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INIZIAZIONE ALLA NOSTRA VITA Ed io lavoravo con le mie mani e

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INIZIAZIONE ALLA NOSTRA VITA Ed io lavoravo con le mie mani e
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INIZIAZIONE ALLA NOSTRA VITA
Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio
fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si
conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la
cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare
l’esempio e tener lontano l’ozio. Quando poi non ci fosse data la
ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore,
chiedendo l’elemosina di porta in porta. Il Signore mi rivelo che
dicessimo questo saluto: «Il Signore ti dia la pace!».
30,3. I frati, secondo la propria indole e grazia, si applichino ad uno
studio più profondo della Sacra Scrittura, della teologia spirituale,
della liturgia, della storia e della spiritualità dell’Ordine, ed
esercitino le varie forme di apostolato e di lavoro anche domestico.
Una tale formazione, poi, sia sempre fatta in considerazione della
vita e della continua maturazione della persona.
62,3. Usiamo dei beni temporali per le necessità della vita,
dell’apostolato, della carità e, soprattutto, dei poveri.
65,1. I superiori, i quali, in forza dell’ufficio, hanno il dovere di
provvedere premurosamente alle necessità dei frati, usino il denaro
per l’occorrente della vita, per le opere dell’apostolato e di carità.
88,2. Nel costituire le fraternità nelle nostre case come nelle
abitazioni in affitto, tengano presenti l’indole personale dei frati e le
necessità della vita e dell’apostolato per favorire, così, il lavoro in
comune.
89,2. Possono essere ammessi alla fraternità i laici che vogliono
partecipare piu da vicino alla nostra vita, sia nell’orazione sia nella
convivenza fraterna e nell’apostolato.
145,2. Il primo apostolato del frate minore è vivere nel mondo la
vita evangelica nella verità, nella semplicità e nella letizia.
146,1. Qualsiasi genere di apostolato, anche se fosse di ispirazione
privata, sia svolto dai frati sotto l’obbedienza dell’autorità
competente e con animo pronto.
146,2. Salvo il diritto del Sommo Pontefice di disporre del servizio
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dell’Ordine per il bene della Chiesa universale, l’esercizio di
qualsiasi apostolato è soggetto all’autorità del Vescovo diocesano,
dal quale i frati, dopo che sono stati approvati dai propri ministri,
ricevono le necessarie facoltà. I ministri, poi, per quanto possibile e
rispettando il nostro carisma, vadano volentieri incontro ai Vescovi
quando li invitano al servizio del popolo di Dio e alla salvezza delle
anime.
146,3. Spetta al Capitolo provinciale adattare, salva la nostra
caratteristica francescano-cappuccina, il lavoro apostolico alle
esigenze dei tempi, e al ministro provinciale con il consenso del
definitorio coordinare le forze di apostolato della provincia.
147,2. Attendano alle consuete opere di apostolato come le missioni
popolari, gli esercizi spirituali, la confessione sacramentale dei
fedeli, la cura spirituale delle religiose specialmente francescane,
l’assistenza agli infermi e ai carcerati, le opere di educazione e di
promozione sociale.
147,3. Anche assumendo nuove forme di apostolato, si dedichino
con particolare sollecitudine a coloro che per condizioni di vita
sono privi dell’ordinaria cura pastorale, come i giovani in crisi di
vita cristiana, gli emigranti, gli operai e gli uomini assillati da
preoccupazioni economiche o perseguitati dall’ostilità o dall’odio
razziale.
150,1. Sull’esempio di san Francesco e secondo la costante
tradizione dell’Ordine, i frati assumano volentieri la cura spirituale
e anche corporale degli infermi.
150,2. Così, imitando Cristo che, come segno della venuta del
Regno di Dio, percorreva città e villaggi curando ogni sorta di
malattie e infermità, continuino la missione della Chiesa, che per
mezzo dei suoi figli va incontro agli uomini di ogni condizione,
specialmente se poveri e afflitti.
150,3. I superiori favoriscano questo ministero che è un’eccellente e
valida opera di carità e di apostolato.
153,5. Si occupino, con unità di forze, dell’apostolato della stampa,
specialmente se si tratta di divulgare opere francescane; e si
raccomanda vivamente che nelle province o nelle nazioni e anche in
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tutto l’Ordine si costituiscano uffici a questo scopo.
154,1. I frati, dediti per qualsiasi ragione all’apostolato, facciano
della loro vita e della loro azione una cosa sola nell’amore verso
Dio e gli uomini, quell’amore che è l’anima di ogni apostolato.
154,2. Ricordino anche che non possono compiere la loro missione,
se non si rinnovano continuamente nella fedeltà alla propria
vocazione.
154,3. Nell’apostolato, pertanto, siano poveri e umili, senza
appropriarsi del ministero, perché sia evidente a tutti che essi
cercano solo Gesù Cristo; mantengano quella unità di fraternità che
Cristo volle così perfetta, che il mondo riconosca che il Figlio è
stato mandato dal Padre.
154,4. Nella convivenza fraterna coltivino la vita di preghiera e di
studio per essere intimamente uniti con il Salvatore, e, mossi dallo
Spirito Santo, siano sempre generosamente pronti a testimoniare nel
mondo la lieta novella.
UN LINGUAGGIO PER CHI NON HA VOCE
Ci sono esperienze che ci chiudono la bocca, proprio quando
avremmo bisogno urgente di comunicare. E' il caso, ad esempio,
dell'esperienza di una grande gioia e di una enorme angoscia.
Tra le esperienze più impressionanti c'è da vedere come i
bambini scoprano nei salmi un linguaggio per le loro paure, che
consente loro di esprimersi senza essere costretti a brutte figure
e senza smarrirsi nell'angoscia. Ciascuno di noi può fare la
medesima esperienza. E' liberante, in una notte di incubi, trovare
una parola dei salmi che dà espressione all'ansia: «Affondo nel
fango e non ho sostegno; sono caduto in acque profonde e l'onda mi
travolge»; «Non nascondere il volto al tuo servo, sono in pericolo:
presto, rispondimi» (Sal 69,3.18).
Quando una persona spaventata trova un linguaggio per
esprimersi, la paura perde potere su di lui; si apre una finestra di
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speranza; egli può tornare a respirare:
«Mi hai fatto provare molte angosce e sventure; mi darai ancora
vita mi farai risalire dagli abissi della terra» (Sal 71,20).
Ma la Bibbia fornisce un linguaggio non soltanto a chi è
angosciato.
- Anche chi è nello sconcerto trova, in Geremia e in Giobbe, nei
Salmi e nell'Ecclesiastico, un linguaggio per esprimere la propria
costernazione;
- chi soffre sotto il cinismo dei potenti trova un linguaggio per la
sua ira, in Amos, Isaia e negli altri profeti;
- chi è felice trova un linguaggio per la sua gioia e per la
bellezza della vita, nei Salmi di lode e nel Cantico dei cantici;
- chi ha sete di speranza trova un linguaggio della speranza nelle
visioni profetiche e apocalittiche.
- Dove mai troviamo un simile linguaggio, che terge le lacrime,
che dà aria e respiro, e il coraggio di rimettersi in piedi?
- Per troppo tempo la Bibbia è stata tramandata come un libro
protetto da una corazza ferrea
Ora vediamo che la Bibbia ci viene incontro proprio là dove il
nostro linguaggio ci abbandona.
- Essa ci presta le sue parole per esperienze dí dolore a lungo
represse, e per nuove prospettive di speranza.
Chi è alle prese ogni giorno, per professione, con la
predicazione, I'istruzione religiosa e il colloquio pastorale,
constata quanto sia difficile parlare di Dio.
Sappiamo parlare di Dio e del mondo, dell'amore e della
morte.
Ma nelle situazioni cruciali questo non ci serve più. Di fronte a un
morente capiamo quanto sia difficile trovare la parola che consoli
veramente.
Là dove il legame tra due persone è infranto, non serve pronunciare
assiomi sull'amore; è necessario trovare le parole che rendano di
nuovo possibile l'amore e la fiducia.
Nella Bibbia l'esperienza primaria della realtà di Dio ha il
carattere di un incontro; a esso deve corrispondere il nostro parlare
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di Dio.
La Bibbia non mi aggredisce, come fanno alcuni predicatori, con
la necessità di dover decidere pro o contro l'esistenza di Dio. Quale
pretesa assurda voler «decidere» a priori sull'esistenza di Dio!
La Bibbia, invece, ci indica, con pazienza e prudenza, un
cammino lungo il quale poter iniziare a fare esperienza di questa
realtà. L'invito è per tutti e per ciascuno, si tratti di persone religiose
o meno.
Lungo questa strada ci aspetta un'esperienza comune che appartiene
al nucleo dell'esperienza biblica di Dio e in quanto tale è criterio di
misura per ogni ulteriore discorso su di lui: l'esperienza che Dio
vede la mia miseria (Sal 31,8), sente il mio pianto (Sal 6,9), mi
consola nell'angoscia (Sal 4,2); I'esperienza che la sua mano mi
sostiene (Sal 63,9). Egli è effettivamente il «Dio di ogni
consolazione» (2Cor 1,3); «il nostro redentore» è il suo nome sin
dall'inizio (Is 63,16).
UN LIBRO DI SPERANZA
La mancanza di speranza può aver molti volti, oltre a quello della
disperazione.
La mancanza di speranza può esprimersi :
- in un quotidiano «tirare avanti», as usual,
- o anche in un affannoso ethos del piacere (I love il piacere,
subito),
nello sfruttamento di tutte le possibilità, o anche
in un ottimismo gaudente, che non vuol vedere i segni premonitori
del diluvio incombente.
- Nella sua Etica, Bonhoeffer ha raccolto differenti forme di
mancanza di speranza, sotto la voce della «divinizzazione idolatrica
della morte».
La Bibbia è un libro di speranza dalla prima all'ultima pagina.
Già nel racconto della creazione si parla della questione se e come
ci sia ancora un futuro, quale cammino possa percorrere la speranza
e dove cercare le energie che preservano dal caos. Le visioni
profetiche accendono la luce della speranza per il popolo che siede
nelle tenebre; e i salmi tengono accesa questa luce anche negli
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abissi dell'angoscia e della sofferenza. La predicazione di Gesù
mostra, in termini compiuti, come si debba imparare la speranza in
un tempo caratterizzato dal predominio disperato di potenze
devastanti.
LA VOCE DEI SANTI PADRI
E` bello dunque e salutare indagare le divine Scritture. Come
un albero piantato lungo corsi d`acqua, così anche l`anima, irrigata
dalla Scrittura divina, cresce e porta frutto alla sua stagione (Sal
1,3), cioè la fede retta, ed è sempre adorna di foglie verdeggianti,
cioè le opere gradite a Dio. Dalle Scritture sante infatti veniamo
condotti alle azioni virtuose. Troviamo in esse lo stimolo a ogni
virtù e la dissuasione da ogni vizio.
. Se leggiamo una volta e
due volte e non comprendiamo quello che leggiamo, non
scoraggiamoci, ma persistiamo, riflettiamo, interroghiamo. Il detto
infatti: Interroga tuo padre e te lo annuncerà, i tuoi vecchi e te lo
diranno (Dt 32,7). La scienza non è di tutti (cf. 1Cor 8,7).
Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 4,17
Ma cos`altro è la sacra Scrittura se non una lettera
dell`onnipotente Dio alla sua creatura? Se l`eccellenza vostra
fosse partita e ricevesse una lettera dell`imperatore terreno, certo
non avreste né quiete né riposo e non concedereste sonno ai vostri
occhi prima di aver letto ciò che l`imperatore terreno vi ha scritto.
Ora l`imperatore del cielo, il Signore degli uomini e degli
angeli, ha mandato a voi, per la vostra eterna salvezza, una
lettera; eppure voi, eccellentissimo figlio, trascurate di leggerla
con sollecitudine. Prendetevi ogni giorno la fatica di conoscere le
parole di Dio, per desiderare così con più ardore ciò che è eterno,
per infiammare la vostra anima di un più grande desiderio per la
gioia del cielo. Maggiore è l`inquietudine con cui ora il vostro
cuore ama il suo Creatore, maggiore sarà un giorno la vostra eterna
quiete. A questo fine, l`onnipotente Dio faccia scendere su di voi lo
Spirito consolatore. Riempia la vostra anima della sua presenza e la
sollevi con ciò in alto!
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(Gregorio Magno, Lettera a Teodoro, medico personale
dell`imperatore)
"Non è mendace la parola di Cristo che suona: Cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto (Mt 7,7). Ma, poiché la maggior parte della
gente qui convenuta ha su di sé l`educazione dei figli, la cura per la
moglie e la preoccupazione per la casa, e perciò non può darsi tutta
a questo impegno [di leggere gli scritti di san Paolo], procurate
almeno di ricevere ciò che altri hanno raccolto e ponete
nell`ascoltarne i detti la cura che usate per far soldi. Anche se è
addirittura vergognoso esigere da voi solo questa sollecitudine,
tuttavia c`è da esserne contenti se realmente la prestate.
Mille mali traggono origine dalla poca conoscenza delle
Scritture: da qui la trascuratezza nella vita e la sterilità nel lavoro.
Come quelli che sono privi del dono della luce non sanno
camminare nella retta via, così quelli che non vedono lo splendore
divino delle Scritture sono costretti a commettere spesso molti
errori, perché camminano nell`oscurità profonda. Perché ciò non
avvenga, apriamo gli occhi allo splendore delle parole
dell`Apostolo!
(Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Romani, 1,1)
Nulla è tanto atto a cacciare dall`anima le consuetudini impure e a
soggiogare i ricordi importuni che accendono nel corpo fiamme
disordinate, quanto immergersi con amore nella dottrina e nella
riflessione sulle profondità di significato dei detti scritturistici. Se i
pensieri si immergono nell`estasi seguendo la sapienza contenuta in
quelle parole, per la forza che ne sugge, la memoria abbandona il
corpo: lascia la terra con tutto ciò che contiene e cancella
dall`anima ogni ricordo che richiama le immagini del mondo
corporeo. Quanto spesso l`anima, immersa in tale meraviglia, resta
persino priva di applicarsi ai pensieri quotidiani, di occuparsi delle
cose terrene, per le nuove mirabili realtà che, dal mare dei misteri
scritturistici, a lei si presentano. E anche, se lo spirito aleggia solo
sulla superficie delle acque e non riesce coi suoi movimenti a
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giungere sino al fondo più abissale e a contemplare i tesori nascosti
nei suoi baratri tuttavia questa ricerca, nel suo zelo amoroso riesce
con tanta forza a incatenare, con quel solo mirabile pensiero, tutti
gli altri pensieri, da impedire loro di affrettarsi verso la natura
corporea.
Isacco di Ninive, La vita virtuosa, 1
La via migliore per conoscere i nostri doveri è la meditazione delle
Scritture ispirate da Dio. Si trovano in esse le regole di condotta
nell`agire e l`esposizione della vita degli uomini beati, proposte
all`imitazione del buon operare, come immagini vive del
comportamento voluto da Dio. Perciò, per quanto uno si senta
difettoso, applicandosi continuamente a tale imitazione può trovare,
come in una farmacia universale, la medicina adatta al proprio
male.
Chi ama la castità rilegge continuamente la storia di Giuseppe
e impara da lui l`agire virtuoso, trovando come non solo si astenga
dal piacere, ma anche quanto sia saldo nella virtù. Impara la
fortezza invece da Giobbe: crollato tutto nella sua vita, diventato in
un momento povero da ricco che era, solo da padre di molti figli,
non solamente rimane uguale a se stesso, restando incrollabile nel
proprio spirito, ma neppure si lascia smuovere dagli insulti degli
amici, venuti per consolarlo, che esasperano invece il suo dolore.
Chi cerca il modo di essere insieme clemente e magnanimo, e usare
così forza contro il peccato e clemenza verso gli uomini, troverà
Davide: generoso nelle imprese di guerra, mite e calmo nel punire i
nemici. Così anche Mosè: insorge con grande sdegno contro quelli
che hanno peccato contro Dio, ma sopporta con animo mite le
calunnie mosse contro di lui. Come i pittori, che eseguono copie di
quadri, guardano spesso all`originale cercando di trasferirne i tratti
nella propria opera; così chi cerca di diventare perfetto in ogni
virtù, deve sempre guardare la vita dei santi, come modelli vivi ed
efficaci, e per imitazione, fare proprio il bene che in essa vi è.
Le preghiere che seguono la lettura, trovano l`anima
ringiovanita e rinvigorita nell`amore verso Dio. E` buona la
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preghiera che imprime nell`anima una viva nozione di Dio.
L`inabitazione di Dio in noi consiste nel tener presente, nella
memoria, che lui risiede in noi. Diventiamo templi di Dio in questo
modo: quando il nostro continuo ricordo non viene interrotto dalle
preoccupazioni terrene e la nostra mente non viene turbata dalle
passioni improvvise, quando cioè chi ama Dio fugge tutto e si
rifugia in lui, cacciando ciò che lo invita alla passione smodata e
attaccandosi alle pratiche che lo conducono alla virtù.
Basilio il Grande, Lettere, 2,3-4 (a Gregorio di Nazianzo)
Vi raccomando di venire qui con costanza, e di seguire con
diligenza la lettura delle Scritture divine; e non solo quando siete
qui, ma che anche a casa prendiate tra le mani i libri sacri,
ricavandone con impegno tutto l`utile in essi presente. Un grande
guadagno infatti ne deriva: anzitutto questo: la lettura migliora la
nostra lingua; inoltre l`anima si eleva e si fa eccelsa, illuminata
dallo splendore del sole di giustizia; si libera in quel tempo dalla
sozzura dei pensieri cattivi e gode di molta pace e tranquillità.
Quello che fa il cibo corporeo per la conservazione delle nostre
forze, lo fa la lettura sacra per l`anima. E` un cibo spirituale che
irrobustisce il pensiero, che rende l`anima più costante e più saggia,
non le permette di venir travolta dalle passioni irrazionali, ma la
rende alata e leggera e la solleva addirittura, per così dire, in cielo.
Non trascuriamo dunque, vi raccomando, tanto guadagno, ma anche
a casa procuriamo di leggere con attenzione le divine Scritture.
Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 29,2
Affrettiamoci dunque ad accogliere la manna celeste; assume in
bocca di ciascuno il sapore che egli vuole. Ascolta, infatti, quel che
il Signore dice a coloro che gli si avvicinano: Avvenga come hai
creduto (Mt 8,13; Mt 9,29). Se tu dunque accogli con tutta la fede,
con tutta la devozione la parola di Dio annunziata in chiesa, la
stessa parola diverrà per te tutto ciò che desideri. Per esempio, se
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sei tribolato, ti consola dicendoti: Dio non disprezza il cuore
contrito e umiliato (Sal 50,19). Se ti allieti per la futura speranza, ti
moltiplica la gioia dicendoti: Rallegratevi nel Signore ed esultate o
giusti (Sal 31,11). Se sei adirato ti placa dicendo: Deponi l`ira e
abbandona lo sdegno (Sal 36,8). Nei dolori, ti guarisce con le
parole: Il Signore sana tutti i tuoi malanni (Sal 102,3). Se sei
consumato dalla povertà, ti consola dicendoti: Il Signore solleva da
terra il misero, erige dallo sterco il povero (Sal 112,7). Così dunque
la manna della parola di Dio assume nella tua bocca il sapore che tu
vuoi.
Origene, Omelie sull`Esodo, 7,8
Tra le erbe ciascuna ha un potere, o per sanare i corpi o per qualche
altro scopo; però non a tutti è dato sapere a che serva ciascuna erba,
ma solo a coloro che ne hanno acquistato la scienza e che si
occupano di erboristeria, e sanno come si deve prendere o in che
parte del corpo porre e in che modo preparare perché sia utile a chi
ne fa uso. Così l`uomo santo e spirituale è quasi un erborista che
raccoglie dagli scritti sacri ogni nota, ogni sillaba, e trova la forza di
ogni lettera e a cosa sia utile, e sa che nulla di ciò che sta scritto è
superfluo. Se vuoi udire un altro esempio a riguardo, ogni parte del
nostro corpo è stata fatta dall`artefice Iddio per una determinata
funzione; ma non a tutti è dato conoscere il potere e l`utilità di ogni
membro, fino ai più piccoli. I medici che si occupano di anatomia
possono dire per quale utilità ogni parte anche minima del nostro
corpo è stata fatta dalla Provvidenza. In questo modo considera
dunque anche le Scritture.
Origene, Omelie su Geremia, 3
Chi vendemmia, di solito prima lava i vasi in cui versare il vino,
perché qualche pregio non ne vada perduto. Che giova infatti
disporre in ordine le viti, zappando tutti gli anni e tracciando i
solchi con l`aratro, potarle, drizzarle, legarle quasi maritandole agli
olmi, se poi il vino ottenuto con tanta fatica dovesse nei vasi
diventare aceto? Se qualcuno di mattina desidera veder sorgere il
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sole, si pulisca gli occhi, perché né la polvere né qualche spurgo si
fermi su di essi, impedendogli la libera vista. E quando leggiamo [la
Scrittura] sorge per noi un sole che prima non v`era... Pulisci
dunque gli occhi della tua mente, o uomo, e la vista intima della tua
anima, onde nessuna pagliuzza di peccato limiti la forza visiva della
tua mente né turbi la vista del cuore puro! Monda le tue orecchie,
per accogliere in un vaso puro il fiotto splendente della Scrittura
divina, affinché non venga in qualche modo inquinata.
Ambrogio, Esamerone, 4,1
Per questo vi esorto: leggiamo con grande cura le Scritture divine!
Ne raggiungeremo la vera conoscenza se vi staremo sopra
incessantemente. Non è possibile, infatti, che chi ha grande cura e
grande desiderio per le parole divine, sia piantato in asso: anche se
nessun uomo ci sarà maestro, il Signore stesso dall`alto entrerà nei
nostri cuori, rischiarerà la nostra mente, illuminerà il nostro
pensiero, ci svelerà le verità nascoste, sarà il nostro maestro per ciò
che non comprendiamo, purché noi siamo disposti a fare quanto
possiamo.
Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 35,1
Qualcuno, però, potrebbe osservare che Dio ebbe un rapporto
diretto non solo con i santi patriarchi dell`antica alleanza, ma anche
con gli apostoli del Nuovo Testamento. Gesù Cristo, infatti, non
lasciò niente di scritto ai suoi apostoli, ma promise loro, al posto dei
libri, la grazia dello Spirito Santo: Egli - disse - vi insegnerà tutto
(Gv 14,26). Per comprendere quanto sia più efficace questo
ammaestramento interiore, ascolta quanto Dio stesso ha detto per
bocca del suo profeta: Farò un Testamento nuovo, scriverò la mia
legge nelle loro anime, la scriverò nei loro cuori ed essi saranno
tutti ammaestrati da Dio (Ger 31,31.33). San Paolo, dal canto suo,
per sottolineare l`eccellenza dell`insegnamento dello Spirito Santo,
dice di aver ricevuto la legge non su tavole di pietra, ma sulle tavole
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di carne del cuore (2Cor 3,3). Ma, siccome con l`andar del tempo
gli uomini deviarono, gli uni nella dottrina e gli altri nella vita e nei
costumi, si rese di nuovo necessario che Dio desse per scritto le sue
istruzioni e i suoi precetti.
Vedete che grande male! La nostra vita sarebbe dovuta essere
talmente pura da far sì che senza aver bisogno di scritti i nostri
cuori si presentassero come libri aperti allo Spirito Santo. Eppure,
dopo aver perduto quella grazia e aver avuto nuovamente bisogno
dei suoi comandi scritti, non vogliamo servirci di questo secondo
rimedio, come invece dovremmo! Se è già una grave colpa aver
reso necessarie le Scritture e aver cessato di attirare su di noi la
grazia dello Spirito Santo, pensate quale gravissimo delitto sia il
non voler profittare di tale aiuto, disprezzando gli scritti divini quasi
fossero vani e inutili e attirandoci quindi una condanna ancora più
dura. Ebbene, per evitare ciò, accostiamoci con diligente amore alle
Scritture e impariamo in qual modo ci sono state date l`antica legge
e la nuova.
Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo,
1,1
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