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Per i resi di merce valida la nota di credito del cliente

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Per i resi di merce valida la nota di credito del cliente
IL CASO DEL GIORNO
Per i resi di merce valida la nota di credito
del cliente
Necessario l’accordo tra le parti e la definizione puntuale delle modalità operative
/ Simonetta LA GRUTTA
In alcuni settori merceologici, la gestione dei resi e l’assolvimento dell’obbligo di emissione della nota credito, per il
cedente che intende avvalersi della facoltà, prevista dall’art.
26, comma 2 del DPR 633/72, di recuperare l’IVA corrispondente all’intervenuta variazione in diminuzione
dell’imponibile, possono essere complessi.
È il caso, ad esempio, delle forniture di pezzi di ricambio,
che afferiscono a più settori merceologici, in cui la gamma
dei beni è particolarmente variegata e sono frequenti le restituzioni, anche di poche unità, tra l’altro, perché quanto ricevuto dal cliente non è pienamente conforme all’ordine di
acquisto o è richiesto dal mercato in misura inferiore alle
originali previsioni (e il contratto, come è prassi, ne prevede
la restituzione entro un determinato arco temporale, solitamente breve).
Hanno analoghe caratteristiche i settori dell’abbigliamento
e delle calzature e, seppur meno frequentemente, della componentistica elettronica, con la debita premessa che restano
escluse dai ragionamenti che qui seguono le forniture effettuate in esecuzione di contratti estimatori (o di consignment stock).
La principale difficoltà operativa riscontrata dai soggetti
coinvolti risiede nel fatto che le informazioni circa la quantità e qualità dei prodotti oggetto del reso sono note al cliente
prima che al fornitore; in verità, quest’ultimo ne ha precisa
contezza solo al momento del ricevimento della merce restituita.
Per il combinato disposto dell’art. 26, comma 2 e dell’art.
19, comma 1 del DPR 633/72, il fornitore, se vuole recuperare l’imposta, è tenuto ad emettere la nota di credito al più
tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione
IVA relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è
verificato il reso (ris. nn. 89/2002, 307/2008, 449/2008 e
42/2009). Il termine dunque è parecchio ampio.
Ciò nonostante, non è infrequente che sia l’acquirente ad
emettere una nota di debito nei confronti del fornitore, piuttosto che attendere l’emissione della nota di credito da parte
di quest’ultimo. Tale impostazione, in linea teorica, non è
censurabile, mutuando i principi richiamati dalla Corte di
giustizia Ue nella causa C-141/96, Bernhard Langhorst, secondo cui, in presenza di un accordo tra le parti, un’operazione può essere documentata dal cliente, mediante emissione di nota di credito, piuttosto che dal fornitore mediante
emissione di fattura.
Tuttavia, in termini operativi, una simile impostazione può
determinare contestazioni in sede di accertamento da parte
/ EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 28 SETTEMBRE 2015
dell’Amministrazione finanziaria e, come spesso avviene,
può portare a considerare retrovendita una mera
restituzione di beni.
Una soluzione che ponga l’obbligo di documentazione operativamente a carico del soggetto che per primo ha le informazioni (il cliente che effettua il reso) e che, al contempo,
consenta di prevenire contestazioni e incertezze circa la
reale natura dell’operazione, può essere rappresentata dalle
disposizioni di cui all’art. 21, comma 1, primo periodo del
DPR 633/72, laddove si prevede che il soggetto il quale effettua la cessione di beni (o la prestazione di servizi) “ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa (fattura, ndr) sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal
committente”. In verità, le norme che presiedono l’emissione delle note di credito sono le medesime statuite per
l’emissione delle fatture.
Anche in considerazione delle indicazioni fornite dalla circ.
n. 45/2005, al fine di implementare la suddetta procedura, è
necessario che:
- il cedente autorizzi preventivamente il cliente all’emissione della nota di credito;
- entrambe le parti diano il consenso alle procedure di
emissione da adottare quanto, ad esempio, alla numerazione progressiva da seguire, alla descrizione da adoperare per
identificare i prodotti resi, al referente del fornitore a cui il
cliente invia le note credito emesse (può trattarsi di un referente interno o di un soggetto esterno quale il depositario
delle scritture contabili, il centro elaborazione dati...) ecc.;
- le note di credito indichino chiaramente che il documento è stato emesso dal cliente per conto del cedente (art. 21,
comma 2, lett. n) del DPR 633/72).
Seppur non obbligatorio, si ritiene preferibile adempiere
agli obblighi di cui ai primi due punti per iscritto e con dovizia di particolari, soprattutto in relazione alla descrizione
da adottare per i beni restituiti e alle procedure da seguire
per l’invio dei documenti emessi, in modo da consentire al
fornitore di porre in essere gli ulteriori obblighi di registrazione del documento – anche ai fini dell’esercizio del diritto
alla detrazione – e dichiarazione dell’operazione nelle sedi
necessarie (spesometro, dichiarazione annuale IVA, ecc.).
Con riferimento alla numerazione progressiva delle note di
variazione, l’impostazione preferibile prevede la creazione
di una serie numerica esclusivamente dedicata a tali documenti. Ciò semplifica le procedure di emissione (il cliente
non deve attendere che il fornitore gli indichi di volta in volta il numero da attribuire al documento), di registrazione e di
controllo e riduce la possibilità di errore.
Si precisa che la nota credito deve essere emessa utilizzando
la carta intestata del cliente, avendo cura di specificare, in
appositi campi contrassegnati, i dati del fornitore e del
cliente, e riportando, come già ricordato, la dicitura che il
documento è compilato dal cliente.
Si segnala da ultimo che, qualora il cliente risieda in un
Paese con il quale non siano in vigore strumenti per la reci-
/ EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 28 SETTEMBRE 2015
proca assistenza in materia di IVA (ossia Paesi extra-Ue), il
cedente è tenuto a comunicare, per via telematica, all’Amministrazione finanziaria il possesso di alcuni requisiti che
ne dimostrino l’affidabilità (cioè l’avere iniziato l’attività da
almeno cinque anni e il non avere ricevuto, nel corso dei
cinque anni precedenti, atti impositivi di contestazione di
violazioni sostanziali IVA).
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