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scarica pdf - Stradelandia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
SALVATORE LEONARDI
- GIUSEPPINA PAPPALARDO
ANALISI CRITICA DELLE
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI
DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Quaderno n. 110
ISTITUTO DI STRADE FERROVIE AEROPORTI
VIALE A. DORIA, 6 - 95125 CATANIA
LUGLIO 2000
ANALISI CRITICA DELLE
CARATTERISTICHE
PRESTAZIONALI DELLE
BARRIERE DI SICUREZZA
di: Salvatore Leonardi
Giuseppina Pappalardo
(1)
(1)
(2)
Dottore di Ricerca in “Riqualificazione e Potenziamento della Rete
Stradale” presso l’Istituto di Strade Ferrovie ed Aeroporti
dell’Università di Catania.
(2)
Ingegnere collaboratrice all’attività di ricerca presso l’Istituto di
Strade Ferrovie ed Aeroporti dell’Università di Catania.
Istituto di Strade Ferrovie ed Aeroporti
Università degli Studi di Catania
Quaderno n° 110
Luglio 2000
INDICE
INDICE
PREMESSE ………………………………………………………….. 1
1.
QUADRO NORMATIVO …………………………………….…….. 3
1.1.
Introduzione ………………………………………………………….. 3
1.2.
L’evoluzione normativa ……………………………………………... 3
1.2.1 Circolare lavori pubblici 11 luglio 1987 n° 2337 ……………………. 4
1.2.2 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n° 223 del 18 febbraio 5
1992 ……………………………………………………………………
1.2.3 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n° 4621 del 15 ottobre 6
1996 ……………………………………………………………………
1.2.4 Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n° 4622 del 15 ottobre 10
1996 ……………………………………………………………………
1.2.5 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 3 giugno 1998 ………. 10
1.2.6 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, 11 giugno 1999 ………… 22
1.2.7 Normativa europea …………………………………………………… 23
1.3.
L’impianto di crash test di Anagni ………………………………….
1.4.
Esempio di una prova di crash - test ………………………………..
1.5.
Conclusioni ……………………………………………………………
2.
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE
DI SICUREZZA ………………………………….…………………..
2.1.
Introduzione …………………………………………………………..
2.2.
Funzioni delle barriere di sicurezza ………………………………...
2.3.
Schema dell’urto ……………………………………………………...
2.3.1 Decelerazione laterale ………………………………………………..
2.3.2 Condizione di non ribaltamento del veicolo ………………………...
2.3.3 Riderezionamento del veicolo dopo l’urto ………………………….
2.4.
Barriere di sicurezza metalliche ……………………………………..
2.4.1 Barriera di sicurezza a doppia onda ………………………………….
I
INDICE
2.4.2 Barriera di sicurezza a tripla onda ..………………………………….
2.5.
Barriere di sicurezza in calcestruzzo ………………………………..
2.5.1 Funzionamento della barriera tipo “New Jersey” …………………...
2.5.2 Tipologie principali di barriere di sicurezza tipo “New Jersey” …….
2.6.
Classificazione delle barriere di sicurezza in funzione della loro
destinazione ed ubicazione …………………………………………..
2.7.
Le barriere di nuova generazione …………………………………...
2.8.
Analisi critica delle modalità di esecuzione delle prove di
omologazione delle barriere di sicurezza …………………………...
2.9.
Conclusioni ……………………………………………………………
CONCLUSIONI ……………………………………………………...
II
PREMESSE
PREMESSE
Il numero degli incidenti e la gravità dei danni riportati a seguito dell’urto dei
veicoli contro le barriere di sicurezza sta aumentando d’anno in anno.
Negli ultimi anni, infatti, l’evoluzione tecnica dei veicoli circolanti nelle strade ha
portato sia a forti aumenti di traffico che delle medie velocistiche. Proprio alla luce di
quest’ultimo aspetto si sono modificate profondamente le condizioni di sicurezza
delle vie di transito stradale: un’infrastruttura che fino ad un decennio fa poteva
ritenersi sicura oggi, non protegge più altrettanto bene gli occupanti dei mezzi che
circolano su di essa. Considerando inoltre la sempre maggiore presenza di veicoli
con caratteristiche e dimensioni differenti, si fa sempre più evidente l’esigenza di
sviluppare le conoscenze nel settore dei dispositivi di sicurezza, per sopperire alle
lacune dei modelli attualmente in uso. La lunga esperienza maturata in alcuni noti
centri di ricerca teorica e sperimentale, sia negli Stati Uniti sia in alcuni Paesi
Europei, consente di intravedere in che cosa consista una barriera ideale, in relazione
agli scopi essenziali che si devono raggiungere su strada. In pratica, una barriera che
svolga il suo compito in modo ottimale deve poter controreagire, in qualsiasi
modalità d’urto, al veicolo collidente in modo da garantire [1]:
1. l’invalicabilità della barriera, così da assicurare la sicurezza di tutto ciò che si
trova al di là della struttura di contenimento;
2. un graduale rientro in carreggiata del veicolo dopo l’urto, con un angolo di
ritorno tale da non arrecare danni agli occupanti la carreggiata;
3. basse accelerazioni a carico degli occupanti del veicolo in modo da contenere i
danni sia alla persone sia all’automezzo.
Considerando però la stessa varietà di tipi di veicoli in circolazione e le diversità
dei luoghi e delle posizioni in cui le barriere si collocano all’interno dello spazio
stradale, vi è il dubbio che vi possa essere un unico tipo di barriera ideale e
polivalente. Per soddisfare tutti i possibili casi, si deve tener conto della grande
aleatorietà intrinseca delle variabili in gioco, quali il comportamento degli utenti, le
condizioni ambientali e climatiche, le caratteristiche ed il comportamento del
veicolo, le caratteristiche e lo stato di usura della pavimentazione stradale.
1
PREMESSE
In generale possiamo affermare che una barriera stradale di sicurezza a
comportamento ideale deve potersi deformare molto, ove le condizioni al contorno lo
concedano, così da assorbire grandi quantitativi di energia e da rendere completo e
soddisfacente il rientro dell’automezzo in carreggiata. Nei casi in cui ciò non è
possibile, per dissipare limitate dosi di energia, si deve fare affidamento sulla
correzione della traiettoria ottenuta tramite superfici od elementi appositi che
impegnino gli organi di sterzo e di sospensione del veicolo.
2
QUADRO NORMATIVO
1. QUADRO NORMATIVO
1.1. INTRODUZIONE
Le barriere di sicurezza rappresentano quelle attrezzature necessarie a contenere i
veicoli sulla strada dopo la perdita del loro controllo ed il cui uso è basato su una
serie di criteri, riassumibili in tre voci principali:
1. progetto dell’attrezzatura;
2. verifica (con prove su scala reale di crash test che ne consentono la validazione);
3. progetto della collocazione sulla strada, con tutti gli accessori necessari.
La scienza che governa la materia è abbastanza recente e non ancora
completamente sviluppata in rapporto all’importanza che gli elementi di ritenuta
hanno nei confronti della sicurezza stradale. La legislazione che via via l’ha
regolamentata ha rispecchiato ciò, ed ha avuto nuovi impulsi solo quando, sul finire
degli anni Ottanta, si sono riprese le prove su scala reale per valutare i sistemi di
protezione degli ampliamenti autostradali da due a tre corsie per senso di marcia.
1.2. L’EVOLUZIONE NORMATIVA
Prima del 1987 in Italia, le barriere potevano essere usate erano “a piacere”, cioè
senza nessuna regola fissa, per cui si andava o a disponibilità finanziaria del
compratore, o a conoscenza/decisione del costruttore, che era il vero unico
“progettista” del sistema. Tali dispositivi di sicurezza derivavano da prototipi provati
negli anni Sessanta nei laboratori ANAS di Cesano, con crash test più semplici degli
attuali; queste prove avevano dato origine ad un certo tipo di barriera pensata
principalmente per le vetture, in quanto i camion erano piuttosto lenti e leggeri e non
presentavano il problema della fuoriuscita di strada.
1.2.1 Circolare lavori pubblici 11 luglio 1987 n°2337
Nella circolare n°2337 del Ministero dei Lavori Pubblici dell’11 luglio 1987, si fa
riferimento al problema di una corretta installazione delle barriere ai margini delle
strade, a causa sia del continuo incremento dei veicoli in circolazione e sia della
significativa presenza di mezzi pesanti.
3
QUADRO NORMATIVO
La scelta del tipo e delle caratteristiche di tali dispositivi non viene semplicemente
ricondotta alla scelta di un unico tipo ottimale da adottarsi sistematicamente in ogni
caso, perché le funzioni da svolgere dipendono da numerose variabili in gioco. Le
barriere vengono principalmente distinte in funzione della loro destinazione:
9 centrale da spartitraffico;
9 laterale su ponti e viadotti;
9 per la presenza d’ostacoli fissi immediatamente a lato della carreggiata;
9 laterale per strada in rilevato.
Rivestono particolare importanza il tipo del veicolo (che può essere classificato
essenzialmente in base a struttura, dimensioni, peso e posizione del baricentro), la
sua velocità e l’angolo d’impatto con la barriera. Dalle molteplici combinazioni di
tali variabili, derivano esigenze di contenimento che la barriera dovrebbe soddisfare,
fra le quali precipua la necessità che debba essere comunque impedito il suo
superamento da parte del veicolo. La scelta del tipo da utilizzare deve pertanto essere
il risultato di un’attenta valutazione che tenga conto della collocazione, della
composizione prevalente del traffico che interessa le strade e della velocità di
progetto della stessa.
Viene definita così una barriera detta “di minimo” avente tali caratteristiche:
9 elementi in acciaio di qualità non inferiore a Fe 360, zincato a caldo con una
quantità di zinco non inferiore a 300 g/m2 per ciascuna faccia e nel rispetto della
normativa UNI 5744/66;
9 spessore minimo del nastro 3 mm, profilo a doppia onda, altezza non inferiore a
300 mm, sviluppo non inferiore a 475 mm, modulo di resistenza non inferiore a
25 kg/cm3;
9 paletti di sostegno preferibilmente metallici, con profilo a C di dimensioni non
inferiori a 80*120*80 mm, spessore non inferiore a 5 mm, lunghezza non
inferiore a 1.65 m per le barriere centrali e 1.95 m per quelle laterali;
9 altezza dei distanziatori di 30 cm, profondità non inferiore a 15 cm, spessore
minimo 2.5 mm;
9 bulloneria a testa tonda ed alta resistenza;
4
QUADRO NORMATIVO
9 piastrina con copri - asola antisfilamento di dimensioni 45*100 mm e spessore 4
mm;
Devono essere adottate le seguenti modalità di posa in opera:
9 la barriera deve essere posta in opera in modo che il suo bordo superiore si trovi
ad un’altezza non inferiore a 70 cm sul piano viabile;
9 i paletti devono essere posti a distanza reciproca non superiore a 3.60 m ed infissi
in terreno di normale portanza per una lunghezza non inferiore a 0.95 m per le
barriere centrali e 1.20 m per quelle laterali;
9 i nastri devono avere una sovrapposizione non inferiore a 32 cm.
Tali caratteristiche minime sono riferite a quelle destinazioni che non prevedono il
contenimento categorico dei veicoli in carreggiata (rilevati e trincee senza ostacoli
fissi laterali). Con le conoscenze attuali è possibile affermare che la barriera “di
minimo” aveva ed ha un’energia di contenimento intorno ai 60 KJ.
1.2.2 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°223 del 18 febbraio 1992
Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°223 del 18 febbraio 1992 è un
regolamento recante le istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e
l’impiego delle barriere stradali di sicurezza. All’art.1 si definiscono le barriere
stradali di sicurezza come dei dispositivi aventi lo scopo di realizzare il contenimento
dei veicoli che dovessero tendere alla fuoriuscita della carreggiata stradale, nelle
migliori condizioni di sicurezza possibili. Negli articoli 2 e 3 si formalizzano le
operazioni necessarie per la presentazione dei progetti esecutivi e il raggiungimento
dell’idoneità tecnica, rilasciato dal Ministero dei Lavori Pubblici – Ispettorato
circolazione e traffico. All’art.8 si fa riferimento alle “Istruzioni tecniche per la
progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza”, che
sono state modificate in un decreto successivo.
1.2.3 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°4621 del 15 ottobre 1996
All’art.1 si ha la classificazione delle barriere in funzione della loro destinazione
ed ubicazione:
9 barriere centrali da spartitraffico;
5
QUADRO NORMATIVO
9 barriere per bordo stradale, in rilevato o scavo;
9 barriere per opere d’arte, quali ponti, viadotti, sottovia, muri, ecc.;
9 barriere per punti singolari, quali zone d’approccio ad opere d’arte, presenza
d’ostacoli fissi, zone terminali e/o d’interscambio e simili.
La protezione richiesta dal decreto, per quanto riportato all’art.3, deve riguardare
almeno:
9 i bordi di tutte le opere d’arte all’aperto, quali ponti, viadotti, ponticelli,
sovrappassi e muri di sostegno della carreggiata, indipendentemente dalla loro
estensione longitudinale e dall’altezza del piano di campagna;
9 i casi previsti dalle vigenti norme stradali del CNR, relative alla progettazione
geometrica delle strade, escludendo il caso di rilevato con altezza del ciglio
minore di 2.50 m purché la pendenza della scarpate sia minore o uguale a 1/3;
9 gli ostacoli fissi, laterali o centrali isolati, quali pile di ponti, fabbricati, tralicci
d’elettrodotti, portali della segnaletica, ecc., entro una fascia di 5 m dal ciglio
esterno della carreggiata.
Viene definito, nell’art.4, l’“Indice di severità Is”, ovvero l’energia cinetica
posseduta dal mezzo all’atto dell’impatto calcolata con riferimento alla componente
della velocità ortogonale alle barriere, espressa da:
Is =
1 P
* * (V sen ϑ ) 2
2 g
dove:
¾ Is = indice di severità (KNm);
¾ P = peso del veicolo (KN);
¾ g = accelerazione di gravità (m/s2);
¾ V = velocità d’impatto (m/s);
¾ ϑ = angolo d’impatto.
Le barriere si classificano, in relazione all’“indice di severità” definito all’art.4,
come segue:
Classe A1: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 40 KNm;
Classe A2: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 80 KNm;
Classe A3: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 130 KNm;
6
QUADRO NORMATIVO
Classe B1: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 250 KNm;
Classe B2: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 450 KNm;
Classe B3: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 600 KNm.
L’art.7 definisce i criteri di scelta di tali dispositivi, che sono funzione della
destinazione ed ubicazione, del tipo e delle caratteristiche della strada nonché del
traffico. In mancanza d’indicazioni fornite dal committente, quest’ultimo sarà
valutato dal progettista sulla base di dati disponibili o rilevabili; ai fini applicativi
sarà classificato in ragione della prevalenza dei mezzi che lo compongono e distinto
nei tre tipi seguenti:
I.
quando la presenza dei veicoli di peso superiore a 30 KN non sia superiore al
5% del totale;
II.
quando la presenza dei veicoli di peso superiore a 30 KN sia compresa tra il
5% ed il 10% del totale;
III.
quando la presenza dei veicoli di peso superiore a 30 KN sia maggiore del
10% del totale.
La seguente tabella contiene le indicazioni relative alle classi minime di barriere
da impiegare in funzione del tipo di strada, del tipo di traffico e della destinazione
della barriera:
TIPO DI STRADA
Autostrada (A)
TRAFFICO
SPARTITRAFFICO
BORDO
BORDO
LATERALE
PONTE
I
B1
A3
B2
II
B2
B1
B2
Strada extr.princ. (B)
III
B3
B2
B3
Strada extr.sec. (C)
I
A3*
A2
B1
Strada urb. di scorr. (D)
II
B1*
A3
B2
III
B1*
B1
B2
I
A1
B1
II
A1
B1
III
A3
B1
Strada urb. di quart. (E)
Strada locale
*ove esistenti.
Tabella 1.1.
Classificazione delle barriere di sicurezza metalliche in funzione dell’indice di
severità [5]
7
QUADRO NORMATIVO
L’idoneità delle barriere è subordinata al superamento di prove su prototipi in
scala reale, eseguiti presso campi prove attrezzati, sia italiani che esteri.
Si dovrà accertare:
9 l’adeguatezza strutturale della barriera: ogni tipologia deve assicurare rotture
limitate e controllate, senza distacco d’elementi che possano costituire rischio per
gli occupanti del veicolo o per terzi;
9 il contenimento totale del veicolo: la barriera deve esercitare sul veicolo di prova
un effetto di contenimento pieno, senza ribaltamento e senza attraversamento o
scavalcamento;
9 la sicurezza relativa al rischio per gli occupanti del veicolo: deve essere accertata
la variazione del vettore velocità ai fini di valutare la probabilità che gli
occupanti possano subire traumi insostenibili. I valori massimi tollerabili per
l’accelerazione durante l’urto, misurata in prossimità del baricentro del veicolo
ed almeno in un altro punto, per la durata convenzionale di 0.05 secondi, sono i
seguenti:
1. componente longitudinale (X): 20 g;
2. componente trasversale (Y): 10 g;
3. componente verticale (Z): 6 g;
4. accelerazione totale:
X 2 + Y 2 + Z 2 = 23g ;
9 la traiettoria di rinvio del veicolo: deve essere accertata la traiettoria del veicolo
dopo l’abbandono, da parte di esso, del contatto con la barriera. Si considera
ottimale un angolo di rinvio non superiore ad 1/3 dell’angolo d’impatto; angoli
superiori saranno valutati caso per caso in relazione al tipo di veicolo utilizzato
per le prove;
9 lo spostamento trasversale totale subito dalla barriera: deve essere accertato lo
spostamento ai fini della valutazione delle compatibilità in relazione alla sua
destinazione.
Le prove dovranno svilupparsi nell’ambito di un programma che permetta di
simulare le più ricorrenti situazioni di rischio.
Si svolgeranno su piste attrezzate su tratti simulati di carreggiata stradale, con
pavimentazione ordinaria, ove, per un’estesa sufficiente, verrà installata la barriera
8
QUADRO NORMATIVO
candidata e dove saranno rispettate le stesse modalità d’infissione nel suolo, di posa
in opera e di posizionamento geometrico previste dal richiedente l’omologazione.
Per ciascuna delle barriere di classe A1, A2, A3, dovranno essere eseguite almeno
due prove con veicoli leggeri in condizioni tali da determinare un indice di severità
non inferiore a quello minimo della classe per la quale si richiede l’omologazione.
Per ciascuna delle barriere di classe B1, B2, B3, dovranno essere eseguite almeno
due prove con mezzi pesanti (con indice di severità non inferiore a quello minimo
della classe) ed inoltre almeno una prova con veicoli leggeri in condizioni
corrispondenti rispettivamente a quelle delle classi A1, A2, A3.
Per la classe B3 una delle prove con veicoli pesanti deve essere effettuata con
veicolo avente altezza del baricentro non inferiore a 1.60 m.
Per le prove saranno impiegati veicoli che abbiano caratteristiche corrispondenti a
quelle indicate nella tabella 1.2:
TIPO VEICOLO
DIMENSIONI
Classe A
Berlina
4.00*1.40*1.40
Berlina
4.50*1.70*1.50
Furgone
5.50*2.00*2.70
Berlina*
4.50*1.70*1.50
Classe B
Furgone
5.50*2.00*2.70
Autobus urbano
12.00*2.50*2.70
Autobus extraurbano 12.00*2.50*2.70
Autocarro
7.00*2.50*2.70
Autocarro
8.00*2.50*2.70
Autocarro
9.00*2.50*2.70
Cisterna
9.00*2.50*2.70
*per prove su barriere per punti singolari.
PESO (KN)
VELOCITA’
(Km/h)
ANGOLO
D’IMPATTO
10
13
20
13
70-120
80-130
70-120
100-120
10°-20°
10°-20
10°-20
70°-90°
35
100-120
150-200
100-150
200-300
200-400
250-400
70-100
50-100
50-100
50-100
50-80
50-80
50-80
10°-20°
15°-25°
15°-25°
15°-25°
15°-25°
15°-25°
15°-25°
Tabella 1.2. Veicoli utilizzati per le prove di crash [5]
Sono ammesse delle tolleranze del 5% sulle dimensioni e sul peso.
1.2.4 Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n°4622 del 15 ottobre 1996
Nella circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n°4622 del 15 ottobre 1996 sono
indicati gli istituti autorizzati alle prove di crash:
9
QUADRO NORMATIVO
9 Centro prove per barriere di sicurezza stradali d’Anagni – Centro rilevamento
dati sui materiali di Fiano Romano della società Autostrade S.p.a;
9 L.I.E.R., Laboratoire d’essais INRETS – Equipments de la Route, con sede in
D29 Route de Cremieu B.P. 352 69125 Lyon Satolas Aeroport – Francia.
1.2.5 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 3 giugno 1998
Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 3 giugno 1998 è un
aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e
l’impiego delle barriere stradali di sicurezza e delle prescrizioni tecniche per le prove
ai fini dell’omologazione.
All’articolo 1 dell’allegato, si afferma che, a seconda della loro destinazione ed
ubicazione, le barriere ed i dispositivi di ritenuta si dividono nei seguenti tipi:
9 barriere centrali da spartitraffico;
9 barriere laterali, in rilevato o scavo;
9 barriere per opere d’arte, quali ponti, viadotti, sottovia, muri, ecc.;
9 barriere o dispositivi per punti singolari quali attenuatori d’urto, letti d’arresto o
simili, dispositivi per zone d’approccio ad opere d’arte, per ostacoli fissi, per
zone terminali e/o d’interscambio e simili.
L’articolo 2 individua le loro finalità: si afferma, infatti, che queste sono poste in
opera essenzialmente al fine di realizzare accettabili condizioni di sicurezza per gli
utenti della strada e per i terzi esterni, eventualmente presenti, garantendo entro certi
limiti il contenimento dei veicoli che dovessero tendere alla fuoriuscita dalla
carreggiata stradale.
Nell’articolo 3 del suddetto allegato si individuano le zone da proteggere:
9 bordi di tutte le opere d’arte all’aperto (ponti, viadotti, ponticelli, sovrappassi,
muri di sostegno della carreggiata);
9 spartitraffico (ove presente);
9 bordo stradale nelle sezioni in rilevato: la protezione è necessaria per tutte le
scarpate aventi pendenza maggiore od uguale a 2/3. Se questo non è verificato, la
necessità di protezione dipende dalla combinazione della pendenza e dell’altezza
10
QUADRO NORMATIVO
della scarpata, tenendo conto delle situazioni di potenziale pericolosità a valle
della scarpata (edifici da proteggere o simili);
9 ostacoli fissi che potrebbero costituire un pericolo per gli utenti della strada in
caso d’urto, quali pile di ponti, rocce affioranti, opere di drenaggio non
attraversabili, pali d’illuminazione e supporti per la segnaletica non cedevoli,
corsi d’acqua, ecc. e gli oggetti che in caso d’urto potrebbero comportare
pericolo per i non utenti della strada, quali edifici pubblici o privati, scuole,
ospedali, ecc.. Occorre proteggere i suddetti ostacoli ed oggetti nel caso in cui
non sia possibile o conveniente la loro rimozione e si trovino ad una distanza dal
ciglio esterno della carreggiata inferiore ad un’opportuna distanza di sicurezza.
Tale distanza varia in funzione della velocità di progetto, volume di traffico,
raggio di curvatura dell’asse stradale, pendenza della scarpata, pericolosità
dell’ostacolo. Dei valori indicativi sono: 3 m per strada in rettifilo a livello di
piano di campagna, V=70 km/h, TGM=1000; 10 m per strada in rettifilo ed in
rilevato con pendenza pari ad ¼, V=110 km/h, TGM=6000.
Nell’articolo 4 viene definito convenzionalmente, ai fini della classificazione delle
barriere e degli altri dispositivi, il “Livello di contenimento LC” come l’energia
cinetica posseduta dal mezzo all’atto dell’impatto, calcolata con riferimento alla
componente della velocità ortogonale alle barriere, espressa da:
LC =
1
2.
* M * (v * sen φ )
2
dove:
LC= livello di contenimento (KJ);
M= massa del veicolo (ton);
v= velocità d’impatto (m/s);
φ = angolo d’impatto.
Viene inoltre definito convenzionalmente, ai fini della classificazione della
severità degli impatti, l’indice ASI (Indice di Severità dell’Accelerazione) che misura
la severità dell’urto sugli occupanti delle autovetture considerati seduti con cinture di
sicurezza allacciate:
11
QUADRO NORMATIVO


a  a   a 
ASI (t ) =  x  +  y  +  z  
 12 g   9 g   10 g  


2
2
2
1
2
in cui ax , a y e az sono le componenti dell’accelerazione da misurare in un punto P
significativamente vicino al baricentro del veicolo mediate su di un intervallo mobile
δ di 50 ms e g è uguale a 9.81 m/s2.
Tutte le barriere ed i dispositivi di ritenuta ed attenuazione di tutte le classi, per
quanto prescritto dall’articolo 8, devono corrispondere ad un indice ASI minore o
uguale ad 1 ottenuto con un’autovettura, secondo le prescrizioni tecniche che
seguono.
E’ ammesso un indice ASI fino a 1.4 per le barriere ed i dispositivi destinati a
punti particolarmente pericolosi nei quali il contenimento del veicolo in svio diviene
un fattore essenziale ai fini della sicurezza.
Le barriere, citate all’art.1, si classificano in funzione del citato Livello di
contenimento con tolleranza in meno pari al –5% e tolleranza in più correlata a
quella ammissibile per i parametri di prova. Si ha:
9 CLASSE N1: Contenimento minimo LC=44 KJ;
9 CLASSE N2: Contenimento medio LC=82 KJ;
9 CLASSE H1: Contenimento normale LC=127 KJ;
9 CLASSE H2: Contenimento elevato LC=288 KJ;
9 CLASSE H3: Contenimento elevatissimo LC=463 KJ;
9 CLASSE H4: Contenimento per tratti ad altissimo rischio LC=572 KJ.
Nel caso in cui la prova d’impatto viene eseguita con veicolo autoarticolato il
valore LC corrispondente alla classe H4 è pari a 724 KJ.
Le barriere impiegate per punti singolari, quali zone d’approccio ad opere d’arte e
terminali di barriere o simili, non sono sempre classificabili in base al livello di
contenimento specifico ed il loro impiego sarà curato dal progettista.
I terminali sono definiti come gli elementi finali di una barriera di sicurezza
corrente.
12
QUADRO NORMATIVO
La loro origine, per quanto possibile, non deve essere esposta al traffico e la loro
costruzione deve rappresentare una transizione con contenimento graduale dei
veicoli, da zero all’origine fino alle prestazioni complete nel punto in cui si uniscono
alla barriera.
Gli attenuatori d’urto hanno lo scopo di ridurre, quando necessario, la severità
dell’urto di un’autovettura contro gli ostacoli, compreso anche l’inizio delle barriere.
Per essi sono definite due classi di contenimento TC1 e TC2:
9 CLASSE TC1: Attenuatori che ammettono un livello di contenimento LC =320
KJ;
9 CLASSE TC2: Attenuatori che ammettono un livello di contenimento LC =500
KJ.
Nell’ambito di queste classi, un’ulteriore suddivisione è rappresentata dal
comportamento del dispositivo nel caso d’urto angolato rispetto alla linea di
mezzeria del dispositivo stesso:
9 Attenuatori Redirettivi (R): contengono e ridirigono i veicoli urtati;
9 Attenuatori Non Redirettivi (NR): contengono ma non ridirigono i veicoli urtati.
Le barriere temporanee, a protezione dei cantieri di lavoro, saranno regolamentate
da un’opportuna disposizione.
La scelta delle barriere avviene tenendo conto della loro destinazione ed
ubicazione, del tipo e delle caratteristiche della strada, nonché di quelle del traffico
cui la stessa sarà interessata.
Per la valutazione di quest’ultimo, in mancanza d’indicazioni fornite dal
committente, il progettista provvederà a determinarne la composizione sulla base dei
dati disponibili o rilevabili sulla strada interessata (traffico giornaliero medio),
ovvero di studio previsionale.
Ai fini applicativi il traffico sarà classificato in ragione dei volumi di traffico e
della prevalenza dei mezzi che lo compongono, distinto nei tre livelli seguenti:
9 Traffico tipo I: quando il TGM è minore o uguale a 1000 con qualsiasi
percentuale di veicoli merci o maggiore di 1000 con presenza di veicoli di massa
superiore a 3000 kg minore o uguale al 5% del totale;
13
QUADRO NORMATIVO
9 Traffico tipo II: quando, con TGM maggiore di 1000, la presenza di veicoli di
massa superiore a 3000 kg sia maggiore del 5% e minore o uguale al 15% sul
totale;
9 Traffico tipo III: quando, con TGM maggiore di 1000, la presenza di veicoli di
massa superiore a 3000 kg sia maggiore del 15% del totale.
Vengono riportati nella tabella 1.3 le classi minime di barriere da impiegare, in
funzione del tipo di strada, traffico e destinazione della barriera.
Il progettista individuerà le caratteristiche prestazionali delle barriere da adottare
(classe, livello di contenimento, indice di severità, materiali, dimensioni, peso
massimo, vincoli, larghezza di lavoro, ecc.) tenendo conto della loro congruenza con
il tipo di strada, il tipo di supporto, le condizioni geometriche esistenti ed il traffico
prevedibile su di essa secondo quanto indicato nelle presenti istruzioni. Inoltre per
motivi d’ottimizzazione della gestione della strada, si cerca di minimizzare i tipi da
utilizzare (criterio d’uniformità).
Tipo di strade
Traffico
Destinazione barriere
Barriere
Barriere Attenuatori
bordo
bordo
laterale
ponte
I
H2
H1
H2
Autostrade (A) e strade
II
H3
H2
H3
extraurbane principali (B)
III
H3-H4 (*)
H2-H3 (*)
H4
TC1 o TC2
secondo
I
H1
N2
H2
Strade extraurbane
velocità ≤
II
H2
H1
H2
secondarie (C) e Strade
oppure > di
III
H2
H2
H3
urbane di scorrimento (D)
80 Km/h.
I
N2
N1
H2
Strade urbane di quartiere
II
H1
N2
H2
(E) e Strade locali (F)
III
H1
H1
H2
(*) La scelta tra le due classi sarà determinata dal progettista in funzione dell’ampiezza W della
larghezza utile della barriera scelta, delle caratteristiche geometriche della strada (tipo di sezione
trasversale, planoaltimetria, larghezza dello spartitraffico, ecc.), della percentuale di traffico pesante
(di massa superiore a 3000 kg) e della relativa incidentalità.
Tabella 1.3. Classi minime di barriere da impiegare in funzione del tipo di strada, traffico e
destinazione d’uso [7]
Barriere
spartitraffico
Dovrà inoltre curare con specifici disegni esecutivi e relazioni di calcolo
l’adattamento dei singoli dispositivi alla sede stradale in termini di supporti,
drenaggio delle acque, collegamenti tra i diversi tipi di protezione, zone d’approccio
14
QUADRO NORMATIVO
alle barriere, punto d’inizio e di fine in relazione alla morfologia della strada per
l’adeguato posizionamento dei terminali, ecc.
Nell’articolo nove e nell’allegato 1A vengono segnalate le modalità di prova delle
barriere e dei dispositivi ed i criteri di giudizio ai fini dell’omologazione.
Ai fini del giudizio sull’esito delle prove, saranno valutati i seguenti aspetti:
9 non superamento o sfondamento della barriera, nel suo complesso con
indicazione degli spazi laterali utilizzati per conseguire il contenimento
(larghezza utile);
9 non ribaltamento completo del veicolo;
9 ridirezione controllata dei veicoli in modo che il veicolo che lascia la barriera
dopo l’impatto non attraversi una linea, parallela alla barriera nella sua posizione
originaria posta ad una distanza A (pari a 2.2 m per l’autovettura e 4.4 per il
veicolo merci) più la larghezza del veicolo usato, più il 16% della sua lunghezza,
entro una distanza B (pari a 10 m per l’autovettura e 20 m per il veicolo merci)
dal punto d’impatto;
9 ottenimento dei livelli di contenimento con le tolleranze indicate;
9 rispetto degli indici di severità prescritti per le autovetture.
Nel caso degli attenuatori d’urto:
9 controllo del veicolo urtante frontalmente o lateralmente (se richiesto), senza
rimbalzi apprezzabili;
9 non intrusione di tali elementi del dispositivo nel veicolo o deformazioni
dell’abitacolo tali da causare seri danni agli occupanti;
9 nessun distacco pericoloso di elementi di grande dimensione del dispositivo
urtato;
9 assetto normale del veicolo in moto, con l’ammissione di imbardata, rollio e
beccheggio moderati;
9 per i tipi redirettivi la traiettoria di uscita deve essere interna ad una linea
parallela al lato d’urto e distante da questo 4 m, in corrispondenza della
perpendicolare al punto terminale dell’attenuatore.
Le prove si svolgeranno in apposite piste attrezzate su tratti simulati di carreggiata
stradale, con pavimentazione ordinaria, ove per un’estesa sufficiente verrà installata
15
QUADRO NORMATIVO
la barriera candidata e dove saranno rispettate le stesse modalità di infissione nel
suolo, di ancoraggio puntuale, di posa in opera e di posizionamento geometrico
previste e descritte da colui che richiede l’omologazione.
Nel caso di barriere destinate a ponti e viadotti, dovranno essere adottati tutti gli
accorgimenti in modo da simulare al meglio le condizioni di un tratto, con vuoto
laterale, di un’opera di tipo ordinario.
Per tutte le barriere di sicurezza (salvo per gli attenuatori per i quali è prevista una
prova diversa) di tutte le classi (salvo la classe N1) dovrà essere effettuata una prova
di un’autovettura di massa totale statica di 900 ± 40 kg, angolo di 20° e velocità pari
a 100 Km/h, ai fini della valutazione dell’indice ASI.
Per le diverse classi, al fine di verificare il Livello di Contenimento LC, dovranno
essere usati veicoli diversi con energie diverse secondo le tabelle 1.4. e 1.5..
Sono fissate inoltre accuratezza e tolleranza:
9 ACCURATEZZA: Velocità ± 1%; Angolo d’impatto globale ± 0.5 gradi;
9 TOLLERANZA: Velocità –2%, +7%; Angolo d’impatto globale –1.0°, +1.5°.
La tolleranza combinata di velocità, angolo d’impatto e livello di contenimento
segue le suindicate tolleranze purché sia rispettata quella relativa al Livello di
Contenimento, pari a –5%.
CLASSE DELLE
VELOCITA’
ANGOLO
BARRIERE
(Km/h)
D’IMPATTO
MASSA TOTALE TIPO VEICOLO
(Kg)
(gradi)
N1
80
20
1500
Autovettura
N2
110
20
1500
Autovettura
H1
70
15
10000
Autocarro
H2
70
20
13000
Autocarro o
Autobus
H3
80
20
16000
Autocarro
H4a
65
20
30000
Autocarro
H4b
65
20
38000
Autoarticolato
Tabella 1.4.
Parametri necessari per il calcolo del livello di contenimento delle barriere di
sicurezza [7]
16
QUADRO NORMATIVO
CLASSE DEGLI
VELOCITA’
ANGOLO
MASSA
TIPO
ATTENUATORI
(Km/h)
D’IMPATTO
TOTALE
VEICOLO
(gradi)
(kg)
TC1
TC2
R/NR
80
90
1300
Autovettura
R/NR*
80
90
900
Autovettura
R**
80
15
1300
Autovettura
R/NR
100
90
1300
Autovettura
R/NR*
100
90
900
Autovettura
R**
100
15
1300
Autovettura
(*) Questa prova rappresenta un urto frontale disassato di ¼ della larghezza del veicolo;
(**) Questa prova corrisponde ad un urto laterale con impatto ad 1/3 della larghezza totale del
dispositivo e va fatta sui dispositivi redirettivi (R).
Tabella 1.5.
Parametri necessari per il calcolo del livello di contenimento degli attenuatori
d’urto [7]
Vengono definiti i veicoli e le modalità di prove per le diverse barriere (tab. 1.6.).
La zavorra sarà costituita per i veicoli leggeri da sacchi chiusi, riempiti con
materiale inerte e poggiati su ognuno dei sedili. Nei veicoli pesanti sarà costituita da
elementi modulari in calcestruzzo di cemento o acciaio, opportunamente ancorati.
Nel caso di autobus vale la stessa regola dei veicoli leggeri, mentre per le cisterne
si provvederà al riempimento con acqua.
La zavorra non deve essere perduta durante la prova, salvo piccole perdite di
elementi di massa non significativa.
Allo scopo di riprodurre per quanto possibile il reale comportamento strutturale
della barriera, si dovrà installare un tratto di estesa longitudinale di almeno 70 m nel
caso di prove con veicoli leggeri e di almeno 80 m nel caso di veicoli pesanti ed
autobus.
Nel caso di dispositivi di tipo speciale che trovano impiego in protezioni di
sviluppo inferiore a 70 m, la prova avverrà su prototipi che abbiano la lunghezza
richiesta nello specifico impiego.
Il sistema di guida dei veicoli di prova potrà essere sia del tipo a trascinamento o a
spinta, con trattore acceleratore, come pure potrà essere realizzato con sistema fisso
meccanico o idraulico dotato di carrello trascinatore e sgancio automatico, a ridosso
del punto d’impatto dei veicoli contro la barriera.
17
QUADRO NORMATIVO
Caratteristiche dei
veicoli
MASSA (kg)
Massa del veicolo
Compresa la
zavorra massima (1)
Massa simulante il
conducente
Massa statica totale
del veicolo
DIMENSIONI (m)
(tol = 20%)
Carreggiata delle
ruote (ant e post)
Raggio della ruota
(veicolo scarico)
Passo del veicolo
(tra gli assi estr.)
Numero di assi
Distanza dal suolo
del paraurti front.
POSIZ DEI
BARIC. (m)
Baricentro del
veicolo (tol 10%)
Distanza long.
dell’asse anteriore
(tol. 10%)
Distanza laterale
dall’asse
longitudinale del
veicolo
Baricentro della
zavorra (2)
HZS
(tol +15%, -5%)
Altezza Hp del
pianale a pieno
carico dal suolo
(tol ±10%)
CLASSI
N-H-TC
TC1/TC2
N1/N2
H1
H2
H3
H4a
H4b
825
1300
1500
10000
13000
16000
30000
38000
100
160
180
900
1300
1500
10000
13000
16000
30000
38000
1.35
1.40
1.50
2.00
2.00
2.00
2.00
2.00
0.46
0.52
0.52
0.55
0.55
4.60
6.50 (3)
4.10 (4)
2
0.58
5.90
6.70
11.25
≥2
0.58
≥3
0.58
≥4
0.58
1.40 (3)
1.50 (4)
0.80 (3)
1.40 (4)
1.60
1.90
1.90
1.40
1.45
1.30
≥ 4500 (3)
≥ 5500
<8000
≥ 9000
<11000
≥ 11000
<15000
Auto
carro
Auto
carro
± 40
± 65
± 75
± 400
± 500
± 900 ± 1100
75
± 40
± 65
± 75
2
2
2
0.49
0.53
0.53
0.90
1.10
1.24
± 0.07
± 0.07
± 0.08
± 300
2
0.58
1.50
1.10
≥ 3500
<6000
Massa del veicolo
scarico
TIPO DI
VEICOLO
± 300
Auto
vettura
Auto
vettura
Auto
vettura
Auto
carro
± 400
<7000
≥ 6000 (4)
<11000
Bus o
autocarro
± 500
± 900 ± 1100
1)
Compresa l’attrezzatura di calcolo e registrazione;
La zavorra va posizionata in modo simmetrico rispetto agli assi longitudinale e trasversale del
pianale del carico, il suo baricentro rispetto al suolo è HZS= HP+HZP dove HP è l’altezza del pianale
(sommità) a veicolo carico e HZP è l’altezza del baricentro della zavorra rispetto al pianale;
(3)
Autobus;
(4)
Autocarro.
Tabella 1.6. Veicoli e modalità di prove [7]
(2)
18
QUADRO NORMATIVO
Non si escludono altri sistemi di lancio quali ad esempio quelli realizzati
attraverso radioguida, con trazione autonoma del veicolo di prova.
In ogni caso e per qualsiasi sistema di lancio, il veicolo di prova dovrà essere
privato dello sforzo di trazione al momento dell’impatto sulla barriera.
Per qualsiasi tipo di veicolo si dovrà disporre di un sistema telecomandato di
frenatura del veicolo, da poter essere azionato non appena esaurita la fase d’impatto.
Particolare attenzione dovrà essere posta nello stabilire il punto d’impatto, dando
preferenza alle zone più vulnerabili, come quelle di connessione tra singoli
componenti ovvero zone singolari che potrebbero costituire ostacolo puntuale nei
riguardi del buon funzionamento della barriera (sporgenze e discontinuità rivolte
verso la sede stradale, tangibili dai pneumatici o comunque costituenti resistenza
all’avanzamento del veicolo).
Le variabili da misurare sul veicolo, durante l’urto, in un punto significativamente
prossimo al baricentro sono:
9 velocità longitudinale del veicolo (misurata prima, durante e dopo l’impatto);
9 accelerazione lungo l’asse longitudinale del veicolo;
9 accelerazione trasversale;
9 accelerazione verticale.
Le misure di velocità si effettueranno con misuratori elettromeccanici disposti
lungo la pista di lancio o con registratori montati sul veicolo, opportunamente
protetti, per ciò che concerne la velocità prima dell’impatto. Durante e dopo le
velocità potranno essere desunte da riprese cinematografiche o dall’integrazione dei
diagrammi accelerometrici.
La strumentazione minima per la registrazione delle accelerazioni sarà composta
da un gruppo di tre trasduttori di accelerazione lineare, reciprocamente ortogonali,
allineati con l’asse del veicolo (longitudinale, trasversale e verticale). Dovranno
essere montati su di un blocco comune e collocati il più vicino possibile al centro di
gravità del veicolo.
I trasduttori di accelerazione ed i relativi canali di registrazione dovranno risultare
conformi alla Norma Internazionale ISO 6487, con classe di frequenza CFC 180.
Tale classe dovrà essere utilizzata per tracciare i risultati grafici.
19
QUADRO NORMATIVO
Per l’accertamento della traiettoria si impiegheranno macchine fotografiche e
cinematografiche di precisione, oltre che videoregistratore.
In particolare è suggeribile l’uso di una macchina cinematografica da 16 mm ad
alta velocità di avanzamento dei fotogrammi (minimo 200 fot/s) per la ripresa
dell’urto da posizione elevata zenitale, avente lo scopo di fornire fotogrammi che
descrivono il moto del baricentro del veicolo.
Verranno poi installate altre due macchine fotografiche, ad alta velocità e con
l’ausilio di teleobiettivo, per le riprese frontali e posteriori.
Verranno anche installate altre macchine fotografiche ad avanzamento rapido
automatico (minimo 6 fot/s) disposte opportunamente per completare la
documentazione necessaria a descrivere compiutamente la traiettoria.
Verrà redatta una scheda con la descrizione dell’intera configurazione geometrica
della barriera, prima e dopo l’urto, che riporta anche la larghezza utile del sistema.
La larghezza utile (tab. 1.7.) è la distanza tra la posizione iniziale del frontale del
sistema stradale di contenimento e la massima posizione dinamica laterale di
qualsiasi componente principale del sistema. La deflessione dinamica è il massimo
spostamento dinamico trasversale del frontale del sistema di contenimento. Questi
due parametri consentono le condizioni più idonee di installazione per ciascuna
barriera di sicurezza, nonché di stabilire distanze appropriate di fronte ad ostacoli in
modo da permettere al sistema di operare nel modo migliore.
CLASSI DEI LIVELLI DI LARGHEZZA
LIVELLI DI LARGHEZZA UTILE W
UTILE
W1
W ≤ 0.6
W2
W ≤ 0.8
W3
W ≤ 1.0
W4
W ≤ 1.3
W5
W ≤ 1.7
W6
W ≤ 2.1
W7
W ≤ 2.5
W8
W ≤ 3.5
Tabella 1.7. Classi di Livelli di Larghezza Utile [7]
20
QUADRO NORMATIVO
La tolleranza delle misure è di 1 cm.
Per gli attenuatori d’urto, misurata la deformazione longitudinale e lo spostamento
trasversale, sarà registrata la posizione finale del dispositivo o dei suoi componenti di
grande dimensione, se distaccati, cioè il livello di spostamento permanente laterale
rispetto alla configurazione iniziale.
Dovrà essere misurato per le autovetture l’Indice di Deformazione dell’Abitacolo
(VCDI) di cui alla norma EN 1317-1 all. A, oltre ad essere compiutamente
documentate tutte le principali rotture e deformazioni avvenute sulla carrozzeria, agli
organi di sterzo ed ai pneumatici, attraverso riprese fotografiche e riportate su scheda
descrittiva.
1.2.6 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, 11 Giugno 1999
Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici dell’11 Giugno 1999 è un
aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e
l’impiego delle barriere stradali di sicurezza.
Nell’articolo uno si afferma che le omologazioni rilasciate sulla base di prove
effettuate in conformità al decreto 15 ottobre 1996 (purché integrate con prove di
verifica di crash test realizzate con autovettura di massa 900 ± 40 kg con le modalità
indicate nelle prescrizioni tecniche allegate al decreto 3 giugno 1998) sono
equiparate alle omologazioni rilasciate sulla base di prove effettuate in conformità al
decreto 3 giugno 1998, secondo la tabella di corrispondenza:
9 classe N1 corrisponde alla classe A1;
9 classe N2 corrisponde alla classe A2;
9 classe H1 corrisponde alla classe A3;
9 classe H2 corrisponde alla classe B1;
9 classe H3 corrisponde alla classe B2;
9 classe H4 a,b corrisponde alla classe B3.
I parametri necessari per il calcolo dell’indice ASI vengono precisati nell’articolo
4 di questo decreto. Si ha infatti
21
QUADRO NORMATIVO


a  a   a 
ASI (t ) =  x  +  y  +  z  
 12 g   9 g   10 g  


2
2
2
1
2
in cui g è uguale a 9.81 m/s2 e a x , a y e a z sono le componenti dell’accelerazione
mediate su di un intervallo mobile δ di 50 ms, da misurare nel baricentro del veicolo
di prova con tolleranza di ± 5 cm per l’asse x (longitudinale) e ± 3 cm per gli assi y
(trasversale) e z (verticale).
In caso di impossibilità di eseguire misure nel baricentro con le tolleranze
suddette, si accetteranno i valori riportati al baricentro calcolati secondo la procedura
della norma europea EN 1317-1, derivanti dalle misure di accelerazione effettuate
con due terne di accelerometri a distanza di almeno 50 cm l’una dall’altra.
1.2.7 Normativa europea
In campo europeo si fa riferimento al documento emanato dal CEN (Comité
Européen de Normalisation) nel Marzo 1995, n°PrEN1317-1 e n°PrEN1317-2.
Il documento è diviso in due sezioni: una prima parte tratta la definizione della
terminologia ed i criteri da utilizzare per l’esecuzione dei test in riferimento
all’autoveicolo, una seconda analizza gli aspetti progettuali delle barriere di
sicurezza, la loro classificazione, l’esecuzione dei test sulle barriere, con un
particolare riferimento ai metodi di rilevamento delle sollecitazioni.
Tale normativa distingue i sistemi di ritenuta stradale in due gruppi a seconda che
siano destinati a veicoli o a pedoni.
I sistemi di ritenuta per veicoli vengono classificati in :
¾ letti d’arresto: aree di margine riempite con materiali particolari (sabbia ad
esempio) allo scopo di decelerare e frenare i veicoli;
¾ cuscini d’urto: dispositivi ad assorbimento energetico che vengono installati in
prossimità di un oggetto rigido, in modo da ridurre la gravità dell’urto.
Possono essere redirettivi e non, a seconda che ridirigano o contengano il
veicoli;
¾ terminali: ancoraggi finali delle barriere di sicurezza;
22
QUADRO NORMATIVO
¾ barriere di sicurezza propriamente dette che possono essere:
ƒ
permanenti o temporanee;
ƒ
deformabili o rigide;
ƒ
a letto singolo o doppio, a seconda che siano progettate per agire
da uno solo o da entrambi i lati.
¾ parapetto per veicoli: barriera installata sul bordo di un ponte, in prossimità di
un muro di sostegno e simili.
I sistemi di ritenuta per pedoni si distinguono in:
¾ guardrail per pedoni: situato lungo l’estremità del marciapiede allo scopo di
evitarne lo scavalcamento ed il conseguente pericoloso attraversamento della
strada;
¾ parapetto per pedoni: sistema di vincolo per pedoni, installato lungo un ponte
o simili.
Nella prima parte, oltre il già noto Indice A.S.I., vengono definiti altri due indici
molto importanti:
1. Indice THIV (Theoretical Head Impact Velocity): esprime l’ipotetica velocità
con la quale un occupante del mezzo va ad urtare contro il bordo interno del
veicolo in seguito all’impatto contro un dispositivo di sicurezza.
Può essere espresso secondo la formula:
[
]
1
THIV = vx (T ) + v y (T ) 2
2
2
dove
vx e v y sono le velocità, espresse in Km/h, relative del corpo rispetto al veicolo
riferite agli assi x e y;
T è il tempo di primo contatto corpo – veicolo.
2. Indice PHD (Post – impact Head Deceleration): correlato con il precedente,
esprime i massimi valori delle decelerazioni subite dalla “testa teorica”
(Theoretical Head) dell’occupante dopo l’impatto (dopo cioè il momento di
contatto corpo – veicolo, che è anche il tempo di riferimento per la
determinazione di THIV). Anche questo è un parametro convenzionale.
Si assumono validi i valori massimi delle accelerazioni in un tempo di 10 ms:
23
QUADRO NORMATIVO
[
]
1
PHD = max a x2 (t ) + a y2 (t ) 2
con t>T.
I valori sono da esprimere in g.
Nella seconda parte del documento le barriere di sicurezza vengono classificate in
base a:
•
capacità di contenimento: T1, T2, T3, N1, N2, H1, H2, H3, H4a, H4b;
•
indice di severità: A, B;
•
deformazioni massime: W1, W2, W3, W4, W5, W6, W7, W8.
Per la determinazione della categoria di contenimento (containment level) sono
previste due tabelle (tab. 1.8., tab. 1.9.): la prima elenca le caratteristiche, la velocità,
l’angolo d’impatto che il mezzo deve avere perché sia valida l’omologazione; la
seconda fornisce la categoria alla quale la barriera appartiene a seconda del tipo di
test che ha superato con successo.
TEST
VELOCITA’
ANGOLO DI
MASSA TOTALE
TIPO DI
(Km/h)
INCIDENZA (°)
VEICOLO (kg)
VEICOLO
TB11
100
20
900
Autoveicolo
TB21
80
8
1300
Autoveicolo
TB22
80
15
1300
Autoveicolo
TB31
80
20
1500
Autoveicolo
TB32
110
20
1500
Autoveicolo
TB41
70
8
10000
Autocarro
TB42
70
15
10000
Autocarro
TB51
70
20
13000
Bus
TB61
80
20
16000
Autocarro
TB71
65
20
30000
Autocarro
TB81
65
20
38000
Autoarticolato
Tabella 1.8. Valori da utilizzare nei test [1]
L’indice di severità è riferito ai parametri ASI, THIV e PHD. Una barriera di
sicurezza caratterizzata da un livello di severità A garantisce un maggior livello di
sicurezza agli occupanti di un veicolo in svio ed è quindi preferibile a parità di altre
24
QUADRO NORMATIVO
condizioni. In posizioni particolarmente pericolose, quando la principale
preoccupazione è l’invalicabilità della barriera, si possono accettare anche valori che
superano i limiti indicati nella tabella 4.3. ma che comunque devono essere riportati
nella documentazione del test.
LIVELLO DI CONTENIMENTO
Basso
Normale
Alto
Molto alto
TEST RICHIESTI
T1
TB21
T2
TB22
T3
TB41+TB21
N1
TB31
N2
TB32+TB11
H1
TB42+TB11
H2
TB51+TB11
H3
TB61+TB11
H4a
TB71+TB11
H4b
TB81+TB11
Tabella 1.9. Categorie di contenimento [1]
LIVELLO DI SEVERITA’
VALORI
A : sicuro
ASI ≤ 1.0
THIV ≤ 33 km/h
B : moderato rischio
ASI ≤ 1.4
PHD ≤ 20g
Tabella 1.10. Valori massimi dell’indice di severità [1]
Le deformazioni delle barriere di sicurezza sono caratterizzate da due valori: la
deflessione dinamica D (dynamic deflection) e la larghezza di lavoro W (working
width). La deflessione dinamica D è lo spostamento massimo laterale dell’elemento
resistente. La deflessione totale W è data dalla distanza tra la struttura indeformata e
l’elemento del sistema che si è spostato maggiormente lateralmente. Le grandezze D
e W permettono, insieme, di definire le condizioni di installazione per ogni barriera
di sicurezza e la distanza rispetto ad un ipotetico ostacolo, per il corretto
funzionamento del sistema. In relazione al valore della larghezza di lavoro W, la
normativa europea distingue 8 classi di suddivisione (tab. 1.11.):
25
QUADRO NORMATIVO
CLASSE DI APPARTENENZA
LIVELLO DI W (m)
W1
W ≤ 0.6
W2
W ≤ 0.8
W3
W ≤ 1.0
W4
W ≤ 1.3
W5
W ≤ 1.7
W6
W ≤ 2.1
W7
W ≤ 2.5
W8
W ≤ 3.5
Tabella 1.11. Deformazioni massime ammissibili [1]
La barriera di sicurezza stradale deve esercitare un azione di contenimento pieno
nei confronti del veicolo impattante, senza che si verifichi scavalcamento o
sfondamento.
Deve inoltre svolgere un ruolo di contenimento attivo del veicolo, riportandolo in
carreggiata senza che esso possa creare un pericolo agli altri veicoli circolanti.
E’ chiara l’importanza che riveste, nell’esecuzione delle prove d’urto dal vero, il
controllo della traiettoria assunta dal veicolo dopo l’urto. Il criterio fondamentale da
seguire è quello secondo cui il veicolo, dopo l’urto, abbandoni la barriera con un
angolo di uscita tale da non costituire pericolo per i veicoli della adiacente corrente
veicolare.
La normativa europea stabilisce in modo inequivocabile un corridoio di uscita,
con un rettangolo disegnato sulla pista di prova (box).
Il veicolo, dopo l’urto (fig. 1.1.), deve allontanarsi dalla barriera di sicurezza
senza che alcuna sua parte attraversi un piano verticale parallelo alla superficie della
barriera inizialmente rivolta al traffico ad una distanza pari a:
b’ = b + 0.16 L + A
essendo b ed L rispettivamente la larghezza e la lunghezza del veicolo di prova ed A
una misura dipendente dal tipo di veicolo (tab. 1.12.).
La lunghezza del box di uscita è indicata con B ed assume i valori riportati nella
tabella 1.12..
26
QUADRO NORMATIVO
VEICOLO TIPO
A (m)
B (m)
Autovettura
2.2
10.0
Veicolo pesante
4.4
20.0
Tabella 1.12. Distanze per la valutazione del box di uscita [9]
La normativa europea, per valutare le deformazioni del veicolo considera l’Indice
di Deformazione dell’Abitacolo V.C.D.I. (Vehicle Cockpit Deformation Index).
Tale indice è stato, inoltre, acquisito dalla normativa italiana con il D.M. del
3/06/1998. Esso è un indice alfanumerico che serve a designare sinteticamente la
posizione e l’estensione delle deformazioni finali subite dall’abitacolo del veicolo a
causa dell’impatto. L’indice è formato da nove caratteri, dei quali i primi due sono
alfabetici e gli alti sette numerici:
XX a b cd e fg
I due caratteri alfabetici riguardano la localizzazione delle zone dell’abitacolo
deformatesi durante l’urto. Riportiamo nella tabella 1.13. e nella figura 1.2. i
parametri necessari per la localizzazione delle deformazioni dell’abitacolo.
Figura 1.1. Comportamento del veicolo di prova [1]
27
QUADRO NORMATIVO
PARTE DELL’ABITACOLO INTERESSATA
PRIMI DUE CARATTERI XX DELL’INDICE
DALLA DEFORMAZIONE
V.C.D.I.
L’intero abitacolo
AS
Anteriore
FS
Posteriore
BS
Destra
RS
Sinistra
LS
Anteriore destra
RF
Anteriore sinistra
LF
Posteriore destra
RR
Posteriore sinistra
LR
Tabella 1.13. Localizzazione delle deformazioni dell’abitacolo [9]
Il significato geometrico dei simboli numerici è chiarito dalla tabella 1.14. e dalla
figura 1.3. ed il loro valore viene determinato in base alla scala riportata nella tabella
1.15..
Figura 1.2. Localizzazione della deformazione dell’abitacolo [9]
Figura 1.3. Estensione della deformazione dell’abitacolo [9]
28
QUADRO NORMATIVO
INDICE RELATIVO
DESCRIZIONE
ALL’ESTENSIONE DELLA
DEFORMAZIONE
a
Distanza tra il cruscotto e la parte più alta dei sedili
anteriori
b
Distanza tra il tettuccio ed il pianale
c
Distanza tra i sedili anteriori ed il pannello motore
d
Distanza tra la parte inferiore del cruscotto ed il pianale
e
Larghezza interna dell’abitacolo
f
Distanza tra il punto più basso del finestrino di dx e
quello più alto del finestrino di sx
g
Distanza tra il punto più basso del finestrino di sx e
quello più alto del finestrino di dx
Tabella 1.14. Estensione della deformazione dell’abitacolo [9]
VALORE DELL’INDICE NUMERICO abcdefg
RIDUZIONE SUBITA DALLA GRANDEZZA
RELATIVA ALL’INDICE NUMERICO
0
Minore del 3%
1
Tra il 3 ed il 10%
2
Maggiore del 10%
Tabella 1.15. Valori degli indici numerici [9]
1.3. L’IMPIANTO DI CRASH TEST DI ANAGNI
Le prove dal vero, richieste dalla normativa italiana, sono eseguite nell’impianto
di crash – test della Società Autostrade presso l’ISAM di Anagni.
La pista di Anagni si presenta come un ovale stretto, con due piazzali all’interno
collegati dalle rampe di lancio (fig. 1.4.).
I sistemi di lancio dei veicoli per l’effettuazione delle prove sono di due tipi:
1. SPINTA: il veicolo è o trainato od autonomo;
2. GUIDA: la guida è o vincolata o telecomandata.
In effetti però le combinazioni possibili sono:
•
veicolo autonomo radiocomandato;
29
QUADRO NORMATIVO
•
veicolo trainato e guida vincolata.
Figura 1.4. Attuale traiettoria e posizione della barriera [10]
Il primo sistema si può applicare solo a veicoli con cambio automatico, in quanto
è impossibile radiocomandare la leva del cambio e la frizione; la guida consta di un
semplice “pilota automatico” da barca a vela applicato allo sterzo e fornito di radio
ricevente.
Il lancio di questi veicoli si deve svolgere su piste particolarmente lunghe e
larghe: lunghe perché i mezzi pesanti non hanno prestazioni brillanti in accelerazione
(per arrivare a 80 Km/h occorre oltre 1 Km) e questo è ancor più vero per quelli usati
nelle prove che hanno alle spalle un lungo utilizzo, larghe perché per dirigerli
efficacemente bisogna affiancarli con un paio di veicoli.
Altri elementi negativi di questo sistema sono:
•
il costo ed il tempo dell’installazione dei radiocomandi;
•
la possibilità di danneggiamento dell’attrezzatura nell’impatto;
•
la necessità di usare un veicolo con meccanica in discrete qualità e quindi con
una spesa di acquisto elevata.
Se il veicolo è trainato, la lunghezza della pista di lancio è in funzione della
potenza del trattore o del verricello: quindi a patto di realizzare impianti molto
potenti e costosi, si può ridurre la rampa anche a poche decine di metri.
Il veicolo deve essere guidato e questa guida si può realizzare con una rotaia fissa
ed un carrello a cui si collegano il veicolo e la fune di traino oppure con un cavo teso
30
QUADRO NORMATIVO
tra due punti fissi a terra, a cui si collegano la ruota anteriore mediante un telaietto
sfilabile ed una puleggia su cui scorre la fune di traino (fig. 1.5.).
Figura 1.5. Sistema di traino a fune [10]
Quest’ultimo sistema è riservato ai veicoli leggeri anche se vi è una prova fatta in
Inghilterra con un mezzo medio – pesante.
Nel caso di Anagni, la non eccezionale ampiezza dell’area ha orientato la scelta
sul secondo sistema, facendo preferire la rotaia al cavo, visto che l’impianto dovrà
lanciare tutti i tipi di veicolo.
1.4. ESEMPIO DI UNA PROVA DI CRASH PER L’OMOLOGAZIONE
DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Le prove dal vero, oltre ad essere fondamentali per ottenere l’omologazione della
barriera di sicurezza, forniscono l’unica fonte dei dati sperimentali certi per la
verifica dei risultati ottenuti mediante analisi teorica.
31
QUADRO NORMATIVO
Riportiamo a titolo d’esempio la prova d’urto per una barriera tripla onda da
bordo laterale (classe di riferimento H1).
La prova è stata eseguita presso la pista di prova di Anagni nel giugno 1999, per
sottoporre a collaudo la barriera tripla onda metallica da bordo laterale prodotta dalla
ditta ILVA PALI DALMINE S.r.l..
E’ stata svolta rispettando il Decreto Ministeriale del 3/06/1998 e la Normativa
Europea prEN 1317, utilizzando un veicolo leggero ed uno pesante.
La barriera (fig.1.6.) è costituita da una serie di 37 lame metalliche, per una
lunghezza pari a circa 111 m (di cui 54 m a monte e 57 m a valle del punto d’urto),
collegate tramite un distanziatore metallico ai paletti con sezione a C di dimensioni
120*80*35*5 mm, alti 1830 mm, con interasse di 3000 mm. Tale barriera è
rinforzata ogni 4 interassi con una diagonale 5*70 mm. La quota alla sommità del
nastro è di 850 mm, mentre i paletti risultano infissi per 1000 mm. Il terreno in cui
sono infissi è del tipo A1 (secondo la classifica CNR UNI 10006).
Figura 1.6. Sezione della barriera tripla onda metallica da bordo laterale da collaudare [12]
Il veicolo leggero utilizzato (fig. 1.7.) è una Fiat UNO, del peso complessivo di
900 Kg, zavorrata con sacchetti di materiale inerte opportunamente ancorati.
Le dimensioni sono riportate nella figura 1.7.e nella tabella 1.16..
32
QUADRO NORMATIVO
TIPO DI VEICOLO
VW GOLF DIESEL
WB (passo)
2362
F (sbalzo anteriore)
717
R (sbalzo posteriore)
565
L (lunghezza)
3644
W (larghezza)
1555
H (altezza)
1542
T (carreggiata anteriore)
1330
T (carreggiata posteriore)
1300
C1 (distanza della torretta accelerometrica 1 dal baricentro)
0
C2 (distanza del giroscopio 3 dal baricentro)
0
C3 (distanza della torretta accelerometrica 2 dal baricentro)
150
C4 (distanza della torretta accelerometrica 1 dall’asse di mezzeria)
0
C5 (distanza della torretta accelerometrica 2 dall’asse di mezzeria)
0
C6 (distanza del giroscopio 3 dall’asse di mezzeria)
0
C7 (altezza da terra delle torrette accelerometriche)
507
Tabella 1.16. Dimensioni del veicolo leggero [12]
Figura 1.7. Dimensioni del veicolo leggero [12]
Il veicolo pesante impiegato è un autocarro Fiat 110 NC a 2 assi, del peso
complessivo di 10290 Kg, zavorrato con blocchi di cls opportunamente ancorati al
pianale.
Le dimensioni sono riportate nella tabella 1.17. e nella fig. 1.8..
Considerando dapprima la prova eseguita con il veicolo leggero, si ottengono i
risultati riportati nella tabella 1.18..
33
QUADRO NORMATIVO
Figura 1.8. Dimensioni del veicolo pesante [12]
LETTERA DI
RIFERIMENTO
a
b
c
d
e
f
g
h
i
m
n
p
q
r
s
t
k
v
MISURE
NOTE
[cm]
540
Lunghezza pianale
135
Sbalzo anteriore
515
Passo
88
Sbalzo posteriore
738
Lunghezza veicolo
110
Altezza pianale
181
Interasse anteriore
242
Altezza cabina
18
Distanza torretta accelerometrica 1 dall’asse anteriore
18
Distanza torretta accelerometrica 2 dall’asse anteriore
75
Distanza torretta accelerometrica 1 dall’asse di mezzeria
95
Distanza torretta accelerometrica 2 dall’asse di mezzeria
125
Altezza delle torrette accelorometriche da terra
230
Larghezza pianale
173
Interasse posteriore
143
Altezza del baricentro della zavorra
250
Larghezza cabina
49
Raggio ruote con veicolo scarico
48
Altezza da terra del paraurti anteriore (angolo inferiore)
Tabella 1.17. Dimensioni del veicolo pesante a due assi [12]
Il veicolo descrive correttamente la traiettoria prevista e, dopo lo sgancio, urta la
barriera nel punto prefissato, senza attraversarla né scavalcarla.
34
QUADRO NORMATIVO
VEICOLO
INDICE DI
CARICO
VELOCITA’
ANGOLO
BARICENTRO
SEVERITA’ IS
(Kg)
(Km/h)
D’IMPATTO
(cm)
(KJ)
Fiat UNO
40.78
(°)
900
102.29
20
50.7
45
Danni dopo
Parafango anteriore sinistro distrutto, pneumatico posteriore sinistro scoppiato, faro
l’urto
anteriore sinistro rotto, mascherina e fiancata sinistra danneggiata, pneumatico
anteriore sinistro divelto dal cerchione.
Tabella 1.18. Risultati della prova d’urto effettuata con il veicolo leggero [12]
Il veicolo durante l’urto si incastra subendo una rotazione e si arresta
immediatamente in prossimità della stessa dopo aver percorso circa 25 m dal punto
d’impatto.
Nella figura 1.9. è stato riportato l’andamento dell’asse della traiettoria del
veicolo leggero durante l’urto.
Figura 1.9. Asse della traiettoria del veicolo leggero durante l’urto [12]
Per quanto riguarda la barriera, la lunghezza della zona danneggiata ha uno
sviluppo di circa 10 m. I danni subiti sono riportati nella tabella 1.19..
Possiamo quindi graficizzare l’andamento degli spostamenti trasversali (fig.
1.11.).
E’ possibile inoltre confrontare gli spostamenti dell’altezza della sommità del
nastro prima e dopo l’urto (fig. 1.12.).
La larghezza utile (o di lavoro) è la distanza tra la posizione iniziale del frontale
del sistema stradale di contenimento e la massima posizione dinamica laterale di
qualsiasi componente principale del sistema: si avrà per la barriera la classe di
larghezza utile W4 (tab. 1.7./ tab.1.11.)..
35
QUADRO NORMATIVO
N°
PALETTO
X
(spostamento trasversale – cm)
BASE
SOMMITA’
PALETTO
NASTRO
Y
(altezza sommità’
nastro – cm)
NOTE
Palo inclinato
Palo inclinato e supporto
pararuote deformato
Palo inclinato e supporto
pararuote deformato
Palo inclinato e supporto
pararuote deformato
Palo inclinato e supporto
pararuote deformato
-2
-1
0
3
11
7
26
85
87
1
15
36
86
2
7
11
85
3
1
3
85
4
5
6
Note: dal palo –1 al palo +2 lama e pararuote deformato
Tabella 1.19. Danni riportati dalla barriera nella prova con veicolo leggero [12]
I danni subiti dal veicolo leggero vengono analizzati mediante l’indice V.C.D.I.
(Vehicle Cockpit Deformation Index: Indice di Deformazione dell’Abitacolo).
Misurando le dimensioni del veicolo prima e dopo l’urto (fig. 1.10., tab. 1.20.) si
risale a questo indice.
Il valore R viene calcolato in funzione della variazione (tab.1.15.).
Poiché le deformazioni del veicolo sono localizzate prevalentemente nella parte
anteriore sinistra, l’indice V.C.D.I. è: LF 0001110.
I valori massimi delle accelerazioni sono stati calcolati come accelerazioni medie
su 0.05 s, misurate in due punti accessibili dell’autovettura, non sempre coincidenti
con il baricentro. I risultati sono espressi nella tabella 1.21..
Figura 1.10. Misure eseguite all’interno del veicolo per il calcolo dell’indice V.C.D.I. [12]
36
QUADRO NORMATIVO
Figura 1.11.
Andamento degli spostamenti trasversali della base del paletto e della sommità
del nastro [12].
Figura 1.12. Andamento dell’altezza della sommità del nastro per il veicolo leggero [12]
37
QUADRO NORMATIVO
MISURA
ANTE – URTO
[mm]
POST – URTO
[mm]
VARIAZIONE
[%]
R
a (sx)
2140
2130
-0.46
0
a (dx)
2140
2140
0
0
1120
1120
0
0
b
1340
1330
-0.74
0
c
440
410
-6.82
1
d
e (mezzeria)
1290
1250
-3.10
1
e (posteriore)
1240
1220
-1.61
0
f (mezzeria)
1230
1190
-3.25
1
f (posteriore)
1200
1190
-0.83
0
g (mezzeria)
1230
1220
-0.81
0
g (posteriore)
1190
1190
0
0
Tabella 1.20. Misure eseguite all’interno del veicolo per il calcolo dell’indice V.C.D.I. [12]
VALORE 1a TERNA
VALORE 2a TERNA
Distanza delle terne
X1=0
X2=-150
dal baricentro
Y1=2.7
Y2=2.7
Z1=0
Z2=0
Accelerazione
Max=0.035
Max=0
longitudinale media
Min=-4.85
Min=-4.98
Accelerazione
Max=7.09
Max=6.65
trasversale media
Min=-0.21
Min=-0.18
Accelerazione
Max=1.40
Max=1.81
verticale media
Min=-1.84
Min=-1.26
UNITA’ DI MISURA
[mm]
[g]
[g]
[g]
Tabella 1.21. Parametri necessari per il calcolo dell’indice ASI [12]
Il valore dell’indice ASI viene calcolato mediante la nota formula:
2
2
 x   y   z 
 +   + 

ASI = 
 12 g   9 g   10 g 
2
dove x, y, z sono le accelerazioni misurate in uno o due punti accessibili
dell’autovettura, non sempre coincidenti con il baricentro (tab. 1.21., fig.1.13.).
Nel caso della prova che stiamo analizzando si ottiene:
¾ 1a terna
ASI=0.9
¾ 2a terna
ASI=0.86
38
QUADRO NORMATIVO
che, risultando minore di 1.0 (valore max ammissibile), permette l’omologazione di
questa barriera a tripla onda metallica da bordo ponte, nel caso di urto con un veicolo
leggero.
Figura 1.13. Accelerazioni massime all’inizio dell’urto (1.481 s) [12]
Considerando adesso la prova eseguita con il veicolo pesante (autocarro Fiat 110
NC a 2 assi), si ottengono i risultati riportati nella tabella 1.22..
Per verificare il livello di contenimento, seguendo le direttive del Decreto del
Ministero dei Lavori Pubblici del 3 giugno 1998, bisogna utilizzare un autobus
avente massa totale di 10000 kg, velocità di 70 Km/h ed angolo d’impatto di 15°.
Dalla tabella 1.22. vediamo che i valori misurati durante la prova sono uguali a quelli
imposti dalla normativa: calcoliamo il livello di contenimento LC.
Ricordiamo che tale indice rappresenta l’energia cinetica posseduta dal mezzo
all’atto dell’impatto, calcolata con riferimento alla componente della velocità
ortogonale alle barriere e che è espressa da
LC =
1
2
* M * (v * sen φ )
2
Si ottiene:
39
QUADRO NORMATIVO
LC= 131.127 KJ
Tale valore è vicino a quanto imposto dal D.M.LL.PP. del 3/06/98.
VEICOLO
INDICE DI
CARICO
VELOCITA’
ANGOLO
BARICENTRO
SEVERITA’ IS
(Kg)
(Km/h)
D’IMPATTO
(cm)
(KJ)
Fiat 110 NC
131.05
(°)
10290
70.22
15
-
Danni dopo
Pneumatico anteriore sinistro scoppiato;faro sinistro rotto; paraurti danneggiato,
l’urto
cabina lato sinistro danneggiata.
Tabella 1.22. Risultati della prova d’urto effettuata con il veicolo pesante [12]
Il veicolo descrive correttamente la traiettoria prevista e, dopo lo sgancio, urta la
barriera nel punto prefissato, senza attraversarla né scavalcarla.
Non subisce ribaltamento e dopo l’impatto viene ridiretto all’interno del box
CEN, arrestandosi dopo aver percorso circa 20 m dal punto d’urto.
Nella figura 1.14. è stato riportato l’andamento dell’asse della traiettoria del
veicolo pesante durante l’urto.
Figura 1.14. Asse della traiettoria del veicolo pesante durante l’urto [12]
Per quanto riguarda la barriera, la lunghezza della zona danneggiata ha uno
sviluppo di circa 16 m.
I danni subiti sono riportati nella tabella 1.23..
Possiamo quindi graficizzare l’andamento degli spostamenti trasversali (fig.
1.15.).
E’ possibile inoltre confrontare gli spostamenti dell’altezza della sommità del
nastro prima e dopo l’urto (fig. 1.16.).
La larghezza utile (o di lavoro) è la distanza tra la posizione iniziale del frontale
del sistema stradale di contenimento e la massima posizione dinamica laterale di
40
QUADRO NORMATIVO
qualsiasi componente principale del sistema: si avrà per la barriera la classe di
larghezza utile W7 (tab. 1.7./ tab.1.11.).
N°
PALETTO
X
(spostamento trasversale – cm)
BASE
SOMMITA’
PALETTO
NASTRO
Y
(altezza sommità’
nastro – cm)
-4
-3
-2
-1
0
1
0
5
19
22
29
3
9
41
86
102
76
88
90
83
71
2
25
-
-
3
20
-
-
4
10
-
-
5
0
-
-
6
2
4
90
7
NOTE
Palo inclinato.
Palo inclinato.
Palo e distanziatore piegato
Palo piegato e distanziatore
sfilato dal palo
Lama tagliata e ripiegata fino al
palo 6
Palo piegato e distanziatore
sfilato
Palo piegato e distanziatore
sfilato
Palo piegato e distanziatore
sfilato
Palo piegato e distanziatore
sfilato
Palo piegato e distanziatore
sfilato
8
Tabella 1.23. Danni riportati dalla barriera nella prova con veicolo pesante [12]
I valori massimi delle accelerazioni sono stati calcolati come accelerazioni medie
su 0.05 s. I risultati sono espressi nella tabella 1.24. e nella figura 1.17..
VALORI OTTENUTI
Accelerazione longitudinale media [g]
1.727
Accelerazione trasversale media [g]
-2.467
Accelerazione verticale media [g]
0.946
Tabella 1.24. Parametri necessari per il calcolo dell’indice ASI [35]
Malgrado il decreto a cui fa riferimento la prova in oggetto non preveda il calcolo
dell’indice ASI per i veicoli pesanti, avendo a disposizione i parametri necessari, lo
calcoliamo ugualmente. Si ottiene:
ASI=0.32
41
QUADRO NORMATIVO
Figura 1.15.
Andamento degli spostamenti trasversali della base del paletto e della
sommità del nastro [12].
Figura 1.16. Andamento dell’altezza della sommità del nastro per il veicolo pesante [12]
42
QUADRO NORMATIVO
Tale indice, risultando notevolmente minore di 1.0 (valore max ammissibile),
permette l’omologazione di questa barriera a tripla onda metallica da bordo laterale,
nel caso di urto con un veicolo pesante.
Confrontando gli spostamenti trasversali della base del paletto dei due casi
esaminati (fig. 1.18.), notiamo che quelli più bassi competono al veicolo leggero. Nel
caso dei veicoli pesanti, gli spostamenti risultano essere più elevati.
Analogo discorso può essere effettuato per quanto riguarda gli spostamenti
trasversali della sommità del nastro (fig. 1.19.): si passa dai 40 cm del veicolo
leggero ai 100 cm del veicolo pesante.
Inoltre l’altezza della sommità del nastro (fig. 1.20.) non è particolarmente
“colpita” dall’urto con il veicolo leggero; nel caso del veicolo pesante subisce una
riduzione della sua altezza rispetto a quella iniziale (85 cm).
Figura 1.17. Accelerazioni massime all’inizio dell’urto (1.4 s) [12]
43
QUADRO NORMATIVO
Figura 1.18.
Confronto degli spostamenti trasversali della base del paletto per i veicoli
pesanti e leggeri [12].
Figura 1.19.
Confronto degli spostamenti della sommità del nastro per i veicoli pesanti e
leggeri [12].
44
QUADRO NORMATIVO
Figura 1.20.
Andamento dell’altezza della sommità del nastro per i veicoli pesanti e leggeri
[12].
1.5. CONCLUSIONI
Dalle analisi svolte nei paragrafi precedenti emergono alcune conclusioni che
possiamo così riassumere:
™ la normativa italiana in materia di barriere di sicurezza ha attraversato un
rapido excursus storico (dal 1987 ai giorni nostri) e risulta suscettibile di
molteplici perfezionamenti soprattutto per ciò che riguarda i parametri delle
prove (velocità, angolo d’impatto);
™ nella normativa europea sono definiti tre indici che sono stati assorbiti
recentemente dalla normativa italiana: l’indice ASI, l’indice THIV, l’indice
PHD necessari per la valutazione dei danni agli occupanti a causa delle
accelerazioni che si sviluppano durante l’urto;
™ per valutare le deformazioni del veicolo, è stato introdotto l’Indice di
Deformazione dell’Abitacolo V.C.D.I.: indice alfanumerico che serve a
designare sinteticamente la posizione e l’estensione delle deformazioni finali
subite dall’abitacolo del veicolo a causa dell’impatto.
45
QUADRO NORMATIVO
™ sono stati analizzati i dati provenienti dalle prove di crash – test eseguite su
una barriera tripla onda di tipo bordo laterale. Sono stati quantificati sia i
danni alla barriera, visti come spostamenti trasversali del paletto e del nastro,
che al veicolo, mediante il calcolo dell’indice V.C.D.I.. E’ stata infine
evidenziata la procedura per il calcolo dell’Indice ASI che permette di
verificare l’omologazione della barriera.
™ si è brevemente descritto l’impianto di Anagni per le prove di crash; in questo
impianto le piste di lancio sono inclinate di 10° e 20° e non è pertanto
possibile quindi poter far variare l’angolo d’impatto.
46
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
2. CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE
BARRIERE DI SICUREZZA
2.1. INTRODUZIONE
Si è già accennato, nel capitolo precedente, come le barriere di sicurezza siano i
dispositivi più rappresentativi degli elementi del “corredo stradale” preposti
all’ottenimento della cosiddetta sicurezza passiva.
L’impiego di questi sistemi di ritenuta si è fatto via via crescente, mano a mano
che il numero e le prestazioni dei veicoli stradali si sono fatti sempre più rilevanti.
Una primitiva barriera di sicurezza era costituita da opere in muratura poste sul
bordo esterno di curve strette o in corrispondenza d’opere d’arte [15]. Si trattava di
dispositivi aventi solo una funzione di richiamo ma che costituivano un pericolo per i
veicoli, a causa della loro indeformabilità.
Nei primi del Novecento, negli Stati Uniti, venne realizzata una barriera costituita
da cavi metallici che venne migliorata, nel 1925, con l’adozione di un nastro
d’acciaio tenuto in tensione alle estremità.
In Italia solo nel 1955 venne presentato un “guardrail”, già usato negli Stati Uniti,
che venne ribattezzato “sicurvia”. Si cominciò così ad installarlo sulle autostrade,
specialmente per evitare gli incidenti dovuti all’attraversamento dello spartitraffico.
A causa della loro efficacia, sono stati in seguito installati su ogni tipo di strada.
Obiettivo fondamentale del presente capitolo è quello di analizzare le
caratteristiche tecniche e funzionali delle principali tipologie di barriere di sicurezza,
soffermandoci, in particolare, ad evidenziare il comportamento dal punto di vista del
soddisfacimento dei criteri di protezione dei veicoli e dei loro occupanti.
2.2. FUNZIONI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Le barriere di sicurezza sono dei dispositivi aventi lo scopo di realizzare il
contenimento di quei veicoli che dovessero tendere ad uscire fuori strada per un
qualsiasi motivo, i quali non devono né romperle, né scavalcarle, né incunearsi al di
sotto di esse.
47
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
E’ necessario che l’urto violento con la barriera non provochi il rovesciamento del
veicolo o gli imprima una decelerazione tale da provocare gravi danni agli occupanti
il veicolo stesso: infatti, il cervello umano rimane lesionato permanentemente se si
superano valori di decelerazione di 80g (g=9.81 m/sec2) per una durata maggiore di 3
millisecondi, così come cuore e polmoni non possono sopportare valori superiori ai
60g per più di 3 millisecondi.
Il veicolo, inoltre, dovrà essere riportato su una traiettoria tale da non diventare
esso stesso un pericolo per gli altri veicoli circolanti sulla stessa carreggiata. Ciò
significa che il veicolo, quando si allontana dalla barriera dopo l’urto dovrà farlo con
un angolo, relativo all’asse stradale, il più basso possibile. In seguito si vedrà che un
basso angolo di riflessione si ottiene con l’assorbimento da parte della barriera della
maggiore percentuale possibile d’energia trasversale posseduta dal veicolo.
E’ da notare, inoltre, che poiché l’urto può avvenire in un qualsiasi punto, si deve
essere certi che in ogni punto la barriera abbia i requisiti richiesti: ciò comporta
un’attenta posa in opera ed un’attenta sistemazione delle sue parti terminali.
2.3. SCHEMA DELL’URTO
L’andamento dell’urto veicolo-barriera è molto complesso a causa della grande
quantità di parametri in gioco: per studiare il fenomeno si cerca di schematizzarlo in
modo da ridurli. Lo schema adottato è suggerito dalle molte prove al vero eseguite
sulle barriere di sicurezza (fig. 2.1.).
Un veicolo fuori controllo urta la barriera con un angolo ϑ , detto angolo
d’impatto e con una velocità detta velocità d’impatto. Dopo il contatto, il veicolo
comincia a ruotare in modo da disporsi parallelo all’asse della barriera.
Contemporaneamente avviene la deformazione, sia della barriera sia del veicolo, nel
punto o nella zona di contatto. In questa fase diminuisce la componente della velocità
in senso trasversale. Alla fine del movimento di rotazione il veicolo si dispone
parallelo alla barriera la quale raggiunge la sua massima deformazione. In questo
momento la componente trasversale della velocità è annullata. Nell’istante
successivo il veicolo si allontana dalla barriera con una componente di velocità
48
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
trasversale che dipende dall’eventuale restituzione di deformazione da parte della
barriera.
Figura 2.1. Urto di un veicolo contro una barriera in acciaio [32]
In generale si possono individuare due fasi distinte dell’urto:
1. contatto veicolo-barriera; rotazione veicolo; massima deformazione veicolo e
barriera; annullamento componente trasversale velocità;
2. restituzione
deformazione
barriera;
allontanamento
del
veicolo
con
componente velocità trasversale di verso opposto rispetto alla prima fase.
Analizziamo di seguito le caratteristiche che deve possedere la barriera affinché
risponda ai requisiti di funzionamento richiesti.
2.3.1 Decelerazione laterale
Consideriamo la figura 2.2.. Durante la prima fase dell’urto il veicolo ruota
intorno al punto A, in cui si ha la deformazione del veicolo e della barriera.
In questo istante il veicolo possiede un’energia cinetica trasversale, detta energia
d’urto, pari a :
T=
1
P
m * (V * sen ϑ ) 2 =
(V * sen ϑ ) 2
2
2* g
(1)
dove:
49
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
¾ P= peso del veicolo;
¾ V= velocità d’impatto;
¾ ϑ = angolo d’impatto.
Figura 2.2.
Schema dell’urto veicolo-barriera (V= velocità d’impatto; ϑ = angolo d’impatto;
b= semilarghezza veicolo; c= distanza baricentro-lato anteriore veicolo) [8]
Tale energia è trasformata in lavoro delle reazioni di attrito dei pneumatici nella
rotazione del veicolo ed in lavoro della forza trasversale, che si esercita tra veicolo e
barriera, nella deformazione: il veicolo così decelera.
Per il principio delle forze vive si ha che:
s
∫ Fds = T
(2)
0
dove:
¾ F : sforzo di decelerazione nel percorso s.
Quando F si può ritenere costante si ha semplicemente:
F*S=T o anche
P dv
* *S = T
g dt
(3)
Se con S intendiamo la distanza laterale percorsa dal baricentro del veicolo, il
quale pensiamo ruoti in modo da disporsi parallelo alla barriera si ha:
S = c * sen ϑ + b * cosϑ − b + dt
50
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Dalla (3) si ricava il valore della decelerazione laterale media:
a=
dv
g
P
g
=T*
=
(V sen ϑ ) 2 *
dt
P*S 2* g
P*S
(4)
e semplificando e sostituendo il valore di S si ottiene:
a=
(V * sen ϑ )2
2 * [c * sen ϑ + b * (cosϑ − 1) + dt ]
dove:
¾ b= semilarghezza veicolo;
¾ c= distanza baricentro dal lato anteriore del veicolo;
¾ dt= deformazione barriera-veicolo.
Trascurando il contributo delle reazioni d’attrito, a causa della variabilità del
coefficiente d’attrito, e quello relativo alla deformazione del veicolo, la
decelerazione sarà funzione della sola deformazione della barriera.
Indicando con R il valore medio della reazione e con W la freccia massima della
barriera, la componente trasversale della velocità del veicolo sarà annullata quando
T= R*W.
I valori di R e W non possono essere qualsiasi in quanto R non deve ingenerare
valori inaccettabili di decelerazione nel veicolo e W deve essere compatibile con lo
spazio a disposizione.
Quindi la barriera dovrà esercitare una reazione tale da dissipare l’energia d’urto
con valori di deformazione e decelerazioni accettabili.
Poiché i veicoli decelerano, a parità di R, con decelerazione inversamente
proporzionale al proprio peso, i veicoli leggeri dovranno incontrare una resistenza
minore di quella relativa ai veicoli pesanti. Per questo motivo si cerca di non
mantenere la R costante, ma di farla crescere con la deformazione. In questo modo
un veicolo leggero potrà essere decelerato nei modi voluti impiegando solo
parzialmente la barriera, mentre un veicolo più pesante ne impegnerà una parte
maggiore.
2.3.2. Condizione di non ribaltamento del veicolo
51
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Le barriere devono essere tali da non permettere ai veicoli urtanti di ribaltarsi.
Questa condizione vincola sia l’altezza sia la reazione massima della barriera.
Figura 2.3.
Condizioni di equilibrio (R= reazione barriera, P= peso veicolo, hcg= altezza
baricentro, hb= altezza barriera, b= distanza trasversale baricentro-esterno
pneumatico) [8]
Considerando il veicolo (fig. 2.3.) come un corpo rigido ed assumendo la
condizione limite di ribaltamento (nella quale le ruote iniziano a staccarsi dal suolo),
per l’equilibrio intorno al punto più esterno del pneumatico si ha:
P*b = R*(hcg-hb)
(1)
P *b
hcg − hb
da cui
R=
ed in termini d’accelerazione:
m * g * b = m * a * (hcg − hb )
(2)
da cui si ricava il valore limite della decelerazione:
a=
g *b
hcg − hb
(3)
dove
¾ hcg= altezza baricentro;
52
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
¾ hb= altezza barriera.
Affinché il veicolo non ribalti, al contatto con la barriera, deve avere una
decelerazione minore di tale valore limite.
Questo criterio è da ritenersi prudenziale agli effetti del pericolo di ribaltamento:
può accadere che il ribaltamento non si completi anche se la R supera, per una durata
sufficientemente breve, il valore limite.
Si limita, a parità d’altezza, il valore della reazione massima che la barriera può
esercitare: se l’altezza della barriera è pari a quella del baricentro del veicolo urtante
(come nel caso dei veicoli leggeri), questo criterio non dà una limitazione per la R.
2.3.3 Ridirezionamento del veicolo dopo l’urto
Nel piano orizzontale le due forze principali sono le componenti della reazione
della barriera:
¾ R= componente normale alla direzione dell’asse della barriera;
¾ Re= componente parallela alla direzione dell’asse della barriera (dovuta
all’attrito).
Per soddisfare la sua funzione di redirigere il veicolo urtante, la barriera deve
offrire una reazione globale, la cui direzione sia tale da non creare la possibilità che il
veicolo ruoti attorno al punto A in senso antiorario.
Si deve evitare che il veicolo entri in “testa-coda”, creando così un notevole
pericolo per i veicoli che seguono.
La forza R (fig.2.4.) produce una coppia M1= R* GB che tende a far ruotare il
veicolo in senso orario mentre Re produce una coppia M2= Re* AB che tende a far
ruotare il veicolo in senso antiorario.
Affinché il veicolo non ruoti in senso antiorario è necessario che:
Re * AB < R * GB
Poiché Re= f*R, dove f è il coefficiente d’attrito fra veicolo e barriera, si ha:
Re
GB
= f <
R
AB
ed esprimendo GB e AB in funzione degli elementi b, c e ϑ
53
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
GB = GD − BD = c cosϑ − b sen ϑ
AB = DN + AK = c sen ϑ + b cosϑ
si ottiene:
Re
c cosϑ − b sen ϑ
= f <
R
c sen ϑ + b cosϑ
Figura 2.4. Forze orizzontali agenti durante l’urto [8]
Si nota dunque come esista una relazione tra capacità redirezionale della barriera
ed angolo d’impatto, la quale verrà rispettata soltanto fino ad un certo valore
d’angolo d’impatto (avendo definito il valore del coefficiente d’attrito).
2.4. BARRIERE DI SICUREZZA METALLICHE
Le barriere di sicurezza in acciaio sono installate lungo tratti saltuari dei cigli
della piattaforma stradale, nonché lungo lo spartitraffico centrale delle strade a
doppia sede o delle autostrade. I parapetti metallici sono, invece installati in
corrispondenza dei bordi dei manufatti [9]. In caso di terreni di scarsa consistenza, è
possibile eseguire degli accorgimenti esecutivi per la collocazione di sostegni, i
quali, in casi speciali possono essere ancorati al terreno per mezzo di un basamento
in calcestruzzo. Le strutture da collocare nell’aiuola spartitraffico sono costituite da
una o più file di barriere ancorate ai sostegni. Restano ferme per tali barriere tutte le
54
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
caratteristiche fissate per quelle laterali, con l’avvertenza di adottare particolare cura
per i pezzi terminali di chiusura e di collegamento delle due fasce. Ad interasse non
superiore a quello corrispondente a tre fasce dovrà essere eseguita l’installazione di
dispositivi rifrangenti del tipo omologato, aventi area non inferiore a 50 cm2, disposti
in modo che le superfici risultino pressoché normali all’asse stradale.
Le barriere da collocarsi lungo la sede stradale devono possedere le caratteristiche
di resistenza almeno pari a quelle richieste dal D.M. LL.PP 15/10/1996 e D.M.
LL.PP. 03/06/1998 per il tipo di strada, di traffico, ubicazione della barriera e sua
destinazione.
2.4.1 Barriera di sicurezza a doppia onda
Tale barriera è costituita da una serie di sostegni in profilato metallico, da una o
più fasce orizzontali metalliche sagomate a doppia onda, con l’interposizione di
opportuni elementi distanziatori o travi di ripartizione. Le fasce sono costituite da
nastri metallici di lunghezza compresa tra 3.00 m e 4.00 m, muniti, all’estremità, di
una serie di 9 fori per assicurare gli ancoraggi al nastro successivo ed al sostegno,
aventi spessore minimo di 3.00 mm, altezza non inferiore a 300 mm, sviluppo non
inferiore a 475 mm e modulo di resistenza non inferiore a 25 kg/cm.
Figura 2.5. Particolare di una barriera metallica a doppia onda
Le giunzioni, che dovranno avere il loro asse in corrispondenza dei sostegni,
devono essere ottenute con sovrapposizione di due nastri per non meno di 32 cm,
eseguita in modo che, nel senso di marcia dei veicoli, la fascia che precede sia
sovrapposta a quella che segue. I sostegni verticali possono essere collegati, nella
parte inferiore, da uno o più correnti “ferma – ruota” realizzati in profilo presso
55
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
piegato di idonee sezioni e di conveniente spessore. I distanziatori sono interposti tra
le fasce ed i montanti prevedendone il collegamento tramite bulloneria. Tali sistemi
di attacco sono costituiti da bulloneria a testa tonda ad alta resistenza e piastrina
copriasola antisfilamento di dimensioni mm 45*100 e di spessore 4 mm.
I sistemi di collegamento delle fasce ai sostegni devono consentire la ripresa
dell’allineamento sia durante la posa in opera sia in caso di cedimenti del terreno,
consentendo limitati movimenti verticali ed orizzontali. Ogni tratto è completato con
pezzi terminali curvi, opportunamente sagomati, in materiale del tutto analogo a
quello usato per le fasce (fig.2.6.).
Figura 2.6.
Barriera appartenente alla classe A1 – N1, utilizzata per bordo laterale rilevato,
avente Is= 40 KNm [9]
2.4.2 Barriera di sicurezza a tripla onda
La barriera metallica stradale di sicurezza a tre nervature, a dissipazione
controllata di energia, è costituita da una o più fasce orizzontali metalliche sagomate
a tripla onda, fissate ad una serie di sostegni in profilati metallici.
56
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.7. Particolare di una barriera a tripla onda.
Le fasce metalliche hanno un profilo a tre nervature con sviluppo non minore di
749 mm ed altezza non minore di 508 mm, larghezza non minore di 82.5 mm e
spessore di 3 mm.
Esse sono forate nella previsione di installarle su montanti ad interasse di 1500
mm e 2250 mm o 1333 mm e 2000 mm (fig. 2.7.).
Devono essere fissate ai sostegni in modo che il loro bordo superiore si trovi
all’altezza indicata nei certificati di prova al vero (crash test).
Sono previsti elementi strutturali diversi come travi superiori cave, diagonali
tubolari interne nel rispetto delle configurazioni e delle caratteristiche indicate nei
documenti e nei disegni.
In particolare le diagonali tubolari devono rimanere completamente interne alla
sagoma d’ingombro trasversale fra fascia e fascia nel caso di barriere spartitraffico e
tra fascia e tenditore posteriore nel caso di barriere singole.
Le giunzioni fra le fasce hanno una sovrapposizione di almeno 320 mm in modo
che, nel senso di marcia dei veicoli, la fascia che precede sia sovrapposta a quella che
segue; la congiunzione tra fasce è realizzata mediante almeno 12 bulloni, più 2
bulloni di congiunzione tra fascia e distanziatore.
Tra fascia metallica e montanti sono interposti idonei elementi distanziatori,
dissipatori di energia ed elementi di sganciamento che devono assicurare, per quanto
possibile, il funzionamento della barriera a trave continua.
57
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.8.
Barriera appartenente alla classe H2 (B1), utilizzata per bordo ponte, avente Is=
288 KJ [9]
Tali dispositivi consentono, attraverso cinque fasi distinte di comportamento della
barriera, di ottenere un risultato di prestazione ottimale.
Le fasi principali si possono così sintetizzare (fig.2.10.):
1. dissipazione dell’energia della primissima fase di urto (caso delle piccole
auto) con riduzione della violenza dell’urto: lieve deformazione del nastro
principale;
2. dissipazione dell’energia che compete all’urto delle piccole e veloci
autovetture con rottura dei diaframmi del primo dissipatore;
3. dissipazione dell’energia che compete all’urto di autocarri di medie
dimensioni, con rotazione rigida del distanziatore e rottura dei diaframmi del
secondo dissipatore;
4. plasticizzazione del distanziatore e conseguente innalzamento del nastro (caso
del contenimento dei camion a baricentro alto) e reindirizzamento delle ruote
del veicolo per effetto del corrente inferiore;
58
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
5. deformazione dei paletti con mantenimento della corretta posizione verticale
da parte del nastro principale.
Oltre alle fasi descritte, si ha anche una sesta importante fase, nella quale si
ottiene lo sganciamento del gruppo nastro – distanziatore – dispositivo di
sganciamento, con conseguente completo contenimento dei veicoli con energie più
alte e redirezione controllata di tutti i veicoli, anche quando la resistenza dei paletti di
supporto è stata completamente utilizzata.
I sostegni possono essere collegati posteriormente da un tenditore; i sistemi di
fissaggio delle fasce ai sostegni devono consentire la ripresa dell'allineamento sia
durante la posa in opera sia in caso di cedimenti del terreno, consentendo limitati
movimenti di regolazione verticale ed orizzontale.
Figura 2.9. Prova d’urto ad alta energia con sganciamento del dispositivo [41]
Il distanziatore deve collegarsi all’elemento di sganciamento ed al sostegno
verticale tramite 2 bulloni; in casi particolari è consentito l’utilizzo di distanziatori
accorciati di larghezza non inferiore a 340 mm.
I sistemi di attacco (bulloni e copriasola) devono impedire che per effetto di
allargamento dei fori possa verificarsi lo sfilamento delle fasce; sono costituiti da
bulloneria a testa tonda ad alta resistenza e piastrina copriasola antisfilamento di
dimensioni minime mm 45*100*5.
I sostegni verticali sono collegati, nella parte inferiore, da uno o più correnti ferma
ruota realizzati in profilo presso piegato, di idonee sezioni e di conveniente spessore.
59
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.10. Fasi teoriche di comportamento delle barriere tripla onda [41]
60
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
2.5. BARRIERE DI SICUREZZA IN CALCESTRUZZO
Nel 1955 nello stato del New Jersey nacque una nuova tipologia di barriera:
chiamata “Safety shape” (profilo di sicurezza), era realizzata in calcestruzzo ed
aveva un particolare profilo (fig.2.11.) [10]. La sua altezza venne definita per
tentativi: dapprima alta 46 cm, in seguito fu portata a 51 cm. Ma poiché tali altezze
non impedivano sempre ai veicoli di valicarla, venne portata definitivamente a 81
cm. La superficie laterale è costituita da una curva parabolica, sagomata in maniera
tale che nessuna parte del veicolo possa toccare la barriera in caso d’urto con angolo
ridotto. La larghezza e lo spessore sono determinati, non solo allo scopo di fornire
una protezione contro i danni al corpo del veicolo, ma anche per evitare il
rovesciamento della barriera nei casi d’impatti normali.
2.5.1. Funzionamento della barriera tipo “New Jersey”
Inizialmente il veicolo incontra il gradino di base A che fornirà una resistenza
iniziale, non tanto grande, ma sufficiente a far sì che si deformino, elasticamente,
senza danno, i pneumatici e gli ammortizzatori. Per effetto di tali azione sulle ruote si
ottiene, per angoli d’impatto normali di 10°, la correzione di direzione.
Dopo il superamento di questa resistenza iniziale, le ruote anteriori salgono sul
tratto inclinato.
Figura 2.12. Barriera tipo “New Jersey”
61
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Se la velocità e l’angolo d’impatto sono abbastanza alti, la ruota incontra la zona
subverticale superiore della barriera che completa la correzione di direzione e la
decelerazione del veicolo, riportandolo, quindi, sul piano stradale, parallelamente alla
barriera. L’urto frontale viene escluso proprio per le caratteristiche della barriera: la
sua superficie si sviluppa, nella direzione parallela all’asse stradale, in maniera
costante, sia per le caratteristiche geometriche, sia per le caratteristiche di robustezza,
rugosità e natura del materiale, per cui viene eliminato il pericolo, presente per le
altre barriere, dell’urto frontale contro gli elementi più rigidi e robusti (montanti).
L’urto laterale della fiancata contro la barriera viene escluso dalla conformazione
del profilo della stessa. All’altezza dei mozzi delle ruote, il profilo si trova arretrato,
rispetto alle stesse, per la presenza dello zoccolo che viene a contatto con il
pneumatico con il cerchione del pneumatico, escludendo il contatto della carrozzeria
contro la barriera.
Il profilo New Jersey, inoltre, è conformato in maniera tale da permettere lo
scorrimento delle ruote del veicolo su di esso; in tal modo, lo spazio disponibile, in
direzione trasversale alla marcia del veicolo, per diminuire la componente della
velocità verso l’esterno della corsia di marcia, risulta molto più ampio e pari allo
sviluppo dell’intero profilo: da ciò consegue una diminuzione dell’accelerazione
trasversale necessaria per fermare il veicolo.
Grazie alla possibilità data dallo sviluppo del profilo di procedere senza urti,
aumenta l’intervallo di tempo a disposizione del conducente per un intervento mentre
nel frattempo la barriera continua ad esercitare la sua azione di contenimento.
L’effetto di raddrizzamento sul treno di direzione viene determinato dallo zoccolo
della barriera che, quando viene urtato dalla ruota anteriore, orienta le ruote
parallelamente all’asse stradale.
Tale contributo, elevato alle basse velocità, è sensibile anche a quelle più alte e,
nei casi più gravi, provoca un’opposizione alla spinta verso l’esterno della corsia.
Il veicolo, quando la ruota anteriore sale sulla fiancata, assume un moto rotatorio
attorno ad un’asse trasversale, ortogonale all’asse di simmetria del mezzo stesso.
62
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Poiché, in generale, si possono avere altri moti di questo tipo attorno ad altri assi,
l’energia, per essi necessaria, viene sottratta a quella cinetica, posseduta dal veicolo
durante l’urto.
Si nota, inoltre, che nello spostamento del veicolo, con le ruote di una fiancata
montanti sulla barriera, la quota del baricentro viene elevata.
Tale innalzamento corrisponde ad un lavoro negativo della forza di gravità che,
per l’intera massa del veicolo, risulta applicato al baricentro stesso.
Tale lavoro viene effettuato a spese dell’energia cinetica del mezzo, anche se in
maniera modesta, concorrendo a ridurre la velocità e l’entità delle conseguenze dello
sbandamento del veicolo.
E’ necessario osservare che nella successiva discesa della massa del veicolo fino
alla posizione con ruote a terra, l’energia assorbita dal peso nel precedente
sollevamento viene, per intero, restituita.
Ciò non annulla il precedente vantaggio perché lo scopo principale delle
progettazione della barriera è quello di limitare l’intensità delle azioni dinamiche
negli istanti iniziali del contatto veicolo-barriera.
In conseguenza di tale innalzamento, il veicolo acquista anche dei moti di
rotazione che si sottraggono al vettore traslazione, mentre le ruote che salgono sulla
superficie della barriera, forzate a compiere un tragitto più lungo di quelle a contatto
con la sede stradale, acquistano velocità angolare: l’energia occorrente all’aumento
della velocità angolare viene così sottratta all’energia cinetica del veicolo.
2.5.3 Tipologie principali di barriere di sicurezza tipo “New Jersey”
¾ Monofilare provvisoria: il suo impiego principale è lo spartitraffico ed ed il
valore massimo dell’energia di contenimento è pari a 274 kNm (fig. 2.13.). Viene
impiegato un calcestruzzo di classe Rck ≥ 450 daN/cmq e come armatura un
acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32L. E’
consigliata per le autostrade come sistemazione provvisoria degli spartitraffico
durante i lavori d’allargamento e come prima fase di realizzazione di uno
spartitraffico bifilare con terra interposta. Ha un impiego permanente su strade a
scarso traffico merci.
63
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
¾ Monofilare rinforzata: : il suo impiego principale è lo spartitraffico ed il
valore dell’energia massima contenuta è di 533 kNm (fig. 2.14.). Viene impiegato
un calcestruzzo di classe Rck ≥ 450 daN/cmq e come armatura un acciaio Fe
B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32Ke con piastre e/o barre
dywidag. E’ consigliata per strade extraurbane di tipo III e strade urbane primarie
e di scorrimento in presenza di prevalente traffico medio-leggero. Viene utilizzata
anche per le autostrade con spartitraffico di larghezza maggiore o uguale a 2.40
m.
Figura 2.13. Monofilare provvisoria [11]
Figura 2.14. Monofilare rinforzata [11]
64
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
¾ Bifilare simmetrica con terra interposta: il suo impiego principale è lo
spartitraffico largo ed il massimo livello di contenimento è pari a 564 kNm (fig.
2.15.). Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck ≥ 450 daN/cmq e come
armatura un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre
FeB32K.
E’ consigliata per strade extraurbane a carreggiate separate di tipo I e II ed
autostrade con spartitraffico di larghezza maggiore o uguale a 3.00 m, in presenza
di prevalente traffico medio-pesante.
¾ Bifilare asimmetrica con terra interposta: il suo impiego principale è lo
spartitraffico stretto ed il valore massimo del livello di contenimento è 604 kNm
(fig. 2.16.).
Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck ≥ 450 daN/cmq e come armatura
un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32K.
E’ consigliata per strade extraurbane a carreggiate separate di tipo II ed autostrade
con spartitraffico di larghezza tra 2.40 e 3.00 m, in presenza di prevalente traffico
medio-pesante.
Figura 2.15. Bifilare simmetrica con terra interposta [11]
65
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.16. Bifilare asimmetrica con terra interposta [11]
¾ Bifilare asimmetrica con barra o cavo longitudinale: il suo impiego
principale è lo spartitraffico stretto e l’energia massima contenuta è maggiore di
600 kNm (fig. 2.17.).
Figura 2.17. Bifilare asimmetrica con barra o cavo longitudinale [11]
Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck ≥ 450 daN/cmq e come armatura
un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32K.
66
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
E’ consigliata per strade extraurbane a carreggiate separate di tipo III ed
autostrade con spartitraffico di larghezza tra 2.40 e 3.00 m, in presenza di prevalente
traffico medio-pesante.
2.6.
CLASSIFICAZIONE DELLE
BARRIERE
DI
SICUREZZA
IN
FUNZIONE DELLA LORO DESTINAZIONE ED UBICAZIONE
Nei paragrafi precedenti si è ampiamente dissertato sulla funzionalità e sulle
peculiarità delle barriere di sicurezza. In questo paragrafo si vuole rivisitare il ruolo
delle barriere alla luce della loro destinazione ed ubicazione; in particolare si riporta
una classificazione [11] in cui le barriere di sicurezza vengono distinte in base a
quattro categorie (A: da spartitraffico; B: per ponti, viadotti e muri; C: per i bordi
laterali; D: a protezione di punti singolari):
A. Barriere centrali da spartitraffico: in funzione della larghezza disponibile nello
spartitraffico si hanno diverse soluzioni, schematizzate nella tabella 2.1..
LARGHEZZA (L)
SOLUZIONE PREVISTA
DENOMINAZIONE
1.10<L<2.40
N.J. monofilare definitivo
Tipo 1
2.40<L<3.00
N.J. bifilare asimm., con terra per siepe
Tipo 2
L=4.00
N.J. bifilare simm. con terra per siepe
Tipo 3
NOTE
DISPONIBILE NELLO
SPARTITRAFFICO (m)
Per spartitraffico
senza siepe
2.40<L<4.00
N.J bifilare simmetrico o asimmetrico
Tipo 4
con barra dywidag senza terra
L<1.10
Barriera metallica a doppie file di
Per spartitraffico
con siepe esist.
Tipo 5
Per salvare le
doppie lame contrapposte più zoccolo
fioriere a cilindro
di forma N.J. con vasi per fioriere
esistenti
L variabili, minori o
Doppia barriera separata con doppia
uguali a 3.00
lama contrapposta e lama parastrappo
ricchi d’opere
h=1.00 eventuale zoccolo N.J.
d’arte e/o di
discontinuo
vecchia
Tipo 6
Per tratti auto
concezione
Tabella 2.1. Classificazione delle barriere per spartitraffico [11]
67
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.18. Barriera monofilare definitiva: spartitraffico Tipo 1 [11]
Figura 2.19. Barriera bifilare asimmetrica con terra: spartitraffico tipo 2 [11]
Figura 2.20. Barriera bifilare simmetrica con terra: spartitraffico tipo 3 [11]
68
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.21.
Barriera bifilare asimmetrica senza terra con barra dywidag: spartitraffico
tipo 4 [11]
Figura 2.22. Spartitraffico tipo 5 ( con o senza montante infisso) [11]
Figura 2.23. Doppia barriera separata con doppia lama contrapposta: spartitraffico tipo 6 [11]
69
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
B. Parapetti per ponti, viadotti e muri: sono importanti date le conseguenze quasi
sempre mortali che il loro superamento comporta.
Si possono perciò tollerare decelerazioni più forti per urti in condizioni estreme,
perché il non bloccaggio del veicolo ha conseguenze sicuramente peggiori e non solo
per il veicolo [11].
Le prove di progetto sono state, in questo caso, particolarmente approfondite.
Si è usata una struttura che simula un ponte, costruita al livello della pista di
lancio dei veicoli.
Nella tabella 2.2 sono riportate le diverse lavorazioni progettuali.
TIPO DI OPERE
SOLUZIONE PREVISTA
Strutture non in grado di sopportare il peso proprio
Infittimento paletti acciaio a 1.50 m interasse
del N.J. normale o alleggerito
Ancoraggio mancorrenti
Strutture in grado di sopportare il peso proprio del
Diversi tipi di muretti a profilo N.J. con o senza
N.J..
mancorrenti sempre con barra dywidag (tipo a,b,c,d)
TIPO
SOLUZIONE PREVISTA
a) Muretto N.J. h=1.00 m (con mancorrente h=0.5 m
Soluzione corrente
antiribaltamento), in cls normale o alleggerito
b) Muretto N.J. h=1.70 m con finestrature e rete
In corrispondenza di ferrovie e strade e punti singolari
“Colosseo”
c) Muretto N.J. h=1.50 m senza mancorrente con fori
Sulle opere dove è necessario inserire barriere
per montanti a doppio T
d) Muretto N.J. h=1.00 m senza mancorrente con fori
antirumore
Come tipo c), ma su opere strutturalmente non adatte al
per montanti a doppio T
peso proprio del tipo c
Tabella 2.2. Classificazione dei parapetti per ponti, viadotti e muri [11]
E’ stata ottenuta con una serie di lastre prefabbricate fissate al terreno con dei
micropali e sospese su uno scavo che ne permetteva il funzionamento a sbalzo.
Sulle lastre sono stati “bullonati” gli elementi delle barriere, diversi da quelli
descritti in precedenza per la quantità d’armatura e per la presenza costante di una
barra dywidag orizzontale, che corre lungo la barriera ad un metro d’altezza.
Il parapetto, completato da un mancorrente che porta l’altezza totale ad un metro e
50 centimetri, è previsto come soluzione corrente.
70
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
La maggior altezza rispetto allo spartitraffico è necessaria per ridurre
ulteriormente la probabilità di “roll-over”, cioè di rovesciamento al di sopra del
muretto.
Per i punti che richiedono una protezione più elevata è previsto un tipo di
parapetto, denominato “Colosseo” d’altezza totale di mt. 1,70.
Lo spostamento, e quindi l’attrito con il terreno o con il supporto rigido, è la
caratteristica principale di tali barriere: infatti tale caratteristica evita che l’urto si
trasferisca alla struttura sottostante e quindi la barriera da ponte è montabile anche su
ponti esistenti, non calcolati per ricevere direttamente la forza d’urto, che è
dell’ordine di alcune decine di tonnellate.
La sperimentazione sul sistema di collegamento ha portato progressivamente
all’adozione di diversi “bulloni” ed, in particolare, di un tipo di tirante in acciaio
duttile, per migliorare la spostabilità della barriera.
La barra dywidag è il punto di forza della barriera da ponte: il suo utilizzo è
previsto anche su alcuni tipi di spartitraffico dove non è presente l’effetto assorbente
della terra intermedia.
C.
Barriere per il bordo laterale: per il bordo strada prevale la soluzione
metallica, per il vantaggio di disporre di un sicuro supporto costituito da paletti,
infilabili con facilità nel terreno.
La tecnica scelta per l’irrobustimento di tali barriere è quella di migliorare la
resistenza della lama (raddoppiandola ed aumentando il suo spessore). In questo
modo si riduce l’importanza del paletto o almeno del suo grado d’incastro nel terreno
e se ne può limitare la profondità d’infissione.
Per rendere le resistenze paragonabili a quelle del New Jersey, in termini anche di
resistenze al ribaltamento, occorre intervenire anche sulle altezze fuori terra delle
barriere, che vengono fissate (bordo superiore lame) in 3 gamme: 75, 100, 120 cm.
L’infittimento dei paletti, unito ai rialzamenti, può però generare pericoli di
bloccaggio della ruota anteriore del veicolo (impuntamento) con conseguente
incremento istantaneo di decelerazione molto pericoloso. Per questo motivo è
previsto il montaggio all’altezza media del mozzo ruota vettura di una protezione che
può essere: un profilato a c metallico di 7-10 cm di altezza; una lama a W anche
71
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
rigenerata di almeno 2 mm di spessore; uno zoccolo spostabile in c.a. di forma New
Jersey ridotta.
Questa terza soluzione incrementa anche la resistenza (forza massima) della
barriera e va applicata in punti di massima protezione da individuare di volta in
volta; permette anche l’irrobustimento di barriere esistenti.
Nella tabella 2.3. sono indicate le soluzioni previste:
TIPOLOGIA DELLA
LUOGO DI APPLICAZIONE
NOTE
Metallica a doppia lama
Bordo strade in zone ad alto interesse
Possibile impiego in
contrapposta da 3 mm e paletto
paesaggistico e/o con traffico merci
spartitraffico per strade a basso
interasse 1.80 m; h=0.75 m con o
minore del 15%
traffico merci (inferiore al 15%)
Bordo strade con traffico merci maggiore
Possibile impiego in
del 15%
spartitraffico
Metallica con doppi filari di
Bordo strade in punti di massima
Possibile impiego nello
doppie lame contrapposte da 3
protezione o su ponticelli o tombini di
spartitraffico in integrazione
mm, paletti interasse 1.80;
lunghezza ridotta
della barriera h=1.0 di cui sopra
BARRIERA
senza profilato a c da 7 cm
Come sopra, ma con h=1.00 m
hmax=1.20 m
Tabella 2.3. Classificazione delle barriere per il bordo laterale [11]
D. Soluzioni per punti singolari: riguardano gli scambi di carreggiata e le zone a
massima protezione.
Cenni particolari meritano i dispositivi meccanici ad assorbimento di energia.
La soluzione è stata messa a punto principalmente per le zone di scambio di
carreggiata per barriere monofilari definitive e si basa su particolari pneumatici dotati
di valvole di sfiato che ne permettono lo sgonfiamento in caso d’urto, protette da
lame d’acciaio a tripla onda disposte ad embrice.
Il dispositivo ritorna elasticamente scorrendo lungo funi d’acciaio.
Per ciò che concerne le altre sistemazioni delle zone di scambio, il principio base
è quello di ridurre la probabilità di passaggio attraverso il varco dello spartitraffico
ed anche quello di proteggere gli eventuali cantieri di manutenzione presenti in
carreggiata.
72
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Ciò si ottiene operando con elementi di barriera N.J. inclinati rispetto alla
direzione normale del traffico in condizioni normali; questi elementi sono appoggiati
alla testata vera e propria degli spartitraffico.
Figura 2.24. P.I.G. (Protezione Imbocchi Gallerie), basato sul principio di spostabilità del N.J.
impedisce l’urto sul bordo e protegge l’accesso degli operatori autostradali [1]
Alcuni varchi sono completamente chiusi in condizioni normali (scambi in
prossimità di opere d’arte da aprire in caso di lavori di manutenzione).
Gli altri hanno varchi di 31 m simili agli attuali per gli impieghi di manutenzione
ordinaria o per scambi di carreggiata di ridotta durata nel tempo.
Possono essere portati a 55 m spostando i due filari singoli inclinati al fine di:
™ permettere un aumento di capacità dello scambio (riduzione delle code);
™ proteggere gli operai della manutenzione.
Ciò avviene nel caso di lavori di manutenzione straordinaria o di lunga durata o su
strade a grandissimo traffico.
La movimentazione dei N.J. per questi fini e/o per riparazioni in caso d’incidente
sarà effettuata con autocarri appositi dotati di gru e dispositivi atti a facilitare gli
spostamenti.
Nella tabella 2.4. sono riportate le diverse soluzioni progettuali.
73
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
VARCO APERTO
TIPOLOGIE
Spartitraffico largo 4 m realizzato
LARGHEZZA COMPLESSIVA
APERTURA IN FASE DI
(m)
ESERCIZIO (m)
55.80
31
55.80
31
55.80
31
Qualunque
27
con barriere bifilari simmetriche
con siepe da installare (Tipo 3)
Spartitraffico largo 2.4-3 m
realizzato con barriere
asimmetriche con siepe da
installare (Tipo 2)
Spartitraffico largo 3-4 m
realizzato con barriere bifilari con
siepe già installata (Tipo 4)
Spartitraffico largo 2.10 m
realizzato con barriere monofilari
definitive ed elementi deformabili
(Tipo 1)
VARCO CHIUSO
Realizzato con elementi di barriere bifilari simmetriche da impiegare, preferibilmente, in curva, per testate di
opere singolari, punti singolari, etc.
Tabella 2.4. Classificazione barriere per punti singolari [11]
2.7 LE BARRIERE DI NUOVA GENERAZIONE
Per migliorare le condizioni di sicurezza stradale, diversi enti si sono impegnati
nella ricerca di nuovi materiali o nuove combinazioni d’elementi tali da sperimentare
nuove barriere aventi prestazioni migliori di quelle precedentemente descritte. Tra
queste citiamo:
¾ Barriera mista acciaio-calcestruzzo
Nel 1994, su commissione ed idea guida della Società Autostrada Torino-Milano
S.p.A., è stato ottimizzato un progetto di barriera a due stadi, in acciaio e
calcestruzzo, con l’ausilio di simulazioni numeriche e prove di laboratorio su
componenti [12].
Il risultato è consistito in una barriera in acciaio e calcestruzzo (fig.2.25.), ove gli
elementi in cls, della lunghezza di 6 m ciascuno, hanno un’altezza di 1.2 m dal piano
pavimentato; a questi è vincolata la parte in acciaio, costituita a sua volta da
distanziatori di spessore 4 mm e da un nastro standard (tipo ANAS) dello spessore di
74
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
5 mm. Il nastro, il cui asse è posto a 55 cm dal piano pavimentato, è largo 310 mm ed
è composto da elementi con lunghezza di 3320 mm, mentre l’interasse tra i
distanziatori è di 1.5 m. Il prefabbricato è dotato d’apposite nicchie ove vanno ad
alloggiare i distanziatori una volta deformati dall’urto.
Figura 2.25. La barriera mista in acciaio-calcestruzzo[12]
Sul prototipo di questa barriera, realizzata dalla Codelfa S.p.A., sono state
eseguite, presso il laboratorio ISAM d’Anagni, due prove d’urto al vero, una con
un’autovettura, equipaggiata con un manichino, l’altra con un autocarro.
Nella prova con l’autovettura, l’urto ha interessato solo la parte metallica e non
quella in calcestruzzo, dimostrando il buon comportamento dei distanziatori e del
nastro: l’angolo d’uscita del veicolo è rimasto contenuto entro gli 8°.
Nella prova con l’autocarro, l’urto ha interessato l’intera barriera e la parte
metallica si è deformata, andando ad occupare le apposite nicchie predisposte nella
parte in calcestruzzo.
75
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Nel caso d’urto con veicoli leggeri entra in gioco la sola parte metallica che,
deformandosi, assorbe parte dell’energia d’urto, diminuendo così le conseguenze
dell’impatto; il mancato coinvolgimento della parte in calcestruzzo consente inoltre
di limitare gli interventi di riparazione alla sola sostituzione del guardrail in acciaio.
¾ Barriera stradale in acciaio a profilo New Jersey
La tradizionale barriera tipo New Jersey in cemento armato è caratterizzata da un
elevato peso proprio (836 kg/m), che ne rende difficile l’impiego su ponti e viadotti
esistenti: per tale motivo si è studiata una nuova tipologia di supporti di dispositivi
che, pur mantenendo le stesse capacità d’elevato contenimento dei sicurvia in c.a. a
profilo redirettivo, sia però affetta da un peso proprio inferiore. E’ nata così la
barriera New Jersey in acciaio Steelgard [13] (fig.2.26.).
Il ridotto peso di questi elementi dell’ordine dei comuni guardrail (140 kg/m) ne
permette la posa in opera sulle opere già costruite, senza imporre i lavori di
ristrutturazione, e consente un risparmio nei costi di produzione dei ponti e viadotti
di nuova costruzione, richiedendo elementi strutturali di sostegno meno onerosi.
Le barriere attualmente prodotte sono di due tipi:
1. New Jersey laterale per bordo ponte: è costituito da un mantello in lamiera
d’acciaio FeB360 di spessore 4 mm, irrigidito da diaframmi interni verticali e
da una nervatura longitudinale continua sagomata a V. Ogni elemento è lungo
5980 mm ed alto 1000 mm, sono previsti fori con passo di 1500 mm,
opportunamente rinforzati, per l’alloggiamento dei dispositivi d’ancoraggio al
cordolo di posa. Detto fissaggio è ottenuto mediante tasselli ad espansione. Il
collegamento tra i vari elementi è assicurato da un dispositivo a cerniera
presente alle estremità, collocato nella parte posteriore delle costole di
rinforzo terminali e da un bullone posto nelle tasche laterali al piede della
barriera. Sulla parte posteriore è collegato un corrimano, costituito da un tubo
d’acciaio di diametro esterno 139.7 mm e spessore 12.5 mm, collocato a 500
mm dal bordo del mantello. Il tubo è fissato con appositi montanti sagomati e
bullonati al corpo sottostante; è previsto inoltre un elemento curvo per le zone
d’approccio.
76
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.26. Barriera New Jersey Steelgard in opera [13]
2. New Jersey monofilare spartitraffico per banchina centrale: è costituito da un
mantello in lamiera in acciaio di spessore di 4 mm riproducente il profilo New
Jersey da ambedue i lati. E’ rinforzato da costole interne verticali e da un
piatto longitudinale continuo; l’acciaio adottato appartiene al tipo FeB360,
zincato a caldo con spessore di almeno 60 µm e tasso di 450 g/m2. Sono
previsti i fori con passo di 1500 mm, opportunamente rinforzati, per il
fissaggio dei dispositivi d’ancoraggio al cordolo. Il collegamento tra i vari
elementi è assicurato da un dispositivo a cerniera, ottenuto mediante perni e
boccole, collocato nella parte centrale delle costole di rinforzo terminali.
Poiché i requisiti fondamentali d’ogni barriera sono la capacità di contenere il
veicolo collidente (per impedirgli di invadere la carreggiata opposta) e la facoltà di
dissipare l’energia dell’automezzo (in modo tale da imprimere ai passeggeri
accelerazioni trasversali e longitudinali contenute), la barriera in acciaio sagomata
secondo la geometria del profilo New Jersey risolve tale problema. Infatti, le capacità
deformative dell’acciaio sono tali da permettere la dissipazione dell’energia
posseduta dal veicolo collidente: la duttilità del materiale consente, infatti, di attutire
l’impatto, mantenendo le accelerazioni impresse entro valori bassi, evitando nel
frattempo grandi spostamenti laterali, inaccettabili nel caso di posa in opera su ponti
77
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
e viadotti. I fenomeni di plasticizzazione locale del materiale permettono la completa
dissipazione della componente della velocità trasversale, riducendo di molto l’angolo
d’uscita dalla zona d’urto, mentre non viene completamente annullata la componente
longitudinale, per ridurre il pericolo di tamponamenti. Tale barriera, quindi, riesce a
sviluppare grandi deformazioni pur maturando spostamenti globali molto contenuti, e
riduce al minimo l’aliquota d’energia restituita al veicolo, dissipandone la maggior
parte.
Poiché i diversi elementi di tale sicurvia sono collegati da dispositivi a perno
lungo tutta l’altezza della giunzione, nel caso d’impatto di un veicolo pesante, se
vengono superati i valori limite dei collegamenti a terra, intervengono alla
collaborazione gli elementi adiacenti a quello direttamente coinvolto nell’urto. Si
realizza così un funzionamento a catena che contribuisce al contenimento e al
redirezionamento del veicolo, dissipando una frazione della notevole energia messa
in gioco dall’autocarro per attrito con il terreno, grazie alla deflessione laterale dei
vari componenti.
Nel caso in cui le sollecitazioni indotte siano minori (urto con un’automobile), le
forze in gioco non sono tali da attivare il funzionamento a catena pesante: la
dissipazione dell’energia ed il rinvio corretto dell’autoveicolo sono affidate alla
sagoma geometrica del New Jersey. L’inclinazione del piano al piede della
protezione provoca un innalzamento del veicolo senza ribaltarlo, che permette la
trasformazione di una parte dell’energia cinetica posseduta dal mezzo incidente in
energia potenziale. Le superficie continue del sicurvia guidano poi il veicolo sulla
traiettoria iniziale, parallela all’asse del dispositivo, e provocano una dissipazione di
un’altra frazione d’energia per attrito, grazie allo strisciamento con la carrozzeria
dell’auto.
¾ Barriera stradale in fibra di vetro poltrusa
Nel 1990, a seguito di anni di studi, ricerche e sperimentazioni nel settore, la
società S.G.O. di Bari presentò una domanda di brevetto europeo avente ad oggetto
una particolare barriera di sicurezza costruita con un nuovo procedimento, definito
78
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
poltrusione e con caratteristiche innovative; dopo sei anni, il 30 aprile 1996, è stato
rilasciato il Brevetto europeo n°0540012 [14].
La poltrusione è una tecnica di produzione in continuo di profili a sezione
costante, composti da fibre strutturali, filamenti d’acciaio opportunamente guidati, in
un bagno d’impregnazione nella resina termoindurente. Successivamente i fasci di
fibre e acciaio così trattati vengono condotti verso l’ingresso della filiera riscaldata,
all’interno della quale avviene la polimerizzazione della resina. La reazione della
polimerizzazione della resina viene completata prima dell’uscita dalla filiera,
consentendo di effettuare il traino del profilo ed il taglio in barre a lunghezza
prestabilita. Le materie prime, che vengono usate per produrre prodotti poltrusi, sono
principalmente fibre di rinforzo e resine termoindurenti. Fra le fibre di rinforzo,
quelle maggiormente impiegate sono le fibre di vetro di varie forme (filati, stuoie,
feltri), che vengono disposte longitudinalmente e trasversalmente all’asse per dare la
resistenza alla flessione, alla torsione ed alla trazione. Ove si richiedessero particolari
caratteristiche di peso e resistenza meccanica vengono impiegati, unitamente alle
fibre di vetro, dei filamenti d’acciaio. Quanto alle resine termoindurenti, le varietà
utilizzate nella produzione dei compositi sono numerose, anche se fra tutte spiccano
le resine poliesteri e quelle epossidiche.
Figura 2.27. Barriera in fibra di vetro poltrusa [14]
79
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
La barriera in poltruso presenta numerosi vantaggi rispetto alle barriere
normalmente in uso costruite con materiali diversi quali l’acciaio, il ferro
galvanizzato ed il cemento:
™ leggerezza e facilità di trasporto: il peso specifico di questa sicurvia è circa un
quarto di quella in acciaio. Ciò comporta indubbi vantaggi per il trasporto e la
movimentazione, oltre che per la riduzione dei costi relativi al montaggio e la
sicurezza degli operatori;
™ semplicità d’installazione;
™ inalterabilità nel tempo e resistenza alla corrosione: la resina sintetica, in cui
sono annegate le fibre ed i filamenti, è termoindurente, in grado di fornire una
notevole resistenza agli agenti atmosferici, chimici ed alle sollecitazioni
termiche, nonché un'elevata resistenza all’impatto (caratteristica essenziale per
le barriere di sicurezza);
™ elevata resistenza meccanica ed assenza di qualsiasi manutenzione: il
poliestere rinforzato con fibre di vetro conferisce svariati vantaggi alla
barriera, come un valore più favorevole del rapporto tra carico di rottura e
peso, elevata resistenza all’impatto, stabilità dimensionale e sostanziale
assenza di deterioramento agli agenti atmosferici, per cui non richiede
interventi di manutenzione. I fili d’acciaio, che presentano una buona
resistenza meccanica, legata ad un’eccellente resistenza all’allungamento nel
campo elastico, permettono un ulteriore allungamento nel campo delle
deformazioni permanenti. Queste caratteristiche permettono, in caso di urti
molto violenti, di garantire il contenimento del veicolo all’interno della
carreggiata stradale, deformando la barriera protettiva senza provocarne la
rottura mentre in caso di piccoli urti l’elevata elasticità del sicurvia comporta
un’indeformabilità di questo ed un minor danno all’autoveicolo. L’insieme di
queste caratteristiche si traduce in un notevole risparmio, in termini
economici, derivante dalla minore esigenza di manutenzione in caso di piccoli
urti;
™ elevate caratteristiche dielettriche;
80
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
™ catarifrangenza e/o fosforescenza e/o luminescenza: la resina sintetica può
essere caricata con materiale luminescente o chemiluminescente o con
sostanze atte a riflettere un fascio luminoso. Per questi scopi, scaglie o
microsfere di vetro o quarzo possono essere inglobate come cariche nella
resina sintetica. Tali caratteristiche comportano notevoli vantaggi, in tema
d’individuazione e delimitazione della carreggiata, soprattutto in caso di
nebbia quando la visibilità è ridotta.
™ riciclabilità dei materiali impiegati e possibilità di diverse colorazioni del
manufatto: i materiali, utilizzati nella poltrusione, possono essere riciclati,
previa macinazione, come carica rinforzante per la realizzazione di pavimenti
industriali in cemento, pavimentazioni bituminose stradali e manufatti vari in
cemento. Inoltre la barriera può essere prodotta in diverse colorazioni, cosa
molto importante per l’impatto visivo, creando effetti cromatici che
perfettamente si inseriscono nel paesaggio circostante, pur conservando
integralmente le sue caratteristiche di sicurezza.
Figura 2.28. Barriera in fibra di vetro poltrusa deformata dopo un urto [14]
81
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
¾ Barriera di sicurezza laterale in acciaio e legno a doppia onda
Il compartimento della viabilità per la Lombardia dell’ANAS ha ritenuto
opportuno proteggere alcuni tratti della Statale 300 del Passo Gavia, presso Ponte di
Legno, installando barriere di sicurezza in legno ed acciaio. La scelta dell’Ente
nazionale strade di optare per la posa di questo tipo di sicurvia, in alternativa alle
normali barriere in acciaio, nasce dalla considerazione che la Statale è di notevole
interesse ambientale e paesaggistico, inserita nel Parco Nazionale dello Stelvio e
frequentata nel periodo estivo da un consistente flusso di turisti [15]. Questo esempio
conferma la tendenza generalizzata a considerare le barriere laterali delle strade non
solo per le loro caratteristiche tecniche di sicurezza e la loro rispondenza alle
normative in materia, ma anche per la capacità di armonizzarsi con il contesto
ambientale.
La barriera è stata realizzata dall’azienda bresciana Sct, avvalendosi della
collaborazione dell’Istituto per la Tecnologia del legno di Trento che fa capo al
Consiglio Nazionale delle Ricerche.
E’ costituita da un elemento orizzontale realizzato mediante l’accoppiamento di
due pali in legno di pino tondo tornito (trattato in autoclave a mezzo di particolari
sali minerali che conferiscono un’elevata durata al legno), con elementi della
lunghezza di 199 cm e del diametro di 16; ha all’interno una lamina in acciaio
zincato Fe360 tipo corten dello spessore di 2.5 mm, con nervatura centrale
triangolare (fig.2.29.).
La lamina ha il duplice scopo di rinforzo ed unione dei vari elementi, garantendo
una sovrapposizione di 400 mm; il collegamento e la collaborazione tra gli elementi
in legno e la lamina sono garantiti da sette bulloni a testa tonda e da dadi zincati ad
alta resistenza. Per mantenere la coerenza dell’elemento ligneo, viene incollato sulla
superficie della cavità ottenuta per fresatura uno strato di fibra di vetro non tessuta,
con fibre orientate perpendicolarmente all’asse della barriera, allo scopo di garantire
la solidarietà degli eventuali frammenti di legno fra loro.
I montanti verticali, posti a 200 cm d’interasse, sono in profilato d’acciaio Fe430
tipo corten, a “C” di 80*120*6 mm, lunghi 1950 mm, infissi nel suolo ad una
profondità tale da permettere il montaggio ad un’altezza di 75 cm dal piano viabile.
82
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Figura 2.29. Schema di montaggio della barriera di sicurezza prodotta dalla Sct [15]
Nel caso di fissaggio su banchettoni in calcestruzzo armato, il montante può
essere fornito con piastra asolata, per il collegamento mediante quattro tirafondi
filettati, preventivamente saldati al manufatto in calcestruzzo con adeguate resine.
Tra il montante verticale e la barriera è interposto un distanziatore in acciaio corten,
avente lo scopo di dissipatore.
La barriera in legno-acciaio, per le sue peculiari caratteristiche è utilizzabile a
protezione dei bordi laterali di tutte le strade che attraversano le zone di particolare
interesse ambientale e paesaggistico, garantendo, oltre la necessaria sicurezza degli
utenti della strada, un gradevole inserimento nell’ambiente.
In data 23 dicembre 1998 il Ministero dei Lavori Pubblici, Ispettorato Generale
per la Circolazione e la Sicurezza Stradale, ha rilasciato alla Sct il certificato
d’omologazione n°1, il primo emesso in Italia per questo tipo di barriere di sicurezza,
legato all’ex Classe A1, relative a strade minori, senza traffico pesante. In
conseguenza di ciò, l’installazione è consentita su tutte le strade con piattaforma non
superiore a 8 metri (strade del tipo VI) e aventi nella composizione del traffico la
presenza di veicoli di peso superiore a 30 kN, non eccedente il 5% del totale.
83
CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
2.8. ANALISI CRITICA DELLE MODALITA’ DI ESECUZIONE DELLE
PROVE DI OMOLOGAZIONE DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Abbiamo visto che l’unico parametro ammesso dalla normativa italiana per poter
classificare le barriere analizzate in funzione dei danni occorrenti agli occupanti dal
punto di vista delle accelerazioni subite è l’indice A.S.I..
Con riferimento ad un modello analitico per la simulazione degli urti contro i
dispositivi di ritenuta, possiamo risalire alla valutazione di tale indice partendo
dall’accelerazione massima, che si innesca durante l’urto tra veicolo e barriera di
sicurezza. Possiamo pertanto analizzare l’andamento dell’Indice A.S.I. per una serie
di barriere di tipo metallico:
1. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo ponte (classe di
riferimento H3);
2. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo laterale (classe di
riferimento B1);
3. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo laterale (classe di
riferimento B2);
4. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo laterale (classe di
riferimento H4b);
5. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo laterale (classe di
riferimento H2);
6. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo ponte (classe di
riferimento H2);
7. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo ponte (classe di
riferimento B3);
8. prova d’urto per una barriera tripla onda metallica da bordo laterale (classe di
riferimento H1).
Considerando dapprima tale andamento al variare dell’angolo d’impatto,
otteniamo i risultati espressi nella figura 2.30..
I valori limite considerati sono quelli imposti dalla normativa: ricordiamo infatti
che tutte le barriere ed i dispositivi di ritenuta di tutte le classi devono corrispondere
ad un indice A.S.I. minore o uguale ad 1, ottenuto con un’autovettura. E’ ammesso
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CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
un indice A.S.I. fino a 1.4 per le barriere ed i dispositivi destinati a punti
particolarmente pericolosi nei quali il contenimento del veicolo in svio diviene un
fattore essenziale ai fini della sicurezza.
Figura 2.30.
Andamento dell’Indice A.S.I. per le tipologie di barriere, calcolate rispetto alla
velocità della prova al variare dell’angolo d’impatto.
Dall’analisi di tale andamento (fig. 2.30.) possiamo dedurre le seguenti
considerazioni:
♦ le barriere del tipo “bordo laterale” risultano verificate fino ad angoli
d’impatto di 20°. Superando tale limite (che per questa tipologia è spesso di
1), l’indice A.S.I. ha un andamento crescente fino a raggiungere valori fino a
2.6, nel caso della barriera di classe B3;
♦ le barriere del tipo “bordo ponte”, per le quali il limite è posto pari a 1.4, sono
anch’esse verificate per angoli d’impatto non superiori a 20°. Per valori
superiori il range di variazione dell’indice A.S.I. si mantiene tra 1.5 ed 3.5,
triplicando nel caso della barriera di classe B3 il valore limite ammissibile.
Considerando la variazione dell’indice A.S.I., mantenendo costante l’angolo
d’impatto (20°) e variando la velocità, otteniamo i risultati espressi nella figura 2.31..
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CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
Si possono svolgere le seguenti osservazioni:
♦ le barriere di tipo “bordo laterale” raggiungono il valore limite pari all’unità
per velocità di 95 Km/h (nel caso di quella appartenente alla classe B3).
All’incrementarsi delle velocità, presentano un indice A.S.I. che si mantiene al
di sotto della seconda soglia (pari a 1.4). Il comportamento migliore compete
alla barriera classe H1 : solo per valori elevati (130 Km/h) mette a rischio gli
occupanti del veicolo con non tollerabili valori dell’indice A.S.I.;
♦ le barriere di tipo “bordo ponte” manifestano un comportamento più critico:
già alle basse velocità (70 Km/h) raggiungono il primo limite ed
all’incrementarsi di questa il valore dell’A.S.I. cresce linearmente, superando
la seconda soglia. Nel caso particolare di quella appartenente alla classe B3, in
corrispondenza delle condizioni estreme, si raggiunge un valore prossimo a
1.8.
Tale analisi dell’andamento dell’indice A.S.I. rileva l’inadeguatezza delle prove di
crash, mediante le quali avviene l’omologazione delle barriere.
Figura 2.31.
Andamento dell’Indice A.S.I. per le tipologie di barriere, calcolate rispetto
all’angolo d’impatto della prova al variare della velocità.
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CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
In definitiva, l’indice A.S.I. viene “agevolmente” superato e non più soddisfatto
non appena variano le modalità di prova in termini di velocità e d’angolo d’impatto.
Inoltre i risultati di questa simulazione mettono, ancora una volta, in risalto le
prestazioni troppo elevate, in termini di resistenza, da parte delle barriere “super
resistenti”, come già più volte fatto osservare nell’analisi dei precedenti risultati.
2.9. CONCLUSIONI
Dalle analisi svolte nei paragrafi precedenti emergono con chiarezza alcune
conclusioni che possiamo così riassumere:
™ le barriere di sicurezza sono dei dispositivi aventi lo scopo di realizzare il
contenimento di quei veicoli che dovessero tendere ad uscire fuori strada per
un qualsiasi motivo, i quali non devono né romperle, né scavalcarle, né
incunearsi al di sotto di esse;
™ le tipologie più importanti sono quelle in acciaio e quelle in calcestruzzo. Le
barriere in acciaio sono installate lungo tratti saltuari dei cigli della
piattaforma stradale, nonché lungo lo spartitraffico centrale delle strade a
doppia sede o delle autostrade. Possono essere a doppia o tripla onda, a
seconda del tipo di fascia orizzontale sagomata. La barriera in calcestruzzo
(nota come “New Jersey”) ha la superficie laterale costituita da una curva
parabolica, sagomata in maniera tale nessun parte del veicolo possa toccare la
barriera in caso d’urto con angolo ridotto. La larghezza e lo spessore sono
determinati, non solo allo scopo di fornire una protezione contro i danni al
corpo del veicolo, ma anche per evitare il rovesciamento della barriera nei casi
d’impatto normali.
™ in funzione della loro destinazione ed ubicazione le barriere vengono distinti
in base a quattro categorie:
A. barriere centrali da spartitraffico;
B. parapetti per ponti, viadotti e muri;
C. barriere per il bordo laterale;
D. soluzioni per punti singolari.
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CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA
™ per migliorare le condizioni di sicurezza stradale, diversi enti si sono
impegnati nella ricerca di nuovi materiali o nuove combinazioni d’elementi
tali da sperimentare nuove barriere aventi prestazioni migliori di quelle
precedentemente descritte. Sono nate così la barriera mista acciaio –
calcestruzzo, la barriera in acciaio a profilo New Jersey, la barriera in fibra di
vetro poltrusa, la barriera in acciaio e legno a doppia onda.
™ le barriere da collocarsi lungo la sede stradale devono possedere delle
determinate caratteristiche di resistenza in funzione del tipo di strada, di
traffico, della destinazione e dell’ubicazione. Tutto ciò è stabilito da una serie
di normative di cui disserteremo ampiamente nel capitolo successivo.
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CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
Dall’excursus storico effettuato relativamente alla normativa vigente per quanto
riguarda le barriere di sicurezza stradale, notiamo che si è passati da barriere troppo
deboli per i veicoli merci (aventi un’altezza di 60 cm ed un’energia contenibile di 4060 KJ) a quelle super resistenti, troppo forti per le autovetture (con altezza di 120 cm
ed energia di 600-800 KJ).
In particolare le barriere super resistenti sono “potenzialmente pericolose” per le
vetture perché queste ultime non possiedono la massa sufficiente per deformarle o
spostarle e può sorgere un problema di “impuntamento” su uno dei numerosi paletti,
che sostengono il guard – rail.
Sono molto rischiose anche per l’uomo perché, avendo un ASI elevato, lo
sollecitano fortemente; inoltre determinano un forte ingombro effettivo e visivo, fino
ad un metro e venti da terra, cioè praticamente molto al di sopra dell’altezza
dell’occhio umano del conducente di un’autovettura, riducendo fortemente la
distanza di visibilità della strada in curva.
Malgrado siano progettate ed omologate per i veicoli merci, a causa della loro
elevata resistenza vi è la probabile perdita del carico, perché se resiste fino ad energie
così alte, per urti meno forti è più probabile che il carico superi l’automezzo ed
invada gli spazi esterni, provocando situazioni di pericolo analoghe a quelle senza il
trattenimento del veicolo.
Nella nuova normativa (D.M.LL.PP. 3/06/98 e D.M.LL.PP. 11/06/99) si pone
come richiesta principale che le barriere, pur resistendo all’azione dei veicoli pesanti,
abbiano sempre un comportamento che salvaguardi e protegga le vetture medio –
leggere. Infatti i principi fondamentali di queste leggi sono:
♦ l’energia di contenimento massima è ridotta a 572 KJ (ed il baricentro del veicolo
è abbassato);
♦ si prescrive sempre la prova con la vettura leggera, ma imponendo che l’ASI
minore o uguale a 1 per gli usi correnti, mentre l’ASI minore o uguale a 1.4 è
accettato solo per le zone con massimo pericolo in caso di superamento della
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CONCLUSIONI
barriera, cioè, ad esempio, per la protezione sul bordo ponte, o per impedire la
fuori uscita in zone con presenza di abitazioni od installazioni pericolose;
♦ si normalizzano gli assorbitori di urto puntuali ed i criteri di progetto ed uso dei
terminali di inizio e fine delle barriere, dimenticate nelle normative precedenti.
Malgrado questi sforzi si è notato come la severità degli impatti risulti essere
ancora troppo elevata e le prove di omologazione dei dispositivi di ritenuta siano
vincolate dal tipo di veicolo.
Inoltre attraverso l’introduzione di una procedura approssimata per il calcolo
dell’indice A.S.I., abbiamo determinato il suo andamento al variare dei parametri
della prova di crash.
I risultati ottenuti mettono nuovamente in risalto le prestazioni troppo elevate, in
termini di resistenza, delle barriere “super resistenti” e quindi la loro pericolosità per
gli occupanti del veicolo a causa delle accelerazioni elevate che scaturiscono durante
l’urto.
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