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Azzorre-Portogallo. Balene in mare e baccalà nel piatto

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Azzorre-Portogallo. Balene in mare e baccalà nel piatto
(01-98)Articoli Estivo 2006
19-04-2006
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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL M
Azzorre - Portogallo
Piscina naturale
all’Isola di Pico
Cataplana
di pesce
Balene in mare,
e baccalà nel piatto
Testo e foto
di Livio Rolle
Viaggio tra i paesaggi
e i sapori delle Isole Azzorre
27 agosto
“Devo andare a prenotare le balene” dico.
“Per cena? Penso che una basti, anche se siamo in 11. Sono grandi.Io non ho molta fame.” mi risponde Marco che
mi ha già inquadrato. Effettivamente il sole lucente e l’azzurro terso delle Azzorre non compensano il senso di vuoto dopo il paninetto stantio dell’aereo col suo involucro
di colore non dissimile dal contenuto. .
Così, mentre chi è partito da Roma visita la città di Horta e sale al monte do Guia sotto un bel sole per vedere il
panorama del porto coloniale e dei bastioni a mare,io comincio il mio periplo da buon capogruppo:la barca per andare a vedere le balene e il giro dei ristoranti per scegliere quello di stasera, rigorosamente tra quelli che hanno
cucina tipica.Seguo i suggerimenti delle relazioni,ma il Ristorante Capote ha un ingresso da locale equivoco, con
prezzi molto cari,mentre il Ristorante O Marinheiro presenta oggi un menù di sola carne,nonostante il nome.Non
il primo giorno! Proseguo affiancato da venditrici ambulanti d’Uva do Pico dai bei chicchi gialli e tondi. Finalmente scopro tornando indietro un localino molto familiare,
O’Lima, che sembra accettabile.
L’appuntamento con chi arriva da Milano ce lo siamo dato, per non perdere tempo e non sbagliare, al Peter’s Bar,
sulla passeggiata sopra il porticciolo, che ha un bel museo
di denti di balena incisi dai pescatori. Perché qui a Faial e
alla vicina Pico, hanno cacciato balene da sempre, e fino a
pochi anni fa. Girellando tra i denti di capodoglio, mentre
Trilly a fianco si lamenta che un ordinamento museale moderno avrebbe preteso il baleniere al lavoro, mi viene da
pensare:“Che bei pescetti si devono essere mangiati con
queste boccucce!” Che in effetti con mandibole di 3 metri, ma larghe un palmo devono essere degli efficaci predatori. Incontro gli altri seduti ai tavolini sul lungomare a
sgranocchiare noccioline. Ci sono anche i “milanesi”. Che
possiamo fare? Andare a cena!
Al primo impatto le tovagliette di plastica e le luci al neon
un po’ smorte lasciano un po’ pensare, ma i piatti che ci
sono sopra debordano dai tavoli.Mentre aspettiamo qualcuno esce a fumare una sigaretta, proprio dietro la cucina da cui escono profumi di gamberoni alla griglia e tranci di tonno alla piastra. Penso con desiderio alle mie Lulas
ao Vinho Tinto (Calamari al vino rosso).
Il piatto, da pizza grande, è nascosto da decine di calamari sui 4 cm sommersi in una salsetta spessa violacea. Mi
ci tuffo anch’io, realizzando a fatica i mugolii di piacere dei
vicini,con poca cognizione su cosa abbiano nel piatto.Tranne la povera Francesca, che aveva visto un non so cosa su
un altro tavolo e non aveva potuto trattenersi dal pensarlo (e ordinarlo) come un hamburgher.
28 Agosto
“No io non mangio”. Siamo di fronte ad una delle magnifiche pasticcerie che bordano la gran parte delle strade
delle cittadine delle Azzorre. Parla “Pequenho almoço”,
così chiamata perché prima di colazione risponde solo a
grugniti.“Poi se andiamo in barca...”
La barca in questione è quella di Norberto,aria a metà tra
l’hippy che ha fatto il ’68 e il baleniere: abbronzato, solido,
capello biondastro lungo sulle spalle. A prima vista rincuora tutti sul fatto che le vedremo le balene, anche se
Marco che ha sbirciato nell’ufficio sui fogli che registrano
gli avvistamenti scuote la testa dicendo che da tre giorni
non han segnato niente...
La barca è in realtà un gommone con
qualche pezza e due cilindri disposti
orizzontalmente per la sua lunghezza,sui quali ci si siede a cavalcioni, schienale davanti e
dietro, meglio se in ordine di
altezza... Appena usciti dal
porto Norberto si mette a
piedi nudi in equilibrio su tutto ciò che sporge in modo da
sbirciare sopra le nostre teste.
Ogni tanto scompare a parlare alla radio.
Nelle isole ci sono ancora i posti d’avvistamento,dove specialisti con grandi binocoli da
marina scrutano continuamente le onde.In passato un avvistamento veniva segnalato con un fuoco d’artificio, un
botto se a destra, due se a sinistra rispetto al porto. La
gente mollava tutto e correva alle barche, e sotto di vela
e remi. Le segnalazioni fini venivano fatte con altri botti,
segnali di fumo alla pellerossa,grandi pannelli con frecce...
Oggi la radio è più che efficace.
Per un po’, complici quelli davanti a me che mi obbligano
ad acrobazie per vedere qualcosa,mi sembra di dover dar
ragione a Marco,qualcuno grida “coda!”,ma è sempre dove non sto guardando.Alla terza balena la vedo anch’io, e
per un po’ diventa difficile capire se guardare avanti dove
sporge il muso tozzo di un capodoglio, o guardare sotto
dove guizzano delfini (in questo caso lenti polarizzate aiutano molto).Alla (settima?) balena preferiamo raccogliere una tartaruga stanca, che viene contrassegnata dai marinai con una targhetta gialla e rimessa in acqua.
Pranzo sul porto, al Club Naval (ce n’è uno in ogni porto
come le donne dei marinai), dove incontro uno splendido
Ensopado de Borrego (Stufato d’agnello).
Pomeriggio di terraferma. Ci toccherebbe il Capelinhos,
vulcanotto che provocò emigrazioni di massa negli anni
’50 perché la polvere della sua eruzione, oltre a seppellire un paio di paesi, aveva coperto i campi. Servirebbero
scarpe chiuse, ma abbiamo solo sandaletti. Insomma, meglio senza. Arrivati alla caldera il nome ci stuzzica emozioni di cucina, e ci affrettiamo a cambiar isola, dove arriviamo tardi e a Madalena è aperto “purtroppo” solo il Ristorante A Parisiana dove la cena è a buffet. I piatti sono
di dimensioni normali ma non c’é limite al numero di giri...Poiché non posso descrivere tutto, la ricetta del giorno è una specialità locale, non facilmente ripetibile: Cozido das Furnas (Bollito misto nel vulcano)
29 Agosto
Dovremmo salire al Pico, il monte, ma è un vulcano, più
alto di tutto il Portogallo, 2350 mt di cui 1150 da fare a
piedi. Dovremmo, chi ha mangiato di più e deve smaltire.
Dovremmo, ma è tutto annuvolato e non ci ispira.Allora
contattiamo dei tassisti per fare il giro dell’isola.Vince quello che nello spiegarci l’itinerario aggiunge che ci sarà una
sosta con degustazione del locale vinho Verdelho. Un vino che già stava alla tavola degli Zar di Russia. L’assaggino
è vicino ad una zona di vigne coltivate basse, e tutte protette da muretti a secco, molto racchiusi, come un villaggio di casette assiepate diroccate di cui restano i muri so11
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Azzorre
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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO
Chiesa di S. Barbara
lo fino ad un metro di altezza. Per proteggere il tutto dal
vento. Ci dicono ci sia anche qualche fico. Un tempo serviva per produrre i viveri con cui rifornire i velieri in rotta per le Americhe. Ora l’Unesco le ha dichiarate patrimonio dell’umanità, ma quasi nessuno le lavora più per la
troppa fatica necessaria.
Il giro dell’isola prosegue a Sao Roque do Pico con uno
dei tanti musei del baleniere,in una vecchia “fabbrica”.L’insegna ne recita i prodotti: olio, farine, etc., tutto ricavato
dalle balene tirate su dal mare su scivoli di cemento con
grossi argani a motore. Si vede un pentolone per la fusione del grasso, anche se negli ultimi tempi si faceva tutto
con autoclavi,che permettono di controllare meglio il processo e ottenere migliore qualità faticando meno.
Lì a fianco c’é un altro Club Naval, come non provarne la
cucina? Ed eccomi allora di fronte ad un bel Porco com
inhame (Maiale con l’ìgname).
Il pomeriggio sulla parte alta dell’isola a vedere i laghetti
nelle caldere con mucche e tori che pascolano floridi tra
le lave.Scendendo a Lajes do Pico vediamo gli ultimi sprazzi della festa per la Madonna di Lurdes, patrona della cittadina. Musica, gente in piazza, banchetti, museo del baleniere aperto, e lì vicino il Cantinho das Terras, recinto di
frasche con tavolacci di legno e panchette,in cui dopo breve attesa ci toccano dei posti vicini. Ordino Feijoada de
Mariscos (Zuppa di fagioli con frutti di mare) e, nell’attesa, dei clown su corti trampoli, vestiti da pollo o da pappagallo, si infilano tra gli stretti passaggi tra le panche e
sembrano camminare sui tavoli.
30 Agosto
Il Pico è completamente sgombro. Non abbiamo scuse.
Per oggi un pasto solo, seppure dopo un’abbondante colazione a base di crostata al mou cosparsa di pinoli (non
proprio il mio gusto). Partiamo in 5 su un taxi solo per
Per le vie di Angra
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una strada tutta curve e carretti, che è solo un anticipo
delle giravolte che farà il sentiero per farci arrivare in cima. Qui giunti, spettacolo splendido del sorriso di Daniela mentre guarda la caldera e il conetto terminale che si
erge da essa, cosparsi di lapilli multiformi e multicolori. In
cima al conetto ci sono fumarole attive...ma abbiamo portato solo frutta e biscotti...Vista splendida sulle isole lontane, ma la pianura di Pico ci è preclusa da una anello di
nuvole che circonda la montagna, parecchio sotto di noi.
Stanchi e dolenti (alcune ginocchia si lamentano in discesa) ci ricongiungiamo con i “marini” in tempo per il battello.Velas ci accoglie deliziosa. Sul molo troneggia l’insegna del Club Naval. Come deluderne il proprietario? Mi
tocca quindi un Bacalhau a la portuguesa (Baccalà bollito).
Lì a fianco arriva una Espetada de lulas e camarões, (Spiedino di calamari e gamberoni) con lo spiedino appeso ad
una specie di forca poggiata sul tavolo, troppo compatto
per una rapida forchettata. Mi trattengo per forza di cose...Antonella,che ha sofferto di più nella discesa,dice che
non se la sente di mangiar nulla che ricordi anche solo lontanamente gambe, zampe o muscoli, escludendo così calamari e gamberi, baccalà e carne, e deve accontentarsi di
una zuppetta di fagiolini...
31 Agosto
Vorrei fare una giornata di recupero al mare per far godere meglio il trek di domani alle Fajas, ma occorre consumare un po’ delle calorie assorbite.Allora grande camminata a piedi al faro di Ponta do Rosais, paesaggi splendidi di caldere vulcaniche crollate nel mare, campi e pascoli e mucche e ... 14 km!. Fortunatamente molti locali ci
avevano assicurato che alle 14,30 sarebbe passato di là un
trasporto per tornare indietro. Partenza programmata
due volte al giorno dalla piazza della chiesa di Velas.In realtà parte da dove decide l’autista e arriva dove vuole lui,
specie se nessuno gli chiede di andare fin laggiù dove eravamo noi. Organizziamo allora una gara tra chi decide di
tornare con l’autostop (ma in giro non si vede un cane,
tanto meno un mezzo,ci sono 7 km di sterrata prima dell’asfalto, dove circola se va bene un’auto ogni 20 minuti,
ed è l’ora della siesta) e chi chiama il taxi.Vinceranno i più
avventurosi, rientrando in un’ora, complice un contadino
che va col trattore ad abbeverare le mucche e una ragazza attesa dal fidanzato. Gli altri arrivano subito dopo.
Grandi bagni ristoratori e prenotazione alla Cervejiaria,
dove mi attende un Cherne assado (Trancio di cernia alla griglia)
1 Settembre
Cielo nuvoloso, la giornata si prospetta critica per il trek.
Insistiamo, e saremo fortunati. Il percorso di avvicinamento ci porta prima alla bellissima chiesa di S. Barbara a
Manadas, pressoché intatta dalla costruzione. Prima nel
posto sorse una cappellina, contemporanea ai primi insediamenti nella cittadina,nel xvi secolo.Poi un marinaio trovò in mare una statua della madonna e la cappella originaria restò come ingresso secondario.Come tutte le chiese dell’isola è costruita in blocchi di pietra lavica nera, lasciati a vista ai bordi, imbiancati a calce sulle pareti. Il contrasto è notevole.L’interno presenta ricoperture in legno
che incorniciano dipinti e affreschi di varia epoca dal xvii
al xviii secolo,visto che il completamento richiese 200 anni.Attorno all’altare un ciclo della vita di S. Barbara.Vicino all’ingresso principale un fonte battesimale di circa 1,6
mt di diametro, ricavato in un unico masso. La pietra suona come metallo se la si batte nel lato interno, quello destinato a contenere l’acqua.
Poi al trek, nella nebbia fortunatamente solo nella parte
alta.Bellissima la discesa,600 mt di dislivello lungo un sentiero molto ben segnato attraverso siepi di ortensie in fio-
Bacalhau
a la portuguesa
(per una persona)
250 gr di filetto di baccalà dissalato
3 cipolle medie, 3 patate piccole, 100 gr di
prataioli grandi, alcune foglie di cavolo legate a involtino con un filo bianco (meglio se alcune di verza e
alcune di cavolo riccio) coste
1 bouquet garni composto da: grani di pepe bianco, sedano, prezzemolo, chiodi di garofano, cipolla,
aglio, 1 porro (solo parte bianca), 1 carota, peperoncino, un pizzico di noce moscata, 1 bicchiere di
vino bianco.
Mettere in una pentola un litro e mezzo d’acqua con il
bouquet garni e dopo 15 minuti di bollore far cuocere il
pesce per 8 minuti.Conservare un po’del brodo restante.
Scottare con un filo d’olio i legumi e le verdure. Disporre
su un piatto di portata il pesce e le verdure.
Una variante prevede di ispessire un po’del brodo di cottura con della fecola di patate e far rinvenire pesce e verdure insieme per un attimo.
Personalmente io il pesce nel court bouillon lo metto a freddo, ma la ricetta locale dice così...
re e una incredibile varietà di piante, che cambiano man
mano che si scende verso il mare.
Al termine delle 3 ore di camminata,avendo esplorato già
nei giorni precedenti i migliori ristoranti, non ci resta che
correre in aeroporto e cambiare isola.Angra ci accoglie
in un alloggetto nella via più storica, tutta fiancheggiata di
palazzi d’epoca, tra cui il nostro, che hanno fatto assegnare anche a lei dall’Unesco il titolo di patrimonio dell’Umanità. La sera il primo dramma è quello che il ristorante consigliatoci dal tassista appare dall’esterno vuoto e
polveroso. Quello consigliato dalle relazioni, in precedenza sistemato in un vecchio magazzino di fronte al porto,
sta traslocando in una diversa sede, a noi e ai più ignota.
Non ci scoraggiamo, e troviamo finalmente posto nel Ristorante O Bom Garfo (La buona forchetta) che ci impone di tener fede al nome.Io decido,invidioso di aver mangiato,solo con gli occhi,nei piatti altrui il giorno prima,per
un Bacalhau no molho de alho (Baccalà in salsa d’aglio),
mentre gli altri sono molto incuriositi dalla Cataplana,specialità del locale. Poiché la cataplana è un padellone che si
mangia in due ed è difficile organizzare le coppie attorno
al tavolo (siamo stretti stretti, e non ci si può spostare, mi
dicono) ne prendono quattro.Ne sono felice,così ne tocca anche a me, e quindi voi potete avere la ricetta della
Cataplana de Mariscos (Frutti di mare in salsa di peperoni), anche se a me proprio tanto poi non è piaciuta..
2 Settembre
La giornata si annuncia splendida e adattissima alla gita intorno all’isola, con prevista Tourada a corda in serata. Le
prospettive migliorano anche di più quando i tassisti ci
portano prima alla fabbrica di formaggi, poi al museo del
vino, in entrambi i posti con assaggi.Tra paesaggi di conifere e fumarole arriviamo ad un camino vulcanico occluso da un terremoto 200 anni fa. Scendiamo nella bocca
per decine di metri. L’atmosfera è irreale, sembra l’inizio
di un viaggio al centro della terra e anche Antonella, che
di mestiere fa la vulcanologa e che ha cercato bombe (vulcaniche, lava raffreddata in aria, sovente in forma di pera)
in ogni isola ed in ogni caldera, ci dice a bocca aperta che
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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO
Norvegia
Il gruppo a Tromso
Lulas
ao Vinho Tinto
(alle Azzorre è per 1 persona)
400 g di Calamari piccoli (o uno grande tagliato
a rotelle)
1 cipolla tritata,2 spicchi d’aglio schiacciati, olio
3 pomodori schiacciati (meglio passata), 1-2 bicchieri di vino rosso, un po’ di buccia d’arancio tritata, peperoncino
Far imbiondire cipolla e aglio,aggiungere i calamari e saltare a fuoco vivo per 5 minuti. Aggiungere il resto e far
cuocere sino ad ottenere una salsetta spessa.
Pubblichiamo solo due delle 11 ricette ricevute,
chi volesse maggiori informazioni sui piatti
tipici delle azzorre potrà rivolgersi all’autore
[email protected]
non credeva di riuscire mai ad entrare in una cosa così. E
pensare che all’inizio il problema era che ci cascavano dentro i torelli, se no non l’avrebbero scoperta...
Ci troviamo poi puntuali in serata a Cabo da Praia per la
Tourada a corda, specialità dell’isola. Il paese, o meglio la
sua via principale,è chiusa e cartonata su cancelli e ingressi,
in modo da fare un canale continuo, con la gente dietro le
barriere o seduta sui muretti di recinzione. Il toro ha una
corda al collo, tenuta a debitissima distanza da cinque baldi giovani vestiti di bianco e con cappello nero piatto a tesa larga, seguiti ad altrettanta lunghezza di corda da altri
cinque signori: non si sa mai, i primi dovessero lasciare la
corda... Il toro viene fatto uscire annunciato da un botto
(due segnalano il suo rientro nel box) e corre e impazza
su e giù per la strada,con coloro che tengono la corda che
gli corrono dietro se si allontana, o scappano come possono se si avvicina. Mi rassicura molto che i venditori di
noccioline passeggino impavidi per strada vendendo la loro merce,e li imito mangiando Bolinhos de Bacalhau (Polpette di baccalà).
La cosa mi rallenta un po’ nella rapidità dell’arrampicata
sui muretti, quando il toro finalmente si accorge di me....
Alla fine quando il toro è stanco (non ci mette più di un
quarto dora), nel frattempo c’é stato qualcuno che lo ha
saltato un paio di volte, e gli hanno fatto dare spettacolo
per tutta la via, i ragazzotti in bianco e nero lo tirano dentro la gabbia e via col prossimo. In serata scopriremo che
ogni bar,negozio o locale proietta video e DVD delle Touradas degli anni precedenti,solo nelle parti dove il toro incorna qualcuno, e sono tantissime. Ci rincuoriamo dello
scampato pericolo alla Cervejeria Agrense, dove ordino
Polvo guisado (Polpo stufato).
3 e 4 Settembre
Giornate senza storia, di mare o visite alla cittadina o acquisti,anche se i negozi di Angra non sono patrimonio dell’Unesco, e a ragione, visto che non c’é nulla.
Resta notevole la cena alla Adega Lusitania che offre anche la specialità dell’Alcatra de carne de vaca (Terrina di
manzo). Ultima cena prima del panino plastico dell’aereo.
5 Settembre
Arriviamo a Roma affamati, baci e abbracci, qualche morsetto agli amici che se ne vanno...
“Non vedo l’ora di un bel piatto di spaghetti aglio olio e
peperoncino!” dice...
No, mi confondo, quello era tornando dall’Etiopia...
Fascino delgrande Nord
Testo e foto di
Roberto Ghio
ifficile raccontare le emozioni di un viaggio in NORVEGIA in agosto,alla testa di un gruppo composto
da diciannove persone, numero che si è consolidato solamente tre giorni prima di partire. Il nostro era
l’ultimo viaggio della stagione, sapevamo di non poter vedere il Sole di Mezzanotte per via del periodo non favorevole (il fenomeno termina a fine luglio) ma non ce ne siamo troppo curati..
Il Nord riserva grande fascino, non lo avevo ancora sperimentato, per me e per la maggior parte dei partecipanti
era la prima volta. Dopo alcuni contatti preliminari di rito,
ci si incontra all’aeroporto, la maggior parte vola da Milano a Varsavia dove troviamo i quattro partiti da Roma, a
causa dello sfalsamento dei voli, breve tour della città da
parte di chi ha il volo su Oslo posticipato (tentativo di unificare il gruppo su un solo volo andato a vuoto). Sul volo
interno verso Tromso, partito alle 23,30 passate da Oslo,
facciamo conoscenza della notte nordica, la notte non è
mai tale, sembra la luce del nostro imbrunire.
I bungalows del campeggio di Tromso che ci accoglie,paiono le casette di Hansel & Graetel,molto carine,dentro non
manca nulla, identiche a quelle degli altri campeggi dove
dormiremo, molto meglio di certi alberghetti utilizzati in
altri viaggi.
Le Isole Lofoten e le Vesteralen sono davvero fiabesche,
con i loro angoli verdi , i fiordi, le cime che nonostante la
relativa altitudine paiono picchi altissimi, peccato per il clima davvero impietoso che malgrado tutto rendeva l’atmosfera affascinante. Gli angoli dei villaggi dei pescatori, in
questa stagione quasi disabitati, emanano odore di stoccafisso, la pesca del merluzzo durante i primi tre mesi dell’anno è per loro come la caccia all’oro, nella sola Henningsvaer i pescatori nel periodo di pesca arrivano ad essere fino a cinquemila! Tra i villaggi, le perle sono Nusfjord
e Nyksund, davvero incantevoli.
Spostandosi in auto tra i fiordi, capiamo come mai i nazisti
crearono qui i bunker per le loro corazzate, difficilissimo
scoprirne i nascondigli. Divertente è stato salire sulle colline che sovrastano alcune città con le funivie utilizzate in inverno per portare gli sciatori sulle piste, Narvik ne è un
esempio,così come Tromso,sono luoghi che permettono di
godere appieno del Sole di Mezzanotte e delle aurore boreali. Sulla strada per Capo Nord merita uno stop Alta, per
via del suo Museo dei graffiti, risalenti a 6200 anni fa, entra-
D
to a far parte a gran titolo del patrimonio dell’Unesco.Proseguendo sulla strada verso Nord, ci imbattiamo nelle renne (dappertutto) e nel paesaggio che cambia drasticamente, sembra di essere in Siberia, signori ecco la tundra!
E’ sabato 20 agosto, usciamo dal tunnel sotterraneo e Capo-Nord ci accoglie con la nebbia, il vento e la pioggia, il
termometro del sito indica 8°C, impossibile vedere oltre
il mappamondo di ferro in mezzo alla spianata della scogliera.Meno male che siamo attrezzati,le giacche di Goretex e le mantelle da montagna fanno il loro dovere.Tornando il mattino seguente troveremo un clima migliore,
sufficiente per poter vedere il mare ed il limite inferiore
della scogliera che con i suoi 307 metri sovrasta il Mar Glaciale Artico in quel punto dell’Isola di Mageroy.
Da Capo-Nord scendiamo nella terra dei Sami, (già conosciuti come Lapponi), dapprima a Karasjok e poi a Kautokeino.Visite diverse,culturali,per scoprire il mondo di questa etnia ed i loro problemi di difficile adattamento ad una
società che li ha poco per volta snaturalizzati,tolto la identità. Belle le tende tee-pee (non a caso simili a quelle degli
indiani d’America), esposte nei musei dove si possono vedere anche i capi di abbigliamento e gli strumenti per la pesca e la caccia, le ragioni della cultura della renna, unica ragione di vita di questo popolo.
Le ultime belle escursioni del viaggio sono un trekking nel
Canyon del fiume Alta (da Gargia) ed una escursione in
barca al ghiacciaio che si getta direttamente nel mare al
termine del fiordo dalle parti di Alteidet. L’ultimo campeggio che ci accoglie sulla via del ritorno a Tromso si trova a
Langfjord ed è davvero incantevole.
Tromso è da vedere, con i suoi musei, i suoi negozietti è
davvero una cittadina graziosa. L’ultima sera, la natura ci
regala anche di poter vedere l’aurora boreale, che alcuni
del gruppo hanno potuto osservare non essendo andati a
dormire dopo la cena di rito che chiude il viaggio.
Dopo la foto di gruppo si parte, lasciamo le vetture che ci
hanno permesso di percorrere i 3500 km del nostro viaggio all’aeroporto e ci imbarchiamo per casa….le ultime fatiche sono state la notte trascorsa ad Oslo in aeroporto
e i due ulteriori voli verso Varsavia e verso Milano, dove
siamo giunti davvero cotti. Ma lo spirito di gruppo e l’’ottimismo non ci ha fermati,siamo riusciti a superare questa
ultima fatica con eleganza.
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