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Italia ed Egitto: nuove opportunità per una partnership

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Italia ed Egitto: nuove opportunità per una partnership
Med&Gulf Initiative Bulletin, n. 4, 27 febbraio 2015
Italia ed Egitto: nuove opportunità
per una partnership privilegiata

Quadro geo-politico
La presidenza di al-Sisi e le prossime elezioni parlamentari
I Fratelli musulmani e l’Islam politico
Il terrorismo nel Sinai
La politica regionale
Le relazioni internazionali
La conferenza di Sharm el-Sheikh
 Quadro economico
Andamento della congiuntura e prospettive della crescita
Il governo dell’economia
La posizione esterna e i rapporti con gli organismi internazionali
Il commercio estero e gli Ide
Scambi dell’Italia con l’Egitto
Ide italiani in Egitto
 Presenza italiana e opportunità di business
Med&Gulf Initiative è il progetto di ISPI, Intesa Sanpaolo e Promos-Camera di Commercio di
Milano sulle opportunità di business nell’area del Mediterraneo e del Golfo.
L’iniziativa prevede una serie di Conferenze internazionali con la partecipazione di rappresentanti
di istituzioni e organismi internazionali, nonché di esperti dal mondo accademico ed economicofinanziario, in rappresentanza di diversi paesi.
Alle imprese partecipanti sono messi a disposizione desk informativi per approfondire le priorità
settoriali di investimento, le opportunità di business e le agevolazioni per le imprese.
A supporto di ogni Conferenza viene pubblicato un dossier di approfondimento sull’evoluzione
politica, le prospettive economiche, le opportunità di business e le relazioni con l’Italia.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
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IL QUADRO GEO-POLITICO*
La presidenza di al-Sisi e le prossime elezioni parlamentari
L’elezione dell’ex generale Abd al-Fattah al-Sisi alla presidenza dell’Egitto nel maggio del 2014 ha
segnato l’inizio di una nuova fase per l’Egitto dopo la fallimentare esperienza di governo dei Fratelli
musulmani conclusasi con la deposizione di Mohamed Morsi nell’estate del 2013. Sebbene il nuovo
presidente abbia avviato un processo di stabilizzazione interna, anche attraverso un rafforzamento dei
controlli e della presenza nella sfera pubblica dell’apparato di sicurezza, il paese rimane ancora
attraversato dalle problematiche politiche e socio-economiche che hanno dato luogo alle rivolte del
2011. La ripresa economica rappresenta una delle principali sfide che il governo si trova ad affrontare.
Ciò spiega perché al-Sisi ha messo in cima alle sue priorità una strategia di sviluppo economico basata
sulla realizzazione di grandi opere pubbliche in tutto il territorio nazionale. Tra i progetti più importanti
c’è l’ampliamento del Canale di Suez attraverso la costruzione di un secondo passaggio, che dovrebbe
velocizzare il traffico di navi tra Mar Rosso e Mediterraneo. A questa grande opera si aggiunge
l’edificazione nella stessa zona di sei tunnel sotterranei per consentire il flusso degli autoveicoli tra il
Sinai e le principali città del Nilo.
Dopo una sospensione durata quasi tre anni, i prossimi 22-23 marzo (la seconda tornata è prevista per il
26-27 aprile) gli egiziani voteranno per eleggere il nuovo parlamento. Queste elezioni
rappresenterebbero l’ultima tappa della lunga e complessa transizione egiziana. La legge elettorale
prevede di scegliere i 567 membri dell’assemblea del popolo attraverso un meccanismo che assegna il
75% (420) dei seggi disponibili a candidati indipendenti e il restante 20% (120) ai partiti politici e consente
al presidente di nominare direttamente il 5% (27) dei deputati. Questo sistema di voto riserva alcune
quote per lavoratori e agricoltori, donne, copti, cittadini egiziani residenti all’estero, giovani e disabili.
Lo scarso peso riservato ai partiti potrebbe favorire l’elezione di candidati più interessati a promuovere
temi locali che a portare avanti questioni di carattere nazionale e riduce la possibilità di creare gruppi
parlamentari numerosi, uniti da una base ideologica condivisa, nonché la formazione di un’opposizione
coesa in grado di fare da reale contrappeso all’esecutivo, anche alla luce dell’esclusione del Partito
Giustizia e Libertà, espressione della Fratellanza musulmana, dalla sfera pubblica.
In vista delle prossime elezioni una parte delle forze di opposizione ha formato delle coalizioni elettorali,
mentre diversi partiti hanno deciso di boicottare il voto, ritenendolo un’implicita legittimazione del
nuovo corso politico. I gruppi politici di orientamento democratico-liberale che sono nati dopo la
rivoluzione del 2011 possono contare su un consenso limitato a fasce ristrette della popolazione, come la
borghesia delle grandi città e le classi più scolarizzate. Inoltre questi partiti – che si dividono in base a
orientamenti ideologici (liberali, socialisti, comunisti) molto diversi tra loro, ma sono uniti nell’obiettivo
di limitare il potere dei militari, riformare il sistema ed estendere la partecipazione democratica –
mancano di una leadership forte, in grado di creare un fronte unito per contrapporsi al presidente
egiziano. Ma mancano anche di candidati che siano abbastanza popolari da essere identificati
dall’opinione pubblica come un’alternativa credibile ad al-Sisi e che riescano ad aggregare partiti di
orientamento diverso all’interno di una stessa coalizione.
*
A cura dell’Osservatorio Mediterraneo e Medio Oriente dell’ISPI.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
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Infine è importante sottolineare che la scarsa popolarità di questi partiti nelle zone povere delle grandi
città e nelle campagne è legata anche alla mancanza di associazioni caritative controllate dai gruppi laici.
Questo tipo di attività è infatti gestito quasi interamente da associazioni religiose, mentre i movimenti
liberali e rivoluzionari, compresi quelli che spesso includono i temi della giustizia sociale e dell’equa
distribuzione del reddito all’interno del loro messaggio politico, non hanno un’organizzazione
abbastanza consistente per creare un sistema di assistenza e aiuto alle fasce più deboli della
popolazione.
I Fratelli musulmani e l’Islam politico
Le grandi manifestazioni di piazza del 30 giugno del 2013 contro l’ex presidente Mohamed Morsi,
sostenuto dai Fratelli musulmani, sembrano aver segnato l’inizio di un progressivo declino per l’Islam
politico in Egitto. Una crisi che si è aggravata con l’inserimento della Fratellanza nella lista delle
formazioni terroriste (dicembre 2013), l’arresto di migliaia di militanti accusati di appartenere a gruppi
islamisti fuorilegge e l’esclusione dei Fratelli musulmani dalla vita politica.
All’ostilità da parte del nuovo potere politico egiziano, il movimento ha reagito rivendicando la sua
opposizione a quello che definisce un golpe militare, ma è diviso sulla strategia da adottare. Da una
parte c’è l’ala moderata, contraria ad azioni ostili contro il governo, che sottolinea come qualsiasi rivolta
violenta comprometterebbe il supporto da parte della classe media, che avrebbe molto da perdere da
un periodo di protratta instabilità politica. Dall’altra c’è la componente giovanile, che invece preme per
un’opposizione più radicale ad al-Sisi e vorrebbe riallacciare i legami con alcuni dei movimenti
rivoluzionari protagonisti della rivolta del 25 gennaio 2011.
La Fratellanza rimane il principale gruppo islamista presente nel paese e secondo un sondaggio
condotto dal centro di ricerca “Pew Research Center”, questa organizzazione gode ancora del sostegno
di circa il 38% degli egiziani. Tale percentuale si spiega anche con la capacità del gruppo di mantenere
una forte presenza sul territorio attraverso delle organizzazioni di assistenza che operano in semiclandestinità, soprattutto nelle campagne e nei quartieri poveri delle grandi città. La rete di sostegno ha
tuttavia subito delle restrizioni dopo la chiusura da parte della magistratura di alcune di queste
associazioni.
Al contrario dei Fratelli musulmani, Hizb al-Nur, il principale partito salafita egiziano, ha sostenuto
l’elezione del nuovo presidente. Tale scelta si spiegherebbe anche alla luce del supporto dell’Arabia
Saudita (uno dei principali finanziatori del salafismo nel mondo arabo) ad al-Sisi, sebbene all’interno
della galassia salafita non vi sia unanimità di posizioni a sostegno del presidente. Alle prossime elezioni
al-Nur, principale partito islamista nella tornata elettorale, è intenzionato a intercettare una parte dei
voti della base elettorale della Fratellanza musulmana, messa al bando nel 2013. Dal canto suo,
quest’ultima ha invitato i suoi sostenitori a boicottare le elezioni.
Il terrorismo nel Sinai
Il Sinai è un territorio strategicamente rilevante dal punto di vista economico e di sicurezza. Tuttavia, il
controllo statale sul Sinai è andato gradualmente affievolendosi dalle prime rivolte popolari del gennaio
2011, che portarono alla deposizione del presidente Hosni Mubarak, ingenerando una crescente
instabilità, alimentata soprattutto dalla crisi apertasi a seguito della destituzione di Mohamed Morsi.
L’escalation di violenze che ha caratterizzato soprattutto l’ultimo biennio della penisola (come
dimostrato appunto dagli attentati mortali del 24 ottobre 2014 e del 29 gennaio 2015 in cui sono state
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
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uccise complessivamente una sessantina di militari e civili) affonda tuttavia le proprie radici in questioni
che vanno ben al di là del gennaio 2011: in primis la conflittualità tra centro politico e zone periferiche, il
divario socio-economico tra nord e sud della penisola, nonché la marginalizzazione socio-politica ed
economica delle comunità beduine, che hanno favorito un processo di costante radicalizzazione delle
popolazioni locali.
A tali fattori si sono aggiunte la proliferazione di fenomeni criminali (traffici illeciti di esseri umani, armi e
droga) e, soprattutto nel nord della penisola, la penetrazione di gruppi terroristici per lo più nelle aree di
confine con Israele (tra Rafah, al-Arish e Sheikh Zuweid), dove hanno preso piede gruppi armati jihadisti
e salafiti, alcuni dei quali di chiara matrice qaidista, altri ancora legati al sedicente Stato islamico (Is). Tra
questi il più pericoloso e attivo nella regione è sicuramente Ansar Bayt al-Maqdis (Abm). Nato come
gruppo di ispirazione qaidista, Abm il 10 novembre 2014 ha giurato la sua alleanza all’Is annunciandone
parallelamente il cambiamento del nome in Islamic State’s Wilayat Sinai (Provincia del Sinai dello Stato
Islamico). La dichiarazione di alleanza tra Abm e Is ha tuttavia evidenziato alcune controversie
all’interno della stessa organizzazione egiziana in merito alla linea ideologica da seguire tra al-Qaida e Is:
la fazione della Valle del Nilo si è dichiarata ideologicamente fedele ad al-Qaida, mentre la base sinaitica
ha difeso il giuramento di fedeltà all’Is. Questa diversità ha già provocato un primo effetto: il 13
dicembre un gruppo autonominatosi Katiba al-Ribat al-Jihadiyya (Brigate Jihadista di al-Ribat) ha
rinnegato la dichiarazione di fedeltà al califfato islamico, proseguendo la propria battaglia nel Sinai
contro il governo egiziano. Una frattura che potrebbe essere il preludio per nuove faide interne e
portare, oltre ad una nuova scissione di Abm, anche a una ridiscussione del sistema di alleanze finora
vigenti con le altre organizzazioni islamiste (vedi Ajnad Misr o Mohammed Jamal Network),
ingenerando una situazione di maggiore instabilità nella penisola.
Temendo una possibile deflagrazione sul piano della sicurezza interna, aggravata dalle continue
infiltrazioni jihadiste sia da nord-est (da Gaza verso il Sinai) sia da ovest (dalla Libia), il Cairo ha deciso di
alzare il livello di allerta lungo i propri confini. Nel fare ciò ha condotto una strategia di contenimento
della minaccia, a volte di comune accordo con i paesi vicini (si pensi alla collaborazione con Israele e al
flusso di armi e uomini dalla Striscia di Gaza), altre volte con gli alleati (come nel caso dei presunti raid
aerei egiziani ed emiratini a Tripoli la scorsa estate). Nonostante le campagne di counterterrorism e
l’adozione di nuove e più stringenti misure (come la nuova legge anti-terrorismo, l’imposizione dello
stato d'emergenza e di un coprifuoco notturno nel Sinai settentrionale, la creazione di un nuovo corpo
d’armata unificato chiamato a collegare intelligence, militari e polizia, nonché l’evacuazione di 1.100
famiglie dai territori di confine tra Egitto e Striscia di Gaza per realizzare una buffer zone di un
chilometro di larghezza per tredici chilometri di lunghezza) adottate dal governo egiziano, i risultati
finora raggiunti non hanno condotto a una reale messa in sicurezza della penisola e non sono riusciti a
rompere il vincolo di fedeltà tribale che i jihadisti egiziani hanno instaurato con le popolazioni beduine
locali divenute loro alleate.
Le sfide derivanti dal terrorismo nel Sinai stanno ponendo dunque un serio problema non solo alla
sicurezza dell’Egitto ma anche alla stabilità dell’intera regione e alla sicurezza internazionale, poiché
l’insorgenza islamista non è un fenomeno isolato e confinato al solo Sinai, ma rientra all’interno di un
arco d’instabilità crescente che abbraccia il Nord Africa e il Medio Oriente e che dall’entroterra saheliano
si estende dall’Algeria fino ad arrivare alla Siria e all’Iraq, passando per la vicina Libia.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
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La politica regionale
L’ascesa al potere del presidente al-Sisi ha determinato un profondo cambiamento della politica estera
egiziana rispetto ai tre anni successivi alla rivoluzione del 2011. Negli scorsi mesi il Cairo sembra avere
riportato la sua azione politica nel solco dei due pilastri che avevano caratterizzato la strategia
mediorientale nel periodo di Sadat e Mubarak: relazioni positive con gli stati del Golfo e impegno diretto
a portare israeliani e palestinesi sul tavolo negoziale per porre fine alla crisi di Gaza dell’estate. A ciò si è
aggiunto il sostegno alle milizie del generale Hiftar, che combattono i Fratelli musulmani e i loro alleati
islamisti nella guerra civile in Libia.
Il ritorno di una collaborazione strategica tra Egitto e monarchie del Golfo (in primis Arabia Saudita,
Kuwait ed Emirati Arabi Uniti) è stato determinato dalla deposizione di Mohamed Morsi del giugno 2013.
Le relazioni tra il Cairo e questi paesi, ad eccezione del Qatar, si erano infatti deteriorate a causa
dell’elezione del primo presidente egiziano legato ai Fratelli musulmani. Il loro atteggiamento ostile si
spiegava soprattutto con il timore che l’ideologia della Fratellanza potesse rappresentare un modello
politico per i gruppi dell’opposizione interna e gli altri movimenti islamisti presenti in Medio Oriente,
minacciando la stabilità di questi stati e l’ordine regionale.
L’elezione di al-Sisi è stata perciò salutata come un fatto positivo da queste monarchie, che hanno
concesso al Cairo aiuti economici per circa 20 miliardi di dollari e proposto la creazione di un’area di
libero scambio tra gli stati del Golfo e l’Egitto. Questa iniziativa politica non include il Qatar, che
inizialmente ha sostenuto i tentativi della Fratellanza islamica di riguadagnare peso politico, allineandosi
solo successivamente alle posizioni politiche dei suoi alleati regionali. Di recente, sembra che i rapporti
tra il Cairo e Doha stiano tornando alla normalità, come testimonia indirettamente la scarcerazione di
tre giornalisti di al-Jazeera detenuti in Egitto.
Restano tuttavia ancora tese le relazioni tra i due paesi in merito alla crisi libica. Qatar ed Egitto
sosterrebbero infatti due schieramenti opposti che si scontrano sul campo. Doha sarebbe vicina ai
gruppi islamisti, mentre il Cairo è tra i principali alleati delle truppe di Hiftar, che combattono i Fratelli
musulmani presenti nel paese. La scelta strategica di al-Sisi è stata resa ancora più evidente nell’agosto
del 2014, quando diversi aerei militari degli Emirati Arabi Uniti sarebbero partiti dalle basi egiziane per
condurre operazioni contro obiettivi legati a miliziani islamisti presenti sul territorio.
La politica egiziana nei confronti della Libia si spiega con considerazioni legate alla sicurezza interna.
L’emergere delle milizie jihadiste e islamiste nel caotico contesto libico potrebbe portare a gravi
conseguenze sia dal punto di vista del traffico delle armi sia per l’apertura di basi gestite da gruppi
radicali ai confini dell’Egitto, che potrebbero essere usate per condurre operazioni contro obiettivi
interni. Uno scenario che mette in grave pericolo la sicurezza del paese, già minacciata dall’attivismo dei
gruppi jihadisti che operano in Sinai.
Quest’ultimo è particolarmente importante per quanto riguarda i rapporti tra il Cairo e Tel Aviv. La
collaborazione informale tra intelligence egiziana e israeliana in Sinai ha infatti come obiettivo principale
quello di combattere i jihadisti che operano nella regione. Un altro aspetto cruciale per entrambi i paesi
è la gestione del valico di Rafah e il contrasto al contrabbando tra il territorio egiziano e quello della
Striscia di Gaza. Questo passaggio tra Egitto e il territorio controllato da Hamas è rimasto chiuso per
lunghi periodi negli ultimi anni e il presidente al-Sisi ha concesso soltanto una breve apertura durante
l’ultima operazione israeliana contro il principale gruppo islamista palestinese, legato ai Fratelli
musulmani. Il Cairo ha inoltre organizzato i colloqui di pace tra rappresentanti di Israele e di Hamas
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nell’agosto del 2014 per arrivare a una soluzione del conflitto a Gaza. Ciò si inserisce nel solco del
tradizionale ruolo dell’Egitto come mediatore tra le istanze palestinesi e quelle israeliane. Inoltre il Cairo
ha patrocinato l’iniziativa per la formazione di un governo di unità nazionale tra Hamas e Fatah. Nelle
intenzioni di al-Sisi questo tipo di politica dovrebbe permettere al Cairo di accrescere il suo peso a livello
regionale e di acquisire nuovamente importanza strategica nella regione.
Le relazioni internazionali
Dopo un iniziale raffreddamento nei confronti di Stati Uniti e Unione europea, l’Egitto di al-Sisi è
progressivamente tornato a mettere al centro della sua politica estera il mantenimento di buone
relazioni diplomatiche con i tradizionali alleati internazionali. Non sono però mancate anche le aperture
a nuovi partner, come Russia e Cina, che sono considerati strategici per questo paese. Nel 2011
l’amministrazione Obama si era apertamente schierata in favore del processo di transizione
democratica, chiedendo le dimissioni di Mubarak e cooperando con il neoeletto governo Morsi in
occasione della crisi di Gaza del 2013. In seguito alla destituzione del presidente nel luglio 2013, le
relazioni dell’Egitto con Washington avevano toccato il punto più basso dall’era Sadat, sebbene i
rapporti con l’ex presidente egiziano si fossero già progressivamente raffreddati a causa della chiusura
al dialogo con le opposizioni e di alcune mosse unilaterali nei confronti della Fratellanza musulmana.
Nell’estate del 2013 gli Stati Uniti avevano criticato la deposizione di Morsi, nonostante l’azione dei
militari fosse supportata da una parte consistente della popolazione. A fronte di ripetute e numerose
violazioni dei diritti umani, e alla messa fuori legge delle opposizioni politiche islamiche moderate e
laiche, Washington aveva sospeso gli aiuti militari, poco meno di un miliardo e mezzo di dollari annui, e
aveva richiamato in patria il proprio ambasciatore al Cairo. Sebbene le relazioni tra Egitto e Stati Uniti si
siano mantenute tese nel corso di buona parte del 2014, alcune forme di cooperazione militare e in
materia di sicurezza sono rimaste aperte, così come alcuni canali secondari di dialogo.
Negli ultimi mesi diversi elementi hanno giocato in favore del progressivo riavvicinamento dei due paesi:
il crescere della minaccia terroristica di matrice jihadista nel Sinai, che complica ulteriormente il quadro
complessivo di destabilizzazione nel Levante; il deterioramento della situazione libica; ed infine la crisi di
Gaza del luglio scorso, nella cui mediazione l’Egitto ha trovato nuovamente un ruolo rilevante. A partire
dall’estate 2014 il blocco degli aiuti militari è stato così parzialmente annullato (nel dicembre scorso
sono stati consegnati dieci elicotteri Apache alle forze armate del Cairo per la campagna antiterrorismo
nel Sinai), mentre sono stati scongelati 572 milioni di dollari di fondi egiziani alla difesa
precedentemente bloccati da Washington.
L’Unione europea è un importante partner dell’Egitto, soprattutto sul piano commerciale dove vanta
scambi in costante crescita. Tra il 2004 e il 2013 il valore totale dell’interscambio Ue-Egitto è più che
raddoppiato, arrivando a 22,9 miliardi di euro. Dopo la Primavera araba, Bruxelles ha scelto di accrescere
il suo sostegno al processo di transizione politica del paese, attraverso un piano di prestiti pari a 5
miliardi di dollari – la EU-Egypt Task Force, siglato col governo Morsi nel novembre 2012. Come gli Usa,
anche l’Ue ha in seguito condannato l’intervento militare del 2013 e la conseguente restrizione delle
libertà civili e politiche, attraverso ripetuti richiami alla giunta militare di transizione prima, e al governo
del presidente al-Sisi poi. Le tensioni tra Bruxelles e il Cairo hanno determinato attriti nelle relazioni
politiche, senza che questo intaccasse i piani di sostegno economico e i legami commerciali. Soprattutto
sotto la spinta dei singoli stati membri, l’Ue ha quindi seguito il progressivo miglioramento delle
relazioni tra Stati Uniti ed Egitto di al-Sisi, a partire dall’estate del 2014. Proprio il governo Renzi si è
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
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dimostrato tra i più proattivi nel ricercare un deciso riavvicinamento, organizzando due incontri
bilaterali (al Cairo e a Roma), e assicurando piena cooperazione e sostegno nella lotta al terrorismo in
Sinai e in Libia, paese al centro dell’agenda di politica estera italiana.
Al tempo stesso, il momentaneo raffreddamento delle relazioni nei confronti dei due ‘tradizionali’
alleati, Stati Uniti e Unione europea ha portato l’Egitto di al-Sisi ad avvicinarsi progressivamente a nuovi
partner internazionali, quali la Russia e la Cina, a loro volta interessati a stabilire un legame più profondo
con questo paese chiave del mondo arabo. Sulla base del principio di non intervento negli affari interni
di stati terzi, dottrina formalmente perseguita sia da Mosca sia da Pechino a livello internazionale,
entrambe hanno trovato un’intesa con il Cairo nel momento in cui Stati Uniti e Ue ponevano condizioni
sul rispetto dei principi democratici nel percorso di transizione in Egitto.
La Russia in particolare si è avvicinata all’Egitto in seguito all’intervento militare del 2013, assicurando
pieno sostegno all’ex generale al-Sisi alla cooperazione sulla sicurezza, stringendo accordi di
collaborazione economica nel corso del 2014 di tipo alimentare ed energetico, visto che l’Egitto è
particolarmente interessato al grano e al gas russo. Il presidente Putin, relativamente isolato
internazionalmente a causa della crisi ucraina, ha così investito molto nel legame col Cairo, invitando alSisi in Russia nell’agosto 2014 e ricambiando recentemente la visita. A questa iniziativa diplomatica è
seguito l’incontro con il ministro della Difesa russo Shoigu nella capitale egiziana nel novembre
successivo, che ha posto le basi per dei negoziati su un possibile accordo di cooperazione militare dal
valore di circa un miliardo di dollari. Una successiva visita nel febbraio del 2015 da parte dello stesso
Putin ha portato a un accordo per la costruzione di una centrale nucleare in territorio egiziano.
Anche la Cina ha intensificato le relazioni bilaterali con l’Egitto a partire da maggio 2014. Lo scorso
dicembre il presidente egiziano si è recato a Pechino, dove ha firmato un accordo quadro di
cooperazione economica e strategica (Comprehensive Strategic Partnership). L’obiettivo di al-Sisi è
quello di stimolare gli investimenti cinesi nel paese, in particolar modo per quanto riguardo lo sviluppo
della zona del Canale di Suez.
La conferenza di Sharm el-Sheikh
Per rilanciare l’immagine dell’Egitto e accrescere gli investimenti diretti esteri, il governo egiziano ha
organizzato per i prossimi 13-15 marzo una conferenza internazionale a Sharm el-Sheikh dove verrà
presentato il nuovo piano quadriennale per lo sviluppo economico del paese. Non sono ancora noti i
dettagli del nuovo piano, ma il primo ministro Ibrahim Mahlab ha già anticipato in una conferenza
stampa alcuni dei punti più importanti. I cambiamenti riguarderanno quattro settori – norme, grandi
opere, energia, riforme finanziarie – e avranno come principale obiettivo quello di mutare radicalmente
lo scenario economico egiziano per rendere il paese più attraente dal punto di vista degli investimenti
diretti esteri.
Nelle intenzioni del governo, dovrebbe essere affidato al Gafi (Autorità generale per gli investimenti e le
free zone) il compito di approvare o rigettare i nuovi progetti che saranno realizzati nelle zone speciali.
Oltre a una legge per facilitare gli investimenti, dovrebbe anche essere creato uno sportello unico per
gestire il flusso di capitali provenienti dall’estero.
Per quanto riguarda il settore delle opere pubbliche, il governo prevedrebbe una serie di piani distribuiti
su tutto il territorio nazionale. Tra questi c’è anche il cosiddetto “golden triangle”, una zona mineraria
per l’estrazione di fosfati, alluminio e calcio carbonato. Particolarmente interessante per i nostri gruppi
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
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industriali è anche il piano di modernizzazione del sistema ferroviario e stradale, che dovrebbe essere
illustrato nei dettagli durante il convegno di Sharm el-Sheikh.
Un altro punto centrale del piano quadriennale di riforma riguarderebbe una serie di investimenti nel
settore delle energie rinnovabili. Sono inoltre previsti un profondo cambiamento nel sistema delle
tariffe e una serie di norme per favorire la riduzione degli sprechi energetici. Nelle intenzioni del
governo c’è anche una progressiva liberalizzazione del settore, che sarà sempre più aperto a
investimenti privati per quanto riguarda la produzione energetica e la distribuzione elettrica.
Tra le misure previste nel piano quadriennale dovrebbero esserci anche alcuni cambiamenti legislativi
per migliorare l’accesso al credito di piccole e medie imprese.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
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Il QUADRO ECONOMICO*
Andamento della congiuntura e prospettive della crescita
La stabilizzazione del quadro politico ha favorito una progressiva accelerazione del tasso di crescita
dell’economia, passato dall’1% nel trimestre luglio-settembre 2013 al 6,8% nello stesso periodo del 2014.
Secondo indicazioni preliminari, la crescita del Pil si è collocata attorno al 5% nel trimestre ottobredicembre 2014. Se confermati, questi dati porterebbero nell’anno di calendario 2014 ad un tasso di
espansione reale del Pil del 4,2%, rispetto all’1,6% nel 2013.
In prospettiva, gli investimenti saranno i principali beneficiari del miglioramento del clima politico e degli
interventi sia pubblici sia privati già annunciati. Il primo stralcio del piano di ampiamento del Canale di
Suez è previsto sia completato entro metà 2015 contribuendo per 0,7 pp alla crescita del Pil. Altre opere
pubbliche in cantiere riguardano il potenziamento della rete metro della capitale (completamento linea
3 e linea 4), la costruzione di un milione di abitazioni attorno al Cairo, 3000 km di nuove strade, la
trasformazione a uso agricolo di un milione di acri di terreno ora desertico, impianti per l’energia
rinnovabile. Mentre il Canale è stato già finanziato, le altre opere necessitano ancora di copertura
specifica. Tra le società private che hanno annunciato nuovi investimenti nel paese vi sono Coca Cola,
Toyota e Ezz Steel. Le più contenute spinte inflazionistiche dovute al ribasso del prezzo del petrolio
sostengono il potere di acquisto delle famiglie.
L’economia ci si attende potrà beneficiare degli sforzi dell’esecutivo per rilanciare gli investimenti, il
turismo e attrarre gli investimenti diretti esteri. In questa direzione il governo egiziano ha promosso una
specifica conferenza, che si terrà dal 13 al 15 Marzo a Sharm El-Sheikh (v. sopra). Alla conferenza saranno
presentati agli investitori oltre 120 progetti di investimento, sia pubblici (al momento 28) sia privati o in
possibile partnership pubblico-privata, per un valore potenziale di quasi 150 miliardi di dollari in
infrastrutture e nei maggiori settori dell’economia (energia, edilizia, turismo). I paesi petroliferi del
Golfo hanno già promesso un consistente sostegno a questo programma. Le autorità egiziane stanno
inoltre lavorando ad un avanzamento della legislazione tesa a favorire gli Investimenti diretti esteri.
Egitto: conti nazionali e inflazione (*)
Composizione 2014
Quota % Usd mld
Pil fiscale (**)
Pil calend. (**)
Consumi privati
Spesa pubblica
Investimenti
Var. scorte
Esportazioni
Importazioni
Infl. media (**)
79,6
12,2
13,2
0,4
15,0
20,4
Variazione % in termini reali
2011 2012
2013
2014
2015
2016
283,3
1,8 2,2
-0,8 3,2
2,1
1,6
2,2
4,2
4,0
3,5
4,2
4,5
225,5
34,7
37,34
1,1
42,5
57,8
5,5
3,8
-5,6
0,6
1,3
11,5
10,1
2,6
3,5
-7,8
-0,3
5,9
-0,6
9,5
4,1
5,8
1,4
0,1
-12,6
0,9
10,1
5,6
2,6
4,6
-0,1
-3,7
2,8
10,5
5,4
2,0
5,2
0,0
1,4
4,6
10,0
5,9
3,1
0,7
1,1
-2,3
8,4
7,2
Fonte: Eiu e stime Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, (*) La disaggregazione del
Pil riguarda l’anno fiscale. (**) Previsioni Intesa Sanpaolo, Direzione Studi e Ricerche.
*
A cura di Gianluca Salsecci (Responsabile International Research Network - Direzione Studi e Ricerche ISP),
Giancarlo Frigoli e Wilma Vergi (Economisti ISP International Research Nework).
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
10
Un’importante spinta all’economia è attesa dalla ripresa del turismo. Nel 2010 le entrate dal turismo
avevano raggiunto i 12,5 miliardi di dollari (5% del Pil) e il settore, secondo valutazioni delle World
Tourism Organization, aveva contribuito direttamente e indirettamente al 17% del Pil e dava occupazione
al 14% della forza lavoro. Negli anni successivi, a causa delle tensioni interne, le entrate da turismo si
sono sensibilmente ridotte a 6 miliardi di dollari nel 2013. È inoltre previsto un aumento dei proventi dal
Canale di Suez grazie all’aumento del traffico dopo l’attuazione del citato raddoppio.
Il governo ha di recente alzato le sue stime del Pil nell’anno fiscale 2015 al +4%, dal +2,2% nel fiscale 2014.
Questa previsione, superiore a quanto atteso dal consenso sulla base del più recente sondaggio
Thomson-Reuters (gennaio) che indica per l’Egitto un tasso di crescita del 3,5% nell’anno fiscale 2015,
sconta tuttavia una frenata della dinamica tendenziale del Pil nel periodo gennaio-giugno 2015, al 2,5%
rispetto al +5,9% del periodo luglio-dicembre 2014, che aveva beneficiato di un favorevole effetto
confronto sull’analogo semestre dell’anno precedente.
Il governo dell’economia
Il parziale rientro delle pressioni inflazionistiche dopo l’accelerazione vista nella seconda metà del 2014 a
seguito del taglio dei sussidi (il tasso tendenziale d’inflazione si è portato al 9,7% a gennaio 2015
dall’11,8% ad ottobre 2014) ha indotto la Banca centrale lo scorso gennaio ha tagliare i tassi di riferimento
di 50 pb portando il tasso massimo al 9,75%. Nuove riduzioni dei tassi sono probabili nella seconda metà
del 2015, dopo che si saranno esauriti gli effetti sull’inflazione dell’ulteriore taglio dei sussidi previsto nel
programma del governo.
Inflazione tendenziale
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
gen-11
Tasso di cambio reale effettivo
110
100
90
80
Inflazione a/a
tasso max
gen-12
gen-13
gen-14
gen-15
Fonte: Thomson Reuters – Datastream
70
60
gen-05 gen-07 gen-09 gen-11 gen-13 gen-15
Fonte: Thomson Reuters – Datastream.
A metà gennaio 2015 l’autorità monetaria ha lasciato scivolare la valuta, portando il rapporto di cambio
Usd/Egp dal 7,15 in vigore dallo scorso maggio al 7,63 a metà febbraio, con un deprezzamento del 6,7%.
Nell’ultimo anno l’elevata inflazione, a fronte della stabilità del cambio nominale, ha tuttavia
determinato un significativo apprezzamento del cambio reale effettivo (12% da gennaio 2014 a gennaio
2015) e una conseguente perdita di competitività. Nel rapporto Art. IV 15/33 del febbraio 2015 il Fmi ha
evidenziato con riferimento alla situazione a novembre 2014 una sopravvalutazione media del cambio
reale effettivo del 16% e si esprimeva a favore di una maggiore flessibilità del cambio nominale con
l’obiettivo di sostenere le esportazioni, i flussi turistici e gli investimenti diretti dall’estero.
Nell’anno fiscale 2015, che terminerà il prossimo mese di giugno, il deficit pubblico, secondo recenti
indicazioni del ministro delle Finanze, potrebbe risultare pari al 10% o inferiore, in ogni caso sotto
l’obiettivo ufficiale dell’11%. Nell’anno fiscale 2014 il deficit era risultato pari al 12,8% del Pil. I conti dello
stato stanno beneficiando della riforma dei sussidi, della discesa dei prezzi del petrolio e della farina
(che riduce la spesa per i sussidi ancora in essere) e del calo dei tassi d’interesse (gli oneri a servizio del
debito impegnano quasi un quarto della spesa). Inoltre, la crescita più forte del previsto comporterà
maggiori entrate fiscali. Il debito pubblico in rapporto al Pil è aumentato di oltre 20 pp negli ultimi
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
11
cinque anni portandosi alla fine dell’anno fiscale 2014 all’87,4%. Il 12% del totale debito del settore
pubblico è detenuto dagli investitori esteri.
La posizione esterna e i rapporti con gli organismi internazionali
Nell’anno fiscale 2014 terminato lo scorso mese di giugno il deficit della parte corrente della bilancia dei
pagamenti è sceso a 2,4 miliardi da 6,4 miliardi dell’anno fiscale precedente, grazie principalmente agli
aiuti finanziari e materiali (soprattutto petrolio) di paesi amici (saliti a 11,9 miliardi da 0,8 miliardi nel
corrispondente periodo del precedente anno fiscale). I proventi da turismo sono invece scesi a 5,1
miliardi da 9,8 miliardi l’anno prima. Nei mesi successivi si è tuttavia registrato un recupero dei proventi
da turismo. Il surplus del conto finanziario è sceso a sua volta a 4,9 miliardi nel periodo luglio 2013giugno 2014, da 9,8 miliardi nell’anno fiscale precedente. Nell’anno fiscale 2014 il surplus della bilancia
dei pagamenti è così risalito a 1,5, da 0,2 miliardi nell’anno fiscale 2013.
A fine settembre 2014 le riserve valutarie ammontavano a 12,2 miliardi di dollari, scese poi a 11,2 miliardi a
fine 2014 dopo il rimborso di altri 2,5 miliardi di prestiti al Qatar (in totale a questo paese sono stati
rimborsati 6 miliardi su 6,5 miliardi di prestiti). Questo dato si confronta con un fabbisogno finanziario
stimato da Eiu pari a 10 miliardi nel 2015 con un reserve cover ratio pari a 1,1.
Posizione finanziaria netta 2013,
fabbisogno estero 2015
Bilancia dei pagamenti
Mld Usd di
3tr14 3tr13 2014* 2013*
Mld Usd
Attività Passività
Commercio
Servizi
Suez
Turismo
Trasferim.
rimesse
ufficiali
Saldo corr.
Ide
Portafoglio
Altri inv.
Saldo fin.
E&O
Var. Ris.(**)
-9,7
2,1
1,5
2,1
6,2
4,7
1,5
-1,4
1,7
0,3
-1,2
0,8
1,0
-0,4
Ide
Portafoglio
Altre voci
Riserve
6,6
3,0
23,9
16,6
85,0
7,6
39,6
Totale
Pfn
Pfn/Pil
50,0
132,3
-82,3
-32,3
-7,5
-0,2
1,4
0,9
8,4
4,0
4,3
0,6
0,6
1,3
2,7
4,6
-1,5
-3,7
-33,7
1,0
5,4
5,1
30,4
18,5
11,9
-2,4
3,8
1,3
-0,2
4,9
-1,0
-1,5
-30,7
5,0
5,0
9,8
19,3
18,5
0,8
-6,4
3,6
1,4
4,8
9,8
-3,2
-0,2
Fabb. Fin. Estero 2015E
- Deficit corrente 2015E
- Debito in scadenza
2014E
Res. Cover Ratio 2014 *
10
4
6
1,1
Note: (*) Anno fiscale. (**) Il segno (-) Nota: (*) Rapporto tra riserve in valuta a
dicembre 2014 e fabbisogno finanziario estero
indica un aumento delle riserve.
2015.
Fonte: Banca centrale
Fonte: Banca centrale, Eiu
La stabilizzazione del quadro politico, il sostegno finanziario dei paesi amici, le misure di
consolidamento fiscale, su tutte il taglio dei sussidi, e il ribasso del prezzo degli idrocarburi hanno
diminuito tra gli osservatori le preoccupazioni per gli squilibri della posizione fiscale ed esterna e
migliorato le attese sulle prospettive di crescita. A fine dicembre l’Agenzia Fitch ha riconosciuto questi
progressi, portando il rating del debito sovrano in valuta da B- a B+. Il rapporto Art. IV rilasciato dal Fmi
lo scorso 11 febbraio, il primo dall’inizio della Primavera araba, segna di fatto la ripresa del dialogo tra il
Fondo e l’Egitto. In prospettiva, i migliori rapporti potrebbero portare all’avvio di nuove trattative per
un sostegno finanziario del Fmi.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
12
Il commercio estero e gli Ide
L’interscambio commerciale dell’Egitto con il resto del mondo è cresciuto nel quinquennio 2003-08
mediamente di circa il 35% nominale annuo, sfiorando nel 2008 i 79 miliardi di dollari. Dopo la crisi
internazionale del 2009, che ha causato una contrazione del 12% a/a ed ha portato l’interscambio a 69
miliardi di dollari, già a partire dal 2010 si è registrato una nuova fase espansiva che ha spinto gli scambi
nel 2012 a oltre 99 miliardi di dollari.
Nel 2013 gli scambi sono tornati a scendere a 95 miliardi di dollari (-4% a/a) a causa della crisi politica
interna. I dati relativi ai primi undici mesi del 2014 di fonte nazionale evidenziano un decremento
(seppure in misura più attenuata) dell’interscambio del 2% su base annua. In particolare si riscontra un
lieve recupero delle importazioni, il cui rialzo è stato dello 0,5% a/a, trainate dalla domanda interna,
mentre le esportazioni, diminuite ancora del 7,6% a/a, hanno risentito del calo dei prezzi degli idrocarburi
e di una dinamica inferiore alle attese tra i maggiori partner commerciali.
Il deficit commerciale, che era sceso a circa 21 miliardi di dollari nel 2009, è ritornato oltre i 40 miliardi di
dollari nel 2012 per attestarsi a quasi 38 miliardi di dollari nel 2013 (37 miliardi di dollari nei primi undici
mesi del 2014 con un incremento di oltre il 6% su base annua).
Andamento scambi commerciali e quota su totale mondiale
Mld di dollari
Media 2008 2009 2010
‘03-‘07
2011
2012
2013
*G/N *G/N
2013 2014
Import (cif)
18,2
52,8
44,9
53,0
62,3
69,9
66,7
61,2
61,4
Export (fob)
10,9
26,0
24,2
26,3
31,6
29,4
28,8
26,6
24,6
Saldo
-7,4
-26,8 -20,7
-26,7
-30,7 -40,4 -37,9
-34,6 -36,9
Totale
Commercio
29,1
78,7
69,1
79,3
93,9
99,3
95,4
87,7
86,0
%+21,3 82,2
-12,2
14,8
18,3
5,8
-3,9
-6,6
-2,0
Crescita % import +18,9 95,1
-14,9
18,0
17,5
12,2
-4,6
-7,4
0,5
Crescita % export +28,4 60,6
-6,9
8,9
19,9
-6,9
-2,2
-4,6
-7,6
Quota comm.
su mondo
0,28
0,26
0,26
0,27
0,26
--
--
Crescita
commercio
0,14
0,24
Fonte: Itc Comtrade * mesi gennaio/novembre - Banca centrale egiziana
Il dettaglio merceologico delle esportazioni evidenzia la prevalenza nella quota dei minerali (quasi il 30%
nel 2013), in particolare energetici, dei prodotti agro alimentari (17%), di quelli chimici (12%), del tessile e
abbigliamento (11%) e dei metalli (9%).
Tra le importazioni sono rilevanti i prodotti dell’agro alimentare (quasi il 22%), seguiti dai macchinari
(circa il 17%), in particolare quelli meccanici ed elettrici, minerali (16%), metalli (13%) e prodotti chimici
(9%).
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
13
Fonte: Itc Comtrade
46,9
2008
2013
28,5
11,6
17,1
12,4
11,4
11,5
9,4
9,0
7,1
Metalli
Prodotti
chimici
Metalli
Minerali
Macchinari
Prodotti agro
alimentari
0
60
50
40
30
20
10
0
Tessile e
abbigliamento
2013
Prodotti
chimici
2008
21,7
19,216,8
18,6
20 17,1
15,5
12,6
12,8
9,2
8,1
10
Prodotti agro
alimentari
30
Dettaglio merceologico export – 2008-13
Minerali
Dettaglio merceologico import – 2008-13
Fonte: Itc Comtrade
Il saldo settoriale netto è positivo per le pietre, il vetro e la ceramica e per i mobili, mentre è negativo
per i macchinari, i mezzi di trasporto, i prodotti chimici e dell’agroalimentare, il tessile e l’abbigliamento,
la gomma e la plastica, i minerali, le merci varie, il legno, la carta e la stampa, e i metalli.
Il principale partner commerciale nel 2013 è stato l’Unione europea, con una quota sul totale
dell’interscambio egiziano del 43%, seguita dall’Asia con il 38%. Le Americhe si sono attestate al 13%
mentre l’Africa al 6%. La Cina è lo stato più importante per gli scambi egiziani, con una quota dell’8%,
seguite dagli Usa e dall’Italia (entrambe con il 7%). Da segnalare, oltre al crescente interesse verso i
mercati asiatici più importanti, la dinamica espansiva verso i paesi del Golfo.
Tra i paesi maggiori fornitori si annoverano oltre alla Cina, alla Germania e agli Usa, anche l’Italia,
l’Ucraina e il Kuwait che forniscono macchinari, metalli e minerali, prodotti agro-alimentari. Tra i
principali paesi di destinazione, oltre all’Italia, seguono l’India, l’Arabia Saudita, la Turchia, la Libia e il
Libano.
Dettaglio geografico aree import 2008/13
Dettaglio geografico aree export 2008/13
Quote %
2008
2013
Quote %
2008
2013
Europa
di cui Ue
Italia
Asia
Cina e India
Medio Oriente
(Golfo)
Americhe
di cui Usa e Canada
Africa
di cui Sub Sahara
Altro
42,5
27,2
5,7
36,3
12,4
11,2
45,7
32,0
5,3
37,1
14,7
11,3
39,7
35,5
10,4
35,4
9,0
10,7
35,9
28,2
9,4
38,4
9,8
15,3
17,1
11,7
3,6
1,7
0,4
14,8
8,4
2,1
1,0
0,2
Europa
di cui Ue
Italia
Asia
Cina e India
Medio Oriente
(Golfo)
Americhe
di cui Usa e Canada
Africa
di cui Nord Africa
Altro
7,1
5,0
11,7
5,8
6,2
7,4
6,0
15,0
8,4
3,3
Fonte: Itc Comtrade
Fonte: Itc Comtrade
Lo stock di Ide in Egitto nel 2013 (dati Unctad ammontava a 85 miliardi di dollari, 0,3% del totale
mondiale del 34,3% del Pil). I settori che maggiormente hanno beneficiato di Ide per numero di aziende
partecipate sono quelli dei servizi, seguiti dall’industria e dal settore primario, prevalentemente
rappresentato dall’estrazione di minerali energetici. I maggiori paesi investitori sono i paesi dell’Ue, le
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
14
Americhe e i paesi del Medio Oriente. L’Egitto riveste un ruolo contenuto come investitore all’estero: lo
stock di Ide outward nel 2013 era pari a 6,6 miliardi di dollari (0,025% del totale mondiale).
Scambi dell’Italia con l’Egitto
L’interscambio dell’Italia con l’Egitto è andato crescendo fino al 2008, quando sono stati toccati i 5,2
miliardi di euro. Con la crisi internazionale questo importo è sceso a circa 4,1 miliardi di euro nel 2009,
ma è stato ampiamente recuperato negli anni successivi e l’interscambio è risalito a 5,2 miliardi di euro
nel 2012. Anche in questo caso la crisi politica interna egiziana, acuitasi nel 2013, ha nuovamente ridotto
gli scambi a 4,7 miliardi di euro. Dati ancora provvisori relativi ai primi undici mesi del 2014 vedono
tuttavia un incremento in entrambe le direzioni, più marcato nell’import. Quest’ultimo ha registrato un
recupero di oltre il 36% (2,3 mld €), mentre le esportazioni hanno visto un rialzo di circa il 3% a 2,5 mld €.
Interscambio dell’Italia con l’Egitto
mld di euro
media 2008 2009 2010 2011 2012 2013 G/N*
2003-07
2013
Import
1,51
Export
1,53
Saldo
0,02
Totale interscambio
3,03
Tasso di crescita import
14,1
Tasso di crescita export
13,1
Tasso di crescita interscambio 12,3
Quota Interscambio su tot. Italia0,5
2,25
2,91
0,66
5,15
23,4
35,4
29,9
0,7
1,44
2,60
1,16
4,05
-35,8
-10,4
-21,5
0,7
1,90
2,94
1,04
4,84
31,9
12,9
19,7
0,7
2,53
2,59
0,07
5,12
32,9
-11,7
5,8
0,7
2,30
2,86
0,57
5,16
-9,2
10,3
0,7
0,7
1,87
2,83
0,96
4,70
-18,4
-1,1
-8,8
0,6
1,67
2,44
0,76
4,11
-22,7
-5,8
-13,5
0,6
G/N*
2014
2,28
2,52
0,23
4,80
36,4
3,3
16,8
0,7
Fonte: Istat (*) Dati gennaio/novembre.
Nel dettaglio settoriale, l’import è rappresentato in larga misura da minerali energetici e prodotti
raffinati (rispettivamente il 34% e il 16% sul totale importato nel 2013), oltre che metalli (14%), prodotti del
tessile e abbigliamento (12%) e chimici (11%). Le esportazioni italiane hanno riguardato soprattutto
macchine e apparecchi meccanici (con una quota nel 2013 pari a circa il 32% del totale), prodotti
petroliferi raffinati (25%), seguiti da prodotti chimici (9%), da metalli (8%) e da apparecchi elettrici (7%).
Fonte: Istat
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
2013
2008
14,3
10,4 8,3
7,37,7
7,6 9,2
20,0
10,0
Apparecchi
elettrici
Metalli
Prodotti
chimici
Prodotti
petroliferi
raffinati
0,0
Macchinari
meccanici
Prodotti
chimici
Tessile e
abbigliamento
40,0 31,9 35,1
25,0
30,0
Metalli
50,0
40,5
2013
2008
40,0 33,5
30,0
21,1
15,9
11,0
11,8
20,0
13,314,0
8,9
6,0
10,0
0,0
Prodotti
petroliferi
raffinati
Composizione merceologica export Italia
(% nel 2008-13)
Minerali
Composizione merceologica import Italia
(% nel 2008-13)
Fonte: Istat
15
I saldi nei primi undici mesi del 2014 sono positivi per i settori del legno e i prodotti in legno, gli articoli
farmaceutici e quelli in gomma e plastica, i petroliferi raffinati, gli apparecchi elettronici, ottici e i
computer, gli apparecchi elettrici, i macchinari meccanici, i mezzi di trasporto e i manufatti vari. Risulta
invece negativo per i prodotti agroalimentari, per quelli minerari, per il tessile e abbigliamento, per i
chimici, per i metalli e per altre attività manifatturiere.
Ide italiani in Egitto
Lo stock degli investimenti diretti italiani in Egitto ammontava a fine 2013 a circa 5,6 miliardi di euro.
Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico italiano erano presenti 145 imprese italiane, operanti nei
settori dell’energia, del tessile e delle costruzioni. Sulla presenza italiana in Egitto (v. paragrafo su
Presenza Italiana e Opportunità di Business).
Ci si attende che la dinamica degli Ide possa ricevere nuovo impulso in prospettiva, con la stabilizzazione
del quadro politico ed economico, dagli sforzi di rilancio dell’economia e dall’azione, annunciata in
questo quadro, dalle autorità in due direzioni: 1) avvio di nuovi programmi di investimento: il governo
egiziano ha promosso dal 13 al 15 marzo al riguardo una conferenza a Sharm El-Sheikh (v. sopra) dove
sarà presentato agli investitori esteri un vasto piano di investimenti, pubblici, privati o in possibile
partnership pubblico-privata, in infrastrutture e nei maggiori settori dell’economia; 2) adozione di una
nuova legislazione per favorire gli investimenti diretti esteri.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
16
PRESENZA ITALIANA E OPPORTUNITÀ DI BUSINESS*
Al pari dell’interscambio commerciale, negli ultimi anni si è assistito a un consolidamento della presenza
delle principali aziende italiane in Egitto, nonostante il periodo di crisi che sta interessando l’assetto
politico ed economico. Nell’ultimo triennio l’Italia si è posizionata tra i principali investitori europei sia
nel settore petrolifero sia nei comparti di costruzioni, comunicazioni e manifatturiero. Importante,
inoltre, la presenza italiana nel settore bancario con l’acquisizione dell’80% del capitale della Bank of
Alexandria da parte di Intesa Sanpaolo.
Tra le principali società italiane attive in loco, si segnala l’Eni (primo operatore petrolifero straniero con
una presenza consolidata da oltre 50 anni), Edison (che opera attraverso una joint-venture di circa 3
miliardi di dollari con l’Egyptian Petroleum Company), Italcementi (presente sul mercato dal 2001 e
primo operatore della regione), Ansaldo Energia (realizzazione centrale elettrica da 680 mw), Pirelli
(attivo nella produzione di pneumatici per autocarri dal 1990), Tecnimont (costruzione di un impianto
per la produzione di fertilizzanti), Danieli (costruzione di un impianto greenfield e un altro contratto per
il revamping di un impianto ad Alessandria), che operano sia attraverso investimenti diretti sia
partecipando ai grandi progetti di sviluppo attuati dalle autorità egiziane.
Gli stretti rapporti culturali ed economici, oltre ai bassi costi delle materie prime e alla discreta
qualificazione e basso costo della manodopera, sono alla base dell’importanza del mercato egiziano per
gli operatori italiani. L'Egitto intende inoltre accrescere la sua competitività puntando sullo sviluppo
delle Pmi e, in tale contesto, il “Sistema Italia” viene visto come un valido modello di riferimento.
Ai fini dell’investimento e della creazione di imprese, sono particolarmente interessanti le diverse
agevolazioni previste nelle numerose zone franche, zone industriali, zone economiche speciali e zone
industriali qualificate appositamente create per attirare gli investitori stranieri. Inoltre, un altro
elemento di richiamo per l’Italia è sicuramente rappresentato dai prezzi dell'energia, che in Egitto sono
ancora molto competitivi e rendono vantaggioso l'investimento, in particolare in settori ad alto
consumo energetico.
Nel 2014 il governo egiziano ha lanciato un importante programma di investimenti del valore di circa 150
miliardi di dollari Usd per finanziare 121 progetti che dovranno sanare le principali carenze strutturali e
infrastrutturali del paese. I settori produttivi su cui andranno a impattare i nuovi investimenti saranno
soprattutto le infrastrutture, residenziali e non, energia, agricoltura e agroindustria, turismo, Ict,
istruzione e sanità.
Per quanto riguarda le prospettive dell’export italiano nel paese, la collaudata complementarietà negli
scambi commerciali e l’antico e consolidato rapporto strategico che lega Italia ed Egitto lasciano
prevedere un andamento positivo per i prossimi anni.
L'Egitto, con una popolazione di circa 82 milioni di abitanti, rappresenta un importante mercato di
sbocco per le esportazioni italiane, sia direttamente sia come piattaforma strategica di accesso all'area
mediorientale e africana, essendo il paese uno dei più importanti membri del Comesa (Common Market
for Eastern and Southern Africa).
Tra i settori che presentano le maggiori opportunità per le imprese italiane, in termini sia di export sia di
collaborazioni commerciali, si segnalano:
 il settore delle costruzioni e arredo, in special modo per il settore turistico;
 la meccanica e il settore metallurgico, tradizionalmente i settori principali dell'export italiano in
Egitto;
 l'industria alimentare, considerata la crescita del potere di acquisto della popolazione e
l'aumento dell'acquisto di prodotti agro-alimentari italiani, soprattutto nelle località turistiche del
*
A cura di Promos - Camera di Commercio di Milano.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
17
Mar Rosso. In questo comparto, possono essere altresì promosse delle collaborazioni tra
operatori italiani e locali nel campo delle tecnologie alimentari;
 il comparto dell’energia, in forte crescita sia per i progetti di realizzazione di nuove centrali sia
per lo sviluppo delle energie rinnovabili;
 l'industria tessile, soprattutto per quanto riguarda le produzioni di tessuti di alta qualità, che ha
registrato investimenti di rilievo da parte di società italiane (Cotonificio Albini e Filmar);
 l’industria delle telecomunicazioni;
 l'industria dei prodotti chimici (organici e inorganici);
 il settore delle materie plastiche.
Med&Gulf Initiative Bullettin, n. 4, 27 febbraio 2015
18
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