...

La bestemmia, giaculatoria del demonio

by user

on
Category: Documents
31

views

Report

Comments

Transcript

La bestemmia, giaculatoria del demonio
di Don Leonardo M. Pompei
Peccato contro il Secondo Comandamento è la bestemmia, ossia l’ingiuria proferita contro Dio, come
pure l’attribuirgli o il
negargli titoli che gli
convengano o il ritenerlo responsabile dei
mali dell’umanità o di
eventi infausti.
e il Nome di Dio è tanto santo
da dover essere nominato solo
quando è necessario, con retta intenzione (di invocazione, lode o
preghiera) e con estrema riverenza
(chinando umilmente il capo), che
cosa si dovrebbe dire o pensare
dell’orrido e inqualificabile peccato di bestemmia, di cui il popolo
italiano (con alcune regioni in testa) vanta il “nobile” primato europeo (e forse mondiale)?
Uno dei Santi che è stato più
fieramente nemico della bestemmia, contro cui era severissimo e
quasi implacabile è il santo Curato
d’Ars. Di lui possediamo una
splendida omelia pronunciata nella
quinta Domenica dopo Pentecoste
S
16
(il testo integrale dell’omelia si
trova nel testo Giovanni Maria
Vianney, Importunate il buon Dio,
Città Nuova 2009), a cui faremo
riferimento nella trattazione di
questo peccato, che è più ampio e
più complesso di quanto a prima
vista potrebbe sembrare.
Cominciamo da ciò che è più
o meno da tutti conosciuto e che
potremmo chiamare bestemmia in
senso stretto, ovvero l’ingiuria rivolta contro il nome di Dio. Questo peccato, scrive il santo Curato,
è così orribile che i cristiani non
dovrebbero avere il coraggio di
commetterlo. Significa infatti detestare e vomitare fango e veleno
contro una Bellezza infinita, ed in-
- Il Settimanale di Padre Pio - 15 aprile 2012 - n. 15
giuriare villanamente e volgarmente Colui che è causa solo del
bene. La bestemmia è dunque, ad
un tempo, atto di somma ed
estrema superbia e irriverenza,
commesso verso Colui che, se volesse, potrebbe istantaneamente
fulminare il bestemmiatore e precipitarlo nell’inferno (cosa che
non fa solo per la sua infinita misericordia, e non per debolezza e
impotenza); atto che esprime
l’estrema stupidità dell’uomo, che
ingiuria l’Unico che è sempre e
comunque suo Amico, anzi l’unico
Amico che è sempre fedele e che
mai sbaglia; ed infine atto che
esprime la somma maleducazione,
grossolanità e volgarità dell’uomo,
ovvero il distintivo degli ignoranti, dei cafoni e dei grezzi, che
degrada ed abbrutisce l’uomo
rendendolo simile ai demoni,
che sono i bestemmiatori per
antonomasia.
Un gesto inescusabile e inqualificabile, dunque, sotto ogni
aspetto e in ogni modo: chi
crede infatti dovrebbe guardarsi
bene dal bestemmiare il suo
Dio; chi non crede dovrebbe
guardarsi dall’ingiuriare ciò che
per lui è il nulla, scadendo nella
più bieca maleducazione: perché non dice: “mannaggia al
nulla?”. Sant’Alfonso M. de’ Liguori, a coloro che obiettavano
di dover trovare una valvola di
sfogo ai momenti di rabbia e
collera, insegnava a... bestemmiare il diavolo! Perché (eccetto la venialità dell’ira che accompagna lo sfogo) non c’è
niente di male a dire: “mannaggia al demonio” o ad attribuire
al diavolo i caratteri degli animali appartenenti alla specie
suina (tanto lui è ben più brutto
e schifoso di questi...).
Vedremo più avanti,
quando arriveremo al Quinto
Comandamento, che un altro
grande santo (san Filippo Neri)
ha insegnato a mandare al prossimo gli... “accidenti Santi”! Ma
di ciò parleremo a suo tempo.
Tornando al punto che
stiamo trattando, si potrebbe
pensare che quanto detto basti
per esaurire l’argomento bestemmia. Purtroppo però esiste
un’altra vastissima mole di bestemmie che possono essere formulate anche da credenti e devoti un po’ troppo facili ad
aprire la bocca senza ricordare
che ha due finestre di chiusura
(le labbra e i denti) così da dire,
in maniera magari elegante e
umanamente “comprensibile”,
delle gravissime ingiurie contro
Dio. Dice infatti sant’Agostino
che si bestemmia anche quando si
attribuisce a Dio qualcosa che non
ha o che non gli conviene, oppure
gli si toglie qualcosa che ha o gli
conviene, o infine si attribuisce ad
una creatura ciò che è dovuto e
proprio solo del Creatore. Il santo
Curato d’Ars, commentando la
frase, individua cinque specie
(molto comuni) di bestemmia:
1) dire che il buon Dio non è
giusto nel fare alcuni tanto ricchi
e colmi di beni, mentre altri sono
miseri e poveri che a stento hanno
pane da mangiare;
2) dire che non è vero che
Dio sia poi così buono, perché lascia alcune persone nel disprezzo
e nella malattia, mentre altre sono
amate, stimate e in buona salute;
3) dire che il buon Dio non
vede tutto (anche i nostri pensieri...) o che non si cura di ciò
che accade sulla terra;
4) dire: “perché il buon Dio
usa tutta questa misericordia con
questo tale, con tutto ciò che costui ha combinato?”;
5) o infine, quando capita una
disgrazia, arrabbiarsi con Dio dicendo: “Me infelice! Il buon Dio
non poteva farmene di più! Credo
che ignora che sono al mondo, o
se lo sa, è soltanto per farmi soffrire”.
Proviamo a essere sinceri: chi
di noi può dire di non aver mai
detto (o solo pensato) almeno una
delle cose or ora elencate? Sapevamo che queste sono bestemmie
sotto certi aspetti più gravi dell’ingiuria rivolta a Dio in un momento di rabbia (che ha l’attenuante, senz’altro minima ma pur
esistente, di essere uscita dalla
bocca senza ragionamento), in
quanto sono frasi dette con piena
avvertenza (sapendo quel che si
dice) e deliberato consenso (volendo proprio dire una simile
sciocchezza)?
La prima tipologia, per
esempio, esprime un vero e pro-
prio giudizio sull’operato di
Dio e dimentica un dato di
fatto fondamentale: chi è la
causa della povertà, oppure chi
ne è il responsabile? Dio? O
l’uomo? Mi permetto di segnalare alcuni dati. Tempo fa un
tale si prese la briga di fare i
conti di quanto le sette nazioni
più sviluppate del mondo spendessero in un anno per nuovi
investimenti militari (attenzione: nuove armi e tecnologie,
non conservazione delle vecchie!). Ebbene concluse che
con l’equivalente di quei soldi,
si sarebbe completamente risolto il problema della fame
nel mondo per un intero anno,
problema certamente drammatico dato che, a tutt’oggi, ogni
tre secondi muore un bambino
di fame. E che dire delle adozioni a distanza? Chi di noi
può dire di non avere 13 euro
al mese (42 centesimi al
giorno) per adottare un bambino del quarto mondo? Vogliamo poi parlare del cibo
sprecato? Su Avvenire del 20
ottobre del 2010 (per leggere
l’intero articolo cliccare sul
link: http://www.parrocchiasanmichele.eu/download/category/26-raccolta.html?download=727%3Al-oltraggio-delcibo-sprecato) furono riportate
queste agghiaccianti cifre sull’Italia: ogni anno si perdono
20.290.767 tonnellate di cibo
(oltre venti milioni di tonnellate!!!); tale cifra equivale a 37
miliardi di euro annuo di
spreco (pari al 3% del PIL);
con ciò che si butta, potrebbero
sfamarsi, ogni anno 44.472.914
persone, pari ai 3/4 della popolazione italiana. Siamo ancora
convinti che i bambini muoiono di fame perché Dio è ingiusto, brutto e cattivo, e dà la
ricchezza a pochi facendo morire di fame altri? n. 15 - 15 aprile 2012 - Il Settimanale di Padre Pio -
17
Fly UP