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Profughi. L`Europa s`è mezza svegliata. L`accoglienza non basta se
anno 21 | numero 37 | 16 settembre 2015 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
Profughi. L’Europa s’è mezza svegliata. L’accoglienza non basta se non si ferma la guerra
EDITORIALE
quALchE DOmAnDA A REnzI DOpO LA pREDIcA umAnITARIA
Se siamo uomini e non bestie perché
non togliamo l’embargo alla Siria?
G
Consiglio Matteo renzi, cosa significa ricordarci che «siamo umani, non bestie» adesso che la Turchia ha deciso di
aprire le frontiere ai profughi e la Germania di accoglierli? Sono anni che le tendopoli al confine della Siria fungono da copertura ai traffici di
armi verso l’Isis e i qaedisti anti-Assad. Adesso Erdogan capisce il disastro
a cui ha personalmente contribuito e gira all’Europa la patata bollente.
Brava Merkel. Ma quando mai gli italiani hanno dimenticato di essere
“umani”, in questi anni in cui “merkelandia” li ha lasciati soli a salvare per
mare e per terra ogni genere di disperati? Vogliamo sul serio parlare degli
8oo mila che la Germania è disposta ad accogliere, esito di una guerra civile in Siria sostenuta da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna da una parte;
Turchia, Arabia Saudita e Qatar dall’altra?
Spiacenti, le immagini della fiumana di profughi in marcia sono troppo poco per fare concessioni a una
propaganda umanitaria che non SOLO LA chIESA RImAnE AccAnTO
AI pERSEGuITATI. ADESSO,
spiega cosa sta succedendo. Non in
cOn LA pROpOSTA DI FRAncEScO,
queste settimane. Ma da quattro anI cRISTIAnI SOnO chIAmATI
ni. Con la colpevole – e questa sì,
A unA bELLA SFIDA
disumana – collaborazione dei governi “umani”. Spiacenti, la foto del corpicino del povero Aylan non può
essere usata per diffamare i paesi dell’est e inoculare ai popoli europei sensi di colpa per la mollusca e vigliacca politica estera dei loro governanti.
Infatti, un altro Aylan ci ricorda in queste ore che «noi vogliamo tornare a casa nostra, questo vogliamo, non vivere profughi in Europa».
Sono anni che raccontiamo da queste pagine la tragedia dei popoli in
Medio Oriente. Di agosto è l’ultima copertina di Tempi firmata dal nostro
inviato ad Aleppo, città martire, assediata dalle bestie islamiste. Ed è da
quattro anni che i famosi Stati Uniti, Nazioni Unite e Unione Europea assistono senza batter ciglio ai 240 mila morti, ai 4 milioni di profughi tra Turchia, Libano e Giordania, agli 8 milioni di sfollati all’interno della Siria.
Dunque, piuttosto che rivolgersi al senso di umanità della gente comune, chi ha responsabilità di governo come le ha Matteo Renzi dovrebbe rivolgersi a se stesso e ai propri partner con domande tipo: perché continuiamo a ingrossare l’esercito dei profughi e degli sfollati imponendo
l’embargo alla Siria? Perché continuiamo ad appoggiare i cosiddetti “ribelli” di Damasco e, attraverso i ricchi paesi islamici che fanno shopping
in Europa e gonfiano i listini della Borsa newyorkese, continuiamo a sostenere l’avanzata del Califfato che è la principale causa dell’esodo biblico?
In verità, solo la Chiesa rimane accanto ai perseguitati in ogni dove nel
mondo. Adesso, con la proposta di Francesco di accogliere una famiglia in
ogni parrocchia, i cristiani sono chiamati a una bella sfida umana.
Ma chissà come la prenderà certa “fratellanza” musulmana che la
propria gente la lascia ben fuori dai propri confini sigillati con i petrodollari e la usa come carne da cannone jihadista.
entile presidente del
L’ASCIA NEL CUORE
Lo sai che
i papaveri
Li chiamano i baby gomeros (i bambini dell’oppio) e la loro vicenda dovrebbe fornire qualche suggerimento
agli anti-proibizionisti nostrani. Avvenire ha raccontato cosa sta accadendo sulle montagne del Guerrero,
in Messico, dove, da quando in alcuni stati degli Usa è stata legalizzata
la marijuana a scopo ricreativo, intere distese di campi fra le gole della
Sierra Madre si sono riempite di papaveri. Qui, in una delle zone più povere del paese, intere famiglie di contadini sono diventate, con le buone
o con le cattive, le braccia con cui i
trafficanti di droga alimentano i loro affari. I più ricercati sono, appunto, i bambini, che, grazie alle loro dita sottili, sono i più adatti a estrarre
la “goma” dai fiori, da cui poi si ricava l’eroina. Perché l’effetto collaterale
della legalizzazione della marijuana
non è stato, come spesso ci raccontano anche qui in Italia, la distruzione
dei traffici della malavita, ma solo la
creazione di un nuovo mercato per la
“mexican mud”, l’eroina messicana. I
trafficanti hanno deciso di diversificare il prodotto e così nel giro di poco tempo il Guerrero si è ricoperto di
campi di papaveri. E poiché l’offerta
crea la domanda, il consumo statunitense di eroina è cresciuto a dismisura. Oggi circa il 45 per cento dell’eroina consumata negli Usa viene dal
Messico, che ha così superato Colombia e Afghanistan nella classifica dei
paesi fornitori. Per i cartelli della droga certamente un buon business. Si
parla di un giro d’affari di 13,5 miliardi di dollari.
Emanuele Boffi
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| 16 settembre 2015 |
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SOMMARIO
08 PRIMALINEA FRA GLI ANGELI DELLO SLUM | GUARNERI
NUMERO
anno 21 | numero 37 | 16 settembre 2015 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
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Profughi. L’Europa s’è mezza svegliata. L’accoglienza non basta se non si ferma la guerra
Loro non vendono pezzi
di bambini morti. Li donano
alla scienza. Perché non si
parla del mega scandalo
Planned Parenthood?
LA SETTIMANA
14 ESTERI LA GRANDE FUGA | CASADEI, AMICONE, MOLTENI
32 CHIESA LA STORIA DI ACS NEL MONDO | SCHIRLE
L’ascia nel cuore
Emanuele Boffi ............................3
Foglietto
Alfredo Mantovano...........7
Boris Godunov
Renato Farina............................ 19
Consequentia rerum
P. G. Ghirardini ......................24
Vostro onore mi oppongo
M. Tortorella .............................. 25
Mamma Oca
Annalena Valenti .............. 39
Sport über alles
Fred Perri...........................................42
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano ................. 43
Lettere dalla fine
del mondo
Aldo Trento ...................................45
Appunti
Marina Corradi ..................... 46
RUBRICHE
Stili di vita .......................................... 38
Motorpedia ...................................... 40
Lettere al direttore ..........42
26 SOCIETà PLANNED PARENTHOOD,
SCANDALO E CENSURA
Foto: Ansa
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 21 – N. 37 dal 10 al 16 settembre 2015
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Rodolfo Casadei (inviato speciale),
Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini
PROGETTO GRAFICO:
Enrico Bagnoli, Francesco Camagna
UFFICIO GRAFICO:
Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò
FOTOLITO E STAMPA: Reggiani spa
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DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl
SEDE REDAZIONE: Via Confalonieri 38, Milano,
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DI ALFREDO MANTOvANO
con la madre biologica e quest’ultima ha una compagna. Inizia l’anno scolastico e la madre può avere problemi ad accompagnarlo
o a riprenderlo dall’asilo; nulla vieta che
vi provveda la convivente: è sufficiente che
all’avvio delle lezioni la madre consegni
all’istituto una delega permanente, valida
fino a revoca. Intendiamoci: non c’è uno
strumento specifico per la compagna: c’è
però un mezzo semplice per risolvere la
questione. Al sindaco di
Bologna non basta. Il sinchE LA GENIALATA DI MEROLA sERvA PIù
daco di Bologna ritiene
chE ALTRO ALLA FAMA è cONFERMATO DAL
di essere stato eletto non
LUOGO scELTO PER IL LANcIO: LA FEsTA
tanto per rispondere a
DELL’UNITà. IL chE DIcE MOLTO ANchE
problemi concreti, quanto per esercitare una misDELL’ATTUALE ORIzzONTE DELLA sINIsTRA
sione: fare da battistrada
nelle battaglie “per i diritti”. Un paio d’an- se quel sindaco uscisse da logiche di settani fa per le scuole comunali del capoluo- rismo ideologico e provasse a rendere più
go emiliano sostituì i termini desueti di sicuro e attraente il centro, più ordinate le
“padre” e “madre” con quelli più affettuo- periferie e più pulite le strade, che “merito
si di “genitore 1 e 2”; qualche giorno fa ha politico” avrebbe? Lascerebbe il posto nelvarato il “modulo di autocertificazione di la Storia solo al primo cittadino di Roma…
famiglia omogenitoriale”: a parte l’orrido Ecco allora che, superato sul tempo un anburocratese, è il corollario del registro di no fa dal collega della Capitale con la tratrascrizione in Italia dei “matrimoni” sa- scrizione delle nozze gay estere, Merola recupera nel 2015: che serva alla fama e non
me-sex contratti all’estero.
Chi ha criticato la genialata del sinda- alla sostanza è confermato dal luogo scelto
co Merola ha sottolineato che il modulo è per il lancio della novità, la festa dell’Unità.
inutile, che è contrario all’ordinamento, Il che – direbbe Guareschi – è bello e istrutche punta ad anticipare una legge – il ddl tivo: tramontato il sole dell’avvenire, soCirinnà – ancora in discussione. Tutto ve- stituiti falce e martello con provetta e spiro; ma c’è di più: la decisione del sindaco è nello, riposta in archivio la classe operaia,
l’ennesimo sintomo di un’ansia compulsi- l’orizzonte della sinistra coincide da temva di imposizione ideologica. Bologna avrà po con un radicalismo libertario che intepure meno problemi di Roma o di Napoli, ressa circoli ristretti, economicamente elima è comunque una grande città che of- tari, ma rende tanto identitari.
Ciò di cui si dibatte nel giorno del Cofre non poche occasioni di impegno quotidiano e assiduo a chi desideri guidarla. Ma mune di Bologna non è poi così dissimile
n bambino vive
da quel che oggi anima il Parlamento: se
in commissione Giustizia al Senato si dedicano ore e ore alla discussione e al voto
del ddl sulle unioni civili e se il presidente del Consiglio e qualche ministra rassicurano sulla sua rapida approvazione, è
perché lo si ritiene prioritario. Certamente più di norme che permetterebbero alle
famiglie italiane – la stragrande maggioranza delle quali non sono “omogenitoriali” – di essere meno oppresse dal fisco; o di
delibere comunali che impongano per gli
asili rette più accessibili ai nuclei familiari
con problemi economici.
Una spesa a fondo perduto
A chi obietta che queste misure costano e
non ci sono le risorse per finanziarle è agevole rispondere che anche il matrimonio
gay implica un aumento di spesa: si pensi solo alla estensione della pensione di reversibilità; ma in questo caso ci si trova di
fronte a un costo senza ritorno, mentre il
denaro rivolto alle famiglie vere si traduce in un investimento e in nuovi figli che
vengono messi al mondo. La prospettiva
degli uni è il suicidio demografico (copyright: san Giovanni Paolo II), degli altri il
faticoso recupero del tessuto umano della
comunità nazionale.
Mezzo secolo fa chi metteva in guardia dalla gloria del socialismo realizzato
era etichettato nella migliore delle ipotesi
come un retrogrado; di regola lo si bollava come fascista. Chi ha buon senso lo usi:
non ci si può permettere ancora a lungo la
sbornia ideologica libertaria con la stessa
leggerezza usata con la sbornia ideologica
che in Italia e in Europa per decenni si è
abbeverata al comunismo. I danni saranno ancora più pesanti.
data
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una missionaria in thailandia
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DI DAnIeLe guArnerI
Fra gli angeli
di strada
Ha lasciato pianoforte e famiglia a Carpi. Ha visto il volto
del male in quello dei suoi aguzzini in Sierra Leone. Si è
inabissata nel labirinto di poveracci e fango di Bangkok.
Sempre a caccia di Dio. La formidabile avventura
di Maria Angela Bertelli, l’indomita suora che nei piccoli
disabili dello slum ha trovato il corpo fragile di Cristo
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Suor Maria Angela
Bertelli con le mamme
e i bambini disabili
accolti nella Casa degli
Angeli di Bangkok
IL LIbRo
una missionaria in thailandia PRIMALINEA
LA CASA DEGLI
ANGELI
M. A. Bertelli
Itaca
12 euro
Chi è pari al Signore nostro Dio che siede
nell’alto e si china a guardare nei cieli e
sulla terra? Solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i principi, tra i principi del suo
popolo. Fa abitare la sterile nella sua casa
quale madre gioiosa di figli (Salmo 113)
B
Thailandia. È qui
che vive e lavora, ormai da
quindici anni, suor Maria
Angela Bertelli. È qui che
nel 2000, per raccogliere
la sfida lanciata da Giovanni Paolo II, ha cominciato la sua missione nel continente asiatico e a bordo di
una motoretta, spostandosi da uno slum
a un altro, ha iniziato a visitare e curare
al meglio delle proprie forze malati terminali di ogni tipo. Ed è sempre qui che
nel 2008 è stata costruita la Casa degli
Angeli, dove suor Maria si occupa a tempo pieno di bambini con gravissimi handicap fisici, quindici in tutto, accogliendo anche le loro mamme. Ma la strada
per arrivare sin qui è stata lunga e difficile. È passata dagli istituti di aiuto alla
vita degli Stati Uniti e poi dai villaggi del-
10
angkok,
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la Sierra Leone. Anni splendidi ma anche
drammatici, come quei due mesi in balìa
di rivoluzionari folli che l’hanno rapita
nel cuore dell’Africa. E l’hanno obbligata
a vedere la peggiore violenza.
Ma partiamo dall’inizio. Carpi, provincia di Modena. Maria Angela, classe
1959, è figlia di un casaro che «per tutta la vita si è spaccato la schiena a furia
di alzare forme di Parmigiano», racconta a Tempi. La madre aiutava il marito
nel piccolo caseificio. E poi c’era Nadia, la
sorella maggiore. Maria Angela era iscritta a ragioneria e andava a lezione di pianoforte. Era brava in entrambe le cose,
aveva talento. Ma non mise molto a capire che non era la sua strada. «Mi piaceva suonare. Ma avevo un pensiero: “Cosa
me ne faccio del pianoforte se non è utile
agli altri?”. Quando ho avuto l’occasione
di visitare una casa per disabili insieme
a un gruppo di amici della parrocchia,
ho deciso di lasciare gli studi musicali.
Pensavo che potevo occupare quel tempo
per fare qualcosa di utile agli altri. Tutto qui». Anche dopo il diploma quel cruccio di voler «fare qualcosa per gli altri»
non la lasciava in pace. «Avevo capito che
fare la ragioniera tutta la vita non era per
me. Così mi sono iscritta a un corso per
diventare infermiera. Ero anche volontaria in parrocchia, andavo a trovare i disabili, ero ministro straordinario dell’Eucarestia e lavoravo per pagarmi gli studi.
Nulla bastava. È stato allora che ho incontrato una suora con cui sono entrata in
rapporto. Mi ha chiesto se al Signore volevo dare il mio lavoro, o qualche giornata
o qualche ora del mio tempo; oppure se
ero disposta a dargli tutta la mia vita. È
stata una folgorazione. Ho capito la differenza tra dare un aiuto e darsi al Signore:
nel primo caso sei tu a decidere che aiuto dare, dove, come, quando e quanto darne. Nella seconda ipotesi voleva dire che
qualcun altro avrebbe deciso per me. E
qui entra in gioco la gratuità. Come Dio
ha dato tutto di sé, così ho capito che io
dovevo donarmi al Signore. Come, dove,
quando e perché non era più affar mio,
ci avrebbe pensato Lui. E a questo punto
anche il mio essere infermiera ha cambiato prospettiva».
Terminata la scuola per diventare
infermiera, Maria Angela ha lavorato per
un anno al ricovero per anziani. Poi, dopo
EPPuRE ERA dIffIcILE,
IN quEL covo dI vIoLENzA,
chIEdERE MIsERIcoRdIA PER
sé E I PRoPRI coMPAgNI dI
PRIgIoNIA. MARIA ANgELA
LA chIEdEvA ANchE PER I
suoI gIovANI cARNEfIcI
un pellegrinaggio, ha incontrato le suore missionarie di Maria saveriane: «Stando con loro tutta la mia inquietudine trovava pace. Ci ho messo un attimo a capire che era la mia strada, e un mese prima
di entrare in convento ho avvisato i miei
genitori». Dopo due anni nella casa madre
di Parma, Maria Angela è stata destinata all’Africa, Sierra Leone. Prima però ha
dovuto imparare l’inglese e la fisioterapia.
Per questo è volata negli Stati Uniti: «A
New York ho fatto volontariato nei centri
di aiuto alla vita, stavo insieme alle madri
che volevano abortire e poi ai ragazzi del
quartiere di Harlem». Nel 1995, dopo essere rientrata in Italia per prendere i voti
perpetui, è partita per la Sierra Leone.
«Lavoravo in un centro dove si curavano bambini poliomielitici e insegnavo
fisioterapia al personale del posto», racconta ancora a Tempi. «Avevamo anche
cinque cliniche mobili e in poco tempo
sono riuscita a imparare la lingua locale». Tutto sembrava andare bene, ma
due anni dopo un gruppo di ribelli del
Ruf (Fronte unito rivoluzionario) fece
irruzione nel campo base rapendo suor
Maria Angela e altre consorelle. «Avevo
35 anni, la più anziana 65; sei italiane e
una brasiliana. Siamo rimaste prigioniere 56 giorni».
Quasi due mesi che hanno segnato
in maniera indelebile la vita della suora italiana che in più di una occasione
ha rischiato di essere ammazzata. Con
le religiose, i ribelli del Ruf avevano rapito un centinaio di ragazzi tra i 14 e i 25
anni. La violenza non era diversa da quella che si legge oggi nelle cronache degli
attacchi dei Boko Haram in Nigeria. Gente tagliata a pezzi o bruciata viva, ragazze
violentate e poi uccise. «Ci facevano assistere a tutto per spaventarci. Il più vecchio di loro aveva 22 anni, poteva essere
mio fratello. Si viveva dei bottini ricavati
dai villaggi saccheggiati. Eravamo davanti a delle belve cresciute nella violenza fin
da bambini, diventati grandi senza capire nulla di quello che facevano e di quella guerra assurda che stava devastando la
Sierra Leone. Proprio per questo, col passare dei giorni, ho iniziato a guardarli in
modo diverso. Loro erano ancora più vittime di noi. I primi giorni cercavamo di
capire cosa stava accadendo, perché facevano quelle cose. Ma non c’era niente da
capire. L’unica cosa che potevamo fare era
pregare. Pregare e pregare».
Il rapimento e la follia dei ribelli
Eppure era difficile, in quel covo di violenza, chiedere misericordia per sé e i propri
compagni di prigionia. Maria Angela la
chiedeva anche per i suoi carnefici. Più di
una volta quelli del Ruf si erano preparati
a porre fine alla vita delle sette suore. Ma
all’ultimo istante, l’atto finale era stato
rimandato. «Facevamo la fame, non c’era
quasi più acqua, ci davano da mangiare
del brodetto con della carne putrefatta.
Malaria e dissenteria ci stavano devastando, non ci reggevamo più in piedi. Non
avevamo tempo di fare nulla, a parte chiedere aiuto a Dio. Vedendoci così devastate
le donne dei capi ci portavano da mangiare di nascosto. Anche uno dei ribelli lentamente cambiò atteggiamento nei nostri
confronti. Aveva solo 16 anni. Erano questi i segni della misericordia. L’odio non
vince, l’amore trova dei sentieri nascosti
per rimanere vero, vivo. In mezzo a quella
valanga di male, alcune persone tiravano
fuori del bene in modo impensabile. Gli
innocenti che soffrono portano la croce
insieme a Gesù. Proprio come il cireneo:
lui non è un volontario, lo hanno preso e
lo hanno obbligato. E così è stato per noi».
Suor Maria Angela ha la voce spezzata dal ricordo di quei giorni. Era davanti a
un male, a una follia «più grande dell’uomo. Ho visto la stessa violenza davanti alle cliniche per aborto quando stavo negli Stati Uniti. Il volto del male era
lo stesso di quelle persone che volevano
uccidere degli innocenti, che non avevano rispetto per la vita di nessuno. Quel
che ho passato in Africa è stato davvero tanto, troppo. Ma il Signore era lì con
noi. Era quello il nostro santuario, non
c’era posto migliore per fare le missionarie. Eravamo libere di scegliere: pregare o scancherare (stramaledire)». La donna ricorda con commozione quando uno
dei ribelli, dopo il saccheggio di un ennesimo villaggio, portò alle consorelle un
santino trovato in una capanna. «Ritraeva il volto di Gesù del Velázquez, lo stesso volto venerato dalle missionarie saveriane. Di tutte le immagini di Gesù, ci
aveva portato proprio quella: non poteva
essere un caso. Dopo pochi giorni ci hanno liberate».
Dopo cinque mesi in Italia, suor
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pRIMALINEA Una missionaria in thailandia
dei bambini disabili, poi sono nate le prime “case famiglia”: si raggruppavano i
bambini i cui genitori erano al lavoro tutto il giorno e venivano affidati ad alcune nonne. Tutto questo dal 2004 fino al
2008. «Stare con questa gente mi ha insegnato tanto, mi ha aiutato a chiedermi se
era il modo giusto per portare il Vangelo. E mi dicevo: “Se tu, Signore, sei vivo e
vero, mostrati. Mostrati a queste persone,
succedi anche qui”».
Maria Angela è volata di nuovo negli
Stati Uniti per approfondire i suoi studi
di fisioterapia. Poi, nel 1999, è arrivata la
nuova chiamata. «Non avevo mai pensato
di andare in Asia, era l’ultima delle destinazioni a me gradite. Ma avevo scelto di
far decidere a Dio della mia vita e quindi
ho accettato». Era il 2000.
La città degli emarginati
Bangkok. È qui che suor Maria Angela si
trova a vivere. Ma non in una casa insieme alle consorelle. La suora emiliana
decide di vivere a contatto con gli ulti-
deve affrontare è dato dal buddhismo,
quello delle origini, quello theravada.
Non è una religione, è più una filosofia.
Cosa insegna? «Fai il bene e riceverai del
bene, fai il male e riceverai del male. Una
persona che vive bene oggi vuol dire che
nella vita precedente si era comportata
bene. Uno decide di fare qualcosa per assicurarsi una “seconda vita” serena, non
c’è un vero interesse per gli altri. Non esiste la parola gratuità: questa è la situazione degli slum. Ero, ancora una volta nella mia vita, impotente. Ma, se davvero Dio
è venuto per tutti, sicuramente sarebbe
«DIEtRo LA bAvA, LA puzzA, IL fAstIDIo chE sI pRovA
guARDANDo quEstI pIccoLI, sI tRovA uN vERo tEsoRo.
MA occoRRE chIEDERE AIuto A cRIsto pER tRovARLo»
mi. E così varca la soglia di uno dei duemila slum che sorgono intorno alla capitale thailandese. Città dentro la città, fatte di baracche di lamiera, cartone e fango,
tutte stipate una vicino all’altra. Lo Stato
nemmeno sa quante persone ci vivono,
quante ne nascono o muoiono. Le piccole vie, larghe quanto basta per percorrerle in fila indiana, sono dei veri labirinti,
se non sai come muoverti puoi perderti.
Qui vivono famiglie poverissime, non ne
esiste una che non abbia almeno un componente in prigione o imputato per spaccio di droga. Molti bambini sono abbandonati, ma nonostante tutto, dice suor
Maria Angela, «rimane un tessuto di relazioni: tutti si conoscono. Alla fine c’è una
umanità, non è tutta roba da buttar via».
Ma il primo problema che la suora
12
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potuto diventare interessante anche per
queste persone».
È così che è cominciato tutto. «Ho iniziato a stare con queste persone senza
dire cos’è il cristianesimo. Stavo con loro,
li portavo all’ospedale, facevo compagnia
ai bambini malati. Non una parola su
Gesù. Pian piano alcune delle persone
con cui condividevo le fatiche della giornata hanno iniziato a chiedermi le ragioni del mio comportamento. A quel punto ho parlato di Cristo, cioè colui che aveva salvato e dato un senso alla mia vita. E
così qualcuno si è avvicinato al cristianesimo, si è battezzato. Non tutti». Insieme
a padre Doriano Pelosin, la suora ha iniziato a viaggiare per lo slum. Le giornate passavano in compagnia di malati di
Aids, poi hanno iniziato a prendersi cura
La Resurrezione è per tutti
La Casa degli angeli è nata su iniziativa di
alcuni volontari italiani che erano venuti
ad aiutare la suora. Itaca ha appena pubblicato un libro in cui suor Maria Angela
ne racconta gli inizi e descrive i 15 bambini e le madri che frequentano la casa.
«È un’opera di Dio, non l’ho mai pensata.
Non ho mai chiesto un soldo a nessuno.
“Signore se sei tu che la vuoi, ci pensi tu
a portarla avanti”. Ed è proprio così: per
la gestione e gli stipendi, le spese sono circa di 2.500 euro al mese e li raccogliamo
sempre grazie a donazioni, nessuno degli
ospiti paga un centesimo. I primi anni i
soldi arrivavano dall’Italia, da gente che
mi conosceva, dai volontari che tornavano a casa. L’anno scorso, invece, il 50 per
cento della somma di tutte le donazioni è
arrivato dalla Thailandia. Non so se è un
miracolo, ma quasi. Cominciano a venire
gruppi di scuole, c’è chi dona le merendine, chi i pannolini e alcuni anche soldi. E la maggior parte è gente buddhista.
In qualche modo, quello di cui abbiamo
bisogno arriva sempre».
La vita per chi si è avvicinato alla Casa
degli angeli di Bangkok oggi è totalmente cambiata. Le madri non sono più sole,
possono confrontarsi e condividere il proprio dolore con chi sta loro vicino, non
vedono più i loro figli come una maledizione, hanno imparato a godere di quei
corpi fragili il cui sorriso davvero riempie la loro esistenza. E quegli stessi angeli
sono curati, cresciuti nel pulito e trattati
come principi. «Dietro la bava, la puzza,
il fastidio che si può provare guardando
questi piccoli, si trova un vero tesoro. Ma
occorre chiedere aiuto a Cristo per trovarlo. Ho scritto un libro perché tutti lo sappiano. La Casa degli angeli è uno dei tantissimi esempi che dimostrano che Cristo
è per tutti. Lui ha scelto dei poveri pescatori, ignoranti, che sono scappati, lo hanno tradito e abbandonato. Gesù è dovuto crepare da solo per convincere quegli
ignoranti a dare la vita per Lui. E alla fine
sono tutti morti per Cristo, ma grazie a
quel sacrificio il Vangelo è arrivato fino ai
nostri giorni. Ed è per tutti».
n
esteri
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rIsIkO LEtaLE
LA TURCHIA HA OSPITATO
I SIRIANI SOLO FINCHé
HA VISTO NEI CAMPI
PROFUGHI LE RETROVIE
IDEALI PER ORGANIZZARE,
ARMARE E ADDESTRARE
I RIBELLI ANTI-ASSAD
Di roDolfo casaDei
In balìa
di un fiume
di bugie
do di centinaia di migliaia di persone verso l’Europa. E in queste guerre, in grado diverso l’una dall’altra, sono coinvolti anche i nostri paesi europei: per questo
i profughi ci dicono “fermate la guerra”.
Prima che noi ci accorgessimo del
cadaverino di Aylan sulla spiaggia di
Bodrum, altri 240 mila siriani, uomini
donne e bambini, erano stati trasformati
in salme senza che ciò scuotesse le nostre
coscienze e senza provocare cambiamenti nella politica estera e di gestione delle frontiere dei nostri paesi. Nonostante il fatto che in quella guerra noi europei siamo parte attiva. La politica ufficiale dell’Europa rispetto alla guerra civile internazionalizzata siriana continua a
essere la stessa dei primi tempi delle primavere arabe: dalla parte dei ribelli, contro il governo dittatoriale. Per l’Europa (e
per gli Usa) la priorità numero uno continua ad essere la fine del regime di Bashar
el Assad: per questa ragione manteniamo
in vigore sanzioni economiche ad ampio
spettro contro la Siria, abbiamo chiuso le
sue ambasciate, riconosciamo come rappresentanti del popolo siriano gli insorti della Coalizione nazionale siriana delle
forze di opposizione e li finanziamo.
C
he bella la scena del corteo di auto
che ha fatto la spola fra Vienna e
Budapest per portare in territorio
austriaco decine di famiglie di profughi
in attesa di proseguire il proprio cammino verso la terra promessa tedesca. Dal
Cielo avrà sorriso Viktor Frankl, lo psicologo ebreo viennese sopravvissuto ai lager
nazisti che curava nevrosi e depressioni
aiutando le persone ad “autotrascendersi”, a scoprire che il bisogno di significato
è più importante del freudiano principio
di piacere, e che il significato della vita sta
nell’uscire da sé e consacrarsi agli altri.
Che piacevole sorpresa la decisione di
Angela Merkel di aprire senza restrizioni
le frontiere ai profughi siriani: finalmente i tedeschi in Europa non si limitano a
fare i propri interessi di bottega ammantandoli di ipocrite paternali sul rigore
di bilancio e sull’austerità finanziaria,
ma assumono qualcosa che assomiglia a
una leadership morale dell’Unione Europea. Cristianamente geniale l’appello di
Papa Francesco a parrocchie, comunità e
santuari d’Europa: «Ognuno accolga una
famiglia di profughi, un gesto concreto
in preparazione dell’Anno santo». La maggior parte dei profughi – siriani, iracheni, afghani, somali – sono musulmani:
immaginate l’impatto positivo sulle mas-
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se dell’umma islamica delle immagini di
chiese e santuari dove suore e preti con
la croce al collo accudiscono i bisogni di
adulti e bambini fedeli dell’islam; migliore contributo alla pace fra i popoli non si
potrebbe immaginare. L’ingiusta e insopportabile morte del piccolo Aylan sembra
mostrare un misterioso significato buono.
La grande ingiustizia delle migrazioni forzate si trasforma in benedizione per noi,
attirati irresistibilmente da una possibilità di fare il bene che ci redime e ci guarisce interiormente.
Ma, come dice un proverbio arabo,
una mezza verità è una bugia intera. Se
sulla questione dell’ondata dei profughi
verso l’Europa non diciamo tutta la verità, tutti i bei fatti sopra ricordati rischiano di degradarsi in reazioni sentimentali che dureranno il tempo di una campagna di stampa di fine estate, che svaniranno come svanisce il suono della grancassa mediatica che passa, si allontana e si
perde. E la prima verità è quella che ha
rivelato con candore un profugo 13enne
a Budapest: «Fermate la guerra e noi non
verremo in Europa». Sì, perché in Siria
c’è una guerra che dura da quattro anni,
così come ci sono guerre in Iraq, Afghanistan e Somalia. Sono queste guerre la
causa principale, attualmente, dell’eso-
Foto: AP Exchange
Dice la verità il tredicenne siriano che chiede
all’Europa di «fermare la guerra». La vita dei
profughi e la lotta all’Isis non sono gli obiettivi
delle alleanze schierate in Medio Oriente
Il doppio gioco di Erdogan
Nel frattempo è sorta l’Isis e ha occupato più di un terzo del territorio siriano,
i rivoluzionari democratici hanno lasciato il posto a islamisti radicali, jihadisti e
fiancheggiatori di Al Qaeda, e i paesi che
insieme a Ue ed Usa si erano impegnati a
sostenere l’ala moderata della ribellione –
Turchia, Qatar e Arabia Saudita – in realtà
stanno armando e finanziando islamisti e
jihadisti. In particolare la Turchia, paese
membro della Nato, risulta da molteplici
fonti e rapporti complice non solo di jihadisti, islamisti radicali e alqaedisti come
quelli di Jabhat al Nusra e Jaysh al-Islam,
ma della stessa Isis, favorita da Ankara in
funzione anticurda e anti-Assad. Lo stesso esodo di profughi siriani dalla Turchia
verso l’Europa va interpretato nel contesto della politica di pressioni del presidente turco Erdogan sull’Europa: la Turchia è stata generosa nell’ospitalità verso
i profughi siriani finché ha visto in essi
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esterI risiko letale
una massa di manovra contro il regime
di Damasco e nei loro campi profughi le
retrovie ideali per organizzare, armare e
addestrare i ribelli anti-Assad. Adesso che
la guerra si è impantanata, Ankara spinge i profughi verso la Grecia e il resto del
nostro continente sia per punire l’Europa, che non è voluta intervenire direttamente contro Assad al fianco della Turchia e dei ribelli da essa sponsorizzati, sia
per alleggerirsi di un fardello che non è
più politicamente conveniente.
Il bersaglio di Obama
Oggi Londra e Parigi annunciano un’intensificazione dei bombardamenti aerei
contro l’Isis, ma si tratta della solita
foglia di fico: per debellare l’Isis serve una
forza terrestre, ma per mandare una forza terrestre (che farebbe un boccone delle truppe di al-Baghdadi in meno di un
mese) serve un accordo internazionale, e
l’accordo internazionale non si fa perché
la Siria è campo di battaglia di alleanze
geopolitiche contrapposte: Usa, Europa
e paesi arabi da una parte; Russia, Iran e
sciiti libanesi ed iracheni dall’altra. La lotta per l’egemonia in Medio Oriente è per
queste due alleanze più importante della vita dei profughi e della lotta all’Isis: è
notizia di questi giorni la richiesta americana alla Grecia di negare il diritto di
sorvolo ad aerei militari russi diretti in
Siria. Verosimilmente gli aerei trasportano aiuti militari destinati a rinforzare
le difese della città di Latakia, culla della famiglia Assad e probabile bersaglio di
un’imminente offensiva di una coalizione fra ribelli filo-americani e ribelli islamisti e alqaedisti. Per Barack Obama e
per John Kerry l’indebolimento del regime di Damasco rimane l’obiettivo prioritario anche adesso che l’Europa si trova
ad affrontare la difficile crisi dell’ondata
migratoria e che l’Isis governa col terrore
un territorio grande come l’Austria.
Ma queste cose che i 13enni siriani ben
sanno, gli europei ancora non le capiscono, o non le vogliono capire. Sono immersi, direbbe Alain Finkielkraut, nel sentimentalismo umanitarista post-ideologico.
L’eccesso di giustificazione politica della
sofferenza umana nella prima metà del XX
secolo (le ideologie totalitarie spiegavano
che è necessario sacrificare generazioni di
esseri umani al sol dell’avvenire) li ha condotti a rinunciare alla ricerca delle cause
politiche dei drammi umanitari odierni.
Col risultato di farsi menare per il naso da
chi sa politicamente quel che vuole: la Turchia di Erdogan, gli Usa di Obama, il capitale internazionale alla ricerca di manodopera a basso prezzo e altri ancora.
n
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DI luIgI AMIcoNE
Fisichella e «la fede
viva di Francesco»
«I
l PaPa ha inviato
la lettera a me perché ero il suo destinatario più immediato. Ma ciò denota ancora di più l’ansia
pastorale che muove Francesco nel voler vedere realizzato un Anno Santo in cui la parola misericordia diventa un fatto concreto da vedere e un’azione in cui impegnarsi in prima persona».
Mentre è a colloquio con Tempi, Rino Fisichella, vescovo e capo del
Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione a cui il Santo Padre ha inviato la missiva sull’Anno Santo straordinario (che inizierà il prossimo 8 dicembre per concludersi il 20
novembre 2016), non sa quanto perfetta sia la sua sintesi. Apprenderà solo all’Angelus di domenica 6 settembre che per “fatto da vedere” e “azione in prima persona” Francesco intende anche l’appello
«alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari
di tutta Europa ad accogliere una famiglia di profughi» come «gesto
concreto» per l’Anno Santo».
Eccellenza, come nel Vangelo, nella lettera del Papa sono le donne, e
tra le donne la Samaritana e la Maddalena, le protagoniste...
Guardi, ho ricevuto una telefonata di una giornalista, la quale mi
ha detto che una sua amica molto lontana dalla fede ha fatto esperienza proprio di ciò che lei mi sta riferendo, si è sentita molto toccata da questa lettera e la domanda che ha fatto è: «Come faccio a ottenere questo perdono?». È vero, con poche parole Francesco ha raggiunto
tante donne che hanno nel cuore una cicatrice e che nell’abbraccio
del Papa ottengono di volgere un male in un bene grande.
Non solo Pannella, noi qui e perfino il governo Renzi (che è corso a
precisare «non ci sono le condizioni») ha inteso le parole di Francesco sulla “grande amnistia” come un messaggio rivolto allo Stato.
Sbagliato?
Sbagliato. È il Giubileo stesso a costituire la “grande amnistia”,
una formula che richiama alla storia biblica, quando la proclamazione dell’anno di misericordia comportava la restituzione degli schiavi
e della terra oltre che la remissione dei peccati. Qui
I prOFughI, le dOnne,
non c’è nessuna intenzione di rivolgersi ai governi
I carceratI, sOnO I
e agli Stati. Il Papa pensa ai carcerati che non potendo uscire dal carcere abbiano lo stesso la possibiliprOtagOnIstI dI «un
tà di fare esperienza del perdono e godere dell’inannO santO In cuI la
dulgenza plenaria nei termini toccanti descritti dal
parOla mIserIcOrdIa Papa. Se poi, durante il corso dell’anno, il Papa vordIventa un FattO
rà tornare a riflettere su questo tema dell’amnistia
cOncretO da vedere»
sono sicuro che troverà le forme perché abbia ad
essere un messaggio rivolto ai governi e agli Stati.
Ma non certamente in una lettera scritta a me per il Giubileo.
Anche la nuova apertura ai lefebvriani è significativa, non crede?
Ripeto, quello che emerge nella lettera e nell’appello che in un
certo senso la integra, sono tante situazioni umane legate da un denominatore comune: l’attenzione alle condizioni di ogni singola persona. Perché il Giubileo possa essere una esperienza viva della vicinanza del padre, toccare con mano la sua tenerezza. Perché solo così la
fede rinvigorisce, si rinforza e quindi diventa testimonianza in questo
mondo. E allora ritornaimo alla domanda iniziale: come mai il Papa
ha scritto queste cose proprio a me? Perché la nuova evangelizzazione
non è sinonimo di idee e teorie, ma di fede che tocca e risana la carne
delle persone. La fede viva è fatta di opere generate dall’incontro con
Gesù, volto della misericordia del Padre».
boris
godunov
vogliamo salvare davvero i figli della guerra?
Per fermare il Califfato
buoni sentimenti e progetti
alla Bush non bastano
|
di renato farina
P
erché quella foto colpisce, mentre altre, pur con piccini
straziati e posati nelle bare, molto meno? Perché ne è
scaturita una emozione che in Germania ed Austria è diventata azione?
Perché si vede che può essere nostro figlio o nipote o fratellino. Ha le scarpine allacciate. È la normalità del bimbo a straziarci. Ed è giusto che sia così. Ci ricorda che la guerra può accadere con il suo orrore di bimbi morti a casa nostra. E che
casa nostra allora, se un bambino siriano è un nostro figlio, è
vasta come il mondo. Nessuno può chiudersi nel proprio giardino: che vita è?
Non si tratta di stabilire fino a che punto è colpa nostra oppure sia degli altri, ma di far quel che si può, perché non accada più. E intanto un po’ di lacrime siano asciugate.
Il Papa domenica scorsa non ha fatto all’Angelus un appello impossibile come sono sempre quelli basati su ideologia e
fariseismo, che caricano pesi impossibili sulle spalle dei singoli. Con molta semplicità ha domandato, non ordinato, ma implorato, che ciascuna parrocchia europea ospiti una famiglia,
come ogni monastero, istituto e santuario. In Europa non so.
Ma in Italia le parrocchie sono circa 25 mila. Potrebbero cioè
accogliere circa tra i cento e i centocinquantamila profughi.
Non possiamo acquietarci del tampone della accoglienza
offerto generosamente dalla Merkel (attenzione: profughi).
E neppure la nostra sperabile solidarietà ospitale garantisce
una risposta sufficiente. Bisogna intervenire sulla sorgente dei
guai. La saggezza popolare applicata da Trapattoni al calcio vale per l’ondata di profughi: la spugna (dell’accoglienza) assorbe acqua, acqua, acqua, ma poi la perde.
Che fare? Dare guerra? Sembra inevitabile. Ma anche qui
non si può agire sulla base di slanci emotivi che spesso peggiorano i guai. Dalle guerre non viene mai del bene, e lo sappiamo. Ma oggi la guerra c’è, l’ha scatenata lo Stato Islamico
contro popoli inermi. E si tratta di fermarla. Ma non c’è nulla di scontato. Come si fa a fidarsi dell’Occidente e dei giudizi espressi dagli esperti dei grandi giornali così carichi di ottimi sentimenti?
Un esempio. Chi ha deposto con maggior evidenza sulla
Ci sono esPerienze
ad alePPo, in Certi
villaggi dell’iraq, dove
una strana Pienezza umana
si afferma in forma di
fraternità tra le rovine
e il sangue. i grandi
delle nazioni asColtino
queste Persone, i leader
delle loro Comunità, inveCe
di aCContentarsi dei Pizzini
di generali e ideologi
prima pagina del suo giornale il cadavere del bambino Aylan
è stato Mario Calabresi sulla Stampa. Proprio su quel foglio si
usarono (in buona fede, certo) foto taroccate di finte stragi ad
opera di Gheddafi per giustificare la guerra che ha fatto esplodere la tragedia in Libia e in Siria. Da quella immagine spietata e pietosa scaturirà un attacco armato e dietro di esso agiranno ancora interessi opachi?
Ho una piccola speranza. C’è un fatto nuovo. La disponibilità di Putin ad un accordo con Obama per impedire al Califfato
di espandersi ulteriormente continuando a seminare terrore,
morte, profughi. Insistendo nella persecuzione di minoranze
e tra esse soprattutto di cristiani. Non può bastarci il progetto alla Bush: togliere il tiranno innestando a freddo una democrazia all’occidentale. Gli americani trasformarono parrocchie
e chiese in depositi, ignorando le energie positive ed antiche
di quelle civiltà. Imperfette, ma non esiste nulla di perfetto.
Ci sono esperienze ad Aleppo, in certi villaggi dell’Iraq, dove misteriosamente una strana pienezza umana si afferma in
forma di fraternità tra le rovine e il sangue. I grandi delle nazioni, che noi auspichiamo si incontrino, ascoltino queste persone, i leader delle loro comunità, invece che accontentarsi dei
pizzini di generali e ideologi.
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eSteri la cina del futuro
L’emergenza lavoro attraversa, in modo
diverso, tutti i continenti. Se in Italia la
disoccupazione giovanile rischia di emarginare dal paese tanti ragazzi che si affacciano sul mondo del lavoro dopo la scuola o l’università, in Africa l’assenza di lavoro è una delle principali determinanti dei
drammatici flussi migratori che sono sotto i
nostri occhi. Proprio nello scorso numero di
Tempi, il demografo Gian Carlo Blangiardo ha affermato: «L’Africa è ricca di capitale umano, quello che le manca sono i capitali finanziari e i manager capaci di fare
impresa. Un uomo disposto ad attraversare
il mare su un barcone è certamente uno a
cui non manca spirito di iniziativa: proviamo a formare queste persone, ma seriamente, non per specularci sopra» (cfr. Tempi 36,
“Se scoppia la bomba migratoria”). Quella
che presentiamo è una risposta, piccola ma
non irrilevante, a questo appello: E4impact,
una rete di Master per imprenditori africani ad alto impatto sociale, concepito in Università Cattolica ed erogato in Africa, per
ora, in cinque paesi.
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L’
DI marIo moltenI*
Scommettiamo
sull’Africa?
Foto: Ansa
Non sarà l’assistenzialismo ma un business ad alto
impatto sociale a salvarci dalla bomba migratoria.
Ecco cosa sta succedendo (e con quali vantaggi
per le Pmi italiane) nei paesi subsahariani in cui
la fondazione E4impact ha formato nuovi manager
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e4impact, come tutte
le cose davvero serie, è iniziata
per caso e proseguita con salti
inattesi. Nel 2005 Propaganda Fide chiede all’Università Cattolica di proporre
un master a Castel Gandolfo per futuri
manager africani, una ventina di giovani promesse venuti da tutto il continente. Il Rettore si rivolge ad Altis, l’Alta scuola della Cattolica che da pochi mesi avevo
costituito. Ci lanciamo in questa avventura, che apre a nuovi orizzonti e porta a
buoni risultati.
Ma dopo i primi anni si palesano
due grossi problemi: i fondi necessari
per ospitare in Italia gli studenti africani sono troppi e la crisi economica rende
sempre più difficile reperirli; ma soprattutto i giovani africani, pur attentamente
selezionati, fanno di tutto per rimanere
in Europa. La qualità della vita europea è
troppo attraente. Il risultato ultimo è agli
antipodi di quanto auspicato: anziché
formare i leader del futuro, si finisce per
togliere ai paesi africani giovani di valore.
Un amico, incontrato proprio nell’amavventura di
bito del Master, suggerisce la rivoluzione
necessaria: non gli africani in Italia, ma
il Master in Africa, per offrire un programma di alta qualità rivolto, se non a
tutti, almeno alla nascente classe media.
L’esperimento parte nel 2011 in Kenya,
presso l’Università Cattolica della capitale Nairobi.
L’obiettivo è originale: formare nuovi imprenditori attenti all’impatto sociale
della loro azione. Il programma ha successo. Ma soddisfa più i clienti che noi stessi.
Il Master è troppo simile a quello offerto
in Italia. Occorre mettersi in discussione,
lavorare con loro, generare qualcosa davvero adatto alle esigenze locali.
Nasce così, nel 2013, un nuovo programma. Prevede solo 40 giorni di aula
per consentire all’imprenditore di non
staccare mai dalla propria attività lavorativa. Accanto alle giornate d’aula compaiono le lezioni online (internet in Africa sta sviluppandosi a ritmi straordinari)
e un consulente aziendale a disposizione
per supportare l’affinamento dell’idea di
business. I partecipanti sono di due tipi:
per una metà sono ideatori, alle prese con
lo start-up dell’azienda; l’altra metà è fatta di imprenditori già operanti, pronti a
fare un salto dimensionale. Così concepito, il Master si impone. Gli ex alunni lo
promuovono, il passaparola e i convegni
attirano interesse sulla formula. Nel giro
di due anni il Master, sempre gestito in
partnership con università locali, si radica in cinque paesi: Kenya, Ghana, Uganda, Sierra Leone e Costa d’Avorio (il primo
paese in lingua francese).
Jacqueline e gli altri
Ma chi sono davvero i protagonisti? E
cosa succede a valle del Master? Incontriamone alcuni. Jacqueline Kiage arriva al Master di E4impact con l’idea di
commercializzare in Kenya una gamma
di lampade solari di nuova generazione.
Ma dopo pochi mesi ha una brutta sorpresa: una catena di distributori di benzina leader nel paese le soffia il business.
Jacqueline non si scoraggia e riparte. Suo
marito è un chirurgo oculista presso un
importante ospedale di Nairobi. Con lui
progetta un’impresa sociale in grado
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esteri la cina del futuro
di offrire servizi oculistici di alta quali- ultimi 10 anni costantemente sopra il 5 la zootecnia e l’agricoltura, finanzia uno
tà ad un prezzo accessibile alle comuni- per cento. Sebbene le nostre esportazio- studente in Ghana per esaminare il settotà della regione sud-occidentale del Ken- ni verso quest’area siano più che tripli- re bovino da latte nell’intera East African
ya. Lavora al progetto nei restanti sei mesi cate negli ultimi 20 anni, passando dai Community. Host, azienda di detergenti
del Master e, ottenuto il diploma, si rivol- circa 1,5 miliardi di euro del 1990 ai 5,7 e sanificanti, ha identificato un imprenge a numerose fondazioni. Raccoglie oltre del 2013, tali valori rappresentano anco- ditore del settore in Kenya che frequenta
mezzo milione di dollari e realizza il cen- ra una quota limitata dell’export italia- l’Mba allo scopo di verificare la fattibilitro. A distanza di due anni ha assistito no (circa l’1,5 per cento), e sono concen- tà di una partnership strategica con l’imoltre 20.000 pazienti e si appresta a rea- trati in pochi paesi, soprattutto Sudafri- presa italiana.
lizzare un secondo centro in una diversa ca e Nigeria.
Noi siamo convinti che molte impreIn questo contesto, offrendo una bor- se italiane possano mettersi sulle orme di
area del paese.
Joseph Nkandu ha fondato ed è il sa di studio di poche migliaia di euro, questi casi pilota (per avere più notizie:
direttore di Nucafe, un consorzio di coo- un’impresa italiana può assicurare a un www.e4impact.org/business-scaling-lab/).
perative di produttori di caffè che lavo- giovane africano di talento (o a una gio- A un patto: che scelgano di operare nel
rano in 19 diversi distretti dell’Uganda. vane, perché oltre metà dei partecipan- contesto africano responsabilmente, con
Dopo il Master, Joseph riesce a riunire 155 ti sono donne, e di gran valore!) l’oppor- attenzione all’impatto sociale e ambienassociazioni di produttori, raddoppian- tunità di frequentare il Master. I benefici tale del loro agire.
do il volume di prodotto commercializza- per il giovane sono evidenti, ma è anche
to e assicurando a ciascun coltivatore un l’impresa a “vincere”. Nel corso dell’an- Verso la Fondazione
no di studi, il beneficiario della scholar- Nei mesi scorsi, un gruppo di protagoaumento delle entrate familiari.
Susan Oguya è una giovane donna ship dedica più di 200 giornate ai pro- nisti della vita economica italiana, si
keniota che ha fondato M-Farm, portale getti dell’impresa: ricerche di mercato, imbatte in E4impact. Immediatamente
internet e di servizi Sms che connette i interviste a potenziali clienti e distribu- scorge come il progetto possa costituire
piccoli agricoltori ai mercati finali, per- tori, attività per predisporre una unità una risposta, piccola ma emblematica, ai
mettendo loro di accedere ad
drammatici fenomeni che legainformazioni quali il prezzo al
no Africa ed Europa. Una rispodopo il master Joseph riesce a sta nuova, perché punta tutto suldettaglio dei prodotti, di trovare nuovi clienti, di acquistare le
la mobilitazione delle energie e
riunire 155 associazioni
materie prime direttamente dai
sulle capacità della gente locale,
di produttori di caffé,
produttori saltando gli intera partire dai giovani. Il contrario
mediari.
dell’assistenzialismo e una nuova
raddoppiando il volume di
Stephen Eku, ghanese, è
frontiera per le piccole e medie
oggi a capo di un’azienda aliprodotto commercializzato e aziende italiane. Una risposta
mentare che trasforma latte e
politica, perché costituisce una
assicurando ai coltivatori
frutta. È tra i principali produtdelle soluzioni del sistema Itatori di succhi di frutta, yogurt e
lia alla “bomba migratoria”. Si
un aumento delle entrate
latticini nel suo paese, e serve
decide così di creare una Fondauna rete di 3.000 rivenditori nelzione. La Fondazione, che vedrà
la regione di Accra.
produttiva, sviluppo di relazioni, stesu- tra i suoi Fondatori l’Università Cattolica
Ad oggi il Master ha coinvolto oltre ra delle proiezioni finanziarie e del busi- accanto a nomi di spicco dell’imprendito300 imprenditori in cinque paesi che han- ness plan. Insomma, l’impresa esplora a ria italiana, ha obiettivi ambiziosi: esseno creato almeno 500 posti di lavoro, sen- un costo bassissimo le opportunità esi- re presente in 15 paesi entro il 2020, creza contare i benefici connessi alle nuove stenti in un mercato africano ed entra in scendo al ritmo di almeno due nuovi procompetenze formate e alla nuova menta- rapporto con un giovane esperto, forma- grammi all’anno.
lità che si stanno diffondendo.
to secondo standard europei.
Duemila imprenditori formati, 500
A questa formula hanno fatto ricor- nuove imprese, 3.000 posti di lavoro, 250
L’opportunità per l’italia
so già molte medie imprese italiane. Sipa, docenti africani formati: questi gli obietMa veniamo alle imprese italiane. Come azienda del gruppo Zoppas specializzata tivi di un progetto nato per caso, ma rivesi possono inserire in questo scenario? nella produzione di macchine per la rea- latosi profondamente allineato con le sfiInnanzitutto occorre ricordare che, pur lizzazione di contenitori in Pet, ha coin- de odierne. Ben al di là dell’immaginaziodentro grandi difficoltà, l’Africa sub-saha- volto due studenti del Ghana per effettua- ne dei promotori.
riana è tra le regioni più dinamiche del re un’analisi di mercato nel paese. Sivam,
* direttore altis (alta scuola impresa
mondo, con una crescita economica negli con un catalogo di oltre 900 prodotti per
e società – università cattolica)
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VOSTRO ONORE
MI OPPONGO
CONSEQUENTIA
RERUM
ERRATA CORRIgE, MA NON TROppO
NUOVE COSTOSISSIME E INUTILIZZATE PRIGIONI
Perché non si deve esultare
per il rialzo delle stime
dell’Istat o dell’occupazione
Così l’Italia (non) risolve
l’emergenza carceri.
Lo scandalo di Rovigo
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dI pIER gIACOMO ghIRARdINI
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A
Foto: Ansa
L
a stima preliminare del pil per il secondo trimestre 2015 (diffusa il 14
agosto) indicava una crescita congiunturale pari solo allo 0,2 per cento (in decelerazione rispetto al primo trimestre) e tendenziale dello
0,5 per cento. Il primo settembre l’Istat, presentando i dati dei conti economici trimestrali, rettificava al rialzo le stime rispetto a quelle preliminari (crescita congiunturale dello 0,3 per cento e tendenziale dello 0,7 per
cento), con eccessivo sollievo di governo e giornali. I contributi alla variazione congiunturale del Pil dei reali driver della crescita restano infatti negativi: -0,1 per cento è quello degli investimenti fissi lordi e -0,2 per cento
quello delle esportazioni nette. Il pass-through sull’economia reale del cosiddetto bazooka di Draghi è nullo, non sta producendo domanda effettiva. Anzi a detta della stessa Bce che ha già tagliato le stime di crescita per
l’Europa, si riaffaccia lo spettro della deflazione contro cui il bazooka doveva sparare: ma sebbene a forma di tubo (un vero e proprio euro-dotto a vantaggio delle banche), il bazooka non è un bazooka, e il quantitative easing
non assomiglia ad una vera politica monetaria (a sostegno del tesoro). Inoltre, come già scrivevamo, già nel secondo trimestre 2015 iniziava a pesare sulla crescita italiana la riduzione della domanda estera: cosa succederà
dopo il domino di svalutazioni competitive seguite alla svalutazione dello
yuan in agosto e al forte ridimensionamento della crescita dei paesi emergenti? Non parliamo poi dell’ulteriore decisivo elemento depressivo della
riduzione della spesa della Pubblica amministrazione (-0,2 per cento in termini congiunturali) che sta avvenendo, come ci ha perfettamente rappresentato Luca Antonini la settimana scorsa, tutta a discapito della compoIL pASS-ThROUgh nente moltiplicatrice di crescita e sussidiarietà delle autonomie locali più
SULL’ECONOMIA virtuose (del nord del paese).
Si esulta poi eccessivamente anche per i primi risultati occupazionali
REALE dEL bAzOOkA
positivi (103 mila unità in più rispetto al primo trimestre come dato destadI dRAghI è NULLO.
gionalizzato), mettendo in secondo piano l’enorme livello dei disoccupati (3
pER LA STESSA bCE, milioni 179 mila), tuttora in crescita (35 mila unità in più), e non consideChE hA gIà TAgLIATO rando appieno come questa ripresa occupazionale, dovuta principalmente
LE STIME dI CRESCITA agli incentivi del governo per i nuovi contratti a tempo indeterminato a tupER L’EUROpA, SI tele crescenti, potrebbe risolversi in un fuoco di paglia una volta finiti i solRIAffACCIA ANzI LO di. Si tenga poi sempre a mente che i dati a cadenza infrannuale, quando
non risentono dell’“errore umano” come nel caso delle statistiche erronee
SpETTRO dELLA su assunzioni e cessazioni divulgate recentemente dal ministero del Lavoro
dEfLAzIONE CONTRO (successivamente rettificate), incorporano comunque elementi di incertezza
CUI IL bAzOOkA e di instabilità delle stime.
Insomma, purtroppo, errata corrige ma non troppo.
dOvEvA SpARARE
DI MAURIZIO TORTORELLA
Rovigo, il 23 luglio 2007, eRa aRRivato in pompa magna perfino il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Con forbici e nastro tricolore d’ordinanza,
il guardasigilli aveva lanciato la costruzione del nuovo carcere: una capienza di 210 posti, destinato a soli detenuti uomini. Fu detto in quell’occasione che i
lavori strutturali sarebbero durati quattro anni, per una spesa di 28 milioni di euro. Le cronache della giornata riportano, scolpito nell’inchiostro, l’equilibrato reara il numero ufficiale dei detenuti è calalismo di Mastella, politico reso saggiamente pessimista dal meridionalismo: «Speto da 68.258 a 52.144 (ultimo dato del 31
riamo di adoperarci affinché l’opera non resti un’incompiuta».
luglio 2015). Ma il problema non è affatto
Parole fatalmente premonitrici. Perché di anni in realtà ne sono serviti otto, e
risolto. Perché la capienza massima comdi milioni (finora) ne sono stati impegnati 29. E alla fine, tra mille traversie e diffiplessiva delle 198 strutture penitenziarie
coltà sovrumane, pare che lo abbiano costruito per davvero, il nuovo carcere di Roitaliane resta di 49.552 posti, e denuncia
vigo: da fuori, almeno, si vedono gli alti muri di cinta con le casematte delle guarquindi la presenza di oltre 2.500 reclusi
die; e poco più in là gli edifici destinati alle celle, dipinti di un bel giallo rosato,
oltre la norma.
con le grandi finestre sbarrate… Insomma, tutto sembra a posto.
A Rovigo ora ci sono 210 nuovi posti,
Però non lo aprono, il carcere nuovo. Perché per farlo funzionare, tra arredi
costati 138 mila euro
e strutture interne, pare che di milioni
l’uno e inutilizzati. Semne manchino ancora 20 (venti!). SopratNEL 2007, PRESENTE L’ALLORA MINISTRO
pre a Rovigo, aggiunge
tutto, mancano gli agenti penitenziari
l’avvocato Berti, la canecessari: si dice ne servano 180. Strano: MASTELLA, fU ASSICURATO ChE I LAVORI
sa circondariale di via
di passaggio a Rovigo, lo scorso marzo, SAREbbERO DURATI qUATTRO ANNI,
Giuseppe Verdi, quella
l’attuale ministro della Giustizia An- PER UNA SPESA DI 28 MILIONI DI EURO.
che nel 2007 doveva esdrea Orlando aveva garantito l’imminen- «SPERIAMO DI ADOPERARCI AffINChé
sere sostituita in quatte apertura dela struttura. Invece nulla.
L’OPERA NON RESTI UN’INCOMPIUTA»,
tro anni e oggi contiene
«Spero sia un problema momentaneo»,
ancora 75 detenuti (in
commenta il presidente dell’Ordine de- DIChIARò IL GUARDASIGILLI AI GIORNALI.
sovrannumero), «è vecgli avvocati della città, Giampietro Berti. PAROLE fATALMENTE PREMONITRICI
chissima e necessitereb«Altrimenti sarebbe un scandalo di proporzioni nazionali».
dannato dalla Corte europea dei diritti be di interventi di manutenzione straordell’uomo per lo stato infame delle sue dinaria che fino a ora non sono mai stati
210 posti da 138 mila euro l’uno
strutture carcerarie. La Corte di Strasbur- effettuati in quanto si pensava di doverHa ragione, l’avvocato Berti: lo scandalo go, nel 2013, censurò l’Italia per il tratta- si trasferire nel carcere nuovo». Le cronac’è tutto. E grida vendetta. Perché è vergo- mento inumano riservato ad alcuni suoi che recenti parlano di aggressioni violengnoso che il denaro pubblico venga spre- reclusi, costretti in spazi inferiori ai quat- te e di agenti ridotti allo stremo.
Vogliamo dirla tutta? Lo scandalo del
cato in questa maniera assurda. E quello tro metri quadrati, in strutture fatiscendi Rovigo non è uno scandalo locale, ma ti (l’80 per cento delle prigioni italiane carcere fantasma meriterebbe l’attenzioassurge a caso nazionale, se non conti- ha più di un secolo di vita), senza servi- ne non soltanto del ministero della Giunentale. Perché l’indecorosa vicenda del zi igienici e senza docce, e quasi prive di stizia, ma anche della locale procura: c’è
carcere fantasma accade in un Paese che assistenza medica. Ed è vero il dato di cui un magistrato, a Rovigo?
due anni fa è stato clamorosamente con- oggi fa vanto il ministro Orlando: da alloTwitter @mautortorella
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SOCIETÀ
FETI IN VENDITA
Una manifestazione
per il ritiro dei fondi
pubblici federali a
Planned Parenthood
organizzata a Austin,
texas, dopo l’uscita dei
primi filmati del center
for Medical Progress
«Mi lasci fare un esempio recente dell’ostinata ristrettezza del pensiero liberal nei
media. Quando è stato pubblicato il primo filmato segreto su Planned Parenthood a metà luglio, chiunque si informi solo
attraverso i media liberal è stato tenuto
totalmente all’oscuro, perfino dopo l’uscita del secondo filmato. Ma quei video giravano non-stop in tutti i talk show conservatori alla radio e in tv. Era una storia
enorme e inquietante, ma i media liberal
sono rimasti in silenzio totale. Una censura scandalosamente non professionale. I
maggiori media liberal stavano cercando
di seppellire una notizia ignorandola. Ora,
io sono stata un membro di Planned Parenthood e sono una convinta sostenitrice dei
diritti riproduttivi senza restrizioni. Ma
sono rimasta disgustata da quei filmati e
ho subito avuto la sensazione che ci fossero state gravi violazioni dell’etica medica
nella condotta dei rappresentanti di Planned Parenthood». (Camille Paglia intervistata da David Daley per Salon, 29 luglio)
L
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DI PIetro PIccInInI
Una clamorosa video inchiesta girata alle spalle
del colosso dell’aborto Planned Parenthood
costringe l’America a riesumare dubbi e domande
che sembravano morti e sepolti sotto decenni di
“diritti civili”. Ecco perché è così difficile parlarne
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Foto: Ap Exchange
Storia di
una grande
censura
Planned Parenthood Federation of
America è la più grande fabbrica di
aborti del mondo, anche se preferisce definirsi «provider di servizi per la
cura della salute riproduttiva delle donne». Sotto la sua bandiera sono riunite
59 imprese affiliate, per un totale di quasi 700 cliniche sparse in tutti gli Stati Uniti, all’interno delle quali si consuma circa il 30 per cento di tutti gli aborti praticati nel paese. Sono più di 300 mila aborti ogni anno (nel report 2013-2014 erano
esattamente 327.653), diversi milioni se
si considerano i decenni di attività. Non
solo. Planned Parenthood (Pp) è anche un
gigante dal peso politico notevole: non è
stato ininfluente per esempio il suo esplicito appoggio a Barack Obama, e soprattutto gode di finanziamenti pubblici per
mezzo miliardo di dollari (528 milioni
solo l’anno scorso, su un incasso totale
di 1,3 miliardi). Ovvio che sia diventata il
nemico numero uno del movimento prolife americano. Negli anni l’hanno accusata di tutto, dal razzismo alla manipolazione delle coscienze. Ma quella cominciata
poche settimane fa è forse la più dura delle campagne mai orchestrate contro Pp. E
potrebbe lasciare un segno indelebile su
questo brand planetario dei “diritti riproduttivi”. Peccato che tanti giornali italiani
non se ne siano proprio accorti.
a
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SOCIETÀ FETI IN VENDITA
La nuova bestia nera di Pp si chiama
Center for Medical Progress (Cmp), ed è
una organizzazione no profit californiana dedita al «controllo dell’avanzamento della medicina, con particolare attenzione alle questioni bioetiche che incidono sulla dignità umana». Erano emeriti
signori nessuno fino all’inizio di questa
estate. Adesso sono famosissimi. Per ben
due anni e mezzo, fingendosi procacciatori di tessuti fetali da girare ai laboratori di ricerca, e aprendo perfino una startup fittizia per essere più credibili, si sono
infiltrati nelle strutture di Pp, hanno
ottenuto colloqui d’affari con manager e
dipendenti della società e di altre imprese attive nel mercato del “tissue procurement”, e hanno ripreso tutto, per lo più
di nascosto. Il risultato sta uscendo a rate
su internet, in duplice formato: un documentario a puntate intitolato significativamente Human Capital, capitale umano, e una serie di filmati con gli incontri tra gli emissari “undercover” del Cmp
e i pezzi grossi di colosso abortivo. Tutto il materiale raccolto documenterebbe,
secondo gli autori, un’accusa devastante: Planned Parenthood è al centro di un
gigantesco traffico illegale di organi di
feti abortiti.
L’orrore e la mobilitazione
Di sicuro, nella loro lunga incursione
oltre la cortina della “libertà di scelta delle donne”, i militanti del Cmp si sono trovati davanti (e ora ripropongono al mondo) scene difficilmente riproducibili su
carta. Colazioni di lavoro in cui si discute con disinvoltura di quantità e qualità di fegati, cuori, polmoni, reni, braccia e gambe “prodotti” in serie dalle cliniche affiliate a Pp. Battute su Lamborghini pretese in premio per gli ottimi accordi strappati, o su teste intere di bambini abortiti inviate ai laboratori di ricerca
per garantire la conservazione del tessuto
neurale richiesto («così aprono la scatola
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Due fotogrammi
dei filmati
“undercover”
girati all’interno
delle cliniche
di Planned
Parenthood (Pp)
dagli attivisti
del Center for
Medical
Progress (Cmp).
In alto, David
Daleiden,
fondatore del
Cmp e Cecile
Richards,
presidente di Pp
«PIù E PIù vOLTE – dICE dALEIdEN – AbbIAmO SENTITO dALLE
LOrO bOCChE ChE fANNO I SOLdI vENdENdO PArTI dI bImbI
AbOrTITI E ChE LO fANNO PEr mOTIvI dI PrOfITTO»
e fanno: “Oddio!”»). Manager che sorseggiano vino e gustano insalatine mentre
spiegano di avere «fatto un 17 settimane
proprio stamattina». O che discettano delle tecniche abortive più adatte alla conservazione degli organi. Testimoni che
ricordano casi di bambini nati vivi e fatti
a pezzi con le forbici. Intermediari di tessuti fetali che raccontano di ordini da «50
fegati a settimana» e di “prodotti del concepimento” letteralmente «caduti fuori»
dalle pazienti.
È una lunga galleria degli orrori e di
immagini vietate ai minori in cui spiccano per altro alcuni elementi documentali e dichiarazioni abbastanza compromettenti. C’è il volantino di StemExpress,
una grossa società per la fornitura di tessuti fetali, distribuito alle cliniche affiliate a Planned Parenthood per proporre loro collaborazioni con grandi «benefici finanziari». C’è il listino dei compensi
garantiti da un altro importante player di
questo mercato per ogni campione di tessuto ricevuto. Ci sono soprattutto diversi
accenni, sempre da parte dei rappresentanti di Pp, alla possibilità di «alterare il
processo» per ottenere «intact fetal cadavers» e cioè «campioni migliori di tessuto»
(confessione che secondo il Cmp configurerebbe una pratica illegale tanto quanto
il commercio di membra umane: l’aborto
a nascita parziale).
«La prima [sorpresa, ndr] è stata la facilità con cui abbiamo avuto accesso ai piani più alti di Planned Parenthood dicendo che volevamo comprare da loro parti di
bambini (sebbene non l’abbiamo messa giù
in maniera così crudele). Abbiamo detto le
“parole magiche”. È stata la nostra corsia
preferenziale per entrare nel cuore dell’industria dell’aborto». (David Daleiden, fondatore del Cmp, intervistato dal National
Catholic Register, 11 agosto)
I vertici di Planned Parenthood,
dall’inizio dello scandalo, ripetono che
non si tratta affatto di vendita illegale di organi e tessuti fetali in cambio di
denaro, bensì di regolarissime “donazioni alla ricerca” effettuate per volontà delle
pazienti e dietro il versamento di semplici
“rimborsi” per le spese sostenute per il servizio. Ma David Daleiden, il 26enne attivista cattolico fondatore del Cmp, giura che
nei 30 mesi di inchiesta “undercover” lui e
i suoi hanno scoperto che Planned Parenthood non si sobbarca alcuna spesa e che
della raccolta dei tessuti si occupano direttamente i tecnici delle ditte intermediarie.
«Più e più volte – dice – abbiamo sentito
dalle loro bocche che fanno i soldi vendendo parti di bambini abortiti e che lo fanno
per motivi di profitto».
Parallelamente, mentre prosegue il
video-assedio del Cmp (a partire dal 14
luglio sono dieci i filmati già pubblicati su dodici, milioni le visualizzazioni su
YouTube), è ripartita la battaglia politica
per il “defunding”, il ritiro dei fondi federali destinati ogni anno a Planned Parenthood. Un primo tentativo organizzato
dai repubblicani è già fallito al Senato il
4 agosto, ma ci saranno altre votazioni e
inevitabilmente il caso è diventato uno
dei temi più caldi della campagna elettorale per le presidenziali 2016. Prospettiva che preoccupa il colosso degli aborti
anche di più di fattacci come l’incendio
doloso appiccato nella notte del 4 settembre a una clinica Pp di Pullman, nello stato di Washington, subito definito «effetto degli attacchi falsi e incendiari che alimentano la violenza degli estremisti».
«Quattro commissioni del Senato e della
Camera stanno indagando attualmente
sulle accuse contro Planned Parenthood. Al
Senato si è già tenuto un voto in merito al
tentativo di togliere il finanziamento fede-
ned Parenthood). Giornali e siti di area
conservatrice sono scatenati. Fox News
ha mandato in onda l’inchiesta di Daleiden. Anche la Cnn ne segue gli sviluppi. E
se diversi aspiranti candidati conservatori alla Casa Bianca si sono schierati con i
pro-life, Hillary Clinton promette che non
smetterà di sostenere il gigante degli aborti «per il diritto di scelta delle donne».
I furfanti dell’informazione
La linea di difesa di Pp, messa per iscritto dalla presidente della federazione Cecile Richards in una lettera inviata al Congresso e accompagnata da una “forensic
analysis” dei filmati prodotti dal Cmp, è
la seguente: quei video sono pesantemente ritoccati, non contengono alcuna prova dei reati denunciati, e se c’è qualcuno che ha infranto la legge quello è Daleiden, autore di una truffa industriale, falsario di identità e ladro di dati.
Se sia vero o meno che Planned Parenthood non smercia organi di bambini
Se I repubbLIcanI SI Sono SchIeratI contro IL gIgante
degLI abortI, La cLInton promette che non Smetterà
dI SoStenere «IL dIrItto dI SceLta deLLe donne»
rale a Planned Parenthood, e alla Camera
potrebbe svolgersi una votazione simile in
settembre. Numerosi senatori e deputati, al
pari di alcuni candidati repubblicani alle
presidenziali, prospettano lo “shutdown”
del governo federale se non saranno cancellati i fondi a Planned Parenthood. Ovviamente prendiamo questo tema molto sul
serio». (Cecile Roberts, presidente di Planned Parenthood Federation of America, lettera al Congresso, 27 agosto)
La politica si è mobilitata a tutti i livelli. Anche a livello dei singoli stati sono partite indagini sui presunti reati denunciati dal Cmp (alcune delle quali per la verità si sono già concluse a favore di Plan-
abortiti ma si limita ad agevolare nobili
“donazioni alla scienza” fra un aborto e
l’altro, questo si vedrà. Ed è facile prevedere che la battaglia sul fronte legale sarà
in larga misura tecnica e cavillosa. Qual
è la linea di demarcazione che distingue
una vendita da una donazione? E qual è
il limite oltre il quale un rimborso diventa un prezzo? Forse davvero – benché resti
da chiarire il coinvolgimento dei massimi vertici aziendali nel presunto mercato
illegale di feti abortiti – questo scandalo
alla fine risulterà poca cosa per Planned
Parenthood a livello giudiziario (a livello
di immagine il discorso è più complicato), specie se è vero che solo una minima
parte delle cliniche afferenti al gruppo è
coinvolta nella ricerca sui tessuti fetali,
come sostiene la Richards.
Una cosa però è sicura. Daleiden è un
mezzo furfante dell’informazione. Lui e i
suoi segugi potrebbero aver violato diverse leggi federali spacciandosi per procacciatori di organi. Ne è convinta Planned
Parenthood, che ha chiesto al Congresso
(con l’appoggio di importanti esponenti democratici) di rendere la pariglia agli
«estremisti» aprendo inchieste anche su
di loro. Ne è convinta anche la californiana StemExpress, l’intermediario di tessuti fetali che esce malconcio almeno quanto Planned Parenthood da questa video
inchiesta, e che si è rivolto ai giudici (finora invano) per mettere a tacere il Cmp.
Anche la National Abortion Federation
ha denunciato Daleiden alla giustizia, nel
tentativo di impedirgli di diffondere le
immagini “rubate” a un meeting annuale dell’organizzazione.
La rimozione collettiva
Prevedibilmente, i grandi giornali più o
meno liberal, dal Washington Post al New
York Times, si sono affrettatti a scendere in campo in difesa dei campioni della
“salute riproduttiva” contro questo «tentativo disonesto di fare apparire come atroci
e illegali quelle che invece sono donazioni di tessuti legali, volontarie e potenzialmente in grado di salvare vite» (Nyt, editoriale del 6 agosto), tentando di ricacciare
dietro al paravento dei soliti termini eleganti l’ombra di una realtà ben più sconvolgente e sanguinolenta.
Può suonare curioso l’accento censorio assunto per l’occasione da un giornale, il New York Times, che poco tempo fa
non si è fatto altrettanti scrupoli quando
si è trattato di ospitare l’appello di Michael Moore e Oliver Stone «per il futuro della libertà di espressione» e cioè per Julian
Assange, fondatore di Wikileaks, altro
gran furfante dell’informazione. Tuttavia il quotidiano newyorkese ha quan|
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SOCIETÀ FETI IN VENDITA
to meno il merito di non essersi nascosto del tutto la notizia. E in Italia la grande stampa quando deciderà di occuparsi di questo “major theme” della campagna elettorale?
Non è facile decidere di affrontare
la (non) notizia di questo mega scandalo, non è mica un’inchiesta scomoda sul
business dell’olio di palma. I video del
Cmp obbligano a riesumare domande e
dubbi considerati morti e sepolti nella
maggior parte delle redazioni italiane. È
roba da pro-life, e che schifo i pro-life con
le loro immagini shock. Ecco. La sensazione è che l’inchiesta di Daleiden costringa a guardare cose, fatti, notizie che sono
CD: «Proprio così. Ma noi sappiamo di cosa
si tratta (…)».
Cmp: «Si torna al grande stigma».
CD: «Sì. E i loro tecnici di laboratorio vanno fuori di testa, hanno crisi di nervi… Penso francamente che è per questo che tanti
ricercatori, alla fine, alcuni di loro vogliono passare ad altro. Vogliono occuparsi di
midollo osseo, vogliono occuparsi di tessuto adiposo, qualcosa che sia prelevato da
umani adulti. Preferiscono evitare di pubblicare un articolo che dica che è stato ricavato da tessuti fetali».
Intervistato l’11 agosto dal National
Catholic Register, Daleiden ha raccontato
SOrprENDENTE è «IL CONfLITTO ChE vIvONO mOLTI mEDICI
abOrTISTI. INTELLETTuaLIzzaNO quEL ChE faNNO
IN mODO Da NON DOvErNE affrONTarE LE CONSEguENzE»
da troppo tempo oggetto di una grande rimozione collettiva. La più colossale
e ostinata rimozione contemporanea. Di
cosa parliamo quando parliamo di “diritto di scegliere”, di “salute riproduttiva”,
di “donazioni alla scienza”? Di cosa parliamo quando parliamo di aborto?
Lo scandalo Planned Parenthood è la
storia di una clamorosa auto-censura.
Cate Dyer (fondatrice e amministratore
delegato di StemExpress): «In effetti molti laboratori accademici non ce la fanno».
Finto intermediario del Cmp: «Perché? Non
capisco».
CD: «È quasi come se non volessero sapere da dove arriva [il campione di tessuto,
ndr]. Io lo vedo proprio. Dicono: “Abbiamo
bisogno di arti, ma non c’è bisogno che ci
siano attaccati mani e piedi”. (…) Oppure vogliono ossa lunghe, ma ti chiedono
di togliere tutto, in modo che non si capisca cosa sia».
Cmp: «Disossami il pollo e io lo mangerò, ma…».
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come sia stata dura anche per lui resistere davanti agli addetti in camice di Planned Parenthood mentre pescavano con
le pinze i campioni di tessuto fetale tra i
resti insanguinati degli aborti e glieli esibivano per mostrargli la qualità del “prodotto”. «È stata la cosa più difficile da
sopportare», ricorda. Una grande sorpresa, invece, è stata scoprire «quale conflitto vivono molti medici abortisti riguardo al lavoro che fanno. Cercano in ogni
modo di razionalizzare o intellettualizzare quel che fanno, rigirano la discussione
in modo da non dovere affrontare le conseguenze delle loro azioni. Non vogliono
affrontare il dolore e il rimorso che provano. Una dei medici che abbiamo incontrato, Deborah Nucatola (apparsa nel primo video “undercover” pubblicato dal
Cmp, ndr), aveva la voce strozzata quando
parlava dei particolari delle procedure. Si
strofinava gli occhi, ma poi continuava e
tentava di comportarsi come se nulla fosse. E non è l’unico medico abortista che
abbiamo visto comportarsi così».
C’è un altro segnale che conferma
come il vero tema inquietante di questo
caso censurato sia la rimozione di una evidenza. In una lettera inviata al Congresso di Washington il 31 agosto in risposta a
quella di Cecile Richards, Daleiden sottolinea un dettaglio: è strano come Planned
Parenthood nella sua “forensic analysis”
(che per altro secondo il Cmp non è affatto
un’opera di tecnici “indipendenti” come
sostiene la Richards) si accanisca tanto su
due frasette in particolare, contenute in
una sequenza girata all’interno di una clinica affiliata, allo scopo di dimostrare che
non è sicuro che a pronunciarle sia stato il personale della struttura. Le paroline fastidiose sono: «È un bambino!» («it’s
a baby!») e «è un altro maschietto!» («another boy!»). È «significativo», nota Daleiden, che Planned Parenthood, con tutte le
accuse che si ritrova addosso, si preoccupi di «isolare queste due frasi per sottoporle a un esame speciale: sono ammissioni
da parte di abortisti di Planned Parenthood della violenza connaturata al loro lavoro. Ma il modo in cui il report si concentra
su di esse (…) sembra suggerire che anche
Planned Parenthood ha la coscienza sporca per l’uccisione di bambini».
La violenza in gioco
Avviso ai genitori: i termini in gioco in questa disputa sono violenti ed molto espliciti, così come sono violente ed esplicite
le immagini rubate dal Center for Medical Progress. Si parla di bambini soppressi, aspirati, frullati e venduti a pezzi. Tutte cose che si vedono. È un tema da stomaci forti. Troppo “pro-life americano” per
non apparire indigesto alle nostre moderne coscienze dopo tre o quattro decenni
di “diritti civili”. Perciò, non sorprende il
silenzio pressoché totale dei media italiani. Ma prima di decidere che non valga la
pena di parlarne perché “i lettori non capirebbero”, bisognerebbe chiedere un parere
a David Daleiden, di anni 26.
n
CHIESA
iNeStirpAbile FeDe
O
Asciugate
le lacrime
di Dio
È questa la missione affidata da padre Werenfried
ad Aiuto alla Chiesa che soffre. Dal 1947 l’Opera dà
voce ai popoli perseguitati attraverso progetti, costruzioni
e finanziamenti. Nata per aiutare i fratelli in fuga dalla
Cortina di Ferro, oggi è presente in 21 paesi del mondo
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DI RACHELE SCHIRLE
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| Foto: ACS
ggi in iraq , ieri in Germania.
Per sostenere la Chiesa in tutto il
mondo e al tempo stesso denunciare le violazioni alla libertà religiosa. È
sempre stata questa la doppia anima di
Aiuto alla Chiesa che Soffre, fondazione
pontificia con sede in 21 paesi nel mondo.
La storia dell’Opera iniziò nel Natale
1947 sulle colonne della rivista Toren (La
Torre), pubblicazione dell’Abbazia di Tongerlo in Belgio, dove il monaco premostratense padre Werenfried van Straaten scrisse l’accorato articolo “Nessun posto alla
locanda” per denunciare la sorte dei quattordici milioni di sfollati tedeschi – sei
milioni dei quali cattolici – fuggiti dall’Europa Orientale in seguito alla ridefinizione
dei confini della Germania. Spinto dall’invito di Pio XII ad «aiutare i nemici di ieri»,
il monaco olandese bussò di casa in casa
chiedendo alle massaie fiamminghe di
sostenere quegli stessi tedeschi che avevano ucciso i loro figli ed i loro mariti. Nonostante le difficoltà economiche del secondo Dopoguerra, il carisma di padre Werenfried riuscì a toccare i cuori e a raccogliere vestiti, viveri e moltissimo lardo, l’unico bene che non mancava mai nelle case
di belgi e olandesi. Ne raccolse diverse
tonnellate, tanto da guadagnarsi il famoso soprannome di Padre Lardo. Nacquero
così i primi progetti: le motociclette per i
tanti sacerdoti che assistevano i profughi,
e le cosiddette “cappelle volanti”, dei pullman trasformati in chiese che permisero ai rifugiati di assistere alla Messa anche
nelle aree più remote. Lo stesso “format”
sarà ripreso negli anni Novanta per i “battelli-cappella”: barche trasformate in chiese per portare la parola di Dio lungo i fiumi dell’ex Unione Sovietica.
Rapporto sulla libertà religiosa
Già dopo pochi mesi, padre Werenfried si
rese conto che assieme ai profughi, giungevano moltissime testimonianze della persecuzione anti-cristiana perpetrata oltre la
Cortina di Ferro. Per dare voce alle sofferenze della “Chiesa del silenzio” nel 1952
il monaco organizzò un convegno a Königstein in Germania, dove si trova tuttora
la sede internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Negli anni seguenti, le testimonianze dei cristiani perseguitati hanno
trovato ampio spazio nel bollettino di Acs,
l’Eco dell’Amore, nato nel 1954 e pubblicato ancora oggi in dieci lingue diverse.
Aiuto alla Chiesa che Soffre non ha
mai smesso di dare voce ai cristiani perseguitati. Dapprima oltre la Cortina di Ferro
e poi via via in Asia, Africa, America Latina. Ovunque vi sia una Chiesa sofferente o i cristiani subiscano discriminazio|
| 16 settembre 2015 |
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chiesa INESTIRPABILE FEDE
In queste immagini, alcuni progetti
realizzati da Acs. A destra, una
“chiesa-battello” in funzione sul Volga
negli anni Novanta. Nell’altra pagina,
una “cappella-volante” utilizzata da
padre Werenfried nel Dopoguerra
contatto con la Chiesa locale per poi varare un piano straordinario di 4 milioni di
euro, che comprende otto scuole e 150
alloggi prefabbricati, oltre a beni di prima necessità e a regali di Natale per più di
15 mila bambini. Grazie a queste strutture oggi molti dei cristiani rifugiati in Kurdistan hanno una sistemazione dignitosa.
La fondazione continua a sostenere i
cristiani iracheni attraverso la preghiera
– il 6 agosto scorso è stata indetta assieme
spinto dall’invito di pio Xii ad «aiutare i nemici di
ieri», il monaco chiese alle donne di sostenere quegli
stessi tedeschi che avevano ucciso i loro figli e mariti
di trecentomila. «Acs è la nostra voce nel
mondo», ha affermato monsignor Emil
Shimoun Nona, arcivescovo di Mosul dei
caldei nell’ottobre 2013. Appena otto mesi
dopo la sua diocesi è caduta nelle mani
dello Stato islamico. Acs ha risposto prontamente alle esigenze delle migliaia di cristiani fuggiti da Mosul nella notte tra il
9 e il 10 giugno 2014, con un primo contributo straordinario erogato appena una
settimana dopo la conquista della città.
Per far fronte alle enormi necessità degli
oltre 120 mila cristiani rifugiatisi nel Kurdistan iracheno, Acs ha lavorato a stretto
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al patriarca Raphael Louis I Sako una giornata mondiale di preghiera per la pace
in Iraq – e il supporto concreto. Come ha
recentemente ricordato l’arcivescovo di
Erbil, monsignor Bashar Warda, le donazioni di Acs dal giugno 2014 ad oggi – 7
milioni e 200 mila euro – rappresentano
oltre il 60 per cento degli aiuti ricevuti
dalla Chiesa irachena dall’inizio di questa
drammatica crisi.
I progetti in Iraq riflettono il costante
aumento del sostegno di Acs a profughi e
sfollati interni, cui la fondazione ha devoluto oltre 10 milioni di euro dal gennaio
2014 al giugno 2015. Per quanto il principale compito di Acs sia sostenere la Chiesa povera e perseguitata in tutto il mondo,
l’Opera non ha mai tralasciato l’aiuto ai
rifugiati, oggi particolarmente necessario
a causa del drammatico incremento dei
flussi migratori che riguarda molte comunità cristiane in fuga dalla persecuzione.
Ma le aree di intervento dei progetti
finanziati da Acs sono tra le più varie, per
andare incontro alle diverse esigenze delle Chiese locali. L’unicità della fondazione
pontificia risiede nel non creare progetti,
ma nel rispondere alle richieste dei vescovi, assicurandosi di rispettare le necessità e le priorità del territorio. Il fondatore padre Werenfried ha affidato ad Acs la
missione di «asciugare le lacrime di Dio
ovunque Egli pianga» e dopo 68 anni di
storia la fondazione continua a portare
avanti tale compito.
Nel 2014 Acs ha realizzato ben 5.614
progetti in 145 paesi nel mondo. Un risultato reso possibile dalla generosità degli
oltre 600 mila benefattori che da tutto il
mondo hanno donato oltre 105 milioni
di euro. Notevole è il numero di progetti di costruzione e restauro. Nel 2014 Acs
ha finanziato 1.508 costruzioni tra chiese, cappelle, seminari, centri pastorali ed
altri edifici religiosi. Tra questi anche alcu-
ne delle chiese distrutte da Boko Haram in
Nigeria. In molti paesi poveri le intenzioni
di sante Messe rappresentano l’unica forma di sostegno per i sacerdoti che non possono contare sulle offerte dei propri fedeli. L’anno scorso la fondazione ha aiutato
35.214 sacerdoti grazie a 1.219.063 Messe
celebrate in base alle intenzioni dei benefattori: una ogni 26 secondi.
Foto: ACS
ni o persecuzioni. Dal 1999 questa missione di denuncia trova uno strumento
essenziale nel Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo che fotografa il grado di
rispetto di questa libertà in ciascun paese, con riferimento a ogni tipo di violazione riguardante i credenti di qualsiasi
fede. L’ultima edizione del Rapporto, pubblicata nel novembre 2014, rivela come la
libertà religiosa subisca più o meno gravi
limitazioni in 116 paesi al mondo, ovvero nel 60 per cento delle nazioni. I cristiani si confermano essere ancora il gruppo religioso maggiormente discriminato e perseguitato. Minoranza oppressa
in numerosi paesi, anche in quelle terre
dove i fedeli di Cristo abitano da secoli e
oggi sono sconvolte dal terrorismo. Come
l’Iraq, dove la presenza cristiana rischia di
scomparire per sempre. Acs ha iniziato a
sostenere la Chiesa locale nel 1984, intensificando il suo supporto dopo lo scoppio
della guerra nel 2003. Già prima dell’invasione dell’Isis i cristiani iracheni hanno
infatti subito violenze e discriminazioni
che hanno portato alla drastica riduzione
dei fedeli da oltre un milione a poco più
Il trattore delle suore
Molte delle diocesi e delle parrocchie
coprono vasti territori spesso difficili da
attraversare a causa delle cattive condizioni delle strade. Acs dona numerosi fuoristrada, motociclette, biciclette e mezzi più “originali” come barche, gommoni e piroghe che servono per raggiungere le comunità più isolate. A Gambella,
in Etiopia, durante la stagione delle piogge il vicario apostolico monsignor Angelo
Moreschi visita le parrocchie con il motoscafo donato da Acs. Altri mezzi sono invece fondamentali per la sussistenza delle
comunità, come il trattore acquistato per
le monache carmelitane di un monastero
di Cochabamba in Bolivia.
Gli aiuti alla motorizzazione sono nati
nei primi anni Cinquanta con i “veicoli di
Dio” donati ai sacerdoti che assistevano
spiritualmente i milioni di profughi tede-
DaI prImI annI cInquanta sono statI DonatI moltIssImI
“veIcolI DI DIo”, moto, bIcI, fuorIstraDa, pulmInI.
anche battellI e pIccole canoe per raggIungere tuttI
schi. Radici antiche ha anche il sostegno
di Acs alle pubblicazioni religiose: dal
Nuovo Catechismo della Chiesa greco-cattolica ucraina alla versione in cinese della Summa Theologiae, la più famosa delle
opere di san Tommaso d’Aquino; dal catechismo per i giovani Youcat alle innumerevoli traduzioni di testi quali il Messale
romano e i libretti per la recita del Rosario. E ovviamente l’ormai famosa Bibbia
del Fanciullo, il testo illustrato nato nel
1979 e pubblicato in 178 lingue diverse,
per un totale di oltre 51 milioni di copie.
Grande il contributo anche alla formazione di sacerdoti, religiosi e seminaristi.
Lo scorso anno Acs ha garantito un’istruzione a 9.669 seminaristi, uno ogni dodici nel mondo. Un altro ambito di intervento importante è la promozione del
dialogo interreligioso, anche attraverso
i media cristiani sostenuti da Acs. Come
le radio diocesane, diffuse soprattutto in
Africa, che oltre a essere un prezioso strumento al servizio dell’evangelizzazione
e dell’educazione, promuovono la conoscenza dei valori e degli insegnamenti cri-
stiani, avvicinando le altre comunità religiose. Molte di queste emittenti rappresentano l’unica forma di intrattenimento in un determinato idioma e sono ascoltate anche da non cristiani. Altro esempio
in tal senso è Sat 7, l’emittente cristiana
creata nel 1997 per il pubblico di Turchia,
Iran e Mondo Arabo. Il progetto è nato
dalla convinzione che soltanto un’informazione onesta possa arrestare il processo che dall’ignoranza conduce al pregiudizio e al diffondersi dei conflitti. Sat 7 è
seguita da molti musulmani perché utilizza un linguaggio che incontra il gusto dei
telespettatori locali. Le trasmissioni sono
quasi interamente realizzate in Medio
Oriente da cristiani mediorientali e nel
2007 è stato creato un canale per i più piccoli, molto popolare anche tra i bambini
musulmani. Da un recente studio è emerso che il canale è seguito da un bambino su quattro in Arabia Saudita. Un’emittente che trasmette valori cristiani e che
è seguita anche dai bambini musulmani
può contribuire non poco a un proficuo
dialogo interreligioso futuro.
n
|
| 16 settembre 2015 |
35
outsourcing
Infine, core business storico della società, Servizi Italia
si occupa di erogare servizi di lavanolo (un business che rappresenta, in un paese in cui il numero di posti letto affidati in
outsourcing è pari circa al 95 per cento del totale, il 75,3 per
cento del fatturato al 30 giugno 2015). Una volta sanificati, gli
articoli tessili (lenzuola, federe, copriletti, coperte, ma anche
camici, divise ecc) e di materasseria noleggiati al cliente, dopo
l’utilizzo presso i presidi ospedalieri, vengono ritirati e ricondizionati (lavaggio, essiccazione, stiratura, piegatura) nelle lavanderie industriali della società e di seguito riconsegnati ai reparti
e al personale tramite l’erogazione dei servizi di logistica distributiva e di guardaroba.
l’impresa che si evolve con il mercato
la storia di servizi italia
partner strategico
del mondo sanitario
Crescere nel mondo
H
30 anni di storia: tanti ne sono
passati da quando, nel 1986, dall’iniziativa di Siram ed Energon, due aziende
operanti nel settore lavanderia e lavanolo, nasce Servizi Italia. Una nuova società, che ereditando forze e know-how dei soggetti fondatori, inizia una veloce strategia di acquisizioni e
partecipazioni in imprese operanti nell’ambito delle lavanderie industriali, distinguendosi
in fretta sul mercato come soggetto vivace e interessante, capace di solidi progetti di sviluppo. Una fase di espansione coronata, nell’aprile
2007, con la quotazione in Borsa e la successiva ammissione del segmento STAR nel 2009: da
quel momento Servizi Italia si apre al mondo
e inizia un processo di internazionalizzazione che ancora oggi carica di frutti la storia di
una società che continua a crescere e irrobustire un modello di business senza precedenti
nel settore.
Ma di cosa si occupa Servizi
Merito di un modello di business
Italia? Con ricavi registrati nel
il gruppo si rivolge alle aziende caratterizzato da un’elevata flessi2014 pari a 234, 3 milioni di euro, 17 stabilimenti di lavandesanitarie pubblicHe e private bilità produttiva e da una strutturia industriale (14 sul territorio
offrendo una gamma di servizi ra organizzativa snella ed efficiente
capace di presidiare l’intera filiera
italiano e 3 in Brasile), 6 centrali di sterilizzazione biancheria, integrati di noleggio, lavaggio produttiva e distributiva, spiegano
19 centrali di sterilizzazione di
e sterilizzazione di strumentario in Servizi Italia, dalla pianificazione
produzione e vendita, fino alla
strumentario chirurgico e nucHirurgico e articoli tessili alla
distribuzione e logistica.
merosi guardaroba, la società,
Nel dettaglio, la sterilizzazione
che insieme alle controllate italiane ed estere forma il Gruppo Servizi Italia e conta oggi cir- dello strumentario chirurgico (che rappresenta il 16,1 per cento
ca 3.000 addetti, si rivolge principalmente alle aziende sanita- del fatturato al 30 giugno 2015) è il servizio offerto a più alto varie pubbliche e private del centro/nord Italia e dello Stato di lore aggiunto: nel mercato delle lavanderie industriali italiano
San Paolo in Brasile, offrendo una gamma di servizi integrati la domanda è costituita esclusivamente da aziende ospedaliere
di noleggio, lavaggio e sterilizzazione di articoli tessili e stru- che esternalizzano servizi non strategici per l’impresa, al fine di
mentario chirurgico. Negli ultimi anni, infatti le politiche di risolvere problemi connessi all’impiego di personale dedicato,
decentramento della gestione sanitaria (da livello centrale a re- alle dotazioni di macchinari e spazi, e al rigoroso rispetto delgionale) attivate in Italia, nonché l’introduzione di una progres- la normativa vigente. Proprio in questo segmento, caratterizzasiva visione più manageriale in ambito sanitario, hanno porta- to da una media di 4.000.000 di operazioni all’anno, la società
to l’outsourcing del settore sanitario ad acquisire importanza offre prestazioni comprendenti la progettazione e l’erogazione
sempre maggiore: ed è proprio in questo ambito che in capo a di servizi di noleggio o la gestione dello strumentario utilizza25 anni Servizi Italia ha saputo conquistarsi una quota comples- to dall’equipe medica per l’intervento chirurgico. Lo strumentasiva di circa il 27 per cento del mercato e un’indiscussa leader- rio, una volta utilizzato, viene ritirato, ricondizionato, sottoposto a ciclo di sterilizzazione e riconsegnato alle sale operatorie
ship sul territorio nazionale.
a quasi
36 | a cura di etd
per un nuovo utilizzo. La sterilizzazione avviene in centrali, appositamente realizzate o ristrutturate da Servizi Italia, ubicate
all’interno o in prossimità delle strutture ospedaliere, e le attività del processo di sterilizzazione avvengono nel rispetto della
rigida normativa vigente.
Analoga offerta di progettazione ed erogazione dei servizi
di noleggio e sterilizzazione anche nell’ambito della biancheria
(8,6 per cento del fatturato sempre al 30 giugno 2015), cioè dei
tessili utilizzati negli interventi chirurgici per l’allestimento
del campo operatorio e la vestizione dell’equipe, e di commercializzazione di forniture di dispositivi medicali per procedure
chirurgiche. La domanda, in questo caso, consiste tipicamente
nell’erogazione di servizi di ricondizionamento della biancheria, confezionamento e sterilizzazione di tessili (di proprietà
dell’ente o a noleggio) o da coperture sostitutive del cotone con
tessuti tecnici riutilizzabili (Ttr) e/o di un mix equilibrato di Ttr
e Tnt (tessuto non tessuto) per sale operatorie, la gestione delle quali permette a Servizi Italia di mantenersi al passo con le
normative di riferimento che hanno standardizzato la qualità
e le tipologie di coperture di sala operatoria. La sterilizzazione
avviene in centrali annesse ai siti produttivi di lavanderia e i
tessili, una volta utilizzati, vengono ritirati, ricondizionati, sottoposti a ciclo di sterilizzazione e riconsegnati in kit alle sale
operatorie per un nuovo utilizzo.
Il 20 gennaio 2015 Servizi Italia ha completato l’acquisizione
della Lavsim Higienização Têxtil, già partecipata al 50 per cento dal 2012. La società brasiliana ha sede nella città di São Roque ed è attiva nell’offerta di servizi di lavanderia per il settore sanitario nello Stato di San Paolo, caratterizzato da aziende
sanitarie di eccellenza (in particolare privati), in grado di offrire alta qualità ai pazienti. L’operazione ha posto le basi per lo
sviluppo del Gruppo Servizi Italia in Brasile e ha consentito di
iniziare a presidiare il mercato brasiliano caratterizzato da un
tasso di crescita tra i più alti al mondo e dotato di enormi potenzialità; l’operazione ha dato il via infatti ad una strategia di
sviluppo di siti produttivi specializzati su tecnologie innovative nei servizi di lavanderia, utilizzando e valorizzando un bacino prezioso di risorse locali, nonché di sviluppare i servizi di
noleggio e sterilizzazione. Un mercato giovane, quello del Brasile, dove Servizi Italia detiene anche il 50,1 per cento delle Società brasiliane Vida Lavanderias Especializada e Maxlav Lavanderia Especializada.
Significative potenzialità di crescita presenta anche il mercato turco, all’interno del quale Servizi Italia opera dalla fine
del 2013 detenendo una quota del 50 per cento della Sas Sterilizasyon Servisleri di Istanbul ed avendo recentemente sottoscritto un accordo per l’acquisto di una partecipazione del 40
per cento del gruppo turco Ankateks, e dove la società ha visto
la possibilità di apportare efficienza mediante lo stesso modello
industriale adottato con successo in Italia in vista della nascita
di nuovi maestosi poli sanitari, per la cui realizzazione il governo ha varato un pacchetto di investimento per una collaborazione pubblico-privato. Dal Sudamerica al Medio Oriente fino
all’India: un altro mercato in espansione dove, nel 2014, Servizi Italia ha costituito la Shubhram Hospital Solutions Private Limited, società con sede a Delhi che si occupa dell’attività di noleggio e lavaggio di biancheria ospedaliera.
E le possibilità di crescere sono ancora tante. In un contesto di forte cambiamento e di spending review che ha profondamente inciso sulla riorganizzazione del Sistema Sanitario
Nazionale (diminuzione dei posti letto ospedalieri, riorganizzazione dei reparti, riduzione dei costi delle prestazioni per
l’acquisto di beni e servizi), Servizi Italia continua a distinguersi raccontando una storia di eccellenza, basata sui fatti, i numeri, i comprovati e riconosciuti livelli di qualità e affidabilità dei
servizi. E dall’instancabile prospettiva di continuare a rafforzare in Italia e nel mondo il proprio ruolo di partner – capace di
coniugare, in tutti i processi produttivi, l’efficienza di un servizio altamente industrializzato con la flessibilità di un approccio customizzato – al fianco degli attori protagonisti in ambito sanitario.
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STILI DI VITA
Un’anguilla come Dio comanda
IN BOCCA ALL’ESPERTO
di Tommaso Farina
A
Marano Lagunare (udine), iL nostro Lettore ama tornare: la nostra rubrica vi
ha condotto, mano nella mano, a scoprire questo borgo medievale, isola di
dialetto veneziano nel basso Friuli e sede di uno dei più importanti mercati ittici del Nord-est. A Marano, il pesce si cucina anche: e ad attendervi, troverete
una pletora di trattorie. Menù? Quasi sempre, spaghetti con le vongole e fritto di
pesce, solitamente surgelato.
Nei nostri viaggi, vi abbiamo svelato dove mangiare qualcosa di meglio: l’anno scorso, si trattò della Trattoria Barcaneta, oggi invece andiamo a pranzo ai Tre
Canai. È un ristorante moderno sia nell’arredo (ma senza strafare) che nel concetto di cucina, e non ne uscirete scontenti. Il locale si trova sullo stradone, fuori dal
centro: accomodatevi a gustare i piatti non banali di Giorgio Dal Forno. Dopo un
preantipasto di crostino morbido con anguilla, potete entrare in medias res con
le alici accompagnate da burro di Parmigiano delle vacche rosse e peperoni; con
la meravigliosa anguilla affumicata con insalatina e maionese casalinga al tartufo; con le seppie trasformate in “tagliatelle” e servite con pomodorini, friggitelli
e cipolle di Tropea. Non manca, in ogni caso, il grande classico di Marano: cappesante e canestrelli gratinati.
Di primo, un piatto della memoria: il passato di gò. “Gò” sarebbe il ghiozzo,
un povero e simpatico pesce che, assieme a canestrelli e cozze, costituisce la base di una zuppetta corposa e invitante, un’antica ricetta di pescatori. Alternativa:
gnocchetti con ragù di fasolari e “parmigiano di alghe” o taglierini con cappesante e spuma di porcini.
Da prenotare, tra i secondi, il “bisato in speo”, la vera anguilla allo spiedo. Noi,
non avendola richiesta, ci siamo dedicati all’anguilla in umido con cipolla caramellata e crema di formaggio, memorabile. Chiusa con millefoglie di pesche caramellate. Il vino? Si beve bene, anche se si può sempre migliorare. Conto giustissimo di 50 euro, con possibilità di menù guidati meno costosi.
va, promossa dall’associazione culturale Fraterraecielo in
un momento storico in cui la libertà è percepita come assenza di vincoli, e pretesa di avere
tutto come diritto riconosciuto dallo Stato, provoca i suoi
ospiti ad avventurarsi nel cammino della libertà con un tentativo di risposta personale al
«Quid animo satis?», cosa basta all’animo, come si compie
l’umano? La tre giorni ospiterà
gli interventi di S.E. Mons. Luigi Negri, vescovo di Ferrara-Comacchio (“La libertà vi farà liberi”, venerdì 11, ore 20.30),
dell’onorevole Rocco Buttiglio-
AMICI MIEI
11- 13 SeTTeMbre
L’avventura della
libertà a EracleaViva
“Non è la libertà che manca,
mancano uomini liberi”: è questo il titolo di EracleaViva 2015,
l’happening di incontri, arte e letteratura giunto alla terza edizione che si terrà dall’11
al 13 settembre ad Eraclea Mare (Ve), nella sala del Centro di
educazione ambientale Ex Fornace in via Abeti 2. L’iniziati| 16 settembre 2015 |
Mission: Impossible –
Rogue Nation,
di Christopher McQuarrie
Un bel thrillerone
ad alta tensione
Ethan Hunt a caccia di
cattivissimi e inseguito da
tutti, pure dalla Cia.
Bel thrillerone diretto con
mano sicura da McQuarrie,
lo stesso di Jack Reacher,
sempre con Cruise. Ecco,
Cruise. Ha sempre 30 anni,
dovunque lo metti funziona. Qui ha una spalla divertente come Simon Pegg ma
soprattutto ha un regista
che sa il fatto suo. C’è una
sequenza – la più riuscita – che merita l’applauso.
Opera di Vienna, Turandot.
Hunt a caccia di un cattivo inafferrabile. Poi, come
in un gioco di specchi, i cattivi che si moltiplicano, la
bellona di turno, il concerto che sale e i killer pronti
a colpire. Sembra di vedere
De Palma o Hitchcock: non
tutti sono capaci di tenere alta la tensione per una
sequenza così lunga. Ci rie-
sce McQuarrie che vent’anni fa si inventò un personaggio memorabile con Keyser
Söze. Parte centrale così così ma gran ritmo, cattivi con
la faccia giusta e la promessa di altri sequel.
visti da simone fortunato
HOME VIDEO
Il regno dei sogni e della follia,
di Mami Sunada
Amerete Miyazaki
Una documentarista racconta
la nascita dello Studio Ghibli di
Miyazaki.
Splendido doc su Miyazaki, il regista de Il mio vicino Totoro, Ponyo e compagnia. Uno che lavora
alla vecchia maniera, con cartoncini, pastelli. Uno che si prende sei
mesi per fare uno storyboard che
pare un dipinto. Ecco, se non avete mai sentito parlare di Miyazaki, è il film giusto per avvicinarsi
a questo personaggio incredibile.
Una vita consacrata all’attenzione
per il dettaglio, un amore per la
vita che spalanca il cuore.
Per informazioni
Ai Tre Canai
Via Udine, 36
Marano Lagunare
(Udine)
Tel. 043167020
www.ristorante
aitrecanai.com
Chiuso lunedì e martedì
38
fuori programma
CINEMA
AI Tre CAnAI, MArAno LAgunAre (uDIne)
|
ne, le testimonianze di don Antonio Villa, Mario Dupuis, Rodolfo Casadei, Emilia Guarneri
(nella giornata di sabato 12; alla sera, alle 21, si potrà assistere poi al monologo teatrale di
Andrea Carabelli “Matteo ragioniere di Dio”), una tavola rotonda sulla scuola, l’esperienza della Compagnia dei Tipi Loschi di
San Benedetto del Tronto e un
incontro sul Bene comune spiegato ai ragazzi con Aldo Brandirali (domenica 13). Nel corso dei lavori la Mostra “Nessuno
genera se non è generato. Alla scoperta del padre in Omero,
Dante e Tolkien” rimarrà sem-
pre aperta. L’ingresso è libero.
Per informazioni www.fraterraecielo.it; [email protected]
Lo SpeCIALe
È l’ora del nuovo
welfare lombardo
È in edicola, insieme a questo
numero di Tempi, lo Speciale
Sanità, un numero interamente
dedicato alla riforma del sistema sociosanitario lombardo e
all’impresa di una Regione pronta a mettere mano ad un modello di eccellenza per affrontare le
sfide dei prossimi decenni.
COMUNICANDO
KoKoCinsKi in mostra
Da Pulcinella
al Clown
“La Vita e la Maschera: da Pulcinella al Clown”. È questo il titolo
della mostra che la Fondazione
Roma Arte-Musei dedica interamente ad Alessandro Kokocinski
a Palazzo Cipolla, che fino a poche settimane fa ha ospitato la
trionfale retrospettiva sul Barocco a Roma. L’esposizione, che
sarà aperta al pubblico dal 17
Stesso marito,
nuove formule
il regista Christopher
mcQuarrie
MAMMA OCA
di annalena Valenti
C
ara amica, non puoi chiedere il mio
family plan di quest’anno alle 9
del mattino del lunedì che sbarco dalla Moby su cui, per estendere la
tariffa da residente sardo anche a mio
marito, ho dovuto compilare un foglio
in cui scrivere il “rapporto di parentela
o vincolo di affettività”. Divertenti queste formule moderne! Per essere all’altezza volevo scrivere “amante occasionale da 32 anni con cui ho concepito
sei figli” ma poi mi sono fermata ad un
prosaico “marito” e il figlio, “cozza olbiese”. Cara amica, giuro che mi ero
messa d’impegno a cercare di fare una
vera e produttiva calendarizzazione
delle attività per l’anno che verrà, pianificando perfettamente tutto e tutti,
soprattutto me stessa con: reset, piscina, fare libro per bambini sulla Cabrini; e già mi beccavo: prendere l’appuntamento per cambiare le gomme,
sistemare melanzane, peperoni, pomodori, salsiccia e pecorino dono di amici sardi, il polpo dello zio, comprare in
extremis i libri scolastici, presentarsi al
calcio con foto, iscrizione e soldi, cercare di non far vendere tutto ciò che c’è
in casa dal figlio che «abbiamo troppa
roba, se la vendo ci guadagno», il tutto
nella stessa giornata in cui sbarco dalla
Moby. Anche quest’anno ha tutta l’aria
di essere uno di quelli che non sono io a
programmarlo ma è lui a programmare me. Vabbè, stasera, cena con le “vincolo d’affettività” (amiche) e domenica,
Santuario di Caravaggio.
mammaoca.com
settembre al 1° novembre, presenterà una carrellata ricchissima dell’opera dell’artista, nato a
Porto Recanati nel 1948, e sarà divisa in sei sezioni tematiche:
L’Arena, Pulcinella, Petruska, Sogno, Il Clown, Maschera Interiore. Un corpus di oltre 70 opere
di ogni tipo e dalle tecniche innovative che vanno dai dipinti alle
sculture, dagli altorilievi alle installazioni, ai disegni, ai filmati,
ai versi poetici e ai libri d’artista,
ispirate alla metamorfosi della
“maschera”. In mostra saranno
esposte circa 40 opere inedite
realizzate dall’artista espressamente per questa circostanza,
mentre altre hanno viaggiato intensamente negli anni, dal Silpakorn Arts Centre di Bangkok,
all’Art Fair di Shanghai, al MNBA – Museo Nacional de Bellas Artes di Buenos Aires, al NAMOC di Pechino. L’itinerario sarà
animato anche da due grandi installazioni che comporranno una
miscellanea figurativa satura di
spunti linguistici, rielaborazioni
di opere precedenti assemblate
in nuove configurazioni e variazioni tematiche. La mostra, promossa dalla Fondazione Roma,
è a cura della Fondazione Kokocinski con Paola Goretti.
giovanni parapini
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| 16 settembre 2015 |
39
motorpedia
WWW.red-LiVe.it
WWW.RED-LIVE.IT
PUNTASULLASOSTANZA,MIGLIORALEDIMENSIONI
RISPONDENDOALLEESIGENZEDELLEFAMIGLIE
a CUra di
Nuova Touran la più
teutonica delle tedesche
S
dUe rUote iN meNo
Kymco People GTi
Il People GTi è sicuramente uno degli scooter più amati di Kymco, le ultime evoluzioni del ruota alta taiwanese prevedono un aggiornamento delle finiture e colorazioni inedite e opache battezzate “stone effect”. Kymco GTi monta cerchi da 16 pollici a 5 razze, con pneumatici tubeless di dimensioni generose: 110/70 all’anteriore
e 140/70 al posteriore. Il punto di forza è sempre il motore, G5 a bassi attriti, nella
cilindrata 300 è paragonabile quanto a prestazioni a un motore da 400 cc grazie
ai suoi 29 cavalli a 7.750 giri. Tre le versioni disponibili: 200 cc (3.450 euro), 300 cc
(3.900 euro) e 300 cc ABS (4.250 euro). Ma se si partecipa alla promozione Rinno[sc]
va & Rottama i prezzi scendono di 500 euro.
40
| 16 settembre 2015 |
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Sonotantelechicche
tecnologicheabordo
dellanuovaTouran,ma
ilveropuntodiforza
rimanel’abitabilità
pertuttiecinque
ipasseggeri.Piùstrette
lesedutesupplementari
pazio a volontà. interni modulari.
Finiture di buona
qualità. Motori proporzionati alla mole del corpo
vettura. Guida da tipica monovolume. La nuova
Volkswagen Touran potrebbe essere citata nell’inno tedesco, tanto è teutonica nelle forme e nel carattere. Assolutamente concreta, non particolarmente originale nel layout della plancia, punta tutto sulla sostanza, forte di una
crescita dimensionale che porta in dote un superiore spazio a bordo e una capacità di carico – già nel precedente
modello tra le migliori della categoria – aumentata di 48
litri con 5 persone a bordo. Costa poco? No. Si fa pagare.
Una consuetudine Volkswagen. Però vale ogni euro.
In Italia è disponibile con tre motori: 1.2 TSI turbo
benzina da 110 cavalli, 1.6 TDI da 110 cavalli e 2.0 TDI negli step da 150 o 190 cavalli. Optional a 1.800 euro, per le
turbodiesel a eccezione della 190 cavalli, il cambio DSG a
doppia frizione. Già ordinabile, la monovolume tedesca
ha prezzi che vanno da 24.500 a 38.950 euro. Grazie alla
piattaforma modulare MQB, cioè la stessa base sulla quale sono costruite Golf e Passat, la nuova Touran dimagrisce di 62 chilogrammi a fronte di una marcata crescita dimensionale: +13 centimetri in lunghezza, +4 in larghezza
e +11 nel passo. Valori che giocano a vantaggio dell’abitabilità e della capienza del bagagliaio, passata dai precedenti 695 litri in configurazione a 5 posti agli attuali
743 litri. Disponibile in Italia nella versione a 7 posti, vede
mutare il sistema d’abbattimento
del divanetto – disponibile un piaLAVOLKSWAGENSI
FAPAGARE(DA24.500 no di carico completamente piatto –, mentre gli occupanti possono
A38.950)MAVALE
beneficiare del climatizzatore auOGNIEUROSPESO.LA
tomatico trizona Pure Air ClimaCAPACITÀDICARICO
tronic con controllo della qualità
ÈAUMENTATADI48
LITRI.ABORDOSTA
dell’aria, e dell’apertura elettrica o
COMODOPERSINOUN
a impulso del portellone.
CESTISTADEILAKERS
Vera e propria chicca, i genitori più tecnologici possono tenere d’occhio i bambini sul divanetto sfruttando l’interazione tra il navigatore – che in questo caso funge da
semplice schermo – e le riprese di una microcamera GoPro. La nuova Touran non tradisce uno dei punti di forza
di sempre: l’abitabilità. Guidatore e passeggero anteriore
beneficiano di ampio spazio in ogni direzione nonostante i generosi ingombri della consolle. Altrettanto positivo
il trattamento riservato agli occupanti della seconda fila:
persino un cestista dei Lakers viaggerebbe comodo. Più
costrittivo, invece, l’alloggiamento dei passeggeri delle sedute supplementari: si sta un po’ con le ginocchia in bocca. Una condizione, in ogni caso, comune a tutte le monovolume 7 posti d’analoghe dimensioni.
SebastianoSalvetti
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LETTERE
AL DIRETTORE
[email protected]
Agli Open ci sono palline
diverse per le femmine:
discriminazione?
impossibile che i tedeschi non sapessero. Certo i media non ne parlavano
e c’era la repressione. Ora i media ne
straparlano, non c’è repressione esplicita, ma le menti sono assai represse
in modo soft (vedi come in tv passano le immagini dell’esodo con il sottofondo di canzonette o musica jazz). In
un articolo sul suo blog Antonio Socci
indica delle direzioni per un lavoro di
controinformazione: la posizione della
Chiesa africana che lavora con l’ipotesi di far restare i giovani (ovviamente
ci saranno differenze immani da paese
a paese), la questione dell’identità dei
migranti (nessuno fa il punto preciso
anche socio-statistico della loro condizione sociale e delle loro motivazioni).
Certamente per sensibilizzare con una
manifestazione occorre avere chiara
una ipotesi di lettura del problema e
delle richieste fattibili coerenti con esse. Penso che con il vostro acume possiate dare un contributo.
Innocenza Laguri via internet
C
ari amici, dopo anni di acquisto in edicola, a volte
d’accordo con la vostra linea editoriale e a volte un
po’ meno, al Meeting di Rimini abbiamo deciso improvvisamente di abbonarci. Sky non ci interessa, Cristiada speriamo di vederlo in tempi meno pigri, ma Gibellato è
un antico giessino a noi caro (per la cronaca: parlo dei gadget offerti in fiera ai nuovi abbonati). Bene: oggi è arrivato il primo numero. Arriva davvero! (commento un po’ cinico da parte di chi aveva la vaga idea di 60 euro offerti alla
causa). È bellissimo. L’editoriale, le risposte alle lettere, l’articolo su padre
Douglas, padre Aldo come sempre…
Un bel respiro cattolico, grazie.
GiuliaRegoliosi Moranivia internet
Certevolte,siccomeitempisono
veramenteduri,esumoltiversanti,
lanostraautostimatendeascenderealivellodeitacchi.Questelettere
cirifannoleoni,grazie.
Prima delle manifestazioni occorre (come giustamente segnala lei e
nel nostro piccolo facciamo anche
noi) opera di conoscenza. Cioè “controinformazione” (nel senso di informazione piuttosto che propaganda, in un verso o nell’altro).
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Complimenti per l’intervista al professor Luca Antonini, che smaschera
la strategia centralista e statalista di
Renzi! Sono argomenti documentati
e robusti. Apprezzabile l’indipendenza di Tempi rispetto al potere politico
di turno, che vi distingue dai giornaloni di regime (leggi Corriere e Repubblica). Chi, come il sottoscritto, paga
regolarmente le tasse si rende conto
direttamente che i risparmi di cui fabula il signor Renzi sono a spese degli enti locali, i quali per mantenere i
servizi essenziali devono a loro volta
aumentare il carico fiscale su noi cittadini. Non se ne può più delle chiacchiere di Renzi, che appare in tv dieci
volte di più di quanto faceva Berlusconi! Aggiungo come iscritto Ncd:
che fanno i deputati e senatori Ncd
rispetto a questa forsennata politica
statalista e centralista che penalizza
le autonomie locali, comprese quelle
virtuose (leggi Lombardia)? Fanno la
ruota di scorta?
GianFrancoLucini via internet
Idem,vedisopra,conpatataNcd.
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2
Vi scrivo sulla questione migranti. Tra
Sentinelle in piedi, gruppo de la Croce,
Cl e altre associazioni cattoliche non
vedo l’idea di una manifestazione oceanica di sensibilizzazione, il che, da insegnante di Storia (in pensione) mi
ricorda quanto facilmente i miei studenti si scandalizzavano quando sullo
sterminio ebraico si dicevano che era
Brevemente sulla vostra campagna per le paritarie: invece di chiedere soldi a chi in primis pensa ai propri
emolumenti e poi, se avanza qualcosa, ad altro, perché non tentiamo di
far applicare il sistema della Lombardia formigoniana del “bonus scolastico” detraibile sul 730 (o in altra for-
IL PARADOSSO DELLA PROVVIDENZA
Si diventa davvero operosi
solo quando ci si abbandona a Lui
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
S
ia fatta la tua volontà. Quante volte ho ripetuto questa preghiera… Ora mi sembra di riscoprirla. Da giovane tendevo a pregare Dio perché mi aiutasse nelle
faccende personali. Più tardi ho cominciato a pregarLo perché riuscissi a servirLo, come se il mio compito fosse quello di aiutare Dio col mio apostolato, con la scrittura, con gli studi. Non ne avevo coscienza esplicita, ma implicitamente pensavo che
occorresse, per dir così, dare una mano al Padre Eterno. Forse non sono il solo con questo atteggiamento: senza il mio intervento Dio è nei pasticci. Fa proprio ridere. Ora mi
è più chiaro che devo lasciar fare tutto a Lui e che i miei programmi si riducono a uno
solo: assecondare la Sua volontà. Fiat voluntas Tua.
È incredibile quante energie si sprigionano quando si dice a Gesù: pensaci Tu! Si diventa più operosi, sereni e creativi. Sembrerebbe il contrario. Abbandonarsi nelle mani di Dio parrebbe una specie di sonno. Invece no. Vanno via le tensioni inutili che frenano le ruote della nostra attività e si procede leggeri. Umili perché è Dio che fa tutto,
senza la preoccupazione del proprio prestigio e delle piccole ansie che opprimono il
cuore. Gesù fai Tu! Si faccia la Tua volontà. Io desidero solo servirti. Si confida nella preghiera sapendo che la Provvidenza provvede e guida le vicende umane. In questi giorni un’intenzione doverosa è accompagnare il Santo Padre nel difficile viaggio negli Stati Uniti, dove ci sono molti che non lo capiscono. Gesù pensaci Tu! Fiat voluntas Tua.
ma equivalente, comunque detraibile),
spendibile dai genitori esclusivamente
per l’iscrizione e le spese scolastiche
dei figli?
Sergio Fiordiponti via internet
quelle del torneo femminile? In un momento in cui tutto sembra cosi “indistinto” vien proprio da pensare che sia
lo sport l’ultima frontiera della vera e
sana diversità…
Claudio Cristoni via internet
È un’ottima idea. Ne riparleremo.
2
Caro direttore, lo sa che che agli Open
di tennis degli Stati Uniti le palline
per il torneo maschile sono diverse da
No, non lo sapevo, ma sacrosanta
deduzione. Chiamare il piallamento
delle diversità “cambiamento”, “diritti”, “uguaglianza”, è proprio da
preistorici trinariciuti tiranni.
SPORT ÜBER ALLES
di FredPerri
LADOMANDACHENESSUNOOSAFARE
L
ma questa è l’unica rubrica di questo foglio con il marchio CEB
(cinico e baro), per cui sono autorizzato a trattare temi scottanti con un’angolatura politicamente
e bastardamente scorretta. Anch’io, come tutti, osservo ogni giorno la tragedia dei migranti che sciamano
dal Medio Oriente e dall’Africa, a piedi attraverso i Bal-
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o so, è un argomento delicato,
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cani (più faticoso e lungo, ma meno rischioso) o con
i barconi attraverso il Mediterraneo (più rapido, ma
drammaticamente pericoloso). Questa è una tragedia
immane di fronte alla quale i governi europei si sono
dimostrati impreparati e anche ora che Germania e
Austria hanno aperto le frontiere la soluzione non è
vicina. Ma non è questo il punto.
Foto: Ap Exchange
Osservando questo esodo biblico
con sguardo cinico e baro
Di fronte a un fenomeno biblico, a una immane
tragedia, a questa emergenza umanitaria, anche io mi
pongo delle domande. Però, visto che le altre se le fanno tutti, compagni e amici, considerato che le posizioni sul dibattito sono chiare, visto che nessuno anche su un evento epocale come questo si inventa nulla
di nuovo, visto che in fondo c’è chi si impegna e chi
no, io che posso dire di diverso e intelligente oppure
di stupido? Preferisco concentrarmi su un aspetto che
nessuno ha ancora preso in considerazione. Insomma,
ma tra tutti quelli che arrivano qualcuno buono a giocare a pallone ci sarà così da sostenere l’Italia del football o quelli bravi se li prendono i tedeschi, as usual?
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LETTERE DALLA
FINE DEL MONDO
AI cONSAcRATI NON è RISpARMIATA LA NOTTE DELL’ANIMA
Serve anche il nostro
grido, arido, secco, per far
fiorire l’albero della Croce
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DI ALDO TRENTO
Dopo gli avvenimenti accaduti con la visita di Papa Francesco alla Fondazione S. Rafael, riprendo il mio dialogo con coloro che mi scrivono perché torturati dalla depressione, dal male di vivere come lo definiva Pavese. Prima però voglio ancora sottolineare l’emozione di aver
assistito al gesto di quelle grandi braccia aperte del Papa quando ha incontrato i miei ammalati, perché è questo l’abbraccio di cui tutti abbiamo bisogno. Penso non si possa ricevere grazia, o gioia più grande del ricevere in casa mia, con i miei figli, il dolce Cristo in terra! E
anche voi, che soffrite fisicamente e spiritualmente, siete parte di questa famiglia prediletta
dal Santo Padre. Quando mi ha detto «adelante», abbracciava anche tutti voi.
S
ono un presbitero e da dieci anni mi è stata diagnosticata una depressione che, nonostan-
te la psicoterapia, farmaci, e tutto l’armamentario, non vuole lasciarmi. Purtroppo vivo in
piccole comunità, dove le relazioni tra noi frati sono difficili, tese quando non inesistenti.
Vedere che tra noi c’è così debito di umanità (prima ancora che di fede) è avvilente, scoraggiante e disperante. Sono demotivato, prego (poco) e per dovere, anche se mi sembra di essere sincero. Voglio bene al Signore, alla Madonna, a San Francesco. Vorrei star bene, non avere più queste
finestre orribili di cadute nel buco, fare bene il
ministero che mi è affidato e non dar fastidio
ANchE GESù hA chIESTO INvANO
ai confratelli. Come faccio? Ho messo in camuNO SGuARDO AI SuOI AMIcI. E cIò
po tutte le mie energie, ma non ne ho più. Presto sarò trasferito per un nuovo incarico, non
chE pIù MI FA vENIRE LA pELLE
più in un ministero diretto. Non so se andrà beD’OcA è chE NEANchE IL pADRE
ne, ho il timore che non guarirò mai più.
Giuseppe
GLI hA RISpOSTO. chE MISTERO!
D
opo che è terminata la strada alla vita consacrata, non riesco più a fidarmi
delle persone e della realtà. Prego, vado a Messa e questo mi dà forza, ma la sfiducia mi allontana dalle persone cui voglio bene e
ora ho una grossa forma di depressione, o meglio, una sindrome ossessivo compulsiva, per
cui siamo passati all’uso di farmaci; ma questo
dolore dentro non si attenua, e forse dovrò anche andare dallo psichiatra. Io vorrei essere felice, ma l’anno scorso è crollata una costruzione costruita in anni di fatica e ora ho paura. E
la paura è data dal fatto che non riesco a vivere pienamente con le persone che vivono con
me. Ho ritrovato il lavoro, ma ho paura di perderlo. Ho paura di perdere nuovamente tutto in un periodo in cui forse posso guarire, e se
non potessi guarire vorrei non perdere ciò che
Dio mi ha donato e vivere con letizia.
Lettera firmata
Q
ueste lettere arrivano da due perso-
ne che hanno consegnato la vita a Cristo nella verginità. Ancora una volta rivedo il mio tormento. Mi sento uno di voi con
la differenza che oggi guardo al mio passato come la modalità con cui il Mistero non solo mi ha forgiato con il fuoco del dolore, ma ha
anche fatto di me uno strumento di misericordia, di speranza per i miei poveri, per i miei ammalati terminali, per le mie ragazze violentate.
Oggi mi è chiaro il perché di tanti anni di dolore psichico che chiamerei in modo più realista
“notte dell’anima”, tale e quale a come l’avete descritta. E posso affermare con certezza
che è Dio che l’ha permessa, sia per purificarmi
sia per essere totalmente suo, permettendogli
così la costruzione di un’opera in favore di chi
soffre che neppure potevo immaginare quando la paura di diventare matto mi tormentava.
Guardando l’accaduto non ho timore di affer-
mare che Dio si serve anche
dei matti per mostrare agli
uomini la sua infinita misericordia. I sintomi del dramma
che vivete partendo dalla
mia esperienza sono positivi
perché vi “obbligano” non a
pregare, ma a gridare la preghiera vera, quella che nasce dalla carne e che
è solo e sempre un grido. Un grido arido, secco, ed è lo stesso grido di Gesù nel Getsemani e
sulla Croce. Ecco, a noi Dio ha concesso di vivere l’esperienza di suo figlio. Nella notte del Getsemani l’oscurità della Croce e il grido di Gesù
formano parte del cammino di chi vuole seguire Gesù stesso. La fecondità della vita nasce
dal percorrere lo stesso cammino di Gesù, un
cammino nel quale anche Gesù ha chiesto invano uno sguardo ai suoi amici. E ciò che più
mi fa venire la pelle d’oca è il fatto che neanche il Padre gli ha risposto. Che Mistero! Che
solitudine! Ed infine che fecondità, che fioritura
dall’albero della Croce!
Usate pure tutti i mezzi a vostra disposizione,
ma non dimenticate che questo è il cammino.
Dobbiamo imparare a mordere la pietra «affinché la verità non si cristallizzi in dottrina».
[email protected]
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APPUNTI
IL MIO INCONTRO CON LA BEATA
Negli occhi
di madre Teresa
C
inque settembre, beata Teresa di Calcutta. Non so situare esattamente nel
tempo questo ricordo. Era un convegno internazionale, a Roma forse, alla fine
degli anni Ottanta. Ci ero andata per lavoro.
Ma non saprei più dire di cosa si parlava, in
quell’aula.
Lei era già molto nota, ma non ancora
universalmente famosa. A una pausa, dal
fondo della sala mi alzai e la raggiunsi in prima fila. Volevo soltanto vederla, e stringerle
la mano. Con il mio pass di giornalista al collo mi avvicinai. Qui, il ricordo da confuso si
fa netto come l’inquadratura di un film. Lei
era in piedi, di spalle, la schiena curva, piccolissima di statura; così che quando si voltò verso di me mi sembrò alta poco più di
una bambina. Certamente dissi qualcosa in
inglese, a presentarmi; ma l’audio nel mio
film manca completamente. Ciò che rimane, sono quegli occhi che si piazzano, intensi, su di me; come se per madre Teresa ogni
sconosciuto che le veniva davanti meritasse
una assoluta dedizione. Non c’era in lei alcuna curiosità mondana, e mi sembrò che non
le importasse affatto che fossi una giornalista, o cos’altro; al di là di ogni apparenza, era
me, ciò che io ero, che lei guardava.
Quei due occhi gravi e belli nel volto rugoso, fissi sui miei, per un momento quasi
mi intimorirono. Questa mi legge dentro,
pensai, e forse anche mi tirai leggermente
indietro.
Ma quello sguardo non inquisiva e non
giudicava: era solo acutamente teso sulla
sconosciuta, forse la centesima, che quel
mattino parlava a madre Teresa. E mentre
io continuavo a balbettare qualcosa in ingle-
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di Marina Corradi
se lo sguardo mi traversò da cima a fondo.
Ci vidi dentro, dapprima, un’impietosita tristezza, e compassione. Io ero, in quegli anni,
giovane, e una bella ragazza, e chi mi incontrava non immaginava la patologica malinconia che mi assediava. Lei invece, ne sono
certa, la riconobbe. Ma in pochi istanti, io
sempre china su di lei, gli occhi negli occhi,
vidi la compassione trasformarsi in speranza. Come se Teresa avesse scorto anche la fine del tunnel, e un’alba che si alzava.
Tutto questo durò pochissimi secondi. Mi
congedai, meravigliata, e ancora incapace
di capire cos’avevo visto, in quegli occhi. In
realtà, solo adesso lo capisco davvero, quasi
trent’anni dopo. Quella donna aveva la pietà nello sguardo, e vedeva oltre a ogni apparenza. In me lesse la malattia e la solitudine,
ma anche la metamorfosi. Poco dopo mi sarei sposata, avrei avuto dei figli con cui sarei
rinata. Ma quale misericordia densa emanava dagli occhi di Teresa: quasi dicesse, vai, è
tutto passato.
Quando, anni dopo, lessi del suo buio interiore, le volli più bene. Dalla sua personale
notte del Sabato, dunque, Teresa guardava
le persone. Quando, ancora, invecchiando,
ritorna la mia tristezza, ripenso a quel suo
sguardo – e al quasi impercettibile sorriso
che ci si apriva dentro, alla fine.
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