendente in
ratti trattati con MDC [170] (full text). Pazienti in trattamento con pravastatina hanno mo-
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strato un’incidenza della CIN perfino inferiore a quella della simvastatina [172] (full text)
[173]
[173].
Anche la rosuvastatina (alla dose di 10 mg/die per 5 giorni, di cui 2 giorni prima e 3 giorni
dopo somministrazione del MDC) riduceva il rischio della CIN in pazienti con diabete mellito
e IRC sottoposti ad angiografia arteriosa coronarica o periferica [174] (full text). Leoncini et
al [175] hanno trattato 252 pazienti con sindrome coronarica acuta che erano ad alto rischio
di CIN, con alte dosi di rosuvastatina, cioè 40 mg al momento del ricovero, seguiti da 20 mg/
die. L’incidenza di CIN dopo MDC era significativamente minore nel gruppo della statina rispetto al gruppo di controllo (6,7% vs. 15,1%, p = 0.003).
È stato dimostrato che anche l’atorvastatina (con una dose di 40 mg/die 3 giorni prima del
MDC o con il trattamento cronico) ha un effetto protettivo sulla funzione renale dopo angiografia coronarica [176]
[176]. Un altro studio su pazienti sottoposti ad intervento coronarico
percutaneo, il trattamento con atorvastatina, alla dose di 80 mg 12 ore prima e 40 mg immediatamente prima dell’intervento seguiti da un trattamento prolungato di 40 mg/die, preveniva la CIN e riduceva la durata del ricovero ospedaliero [177]
[177].
(9) Calcio antagonisti
Il sistema di scambio Na+/Ca2+ costituisce una delle principali vie che porta al sovracarico
intracellulare del Ca2+, uno dei fattori chiave nella patogenesi della CIN. Del resto un aumento del calcio intracellulare provoca una vasocostrizione del circolo intrarenale e costituirebbe un importante mediatore dell’apoptosi e della necrosi cellulare epiteliale. Yang et
al [178] hanno dimostrato nei ratti che il pretrattamento con KB-R7943, un inibitore del sistema di scambio Na+/Ca2+, impediva, in maniera significativa e dose-dipendente, l’aumento
della CrS in seguito alla somministrazione del MDC diatrizoato.
Da qui il suggerimento dell’utilizzo dei calcio antagonisti per la prevenzione della CIN. Ma
l’utilizzo di questi farmaci ha dato risultati controversi, in alcuni casi protettivi [179] [180]
[180],
in altri casi invece non comportava alcun beneficio [31] (full text) [181] (full text) [182] [183]
[183].
(10) Steroidi
Recentemente è stato suggerito l’uso di steroidi ad alte dosi somministrati insieme
all’infusione e.v. di soluzione salina isotonica (1 ml/Kg/ora di soluzione di cloruro di sodio
0,9%, 12 ore prima dell’intervento cardiologico) per proteggere i tubuli renali dai MDC iodixanolo o ioexolo. La dose suggerita è di 1 mg/Kg di prednisone orale, 12-24 ore prima e 24
ore dopo l’angiografia [184]
[184].
L’uso degli steroidi è basato sulla loro azione efficace sull’infiammazione e sull’apoptosi
e necrosi delle cellule tubulari renali, come osservato in modelli di ischemia-riperfusione
renale in cui il desametazone ha mostrato di esercitare un effetto protettivo contro il danno
renale [185] (full text). Purtroppo mancano a tutt’oggi le prove della loro efficacia nel prevenire la CIN.
(11) Diuretici e ANP
Come già descritto sopra, l’aumento dell’attività di riassorbimento tubulare attivo con il
conseguente aumento del consumo di ossigeno è la causa principale dell’ipossia midollare
(vedi Figura 1). Si è allora pensato che ridurre il riassorbimento tubulare attivo avrebbe diminuito l’ipossia midollare, proteggendo pertanto il rene dalla CIN. Di qui l’uso della furosemide o del mannitolo (per ridurre il riassorbimento tubulare attivo) associati all’infusione
e.v. di soluzione salina isotonica (per prevenire la deplezione salina). Vari studi, tuttavia,
non hanno dimostrato alcun effetto protettivo verso il MDC o addirittura un effetto dannoso
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della furosemide e del mannitolo sulla funzione renale [181] (full text) [186] [187]
[187]. Per questo
è opportuno evitare l’uso dei diuretici prima della somministrazione del MDC in pazienti ad
alto rischio che sono suscettibili a deplezione di volume [71].
Va citato, tuttavia, il sistema Renal Guard per l’uso combinato della furosemide e della
idratazione per prevenire la CIN [188] (full text) [189]
[189]. Come riportato da Briguori C. et al
[190] (full text), il sistema serve a guidare il medico ad ottenere una buona diuresi con la furosemide, bilanciando il volume delle urine emesse ed il volume della infusione endovenosa
di liquidi per prevenire l’ipovolemia. Il sistema si avvale di modalità che permettono questo
bilancio automaticamente senza rischi per il paziente.
Marenzi et al [191] (full text) hanno osservato che in pazienti con IRC sottoposti a procedure
coronariche, la combinazione furosemide + idratazione per rimpiazzare le perdite urinarie
riduceva il rischio di CIN rispetto ai pazienti trattati con l’infusione salina isotonica
standard.
L’uso del peptide natriuretico atriale (ANP: Atrial Natriuretic Peptide), basato sullo stesso
principio dei diuretici, non ha dato risultati protettivi contro la CIN [187] [192]
[192].
(12) Antagonisti dell’adenosina (teofillina, aminofillina)
È stato già ricordato che l’adenosina giocherebbe un ruolo importante nelle alterazioni
emodinamiche indotte dai MDC. Questo ha fatto pensare che gli antagonisti dei recettori
dell’adonesina, come la teofillina o l’aminofillina, avrebbero potuto avere un’azione protettiva nei riguardi della CIN. Ed infatti, nei cani con IRC, la CIN era prevenuta sia dalla
teofillina, un antagonista non selettivo dell’adenosina, che dal KW-3902, un antagonista selettivo dei recettori A1 dell’adonesina [35]. Ma l’uso di teofillina o di aminofillina nell’uomo
ha dato risultati purtroppo contrastanti. Alcuni Autori infatti hanno osservato effetti benefici contro la CIN [193] [194] [195] (full text) [196]
[196], altri invece non hanno riscontrato
alcuna efficacia nefroprotettiva [197] [198]
[198].
(13) Dopamina ed Agonisti della dopamina
Sia la dopamina che gli agonisti della dopamina come il fenoldopam (un agonista selettivo
dei recettori 1 della dopamina) dotati di proprietà vasodilatatoria, sono stati utilizzati per
proteggere i pazienti dalla CIN. Ma i risultati ottenuti sono stati controversi, alcuni positivi
[199] [200] [201]
[201], altri invece negativi [187], [198], [199], [202] [203] (full text) [204]
[204]. Sulla base
delle nostre attuali conoscenze è meglio evitarli quando si usa il MDC, anche per i loro effetti collaterali (aritmia con la dopamina e ipotensione sistemica con il fenoldopam e.v.).
(14) Bloccanti dei recettori dell’endotelina
Siccome i livelli plasmatici ed urinari dell’endotelina-1 sono aumentati sia nel diabete
mellito che dopo somministrazione di elevate dosi di MDC, si è ipotizzato che l’endotelina-1
svolga un ruolo importante sia nella nefropatia diabetica che nella CIN [33] (full text) [75]
[204]. Tuttavia i bloccanti dei recettori dell’endotelina sono risultati essere deleteri nella
prevenzione della CIN [205] (full text).
(15) Prostaglandina E1 ed L-arginina
La Prostaglandina E1 ha dato alcuni risultati positivi nel prevenire alterazioni della funzione
renale dopo somministrazione del MDC in pazienti con danno renale [206] (full text),
mentre invece la L-arginina non ha mostrato alcun beneficio o è risultata perfino essere
dannosa [207]
[207].
(16) Emodialisi o Emofiltrazione
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La nefropatia da mezzi di contrasto radiografici iodati: Patogenesi, Fattori predisponenti, Prevenzione
I mezzi di contrasto sono caratterizzati da un basso legame con le proteine plasmatiche e
da uno spazio di distribuzione vicino al volume extracellulare [208]
[208]. Queste caratteristiche
li rendono dializzabili. Questo è molto importante per i pazienti con GFR<30 mL/min per
IRC in cui l’idratazione non è utilizzabile per la prevenzione della CIN. Per questi pazienti
si è pensato all’emodialisi ed all’emofiltrazione per rimuovere dal circolo il MDC riducendo
così la sua nefrotossicità [209]
[209]. I risultati con l’emodialisi sono risultati negativi [210] con
qualche eccezione. Buoni risultati sono stati ottenuti da Lee et al [211] (full text), che hanno
valutato 82 pazienti con clearance della creatinina di 13±4 mL/min sottoposti a coronarografia; l’emodialisi con filtro in polisulfone portava ad una minore incidenza di CIN (5% vs
35% dei controlli non dializzati) e di mortalità intraricovero (0 vs. 13% dei controlli non dializzzati).
Migliori risultati sono stati ottenuti con l’emofiltrazione veno-venosa continua (CVVH). In
una popolazione di pazienti con sindrome coronarica acuta e grave IRC (<30 ml/min/1.73
m2) sottoposti a procedure angiografiche coronariche, 6 ore di CVVH dopo l’esposizione al
MDC iopamidolo permettevano la rimozione di una quantità del MDC simile a quella rimossa
dai reni in 12 ore, con una bassa incidenza della CIN (7.5%) [212]
[212]. In 114 pazienti con clearance della creatinina di 26 mL/min sottoposti a PCI, l’incidenza della CIN è risultata essere
del 5% vs. 50% dei controlli (p<0.001) [213] (full text). Effettuando la CVVH sia 6 ore prima
che 18-24 ore dopo il mezzo di contrasto, l’incidenza della CIN risultava essere del 3% rispetto al controllo (40%) [214]
[214]. Tuttavia, in una meta-analisi recente che includeva 1.010
pazienti, né l’emodialisi (8 studi) né l’emofiltrazione diminuivano l’incidenza della CIN se
paragonate alla terapia medica standard [215]
[215].
Ma nel complesso né l’emodialisi, né l’emofiltrazione hanno ridotto l’incidenza della CIN
[216] [217] (full text) [218] [219] (full text). L’ERBP "non raccommanda l’uso profilattico
dell’emodialisi intermittente o dell’emofiltrazione al fine della prevenzione della CIN”
[116] (full text).
Conclusioni
L’incidenza della CIN è forse diminuita negli ultimi anni purché vengano identificati i pazienti a rischio e vengano messe in atto tutte le precauzioni indicate sopra. Innanzitutto
è importante monitorare la funzione renale prima e dopo l’uso del mezzo di contrasto.
È poi importante promuovere un’adeguata idratazione del paziente. Non c’è unità di opinione sulla efficacia degli altri trattamenti preventivi. Purtroppo la CIN è ancora oggi troppo
frequente nei pazienti con patologie concomitanti, come il diabete mellito, l’insufficienza
renale cronica specie se associata al diabete, il grave scompenso cardiaco, la riduzione del
volume ematico circolante effettivo, la sepsi. Si spera che l’incidenza possa diminuire anche
in questi pazienti con lo sviluppo di nuovi mezzi di contrasto iodati sempre meno nefrotossici.
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