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La leggenda di Re Metabo e di sua figlia la Regina Camilla

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La leggenda di Re Metabo e di sua figlia la Regina Camilla
La leggenda di
Re Metabo e
di sua figlia la
Regina Camilla
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Edmondo Angelini propone ai ragazzi - ma anche agli adulti - le vicende
leggendarie di re Metabo e di sua figlia Camilla.
Grazie ad uno stile preciso, scorrevole, piacevolissimo, il racconto avvincente del re decaduto, in fuga da Priverno, antica città volsca, e di sua figlia
Camilla, destinata ad una giovinezza eroica e assai breve, trascende il tempo
per proporsi come leggenda attuale, che emerge dal libro con penetrante fragranza, per merito anche delle forti illustrazioni di Maurizio Brucoli. Proprio
per questo appare ancora più netto il contrasto con il presente del nostro
mondo desacralizzato, in cui gli uomini hanno perduto completamente l'ansia
della trascendenza e dimenticato del tutto il senso del mistero.
La storia di Camilla, la vergine guerriera dal carattere impulsivo e generoso
così cara a Virgilio, e simbolo della leggiadria e delle virtù guerriere delle
donne dei popoli dell'Italia pre-romana e in particolare dei Volsci, è beninteso pura leggenda.
A me è sempre apparso evidente che la continuità di storia, tradizioni, modelli di comportamento, costumi possa e debba dare certezza al presente e che la
radice locale vada celebrata, perchè elemento base dell'identità di tutte le
comunità locali e nazionali. I miti nella storia di un popolo rispondono ad un
bisogno primordiale. Del resto, la leggenda della nascita di Roma, con l'arrivo di Enea e dei Troiani, e la lotta vincente contro le popolazioni italiche, è
alla base del nostro senso d'identità collettivo. Lo stesso Dante, nel primo
canto dell'Inferno, ricorda "l'umile Italia (...) per cui morì la vergine
Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute".
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Presentazione
Presentazione
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ai "vecchi" della famiglia, è di aver inserito le vicende eccezionali di Camilla
all'interno, per cosi dire, delle pareti domestiche. L'amore per le ombre possenti di un passato mitico coesiste così con la celebrazione e l'esaltazione
degli affetti familiari.
In sostanza, la leggenda di re Metabo, e di sua figlia Camilla, cantata da
Virgilio in uno scenario di magnifici fantasmi dell'identità italica, sono una
celebrazione delle radici antiche.
Come ha scritto Carlo Sgorlon, "La civiltà locale rappresenta il passato cui
siamo legati e che conferisce un minimo di stabilità all'esistenza. Essa rappresenta la tradizione, la continuità, la direzione, lo sfondo necessario della
nostra esistenza. Non si può tagliare i ponti con essa, perchè non ci si può
liberare del nostro passato. Sarebbe come rinunciare alla nostra memoria
collettiva e quindi a una parte essenziale di noi stessi. Come sciogliere i cavi
che ci legano alla Terra, per vagare senza meta nello spazio, al modo di una
mongolfiera disancorata".
Introduzione
La tragica vicenda di questa vergine leggiadra ed eroica, che è predestinata
a cadere sul campo di battaglia affinchè si compia il destino di Enea, figlio di
Venere, progenitore della stirpe romana, Ë uno di quei fantasmi che arricchiscono la terra d'Italia, affollata di personaggi mitici, la cui scomparsa definitiva dall'immaginario collettivo sarebbe inevitabilmente e certamente una
perdita tragica per l'anima di ognuno di noi.
Quanto più povero sarebbe il mondo se privato dei fantasmi di un passato
mitico, erroneamente considerato da molti morto e dimenticato! Così come la
scomparsa della lingua latina nelle scuole ha ridotto, a mio avviso, i confini
del mondo delle giovani generazioni, privandole di un humus che non è solo
linguistico ma spirituale. E la malaugurata sparizione di tutti gli eroi che
popolano l'Iliade, l'Odissea, l'Eneide ha fatto rattrappire e ingrigire, e poi
inaridire, una parte del patrimonio interiore e del mondo spirituale di molti
di noi.
Mondialismo e globalismo sono termini oggigiorno molto celebrati, ma tutti
senza Patria (Patria etimologicamente la terra dei padri) gli espatriati sanno
che i Lari, i Mani, i Penati, il "genius loci", lo spirito dei luoghi sono un nutrimento insostituibile dell'anima. I figli di chi si è trapiantato in nuove terre,
nuove città e nuove nazioni dimenticano i mondi antichi di provenienza,
costrettivi dalla necessità dell'attecchimento, spesso non assumendo neppure
le mitologie della nuova terra, inevitabilmente perdono una parte di sé stessi
e per "così dire" la loro personalità è mutilata.
La "pietas", ad esempio, è una nozione ed un sentimento sconosciuti nelle
società troppo nuove, dove invece trionfano pragmatismo e presente. Non è
un caso che nei "Bronx" che sono presenti in tutte le grandi città del mondo
vi sia l'oblio del passato.
Uno dei tanti meriti dell'autore del libro, che racconta miti e leggende a dei
bambini che "vediamo" ed "immaginiamo" riuniti intorno al focolare insieme
On. Dott. Riccardo PEDRIZZI
Deputato al Parlamento
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I
I
Introduzione
Per coloro che sono nati a Priverno (e non soltanto per loro) è un piacere e un dovere conoscere la storia di Metabo, re dei Volsci, e la leggenda di
sua figlia Camilla narrate nell'Eneide di Virgilio. Le leggende, i miti sono
racconti esemplari che spiegano le nostre radici e ci aiutano a comprendere
i significati simbolici sotterranei che animano il nostro immaginario. E' meritevole l'opera di Edmondo Angelini di voler tramandare alle giovani generazioni "La leggenda di re Metabo e di sua figlia la regina Camilla". Grazie
alla toponomastica di Priverno, nostro paese lepino, Piazzale Metabo e Via
Regina Camilla sono nomi e luoghi scolpiti nella memoria di ogni privernate, perché fanno parte della nostra infanzia, della nostra adolescenza in quanto in questi spazi si sono verificate esperienze infantili di gioco, si sono svolte attività di studio o di lavoro.
La leggenda e la storia di questi personaggi hanno coltivato l'immaginario individuale e collettivo di noi nati a Priverno che, ascoltando dal racconto dei nostri padri, abbiamo avuto modo di nutrire le nostre menti e la nostra
fantasia. Dalle loro voci abbiamo appreso che Camilla era figlia di un re che,
cacciato dai suoi nemici ed inseguito da soldati armati, fuggì con la figlia
piccolissima. In seguito, leggendo e studiando il canto XI dell' Eneide di
Virgilio, abbiamo avvertito forti emozioni e commozione, dapprima per la
rocambolesca attraversata del fiume Amaseno del re fuggitivo per salvare la
piccola Camilla e poi per come la bella e prode regina, a comando dell'esercito dei Volsci, schierato in favore di Turno, venne uccisa, nel segno del destino, nonostante il suo coraggio e la sua forza. Ci piace sottolineare del rac-
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I
conto virgiliano come Camilla, scoccando dardi, scagliando lunghe lance e
vibrando l'ascia da guerra, combatté valorosamente contro i troiani.
La "nostra" regina, scoprendo la sua femminilità per l'attrazione che nel
suo cuore esercitava la bellezza, inseguì Cloro per conquistare la sua preziosa ed esotica armatura come bottino di guerra, per poterla poi sfoggiare. Ella
morì per mano dell'etrusco Arunte e cedette al suo inesorabile destino, ma il
suo anelito, come tutti gli eroi, fu quello di rimpiangere la vita che fuggiva. Il
racconto di questi avvenimenti straordinari, di episodi drammatici e di figure appassionanti ha creato in noi atmosfere magiche, di mistero, di mito che
fanno parte ormai della nostra tradizione e del nostro patrimonio culturale.
Conservare la memoria storica è importante e il libro di Edmondo Angelini
aiuta i giovani a scoprire e a ricordare mondi dimenticati, a non scordare il
nostro passato e a coltivare la memoria personale e collettiva per riannodare i fili della nostra storia.
Il libro di Angelini ci ha spinto a rileggere i versi virgiliani che ancora
oggi, a distanza di anni, ci commuovono per il loro incanto poetico, per la
loro bellezza nel penetrare nell'animo di una giovinetta piena di coraggio e ci
rendono sempre più convinti che la vita senza i racconti leggendari, i miti, le
favole sarebbe arida ed inaccettabile.
Qui incomincia
il racconto…
Dott. Antonio Polselli
Dirigente IV Circolo Didattico Latina
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E
Il fenomeno della transumanza, lo
spostamento stagionale delle greggi
al mutare delle condizioni dei
pascoli, costituisce un aspetto che
ha interessato ampie zone del
Mediterraneo da tempi antichissimi fino alla prima metà del XX
secolo.
Particolare da un’opera di Aristide
Sartorio (1860-1932)
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ra una giornata fredda. La sala dell’appartamento, oltre
che dal calore dei termosifoni, era riscaldata dal focolare,
dove ardevano grossi ciocchi.
La televisione era spenta – da tempo erano terminati i
programmi per i bambini – e seduti intorno al focolare con
me c’erano mia moglie, Anna, e quattro bambini: Gemma,
Vincenzo, Camilla e Leonardo che tutti chiamavano Leo.
Mentre Anna preparava dolcetti e bevande calde per i
nipotini, io proposi loro di raccontare una leggenda locale
che avevo ascoltato tante volte durante l’infanzia davanti a
quel focolare. “C ’era una volta….”
“Zio, ce l’hai già raccontata tante volte quella storia”,
protestarono i bambini a quell’inizio loro familiare. “Perché
non ci racconti della Regina Camilla, come facevi con i tuoi
alunni quando eri maestro?”
Dalla finestra della sala si scorgevano le colline
innevate e lo spettacolo era eccezionale poiché la
neve, così abbondante, raramente scende su Priverno
e sulla sua campagna.
“Vedete”, dissi, “oltre quelle colline, sulle pendici che
dolcemente digradano verso la pianura, molti secoli fa,
quando era rigogliosa di vegetazione e ricca di selvaggina, si fermavano i pastori provenienti da lontano per passarvi l’inverno in un clima più mite, dovuto alla vicinanza del mare.
In quei tempi, tanto lontani, è nata Camilla.
I
“…molti secoli fa,
quando la pianura era
rigogliosa di vegetazione e ricca di selvaggina, si fermavano i
pastori provenienti da
lontano per passarvi
l’inverno…“
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II
“La madre, che si
chiamava Casmilla,
era regina dei Volsci,
quando
la piccola
venne al mondo e il
padre, il re Metabo,
non era ben visto dai
sudditi. Un brutto
giorno il popolo si
ribellò e invase la reggia.“
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L
a madre si chiamava Casmilla e quando la piccola venne
al mondo era regina dei Volsci.
Il padre, il re Metabo, non era ben visto dai sudditi e un
brutto giorno il popolo si ribellò e invase la reggia.
Fra le urla degli invasori e quelle dei difensori, molti
uomini persero la vita e Metabo, non vedendo la moglie,
prese Camilla, allora piccola piccola, e fuggì.
Pensate! Per salvare Camilla, Metabo dovette abbandonare sua moglie – la madre della bambina che lui teneva in
braccio – di cui non si saprà più nulla.
Fu una brutta giornata: non solo per la strage della corte
reale, ma proprio per il tempo, simile a quello di questi giorni, con la differenza che, invece di nevicare, pioveva, pioveva a dirotto.
Quel povero re, scacciato dai suoi, si ritrovò lontano da
Priverno, fra i boschi sferzati dalla pioggia e dal vento, spaventato dai tuoni e dai fulmini che ogni tanto cadevano
intorno a lui, schiantando rumorosamente gli alberi secolari.
Non sapeva cosa fare con la piccola Camilla che teneva
fra le braccia, avvolta in un telo di lana capitatogli sotto le
mani nel momento della fuga.
La piccola piangeva, ignara di quanto succedeva intorno
a lei; sentiva, però, che le forti braccia che la serravano non
erano quelle tenere della mamma, come della mamma non
era il petto sul quale stava riposando.
“Metabo e Camilla“, disegno di
Léon Cogniet (1794-1880)
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I
Il fiume Amaseno è sin dall’antichità una presenza fondamentale
per il territorio e per tutte le aree
che attraversa.
Corteccia di
sughero ricavata
dalla quercia
omonima
di cui fin
dall’antichità
il territorio
dell’Amaseno é
sempre stato
particolarmente
ricco
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l pianto della povera bambina, gettava nello sconforto il
re fuggiasco, incallito dalla guerra, ma inconsapevole delle
tenerezze materne, già terribilmente sconvolto da tutto ciò
che stava succedendo.
I suoi nemici di Priverno, intanto, accortisi della sua fuga,
sprezzanti del cattivo tempo, lo cercarono ovunque e un gruppo di loro lo stava quasi raggiungendo nel nascondiglio dove si
era riparato per proteggersi dalla pioggia torrenziale e per riposarsi un poco. Appena si rese conto della loro presenza, il re, che
conosceva bene il bosco, riuscì ad allontanarsi dalla grotta e
dopo qualche centinaio di metri giunse sulle rive dell’Amaseno.
La pioggia incessante di quei giorni aveva gonfiato il
fiume, prossimo ormai allo straripamento. Di fronte all’impeto delle acque che gli impediva di attraversare a nuoto il fiume
con Camilla in braccio, Metabo ebbe una fulminea idea”.
I quattro bambini stavano seguendo il mio racconto con
molta ansia e leggevo nei loro occhi qualche preoccupazione
per la sorte di Camilla. Figuriamoci! Come avrebbe fatto il re
ad attraversare il fiume in piena?
E naturalmente, Leo, il più curioso dei quattro, non esitò a
chiedere: “Cosa fece, zio, cosa fece Metabo per attraversare il
fiume?” - “Non potete immaginare che idea ebbe! Prese una
grossa scorza di sughero che era lì vicino, con il telo
che aveva con sé vi avvolse
Camilla e poi legò il prezioso
involucro alla sua lancia.
III
“Prese una grossa
scorza di sughero che
era lì vicino, con il telo
che aveva con sé vi
avvolse Camilla e poi
legò il prezioso involucro alla sua lancia.”
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IV
“…Metabo scagliò
verso la riva opposta
del fiume la lancia col
tenero fardello e…”
M
etabo era un uomo come gli altri, pure se era re, e in
quella situazione piena di pericoli, prima di agire rivolse
una preghiera ed una promessa alla dea Diana:
“Grande Diana – egli invocò – abitatrice delle selve e dei
monti, io, padre di questa sfortunata figlioletta, a te la dono
come ministra e come ancella. Sperando nel tuo divino intervento, prima di scagliare questa mia lancia, te l’affido.
Prendila, ti prego, e sia tua per sempre”.
Fatta questa preghiera, Metabo scagliò verso la riva
opposta del fiume la lancia col tenero fardello e poi, gettatosi nelle acque turbolente, lo attraversò e giunto dall’altra
parte raccolse la piccola Camilla che non aveva subito alcun
danno nell’insolito viaggio”.
Il fiume Amaseno ingrossato
dalle piogge durante il periodo
invernale
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S
Ricostruzione del tempio di
Artemide (Diana) a Efeso in Grecia
tavo per continuare il racconto quando, inevitabilmente,
i quattro bambini vollero sapere chi era la dea Diana. Così
cercai di spiegare:
“Era una delle più grandi divinità dell’Olimpo. A lei
ricorrevano i cacciatori e gli arcieri e per sua natura proteggeva – vi sembrerà buffo – gli animali selvatici cacciati dai
suoi protetti. Questa divinità aveva cura anche dei bambini
come voi e degli esseri indifesi. Era, insomma, una buona
dea: ecco perché Metabo le dedicò Camilla. Da parte sua
Diana, come vi dirò più in là, si prese cura della bambina.
Ora, però, riprendiamo il racconto.
I nemici di Metabo, vista l’impossibilità di prenderlo, se
ne tornarono a Priverno rinunciando definitivamente alla
sua cattura…
V
“Questa
divinità
aveva cura anche dei
bambini come voi e
degli esseri indifesi.
Era, insomma, una
buona dea: ecco perché Metabo le dedicò
Camilla.“
L'OLIMPO, un monte della
Tessaglia, il più alto della Grecia,
era la dimora di Giove e di sua
moglie Giunone, ma anche di
molte altre divinità che facevano
corona alla coppia divina.
Statua di Diana
cacciatrice
Parigi, Museo
del Louvre
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21
VI
“… un pastore che gli
offrì un po’ di cacio e
del latte delle sue pecore con il quale, rientrato nel rifugio, il re
nutrì la figlioletta.“
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I
l re, intanto, recuperata Camilla, si diresse verso un riparo
presso il quale, nonostante la pioggia, ardeva un fuoco sprigionatosi dalla caduta di un fulmine su una quercia secolare.
Raccolse un po’ di brace e, dentro la grotta, accese un fuoco per
asciugare Camilla e se stesso che, potete facilmente immaginare, era zuppo fradicio. Camilla, finalmente stanca di piangere,
al calore del fuoco si addormentò.
Passato il pericolo, però, Metabo incominciò a preoccuparsi di come nutrire la piccola. Immaginate la situazione? La
bambina aveva forse un anno, o poco più, e non poteva mangiare le bacche del bosco e la carne della selvaggina che
Metabo intendeva cacciare una volta cessata la pioggia. Era
proprio un bel rompicapo per quel re abituato alla guerra e ai
lauti banchetti della corte, ora però senza trono, senza sudditi,
senza casa e, peggio ancora, senza la madre di Camilla che
avrebbe potuto nutrirla con il suo latte.
Ma il re – era pur sempre un re – non si scoraggiò. La pioggia finalmente era cessata e la giornata ancora lunga. Fece,
intorno alla bambina dormiente, una protezione con rami e
pietre – anche gli animali selvatici del bosco potevano uscire
dalle loro tane in cerca di cibo … non si sa mai – insomma,
Metabo ritenne opportuno proteggere Camilla in quella
maniera prima di allontanarsi dalla grotta per cercare qualcosa da mangiare.
Fortunatamente, in una radura poco distante dalla grotta,
c’era una capanna con un pastore che gli offrì un po’ di cacio e
del latte delle sue pecore con il quale, rientrato nel rifugio, il re
nutrì la figlioletta.
Tra le tante ipotesi fatte dagli studiosi sul modo di procurarsi del
fuoco da parte dei primi uomini,
quella di un albero incendiato da un
fulmine è tra le più probabili.
Una tipica «lestra», capanna abitata temporaneamente d’inverno da
cacciatori, agricoltori o pastori che
migrano verso la pianura. Da secoli l’aspetto e la struttura sono rimasti quasi del tutto inalterati.
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D
Pitture rupestri nel sistema di grotte
di Lascaux (Francia). Il pittore
(Homo sapiens moderno) di 20.000
anni fa si recava in antri profondi
per riprodurre sulle pareti la preda
che si aspettava di cacciare sia per
ricavarne cibo che per poter utilizzarne le pelli come unico mezzo per
proteggersi dal freddo.
L’arte della concia è una delle più
antiche attività dell’uomo.
La concia è un complesso di operazioni chimiche e meccaniche che hanno
lo scopo di rendere le pelli degli animali imputrescibili e impermeabili, e
di aumentarne la tenacità e la resistenza trasformandole in cuoio.
La pelle trovava un vastissimo impiego presso gli antichi; dai vestiti, ai
calzari, agli otri per contenere l’acqua. Quando era possibile mantenere
la pelliccia si potevano ricavare mantelli e coperte.
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VII
a allora Metabo dimenticò di essere re e divenne
pastore e cacciatore. Talvolta gli succedeva di nutrire
Camilla facendole bere direttamente il latte che egli spremeva dalle mammelle di qualche suo animale.
Credete che vestisse la figlia con tessuti di lana? No.
Le pecore servivano per il latte e per gli agnellini; i vestiti per Camilla lui li confezionava con la pelle delle fiere
che uccideva durante le battute di caccia: volpi, orsi,
tigri, …“
“Non c’erano le tigri da noi” interruppe con la sua
vocetta Gemma, sorpresa da quella notizia. Le tigri a
Priverno!
“C’erano, c’erano. Virgilio, che ci ha raccontato per
primo la storia di Camilla, dice così. E se lo dice lui, che
motivo c’è di non crederci? Le tigri, quindi c’erano. Siete
convinti?”
No, giustamente, non erano convinti, ma se Virgilio
lo aveva detto, andava bene così.
La Tigre (Panthera tigris), è un
felino che mal si adatterebbe al
nostro clima, viste le condizioni climatiche del tutto diverse rispetto a
quelle dei territori di origine.
Solo all’epoca dell’ Impero Romano,
le tigri catturate nel continente asiatico venivano portate a Roma e in altre
importanti città dell’Impero, per essere utilizzate negli anfiteatri per i combattimenti tra fiere e gladiatori le cosidette “venationes".
“…i
vestiti
per
Camilla lui li confezionava con la pelle delle
fiere che uccideva
durante le battute di
caccia: volpi, orsi,
tigri, …“
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VIII
“… un tempio di
Diana eretto sulla
sommità di una collinetta circondata dal
bosco…”
“C
amilla – ripresi – vestita dunque di pelle di animali
selvatici, cresceva in quei luoghi silvestri accanto al
padre imparando, fin da piccola, a maneggiare giavellotti, lance e arco. Una piccola cacciatrice, insomma, degna
di Diana alla quale il padre l’aveva consacrata.
Da giovinetta, poi, Camilla entrò a far parte delle
ancelle che servivano in un tempio di Diana eretto
sulla sommità di una collinetta circondata dal bosco
conservando la sua purezza, come voleva la dea,
anche con la forza, se era necessario.
L’abilità di cacciatrice appresa dal padre e la castità protetta e conservata nel tempio di Diana, fin dalla
sua adolescenza fecero somigliare Camilla ad un’amazzone”.
Ancella, dal latino “ancilla” forma
diminutiva di fantesca, serva.
In senso lato, si utilizza questo termine anche per indicare coloro che
prestavano servizio come sacerdotesse presso i templi pagani.
Fin dalla più tenera età erano educate alle regole del culto ed al rispetto della più stretta castità, per buona
parte della loro vita.
Rappresentazione di un tempio di Diana su
una moneta di epoca romana
26
27
I
Testa di Amazzone di età
romana rinvenuta negli
scavi del sito archeologico di Ercolano
28
“C
os’è un’amazzone? Ce lo dici, zio?” chiesero in coro i
quattro bambini.
Eh, sì! La curiosità dei bambini qualche volta ti mette in
imbarazzo. Avevano ragione di voler sapere cos’è un’amazzone, ma come spiegare, senza farla troppo lunga, che
Camilla, pur comportandosi come una di loro non era un’amazzone?
“Le amazzoni – incominciai – erano donne crudeli e
guerriere, sempre a cavallo per combattere a fianco di chi le
cercava. Si dice che per usare meglio le armi si privavano del
seno destro.
Con gli uomini si incontravano una volta l’anno per
avere delle figlie. Vi dico figlie non a caso, poiché se nascevano maschietti li uccidevano o ne facevano degli schiavi.
Così dicono, ma sono tutte fantasie di poeti … E poi abitavano così lontano da Priverno – migliaia e migliaia di chilometri – che Camilla non poteva essere una di loro. Però, nonostante tutto, per alcune cose la nostra eroina si comportava
come loro: era cacciatrice, era votata ad una divinità e da
grande, come vi dirò, fu terribile guerriera al comando di
donne – battagliere come lei – e di uomini, i nostri avi. Ecco
perché anche Camilla si dice che fosse un’amazzone.
Chiaro?”
“Sì”, risposero , sottolineando con il movimento positivo
della testolina la loro risposta.
“Ora riprendiamo il racconto.
I
Antica rappresentazione di Amazzoni in battaglia, (vaso Greco del
V secolo a.C.)
29
E
I popoli antichi usavano diversi
tipi di inumazione, compresi quello
a fossa e a camera, come usavano
anche gli Etruschi. Accanto alla
salma, o all’urna cineraria, spesso
veniva depositato un corredo funerario che doveva servire per la vita
d’oltre tomba. (Tomba a fossa presso Tarquinia).
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ra già una bambina ben formata, quando Metabo morì di
vecchiaia in mezzo al suo gregge. Camilla, ancora per qualche
anno, continuò a vivere nel tempio di Diana, crescendo in lei il
desiderio di vendicare suo padre e di riconquistare Priverno.
Giunto il momento di decidere se restare al servizio della dea
o se, invece, prendere il comando di un gruppo di giovani
donne, fiere cacciatrici come lei, scelse la seconda possibilità.
Organizzò allora un folto gruppo di amazzoni – ormai sapete
che con questo nome si possono indicare anche quelle fiere
cavallerizze – e con loro partì alla conquista di Priverno facendo strage dei nemici del padre e divenendo, dopo la vittoria,
regina dei Volsci.
Furono tanti i giovani principi che avrebbero voluto sposarla, poiché era divenuta una donna straordinaria: forte e
bella, con la pelle ambrata e il volto circondato da una folta
chioma nera che si liberava al vento durante le lunghe cavalcate. Gli occhi bruni e la bocca serena e fiera: tutto il suo corpo
era un incanto. Lei, però, era rimasta fedele al voto paterno.
Non volle sposarsi, gli uomini non la interessavano, un po’
come le amazzoni vere.
Abbandonato il tempio di Diana, si era affermata sempre
più come guida delle sue amazzoni e come regina dei Volsci,
fermamente determinata a difenderli da ogni pericolo. Le
armi, quali strumenti di difesa e di caccia, erano la sua passione. Il cuore, però, e il corpo erano rimasti fedeli a Diana.
IX
“Era già una bambina
ben formata, quando
Metabo morì di vecchiaia in mezzo al suo
gregge“
31
Q
uesta Diana, dall’alto dell’Olimpo, intanto contemplava
la sua creatura con un velo di tristezza. Gli dei, bambini,
dovete sapere che erano come gli uomini – anzi, peggio di
loro –; di essi possedevano vizi e virtù; in più, però, godevano di poteri sovrannaturali che i poveri mortali non potevano assolutamente avere.
La dea, dunque, conoscendo il futuro di Camilla era rattristata e ne parlava con Opi, una delle sue ancelle”.
“Perché era triste?”, chiese Gemma con la solita voce
lamentosa.
“Ve lo dirò domani. Ora è tardi. Finite di bere quella
buona tazza di cioccolata, e poi a casa”.
Fuori, ormai, la neve aveva cessato di intessere il soffice
manto sulla terra e sulle cose che, nella luce crepuscolare del
giorno, acquistavano forme ovattate, quasi impalpabili e
confuse con la gelida atmosfera che le circondava.
Con le molle attizzai il fuoco aggiungendovi altra legna
che scoppiettò allegramente sprizzando vivide scintille.
I bambini, fino allora molto attenti al racconto, furono un
po’ sorpresi della mia brusca decisione e, brontolando fra
loro, se n’andarono a casa con i loro genitori che intanto
erano venuti a riprenderli.
32
I
Il giorno dopo, alla stessa ora, ci ritrovammo intorno al focolare. Non
nevicava più, ma fuori era molto freddo.
I bambini, liberi dagli impegni scolastici – si era nel periodo delle
vacanze natalizie – mi rivolsero alcune domande sui Volsci, sugli dei,
particolarmente, va da sé, di nuovo su Diana, alle quali risposi molto
brevemente. Non potevo occupare tutto il tempo delle vacanze con le
lunghe spiegazioni che richiedeva la loro curiosità, poi ripresi a raccontare la storia di Camilla…
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33
I
I
“Ieri ci siamo fermati mentre vi narravo
della tristezza di Diana: ricordate? Vi ho
già detto, gli dei avevano molti sentimenti
in comune con gli uomini e la tristezza,
purtroppo, per tanti motivi spesso si impossessa di noi, piccoli e grandi.
Diana, nell’alto dell’Olimpo, aveva le sue
preoccupazioni per la sorte che doveva toccare a
Camilla, però non voglio anticiparvi nulla. Procediamo con ordine nel racconto,
senza perderci in altri ragionamenti. Devo darvi, in ogni modo, alcune brevi notizie storiche, altrimenti non riuscirete a capire il seguito.
“In quel tempo, nell’attuale Turchia i Greci stavano combattendo contro Troia
perché il giovane principe di quella città aveva rapito la bella
Elena, moglie di un re greco. Anche nel passato succedevano
questi pasticci! A Paride – così si chiamava quel principe protetto da Venere – non bastavano le gentili fanciulle della sua città,
no!, doveva prendersi, con l’inganno e con l’aiuto della sua dea
protettrice, la moglie di un re greco. Figuriamoci se quelli si
lasciarono fare! Scoppiò una guerra che durò dieci anni e che fu
vinta, potete facilmente immaginarlo, dai Greci.
Dopo un lunghissimo assedio Troia fu conquistata e bruciata.
Fra i vinti vi fu anche il famoso eroe Enea, il quale fuggì dalla città
in fiamme. Con le sue navi e la sua gente, dopo tanto navigare nel
Mediterraneo, Enea sbarcò nella foce del Tevere. Lì divenne amico
del re del posto, Latino, che gli promise in moglie la figlia Lavinia.
I Troiani giunsero in pace in quel paese pacifico, tanto che re
Latino fece al suo ospite quella promessa matrimoniale.
Insensato re!”
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A questa mia riflessione, pronunciata ad alta voce, un po’ energicamente, i quattro bambini mi guardarono sorpresi e incuriositi, ma non dissero nulla.
“Siete sorpresi anche voi, vero? C’è una ragione. Quell’insensato re aveva
dimenticato che sua figlia Lavinia aveva già un pretendente. E che pretendente! Si trattava, niente di meno, di un altro re che regnava
in terre non molto lontane. Si chiamava Turno ed era un
giovane forte e bello … e anche testardo.
Sì, è vero, lui avrebbe voluto Lavinia, ma ancora
non era stato concluso nulla. Se Latino aveva
deciso di darla in sposa a Enea, certamente
dovette avere le sue ragioni, anche se non le
conosciamo.
Sono passati tanti secoli e molte cose non si
conoscono più e non si sapranno mai. E’ certo
però che Turno, infuriato da tanto affronto – poiché si sentiva offeso dalla decisione di Latino – scatenò la guerra contro Enea ricorrendo all’aiuto di popoli
alleati fra i quali c’erano i Volsci
comandati, indovinate da chi?”
“Sì, da Camilla”, risposero in coro. Sì, da
Camilla. Vi pare che Camilla non corresse
ad aiutare un re a riconquistare la sua donna?! Ma
vi chiedete perché si facevano tutte quelle guerre per
una donna? Elena, Lavinia e tante altre di cui non vi sto
a parlare. No, non ve lo chiedete: meglio così, siete troppo
piccoli e lo capirete fra qualche anno.
35
X
“Al suo giungere al
campo di Turno, tutta
la
gioventù
di
Laurento e una folla di
donne uscirono dalle
case e dai campi per
ammirare la fiera
guerriera…“
36
I
ntanto, negli accampamenti, tutti si stavano preparando alla guerra.
Tanti guerrieri, allora, marciarono contro il campo di
Enea. Camilla, venuta con i suoi per combattere accanto
a Turno, chiuse la parata.
Camilla, alla testa dei cavalieri Volsci e delle amazzoni, indossava una corazza di bronzo risplendente al sole.
Le sue mani non erano abituate ai lavori femminili, e
questo ve l’ho già detto: era, invece, capace di sopportare la rudezza e la violenza della battaglia e a correre con
il suo cavallo più veloce del vento. Tanta era la sua
destrezza di amazzone, che sarebbe stata capace di sorvolare un campo di grano senza rovinare le spighe e scivolare sulle onde del mare senza bagnare i piedi del
cavallo. Al suo giungere al campo di Turno, tutta la gioventù di Laurento e una folla di donne uscirono dalle
case e dai campi per ammirare la fiera guerriera che
sopra la corazza indossava un mantello di porpora,
segno della sua dignità. Tutti erano curiosi di vedere
Camilla con la spilla d’oro che legava i suoi capelli dietro la nuca e ammirare la grazia che aveva nel portare la
faretra, la lancia e l’arco d’oro. Era uno spettacolo, bambini, che nessuno voleva perdere.
Amazzone a cavallo.
(Altorilievo proveniente dal frontone del tempio di Asclepio, a
Epidauro, Grecia meridionale).
Antica spilla
o “Fibula” di
epoca Etrusca.
Veniva utilizzata
preferibilmente per fermare i vestiti
alla vita o sulle spalle. Di questo o di
altri monili e gioielli vi era un’ampia
produzione già in epoca antica con
tecniche di lavorazione a volte molto
elaborate e con materiali molto diversi
dal bronzo al ferro fino al prezioso oro.
Tomba Regolini – Galassi di
Cerveteri. 650 a. C. -Vaticano, Museo
Etrusco Gregoriano
37
I
Arcipelago delle Eolie, isola di
Vulcano.
Secondo gli antichi greci era su
quest'isola che il dio Vulcano abitava e lavorava
nella sua mitica fucina.
Antico mantice usato dai fabbri
nelle loro fucine.
38
ntanto Enea non stava ad aspettare senza far nulla: anche
lui si rivolse ai popoli vicini e dalla sua parte ebbe, pensate
un po’, anche l’aiuto degli dei. Il dio Vulcano, per l’occasione, su richiesta della bella Venere, fabbricò lui stesso le armi
di Enea, nella fucina sotterranea rassomigliante ad un
androne infernale, col fuoco e con il fumo che inondava
tutto.
Riuscite ad immaginare questi eroi splendenti d’oro e di
bronzo, armati e protetti dagli dei che si preparavano per la
battaglia?
Ma gli dei, ve lo ripeto, erano peggio degli uomini e non
erano mai d’accordo fra di loro: chi voleva proteggere Enea
e chi Turno ed i loro coraggiosi guerrieri. Giove, comunque,
se ne lavò le mani e non volle dare sostegno a nessuno. In
questa situazione, per farla breve, Venere era favorevole ai
Troiani di Enea e ai suoi alleati; Giunone, la moglie di Giove,
favoriva Turno. Ne seguirono scontri violenti e stragi infinite da ambo le parti.
Però il destino di Enea era stato già registrato nel libro
dell’Olimpo: era destinato a trionfare su Turno poiché dai
suoi discendenti doveva nascere il fondatore di Roma:
Romolo. Queste cose, tuttavia, gli uomini non le conoscevano e tutti continuavano a combattere contando sulle loro
forze per raggiungere la vittoria.
XI
“Il dio Vulcano, per
l’occasione, su richiesta della bella Venere,
fabbricò lui stesso le
armi di Enea, nella
fucina sotterranea rassomigliante
ad
un
a n d ro n e
infernale…“
39
XII
“O grande re, sono
pronta, da sola, ad
affrontare i cavalieri di
Enea. Lasciami tentare questo attacco
…“
40
D
opo tanti scontri e tanti morti, Troiani e Latini fecero
una tregua per raccogliere i loro caduti e mentre i Latini
erano in parlamento per cercare una soluzione pacifica
alla guerra, ecco che Enea parte di nuovo in battaglia.
Nei campi e nella reggia successe una baraonda.
Tutti correvano a portare messaggi alle guarnigioni,
alle sentinelle, alle squadre appostate in agguato in
punti strategici e anche a Camilla fu recapitata la notizia dell’attacco di Enea.
La nostra regina con tutto il suo esercito, corse alle
porte della città dove c’era Turno ad impartire ordini ai
soldati. Scesa da cavallo, seguita dai suoi, Camilla disse
a Turno: “O grande re, sono pronta, da sola, ad affrontare i
cavalieri di Enea. Lasciami tentare questo attacco. Tu, con la
fanteria, resta a proteggere le porte della città”.
Che coraggio aveva la nostra Camilla, pronta a sfidare la poderosa cavalleria di Enea!
Ma Turno, noto per la sua prudenza, guardando in
faccia alla bella e terribile guerriera, rispose: “O vergine,
onore d’Italia, non so come mostrarti la mia gratitudine e fare
altrettanto, ma per ora, poiché il tuo coraggio è così grande,
dividi con me il lavoro della guerra “.
Poi Turno diede ordini a tutti e partì, con molti soldati, a tendere un’imboscata ad Enea.
Dal murice gli antichi popoli
del Mediterraneo (i primi furono i Fenici), ottenevano la preziosa tinta porpora , per secoli
simbolo di nobiltà e massimo
potere , per cui privilegio di
pochi eletti.
41
S
i vide, subito dopo, un gran movimento da tutte le
parti: i fanti con le lance, gli arcieri, i cavalieri si spostavano in gruppi compatti fra i meandri della grande pianura seguendo le disposizioni dei comandanti che urlavano a squarciagola gli ordini.
Diana dall’alto dell’Olimpo, con Opi,
una delle vergini sue compagne,
stava osservando ciò che
succedeva nel
XIII
“…i fanti con le lance,
gli arcieri, i cavalieri si
spostavano in gruppi
compatti fra i meandri
della grande pianura
seguendo le disposizioni dei comandanti che
urlavano a squarciagola gli ordini.“
campo
di battaglia
e si rattristava
della sorte di Camilla
cui l’avevano destinata gli
dei, contro i quali nulla poteva.
Poi raccontò a Opi la storia di Camilla
– quella che voi già sapete – e infine ordinò
alla stessa di scendere nel campo di battaglia e di uccidere chiunque facesse del male alla sua protetta.
42
43
XIV
I
n terra gli scontri diventavano sempre più violenti e i
morti, a mucchi, ce n’erano dappertutto.
In mezzo a quel grande disordine e fragore di armi,
Camilla cavalcava velocemente sul suo destriero. Nella foga
della battaglia aveva perso il purpureo manto – segno della
sua regalità, ricordate? -. Ma aveva fatto di più, l’imprudente! Le amazzoni, quelle vere, per armeggiare meglio la spada
e la scure, per tirare meglio con l’arco si facevano amputare
– così raccontano le antiche leggende – la mammella destra.
Camilla, invece, per ottenere gli stessi risultati in combattimento si era tolta la corazza di dosso. Alle sue spalle pendeva la faretra e l’arco d’oro donati da Diana, mentre con le
mani lanciava giavellotti – quando non faceva roteare la tremenda ascia di bronzo – provocando strage fra i Troiani.
Intorno a lei cavalcavano le ancelle preferite, Acca,
Larina, Tulla e Tarpeia, armate con asce di bronzo. Camilla le
aveva scelte per amiche in tempo di pace e come guardia del
corpo nelle battaglie. Insieme erano il terrore dei Troiani che
cadevano innumerevoli al passaggio furioso del gruppo
delle amazzoni: semplici soldati o eroi veterani di Troia.
“Intorno a lei cavalcavano le ancelle preferite, Acca,
Larina,
Tulla e
Tarpeia,
armate
con asce
di bronzo.“
44
La lavorazione del bronzo per produrre utensili, armi e oggetti rituali
era di uso comune presso le antiche civiltà fin dal periodo preistorico. Con la scoperta del ferro, metallo molto più resistente e
versatile, l’uso del bronzo sarà relegato quasi esclusivamente
nell’ambito decorativo e artistico .
Scure di Epoca Romana
Museo Civico Archeologico di Fiesole (FI)
45
Gruppo di Amazzoni raffigurate
durante una battaglia.
Le armi da
offesa tradizionalmente erano la
spada, la lancia, l’arco e l’ascia
bipenne; arma da difesa talvolta
era solo l’elmo, cui spesso si
aggiungeva la corazza.
C
osì cavalcando raggiunsero un gruppo di soldati
troiani. Ad uno di loro, famoso per le vanterie di guerra,
colpendolo con la lancia, Camilla gridò: “Credevi, forse, di
rincorrere delle bestie nella foresta? E’ arrivato il giorno in cui
armi di donna hanno respinto le tue vanterie. Però, ai mani dei
tuoi avi potrai dire, e non è un piccolo vanto, che sei stato ucciso dalle mani di Camilla”.
Tanti altri valorosi guerrieri caddero nello scontro con
la potente vergine di Diana, ma uno ebbe il coraggio di sfidarla e le disse, urlando: “Anche se sei una donna, che gloria
è quella di combattere su un cavallo? Se hai coraggio,
scendi a terra e combatti con me”.
Il furbo voleva tendere una trappola a
Camilla. Questa non si fece ripetere due volte la
provocazione e, furiosa, saltò dal cavallo. Quello,
credendo di essere riuscito ad ingannarla, fuggì rapidamente. Camilla, svelta come il vento, corse a piedi,
superò il cavallo, che prese per il morso, e uccise l’arrogante nemico.
XV
“Camilla, svelta come
il vento, corse a piedi,
superò il cavallo, che
prese per il morso, e
uccise l’arrogante
nemico.“
Spada
con fodero
facente parte delle armi
in bronzo provenienti dal
corredo funerario di una
tomba di Taquinia, prima metà
dell’VIII sec. a.C. (Firenze, Museo
Archeologico Nazionale)
46
47
P
I
urtroppo la strage che Camilla andava facendo dei soldati nemici, non poteva
continuare. Gli dei, sempre loro, avevano deciso altrimenti.”
I quattro nipotini seguivano il mio racconto con molta attenzione e nei loro
sguardi leggevo l’ansia di conoscere l’esito della battaglia e cosa sarebbe accaduto alla nostra eroina. Ma non chiedevano nulla, in silenzio aspettavano lo svolgimento dei fatti.
“Le sorti della battaglia, ripresi, incominciarono a cambiare ed un guerriero
nemico, Arunte, armato dagli dei, con il giavellotto sempre pronto per essere
scagliato, stava cercando il momento opportuno per colpire Camilla.
Fra i tanti guerrieri nemici vi era un cavaliere che indossava un elmo d’oro,
come d’oro era l’arco, che rilucevano da lontano. Camilla, attratta dal desiderio
di conquistare quelle armi per offrirle a Diana, o per vantarsene come trofeo di
guerra, si addentrò sconsideratamente fra le file nemiche, dove Arunte colse
l’occasione che aspettava.
Nella mischia Camilla si era resa vulnerabile, proprio perché si era tolta di
dosso l’armatura di bronzo. Dopo una rapida invocazione ad Apollo, che l’esaudì, Arunte scagliò il giavellotto contro la vergine guerriera. I Volsci, da lontano,
sentendo il sibilo del giavellotto che solcava il cielo, si rivolsero a guardare verso
la loro regina che, però, non ebbe tempo di rendersi conto del pericolo. Il giavellotto la raggiunse al petto e Camilla si piegò sul suo cavallo. Ebbe appena il
tempo di dire ad Acca di correre da Turno per informarlo dell’accaduto e di
sostituirla nella lotta contro i Troiani. Poi scivolò dal cavallo e “sdegnosamente”
– ha scritto il Poeta – il suo spirito se n’andò nel regno delle ombre.
48
49
XVI
“Nella mischia
Camilla si era resa
vulnerabile, proprio
perché si era tolta di
dosso l’armatura di
bronzo. Dopo una
rapida invocazione ad
Apollo, che l’esaudì,
Arunte scagliò il giavellotto contro la vergine guerriera“
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51
I
Il dio Apollo è colui che, secondo il
racconto di Virgilio, protegge ed
aiuta Enea nelle sue imprese e per
mano di Arunte uccide Camilla.
Statua in terracotta raffigurante il
dio Apollo, VI secolo a.C.
Museo Nazionale Etrusco
di Villa Giulia a Roma
52
l Poeta aveva ragione: Camilla, cari bambini, era giovanissima quando morì per mano di Arunte ed ecco perché,
con rabbia, il suo spirito si allontanò dal corpo esanime per
andare nell’aldilà.
Morta Camilla, un clamore immenso salì al cielo e la battaglia volse a favore dei Troiani.
Opi, inviata sulla terra da Diana – ricordate ? – per uccidere chiunque avesse fatto del male a Camilla, trasse dalla
faretra d’oro una freccia alata e la scagliò contro Arunte il
quale, colpito al petto, si riversò sulla polvere, ignorato da
tutti, mentre l’ancella di Diana se ne tornò, volando, verso
l’Olimpo.”
XVII
I bambini rimasero muti e rattristati dalla morte di
Camilla, ma nonostante tutto, vollero sapere dove fu portato il suo corpo e cosa ne fecero.
“Opi, prima di uccidere Arunte, fece quest’elogio di
Camilla: “Ohimè! Tu non sei che troppo punita, o Vergine, troppo
crudelmente punita per aver osato combattere i Troiani. E nemmeno ti è servito di aver onorata, solitaria nel bosco, Diana, e nemmeno l’aver portato, come noi, la faretra sulle spalle. Tuttavia la tua
dea non ti ha abbandonata senza onore nel momento supremo della
morte; il tuo trapasso non sarà senza gloria fra le genti e tu non
avrai da temere che si dica di te che non sei stata vendicata”.
“… trasse dalla faretra d’oro una freccia
alata e la scagliò contro Arunte il quale,
colpito al petto, si
riversò sulla polvere…“
53
L
Urna cineraria a capanna
appartenente alla cultura villanoviana
rinvenuta nella necropoli di
Pontecagnano (Salerno),
IX sec. a.C.
Museo Archeologico
Nazionale Agro Picentino Pontecagnano Faiano (SA)
54
XVIII
e amazzoni, compagne di Camilla, cessata la battaglia ne
raccolsero il corpo che posero su una grande catasta di legno la
quale bruciando consumò i resti mortali della regina dei Volsci.
Raccolsero poi le ceneri e le posero dentro un’urna preziosa
che mai è stata ritrovata.
I Troiani vinsero quella terribile guerra e Turno, come era
stato scritto nel libro dell’Olimpo, morì combattendo in duello
con Enea. In quel libro c’era scritto anche che dal figlio di Enea,
Ascanio, doveva nascere la stirpe che diede origine alla grande Roma”.
Appena ebbi terminato di parlare, Leo, il più vivace dei tre,
mi disse incuriosito: “Ma zio, allora la Roma di oggi è frutto
anche di questa storia“. “Certo - risposi - tutto il mondo di oggi
è frutto di ciò che è accaduto in passato ed è proprio per questo che conoscendo meglio le nostre origini siamo in grado di
capire meglio il presente. Che ne dite?“
Nessuno rispose, ma Gemma alzò gli occhi verso di me e
con il suo solito tono lamentoso disse: “Sai zio, però io avrei
preferito che Camilla non morisse…“
Allora cercai di rassicurarla: “Vedi, Gemma, questa che vi
ho raccontato è una antica leggenda e come per tutte le leggende non sapremo mai quanta parte di verità è contenuta in essa.
Forse Camilla è stata un’eroina veramente esistita, con altro
nome e in situazioni diverse da quelle raccontateci dal Poeta
che, tuttavia, la descrive con un carattere forte e moralità
integra. Per queste ragioni oggi potremmo considerarla
“Raccolsero poi le ceneri e le posero dentro
un’urna preziosa che mai è stata ritrovata.“
55
I
come modello di donna da imitare, come colei, cioè, che più
che con le armi, ha combattuto con la sua volontà le difficoltà dell’esistenza. Quindi, cari nipotini, il consiglio che voglio
darvi, ricordando Camilla, è questo: siate sempre voi stessi,
credete nelle vostre capacità, seguite le vostre idee, siate giusti e onesti e, cosa importante, sorridete sempre alla vita
anche nei momenti di avversità. In questo modo diverrete
voi stessi gli eroi della vostra vita.“
Dopo queste riflessioni colsi nel loro sguardo un comprensibile senso di stanchezza, ma prima di lasciarli andare
ai loro divaghi ricordai loro che Camilla, nel corso dei secoli, ha ispirato artisti e poeti come Dante e Petrarca ed altri
ancora. Forse non capirono cosa volevo dire, ma certamente
crescendo capiranno tutto senza l’aiuto dello zio.
Per saperne di più
FINE
56
57
C
sotto: Busto di Publio
Virgilio Marone
a destra: frammento
di un antico libro
dell’Eneide
amilla non può considerarsi un “personaggio” storico,
ma certamente un riflesso di qualche gesto eroico di una
donna, o di una situazione accaduta, trasformati dal genio
poetico di Virgilio che ha creato questa bella figura.
Al poeta latino, in effetti, si deve il personaggio e la relativa “storia”, una delle più affascinanti dell’intero poema
virgiliano, l’“Eneide“.
Il quadro storico in cui è ambientata Camilla si collega a
quello omerico dell’“Iliade“, quindi al XIII-XII secolo a. C.,
quando in una buona parte dell’Europa si consumava l’età
del Bronzo medio: si era,
cioè, nella preistoria.
I Volsci, invece,
secondo gli studi più
accreditati, giunsero nel
Lazio meridionale verso
la fine del VI secolo a. C.,
quindi con un divario di
diversi secoli fra la narrazione virgiliana e i dati
storici. In sostanza, nel
poema confluiscono leggende e fatti accaduti,
noti al tempo di Virgilio
(1° secolo a. C.), da lui
58
utilizzati senza preoccupazioni storicistiche per esaltare le
origini di Roma, scopo principale del suo poema.
Nell’opera di Virgilio, Camilla assume chiaramente un
aspetto leggendario, dalla sua infanzia alla morte eroica
inferta dalla mano di un guerriero guidato da Apollo.
La verginità della fanciulla, consacrata a Diana dal padre
Metabo, e il suo eroismo di sfrenata e spietata amazzone,
sono peculiarità del personaggio che attraverso i secoli
hanno ispirato artisti, letterati e musicisti.
Il poeta Virgilio rapperesentato, in miniatura
medioevale, mentre
scrive alcuni versi
dell’Eneide.
a sinistra:
Enea in un affresco
dalla Casa di Publius
Vedius Siricus, a
Pompei (NA)
59
60
Camilla
Diana
Il “personaggio” Camilla non ha riscontri nella storia antica di Priverno, peraltro scarsamente documentata quella del
periodo volsco, ma come il Levino di Silio Italico (“Le
Puniche“) potrebbe essere l’idealizzazione di situazioni e
personaggi veramente esistiti.
Tra le interpretazioni che si danno di Camilla, alcune tendono a farne una sacerdotessa del culto di Diana.
Diana, (Artemide, nella mitologia greca) è una delle grandi divinità dell’Olimpo. Vergine per libera scelta, è divinità
protettrice dei cacciatori, degli arcieri e degli animali selvatici, oltre che dei bambini e delle persone indifese.
La sua “vita” è caratterizzata da complesse vicende, ma
nei rapporti con Camilla la dea appare come protettrice
della creatura che le fu affidata, alla quale era molto affezionata, ma che non riuscì a salvare dal tragico destino cui l’avevano destinata gli dei.
In Virgilio il racconto dell’infanzia di Camilla avviene
proprio per bocca di Diana che si rattrista, con Opi, della triste fine cui era destinata la sua protetta.
Metabo
Padre di Camilla. Leggendario re dei Volsci che per la sua
arroganza fu cacciato da Priverno dal suo stesso popolo.
Virgilio lo presenta sotto il profilo umano, braccato dai
suoi sudditi e preoccupato della salvezza della piccola
Camilla che, dopo il rocambolesco attraversamento
dell’Amaseno, consacrò a Diana, allevandola rudemente
nelle selve, fra le greggi di cui divenne pastore.
Apollo
Apollo - figlio di Giove e di Leto e fratello di Diana - è una
delle più grandi divinità del Phanteon greco e romano.
Fra i numerosi attributi di Apollo vi è quello di protettore
delle arti, particolarmente della musica.
Difensore dei Troiani, accolse di buon grado l’invocazione
di Arunte, al quale concesse il triste privilegio di uccidere
Camilla il cui destino, peraltro, era stato già deciso dall’alto
dell’Olimpo.
Diana
I
I personaggi
Apollo
Metabo
Camilla
I
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62
I
Enea
Turno
Personaggio mitologico, Enea, fu figlio di Venere e di
Anchise e membro della famiglia reale di Troia.
Eroe sfortunato dell’“Iliade“, dopo la conquista di Troia da
parte dei Greci, col padre Anchise, vecchio e malato, col figlio
Ascanio, con la sua nutrice – il cui nome, morendo, fu dato
alla nuova città di Gaeta – e con una piccola flotta fuggì dalla
città in fiamme. Dopo lungo vagare nel Mediterraneo, giunse
sulle coste del Lazio, dove fondò Gaeta, prima di giungere
alla foce del Tevere.
Il re Latino, che aveva dato il suo nome alla terra in cui
viveva (il Lazio), seguendo un oracolo, aveva promesso di
dare in sposa sua figlia Lavinia ad Enea la quale, però, precedentemente, era stata promessa a Turno, re dei Rutuli.
Questa duplice promessa fu motivo di aspre battaglie fra
Enea, Turno ed i loro alleati, ampiamente descritte
nell’“Eneide“.
Fra gli alleati di Turno vi fu anche il popolo volsco comandato da Camilla, sua regina.
Dopo la morte di Turno, che perì nello scontro diretto che
ebbe con Enea, questi sposò Lavinia. Più tardi Enea fondò una
città che, in omaggio alla moglie, chiamò Lavinium,
Ascanio, figlio di Enea, fondò Albalonga e diede origine a
quella dinastia dalla quale uscì Romolo, fondatore di Roma.
Turno re dei Rutuli, era figlio di Dauno e di Venilia.
Publio Virgilio Marone lo cita all'arrivo di Enea nel Lazio.
Latino sancisce la nuova alleanza con Enea, dandogli la
figlia Lavinia in moglie. Questa era già promessa a Turno,
che decise di muovere guerra contro le forze di Enea e di
Latino.
La guerra termina con il duello mortale tra Enea e Turno,
che vede quest'ultimo soccombere: nonostante il suo valore,
gli dei avevano già deciso il vincitore.
Turno
Enea
I
63
Ai bambini si consiglia di leggere, con l’aiuto di persone competenti, l’“Eneide“ di Virgilio, particolarmente il libro XI, che contiene la leggenda di Camilla, e gli ultimi versi del libro VII, nei quali
è descritto l’arrivo di Camilla e il suo esercito nel campo di Turno.
Dizionari mitologici, reperibili anche in biblioteche per ragazzi,
possono aiutare a capire le complesse figure delle divinità, sempre
legate con le vicende degli umani mortali.
Per una lettura locale del personaggio Camilla si rinvia a:
Teodoro Valle, “La Regia et antica Piperno, Città nobilissima di
Volsci nel Latio“, Napoli, 1637; Edmondo Angelini, “Priverno nel
Medioevo“, Città di Castello, 1998, vol. I
Per un approccio più approfondito alla figura di Camilla si consiglia: Giampiera Arrigoni, “Camilla amazzone e sacerdotessa di
Diana“, Milano, 1982.
Sulla figura di Enea e le sue ripercussioni nel Lazio si veda il
catalogo “Enea nel Lazio. Archeologia e mito“, Roma, 1981.
64
Nota bibliografica
Nota bibliografica
65
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7
Qui comincia il racconto… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 11
INDICE
INDICE
Per saperne di più . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 57
I personaggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 60
Nota bibliografica
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 65
Indici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 67
66
67
68
I
Transumanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 13
XII
Camilla offre il suo aiuto a Turno . . . . . . . . .pag. 40
II
Metabo, Casmilla e Camilla . . . . . . . . . . . . . . pag. 14
XIII
Guerrieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 42-43
III
Metabo lega Camilla alla sua lancia . . . . . . pag. 16
XIV
Acca, Larina, Tulla e Tarpeia. . . . . . . . . . . . . .pag. 44
IV
Metabo scaglia Camilla oltre il fiume . . . . . pag. 17-18
XV
Camilla contro il cavaliere nemico . . . . . . . .pag. 47
V
Metabo dedica Camilla alla Dea Diana . . . . pag. 20
XVI
Morte di Camilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 50-51
VI
Metabo nutre la piccola Camilla . . . . . . . . . .pag. 21
XVII Opi uccide Arunte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 52-53
VII
Metabo cuce le pelli degli animali uccisi . . .pag. 23
XVIII Le ceneri di Camilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 55
VIII
Camilla si reca al Tempio di Diana . . . . . . . .pag. 24
IX
Morte di Metabo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 31
X
Camilla l’Amazzone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 36
XI
Il dio Vulcano forgia le armi per Enea . . . . .pag. 39
Tavole illustrate
Tavole illustrate
69
Propietà Letteraria riservata
E. Angelini, M. Brucoli,
Testo: Edmondo Angelini
illustrazioni, progetto grafico, ricerche
iconografiche e didascalie: Maurizio Brucoli
Direzione editoriale: Gianni Pucci
I Edizione 2006 - Artegraf Edizioni s.a.s.
Finito di stampare
presso la Tipografia Artegraf s.a.s. di Priverno
nel mese di Aprile 2006
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71
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