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La mia vita con Isoke, ex prostituta

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La mia vita con Isoke, ex prostituta
Trento
l'Adige
SESSO E AMORE
LA TESTIMONIANZA
Straniere
sfruttate
La storia
e i progetti
di Claudio
Magnabosco
mercoledì
2 febbraio 2005
23
Si difende il marocchino arrestato per violenza sessuale: l’ho picchiata perché mi aveva insultato
«Macché stupro, le ho dato una lezione»
Maso Mirabel
«È vero, l’ho malmenata, ma
non ho mai violentato quella donna». Si difende Hamed Khattabi,
38 anni marocchino già conosciuto dalle forze dell’ordine e domiciliato presso l’Opera Bonomelli. L’uomo è stato arrestato nei
giorni scorsi dalla polizia con l’accusa di aver picchiato e stuprato
una badante ucraina.
Ieri l’uomo, assistito dall’avvocato Andrea Bezzi, è stato interrogato in carcere dal gip Marco
La Ganga. Il giudice è chiamato
a decidere se applicare la misura cautelare chiesta dal pm Alessandra Liverani. Khattabi ha negato tutto, ma di fronte alle fonti di prova raccolte dalla procura avrà i suoi problemi a convincere il giudice. L’uomo ha ammesso di aver malmenato la donna,
ma ha detto di aver perso le staffe dopo che questi l’aveva apostrofato con una frase razzista tipo «brutto marocchino di m.».
In verità secondo la polizia il
fatto sarebbe ben diverso. Domenica pomeriggio la badante ucraina di 50 anni era un po’ alticcia
dopo aver pranzato a casa di una
connazionale. Per caso avrebbe
incrociato in città il marocchino
che lei già conosceva. Lui con una
scusa avrebbe caricato in auto la
donna conducendola nei pressi
di Maso Mirabel. Qui la badante
sarebbe stata malmenata e violentata.
È stata una persona residente
in via Brescia a chiamare il 113
dopo aver notato una donna in
stato confusionale con i collant
strappati e i vestiti scomposti che
chiedeva disperatamente aiuto.
La poveretta è stata subito soccorsa e trasferita al Santa Chiara
dove lo stupro subito sarebbe stato confermato dai medici. A poche ore di distanza la polizia rintracciava e arrestava il presunto
responsabile.
«La mia vita con Isoke, ex prostituta»
Innamorati e ossessionati dalle «lucciole»
A Trento e Bolzano gruppi di aiuto ai clienti
COMPAGNI. Isoke e Claudio
Magnabosco stanno
assieme da quattro anni
foto A.Garusi
questo il nome della venticinquenne di Benin, gli ha raccontato dei maltrattamenti, del racket della prostituzione, dei protettori e delle mamam, le ex prostitute africane che sono passate alla «gestione» delle donne di
strada. Una storia non facile la
loro. «Per circa un mese fra noi
c’è stato un rapporto prostitutacliente. Poi le cose sono cambiate. Avevamo pensato al matrimonio, ma alla fine l’ho assunta come colf. È stata una scelta condivisa, anche se, in quel periodo, io ero pronto a sposarla. Al
momento viviamo in castità, perché abbiamo deciso di azzerare
il nostro rapporto e di ricominciare tutto da capo. Questo è importante per me e soprattutto
per lei che deve recuperare il
senso di gioia della vita sessuale e, insieme, le speranze di costruire una famiglia, di avere dei
figli».
A quanto pare sono molti gli
ex clienti, innamorati, pronti a
progettare un futuro con la prostituta con cui sono stati. Il gruppo Ama (Auto mutuo aiuto) coordinato da Magnabosco, divenuto un punto di riferimento a livello nazionale, si occupa proprio di loro. «Di solito chi si rivolge a noi ha coscienza del fatto che le prostitute straniere sono spesso schiave di una rete criminale. E, diciamoci la verità, tutti quelli che vanno con le prostitute sanno come stanno le cose».
L’obiettivo dei gruppi è quello di trasformare i clienti in risorse per dare una vita migliore
alle donne di strada. A chi vuole sposare una ex prostituta viene consigliato di attendere: «Prima le ragazze devono essere
messe nella condizione di essere alla pari. Devono avere la possibilità di fare un percorso scolastico». Altrimenti il rischio è
che si crei un rapporto squilibrato, del tipo «Io ho i soldi, io ti ho
salvata e quindi sei mia». In questo modo si può cadere in uno
stato di «seconda schiavitù». «Chi
frequenta le nostre sedute deve
capire che, per il bene delle ragazze, devono essere messe da
parte pulsioni e aspettative».
Il «mutuo aiuto», promosso da
Magnabosco, è dedicato anche
ad un’altra categoria di persone:
uomini che, non avendo una propria dimensione affettiva e sessuale vanno solo con le prostitute. In pratica si tratta di una
sorta di dipendenza. «E in questo caso noi non possiamo fare
altro che indirizzarli ai centri specializzati nella cura delle patologie. Lo stesso accade quando,
spesso, queste persone ci confessano di provare attrazione nei
confronti di bambine o bambini».
Nello studio di Transcrime si
parla della «tratta delle donne».
Ogni anno arrivano in Italia dalle 5.480 alle 10.960 ragazze. In
Trentino si va da un minimo di
46 ad un massimo di 92 all’anno.
Ma il mondo della prostituzione
è in evoluzione. Il sesso a pagamento è proposto soprattutto
nel chiuso di appartamenti privati e in locali a «luci rosse». Pare che la prostituzione da strada sia sempre più spesso destinata ai clienti extracomunitari.
Questa, secondo Magnabosco,
la tendenza degli ultimi anni: una
tendenza al ribasso, da tutti i
punti di vista, visto che anche le
tariffe per le prestazioni sessuali sono inferiori rispetto ad un
tempo. In strada operano soprattutto le donne africane: «Nel giro di pochi anni si è passati da
25 a 10 euro». Sono ragazze che
vivono sotto costante minaccia:
nei loro Paesi hanno i parenti e
spesso il loro debito con l’organizzazione criminale supera i
30.000 euro. Più dell’80% del loro introito giornaliero finisce nelle tasche degli sfruttatori.
di ANDREA TOMASI
Un gruppo di «auto mutuo aiuto» per combattere la dipendenza dal sesso, dal sesso a pagamento; un centro di «autoassistenza» per prendere coscienza
del dramma vissuto dalle prostitute che operano in Trentino e
in Alto Adige. Lo vuole costituire Claudio Magnabosco, giornalista e scrittore, già promotore
di un’iniziativa a sostegno degli
uomini che hanno conosciuto da
vicino il mondo della prostituzione. «Gli aderenti - dice - sono
più di 200 in tutto il Paese. Ora
stiamo cercando, anche nella vostra regione, persone disposte a
mettersi a disposizione a titolo
di volontariato». Ma chi sono gli
uomini che partecipano a questi gruppi di outing? «Si tratta di
persone che hanno allacciato
rapporti sentimentali con donne che, fino a poco tempo fa, pagavano per le prestazioni sessuali. Spesso vogliono sposarle. Noi
cerchiamo di offrire tutto l’aiuto necessario per affrontare questa fase». Agli incontri vanno anche uomini (spesso si tratta di
giovani single) che, più notti a
settimana, frequentano i marciapiedi e gli appartamenti a «luci
rosse».
Il giro d’affari degli sfruttatori
della prostituzione (vedi l’Adige
di ieri) è enorme. I ricercatori del
centro interuniversitario Transcrime parlano di guadagni milionari: in Italia si va da un minimo 789.120.000 euro a
1.578.240.000; in Trentino si va
da 6.624.000 a 13.248.000 euro.
«Sono cifre che non mi stupiscono affatto», dice Magnabosco,
autore del romanzo Akara-Ogun
e la ragazza di Benin City (edizioni Quale Cultura Jaka-book).
Magnabosco, 54 anni, quella ragazza nigeriana l’ha conosciuta
4 anni fa. Ora convivono. Isoke,
ASSISTENZA
Numeri
e indirizzi
Il numero verde del servizio
di accoglienza per la
prostituzione e la tratta
(Gruppo Abele) è 800 290 290.
Per mettersi in contatto con
Claudio Magnabosco:
Progetto «La ragazza di Benin
City» - via Parigi 80 - 11100
Aosta. Sul sito www.inafrica.it
si può scaricare
gratuitamente il suo romanzo.
I GIOVANI E IL SESSO A PAGAMENTO
«Prima volta in strada»
Il 70% dei clienti delle prostitute è composto da
uomini sposati. Sono impiegati, operai, dirigenti,
imprenditori, avvocati, giornalisti, studenti. Dall’osservatorio del Servizio di accoglienza per la
prostituzione e la tratta (Gruppo Abele) si fa sapere che è «in aumento la clientela giovane». Un
tempo, prima della Legge Merlin, i ragazzi venivano «iniziati» nei bordelli. «In un certo senso - spiega Mirta Da Prà, responsabile del servizio - stiamo assistendo ad un ritorno al passato».
Qual è la ragione? È un problema di confronto
su un piano di parità?
I ragazzi sembrano sempre più insicuri. Noi abbiamo sentito le donne (soprattutto africane) che
si rivolgono al nostro centro. Abbiamo chiesto loro che cosa dicono quei giovani con cui si sono
prostituite. Che cosa chiedono.
Che cosa?
Chiedono rassicurazioni sulla qualità della prestazione e sulle dimensioni del pene.
La prostituta diventa una sorta di amica a cui
chiedere consigli?
Sì. È un problema che riguarda i giovani, ma non
solo. Al giorno d’oggi, se c’è un problema della
sfera affettiva o sessuale, tanti uomini non sanno
a chi rivolgersi. Cercano la scorciatoia: le prostitute.
Il solito «maschio debole del 2000»?
Si sa che gli uomini sono in crisi. L’uomo ha paura della donna che appare sempre più forte, aggressiva. Bisognerebbe verificare se questa immagine corrisponde alla sostanza. Di sicuro la
donna riceve conferme della propria femminilità
e conferme della propria autonomia. L’uomo teme il cambiamento, ma questa è anche colpa delle donne che lo circondano: la madre, la sorella o
la moglie. Quella della prostituzione è una fuga.
Cosa pensa dei dati di Transcrime?
Non mi stupiscono, anche se è difficile analizzare con i numeri una questione così complessa.
Alcuni uomini vanno con le prostitute perché
sentono il bisogno di dominare?
Nel sesso a pagamento vedono un doppio vantaggio: possono dominare e non devono impegnarsi in un rapporto.
A.Tom.
Dopo otto udienze il giudice scagiona i due avventori e condanna la parte civile a pagare le spese legali Pene tra 11 e 6 mesi, più un risarcimento di 4.000 euro
Maxiprocesso per una lite al bar Truffa alla Den Braven
Una donna accusa: ho abortito per lo choc. Imputati assolti
dipendenti condannati
Un processo durato otto, combattute
giorno si erano fermati per bere qualcoudienze davanti al giudice di pace è un
sa al bar. Dalcin allora aveva la stampelevento più unico che raro. Per gli impule. Al momento di uscire, non si sa bene
tati è stato un vero calvario, che si è richi o che cosa, ma qualcuno avrebbe ursolto ieri nel migliore dei modi con una
tato una delle persone offese.
doppia assoluzione con forIn circostanze normali l’inmula piena. Le imputazioni
cidente sarebbe finito lì. Incontestate - percosse, mivece ne sorse una discussionacce e ingiurie - mascherane che peraltro, hanno rifevano un processo delicato
rito i gestori del bar, aveva
che se avesse imboccato alavuto toni sostenuti ma sentre strade in teoria avrebbe
za parolacce. Invece uno deanche potuto finire davanti
gli avventori si sarebbe acalla corte d’assise per un’imceso come un cerino: l’uoputazione da brividi: procumo, un elettricista, una volrato aborto.
ta usciti dal locale, avrebbe
Per fortuna la vicenda in
imbracciato una spranga
realtà era molto meno tragidella saracinesca. Vista l’imca. I fatti risalgono al primo L’avvocato Giuliano Valer provvisa brutta piega che
marzo del 2003. Quello che
stava prendendo la vicenda,
sembrava un banale litigio tra avventori
intervennero altre persone bloccando
scoppiato all’interno al Bar Rosa di via
l’uomo a cui un amico sfilò di mano la
Piave, si è poi trasformato in una sorta di
sbarra.
maxiprocesso. Imputati si sono ritrovati
Nel frattempo sul posto intervennero i
Ivan Monieri, 29 anni di Lavis, e Daniele
carabinieri i quali, dopo aver visto DalDalcin, 34 anni di Trento. I due amici quel
cin seduto con la gamba dolorante, fece-
Si è chiuso lunedì con tre condanne un lungo e combattuto processo che vedeva tre dipendenti della «Den Braven» accusati di truffa per
aver causato un danno ingiusto all’azienda di Pergine che commercializza prodotti per l’edilizia. Imputati erano Virginia Bertolini, 40 anni di Trento, Renato Ferrara, 42 anni di Verona e Alberto Sperandio,
34 anni di Trento. La prima si trovava imputata quale impiegata addetta alla raccolta ordini della Den Breven Italia. Il secondo era un
agente con mandato di vendita. Il terzo si occupava delle verifiche
contabili.
Secondo la procura i tre, attraverso falsi ordinativi di merce, avrebbero indotto in errore la Den Braven causando un ingiusto profitto
che l’accusa quantificava in 36.151 euro. Ricostruzione che invece veniva radicalmente contestata dalle difese. I fatti sarebbero accaduti
tra Pergine, Verona e Padova tra l’ottobre del 1999 e il marzo del 2000.
Lunedì il giudice Luisa Raimondi ha condannato Bertolini e Ferrara a 11 mesi di reclusione con i doppi benefici della sospensione condizionale e della non menzione. Il giudice ha condannato anche Sperandio il quale però ha avuto una pena inferiore in quanto sarebbe risultato provato solo uno degli episodi contestati.
Per comprendere la portata della sentenza occorre attendere le
motivazioni, ma sin d’ora sembra di capire che il giudice abbia comunque giudicato più limitati i danni rispetto a quanto quantificato
dalla procura. Alla parte civile, infatti, sono stati riconosciuti per ora
4.000 euro di risarcimento che si aggiungono ai 6.500 euro che gli imputati dovranno rifondere alla Den Braven per le spese legali sostenute nel giudizio.
ro intervenire l’ambulanza. Ma quando
arrivò il mezzo di soccorso, anche la compagna del focoso elettricista disse di avere dolori alla pancia per essere stata colpita a calci e stampellate. Nel frattempo
il suo compagno proponeva di regolare
la questione altrove.
Ancora una volta la vicenda avrebbe
potuto finire lì: una discussione come tante con animi troppo surriscaldati. Invece
la compagna dell’elettricista, ancor prima di andare in ospedale, corse dai carabinieri per sporgere querela. Così Monieri e Dalcin si sono trovati imputati e a processo. La situazione non era affatto allegra poiché le parti lese sostenevano che
la donna quel giorno era alla decima settimana di una gravidanza poi non portata a termine - hanno riferito - anche per
lo choc provocato dall’accaduto. Ma dopo otto udienze i due imputati, difesi dagli avvocati Giuliano Valer e Luca Cicciarelli, sono stati scagionati da tutte le accuse. Anzi il giudice Luigi Serra ha condannato la parte civile a pagare le spese
processuali.
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