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Da Bellissima A Little Miss Sunshine
Università degli Studi di Milano-Bicocca Facoltà di Sociologia Corso di Laurea Magistrale in Sociologia A.A. 2012-2013 Da “Bellissima” a “Little Miss Sunshine”: due film a confronto. La costruzione dell'identità di genere femminile nel linguaggio cinematografico Studentessa: Letizia Chiappini matricola: 756508 indirizzo e-mail campus: [email protected] Insegnamento: Generi, generazioni e istituzioni della vita quotidiana Prof.ssa Elisabetta Ruspini Tutor Dott.ssa Manuela Rossi 1 Indice Introduzione.....................................................................................................p. 2 Paragrafo 1 - Framework teorico.....................................................................p. 3 1.1 Genere e identità di genere........................................................................p. 4 1.2 Genere, stereotipi e media.........................................................................p. 5 1.3 Media e corpi femminili............................................................................p. 6 1.4 Famiglia, socializzazione e identità di genere...........................................p. 8 Paragrafo 2 - Analisi critica del contenuto.....................................................p. 10 Riflessioni conclusive....................................................................................p. 15 Appendice 1- Trame dei film.........................................................................p. 17 Appendice 2 - Nota metodologica.................................................................p. 20 Bibliografia....................................................................................................p. 21 Sitografia........................................................................................................p. 22 2 Introduzione Questo elaborato nasce dalla volontà di approfondire uno dei filoni concettuali trattati in classe riguardante la costruzione dell'identità di genere. Per fare ciò ho scelto di analizzare due film: Bellissima di Luchino Visconti, film neorealista girato nel 1951 e ambientato a Roma, e Little Miss Sunshine di Jonathan Dayton e Valerie Faris girato tra il New Messico e la California, negli Stati Uniti, nel 2006. Seppur da punti di vista differenti, entrambi analizzano le stesse tematiche: la costruzione dell'identità di genere femminile e il rapporto che si instaura tra quest'ultima e le agenzie di socializzazione, essenzialmente il nucleo familiare e i media. Le immagini e i modelli femminili stereotipati vengono costantemente diffusi dalle agenzie mediali, ma i due casi specifici indagati mi permettono di andare oltre ad una mera immagine della donna proposta in televisione. Infatti il linguaggio cinematografico, per certi aspetti, consente di osservare con una grana analitica più fine le fotografie culturali veicolate dai film stessi. Tutto ciò deve essere filtrato attraverso l'immaginazione sociologica 1, la quale permette di osservare i fatti sociali da un punto di vista privilegiato: critico, lungimirante, gender-sensitive2, in grado di abbandonare ogni pregiudizio. I focus di ricerca sono i seguenti: come viene rappresentato il processo di costruzione dell'identità di genere femminile? come le agenzie di socializzazione possono influire su esso? motivando la scelta di due pellicole differenti attraverso un'adeguata contestualizzazione, si possono individuare mainstream comuni e analogie? Al fine di comprendere i quesiti della ricerca preposti, è necessario identificare ed esporre i principali concetti teorici mediante i quali si inquadrerà l'analisi critica del contenuto dei due film. Il framework teorico aiuta a definire i principali concetti trattati nel testo: genere e costruzione dell'identità di genere, stereotipi di genere nei media, media e corpi femminili, famiglia e socializzazione. 1 2 Secondo Wright Mills l'immaginazione sociologica è la capacità di riflettere su se stessi come soggetti liberi e non vincolati da tutte quelle influenze sociali che, in realtà, condizionano inconsapevolmente ogni gesto della vita quotidiana di tutti (Wright Mills, 1973). Con questo termine si indica quella pratica di ricerca sensibile alle differenze di genere, che considera la connessione tra genere e mutamento e va al di là della “disaggregazione per sesso”. In questa ottica si privilegia la ricerca qualitativa, il cui paradigma mira a cogliere la profondità dei dati e la componente interpretativa e processuale di una realtà sociale (Ruspini, 2012). 3 La parte centrale del mio lavoro si basa sulla disamina del contenuto dei due film e sull'approfondimento di alcune dimensioni rilevanti, al fine di avere una panoramica complessiva della ricerca. L'apparato metodologico si fonda sull'analisi documentaria, che prevede la raccolta di documenti testuali e mediali. Lo strumento di cui si avvale è una griglia interpretativa costruita principalmente su tre punti del libro Un decalogo per i genitori italiani3 (Rosina, Ruspini, 2009). Nella conclusione verranno discussi i principali dati ricavati e il messaggio trasmesso dai due cineasti, sottolineandone l'aspetto innovativo che potrebbe contribuire alla decostruzione degli stereotipi di genere. Si tenterà, inoltre, di proporre alcuni suggerimenti al fine di migliorare la comunicazione mediale avvicinandosi così ad un approccio gender-sensitive. PARAGRAFO 1 Framework teorico L'ampio processo di postmodernizzazione4 della nostra società sta interessando in special modo le trasformazioni delle relazioni sociali, tra cui la famiglia, il rapporto tra generazioni e la concezione di identità di genere. All'interno di questo processo si può riscontrare una sorta di autodeterminazione individuale, nella quale emergono nuove modalità di fare famiglia, nuove identità e nuovi tipi di relazione dei generi. Tuttavia, la ricerca di nuove relazioni sociali non ha completamente cancellato le differenze tra ruoli di genere: le barriere culturali che determinano e marcano l'assegnazione dei ruoli permangono in alcuni contesti (Ruspini, 2012). Negli ultimi decenni i media hanno assunto sempre più rilevanza nel fornire punti di riferimento e modelli a cui ispirarsi, entrando così a far parte delle tradizionali agenzie di socializzazione (famiglia, scuola, ecc.). Secondo Giddens la socializzazione è divisibile in due ampie fasi in cui diversi agenti 3 4 I tre punti del Decaologo a cui si fa riferimento sono i seguenti: Non pretendere da un figlio maschio meno di quanto pretendi (o pretenderesti) da una figlia femmina di Marina Piazza; Allena tua figlio a un rapporto responsabile con il denaro di Elisabetta Ruspini; Non idealizzare il destino di tuo figlio e credi nel suo futuro di Elena Rosci. Questo termine si può definire un “concetto-ombrello”, ai fini di questa ricerca si riporta la definizione di Lash (2000): “se la modernizzazione culturale è consistita in un processo di differenziazione, la postmodernizzazione va considerata invece come un processo di de-differenziazione, il quale investe quattro componenti principali del paradigma culturale dato: la relazione tra i tipi di oggetti culturali prodotti; la relazione tra il culturale nel suo complesso e il sociale; la sua economia culturale (le condizioni di produzione e consumo, le istituzioni culturali e il bene culturale stesso); il modo di significazione, vale a dire la relazione tra significante, significato e referente”. Si enfatizza così il rapporto tra rappresentazione e realtà, in particolare attraverso le immagini dei media che pervadono la nostra vita quotidiana. 4 interagiscono, cioè gruppi o contesti sociali in cui si verificano processi significativi di socializzazione. La socializzazione primaria avviene nell'infanzia ed è il più intenso periodo di apprendimento culturale; solitamente il principale agente è la famiglia la quale trasmette i modelli fondamentali e il linguaggio di riferimento. La socializzazione secondaria, comincia dopo l'infanzia e coinvolge diversi agenti: la scuola, il gruppo dei pari (coetanei), le organizzazioni, i media. Attraverso questo processo di socializzazione gli individui imparano a conoscere i ruoli sociali e a identificarsi in essi (Giddens, 2006). 1.1 Genere e identità di genere Per comprendere cos'è il genere occorre fare un passo indietro. Per prima cosa bisogna distinguere i concetti di genere e sesso. Pur essendo strettamente correlati e interdipendenti, perché traducono le due dimensioni dell'essere donna e uomo (quella biologica e quella sociale e culturale), non possono essere usati come sinonimi (Ruspini, 2012). Il “debutto” del termine gender lo si deve a Gayle Rubin, la quale - a partire dal 1975 - ha condotto studi sulla natura dell'oppressione femminile. Secondo la studiosa, la subordinazione delle donne è storicamente costruita e reiterata dalle azioni, interpretazioni e relazioni tra uomini e donne (Barazzetti, 2003). Il sex-gender system ha messo in luce per la prima volta la distinzione tra sesso e genere, tra natura biologica e codificazione sociale della differenza sessuale e quindi il sistema di relazioni sessuali che favoriscono l'oppressione delle donne e che ne “naturalizzano” l'intrinseca differenza rispetto agli uomini. I sistemi di dominio maschile, infatti, non sono forniti ontologicamente, bensì sono prodotti storicamente determinati e devono essere perpetuati per continuare ad esistere; entro questo spazio di fragilità essi possono essere messi in discussione (ibidem). Il sesso è dunque un dato biologico su cui la società ha costruito un solido sistema di ruoli e di rappresentazioni delle differenze: il genere appunto (Ruspini, 2012). La relazione tra sesso e identità di genere è forte, dal momento della nascita viene attribuita all'individuo una categoria (femmina o maschio), in base agli organi sessuali; ma non è solo il fattore biologico a incidere sul genere, anche il contesto sociale e culturale può influenzare il comportamento degli individui e la conseguente costruzione dell'identità di genere. Secondo Ruspini (ivi, p.18) l'identità di genere è: La percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, acquisita attraverso l'esperienza personale e collettiva, che rende gli individui capaci di relazionarsi con gli altri (…). In altre parole, è il riconoscimento delle implicazioni della propria 5 appartenenza a un sesso in termini di sviluppo di atteggiamenti, comportamenti, desideri più o meno conformi alle aspettative culturali e sociali. Lo sviluppo dell'identità di genere è dunque un processo dinamico, soggetto a modifiche e ridefinizioni nel corso di vita. In questo articolato processo possono interagire diversi fattori: il periodo storico, le caratteristiche della società di accoglienza, la famiglia e altre agenzie di socializzazione come i media. In altre parole, i genitori in primis e i media poi incoraggiano bambine e bambini a comportarsi e atteggiarsi in un modo adeguato al proprio genere di appartenenza, a partecipare ad attività conformi al loro ruolo. Per fare un esempio, spesso le bambine sono spinte a intraprendere sport più “docili” che “rendano aggraziate le loro movenze”, quali la danza, la ginnastica artistica, il canto, la recitazione, ecc., mentre ai bambini si consigliano attività fisiche che mettano alla prova la loro resistenza, la loro audacia e la loro fisicità, come il calcio e le arti marziali. Su questa differenziazione dei ruoli di genere si basano la divisione sessuale del lavoro e l'attribuzione delle responsabilità nella sfera matrimoniale e della riproduzione sociale; tale concezione intacca direttamente la distribuzione delle risorse materiali e simboliche, rendendola diseguale tra uomo e donna (Ruspini, 2012). La divisione del lavoro rigida e polarizzata - nella quale si pone la donna al centro della sfera domestica e del lavoro di cura della famiglia e l'uomo al centro della sfera economica - da un lato propone la figura “dell'angelo del focolare” (la donna che tradizionalmente deve ricoprire i ruoli di casalinga, moglie e madre), dall'altro la figura dell'uomo breadwinner, colui capace di realizzarsi professionalmente al fine di percepire un reddito sufficiente per poter mantenere la famiglia. Questa netta divisione appare oggi pregna di stereotipi fordisti (cfr. PAR.1.2), nella quale è difficile riconoscersi. Ma allora perché permangono visioni stereotipate di genere nei media? Come vengono perpetuati questi modelli femminili che appaiono ormai desueti? 1.2 Genere, stereotipi e media Una delle principali caratteristiche del genere è la sua mutevolezza nel tempo e nella storia. All'interno della polarizzazione estrema (femminile versus maschile e viceversa) esistono “una molteplicità di modi intermedi dell'essere: uno spazio 'tra i generi' che può oscillare dal 'macho' all'uomo che è diventato tale a seguito di una transizione dal femminile al maschile; dall'eterosessuale padre di famiglia al gay e all'uomo 'casalingo'” (Ruspini, 2012, p.24). 6 Queste tendenze sono campi estremamente interessanti da esplorare, perché mettono in discussione la tradizionale relazione causa-effetto tra sesso e identità di genere, in altre parole rimettono in gioco i ruoli di genere e gli stereotipi che gravitano attorno ad essi. Per capire cosa si intende per stereotipi di genere è necessario fornire una breve definizione: essi sono immagini e rappresentazioni culturalmente e socialmente condivise sulle “caratteristiche fisiche, psicologiche e le attività tipiche dei due sessi” (Grossi, Ruspini 2007, p.XXVI). In accordo con Ruspini (2012, p.68) “gli stereotipi sono rappresentazioni ipersemplificate della realtà che influenzano il pensiero collettivo, (essi) sono definibili come il risultato di procedure cognitive che portano al processo di categorizzazione”. Queste procedure cognitive tentano di semplificare la complessa realtà in cui ci troviamo organizzando le conoscenze in “compartimenti stagni”. Le visioni stereotipate sono frutto di cristallizzazioni culturali che frenano l'innovazione sociale e culturale, esse riflettono una società colpita da forti disuguaglianze, polarizzazioni, gerarchie di potere e subordinazione tra uomini e donne. I mezzi di comunicazione rivestono un ruolo cruciale, sia nel veicolare stereotipi sia nel processo di socializzazione. I media hanno la capacità di veicolare gli stereotipi, proporre modelli, diffondere codici culturali e schemi valoriali, ai quali ogni individuo può attingere. Naturalmente l'influsso che hanno questi potenti mezzi avrà maggior peso sulla formazione identitaria dei bambini e delle bambine i quali possono riconoscersi (o distaccarsi) dalle rappresentazioni offerte, riflettendo su se stessi. Come scrive Capecchi (2006, p.9) “ai media viene attribuita grande importanza in qualità di costruttori della realtà sociale, nel senso che riproducono fatti, situazioni e valori sociali che vanno a costituire orizzonti comuni di significato cui fare riferimento”. I media, in particolare la televisione, rappresentano una dimensione della vita quotidiana che permette di analizzare alcuni aspetti del mutamento sociale. Vi è quindi un duplice aspetto nella potenzialità dei media: da una parte spianano la strada alle nuove tendenze e ai processi di mutamento, ma dall'altra offrono realtà statiche, ancorate agli stereotipi e al senso comune, nelle quali gli spettatori possano orientare le proprie azioni e il proprio pensiero (Grossi, Ruspini, 2007). Ciò accade sia per i modelli di femminilità e sia per quelli di mascolinità, per soddisfare gli interessi di ricerca ci si soffermerà solo su quelli femminili. 7 1.3 Media e corpi femminili Numerose ricerche testimoniano che il messaggio e il modello promosso - relativo alle femminilità e diffuso dalla stragrande maggioranza dei media - implica una svalorizzazione delle esperienze, delle competenze e dell'intellettualità delle donne. L'aspetto fisico è prima di tutto. Minor importanza, dunque, del genere femminile nella società, o meglio poca fiducia nelle donne quando si tratta di rivestire ruoli rilevanti nella società, di ricoprire mansioni ai vertici delle posizioni sociali e professionali. Come fa notare Saraceno (2012, p.48), la comunicazione pubblica italiana usa sistematicamente “quarti di carne (giovane) femminile come contorno di scena, inoltre ogni volta che è in gioco una qualche posizione di potere difficilmente la si vede assegnata a una donna”. La domanda che si pone Saraceno è emblematica: “è più sconfortante l'esibizione ossessiva di cosce/tette/labbroni, o la presenza ossessiva di corpi (per lo più brutti e in età) maschili che dilaga ogni volta che si parla di decisioni importanti?” (ibidem). Ciò che si può leggere tra le righe del quesito è la marcata differenza tra femminilità e mascolinità presente nella nostra società. Dagli anni Settanta in poi l'affermazione del femminismo e l'ingente ingresso delle donne nel mondo del lavoro hanno contribuito alla modifica dell'immagine femminile sulla scena sociale. Oltre all'immagine della casalinga-moglie-madre (e del suo contraltare, la donnaoggetto-seduttrice), negli anni Ottanta fino ai giorni nostri il modello femminile diventa multi-sfaccettato: donne impegnate nel mondo del lavoro, moderne e sicure di sé ma che al contempo svolgono mansioni domestiche e di cura. Il punto da evidenziare è questa doppia corrente riscontrabile soprattutto nelle giovani donne italiane: da un lato la concezione dell'“essere donna” si sta distaccando delle precedenti percezioni stereotipate, ma dall'altro il modello femminile subordinato a quello maschile permane nei media e non solo (Buzzi, Cavalli, de Lillo, 2002)5. Questa nuova visione di autodeterminazione è certamente dovuta alla crescita esponenziale dell'istruzione femminile connessa a una immagine di autonomia e indipendenza quotidiana e professionale della donna. Sembra dunque che qualcosa stia cambiando, le dicotomie produzione-riproduzione, fuori-dentro, pubblico-privato - che relegavano il ruolo della donna e conseguentemente il suo corso di vita - si stanno sfaldando (Ruspini, 2012). Da un lato si richiede alle donne di essere tradizionali, fragili, materne e professionali, 5 Per approfondire la tematica si fa riferimento al V rapporto IARD di Buzzi, Cavalli e de Lillo (2002), sulla condizione giovanile in Italia. La ricerca ha registrato importanti mutamenti nella costruzione dei sé maschili e femminili, utili a comprendere lo scenario descritto nel seguente elaborato. 8 dall'altro si propone un modello di donna moderna, forte, carrierista e seduttrice. A questa complessa immagine femminile si aggiungono canoni estetici rigidissimi e alquanto irraggiungibili. L'ideale di bellezza-snellezza-giovinezza, diventa negli ultimi decenni imperante. Nelle società occidentali il mercato dell'abbigliamento, dei cosmetici, del fitness e della chirurgia estetica spinge soprattutto le donne, e recentemente anche gli uomini, a uniformarsi all'ideale della snellezza, che rimanda a sua volta al mito dell'eterna giovinezza (Capecchi, 2006). Ancora una volta la modifica del corpo femminile e della sua rappresentazione costituisce in realtà una forma del potere maschile esercitato nei secoli sulla donna, infatti le donne tendono a giudicare se stesse attraverso lo sguardo maschile, sentendosi così inadeguate rispetto ai canoni di bellezza vigenti. Quello che in letteratura viene chiamato male-gaze permea negli agenti-media manifestando una chiara gerarchia: l'uomo osserva, desidera, è soggetto attivo della relazione, mentre la donna si fa guardare, accende il desiderio ma rimane passiva (Grossi, Ruspini, 2007). E' innegabile dunque che tra il mondo femminile e i messaggi veicolati dai media ci sia uno stretto legame, che condiziona in diversa misura gli stili di vita, gli atteggiamenti, gli ideali di ogni donna o bambina. Ciò non significa che tutte le donne siano “schiave di questo sistema”, ma certamente l'esibizione dei corpi snelli e perfetti, la moltiplicazione dei concorsi di bellezza, la produzione di giocattoli non gender-oriented6 incide sulla formazione dell'identità di genere sia femminile sia maschile. A questo punto diventa cruciale chiedersi quali uso ne fanno dei mezzi di comunicazione bambine e bambini? Quali effetti possono avere specialmente sul corpo delle bambine? 7 In questo passaggio non si deve risparmiare la funzione della controparte adulta che, alle volte inconsapevolmente, si rende complice di questo sistema. 1.4 Famiglia, socializzazione e identità di genere Trattare il concetto di famiglia non è semplice. La famiglia è un luogo denso di norme, di conflitti sulle norme e di conflitti tra i soggetti che rivendicano la propria legittimità all'interno di questa istituzione. Per Saraceno (2012, p.73), “la famiglia è l'istituzione più 6 7 Con questo termine si intendono quei giocattoli che si adeguano ai modelli di differenziazione di genere, ad esempio bambolotti per le bambine, “macchinine” per i bambini. Come si è detto in precedenza il modello bellezza-snellezza-giovinezza influenza maggiormente la sfera femminile. Questo effetto è dimostrato ed estremizzato dalla patologia dell'anoressia più comune nelle giovani donne. Anche se studi recenti sostengono che queste patologie legate a problemi alimentari si stanno diffondendo anche nel mondo maschile. Questa considerazione serve a far riflettere sul mutamento in corso che investe mesocosmi sociali, modificando il senso comune esistente. 9 intenzionalmente costruita, meno 'naturale' che ci sia”. In effetti normare la famiglia non significa solo regolare i rapporti privati tra individui, tra sessi e tra generazioni, significa anche regolare molti altri rapporti sociali esterni alla cerchia familiare. In Italia il contesto familiare ha assunto caratteri particolari e specifici nel corso della storia. A metà degli anni Cinquanta del Novecento l'antropologo statunitense Edward C. Banfield avanzò la tesi che alla base del mancato sviluppo del Mezzogiorno vi fosse un atteggiamento culturale da lui definito familismo amorale. Le fattezze principali di questa attitudine sono riassumibili nel “massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo” (Banfield, 2006, p.101). La tesi della famiglia familista italiana è stata oggetto di forti critiche, tra le più valide vi è quella che segnala come tale concezione inverta il rapporto causa-effetto. Il familismo amorale è la conseguenza, non la causa, della mancanza di risorse materiali e politiche che limitino la necessità di affidarsi solo alla propria famiglia come unico ambito su cui si può contare (Saraceno, 2012). Con il termine genitorialità si intende “il processo dinamico che porta ad essere genitori, capaci di prendersi cura e di rispondere in modo adeguato ai bisogni dei figli” (Tanturri, 2011, p.89). Per certi aspetti la genitorialità in Italia ha favorito la cristallizzazione dei ruoli di genere. Le coppie italiane infatti sperimentano, già prima della nascita del figlio, un sistema di genere asimmetrico in cui tre quarti del tempo dedicato al lavoro familiare della coppia ricade sulle spalle delle donne (ivi, p.100). Il role-set delle coppie italiane dopo la nascita di un figlio sembra incrementare una divisione ancor più netta tra ruolo di care-giver per le donne e quello di provider per gli uomini. Alcune ricerche dimostrano che nel nostro paese le donne dopo la nascita di un figlio si vedono ridurre sia il tempo dedicato a se stesse sia il tempo per il lavoro remunerato, mentre i partner – in media – aumentano il tempo dedicato al lavoro per incrementare il reddito familiare (ibidem). Questa realtà è tipicamente italiana; se si volge lo sguardo al resto dell'Europa, specialmente nei Paesi del nord, si può affermare che la specializzazione femminile nel lavoro familiare permane, ma i modelli di paternità cambiano notevolmente: spesso sono i padri a prendersi cura dei figli e una minor parte partecipa anche ai lavori domestici. Quello che accade in Italia è dovuto all'impriting familista caratterizzato da una marcata visione tradizionalista della famiglia, frutto di una mentalità che si trasforma con molta lentezza e ancora legata a visioni stereotipate della donna e dell'uomo. 10 Come si è detto la famiglia rappresenta una delle agenzie di socializzazione primaria e tradizionali, per quanto riguarda il contesto familiare italiano il superamento dei lati oscuri del familismo non può compiersi senza l'interessamento comune di uomini, donne e di tutte le altre agenzie di socializzazione. Alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti appare chiaro il diverso approccio all'educazione di un figlio maschio e di una figlia femmina: la divisione sbilanciata nei compiti e nelle opportunità inizia già in famiglia, nel rapporto con i nonni e i genitori (Piazza, 2009); la socializzazione economica da parte dei genitori avviene in differenti modi a seconda dell'appartenenza di genere dei figli (Ruspini, 2009); i figli crescendo costruiscono un'immagine del sé nuova diversa da quella idealizzata dai genitori, per questo è importante non forzare il bambino o la bambina a intraprendere attività o comportamenti “preconfezionati” a seconda del loro ruolo di genere (Rosci, 2009). Studiare la famiglia in generale è un'impresa ardua, essa muta a seconda del contesto sociale, culturale ed economico, dell'epoca storica e delle sue contingenze; perciò anche il confronto di due film così differenti deve essere adeguatamente motivato e contestualizzato. PARAGRAFO 2 Analisi critica del contenuto “Tutti fanno finta di essere normali” Nonno, Little Miss Sunshine Come mostra De Lauretis (1996, p.153) “la costruzione di genere prosegue oggi tramite le varie tecnologie del genere (come il cinema) e i diversi discorsi istituzionali (come la teoria), e ha il potere di controllare il campo del significato sociale e quindi di produrre, promuovere, 'impiantare' le rappresentazioni del genere”. La scelta dei due film - Bellissima (regia Luchino Visconti, 1951, Italia) e Little Miss Sunshine (regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris, 2006, USA)8 - nasce dalla consapevolezza che il cinema tenta di offrire modelli differenti, che talvolta si liberano dalla gabbia degli stereotipi di genere favorendo la loro decostruzione. Ritengo che questi due film siano documenti visuali validi che testimoniano un processo 8 Per le trame dei film si rimanda all'Appendice 1. 11 culturale (da due angolazioni differenti) utile a soddisfare lo scopo di questa ricerca. Pertanto, se ci si attiene ai principi della contestualizzazione tipici della ricerca qualitativa (Arosio, 2010), si può affermare che la qualità dei documenti è autentica in quanto i registi sono “riconosciuti come tali”, è credibile in quanto le pellicole sono state premiate con diversi riconoscimenti ed è rappresentativa nei limiti della mia indagine. Ovviamente avrei potuto lavorare su una porzione più ampia del linguaggio cinematografico, ma attraverso questo confronto emergono comunque i punti cardine nella costruzione dell'identità di genere femminile. Nella fase dell'analisi si deve “interrogare il documento” per interpretare il contenuto alla luce del contesto in cui sono stati prodotti e per far emergere il substrato culturale e le sue caratteristiche (codici simbolici, valori, linguaggio, ecc.) Questa fase critica permette di trasformare il documento in un dato empirico (Arosio, 2010). Sul versante metodologico 9 si è scelto di privilegiare l'analisi documentaria testuale e visuale; la griglia interpretativa comprende una serie di dimensioni e sottodimensioni fondate sui tre punti del Decalogo di Rosina e Ruspini (cfr. PAR.1.4) che fungono da indicatori nel disegno di ricerca. Per avere una guida nell'analisi si seguiranno alcuni mainstream comuni. Vi è una visione stereotipata relativa alle differenze di genere? Quali relazioni tra i generi emergono? Come viene inteso il rapporto tra generazioni? Come viene rappresentato il corpo della donna in relazione ai media? I due film si possono contestualizzare nel modo seguente: benché gli autori appartengano a due epoche e generi cinematografici differenti entrambi trattano lo stesso argomento, proponendo una lettura critica al mondo dello spettacolo e ai dettami che gravitano attorno ad esso. Bellissima è un film neorealista, girato e ambientato a Roma nel 1951. Il clima storico e culturale a cui fa riferimento è il periodo postbellico italiano, protagonista indiscussa è la classe disagiata che vive nelle periferie delle città, nei codici valoriali trasmessi vi è una “incubazione del concetto di familismo”, il linguaggio utilizzato fa emergere il substrato popolare tipico del neorealismo attento alle diverse inflessioni dialettali. Little Miss Sunshine è un film prodotto dal Cinema Indipendente, girato e ambientato tra il Nuovo Messico e la California nel 2006. Il contesto storico e culturale a cui fa riferimento è il periodo contemporaneo americano denso di incertezze e di complessità, protagonista è la 9 Per un approfondimento sulla metodologia si veda l'Appendice 2. 12 “famiglia media americana”, gli schemi valoriali veicolati si avvicinano all'idea di famiglia secolarizzata10, il linguaggio utilizzato è colloquiale appartenente ad un ceto medio-basso. Sullo sfondo di ambedue i film vi è la crisi economica e la spinta del mutamento sociale, in Bellissima il disagio economico è più marcato e di conseguenza anche il mutamento in atto risulta più evidente. A fare da cornice ai due film vi è la prospettiva della vita quotidiana, la quale fornisce un'immagine veritiera delle due realtà sociali. Gli stereotipi di genere presenti nei film sono riconducibili a tre dimensioni, secondo Ruspini (2012, p.70) “donne e uomini vengono distinti per quel che riguarda caratteristiche personali, relazionali interpersonali e predisposizioni intellettuali”. Nell'analisi del contenuto Bellissima sarà denominato film 1 e Little Miss Sunshine film 2. Modelli femminili (stereotipi e controstereotipi): nel film 1 il mondo femminile viene rappresentato spesso in modo “corale”: ad eccezione delle scene delle due protagoniste la madre e la bambina, le donne che abitano nel palazzo e le madri presenti ai provini spesso svolgono “azioni corali” (ad esempio durante le litigate tra Maddalena e Spartaco le vicine di casa accorrono per assistere alla scena). L'immagine delle donne al centro della storia è un dato essenziale dell’intera filosofia neorealista, il “codazzo” di donne che accompagna Maddalena persino nella sfera più intima familiare, può essere interpretato come la capacità di collaborazione e sostegno presente nel mondo femminile. Il modello femminile è legato alla visione stereotipata della donna tipica di quell'epoca, che la designa come moglie-madrecasalinga, i cui tratti caratteriali sono principalmente la fedeltà e la vulnerabilità (Ruspini, 2012; Capecchi, 2006). Il tema del mondo dello spettacolo delinea gli ideali di bellezza che riguardano i canoni tutt'ora vigenti; a parte il regista e il suo entourage, nei provini, nella scuola di danza, in sartoria figurano solo donne. Un controstereotipo può essere la figura di Maddalena, che non è solo mamma, ma anche lavoratrice dal carattere forte capace di prendere decisioni senza il consenso del marito (Capecchi, 2003). Nel film 2 le caratteristiche della mamma Sherly sono molto simili a quelle di Maddalena, anche lei è una donna indaffarata, fragile, che tenta di mantenere l'equilibrio familiare in ogni modo. Con le dovute differenze, anche Sherly riveste il ruolo di moglie-madrecasalinga, è lei che si occupa delle faccende domestiche. Nel film il mondo dei concorsi di bellezza viene raffigurato come un orribile luogo in cui madri e padri (prevalentemente 10 Con questo termine si intende il processo attraverso cui la religione perde la sua influenza nelle diverse sfere della vita sociale. Secondo Giddens il concetto è controverso, perciò in questa sede si consideri solo l'accezione di s. relativa al distacco dalla religione e da ciò che ne consegue (Giddens, 2006). 13 madri) spingono le figlie a intraprendere la carriera di fanatiche della moda angosciate dalla loro forma fisica. Qui più che mai l'ideale bellezza-snellezza-giovinezza e di donna-oggetto (in questo caso bambina-oggetto) prende forma e significato. Il mondo dei concorsi di bellezza è un mondo tutto al femminile: la giuria, le mamme, le bambine, in cui le donne, per farsi strada nel lavoro e nella vita, possono contare solo sul proprio corpo e sulle proprie caratteristiche estetiche, ponendo in secondo piano, l'intellettualità (Capecchi, 2006). Modelli maschili (stereotipi e controstereotipi): in entrambi i film i modelli maschili passano in secondo piano, anche se alcuni tratti si possono definire ugualmente. Nel film 1, il padre Spartaco è geometra, è percepito come un uomo logico, razionale, pratico, preoccupato per la grave situazione economica della famiglia. Egli riveste perfettamente il ruolo di breadwinner (Ruspini, 2012). Nel film 2 la figura del padre Richard è controstereotipata: colui non è in grado di mantenere economicamente la famiglia. Si pone come leader motivazionale ma senza successo, in quanto lui stesso è “un perdente”, il suo progetto lavorativo fallisce. Richard è ancora convinto che il sogno americano si possa realizzare, ma si capisce che la sua convinzione è effimera. Un'interessante figura che rappresenta perfettamente un “contraltare alla mascolinità tradizionale” è lo zio Frank. Professore omosessuale, amante della letteratura francese, vulnerabile, sentimentale e reduce da un tentativo di suicidio per una delusione amorosa. Sfera educativa/valoriale e socializzazione: il discorso qui si fa più complesso, in questa dimensione vi sono più fattori che interagiscono tra loro, tra cui la genitorialità, i rapporti familiari e la relazione tra generazioni. Ambedue i film presentano caratteristiche simili, pertanto si procederà con un'analisi comune evidenziando, se occorre, le differenze. I genitori, e la famiglia più in generale, rappresentano l'agenzia di socializzazione primaria (Giddens, 2006). Secondo Piazza (2009, p.13) “tra le società occidentali, in particolare quella italiana, permane l'idea della diversità dei ruoli assegnati a uomini e donne”. All'interno della famiglia familista vi erano spaccature ben definite tra il ruolo paterno e materno, il ruolo dei padri si limitava soprattutto all'indirizzamento morale ed educativo dei figli, mentre quello materno si trasformava in un rapporto quotidiano più intimo e continuo. Queste differenziazioni di ruoli di genere si riflettono nella formazione di modelli normativi presenti nell'educazione di bambine e bambini, nel conflitto di genere e di generazione, nella divisione delle attività di cura e di socializzazione e infine nel processo di acquisizione dell'identità di genere (Ruspini, 2011). Nei film le bambine vengono, in diversa misura, 14 indirizzate a comportarsi in un modo adeguato al loro genere: docile, pacato, dolce. In Bellissima, la madre obbliga la figlia a frequentare una scuola di danza e di recitazione, per educarla ad una “femminilità” finalizzata poi all'ascesa sociale attraverso il mondo del cinema. In Little Miss Sunshine “l'asimmetria/simmetria” di genere non è così calcata, le azioni compiute dalla madre e dal padre - sull'assunzione della responsabilità familiare sono distribuite in modo equo (ivi, p.22). Vi è inoltre una adeguata socializzazione all'uso del denaro da parte della famiglia. Olive è a conoscenza della situazione economica familiare. In una scena del film la bambina chiede esplicitamente alla madre quanto si può spendere per un pasto, la madre le risponde incoraggiandola a prendere coscienza sul valore e sull'uso del denaro. In tutto il film Olive sarà resa partecipe delle problematiche familiari mettendola di fronte alla realtà, come ad esempio la natura del tentato suicidio dello zio. Naturalmente questo è un piccolo segnale, non si può parlare di vera e propria educazione e socializzazione all'uso del denaro11. Tuttavia, questo atteggiamento dei genitori si può intendere come “apertura” di una indipendenza e di una autonomia che porta ad una giusta costruzione dell'identità femminile (Ruspini, 2009). Un'ulteriore considerazione può essere il diverso “peso” assegnato ai figli nelle due realtà analizzate. Nella famiglia italiana il primogenito/a è ritenuto un bene prezioso su cui si riversano molte aspettative, i genitori sono pronti a tutto pur di garantirgli successo e felicità (Rosina, Ruspini 2009). Il modello educativo italiano è ancora permeato dall'idea di familismo (cfr. PAR.1.4); mentre – come emerge dal film 2 - l'immagine della famiglia americana rimanda a un nucleo di persone più numeroso in cui solitamente vi sono più figli. Infatti, in Bellissima la madre idealizza sul futuro di sua figlia interferendo pesantemente nelle decisioni e sulla definizione del profilo identitario della bambina. Maddalena, attrice mancata, crede che la carriera nel mondo dello spettacolo sia anche il desiderio di sua figlia, la madre interpreta il ruolo educativo e affettivo al massimo delle sue possibilità senza considerare i veri desideri della sua bambina (Rosci, 2009). Nel film è presente una costante enfatizzazione da parte delle madre del talento e delle virtù da attrice della bambina, che in realtà non dimostra nessuna propensione per questa carriera. Al contrario la bambina si trova spesso a disagio di fronte al futuro che la madre idealizza. La potenza dei media come agenti di socializzazione è presente in entrambi i film. La scena 11 Per Ruspini, l'educazione al denaro è intesa come l'insegnamento delle pratiche di amministrazione delle risorse monetarie, ossia la trasmissione di valori e significati connessi con il denaro (Ruspini, 2009). 15 d'apertura di Little Miss Sunshine è l'immagine trasmessa in televisione della premiazione di Miss America, la bambina di fronte allo schermo sogna di essere premiata e si “esercita” osservando con attenzione l'espressione della Miss. In Bellissima, la madre sogna il mondo del cinema come una via di fuga dalla situazione di povertà in cui si trova. Dominante è l'immagine di Cinecittà e secondaria è una scena in cui Maddalena di fronte alla proiezione di un film pronuncia queste parole: “Spartaco, tu non mi capisci...guarda che bei posti, guarda noi dove viviamo invece...se avessi fatto il cinematografo mica stavamo qua...il cinema non è una favola...”12. Riflessioni conclusive Come notava De Lauretis (cfr. CAP.2), vi sono film che intenzionalmente rovesciano lo schema della tradizionale divisione dei compiti tra protagonisti maschili e femminili, e che veicolano messaggi differenti rispetto ai soliti che le agenzie mediatiche propongono (Capecchi, 2006). I messaggi trasmessi mediante il linguaggio visivo attingono da un repertorio di immagini, norme, valori, comportamenti che fanno riferimento alla società d'appartenenza (Arosio, 2010). E' importante tener presente che i documenti non devono essere considerati come “resoconti oggettivi della realtà”, ma devono essere situati nel contesto in cui sono stati creati. L'obiettivo preposto è appunto “interrogare” questi documenti al fine di rispondere alle domande di ricerca. Se si fa riferimento alla definizione teorica di identità di genere di Ruspini (2012), si può affermare che il confronto dei due film ha evidenziato la diretta connessione tra modelli di femminilità (diffusi in primis nel role-set familiare e secondariamente dai media) e la costruzione dell'identità di genere. La quale avviene attraverso la percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, acquisita attraverso l'esperienza personale e collettiva, che rende gli individui capaci di relazionarsi con gli altri (…). L'originalità del messaggio che i due film vogliono trasmettere consiste nel riconoscimento dei valori familiari e dell'importanza che essi hanno nella costruzione dell'identità delle bambine. Prima del successo e dell'ascesa sociale vi è la serenità e “l'integrità” dei figli che travalica ogni fine materiale; i registi lasciano trasparire gli effetti negativi prodotti dai provini cinematografici e dai concorsi di bellezza, sullo sviluppo dell'identità di genere 12 http://www.youtube.com/watch?v=la7C7pz7ISY 16 femminile. La vita quotidiana e il mutamento sociale sono lo “sfondo” dei due film. La prospettiva della vita quotidiana si presenta come la realtà per eccellenza costituita da province finite di significato, da mondi plurali attraverso i quali ci muoviamo con un certo grado di controllo reso possibile dalla condivisione del senso comune, ovvero ciò che tutti sanno e danno per scontato (Jedlowsky, Leccardi, 2003). È nello spazio della routine quotidiana che donne e uomini cercano di negoziare e ridisegnare nuovi modelli di ruoli e di identità femminili e maschili. Nella sfera pubblica è difficile percepire queste trasformazioni, infatti la trasmissione di stereotipi si riproduce attraverso comportamenti collettivi e immagini mediatiche che compromettono i tentativi di mutazione che uomini e donne stanno praticando. È chiaro che per favorire il riequilibrio storico e culturale tra genere maschile e femminile serve una profonda attività di sensibilizzazione rivolta sia alle donne sia agli uomini; non si può parlare di uguaglianza nei diritti, nell'accesso alle risorse, nei processi decisionali senza la partecipazione attiva di tutte le agenzie di socializzazione (Ruspini, 2012). Quando questa ridefinizione sarà ultimata si genererà una vera trasformazione congiunta in cui le divisioni e le differenze di genere si neutralizzeranno a favore di una collaborazione costruttiva. Non bisogna dimenticare che la natura dei generi è socialmente costruita e pertanto essa è soggetta a modifiche, ribaltamenti e aggiustamenti a seconda del periodo storico e della cultura di riferimento. Il contesto in cui siamo calati ci pone di fronte nuovi modelli che si distaccano, più o meno, dalla rigida categorizzazione dei ruoli di genere. Questo deve essere uno spunto per riflettere su quali stereotipi verranno diffusi in futuro, quando queste nuove rappresentazioni (dell'essere) si sedimenteranno nell'immaginario collettivo venendo così accettate e diffuse. 17 Appendice 1: trame dei film Bellissima (1951) è un film neorealista italiano diretto dal regista Luchino Visconti, il soggetto è di Cesare Zavattini e gli sceneggiatori sono Suso Cecchi D'Amico, Francesco Rosi, Luchino Visconti. Da sottolineare la presenza di una donna nella produzione di questo film, Suso Cecchi D'Amico pseudonimo di Giovanna Cecchi famosa sceneggiatrice italiana. Nel cinema, e nei media più in generale, lo sguardo male-oriented è predominante (Grossi, Ruspini, 2007; Capecchi 2006) si può interpretare la presenza femminile nella regia questo film come “un cenno” di avanguardia nel cinema neorealista. Le protagoniste di questa pellicola sono Maddalena Cecconi, interpretata da Anna Magnani, e Maria Cecconi, rispettivamente la madre e la figlia. Il regista Alessandro Blasetti cerca a Roma una bambina per una parte in un film; a Cinecittà si precipitano una folla di mamme per far partecipare ai provini le figlie, tra le quali la popolana Maria Cecconi con la figlioletta Maria di solo cinque anni. Il sogno della madre è quello di garantire un futuro migliore alla figlia, per la madre il cinema rappresenta un trampolino di lancio per il raggiungimento all'ascesa sociale a cui lei non ha potuto partecipare, rinunciando in gioventù alla sua carriera di artista. Maddalena e la sua famiglia sono in gravi condizioni economiche, ma lei è pronta a fare qualunque sacrificio pur di dare alla figlia l'aiuto necessario al fine di avere quella parte nel film. A Cinecittà Maddalena si imbatte in Alberto Anovazzi (Walter Chiari), il quale le fa credere di essere l'aiutante del regista. Alberto è in realtà un lestofante che tenta di corrompere Maddalena assicurandole l'ammissione della figlia al provino decisivo. La madre spende tutti i suoi averi pur di avere la “raccomandazione” offerta dal truffatore Alberto. La povera bimba viene trascinata a scuola di danza, di recitazione, da un fotografo, dal parrucchiere affinché possa avere un'adeguata preparazione. La madre non si preoccupa dello stato d'animo e della felicità della figlia, mentre il marito Spartaco, contrario ai progetti per la bambina, tenta di far ragionare la moglie. Maddalena ottenebrata dal “sogno del mondo del cinema” litiga con il marito, perseguendo nel suo obiettivo. Alla fine riesce ad assistere alla proiezione del provino che si rivela mal riuscito: la bambina scoppia a piangere, mentre l'entourage del regista si sbellica dalle risate. Disillusa e profondamente umiliata, Maddalena si rende conto di aver sbagliato tutto. La svolta decisiva nel film si ha quando Maria viene inaspettatamente scelta per la parte. La madre, ormai esausta e disillusa, rifiuta sdegnosamente di firmare il contratto di scrittura per Maria riconciliandosi con il marito e salvaguardando così “l'integrità” della figlia. 18 L'attualità di questo film sta proprio nella capacità del regista nel descrivere quanto sia spietato il mondo dello spettacolo e nel mostrare il fallimento della madre per aver spinto la figlia ad inseguire il suo sogno di attrice mancata. Box 1: Neorealismo Il Neorealismo è un movimento culturale italiano sviluppatosi tra la fine degli anni Trenta e la metà degli anni Cinquanta del Novecento. Il termine fu utilizzato per la prima volta nel 1931 in riferimento al romanzo di Alberto Moravia Gli indifferenti, ma già alcune altre opere di quegli anni mostravano la tendenza a una riscoperta della realtà quotidiana e a uno stile che la ritraesse nel modo più credibile. In Italia nell'immediato secondo Dopoguerra il bisogno di un impegno concreto nella realtà politica e sociale del paese si fece vivissimo tra gli intellettuali. La massima espressione di questo movimento si ebbe nel cinema, antesignani di questa corrente furono Rossellini, De Robertis e Visconti. La guerra e l'impegno antifascista cambiarono il volto all'intera società italiana, questo nuovo clima storico e culturale spinse alcuni registi a “girare le pellicole fuori dai teatri di prosa” nelle periferie e nelle campagne, le scene sociali vennero ambientate nel vivo della realtà popolare. I protagonisti, spesso, facevano parte delle classi disagiate e lavoratrici, la scelta di attori non professionisti rispecchiava l'empito umanitario tipico di quel periodo (Campari, 2002). I film neorealisti proponevano storie contemporanee ispirate a eventi reali drammatici, veniva enfatizzata “l'immobilità” degli attori infatti le trame erano costruite su scene di gente “normale” intenta a svolgere la loro routine quotidiana, i bambini e le bambine rivestivano un ruolo cruciale in quanto protagonisti della nuova scena sociale e del potenziale cambiamento. La scelta linguistica era incline al contesto popolare, il più possibile vicina “al parlato” con un'attenzione rivolta alle diverse caratteristiche regionali dialettali. Little Miss Sunshine è un film statunitense del 2006 diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris, la sceneggiatura è di Michel Arndt. Il film è stato prodotto senza l'intervento di una grande casa di produzione e con un budget ridotto, per questo si può definire parte del Cinema Indipendente. Lo sguardo duplice della regia offre un punto di vista sia maschile sia femminile, questo può rappresentare uno degli elementi innovativi del film. La pellicola racconta le vicende di una “bizzarra” famiglia allargata e del loro viaggio verso la California per far partecipare la figlia minore, Olive, a un concorso di bellezza per bambine. La famiglia Hoover vive nel Nuovo Messico. Olive è una bambina di sette anni il cui sogno è partecipare a un concorso di bellezza per aspiranti Miss America. Il padre Richard è uno scrittore senza successo che si pone come “motivatore” della famiglia e crede fermamente nel suo programma i nove passi per raggiungere il successo. La madre Sherly è una donna indaffarata che spera nella carriera del marito per dare una svolta alla situazione economica della famiglia; Sherly è alle prese con il suo secondo matrimonio ed è talmente impegnata a mantenere l'equilibrio fra i suoi cari da rischiare di vedere saltare il proprio. Frank, il fratello di Sherly, è un docente universitario omosessuale che tenta il suicidio dopo aver perso insieme l'amore e un importante riconoscimento accademico. Frank deve essere sorvegliato a vista, così Sherly decide di affiancargli il figlio Dwayne. Il ragazzo, figlio del primo matrimonio di Sherly, è un adolescente in crisi deciso al voto di silenzio finché non 19 riuscirà a diventare un pilota militare. In casa c'è anche il nonno di Olive, padre di Richard, un anziano reduce di guerra con problemi di droga cacciato dalla casa di riposo. Il nonno e Olive si preparano al numero coreografico per l'esibizione del concorso di bellezza. L'unica a emanare una sorta di positività è Olive, che pur cicciottella e occhialuta è convinta di poter vincere il concorso di bellezza Little Miss Sunshine. L'evento coinvolge l'intero clan in un viaggio tragicomico verso Redondo, California, dove si svolge la gara. A bordo di uno scassato furgoncino, perfetto simbolo di una incasinata realtà interiore, vengono fuori frustrazioni e idiosincrasie che mettono i rapporti interpersonali a dura prova, finché nel grottesco finale la famiglia si ricompatta. Infranto da tempo il sogno americano, lo sceneggiatore Michael Arndt vi getta uno sguardo ironico e divertito, raccontando con una certa verità l'odierna difficoltà di vivere. Il film rappresenta, inoltre, un mondo di concorsi di bellezza dove le mamme e i papà contribuiscono pesantemente ad avviare le figlie a una carriera di fanatiche delle moda angosciate dalla loro forma fisica. Box 2: Road-movie e American Dream I road-movie (letteralmente “film della strada”) sono film di un genere cinematografico il cui sviluppo avviene prevalentemente in viaggio, solitamente lungo le strade degli Stati Uniti. La loro origine risale a due capostipiti letterari John Steinbeck con il romanzo Furore (1939), e Jack Kerouac con il romanzo On the road (1957). Nel cinema, invece, si fa riferimento al film di Dennis Hopper Easy Rider (1969), dichiaratamente ispirato al film italiano Il sorpasso di Dino Risi del 1962 . I viaggi sono svolti con i più svariati mezzi di locomozione: in moto (Easy Rider), in auto (Il sorpasso; Thelma&Louise), in pullman (Priscilla, la regina del deserto; Little Miss Sunshine),ecc.(Frasca, 2001). I film r.m. sono girati quasi esclusivamente in esterni, il set privilegiato è un paesaggio composto da strade statali “sterminate”, deserti, motel, pompe di benzina, ristoranti e bar, ma anche città ridotte a luogo di attraversamento provvisorio. La narrazione è incentrata su protagonisti che nella strada individuano il luogo per appagare il loro istinto di libertà, fare incontri, o confrontarsi con culture diverse. L'esperienza del viaggio su strada diventa così un modo per materializzare le proprie illusioni, ma anche per manifestare un rifiuto di legalità e fuggire dall'opprimente conformismo di certe norme sociali. Il r.m. ha rappresentato l'immaginario di una controcultura statunitense nella quale la New-Hollywood si è identificata, contribuendo alla nascita di quel cinema di protesta che ha rappresentato una delle stagioni migliori della storia del cinema americano (http://www.treccani.it/enciclopedia/road-movie_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/). Per American Dream (letteralmente Sogno Americano) si fa riferimento alla speranza, condivisa sia dagli estimatori degli Stati Uniti d'America sia da parte degli abitanti, che attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita e la prosperità economica. Questi valori erano condivisi dalla maggior parte dei primi coloni europei e sono stati poi trasmessi alle generazioni seguenti con differenti sfumature. Cosa sia diventato il Sogno Americano oggi, è una questione continuamente discussa; alcuni ritengono che abbia portato ad enfatizzare esclusivamente il benessere materiale come misura del successo e della felicità, altri lo reputano definitivamente infranto. Su questa scia di critiche si denota il “tramonto del Sogno Americano” al quale si è sostituita la definizione “disfunzione americana” (Frasca, 2001). 20 Appendice 2: nota metodologica Secondo Arosio (2010, p.145) esistono tanti tipi di documenti, ad esempio quelli istituzionali, personali, mediatici, della cultura, visuali. Per documento si intende “un insieme di materiali molto differenziati fra di loro, che gli individui producono nel corso della vita e nello svolgimento delle attività quotidiane”. In questo lavoro di ricerca è parso opportuno servirsi dell'analisi di documenti testuali, visuali e mediatici, poiché essi permettono un confronto dinamico con altri contesti. Per documento testuale si intende ogni tipo di testo da cui attingiamo informazioni (libri universitari, romanzi, libri antichi, ecc.), si definisce documento mediatico un insieme di messaggi in forma di parole, testi o immagini inviati simultaneamente da una fonte a un ampio numero di persone. Affinché il messaggio sia comprensibile e interessante per il pubblico, gli autori devono utilizzare un repertorio di concetti, modelli e immagini che siano condivisi (Arosio, 2010). A volte i documenti anticipano e diffondono norme, valori e comportamenti che tentano di decostruire gli stereotipi esistenti. Il cinema produce documenti mediatici, basati essenzialmente sull'arte visiva a cui si aggiunge un messaggio sonoro, esistono diversi generi cinematografici in cui sono presenti contenuti molto diversi. Qualsiasi documento si voglia analizzare non può prescindere dalla considerazione della cultura di riferimento, entro la quale i documenti vengono prodotti. Perché un'azione possa essere definita cultura, essa deve essere riconosciuta e condivisa da un gruppo. Di norma i documenti vengono prodotti indipendentemente dall'azione perciò l'analisi del documento comporta due vantaggi: si tratta di informazioni non reattive, nel senso che non risentono “dell'interazione studiantestudiato”, sono esenti da alterazioni dovute all'atto della rilevazione e inoltre attraverso di essi si può studiare anche il passato. Per analisi documentaria si intente quella tecnica di ricerca prettamente qualitativa che mira a cogliere la componente dinamica e processuale di una realtà sociale (Ruspini, 2010). La tecnica prevede una contestualizzazione culturale, storica, sociale del documento, per fare ciò è necessario interrogare passivamente i testi e le immagini considerate. Al fine di facilitare la lettura si è deciso di costruire una griglia interpretativa che comprende una serie di dimensioni predisposte per la rilevazione di alcune caratteristiche dei film esaminati (contesto sociale e culturale, anno di produzione, ecc.) e del profilo dei personaggi (genere, ruolo, dimensione educativa e familiare, rapporto tra generazioni, ecc.). Il testo Un Decalogo per i genitori italiani (in particolare il primo, il quarto e il nono capitolo) ha offerto numerosi spunti per l'indagine condotta. 21 Bibliografia Arosio Laura (2010), “L'uso dei documenti”, in de Lillo Antonio (a cura di), Il mondo della ricerca qualitativa, Torino, UTET. Banfield Edward C. (2006), Le basi morali di una società arretrata, Bologna, Il Mulino. Barazzetti Donatella (2003), “A confronto con il 'genere'”, in Leccardi Carmen (a cura di), Tra i generi. Rileggendo le differenze di genere, di generazione, di orientamento sessuale, Milano, Guerini. 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