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domanda ma favorire la fidelizzazione, in quanto riescono a
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Imprese e sistemi turistici
Figura 1.1 AIDAS Model
Action
Satisfaction
Desire
Interest
Attention
Fonte: elaborazione da Strong E.K. «Theories of Selling», Journal of Applied Psychology, Vol. 9, pp. 75-86, 1925
domanda ma favorire la fidelizzazione, in quanto riescono a richiamare anche coloro
che hanno già visitato la città.
Già in questa fase che, appunto, risulta fondamentale in quanto rappresenta quella in
cui il turista acquisisce la convinzione del viaggio e sceglie la destinazione, entrano in
gioco le attività delle imprese e la relativa capacità di persuasione della domanda;
5. Satisfaction: quest’ultimo aspetto si riferisce alla fase in cui sono realmente erogati i servizi, da cui dipende il grado di soddisfazione della clientela. È importante che l’offerta
risponda perfettamente alle aspettative della domanda, in quanto la mancata soddisfazione di quest’ultima ha un impatto di gran lunga più negativo rispetto al caso in cui la
domanda è pienamente soddisfatta (Strong, 1925; Geml, 2004; Ferrell, Hartline, 2005).
Ovviamente, dalla soddisfazione dipende, poi, la possibilità effettiva di fidelizzazione
(customer retention) della clientela: le destinazioni più competitive sono spesso oggetto
di ulteriore interesse da parte della domanda. La customer retention rappresenta uno
dei principali parametri di valutazione della performance nel settore turistico, vista la
difficoltà nel raggiungerla. D’altra parte, nel panorama competitivo internazionale, in
cui, come si spiegherà nei prossimi paragrafi, diviene sempre più complessa l’attrattività
dei siti, indurre il turista a ritornare rappresenta effettivamente un’ardua impresa.
Le prime quattro variabili del suddetto modello si riferiscono alla fase decisionale del
turista, alla scelta della destinazione e del viaggio. In tale processo, il turista è sollecitato e
influenzato da una serie di stimoli e, quindi, da percezioni sia di carattere esterno che di
carattere strettamente personale e intimo, essendo queste ultime funzione della propria
personalità, delle proprie aspettative e ambizioni.
Gli stimoli esterni (Howard, Sheth, 1969, p. 63) sono generalmente di tre tipi:
1. significativi, legati cioè alle esperienze realmente vissute: si pensi alle aspettative di un
turista che ha già visitato diverse città d’arte e desidera conoscerne altre. Avrà una serie
di associazioni e sensazioni vissute che, inevitabilmente, saranno anche oggetto di comparazioni;
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
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2. simbolici, ossia legati all’immagine proposta dai media e agli sforzi promozionali messi
in atto dagli attori dell’offerta delle destinazioni. In tal senso, i media possono influenzare fortemente il processo di scelta; basti pensare all’effetto negativo di una comunicazione, via tv o sui giornali, di eventi negativi riguardanti un sito o, al contrario, all’impatto positivo generato da filmati, servizi e testimonianze sulle bellezze di una località;
3. sociali, per cui la domanda è fortemente influenzata dalle opinioni di chi ha già visitato
la destinazione (come sarà più avanti spiegato, il word of mouth – passaparola – rappresenta il maggior veicolo promozionale dal punto di vista turistico ed è il principale deterrente in caso di esperienza negativa vissuta).
A questi stimoli e percezioni esterni si accompagnano elementi di interiorità, quali il carattere, le motivazioni, il sistema di pensiero e di valori della persona, l’attitudine o meno a taluni tipi di esperienza, l’intimità e le convinzioni religiose. Dall’interazione tra le
percezioni generate da stimoli esterni e da fattori interni derivano le «strutture cognitive» (cognitive constructs) [Seoho, Crompton, 1990]. Queste ultime inducono alla scelta
delle possibili destinazioni alternative.
Se da parte della domanda vi è corrispondenza tra la percezione dei bisogni da soddisfare e quella dell’attrattività della località nel suo insieme, si genera la motivazione a realizzare il viaggio. Ovviamente, in tale processo, esistono fattori di «accelerazione o decelerazione» che esercitano un ruolo di tutto rilievo: il tempo a disposizione del turista, che
rende più o meno fattibile e, quindi, realmente desiderabile un viaggio; la capacità di spesa, fondamentale nel processo di analisi e selezione delle possibili alternative (Fig. 1.2).
Questi primi elementi lasciano comprendere le criticità che le imprese del settore turistico
sono chiamate ad affrontare.
In primo luogo, è importante che si generino, nella domanda, aspettative che poi l’offerta
sia realmente in grado di soddisfare. Inoltre, la percezione che il turista ha, in termini di soddisfazione del viaggio, è legata all’insieme dei servizi ricevuti, oltre che alle sensazioni generate dalla destinazione; o meglio, la percezione complessiva è legata all’insieme dei servizi ricevuti: disguidi significativi sul volo aereo che collega a una località possono, comunque, ge-
Figura 1.2 Processo di scelta del turista
Percezione di stimoli esterni
Percezione di stimoli interni
Significativi
Quelli che derivano da esperienza
realmente vissuta.
Personali
Dipendono da aspetti quali
il carattere, le motivazioni, i valori e le attitudini
a certi tipi di esperienza.
Simbolici
Legati all’immagine fornita dai media e da tutto
il materiale promozionale della località.
Sociali
Derivanti dalle opinioni di coloro che hanno
già visitato la località di interesse.
Fonte: elaborazione da Della Corte, 2000, p. 7
Fattori di accelerazione/decelerazione
Tempo a disposizione del turista
e capacità di spesa.
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
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lizza solo nella fase di erogazione. Pertanto, nel processo di promozione e presentazione (Sasser, Olsen, Wyckoff, 1978; Normann, 1991), l’obiettivo deve essere quello di «rendere tangibile l’intangibile», al fine di ottimizzare la percezione del servizio da parte del
cliente finale (Della Corte, 2000);
• la variabilità e la immagazzinabilità: la prima generata dall’evoluzione continua e talvolta brusca della domanda; la seconda legata al fatto che il prodotto, in quanto immateriale, non è immagazzinabile e, quindi, la mancata vendita rappresenta una perdita
per l’azienda (Zeithalm, Parasuraman, Berry, 1985);
• l’interazione: la necessità di realizzare il servizio attraverso la compartecipazione di più
attori. In quest’ambito emerge la complementarietà delle singole forme d’offerta e il
ruolo determinante del cliente, parte attiva del processo di produzione, il quale fornisce
informazioni relative ai propri bisogni (Della Corte, 2000);
• la simultaneità dei processi di produzione e consumo: la coincidenza tra la fase di produzione, di erogazione e di consumo del servizio; questo aspetto rende molto difficile il
processo di soddisfazione della clientela in quanto la valutazione del livello qualitativo
del servizio avviene contestualmente alla fase di erogazione, senza possibilità di prove
sul mercato.
Le variabili indicate si riferiscono a tutti i servizi erogati nell’ambito del settore. Con
particolare riferimento al prodotto turistico globale, è inoltre importante sottolineare:
• l’insieme di aspetti materiali e immateriali: ovvero la presenza in misura variabile nel
processo produttivo del servizio di fattori «hard» relativi a risorse fisiche, ad attrezzature e impianti che rappresentano i mezzi di produzione, e a fattori «soft», legati alla preFigura 1.3 Prodotto turistico complesso
Offerta Turistica
Risorse
Fisiche
Culturali
Artistiche
+
Competenze
Servizi specifici
Servizi integrati
Prodotto Complesso
Percezioni
Aspettative
Stimoli Interni
Bisogni
Domanda Turistica
Fonte: Della Corte, 2000, p. 7
Stimoli Esterni
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Imprese e sistemi turistici
Figura 1.4 Framework del consumatore come decision maker (selezionatore)
Influenze
socio-economiche
Influenze
culturali
Motivazioni o determinazioni
Percezioni
Consumatore
come decisore
Personalità e atteggiamento
Riferimento
del gruppo di influenza
Apprendimento
Influenze
familiari
Fonte: Cooper et alii, 2005, p. 53
2. parametri economici: il livello medio del reddito pro capite è un fattore discriminante in
quanto, ovviamente, si traduce in capacità e propensione alla spesa;
3. parametri socio-culturali e psicografici: l’appartenenza a determinate classi sociali, il livello di istruzione, la cultura del luogo di provenienza, la religione, la mentalità sono
fattori che differenziano fortemente la domanda turistica e le relative motivazioni (cultura, visita ad amici e parenti, relax, desiderio di stare all’aria aperta, salute ecc.) [Plummer, 1974]. Questi fattori sono, tuttavia, divenuti sempre più complessi. Basti pensare
alle contraddizioni generate dal processo di globalizzazione che, se da un lato ha determinato una maggiore massificazione del mercato, dall’altro ha accentuato determinate
differenze tra popoli, aree geografiche, tolleranze religiose;
4. parametri comportamentali: le attività svolte (lavoro, vacanza, studio, sport), gli interessi
(hobby, appartenenza a gruppi sociali, divertimento, moda) collegati agli altri parametri
sono importanti nel processo di costruzione dell’identikit del turista per una determinata tipologia di vacanza (ad esempio, si possono distinguere coloro che amano ritornare
in luoghi già visitati da quelli che prediligono itinerari di avventura, o che desiderano
conoscere le abitudini locali del luogo visitato o, al contrario, che amano ritrovare elementi che richiamano il proprio paese di provenienza).
I differenti parametri di segmentazione conducono ad alcune classificazioni, con relative
descrizioni, ormai adottate dagli operatori a livello internazionale.
Una prima distinzione si collega alle motivazioni del viaggio, pervenendo a una prima macroclassificazione del turismo, distinto tra segmento leisure (piacere), business
(affari) e quello legato a motivi di salute. All’interno delle prime due macrocategorie,
tenendo conto delle variabilità analizzate e collegando queste ultime alla scala dei bisogni di Maslow, è possibile distinguere ulteriori articolazioni. Nell’ambito del turismo
leisure (Fig. 1.5) vi sono diversi segmenti, come quello artistico-culturale, balneare, termale, enogastronomico, religioso, naturalistico, montano, legato allo shopping, allo
sport (per praticarlo o per assistere a eventi sportivi), la visita a parenti e amici (VFR –
Visiting Friends and Relatives) ecc.; il segmento affari include quello dei singoli businessman, il segmento fieristico e quello congressuale. È chiaro, tuttavia, che questo tipo di
segmentazione riguarda la motivazione prevalente del viaggio ma possono esservi forti
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Imprese e sistemi turistici
Figura 1.5 Psicologia dei turisti leisure
Midcentric
Near
psychocentric
Psychocentric
Near
allocentric
Allocentric
Fonte: Plog, 1972; Brunetti, 1998
prendere cose nuove e di vivere esperienze particolari4. Le destinazioni che, nella prima
fase, attirano i turisti allocentric devono poi puntare ai midcentric, se riescono a essere
competitive; se, invece nel tempo non attivano adeguati processi innovativi e di qualità,
si rivolgono sempre più a mercati di massa, con le caratteristiche più vicine agli psychocentric.
In generale, è opportuno analizzare le tipologie di turisti anche sulla base di alcuni
aspetti sociologici (MacCannel, 1976; Smith, 1990). Alcuni studi evidenziano l’intreccio di
due fattori in apparenza piuttosto contrastanti: il grado di familiarità, legato al bisogno di
sicurezza nel ritrovare elementi che richiamano il proprio luogo di origine; il grado di novità, rappresentato dalla curiosità di cercare e ritrovare nuove esperienze. Se prevale l’aspetto della familiarità, ci si confronta con un turista più «istituzionalizzato», abituato a
viaggiare rivolgendosi agli attori della filiera (tour operator, agenti di viaggio ecc.) e generalmente inquadrato nell’ambito del mercato di massa, organizzato in gruppo o a livello
individuale. Nell’altro caso, in cui la novità è l’elemento che maggiormente muove il turista nelle proprie scelte, si è di fronte a turisti «non istituzionalizzati», più individualisti, che
si rivolgono agli operatori della filiera solo se strettamente necessario, in modo più o meno
destrutturato (in tal senso, si distinguono gli «esploratori» che amano conoscere luoghi
nuovi, evitando i sentieri precostituiti e gli «incostanti», totalmente riluttanti verso qualsiasi collegamento all’industria del turismo e alla ricerca di esperienze insolite senza itinerari fissi) [Boniface, Cooper, 1987; Cohen, 1972; 1974; 1984].
Un’ulteriore interessante classificazione è presentata da Holloway e Robinson (1995),
che individuano sette tipologie differenti di turista, ciascuna con delle caratteristiche specifiche, richiedendo sforzi strategici e di marketing mirati. Nell’ambito di ciascun segmen-
4
È possibile individuare tipologie principali di turisti per destination in differenti stadi del ciclo evolutivo: la
località nuova, o comunque poco esplorata e non presa d’assalto, rappresenta la principale meta degli allocentric.
Quando la destinazione acquisisce una maggiore notorietà e cambia alcune caratteristiche e connotazioni, è frequentata principalmente da midcentric; nello stadio di maturità, gli psychocentric ritrovano una destinazione in
cui l’offerta locale è in grado di creare situazioni «senza sorprese», quasi simili a quelle del paese di provenienza.
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Imprese e sistemi turistici
È allora importante richiamare l’analisi scientifica sull’argomento, che parte dalla distinzione di base tra single e multi-destination trip (Fig. 1.6). La prima categoria comprende
tutti i viaggi in cui vi sia un’unica destinazione (single destination pattern) come, ad esempio, nel caso di un week-end nella città di Barcellona. Vi è poi l’ipotesi di viaggio verso una
destinazione principale, con escursioni nei dintorni (base camp pattern). È questo il caso
del viaggio a Napoli con escursioni sul Vesuvio o agli scavi di Pompei. Il pernottamento, in
ambo i casi, ha luogo nella località principale.
I viaggi multi-destinazione riguardano gli itinerari in diverse località di una regione/area
(stop over o en route pattern), con arrivo finale nella principale destinazione. Esistono anche
tour regionali (regional tour pattern – Getz, 1993), sia nel caso di un giro completo con rientro
nella medesima località di partenza (destination area loop), che con rientro da un’altra località della regione visitata (full loop). Esempio di queste due ultime configurazioni sono i tour
realizzati dalle compagnie crocieristiche con imbarco e sbarco nel medesimo porto o, ad
esempio, tour in un paese come la Francia, con arrivo a Parigi, visita ai castelli della Loira e altri siti fino alla Costa Azzurra, per poi ripartire da Parigi o da Nizza.
Gli itinerari trans-regionali riguardano generalmente la visita a più regioni di un determinato paese (open jaw loop); un esempio è dato dal tour del Messico. In questi casi, l’ampiezza dell’area visitata è maggiore rispetto alla configurazione precedente e si riferisce a
viaggi di durata superiore. In ultimo, i multi-destination area loop sono caratterizzati dalla
combinazione tra l’itinerario regionale e quello trans-regionale (si pensi al giro degli USA
e al prolungamento in Polinesia, ritornando per l’Australia, o al classico giro del mondo).
Le località principali, generalmente, offrono i più significativi fattori di attrattiva e rappresentano quelle in cui il turista pernotta per un numero di notti maggiore rispetto alle altre loFigura 1.6 Schemi di articolazione delle proposte commerciali
1. Schema con una destinazione principale
2. Schema a destinazioni multiple
M1. Stop Over Pattern
S1. Single Destination
M2. Full Loop
S1. Base Camp
M3. Destination Area Loop
Legenda
Home: destinazione di partenza
Overnight: destinazione con pernottamento
Day Trip: destinazione di escursione
M4. Open Jaw Loop
Fonte: elaborazione da Chi-Chuan Lue, Fesenmaier, 1994; Della Corte, 2000
M5. Multiple Destination
Area Loop
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Imprese e sistemi turistici
Tabella 1.1 Criteri di segmentazione del mercato turistico e relazioni con l’organizzazione
dell’offerta
Per
motivazione
Per modalità
di realizzazione
Per
tipologia
Per
destinazione
Per canale
distributivo
Leisure
Gruppi
Singolo servizio
Destinazione unica
vs Multi-destinazione
Intermediazione
classica
Tour Operator;
Adv outgoing;
Adv incoming;
Tour Organizer.
Individuali
Semi-inclusive
Short distance vs
Long distance
Intermediazione
internet-based
Portali web;
GDS, CRS;
DMS;
Siti web singole
compagnie
Vacanze culturali;
Vacanze ricreative;
Vacanze sport;
Crociere;
Agriturismo;
Viaggi per relazioni
sociali;
Vacanze «salute».
Business
Congressuale;
Affari;
Viaggi «incentive»;
Viaggi «educational».
All Inclusive
1.3
Le principali configurazioni di prodotto
Dal punto di vista dell’offerta, è quindi possibile imbattersi in tipologie di servizi erogati secondo forme e meccanismi differenziati, con livelli diversi di co-progettualità e/o combinazione delle attività delle imprese locali.
La forma più destrutturata di offerta è quella tipicamente definita «punto-punto» o
«fai da te» (Rispoli, Tamma, 1995), in cui l’utilizzatore mette insieme una serie di servizi
forniti da differenti imprese, che operano nella completa individualità (Fig. 1.7); l’assemblaggio delle diverse componenti del prodotto può avvenire sia prima della partenza,
sulla base di elementi virtuali di conoscenza del sito (salvo, ovviamente, le circostanze in
cui una persona abbia già visitato la località), che una volta giunti nella destinazione.
All’altro estremo vi è la configurazione cosiddetta package, tradizionalmente all inclusive, in cui un operatore della filiera, il tour operator, assembla i diversi servizi che compongono il pacchetto per rivenderli al mercato finale tramite agenzie di viaggio o via web (Fig.
1.8).6 I pacchetti turistici hanno a oggetto i viaggi, le vacanze e i circuiti «tutto compreso»,
risultanti dalla prefissata combinazione di almeno due degli elementi di seguito indicati,
venduti od offerti in vendita a un prezzo forfettario e di durata superiore alle ventiquattro
ore (ovvero comprendente almeno una notte): a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici
non accessori al trasporto o all’alloggio. Per quest’ultima categoria, si fa particolare riferi6
Dal punto di vista giuridico, i pacchetti di viaggio sono disciplinati dal D.Lgs. n. 206 6 settembre 2005 (Capo
II relativo ai servizi turistici, artt. 82-100), in attuazione della legge n. 229 del 29 luglio 2003 , con particolare riferimento all’articolo 7 di suddetta legge, relativo al riassetto normativo nell’ambito della tutela dei consumatori.
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
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Figura 1.7 Configurazione di prodotto «punto-punto»
Trasporti
Imprese di trasporto
Cliente
turista
Alloggio
Imprese di accomodation
Vendita
Agente di viaggio
Ristorazione
Imprese di ristorazione
Attività ricreative ed eventi
Imprese di attraction e destination
Fonte: elaborazione da Rispoli, Tamma, 1995, Della Corte, 2000
Figura 1.8 Configurazione di prodotto «package»
Ristorazione
Imprese di ristorazione
Cliente
turista
Vendita
Agente di viaggio
Package
Tour operator
Alloggio
Imprese di accomodation
Trasporti
Imprese di trasporto
Attività ricreative ed eventi
Imprese di attraction e destination
Fonte: elaborazione da Rispoli, Tamma, 1995; Della Corte, 2000
mento all’itinerario di viaggio, alle visite, alle escursioni o ad altri servizi inclusi nel pacchetto turistico, compresa la presenza di accompagnatori e guide turistiche. Rispetto ai servizi
suddetti è contrattualmente definito il termine entro il quale il consumatore deve presentare reclamo per l’inadempimento o l’inesatta esecuzione del contratto. Il contratto per la
compravendita di pacchetti turistici, secondo l’articolo 86 del D.Lgs. 206/05, deve essere dato in copia al cliente e deve contenere, tra gli altri, i seguenti dati: a) tutte le informazioni relative al viaggio, quali la data di inizio e conclusione, la durata, l’alloggio e le prenotazioni
per i trasporti; b) i dati dell’organizzatore e del venditore, se diversi; c) il prezzo, esplicitando tasse e diritti (ad esempio quelli aeroportuali); d) la somma di denaro, non superiore al
25% del prezzo totale del pacchetto, da versare al momento della prenotazione; e) la copertura assicurativa; f) i termini e le condizioni per il recesso da parte del consumatore e dell’eventuale annullamento o inadempimento da parte dell’organizzatore.
Tra le due configurazioni estreme appena descritte esistono delle formule intermedie,
in cui vi è una maggiore flessibilità nell’offerta ma esiste una co-progettazione tra gli atto-
16
Imprese e sistemi turistici
ri, a livello locale o tra imprese locali e altri operatori. In simili circostanze si è di fronte alla configurazione definita «network», rispetto alla quale le imprese specializzate nei diversi servizi che compongono il prodotto turistico, pur mantenendo la proria autonomia, elaborano strategie comuni, definiscono standard di servizio piuttosto omogenei in termini
qualitativi, avviano iniziative di marketing congiunte (Fig. 1.9).
L’offerta che scaturisce da tali relazioni è, in apparenza, più flessibile; viene data la possibilità all’utilizzatore di scegliere all’interno di una griglia di alternative, trasmettendo all’utenza la sensazione di scegliere e costruirsi la combinazione ritenuta più congeniale.
Quell’offerta, tuttavia, è il frutto della collaborazione tra più attori locali ed esterni (si
pensi ai tour operator stranieri che realizzano incoming verso l’Italia, o alla vendita realizzata attraverso agenzie di viaggio straniere), con una co-progettualità che, di fatto, orienta
la scelta dell’utente verso soluzioni ampiamente condivise e co-programmate.
Figura 1.9 Configurazione di prodotto «network»
NETWORK
Alloggio
Imprese di accomodation
Cliente
turista
Vendita
Agente di viaggio
Tour operating
Ristorazione
Imprese di ristorazione
Supporto enti locali
Trasporti
Imprese di trasporto
Attività ricreative ed eventi
Imprese di attraction e destination
Fonte: elaborazione da Rispoli, Tamma, 1995; Della Corte, 2000
Il caso Enjoy Napoli
Nel 2008, l’Assessorato al Turismo e ai Grandi Eventi del Comune di Napoli si è reso promotore di un’iniziativa per favorire il pernottamento dei crocieristi prima o dopo la crociera in città. Ha quindi sollecitato gli operatori del comparto affinché sviluppassero proposte di soggiorno da affiancare alla crociera in partenza ed arrivo nel porto di Napoli. La prima compagnia che ha sposato l’idea e sviluppato offerte è stata MSC crociere,
che ha proposto, a partire da euro 95, il pernottamento in città con prima colazione, oltre a possibilità di cene
in ristoranti tipici a partire da euro 20 e servizio transfer da e per l’aeroporto. Il Comune inoltre ha avviato sinergie con il Teatro di San Carlo e la Regione Campania: il primo ha messo a disposizione, in giorni prestabiliti, biglietti di cortesia (a prezzi simbolici) e l’Assessorato al Turismo della Regione Campania ha fornito l’Artecard gratuita, con possibilità di accesso agevolato e scontato alla rete museale e dei trasporti pubblici locali.
Al crocierista che giunge in città, quindi prima o dopo la crociera, è presentato un kit di accoglienza contenente i relativi voucher e una guida cittadina. A questo progetto ha partecipato anche l’Università di Napoli
Federico II, realizzando una ricerca scientifica sulle forme evolute di collaborazione interimprenditoriali.
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
17
Negli ultimi tempi, in corrispondenza con l’evoluzione della domanda, sempre più abituata
a operare attraverso internet ed esigente sul fronte delle possibili scelte e opzioni di viaggio, si è diffuso il dynamic packaging, che può essere definito come un bundle di differenti
servizi, combinati in termini di contenuti e relativi prezzi in tempo reale, in risposta alle richieste del consumatore finale e/o dell’agente di viaggio (Cardoso, 2006) (Fig. 1.10). Questa
formula, che rappresenta in realtà l’evoluzione del package classico e dello stesso network,
nasce in corrispondenza del crescente ruolo dei viaggi «individuali» rispetto ai classici gruppi. Essa implica, a monte, l’organizzazione nell’acquisizione dei singoli servizi a tariffe e
condizioni competitive, da formularsi tuttavia secondo combinazioni diverse, in funzione
delle specifiche esigenze della domanda. Tale processo, che funziona mediante il ricorso a
programmi dedicati di interfaccia con le strutture di riferimento, rappresenta una risposta
flessibile dell’offerta, in grado di proporre un ventaglio di alternative rispetto alle quali il
turista o l’operatore hanno, comunque, la facoltà di scelta. È chiaro che le alternative proposte sono quelle pre-selezionate dall’impresa che ha attivato il dynamic packaging. Tale
formula rappresenta la risposta innovativa dell’offerta rispetto all’evoluzione della domanda, con un livello di flessibilità per il cliente, nella composizione del prodotto, molto vicino
alla configurazione «network». La differenza principale, tuttavia, consiste nel fatto che nel
dynamic packaging il processo di assemblaggio è realizzato da un’impresa in particolare
(Fig. 1.10). Le forme di espressione di tale configurazione avvengono a livello diverso: attualmente è adoperata da numerosi tour operator, in aggiunta o in alternativa ai pacchetti
tradizionali, ma si trovano anche proposte di più servizi, da parte di internet provider o
compagnie aeree. In questi due ultimi casi, si tratta di forme di offerta che si avvicinano al
dynamic packaging pur non potendosi definire tecnicamente tali7.
Un aspetto importante è che le compagnie aeree, in particolare quelle low cost, stanno
attualmente svolgendo talvolta anche un ruolo di pivot rispetto a certe iniziative.
C’è tuttavia da chiedersi quali siano le differenze tra:
• il packaging tradizionale e il dynamic packaging;
• i soggetti che propongono, on line, soluzioni più o meno combinate di servizi.
Figura 1.10 Configurazione di prodotto «dynamic packaging»
Ristorazione
Imprese di ristorazione
Cliente
turista
Dynamic packaging
tour operator
Alloggio
Imprese di accomodation
Trasporti
Imprese di trasporto
Attività ricreative ed eventi
Imprese di attraction e destination
7
Si ricorda che per la costruzione di pacchetti, che implicano responsabilità dell’operatore, è necessario in
Italia operare con licenza di tour operator. Su quest’aspetto si rimanda al Capitolo 3.
22
Imprese e sistemi turistici
Centre for Regional and Tourism Research, gennaio 2008). Osservando l’andamento dei
vari paesi, la maggiore diffusione dei sistemi on line è nel Regno Unito (35% del mercato
complessivo europeo), e in Germania (20%). Italia, Spagna, Grecia e Portogallo raggiungono solo il 6%. L’impatto, tuttavia, varia a seconda dei diversi anelli della filiera: mentre
risulta marcato e crescente in riferimento al traffico aereo, lo è di meno per gli altri servizi:
l’incidenza del trasporto aereo sul traffico complessivo on line è cresciuta, infatti, dal 38%
del mercato globale al 56%. Considerando la generale crescita del mercato, l’incremento
della quota di mercato implica che le vendite on line per le compagnie aeree hanno più
che compensato il trend più lento degli altri servizi dell’industria turistica. Ciò evidenzia,
da un lato, le peculiarità del mercato europeo, in termini di abitudini di acquisto sicuramente più tradizionalista rispetto al mercato americano, sebbene con tassi di sviluppo crescenti. I principali vantaggi e svantaggi legati all’avvento di internet e della multimedialità
sono indicati in Tab. 1.2.
Partendo dai vantaggi, è indiscusso il beneficio dello snellimento nelle procedure, delle
prassi contabili e cartacee, con sensibili risparmi, sia in termini di costi che di tempo necessario a espletare gli adempimenti per la stampa di biglietti e voucher. Inoltre, moderni sistemi informatici, come l’Yield Management, favoriscono, di fatto, compagnie aeree e imprese
alberghiere nella gestione del sistema delle tariffe in funzione dei tassi di occupazione e dei
load factor raggiunti (cfr. Capitolo 4). Per le aziende, è strategica la possibilità di presentare
una propria vetrina ai turisti potenziali, di catturare informazioni sui visitatori del sito che,
quindi, sono potenzialmente interessati al prodotto e, per certi aspetti, anche di monitorare
il grado di soddisfazione della clientela e sviluppare dei criteri di fidelizzazione. Inizialmente, ad esempio, Thomas Cook, che ha creato il proprio sito nel 1996, partendo da un database di 17.000 potenziali clienti, ha offerto un premio ai sottoscrittori della proposta di ricevere mail successive. Si è creato, in tal modo, un gruppo iniziale di 3000 sottoscrittori. Costoro
avevano un viaggio premio se indicavano nominativi di ulteriori persone. Si è giunti a mezzo milione di utenti. I nomi si sono aggiunti nella fase di acquisto, quando è stato chiesto all’utente di fornire i propri dati per ricevere informazioni. Al di là dell’idea distributiva, questo sistema ha permesso a Thomas Cook di acquisire informazioni preziose sulla propria
Tabella 1.2 Principali vantaggi e svantaggi dell’e-commerce turistico
Vantaggi
Svantaggi
Velocità delle operazioni e snellimento
delle procedure amministrative.
Spersonalizzazione del processo di vendita
o viaggio.
Innovazione nella gestione in termini
di efficacia ed efficienza (es. Yield Management).
Difficoltà per la clientela di selezionare le opzioni
salvo i marchi noti.
Possibilità per le aziende di un contatto diretto
con la clientela nella promozione.
Cannibalismo interno al settore, in termini
competitivi (compagnie aeree, tour operator).
Miglioramento della customer satisfaction e retention
attraverso Customer Relationship Management.
Riduzione verso il basso dei prezzi di mercato
con generale dequalificazione dell’offerta.
Maggiore flessibilta e facilità nelle relazioni
interimpresa (cooperazione – networking).
Minore sicurezza negli acquisti.
Necessità di un processo di “reingegnerizzazione”
della distribuzione nel settore
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
25
le caratteristiche della domanda;
la concentrazione degli insediamenti turistici;
la durata media del soggiorno nella destinazione;
i prodotti turistici riguardanti la destinazione (turismo culturale, enogastronomico, congressuale, termale ecc.);
il grado di stagionalità dell’offerta e della destination nel suo insieme;
il grado di accessibilità alla località;
il livello di utilizzo delle infrastrutture e la relativa capacità di riserva;
la capacità di riserva delle diverse imprese che erogano i servizi turistici e quelli collegati.
Si tratta di elementi essenziali nella pianificazione del processo di sviluppo di una destination, dalla cui considerazione dipende anche la fattibilità in termini di mercato, di sostenibilità ambientale ed economico-finanziaria.
La capacità di carico, quindi, collegata a questa serie di fattori, presenta una natura poliedrica, nel senso che può essere intesa sotto diversi profili, come illustrato in Fig. 1.11.
La capacità fisica si riferisce, in primo luogo, al numero massimo di turisti che una località
può ospitare, in funzione della disponibilità di posti letto. Quella ambientale o ecologica è generalmente identificata dal numero massimo di turisti che una destinazione può ospitare prima di iniziare a causare danni all’ambiente o all’ecosistema. La capacità economica riguarda
il numero di turisti che precede la fase in cui aumentano le criticità in termini economici (aumento nei prezzi delle case, della terra, degli immobili ecc.); quella socio/culturale, si riferisce
al numero di persone superato il quale può verificarsi un danno sociale o culturale irrevocabile (ad esempio, la perdita di identità culturale, l’insostenibile crescita della criminalità, l’intollerabilità rispetto all’affollamento della località da parte degli abitanti e dei turisti14). La capaFigura 1.11 Capacità di carico di una destination
Capacità fisica
Capacità
infrastrutturale
Capacità ambientale
o ecologica
Capacità di carico
di una destination
Capacità percepita
Capacità economica
C
Capacità
socio-culturale
14
A tal proposito, Pearce definisce la carrying capacity sociale come «that point in the growth of tourism where local residents perceive, on balance, an unaccettable level of social disbenefits from tourism development», ossia
come la condizione socio-economica in cui l’impatto psicologico sull’attività turistica dell’area non è più percepito in termini di benefici dalla comunità locale (Pearce, 1989, pp. 169-174).
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
27
Tabella 1.3 Criteri per la misurazione della sostenibilità turistica di una destination
Criteri
Fisici
Economici
Ecologici
Percepiti
Socioculturali
Politicoamministrativi
Infrastrutture
Elementi utili
Accessibilità;
alla misurazione Accommodation;
Trasporti;
Superficie
disponibile;
Infrastrutture;
Attractions.
Capitale investito;
Costi di gestione;
Costi opportunità;
Effetti sugli
altri settori;
Fornitura
manodopera/skills;
Inflazione;
Offerta
e domanda.
Cambiamenti
Scenario;
nei processi
Motivazione
naturali;
e
Rischi di incendi, orientamenti
rifiuti, erosione, dei turisti;
inquinamento;
Attività.
Presenza
di flora e fauna
allo stato «brado».
Popolazione
Piani e progetti
stabile;
d’area;
Migrazione;
Priorità politiche;
Standard di vita; Disponibilità
Servizi
al cambiamento;
Assistenza
e amenities;
Stress, hazards; allo sviluppo;
Comunità
Sostenibilità
presenti;
e capacità
Comportamenti delle
e problemi
infrastrutture.
sociali;
Satisfaction;
Tradizioni,
lingue.
Possibili soglie
Limiti fisici
d’offerta;
Affollamento
pericoloso.
Fondi
inadeguati;
Migliori
investimenti
possibili;
Inflazione
incontrollabile;
Insufficienza
critica di
manodopera
o di skills;
Competizione
eccessiva;
Danno eccessivo
dagli altri settori.
Unicità persa
o minacciata;
Disastri previsti;
Cambiamenti
irrevocabili.
Mancata
soddisfazione
dei turisti;
Mancata
attrazione
dei turisti;
Considerevole
cambiamento
nella qualità
del territorio.
Valutazione
tradizioni
perse;
Iniqua
distribuzione
di benefici
cosicché
la popolazione
locale è
dominata
dai turisti;
Serio aumento
della criminalità;
Grande astio
dei turisti.
Incapacità di
raggiungere
gli obiettivi;
Incapacità di
superare le
pressioni;
I costi
potrebbero
non essere
coperti;
Rapporto di
utilizzo
infrastrutture
tra i residenti
e i turisti.
Problemi
I limiti fisici
possono
essere
alterati;
La domanda
può essere
sostituita.
Fluttuazione
economica;
I mercati
possono essere
creati/cambiati;
La concorrenza
può impedire
alcune scelte;
Difficoltà di
previsione futura.
Il management
può alterare
gli effetti e
i processi;
Quali sono i
cambiamenti
accettabili?;
Difficoltà
di prevedere
gli impatti.
Il management
può ridurre
i problemi;
Le percezioni
degli utenti
sono differenti;
Diversi gruppi
di turisti
possono
essere attratti
dall’area
di riferimento.
Attitudine al
cambiamento
e
all’adattamento
dei residenti;
Definizione
di benefici
diversi in
base ai livelli
della comunità
esaminati
(locale,
regionale
e nazionale);
Quanto è
accettabile il
cambiamento?;
I problemi
possono essere
migliorati
dai servizi.
La cooperazione
tra i diversi
livelli è
difficilmente
raggiungibile;
Le priorità
possono
cambiare;
I programmi
possono
sempre essere
sviluppati
in modo
più efficiente;
Infrastrutture
insufficienti
o inadeguate
allo sviluppo
turistico.
28
Imprese e sistemi turistici
Figura 1.12 Esempi di crescita della densità turistica di una destination in considerazione
della sua capacità di carico massima (limit)
Limit N
K
(B)
Density
(A)
Time
K
Limit N
(C)
Density
(D)
K
(E)
Time
Fonte: Oxford University Press, 1997
Come si può osservare, infatti, dalla Tab. 1.3, da un lato il turismo promuove maggiore
occupazione, aumenta il gettito di entrate, con un effetto moltiplicatore sull’economia del
territorio, promuove lo sviluppo di nuovi business spesso complementari ma strategici rispetto al turismo stesso (ad esempio, l’artigianato locale, il commercio), favorisce la riconversione di aree cittadine dismesse, rappresenta uno sprone a restaurare e migliorare
la fruibilità dei beni culturali e naturalistici e, infine, stimola gli investimenti da parte di
locali, a livello nazionale e internazionale. Allo stesso tempo, tuttavia, non si può trascurare che le retribuzioni medie continuano a essere contenute, soprattutto ai livelli inferiori della gerarchia aziendale, esiste ancora il precariato e vi è il problema della stagionalità
in molte località turistiche.
Alcune destinazioni scontano il problema della congestione, a cui tentano finanche di
rispondere con strategie mirate di de-marketing. Gli investimenti in infrastrutture, soprattutto nelle località balneari, risultano talvolta elevati e difficili da recuperare in tempi contenuti; infine, la dipendenza marcata dal turismo rende particolarmente vulnerabile la località ai mutamenti nel traffico turistico. Ciò è ancor più vero quanto più le destinazioni risultano monomercato. Un esempio evidente è l’isola di Ischia, che ha puntato al turismo
termale assistito proveniente dalla Germania, caratterizzato da elevati numeri e capacità
di spesa medio-bassa. Questa scelta di mercato ha, di fatto, ridotto il livello qualitativo dei
servizi erogati, per di più specificamente rivolti al target tedesco. Nel momento in cui il governo tedesco ha bruscamente ridotto i contributi per i soggiorni termali, l’isola ha visto
precipitare le presenze registrate.
Lo stesso depauperamento delle risorse rende sempre più costoso e difficile il processo di ripristino e/o ripresa ambientale di suoli o acque inquinate, la tutela dei beni
culturali ecc. Per tale motivo si attuano talvolta vere e proprie strategie di de-marketing, con l’obiettivo di ridurre il congestionamento della località turistica, mediante una
serie di azioni volte a disincentivare il turista nel processo di scelta della destinazione e
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
29
a renderne più costosa la permanenza. Non sempre risulta facile tale disincentivazione,
soprattutto quando vi è comunque un effetto passaparola sulle bellezze della destinazione, quando tra le motivazioni vi è quella della visita ad amici e parenti, o nei casi in
cui i flussi sono movimentati da operatori che lavorano specificamente con determinati
mercati e risultano radicati sul territorio, in funzione dei rapporti di filiera maturati con
le imprese locali. Tra gli interventi che, in ogni caso, le località possono tentare di attuare, rientrano:
• l’aumento delle tariffe e dei prezzi relativi all’erogazione dei diversi servizi: tale scelta,
inevitabilmente, diviene «impopolare» in quanto automaticamente rende solo le fasce
più abbienti della popolazione il principale target della destinazione; rientrano in tale
provvedimento i sistemi di doppia tariffazione per i pubblici servizi locali e di accesso alle destinazioni (si pensi al trasporto sui vapori a Venezia, o al costo degli aliscafi verso le
isole del Golfo di Napoli, con tariffe sensibilmente differenziate tra residenti e turisti);
• l’attivazione di un sistema di ticket per entrare nella località, costante oggetto di forti
discussioni e dibattiti;
• un sistema intelligente di de-marketing che, considerando comunque l’interesse del territorio in senso più ampio (regione, paese), può essere l’incentivo verso la visita di località simili per funzioni d’uso e, quindi, per tipologie di turismo. Ciò consente di favorire
comunque la customer retention, inquadrando la promozione turistica in una più ampia
logica sistemica (cfr. Capitolo 10).
Senza dover ricorrere a soluzioni discriminanti per l’utenza turistica, la corretta programmazione dello sviluppo territoriale deve consentire di superare i problemi dell’eccessivo
congestionamento, orientando le politiche del turismo nella direzione della sostenibilità.
Tale approccio, ovviamente, riguarda tutti gli anelli della filiera, ciascuno dei quali è più direttamente o indirettamente collegato al turismo (Fig. 1.13). Ovviamente, in tale processo
assumono un ruolo significativo gli Enti e le Istituzioni Locali, che devono operare di concerto con gli altri attori locali (cfr. Capitolo 10).
Figura 1.13 Soggetti coinvolti nella pianificazione della capacità di carico di una destination
Enti e Istituzioni
Locali
Accomodation
Pianificazione
capacità di carico
ADV Incoming
Altri fattori
di attrattiva
Tour operator
Amenities
Trasporti
Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore
31
guardia e tutela di risorse che, di fatto, sono comunque fruibili per il pubblico; deve,
piuttosto, basarsi, sulla più moderna logica della valorizzazione del patrimonio delle
destination17.
Figura 1.14 Obiettivi fondamentali della sostenibilità turistica
Sostenibilità economica
Obiettivi economici:
Efficacia ed efficienza
Sostenibilità economica
Obiettivi economici:
Equilibrio, vivibilità ed equità
Sostenibilità turistica
Sostenibilità ecologica
Obiettivi ecologici:
Salvaguardia e valorizzazione del patrimonio
ambientale e culturale
Non è assolutamente detto che vi sia un trade off tra le componenti: anzi, una corretta
programmazione e gestione del territorio può consentire il conseguimento contestuale dei
tre aspetti, attraverso un percorso sano di sviluppo. Tale processo, ovviamente, risulta di
più facile realizzazione nei casi di sviluppo ex novo di località turistiche «vergini»; molto
più complesso per le destinazioni che già vivono situazioni di degrado e/o congestionamento dei flussi turistici.
È interessante notare che, parallelamente al crescente impatto di alcuni fenomeni negativi sulla sostenibilità ambientale e al crescente clima di incertezza, diviene centrale,
per le aziende, un orientamento imperniato sulla responsabilità sociale, che risulta ancora più rilevante nel settore turistico, considerando la necessità di tutelare il turista sia in
termini di informazioni e conoscenze che di sicurezza (Della Corte, Sciarelli S., 2005). In
questa direzione, nel corso degli anni si sono sviluppati dei concetti, a livello di corporate management (Middleton, Hawkins, 1998), che riguardano l’approccio nell’utilizzo delle risorse e lo sviluppo di una sensibilità alla questione della sostenibilità, sia presso le
comunità locali che presso i gruppi di turisti. Negli anni Ottanta, tour operator come
Thomson adottavano un approccio fondato sulle 3 R: ridurre (reduce), reimpiegare (reuse) e riciclare (recycle). Il processo si è ulteriormente sviluppato, attestando l’attenzione,
almeno da parte delle imprese di maggiori dimensioni, verso la questione della sostenibilità (Luiz, 2003). Si è così pervenuti alle 10 R di Middleton (1998) (riconoscere, rifiutare, rimpiazzare, ridurre, reimpiegare, riutilizzare, riciclare, riprogettare, reinsegnare, ricompensare, rieducare) che, nonostante appaiano in un certo senso ridondanti e si so17
In particolare, tale visione è sposata dai programmi UNESCO nell’ambito culturale, in cui ricadono anche
i siti e i monumenti Patrimonio dell’Umanità. In particolare, l’UNESCO (United Nations Educational, Scientific
and Cultural Organization) è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, nata nel 1945, con sede a Parigi, per
promuovere la collaborazione internazionale soprattutto su cinque tematiche: educazione, scienze naturali,
scienze umane e sociali, cultura, comunicazione e informazione, con l’intento di preservare e rendere fruibili il
patrimonio culturale e naturale del pianeta, nel rispetto dei diritti umani.
32
Imprese e sistemi turistici
vrappongano in termini concettuali, testimoniano la crescente consapevolezza e sensibilità aziendale al problema. Manca, tuttavia, tra le R, la principale forse, che potrebbe
racchiudere tutti i concetti sopra esposti ed è proprio la responsabilità sociale (sul tema,
si veda Sciarelli S., 1999; 2002). Il processo di sviluppo turistico, quindi, deve necessariamente avvenire attraverso la pianificazione strategica e di marketing del territorio, con
una verifica costante della capacità di carico e di monitoraggio delle principali scelte di
politica del turismo (Fig. 1.15)18.
Figura 1.15 Sviluppo turistico e capacità di carico
Sviluppo turistico
Obiettivi – Criteri– Politiche
Politiche per lo sviluppo
turistico
Analisi operative
e di mercato
Capacità
di carico
iniziale
Analisi ambientali
e di aree
Formulazione delle politiche
Indagine
di mercato
Indagine
di utilizzo
Prodotti
turistici
Capacità
di carico
dettagliata
Impatto
ambientale
Monitoraggio
valutazione
e feed - back
Scelte delle politiche
Verifica
Marketing
Verifica
organizzazione
Implementazione
monitoraggio gestione
Verifica
prodotti turistici
Verifica
ambientale
Fonte: FAO, Corporate Document Repository, 2002
1.7
Il settore turistico tra globalizzazione e localismi
Nel settore turistico si è di fronte a due fenomeni per certi aspetti contrastanti: la globalizzazione del mercato e lo sviluppo di localismi in termini di offerta.
La globalizzazione agisce su due livelli. Dal punto di vista della domanda, tendono a
diffondersi in modo sempre più esteso e tempestivo le informazioni, la conoscenza e, in parte, i gusti e le abitudini di acquisto e di consumo. Ciò, da un lato, rende più ampio il mercato
di riferimento con una maggiore massificazione della domanda, soprattutto per quel che ri18
Questi aspetti saranno tuttavia sviluppati nei Capitoli 2 e 10.
Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing
39
Tabella 2.1 Il VRIO framework
Di valore?
Rara
da imitare?
Costosa
da imitare?
Sfruttata
dall’organizzazione?
Implicazioni
competitive
Performance
economica
No
–
–
No
Svantaggio
competitivo
Al di sotto
del normale
Sì
No
–
Parità
competitiva
Normale
Sì
Sì
No
Vantaggio
competitivo
temporaneo
Superiore al
normale
Sì
Sì
Sì
Vantaggio
competitivo
sostenibile
Superiore al
normale
Sì
Fonte: Barney, 2002, 2006
Se le risorse non sono di valore, generano uno svantaggio competitivo; se sono di valore, come visto, possono generare solo la parità competitiva. Le altre due variabili determinano la
competitività temporanea (se solo rare ma non difficili da imitare), o duratura (se anche inimitabili). Il primo dei casi illustrati, ovviamente, rappresenta un punto di debolezza; gli altri
dei punti forza, legati alle competenze distintive aziendali negli ultimi due. Il vantaggio competitivo sostenibile è generato dalle risorse strategiche, ossia da quelle che risultano di valore,
rare, difficili o costose da imitare e sono sfruttate e valorizzate in termini organizzativi.
2.3
La catena del valore
Uno strumento utile nel processo di individuazione delle risorse strategiche è la catena del
valore, secondo la quale si distinguono le attività strategiche dell’impresa in attività primarie, strettamente connesse al processo di produzione e vendita, e attività di supporto, che
rappresentano un importante sostegno a quelle primarie in modo trasversale. L’obiettivo finale deve essere la creazione di valore per il cliente (e, quindi, il vantaggio competitivo sostenibile sulla concorrenza), da cui dipende anche l’effettiva possibilità per l’impresa di realizzare margini di profitto remunerativi.
Tra le prime rientrano, quindi: gli approvvigionamenti, la logistica in entrata e la gestione del magazzino, la produzione, la logistica in uscita, il marketing, le vendite e l’assistenza post-vendita; tra quelle di supporto: gli approvvigionamenti, le attività infrastrutturali (pianificazione, finanza, servizi legali), la tecnologia (Information & Communication Technology), la gestione delle risorse umane. Tale strumento è stato proposto da Porter (1985), con particolare riferimento alle aziende diversificate, distinguendo le attività
di ciascun business (attività primarie) da quelle di supporto, generalmente realizzate a livello di sede centrale delle imprese. Talune attività, come ad esempio quella degli approvvigionamenti, potrebbero essere di supporto in ipotesi di produzioni omogenee, in cui gli
approvvigionamenti sono i medesimi o comunque avvengono attraverso lo stesso canale
di approvvigionamento.
42
Imprese e sistemi turistici
delle compagnie aeree oggi è possibile effettuare una serie di prenotazioni per altri servizi,
secondo schemi che si avvicinano al dynamic packaging (cfr. Capitolo 1 e Capitolo 3);
• il potere contrattuale dei clienti, che dipende dal grado di concentrazione/polverizzazione della clientela, dal grado di differenziazione di quest’ultima, da quanto sia importante per il cliente il servizio fornito dall’impresa, dai profitti che la clientela riesce a
conseguire (se sono bassi, è facile l’orientamento a cambiare fornitore per variazioni
anche minime di prezzo) e dalla minaccia di integrazione a monte. Si pensi alla minaccia, per alcune strutture ricettive, del rischio di integrazione a monte da parte del tour
operator che decide di investire direttamente nella ricettività (ad esempio, nei villaggi).
In questa sede, tuttavia, si ritiene opportuno considerare anche la forza competitiva rappresentata dai complementor che, in parte, modifica anche la visione complessiva delle forze competitive. I complementor (Branderburger, Nalebuff, 1996) possono essere:
1. attori la cui presenza in un mercato rafforza la posizione competitiva dell’impresa analizzata. Si pensi ad esempio, nell’ambito di una destination promossa da un tour operator, alle
imprese alberghiere di ottimo livello qualitativo e capacità imprenditoriali e manageriali.
Tale situazione rende più facile, per il tour operator, innescare rapporti collaborativi di filiera, acquisendo un maggiore potere rispetto, ad esempio, ai nuovi entranti; si modifica così, per il tour operator esaminato, l’intensità di alcune minacce competitive;
2. le stesse cinque forze competitive classicamente individuate possono, in realtà, trovarsi, per necessità strategiche e di mercato, a collaborare, divenendo dei complementor.
Basti pensare alle imprese ricettive di una destination, che sono in concorrenza tra loro
ma possono e devono collaborare nello sviluppo delle offerte, per creare e potenziare
lo standard medio di offerta per le diverse categorie, nel processo di promozione della
destination (si pensi al comparto congressuale). Un esempio, legato più specificamente
alle relazioni di filiera, è dato già dalla creazione del prodotto, sia in riferimento alle
offerte dei tour operator (nella formula del package tradizionale o del dynamic packaging) che a configurazioni complesse come i network.
Questa visione conduce allo schema delle forze competitive indicato in Fig. 2.1.
Figura 2.1 Il modello delle forze competitive nell’analisi delle minacce esterne
Complementor
Minaccia nuovi
entranti
Poteree
contrattuale ffornitori
it i
Potere
contrattuale clienti
co
Minaccia
concorrenti
attuali
Minaccia prodotti
sostitutivi
Fonte: elaborazione da Porter, 1980; Brandenburger, Nalebuff, 1996
44
Imprese e sistemi turistici
Figura 2.2 Dalla concorrenza alla dinamica competitiva
Concorrenti
Dinamica competitiva
Perché?
– Per ottenere un vantaggio competitivo
Come?
– Puntando sulle risorse strategiche
– Sviluppando azioni competitive
– Sviluppando azioni collaborative
Risultato
Dinamica competitiva: azioni competitive
e collaborative tra le imprese concorrenti
Fonte: elaborazione da Hitt, Ireland, Hoskisson, 2007; Chen 1996
2.4.2 Le opportunità
Da quanto detto emerge che, nella dinamica competitiva, è possibile convertire alcune minacce in opportunità, nei casi in cui l’impresa riesca, mediante le proprie competenze specifiche,
ad avviare una relazione collaborativa con il proprio concorrente, con il risultato di rafforzare
la posizione competitiva di entrambi, piuttosto che generare scontri talvolta improduttivi.
Barney evidenzia come le opportunità ambientali siano collegate alle caratteristiche
specifiche del settore (Tab. 2.2). Quelle che maggiormente interessano il settore sono: la
frammentazione, il carattere internazionale, la configurazione di settore a rete, l’ipercompetitività e, per comparti come quello del trasporto aereo, l’empty core (approfondito nel Capitolo 4). In taluni casi, vi sono anche elementi che delineano degli aspetti tipici dei settori maturi. Questo dipende dal tipo di prodotto turistico (culturale piuttosto
che congressuale) e dalle destination (città d’arte affermata piuttosto che piccole città in
fase di lancio).
In particolare, rispetto alla frammentazione, tipica dei contesti caratterizzati dalla prevalenza di piccole e medie imprese, le aziende più intraprendenti sono in grado di sviluppare dinamiche aggregative o di consolidamento, sia a livello di comparto (si pensi ai
network agenziali, come nel caso della Frigerio Viaggi o la Domina Travel, tra le principali
catene a livello nazionale) che di filiera a livello locale (nella costituzione e nello sviluppo
dei sistemi turistici – cfr. Capitolo 10). L’apertura del settore a livello internazionale e globale se, come visto, accentua e complica lo scenario competitivo, esprime nuove e continue
opportunità, legate anche alle possibilità di sviluppare l’incoming da nuovi paesi o di investire in luoghi ancora poco conosciuti da lanciare in termini turistici, anche attraverso partnership e joint ventures con imprese delle destinazioni obiettivo.
Vista la complementarietà tra i diversi servizi che compongono il prodotto, la logica di
rete rappresenta talvolta una scelta obbligata per le imprese turistiche. Nei casi di avvio di
reti e network, tuttavia, il ruolo e le competenze dei diversi soggetti possono variare sensibilmente in funzione della capacità di ricoprire il ruolo di first mover, ossia di azienda particolarmente attiva, che può anche acquisire la funzione di pivot all’interno del sistema
(cfr. Capitolo 10).
Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing
45
Tabella 2.2 Configurazioni di settore e opportunità ambientali nel turismo
Configurazioni di settore
Opportunità
Settori frammentati
Consolidamento
Nuove economie di scala
Modifica nella governance
Settori emergenti
Vantaggi del first mover
Leadership tecnologica
Sfruttamento delle attività strategiche di valore
Creazione dei costi di riconversione (switching cost)
Settori maturi
Miglioramento del prodotto
Investimenti nella qualità dei servizi
Innovazione di processo
Settori in declino
Leadership di mercato
Strategia di nicchia
Strategia di mietitura
Disinvestimento
Settori internazionali
Opportunità di tipo multinazionale
Opportunità globali
Opportunità transnazionali
Settori a rete
Vantaggi del first mover e strategie da «vincitore prenditutto»
Settori ipercompetitivi
Flessibilità
Distruzione proattiva
Settori empty core
Collusione
Regolamentazione governativa
Differenziazione di prodotto
Controllo della domanda
Fonte: Barney, 2002; Sciarelli, 2006
Altro aspetto essenziale è l’ipercompetitività, ossia il fatto che si tratti di un settore caratterizzato da bruschi e repentini cambiamenti, rispetto ai quali si misura la capacità competitiva delle imprese rispetto al grado di flessibilità, elasticità e capacità di sviluppo continuo di sollecitazioni (distruzione proattiva)7.
2.5
Le principali scelte strategiche
Rispetto all’analisi esterna e interna all’impresa, le strategie competitive puntano, attraverso le risorse strategiche, a raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile. Si usa, infatti,
distinguere tra un approccio che presta particolare attenzione alla massima efficienza nella
gestione dei costi da quello maggiormente orientato all’efficacia delle scelte strategiche e,
7
Su questo tema si rimanda a D’Aveni, 1994, 1995; Della Corte, 2004; Barney, 2006, 2007.
46
Imprese e sistemi turistici
quindi, alla massimizzazione dei ricavi aziendali, fermo restando per entrambi gli obiettivi
di margini di profitto.
Rimandando tuttavia alle sedi più specifiche l’approfondimento del tema (Brondoni, 2000,
2001; Barney, 2006), in tale trattazione è bene sottolineare, sia pure in sintesi, la macrodistinzione tra:
1. strategia di leadership di costo, che mira a raggiungere un vantaggio competitivo attraverso la realizzazione di costi di gestione inferiori rispetto alla concorrenza. Tale strategia riguarda soprattutto le attività rivolte maggiormente al mercato di massa. I fattori in
grado di generare maggior valore, in questa direzione, sono: le economie di scala, che
consentono la riduzione dei costi per maggiori volumi di produzione; l’apprendimento,
che permette risparmi sui volumi cumulati di produzione; vantaggi di costo legati al tipo
di tecnologia adottata, o al potere contrattuale nei rapporti con i fornitori di servizi.
Questa strategia tende a considerare il mercato come unico e non tiene conto delle differenze tra i target. Un esempio di aziende che, almeno nella prima fase, hanno adottato questo tipo di strategia è quello delle compagnie aeree low cost;
2. strategia di differenziazione, che tende a raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile
incrementando il valore percepito dai diversi target di clientela, rispetto alle imprese concorrenti. Il vantaggio generato può dipendere da diversi fattori, quali: le caratteristiche del
prodotto (si pensi all’offerta alberghiera nel settore del lusso), i collegamenti tra le funzioni aziendali (con capacità di coordinamento e interazione massima tra le diverse funzioni
aziendali) e tra l’impresa e i suoi potenziali partner (ad esempio, nel caso dei rapporti tra
tour operator, imprese ricettive e di ristorazione); il timing, ossia la velocità con cui si sviluppano e attuano le strategie (vantaggio classico del first mover); l’ubicazione; il mix di
prodotti proposto, che può completare la gamma (si pensi ai processi di espansione di tour
operator come TUI, che con i diversi marchi risponde a differenti target di mercato); la reputazione e l’immagine, che dovranno poi essere confermate nella fase di erogazione dello
specifico servizio. Con questa strategia, quindi, si considerano le differenti esigenze dei target di mercato, che si tenta di soddisfare con la massima personalizzazione del servizio;
Figura 2.3 Le strategie competitive
Vantaggio competitivo sostenibile basato
Ampio
(intero mercato
o più target)
Ambito
competitivo
Unicità
Costi
Leadership di costo
Differenziazione
Strategie
simultanee
Ristretto
(un solo target)
Focalizzazione
basata su leadership di costo
Fonte: elaborazione da Porter, 1985, 1998; Hitt, Ireland, Hoskisson, 2007
Focalizzazione
basata su differenziazione
48
Imprese e sistemi turistici
Figura 2.4 Tipologie di marketing nei servizi turistici
ting
relazionale
o
ern
est
Ma
rke
ting
rke
Ma
inte
rno
Azienda
Marketing interattivo
rke
ste
rno
Clienti
gr
tin
na
zio
Ma
rk
el a
etin
ge
Ma
Marketing
Personale
le
Partner
Fonte: elaborazione da Kotler, Bowen, Makens, 2003
Il marketing interno, che l’impresa è in grado di attuare rispetto al proprio personale,
dipende dallo stile di direzione adottato, dai sistemi di gestione delle risorse umane e di
incentivazione del personale. Tali aspetti meritano però di essere oggetto di specifiche
trattazioni. Il marketing verso la clientela è il classico marketing esterno (pubblicità,
promozioni). Vi è anche un rapporto diretto tra il cliente e il personale dell’azienda addetto alla vendita e in questo caso si tratta di marketing interattivo, in cui il rappresentante aziendale ha la possibilità di interagire con il cliente. Questo può avvenire nella fase di vendita e, ancor più, in quella di erogazione del servizio, come di seguito spiegato.
Infine, l’impresa interagisce con altre aziende della filiera, sia per la natura dell’attività
(ad esempio, il tour operator deve interagire con imprese alberghiere, compagnie aeree,
agenzie di viaggio, i cui interessi devono convogliare verso il successo turistico delle proposte), sia per l’acquisizione di una maggiore competitività sul territorio nazionale e internazionale, attraverso la collaborazione anche con i propri concorrenti.
Pertanto, il processo di pianificazione, implementazione e controllo ha un particolare
rilievo nel settore, considerando che gli obiettivi primari, nella realizzazione dei servizi
turistici, sono quelli di attirare turisti e di soddisfare la clientela. Questo secondo obiettivo dipende dalla qualità dell’ambiente e dei servizi erogati. Se il cliente è soddisfatto,
quindi, la soddisfazione è anche delle imprese in termini di profitto, per i risultati che
conseguono e per la destination che ha successo in termini turistici.
Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing
49
2.6.1 Il marketing a livello indotto e organico
Il piano di marketing delle imprese e dei sistemi turistici (Fig. 5) riguarda due livelli fondamentali:
• il livello «indotto», relativo alle politiche volte ad attrarre il turista e a scegliere quella
specifica destination e quella particolare offerta (pacchetto, albergo ecc.); questa fase è
delicata in quanto il potenziale turista attua la propria scelta prima di intraprendere
concretamente il viaggio, cioè l’acquisto precede la realizzazione. La selezione avviene,
infatti, esclusivamente sulla base di elementi virtuali, in funzione degli input che il consumatore riceve dall’esterno (media, agenti di viaggio, passaparola) e delle proprie percezioni interiori (cfr. Capitolo 1);
• il livello «organico», relativo al marketing realizzato durante la fase di erogazione dei
servizi: è particolarmente difficile poiché il servizio è valutato nel momento stesso dell’erogazione, diversamente da quanto avviene per le produzioni manifatturiere, che possono essere testate prima del lancio (contestualità tra il sistema di produzione e di erogazione del servizio)8.
I due livelli sono raccordati dai processi di Customer Relationship Management (CRM) e di
monitoraggio, finalizzati rispettivamente a verificare il grado di efficacia ed efficienza delle
scelte assunte. Il CRM, nato come sistema informatico per lo studio delle relazioni con la
clientela prima e dopo la vacanza, ha assunto infatti dimensioni sempre più articolate, divenendo uno strumento di analisi e di supporto alle decisioni, applicato con livelli di informatizzazione differenti a seconda del tipo di impresa, della struttura organizzativa e del grado
di flessibilità che si intende mantenere.
Figura 2.5 Il piano di marketing delle imprese e dei sistemi turistici
Strategie
Piano di marketing
Livello indotto
(orientamento del processo di scelta)
Prodotto
Prezzo
Promozione
Livello organico
(customer satisfaction e customer retention)
Distribuzione
(Placement)
Servicescape
Relazioni
Qualità e
produttività
CRM e Monitoraggio
Fonte: elaborazione da Della Corte, 2000
8
Questa distinzione si collega anche ai concetti di qualità tecnica e funzionale di Grönroos (1983, 1990, 1994,
2000) e ai successivi approfondimenti dello studioso circa il ruolo del consumatore nel processo di creazione del valore nella fornitura di prodotti/erogazione di servizi (Grönroos, 2008). Sul tema si veda anche: Colurcio, Mele, 2005.
Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing
51
Figura 2.6 Approccio integrato alle scelte strategiche e di marketing delle imprese e dei sistemi turistici
Sviluppo
della strategia
Strategie
di marketing
Processo
di creazione
del valore
- Definizione
business
- Analisi di scenario
e concorrenza
- Individuazione
punti di
forza/debolezza
- Sviluppo
della strategia
- Segmentazione
domanda
- Definizione
prodotto
- Valore creato
per il cliente
- Obiettivi
di customer
satisfaction
- Programma
di fidelizzazione
Processo
di integrazione
multicanale
- Distribuzione
tradizionale
- Distribuzione
on line
- Altro
Applicazioni back office
Processo
di erogazione
e valutazioni
performance
- Customer
satisfaction
- Fidelizzazione
- Dissatisfaction
Applicazioni front office
Sistemi ICT e strumenti di analisi
Sistemi di gestione delle informazioni CRM e monitoraggio
Fonte: elaborazione da Payne, Frow, 2005; Lovelock, 2007
no a supporto delle decisioni successive, che può riguardare, a seconda del livello di gap
riscontrati, una o più delle fasi delineate. Il processo di management delle imprese turistiche è quindi integrato e non può che essere collegato, a sua volta, con quelli delle altre imprese della filiera e del territorio stesso, in un contesto competitivo dinamico imperniato sulla collaborazione interimprenditoriale per acquisire maggiore competitività... un compito arduo, che si tenta di illustrare nella parte successiva del presente lavoro... buon viaggio!
54
Imprese e sistemi turistici
3.3
Il prodotto
Il prodotto del tour operator è tradizionalmente un pacchetto (package) che deriva dalla
combinazione di una serie di servizi: dal semplice trasporto con alloggio (componenti essenziali perché si possa parlare di pacchetto) a una serie di servizi aggiuntivi, come le escursioni, la ristorazione e le eventuali attività culturali (si pensi all’inserimento delle card per le
visite ai musei, o dell’entrata in alcuni musei rientranti in itinerari storico-artistico-culturali
delle destinazioni, con eventuale visita guidata) e di intrattenimento (entrata in parchi di
divertimento, spettacoli teatrali o folkloristici, concerti ecc.). A questi elementi si aggiungono fattori immateriali, come la sicurezza circa le destinazioni in virtù della notorietà del
tour operator e della professionalità, nonché del comfort complessivo che l’operatore riesce a trasmettere nella realizzazione del viaggio. Infine, il grado di coinvolgimento del potenziale cliente nella costruzione del prodotto aumenta anche il potenziale grado di soddisfazione (Fig. 3.1).
Da questo processo derivano proposte che implicano un’elaborazione creativa, appunto di creazione di un prodotto complesso atteso e percepito come unico dal turista. Pertanto, gli operatori devono attentamente scegliere i servizi da assemblare, che devono risultare omogenei dal punto di vista qualitativo, in quanto l’insoddisfazione rispetto a uno di essi può generare scontento in riferimento al viaggio nel suo complesso. In tal senso, il tour
operator viene a essere coinvolto nel processo di erogazione delle imprese della filiera con
le quali interagisce, nella definizione degli standard di servizio, al fine di assicurare un adeguato livello qualitativo che corrisponda alle esigenze e aspettative della domanda. Il discorso tende ad ampliarsi con l’aumento dell’estensione del prodotto rispetto ai core service. Nelle località in cui il TO investe in modo consistente, tale coinvolgimento arriva anche
a influenzare il processo di sviluppo di intere destination. Si pensi al ruolo dell’operatore,
nei rapporti con le istituzioni locali, per il miglioramento dei servizi infrastrutturali, per la
gestione dei punti informativi, per lo sviluppo dei servizi di trasporto intra-destination. Il
tour operator, d’altra parte, per investire in una località, necessita di una serie di servizi di
accoglienza di base, che incidono anche nella scelta delle destination in cui investire. Allo
Figura 3.1 Il prodotto del tour operator
Coinvolgimento nella
costruzione del prodotto
Sicurezza, comfort
Attività culturali
e di intrattenimento
Escursioni
Ristorazione
Trasporto
+ pernottamento
56
Imprese e sistemi turistici
• è un’attività il cui contesto è ipercompetitivo, con forti processi di concentrazione su
scala mondiale, crescente aggressività delle politiche di prezzo e pressioni a monte della
filiera, da parte dei fornitori (in particolare da parte di compagnie aeree e catene alberghiere) che, stimolando la prenotazione diretta da parte del cliente, riescono a proporre
una serie di servizi selezionati sulla base di accordi commerciali reciproci (riconoscimenti di royalties ecc.).
In generale, la principale difficoltà connessa a quest’attività è che, in primo luogo, l’impresa deve assicurarsi un’adeguata disponibilità di posti letto, posti a sedere sui mezzi di
trasporto e altri servizi, per creare formule di offerta da proporre sul mercato. Ciò implica
la gestione di relazioni contrattuali con altri attori della filiera a monte, che erogano i singoli servizi successivamente assemblati e rielaborati dal tour operator. Inoltre, è importante la formulazione di previsioni adeguate circa le vendite che saranno realizzate e l’organizzazione efficace dell’attività di promozione e vendita, onde evitare il rischio di eccesso
di domanda rispetto alla capacità (con conseguente perdita di quota di mercato rispetto ai
tour operator concorrenti) o, al contrario, di invenduto nel caso di eccesso di capacità rispetto alla domanda, per errate previsioni e/o valutazioni dell’andamento di quest’ultima
(Fig. 3.2). È quindi importante programmare la capacità in coerenza con previsioni quanto
più attendibili sulla domanda.
In tale processo, il tour operator deve interfacciarsi con i diversi attori della filiera, a monte e a valle, secondo le relazioni, i rapporti e le criticità illustrate nel paragrafo successivo.
Il rischio dell’attività di tour operating è un rischio:
• di mercato, nel senso che proprio l’immaterialità del servizio e la non immagazzinabilità
dello stesso fanno sì che l’operatore debba investire in tempi significativamente anteriori alla vendita dei pacchetti. Ciò che non è venduto, tuttavia, è perso e non può essere immagazzinato. Pertanto, previsioni non corrette della domanda, sopravvalutazioni
del mercato, non chiara conoscenza delle caratteristiche attuali della domanda e le relative evoluzioni, possono risultare fatali per l’attività di un tour operator;
Figura 3.2 Implicazioni delle variazioni tra domanda e capacità di offerta
VOLUME DOMANDATO
La domanda supera
la capacità
(si perdono affari)
CAPACITÀ UTILIZZATA
Massima capacità
disponibile
La domanda supera
la capacità ottima
(la qualità cala)
Capacità ottima
(domanda e offerta
ben bilanciate)
Eccesso di capacità
(spreco di risorse)
Basso utilizzo
(può inviare
cattivi segnali)
Ciclo temporale 1
Fonte: elaborazione da Lovelock, 2007, p. 319
Ciclo temporale 2
Il tour operator
61
Tabella 3.1 Vantaggi delle relazioni con network e aggregazioni
1. Disponibilità di una rete con potenziale di vendita più esteso, prevedibile, meno esposto a oscillazioni
2. Maggiore possibilità di programmazione dei prodotti e relativa pianificazione delle vendite
3. Eventuale disponibilità di una rete specializzata anche su particolari prodotti
4. Maggiore coordinamento dell’attività promozionale e commerciale
5. Forte riduzione del rischio di insoluti e maggiore garanzia circa il grado di affidabilità degli agenti di viaggio
6. Riduzione dei costi di gestione del rapporto, grazie al maggior coordinamento tra le diverse unità
7. Possibilità di attivare iniziative promozionali congiunte
Il primo grande vantaggio è la disponibilità di una rete con elevato potenziale di vendita, con la quale avviare una precisa programmazione. Questo rende, ovviamente, anche
più facilmente prevedibile e valutabile il potenziale di domanda raggiungibile.
Il processo di selezione delle agenzie/network con cui interagire maggiormente è anche
funzione del grado di affidabilità e professionalità delle imprese di retailing, nonché dell’eventuale specializzazione su specifici prodotti. Tale impostazione consente di coordinare
meglio le attività di marketing e promozione, di avviare iniziative di co-marketing, nonché
di gestire in modo più efficiente le relazioni. Inoltre, il consolidamento progressivo delle
relazioni riduce i costi di coordinamento e il rischio di insoluti, trattandosi di ADV professionali e affidabili.
In generale, per il successo delle relazioni con gli ADV, i fattori che maggiormente incidono sono (Holloway, 2004, p. 226):
• l’immagine complessiva del TO e il grado di stabilità e affidabilità percepito dalla domanda;
• la rispondenza del prodotto alle esigenze della clientela;
• l’affidabilità della compagnia in termini di overbooking, consegna voucher, attività di
comunicazione prima e durante il viaggio (aspetto legato anche alla presenza o meno di
Customer Relationship Management Systems – CRMS);
• il grado di conoscenza dei prodotti proposti da parte degli ADV (di qui l’importanza
degli educational trip);
• la presenza di relazioni consolidate, imperniate anche su conoscenze personali maturate nel tempo e lo sviluppo di programmi di cooperazione, in particolare con i network,
per la promozione di prodotti più complessi (è il caso, ad esempio, di TUI con Europcar, soprattutto nel segmento fly per la combinazione volo+noleggio auto o di TUI con
Contracting Product and Catalogue per la contrattazione con gli alberghi di destinazioni
balneari nel Mediterraneo e nei Caraibi, oltre che per gli alberghi svizzeri, polacchi, austriaci, tedeschi e ungheresi);
• la facilità e snellezza delle procedure, al fine di rendere il più possibile agevole il processo di verifica di disponibilità e prenotazione dei posti: il tempo è denaro per l’agente di
viaggio e le procedure complesse non invogliano il personale di agenzia a operare con
la propria azienda;
• l’istituzionalizzazione di sistemi di credito alle agenzie, processo tanto più strutturato
quanto più applicato a network ben organizzati e affidabili;
• la capacità del TO di gestione trasparente del rapporto con gli ADV. Alcuni operatori,
62
Imprese e sistemi turistici
pur lasciando intendere l’assoluto riferimento alle agenzie e ai network, incentivano,
parallelamente, la vendita diretta. Tale aspetto non è assolutamente gradito agli ADV,
che possono decidere di abbandonare l’operatore, a vantaggio di chi resta maggiormente concentrato sul canale tradizionale.
3.6
La catena del valore
La catena del valore del tour operator è strettamente legata alle relazioni di filiera a
monte e a valle che, come visto, divengono strategiche per il successo dell’impresa.
Passando ad analizzare in dettaglio le diverse attività (Fig. 3.3) emerge che, tra le attività
primarie, rientrano:
• la gestione dei rapporti con i fornitori per l’acquisizione dei servizi da assemblare, che si
sviluppa secondo le dinamiche indicate nel paragrafo precedente; rispetto alla tradizionale configurazione di catena del valore (Porter, 1987 e ss), tale attività risulta primaria
in quanto riguarda l’acquisizione degli elementi che costituiscono il contenuto delle offerte prodotte del tour operator;
• il processo creativo di costruzione del prodotto: questa attività è particolarmente complessa in quanto richiede elevate capacità di analisi, intuito imprenditoriale, al fine di
pervenire a formule di offerta che possano risultare efficaci ed efficienti. Si tratta, infatti, di un processo che implica la valutazione della fattibilità di mercato, operativa ed
economico-finanziaria del prodotto che si intende vendere sul mercato. Le principali
fasi di questa delicata attività sono illustrate in Tab. 3.2. Come si può osservare dalla
Tab. 3.2, è necessaria, in primo luogo, l’identificazione chiara e definita dei target di mercato di riferimento, per delineare il tipo di prodotto in funzione del quale selezionare i
possibili servizi da considerare; tali servizi devono essere in grado, già nel processo valutativo, di soddisfare al massimo le esigenze dei turisti. La definizione del prezzo è legata
a uno studio di prefattibilità, rispetto ai costi di acquisizione dei diversi servizi, inserenFigura 3.3 La catena del valore di un’impresa TO
Booking
Attività Primarie
ne
Erogazione CRM e
fidelizzazione
ine
Gestione Creazione Promozione
rapporti del prodotto e vendita
con i
fornitori
(compagnie
aeree,
imprese
alberghiere
ecc...)
Ma
rgi
Ma
rg
Attività
di supporto
Gestione rapporti di destination management
Ricerca e sviluppo
Amministrazione e finanza
Gestione risorse umane
Information & Communication Technology
Il tour operator
63
Tabella 3.2 Le fasi fondamentali del processo di programmazione e promozione dei pacchetti turistici
1. Segmentazione del mercato di riferimento e scelta dei target
2. Ricerca, comparazione, selezione e assemblaggio dei servizi necessari a soddisfare le esigenze della domanda
target e delle risorse della località da valorizzare e rendere fruibile
3. Definizione del prezzo di mercato a cui i target di turisti individuati sono disposti ad acquistare una destinazione
o una tipologia di vacanza
4. Verifica della convenienza economica e della fattibilità finanziaria dell’operazione
5. Promozione della località e delle offerte su catalogo e/o in via multimediale, generalmente con marchio proprio
do componenti creative ulteriori, al fine di conferire un valore aggiunto al pacchetto
complessivo. Nella costruzione del prodotto è fondamentale inserire anche alcune valutazioni che riguardano i costi commerciali dell’iniziativa, necessari per raggiungere i
target di mercato prescelti.
Le tipologie di prodotto offerte dai tour operator, come evidenziato nel Capitolo 1, sono riconducibili alla configurazione tradizionale del package (all inclusive tour, che, come
visto, include almeno il trasporto e l’intrattenimento) o a quella moderna, on line, del dynamic packaging. Va sottolineato nuovamente che, perché si possa parlare di dynamic
packaging, occorre che la configurazione sia comunque svolta dal tour operator. Le stesse
compagnie aeree che, infatti, ritengono di volerla sviluppare, costituiscono il tour operator
on line, come nel caso di Jet2.com, che ha creato l’operatore Jet2holidays.com, o di Meridiana, che opera on line attraverso Wokito.
L’aspetto fondamentale è che la responsabilità per il viaggio è esclusivamente a carico
del tour operator, che si accolla ogni rischio connesso alla mancata rispondenza dell’offerta proposta rispetto allo standard di servizio atteso per quello specifico livello di prodotto8. Questo elemento distingue il prodotto offerto dal TO dai servizi proposti dalle altre
aziende del settore (soprattutto le compagnie aeree), attraverso i portali e i siti web. In tali casi, la responsabilità è a carico del cliente, che sceglie e prenota i diversi servizi. Si tratta, in queste ipotesi, di una configurazione di tipo network, rispetto alla quale un eventuale problema relativo all’erogazione di uno dei servizi proposti deve essere gestito direttamente con l’impresa di riferimento. Nelle ipotesi di package e dynamic packaging, invece,
si è di fronte a un prodotto in cui il referente è unico ed è, appunto, il tour operator, che si
accolla il rischio del buon esito del viaggio, secondo quanto stabilito dalle regole previste
dal contratto di viaggio stipulato con il potenziale utente.
8
In particolare, la regolamentazione degli aspetti contrattuali tipici dell’attività di intermediazione e organizzazione di viaggi è, innanzitutto, di matrice internazionale e sovrannazionale. Si fa riferimento alla Convenzione
Internazionale sul Contratto di Viaggio di Bruxell, 1970, resa esecutiva in Italia con la l. 27/12/1977, n. 1084; alla
Direttiva del Consiglio UE n. 90/314 del 13/06/1990, concernente i viaggi «tutto compreso», attuata nel nostro
ordinamento con il D.Lgs. n.111 del 17/03/1995; alla Direttiva n. 82/470/CEE, concernente la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi da parte dei TO e delle ADV, applicata in Italia dal D.Lgs. n. 392 del
23/11/1991. La vendita dei pacchetti turistici effettuata on line ricade, invece, nella previsione dell’art. 9 del
D.Lgs. n. 50 del 15/01/1992, di attuazione della direttiva n. 85/577/CEE, in materia di contratti negoziati fuori dai
locali commerciali.
64
Imprese e sistemi turistici
La definizione del prezzo avviene sin dalla fase di creazione del prodotto, sulla base
della strategia del tour operator (leadership di costo piuttosto che differenziazione produttiva o focalizzazione)9.
Il prezzo di vendita deve rappresentare espressamente quello che l’utente è disposto a
pagare per il tipo di viaggio proposto, in funzione delle aspettative generate (value for money). Le aspettative non devono, tra l’altro, risultare mai superiori alle caratteristiche dei
servizi che saranno realmente erogati, onde evitare il problema della percezione negativa
sul viaggio, con un effetto passaparola negativo. Allo stesso tempo, come visto, il prezzo fissato deve garantire, attraverso la vendita dei prodotti, la copertura dei costi e il conseguimento di margini di utile. Tali margini tendono sempre più a ridursi quanto più il prodotto
risulta «di massa». In questo ultimo caso, infatti, i tour operator devono movimentare elevati volumi di turisti e conseguire economie di scala per poter realizzare profitti adeguati.
Vi sono poi le attività di pubblicità e promozione, di radicale importanza per questa tipologia di impresa e analizzate in dettaglio nel paragrafo successivo.
Quanto alla distribuzione, la scelta è in prospettiva sempre più orientata verso la multicanalità, nella valutazione degli intermediari tradizionali, rispetto alle nuove forme distributive avanzate. Il processo nella sua completezza è indicato in Fig. 3.4.
L’attività di booking (prenotazione) interagisce esclusivamente con le ADV allorquando
il TO si rivolge al canale agenziale in via esclusiva e direttamente on line o via call center
nei casi in cui il l’operatore opti per la totale disintermediazione. È chiaro, però, che mentre
Figura 3.4 Il processo di costruzione, vendita ed erogazione del prodotto del TO
Adv
Programmazione
Distribuzione
Rapporti con imprese
di trasporto
Rapporti con
imprese ricettive
Costruzione
del prodotto
Rapporti con altre
imprese locali
Organizzazione materiale
promozionale e definizione
del prezzo
Booking
Corrispondenti
Erogazione
del prodotto (a...)
Prenotazioni
Web
Promozione
Fiere
Media
Uffici propri
CRM
Fonte: elaborazione da Della Corte, 2004, p. 22
9
Sulle strategie competitive, si rimanda al Capitolo 2. Si veda anche: Porter (1982; 1997; 1998), Barney, 2002;
per un approfondimento sul settore turistico e in chiave resource-based, si vedano Della Corte, 2004; Barney,
2006, traduzione a cura di Della Corte, Sciarelli.
68
Imprese e sistemi turistici
Figura 3.5 Elasticità del reddito per differenti segmenti di turisti
Visite ad amici
e parenti
Vacanza principale
Reddito
Business
Turismo
congressuale
Vacanza secondaria
Domanda turistica (spesa)
Fonte: Cooper, 2005, p. 654
Nella definizione del prezzo, quindi, bisogna tener conto dei costi per la realizzazione e del
relativo margine-obiettivo, tenendo sempre presente la valutazione del potenziale turista rispetto al viaggio. È necessario creare valore per il cliente. Quest’ultimo è dato dalla formula:
Valore = Qualità/prezzo + immagine.
Se la qualità e l’immagine del prodotto e dell’azienda sono elevati, il potenziale turista
sarà maggiormente disposto ad acquistare il viaggio.
Variazioni di prezzo possono essere praticate per una serie di motivi, legati alla stagionalità
dell’offerta, alla volatilità di alcuni fattori di mercato che incidono sensibilmente sul costo dei
fattori che compongono il pacchetto (tassi di cambio, costo del petrolio ecc.), alla crescente
trasparenza del mercato che implica una maggiore influenza reciproca circa le scelte di prezzo tra concorrenti, a fattori di tipo psicologico che possono influenzare diversamente le scelte.
Tuttavia, la riduzione di prezzo rappresenta una leva particolarmente rischiosa per il tour
operator, in quanto può generare percezioni negative nella mente del consumatore: può maturare la convinzione che l’impresa sia in difficoltà e che, quindi, abbia peggiorato la qualità
dei servizi proposti, con l’aspettativa che il prezzo cali ulteriormente. In tali processi, anche
quando l’immagine resta costante, il valore percepito può dimezzarsi. Accade infatti:
Valore = qualità/prezzo con immagine costante; se V =Q/2x / P/x, allora V = Q/P;
La formula indica che si sviluppa la percezione di un calo nella qualità del servizio, con
conseguente dimezzamento del valore percepito dal potenziale turista. Nel caso inverso di
aumento dei prezzi, è importante comunicare adeguatamente le motivazioni alla base di
tale aumento: se la domanda lo percepisce come espressione di maggiore qualità, può essere disposta a pagare un prezzo più elevato; viceversa, può decidere di spostarsi verso altri marchi e tour operator. La politica di prezzo, quindi, è molto complessa e delicata e deve essere praticata in piena armonia e coordinamento con le altre politiche di marketing,
in un piano organico.
Il tour operator
69
Per quanto concerne, in particolare, le attività di pubblicità e promozione, queste devono risultare coerenti con la campagna di marketing complessiva e si articolano in una serie
di azioni coordinate. Alcune si riferiscono al business-to-business (B2B), ossia al rapporto
tra tour operator e altri attori della filiera (agenzie di viaggio clienti), altre al business-toconsumer (B2C) (Fig. 3.6).
Come si evince dalla figura, i diversi sforzi pubblicitari e promozionali agiscono su più
fronti e possono essere combinati in modo differente. I principali per il tour operator sono
(Holloway, 2004; Della Corte, 2004, p. 25):
• la distribuzione di cataloghi/video via agenzie di viaggio, aspetto legato alla scelta distributiva del retailing tradizionale, che riguarda le decisioni relative alla costruzione del
catalogo, alla chiarezza espositiva dello stesso, alle modalità di presentazione delle strutture facenti parte dei pacchetti proposti15. Tale attività si collega anche al rapporto con
le ADV, al fine di assicurarsi la più efficace esposizione dei propri cataloghi e, soprattutto, l’effettivo utilizzo e distribuzione degli stessi. Questo dipende, tuttavia, dall’intensità
e dal grado di consolidamento dei rapporti tra TO e ADV. La predisposizione delle brochure, in ogni caso, è un processo molto complesso, costoso, difficile da realizzare e sicuramente non univoco: occorrono una serie differenziata di brochure con i relativi brand
e caratteri distintivi per ciascun segmento di mercato;
• il merchandising, legato alla promozione di specifici prodotti anche attraverso stand
dedicati all’interno dei locali delle ADV (si pensi ai Ventapoint nel caso del gruppo Il
Ventaglio, che ha previsto corner speciali presso le agenzie associate per promuovere
Figura 3.6 Le campagne di promozione di un’impresa tour operator
(Segmento business)
AZIENDE
– Incentive
– Bonus
– Fam Trip
– Free gifts
Promozione
B2B
+
Promozione
diretta
B2C
Consumatore finale
– Materiale promozionale
– Rateizzazione
– Programma fedeltà
– e-promotion
– Accordi di co-marketing
con aziende di altri settori
15
Per un approfondimento, si rimanda a Della Corte, 2004, Capitolo I.
ADV
– Educational
– Fam Trip
– Lanci di brochure
– Giveaway
– Merchandising
Il tour operator
73
Il supporto dell’ADV è massimo nel primo caso, e si riduce scendendo verso le categorie inferiori.
È evidente che, a loro volta, i tour operator tendono a classificare gli agenti e i network in
funzione dei volumi di fatturato raggiunti, con l’obiettivo di ottenere la minore polverizzazione possibile della distribuzione, con una maggiore efficienza conseguente nella gestione
dei rapporti con la distribuzione (Pareto Principle18). In tale direzione, i TO utilizzano differenti sistemi di classificazione delle ADV, in funzione appunto del relativo rendimento.
In Fig. 3.7 sono indicate le valutazioni di rendimento e di produttività realizzate dai tour
operator rispetto agli agenti di viaggio.
Nella prima sezione, sono indicati i livelli di valutazione effettuati da operatori di grandi
dimensioni, nei confronti del comparto agenziale, soprattutto in termini di network. Nella
seconda sezione, si fa riferimento ai parametri generalmente adottati dai TO di dimensioni
inferiori (medio-piccole) per valutare la produttività delle agenzie (anche in termini di piccoli gruppi o network). È chiaro che, in questo secondo caso, le fasce di oscillazione della
produttività sono relative a valori molto più bassi. Tuttavia, la valutazione risulta molto più
Figura 3.7 Valutazione dell’efficienza degli agenti di viaggio
Criteri di valutazione adottati da tour operator
di dimensioni medio-grandi
Criteri di valutazione adottati da tour
operator di nicchia
Livello di
performance ADV
Descrizione
del livello
Prenotazioni
in un anno
Livello di
performance ADV
Descrizione
del livello
A
ADV con produttività
ottimale, network
100+
P
Di solito network
con elevato
numero di
prenotazioni l’anno
B
Buoni ADV
50-99
AA
ADV con almeno
12 prenotazioni l’anno
C
Discreti ADV
20-49
A
ADV con almeno
6 prenotazioni l’anno
D
ADV al di sotto
della media
6-19
B
ADV con 2
prenotazioni l’anno
E
ADV con scarsa
produttività
0-5
C
ADV con 1
prenotazione l’anno
D
ADV non in grado di
pervenire a 1
prenotazione l’anno
Z
ADV che non generano
prenotazioni e senza
potenziale
Fonte: rielaborazione ed integrazione da Holloway, 1995, p. 174 e Della Corte, 2004, p. 36
18
Il Principio di Pareto, noto anche come la regola dell’80/20, stabilisce che in ogni aspetto una piccola parte
(il 20%) è vitale, mentre la maggior parte (l’80%) è insignificante. Dal punto di vista economico ciò significa che,
ad esempio, l’80% delle vendite proviene dal 20% dei clienti, finali o intermedi come in questo caso, su cui occorre focalizzarsi. Per approfondimento si veda Rushton, Oxley, Croucher, 2000; Reed, 2001.
78
Imprese e sistemi turistici
Figura 3.8 Rapporto tra grado di soddisfazione e fedeltà
Apostolo
100
Zona di affezione
Fedeltà (mantenimento)
80
Zona di indifferenza
60
Quasi
apostolo
Zona di defezione
40
20
Terrorista
1
Molto
insoddisfatto
2
Insoddisfatto
3
Né soddisfatto
né insoddisfatto
4
Soddisfatto
5
Molto
soddisfatto
Fonte: Lovelock, 2007, p. 462
Parallelamente agli sforzi per generare customer satisfaction e retention sulla clientela
finale, non bisogna trascurare quelli realizzati sulla distribuzione: basti pensare ai premi
per le agenzie che raggiungono determinati livelli di fatturato, a particolari attenzioni e riguardi verso la clientela della specifica agenzia-cliente; ai rapporti tra il personale del TO
e quello delle agenzie di viaggio.
La conquista della fedeltà è anche generata dalla propensione al problem solving e alla capacità di recovery, ossia di intervento in caso negativo. Tale approccio è critico in
quanto deve consentire di trasformare l’elevata insoddisfazione del cliente in un recupero dello stesso (Keaveny, 1995). L’insoddisfazione riguarda generalmente problemi nel
core service (ossia trasporto o soggiorno), in termini di ritardi, scarsa attenzione alla
clientela, mancata corrispondenza tra la struttura presentata e quella ritrovata (aspetto
molto negativo che investe una non corretta attività di promozione da parte dello stesso
tour operator) o servizio inadeguato, scarsa cura e attenzione da parte del personale
delle strutture ricettive. In questi casi, la percezione sul pacchetto è fortemente compromessa, in quanto carente in una delle componenti principali. In tali situazioni, tuttavia, la
capacità di immediata sostituzione della struttura quando le lamentele risultano oggettive rispetto alle prestazioni ricevute, o il riconoscimento di un bonus per un’escursione
per sopperire a problemi di ritardi sui voli, solo per fare alcuni esempi, sono azioni che
esprimono un’adeguata capacità nel problem solving. In ogni caso, tale processo è molto
difficile in quanto, nei casi di insoddisfazione, è molto elevata la propensione al passaggio alla concorrenza. È per questo motivo che l’intervento prima che si sia concluso il
viaggio viene definito strategico, per far svoltare la curva di soddisfazione: il cliente inizialmente insoddisfatto può tornare soddisfatto dal proprio viaggio. Qualsiasi intervento
successivo per compensare i disagi ha scarsa possibilità di recupero. Nella programma-
Il tour operator
79
zione, quindi, è importante che il tour operator sia in grado di valutare tutto ciò che può
generare insoddisfazione e defezione conseguente, agendo già nella fase conclusiva.
Questo è un corretto processo di pianificazione della qualità finalizzata alla customer satisfaction e retention.
Premesso che la base della soddisfazione debba essere la qualità dei diversi servizi che
compongono l’offerta così come l’armonia degli stessi in termini di standard, ben si può
comprendere quanto la destination, il tipo di organizzazione, i servizi e le infrastrutture in
essa presenti possano di fatto compromettere o, al contrario, avvantaggiare il tour operator, contribuendo a rendere più o meno piacevole il soggiorno. È per questo motivo che, in
taluni casi, il tour operator decide di investire direttamente in alcune imprese locali delle
destinazioni promosse (ad esempio, in strutture ricettive piuttosto che nella gestione di attraction) e, in altre circostanze, di abbandonare una destination per le difficoltà riscontrate
sul territorio in termini di infrastrutture, sicurezza, servizi di base ecc. In tal senso, le destination devono realizzare un attento processo di marketing turistico e territoriale, come
sarà spiegato nel Capitolo 10.
3.8
Il processo di monitoraggio
Da quanto detto circa la qualità si può ben comprendere l’importanza fondamentale del
processo di monitoraggio della stessa e dell’intero ciclo di attività del tour operator, nella complessità delle diverse fasi. Tale processo riguarda, in particolare, gli aspetti principali della performance aziendale, indicati in Tab. 3.3: la qualità, l’efficacia, l’efficienza, la
finanza.
La qualità, come visto, rappresenta una fondamentale leva del marketing di questa categoria di imprese, come delle altre del settore turistico. Nel processo di monitoraggio,
può essere valutata in funzione del numero di lamentele valutate per periodo, di eventuali problemi legali con i clienti e può essere monitorata attraverso indagini e somministrazioni di questionari sulla customer satisfaction. La variabile finanziaria è importante in
quanto, proprio per l’elevato rischio di questa attività e per la complessità del prodotto, è
Tabella 3.3 Le principali variabili nel processo di monitoraggio di un TO
VARIABILI
PARAMETRI DI VALUTAZIONE
Qualità
Lamentele, problemi legali, questionari sulla customer satisfaction
Finanza
Livello di capitalizzazione, autofinanziamento, rapporto fonti-impieghi,
valutazione di impatto di alcuni eventi macroeconomici
Efficienza
Processo: Tempo medio di evasione delle pratiche, contatti booking /n.
di prenotazioni
Gestione: produttività del personale, efficiente distribuzione, impatto tecnologie
innovative, ROI, profitto
Efficacia sul mercato
Quota di mercato, attitudini della clientela
Strategia
Raggiungimento di aziende e perseguimento delle mission, grado di
innovazione nella gestione
Le imprese di trasporto
101
Figura 4.1 Curve di domanda e di offerta nel settore aereo
S3
Prezzi
S2
D3
P
S1
D2
D1
Q
Quantità
Fonte: Barney, 2006, p. 99
adeguato grado di copertura dell’aeromobile (load factor) e quindi di copertura dei costi
di gestione, per poi determinare i margini una volta superato il punto di equilibrio (break
even point)6.
D’altra parte, di fronte a una domanda fortemente elastica rispetto al prezzo, l’offerta
risulta completamente anelastica: l’offerta dei posti a sedere resta, infatti, la medesima a
prescindere dal traffico e dai passeggeri (Fig. 4.1).
L’incremento di capacità avviene «per salti», con l’acquisizione di un nuovo aeromobile,
le cui dimensioni sono predefinite a seconda se si tratti di traffico di short, medium o long
distance, senza possibilità di incremento graduale dell’ampiezza della struttura (come avviene, invece, per le imprese di ristorazione e per quelle alberghiere). Inoltre, gli investimenti richiesti sono di elevata entità, rendendo spesso complessa la situazione finanziaria
delle imprese. La struttura dei costi di una compagnia aerea è caratterizzata da una forte incidenza dei costi fissi e da un elevato grado di leva operativa. Il problema, soprattutto per
alcune rotte, è in primo luogo il raggiungimento del punto di pareggio (break even point): la
maggior parte delle imprese del settore presenta risultati di performance negativi o comunque insoddisfacenti. Gli elevati costi fissi (tra cui quelli necessari all’acquisizione di slot
[spazi] aeroportuali, ossia di spazi dedicati ai propri aeromobili all’interno delle aree aeroportuali) ed i sunk cost (costi affondati, ossia non recuperabili una volta sostenuti se non si
generano adeguati ricavi, come nel caso delle spese di pubblicità), che si tramutano in una
perdita netta in caso di mancata copertura della capacità ricettiva dell’aeromobile, fanno sì
che nel settore esista una cutthroat competition: le compagnie preferiscono vendere i posti a
sedere sugli aeromobili praticando prezzi anche inferiori al costo medio.
Esistono, tuttavia, significative differenze nella scelta dei percorsi strategici e delle politiche di marketing, a seconda del modello di business prevalente: full cost e low cost.
6
Come noto, quest’ultimo è dato dalla differenza tra i ricavi di vendita e i costi totali e rappresenta quindi il
livello di vendita, corrispondente a profitti nulli, in cui l’azienda riesce a coprire i costi totali (costi fissi più costi
variabili). Superato tale livello, l’impresa passa dall’area delle perdite all’area dei profitti. Per un approfondimento, si veda Sciarelli S., 2008.
104
Imprese e sistemi turistici
Figura 4.2 Catena del valore di una compagnia aerea
Amministrazione e Finanza
Attività
di supporto
Ma
Gestione Risorse Umane
rgi
ne
Innovazione
Information & Communication Technology
Acquisizioni
e gestione
rapporti
con i
fornitori
Marketing
e vendite
Attività
operative
di erogazione
Attività
post-vendita
per
fidelizzazione
e
in
M
g
ar
Attività Primarie
4.4.1 Full cost
Come evidenziato, le compagnie aeree tradizionali di bandiera sono anche denominate full
cost per distinguerle dalle compagnie low cost. La logica di business, rispetto alla mission
iniziale (compagnie di stato con monopolio), è mutata sensibilmente nel tempo. Oggi le
compagnie full cost realizzano collegamenti sia all’interno del proprio stato che a livello internazionale, anche attraverso il sistema del networking. Per tale motivo, sono generalmente indicate come network carrier.
L’aspetto che maggiormente le distingue da un low cost carrier è la capillarità dei collegamenti: tutte le destinazioni domestiche sono raggiunte dalla compagnia di bandiera, anche se attraverso il ricorso al sistema hub and spoke già sul territorio nazionale. Questo,
inevitabilmente, genera un allungamento complessivo della durata del volo per chi deve
raggiungere una destinazione sul territorio nazionale, fermandosi nello scalo hub della
compagnia (cfr. Paragrafo 4.5.1).
Passando ad analizzare più in dettaglio le caratteristiche di una compagnia full cost,
emerge la situazione illustrata in Fig. 4.3.
Come si evince dalla figura, le compagnie full cost hanno un concept imperniato su un
servizio di trasporto ramificato (con voli domestici, internazionali e intercontinentali), variegato (in termini di destinazioni raggiunte) e di «maggiore qualità e sicurezza», sebbene
quest’ultimo aspetto, nella pratica, non sempre rappresenti un effettivo fattore di differenziazione rispetto alle compagnie low fare (a tariffe basse) o low cost. L’approccio nella gestione è di tipo globale, con l’obiettivo di collegare il paese di cui si è compagnia di bandiera con il resto del mondo, anche attraverso alleanze con altre full cost. La compagnia full
cost, quindi, letteralmente detta «a costo pieno», basa il proprio business sul concetto di un
trasporto rispetto al quale esiste una differenziazione nei posti a sedere, nelle tariffe, nei
servizi rivolti ai diversi target di utenza e nei collegamenti attraverso i principali aeroporti
(hub) delle destinazioni di partenza e di arrivo.
Questa tipologia di impresa si rivolge sia al segmento business, che necessita di certezza
nei collegamenti, nella frequenza dei voli (possibilità di usufruire di voli quotidiani), con
una serie di servizi dedicati, sia al segmento leisure, definito però high yield, ossia ad alto
margine, nel senso che si tratta di un segmento medio-alto, che preferisce viaggiare con
maggiori comfort, pur pagando un prezzo più elevato per il volo. Ciò, tuttavia, vale soprat-
Le imprese di trasporto
105
Figura 4.3 Le principali caratteristiche gestionali di una compagnia full cost
Concept e modello di gestione
Target di riferimento
Sistema di rotte e logistica
Operations
Human Resources Management
Marketing
Gestione rapporti di filiera/
accordi di collaborazione
• Elevato numero di collegamenti giornalieri verso un ampio numero
di destinazioni;
• Approccio globale attraverso le connessioni in network;
• Differenziazione dei posti a sedere e delle relative tariffe;
• Inserimento di servizi dedicati in aeroporto per i diversi segmenti
di mercato;
• Maggiore complessità nella gestione dei rapporti con gli aeroporti
(in particolare gli hub).
• Segmento business;
• Segmento leisure.
• Scelta aeroporti principali;
• Adozione del sistema hub & spoke.
• Scelta prevalente su diversi modelli di aeromobili, a seconda dei
collegamenti;
• Utilizzo quotidiano (daily utilization) della flotta intenso e complesso;
• Co-gestione di alcuni aspetti logistici per i voli in collegamento
con gli operating carrier.
•
•
•
•
Sistemi gerarchici;
Rigidità nei ruoli dei dipendenti;
Strutture organizzative complesse, di grandi dimensioni;
Sistema retributivo prevalentemente fisso.
• Prodotto più differenziato;
• Maggiore differenziazione del servizio;
• Utilizzo di Revenue Management System, ma con crescente ricorso
all’advanced booking;
• Prezzi differenziati;
• Enfasi sui voli andata/ritorno;
• Aggancio ad altri attori della filiera per una maggiore fidelizzazione;
• Sistemi di customer care, in particolare per clienti importanti;
• Multicanalità nella distribuzione;
• Utilizzo di Customer Relationship Management.
• Sviluppo di accordi orizzontali con altre compagnie (global network);
• Outsourcing prevalente di flight operations.
tutto per il segmento business e per quello leisure che desidera effettuare viaggi long distance10. Dal punto di visto logistico e della mappatura, i network carrier operano sugli aeroporti principali (hub) e ricorrono a un sistema di collegamento tra gli scali definito hub
10
Recenti studi (Ernst & Young, York Aviation, giugno 2007) evidenziano che per le compagnie full cost il
grado di elasticità della domanda rispetto al prezzo è pari a -0,8 per il segmento business, a -1 per il leisure sulla
long distance e -1,5 sulla short distance, a fronte di un grado di elasticità dell’utenza delle compagnie low cost pari, in generale, a -1,5. Ciò significa che, a fronte di un aumento del prezzo del 10%, si assiste a un calo della domanda nella misura del 15%.
108
Imprese e sistemi turistici
Figura 4.4 Le principali caratteristiche della gestione di una compagnia low cost
Concept e modello di gestione
Target di riferimento
Sistema di rotte e logistica
Operations
Human Resource Management
Marketing
Gestione rapporti di filiera/
accordi di collaborazione
• Semplicità ed essenzialità del servizio offerto (no frills);
• Ridotto numero di collegamenti, con diverso livello di frequenze dei
voli e verso un contenuto numero di destinazioni;
• Focalizzazione su mercati domestici.
• Segmento leisure di massa (low yield );
• Approccio anche al segmento business.
• Scelta di aeroporti secondari;
• Adozione del sistema point to point.
• Scelta prevalente su di un singolo modello di aeromobile, con più
di 100 posti a sedere (ad esempio, il Boeing 737 di Easyjet presenta
148 posti e l’Airbus 320);
• Utilizzo della flotta più intenso ed efficiente;
• Adozione di strategie di fuel hedging.
• Flessibilità dei ruoli dei dipendenti;
• Commisurazione di parte dei compensi alle vendite dei servizi
«aggiunti»;
• Lean management nell’amministrazione.
•
•
•
•
•
•
Eliminazione dei pasti gratuiti durante il volo;
Esemplificazione del sistema di tariffe;
Sovrapprezzo per i bagagli a mano in overhedge;
Variabilità dei prezzi rispetto alla data di partenza;
Advanced booking;
Realizzazione di sforzi promozionali via web e attraverso altri canali
di distribuzione;
• Disintermediazione nella distribuzione.
• Sviluppo di accordi verticali con altri attori della filiera turistica
e con gli aeroporti;
• Outsourcing prevalente di servizi differenti dalle flight operations.
In conseguenza del sistema point to point, l’utilizzo della flotta risulta più intenso ed efficiente17, attraverso soste limitate negli aeroporti (il tournaround tra due voli, generalmente, non supera i 25 minuti) e voli piuttosto brevi18. Inoltre, nelle operation sono adottate strategie di fuel hedging, ovvero l’acquisto di grandi scorte di carburante per evitare di
doversi rifornire in momenti in cui i prezzi sono alti.
Nella gestione del personale, tra le compagnie low cost si opta generalmente per sistemi
flessibili nella definizione dei compensi e nei meccanismi di assunzione delle unità (hostess e stewart svolgono più attività, dedicandosi ad esempio al ricevimento passeggeri al
gate d’imbarco e talvolta anche alla realizzazione della pulizia sull’aeromobile). I sistemi
17
Così, ad esempio, Easyjet vola mediamente 10,7 ore al giorno e British Airways circa 7,1 ore.
Non va trascurato l’attuale processo di sviluppo di compagnie low fare anche nei collegamenti intercontinentali diretti (ad esempio, Eurofly, che collega la città di Napoli a New York).
18
112
Imprese e sistemi turistici
4.5.1 I sistemi hub and spoke e point to point
Il sistema hub and spoke, generalmente utilizzato dalla compagnie full cost, prevede la convergenza di più voli su un grande hub aeroportuale, da cui si dipartono a raggiera i collegamenti verso specifiche località (Fig. 4.5). Implica, quindi, che una compagnia domini un hub,
fornendo la maggioranza dei voli da e per quella specifica destinazione. Il sistema favorisce
il configurarsi di situazioni di oligopolio di mercato, conseguentemente alle decisioni, da
parte delle compagnie aeree, di investire in un aeroporto nazionale e internazionale, per
poi sviluppare i singoli collegamenti. Compagnie concorrenti, in tal senso, tendono poi a
differenziare le scelta degli hub, creando una «mappatura» geografica dei collegamenti secondo la quale ciascuna di esse prevale su determinate rotte.
Questa strategia richiede la realizzazione di ingenti investimenti, motivo per il quale
rappresenta un’alternativa per le compagnie aeree full cost, ma non per le low cost. I principali vantaggi di questo sistema, sono:
1. ai passeggeri è offerta una più ampia gamma di voli con maggiori coincidenze: il numero di destinazioni raggiungibili si estende a raggiera, considerando che viene superato il
vincolo del collegamento diretto;
2. le compagnie aeree ottengono una notevole riduzione dei costi e un più alto tasso di
riempimento degli aerei, grazie all’attività di feederaggio svolta dai collegamenti a breve e medio raggio: è chiaro che se sul volo verso la destinazione x sono convogliati i passeggeri provenienti dalle località y e z, ad esempio, aumenta il numero di passeggeri sul
volo per la destinazione x, con un conseguente più elevato loading factor (tasso di riempimento dell’aeromobile);
3. può comportare, di conseguenza, una significativa differenziazione dei prodotti, in funzione delle scelte dell’hub e delle destinazioni servite. Se due compagnie full cost effettuano investimenti in località diverse, inevitabilmente riducono la concorrenza diretta
e creano una certa specializzazione nel servire, in particolare, alcune destinazioni;
4. può rendere più facile la previsione della domanda aerea, anche nel rapporto tra piccole località e destinazioni principali: ciò consente alle compagnie di ridurre il rischio di
invenduto e le problematiche sopra esposte della cuttrhoat competition.
Figura 4.5 Il confronto tra il sistema point to point e il sistema hub and spoke
point to point
• Tipico delle compagnie aeree piccole o low cost;
• Collegano destinazioni da punto a punto
senza fruire di centri di smistamento;
• Hanno un numero di tratte ridotte;
• Il cliente prende un unico aereo per andare da A a B.
hub and spoke
• Tipico delle grandi compagnie aeree;
• Hanno uno o più aeroporti di smistamento
(hub) su cui convogliano il traffico e lo reindirizzano
verso le destinazioni periferiche;
• Vantaggi per l’aerolinea: maggior numero di
destinazioni servite;
• Implicazioni per il cliente: deve prendere due
aeroplani per andare da A a B.
114
Imprese e sistemi turistici
1. che il prodotto da vendere non sia conservabile o immagazzinabile: come detto, il prodotto «trasporto aereo» è immateriale, assolutamente non immagazzinabile; ciò lo rende più rischioso in quanto la mancata copertura dei posti a sedere rappresenta una perdita netta per l’azienda. Per tale motivo l’elaborazione di modelli di previsione appare
molto importante nell’attività di trasporto aereo;
2. che l’offerta sia rigida rispetto alla domanda del mercato: si è evidenziato, infatti, che l’incremento di offerta, in tale comparto, appare particolarmente complesso, in quanto non
può risultare progressivo ma è caratterizzato da «salti quantici» (ossia incrementi per
aeromobili), con notevoli, bruschi incrementi di capacità di carico; a fronte dell’offerta
rigida, la domanda deve essere analizzata nelle sue componenti, al fine di orientare meglio le proposte da inserire sul mercato;
3. che la domanda non sia totalmente prevedibile e, comunque, soggetta all’influenza di diversi fattori esterni. Tale analisi si basa sull’andamento storico dei flussi in medesimi periodi negli anni precedenti: non è quindi in grado di prevedere variazioni per eventi
straordinari; in tal senso, è importante verificare sempre, per una reale efficacia del sistema, la presenza di eventi/manifestazioni importanti rispetto a una destinazione servita,
che potrebbe far variare in modo consistente l’andamento del traffico in taluni momenti
o periodi.
Le soluzioni proposte dallo Yield Management, quindi, riguardano essenzialmente le
azioni sulla domanda e, quindi, sui ricavi di vendita conseguiti (Fig. 4.6). Le alternative sono essenzialmente due:
1. aumentare la capacità di carico degli aeromobili (load factor), praticando tariffe speciali o ridotte per assicurarsi la copertura del break even point (ossia il punto di pareggio,
in corrispondenza del quale i ricavi eguagliano i costi);
2. cercare di aumentare il valore medio per passeggero, tentando di massimizzare il ricavo
medio per passeggero, aumentando le tariffe e selezionando il traffico.
Figura 4.6 Meccanismi di funzionamento dell’Yield Management
Riducendo le tariffe
LOAD FACTOR
(Coefficiente
di riempimento)
Aumentando il traffico
(senza Yield Management)
Offrendo maggiori posti
alle tariffe basse
Aumentando le tariffe
Aumentando il valore unitario
per passeggero trasportato
(con Yield Management)
Riducendo i posti offerti
alle classi basse così
da «selezionare» il traffico,
prediligendo quello
ad alto ricavo
RICAVO MEDIO
(Per passeggero
trasportato)
116
Imprese e sistemi turistici
nopolistico rispetto ai servizi, che ha inizialmente permesso di coinvolgerle nella discriminazione delle dinamiche di prezzo nella forma dell’Yield Management.
Attualmente questa capacità di influenzare l’yield è in declino da quando internet ha ridotto la possibilità ai vettori di controllare le tariffe, da quando le compagnie low cost hanno
assunto il modello point to point, appannando il sistema hub and spoke dei full fare carrier e
da quando un più elevato load factor e un più economico sistema di ticketing hanno diminuito l’attrattività dei frequent flyer programs (Button et alii, 2005). Infatti, sebbene quest’ultima iniziativa possa essere considerata un buon esempio di marketing relazionale, attraverso
l’implementazione di partnership tra i principali attori della filiera turistica29, molti studi dimostrano che raramente i programmi di fidelizzazione rappresentano reali motivazioni di
scelta di un vettore aereo rispetto a un concorrente (tra gli altri, Mason, Barker, 1996).
Esiste una difficoltà notevole nel definire un modello formale per la determinazione
delle tariffe, in quanto la dimensione delle discriminanti è notevole30, oltre alla presenza di
servizi singoli che sono venduti a un prezzo stabilito, unitamente o indipendentemente dal
volo stesso, come nel caso del transfer da e per l’aeroporto.
In tal senso, una prima macroclassificazione, adottata dai sistemi internazionali, è indicata in Tab. 4.1.
Le tariffe piene presentano, ovviamente, un inferiore numero di vincoli; il passeggero è
libero di cambiare vettore, di utilizzare il biglietto in qualsiasi momento (in genere entro
l’arco di un anno dall’emissione) ed eventualmente di chiederne il rimborso; variano, inoltre, a seconda delle classi e, non essendo soggette ad alcuna restrizione, sono le più flessibili perché permettono di cambiare la prenotazione anche tra linee aeree diverse, hanno validità annuale e possono essere rimborsate se non utilizzate. Il costo è ovviamente pari ai
vantaggi che consente e sono disponibili per le tre differenti classi di servizio (first, business, economy o turistica).
Le tariffe speciali (escursionistiche, pex, superpex, escursionistica ecc.) sono soggette ad
alcune restrizioni in funzione del tempo di permanenza nella destinazione e/o dei tempi di
acquisto del biglietto rispetto alla partenza, risultando tanto più basse (possono essere
scontate anche del 30 o del 50% rispetto alle tariffe piene) quanto maggiori sono le limitazioni che impongono31.
Tabella 4.1 Principali tipologie di tariffe aeree
Tariffe piene
Più elevate con massima flessibilità.
Tariffe speciali
Maggiori restrizioni (in funzione di tempi di permanenza e di acquisto) a fronte
di una maggiore convenienza economica.
Tariffe scontate
Riduzioni legate a particolari caratteristiche anagrafiche del passeggero
(infant, child, over 60).
29
Infatti, le compagnie aeree recentemente tendono a includere nei propri programmi frequent flyer non solo altre aerolinee, consolidando la tendenza alla creazione di accordi interaziendali, ma anche con altri operatori, turistici e non, quali car rental, hotel e gestori di carte di credito.
30
Basti pensare, ad esempio, alla data di prenotazione, al tempo di percorrenza del volo, al periodo di permanenza nella destinazione raggiunta attraverso il volo e se questo includa o meno il fine settimana, e molto altro ancora.
31
In particolare, appartengono a questa categoria le pex, tariffe scontate soggette ad alcune limitazioni (si
deve passare la notte del sabato nella località di destinazione, il ritorno va effettuato entro tre mesi; la prenotazione non può essere modificata); le superpex (con gli stessi vincoli delle pex ma con validità ridotta
Le imprese di trasporto
119
Figura 4.7 Mappa concettuale del processo strategico di cooperazione interaziendale tra vettori
Driver interni
• Condivisione del rischio;
• Economie di scala,
di scopo
e di apprendimento;
• Accesso a nuovi mercati;
• Allargamento rotte.
Sviluppo esterno
• Maggiore controllo
del mercato;
• Copertura della
capacità di carico;
• Aumento delle rotte
(code sharing);
• Accordi di marketing.
Driver esterni
• Diffusione delle
tecnologie;
• Globalizzazione.
Fusioni e acquisizioni
• Fusione con altri vettori;
• Acquisto di altri vettori;
• Essere acquisiti
da altri vettori.
Alleanze di
tipo equity
Alleanze di
tipo non equity
Scelta del partner
• Capacità;
• Compatibilità dei
sistemi operativi;
• Diffusione
geografica;
• Condivisione
di attività.
Possibili
strutture
delle alleanze
strategiche
Marketing:
• Code sharing;
• Reciprocità
dei frequent flyer;
• Promozione
integrata.
GDS/CRS:
• Integrato;
• Condiviso.
Equipaggiamento/
manutenzione:
• Condiviso.
Logistica:
• Uffici/terminal
comuni.
Feedback
Analisi delle performance dell’azienda in termini di miglioramento organizzativo e di apprendimento
Fonte: elaborazione da Evans, 2001
Una prima strada, generalmente intrapresa dalle imprese del comparto, è quella del
code sharing: si tratta di un accordo tra due vettori in base al quale un determinato volo è
effettuato con gli aeromobili di uno dei due contraenti (c.d. operating carrier), ma promosso e venduto anche dalla compagnia partner (marketing carrier) ed è contraddistinto
da marchio, codice IATA35 e numero di volo da entrambe le compagnie. Oltre al sistema
di code sharing, esistono numerose altre opzioni di accordi di collaborazione, che non risultano necessariamente finalizzate a scopi di collusione e che offrono una serie di vantaggi, sia rispetto alla domanda che all’offerta (Tab. 4.2).
Il ricorso alle alleanze è legato anche all’impossibilità, da parte delle compagnie aeree,
di acquisire imprese operanti in paesi diversi, per effetto delle elevate barriere. Di qui il
meccanismo degli swap tra gli slot (ossia gli spazi acquisiti negli scali aeroportuali per i
propri aerei)36. In ogni caso, le alleanze hanno comportato una serie di vantaggi per la domanda. Primo fra tutti, il proliferare di voli e di destinazioni servite. L’articolazione dei voli si traduce, inevitabilmente, in una maggiore varietà di tariffe praticate, per diversi seg-
del settore (Donne, 1995). Proprio l’istituzione di questi due organismi ha determinato la nascita di una cooperazione tra aerolinee a livello globale e a livello di singole rotte per un obiettivo di maggiore efficienza ed efficacia
(Civil Aviation Authority, 1995).
35
Il codice aeroportuale IATA è un codice alfabetico a tre lettere utilizzato per designare numerosi aeroporti
in tutto il mondo. È, appunto, definito dall’International Air Transport Association (IATA). I codici aeroportuali
IATA vengono pubblicati ogni tre anni sulla IATA Airline Coding Directory. L’assegnazione di questi codici è governata dalla risoluzione 767 della IATA, e viene amministrata dal quartier generale della IATA a Montréal. La
IATA fornisce inoltre dei codici per le stazioni ferroviarie e per le compagnie di gestione degli aeroporti.
36
Ciò è avvenuto, nella metà degli anni Novanta, tra Lufthansa e United Airlines: la prima fornisce l’accesso
ai propri slot per uso transatlantico; la seconda, in cambio, dai suoi scali di Washington e Chicago offre ai passeggeri Lufthansa collegamenti con altre 20 città statunitensi, oltre alla possibilità di collegamento Heathrow – Chicago (Bordoni, 2007, p. 104).
120
Imprese e sistemi turistici
Tabella 4.2 I principali vantaggi generati dal sistema di alleanze
Domanda
Offerta
Più voli e più destinazioni: una rete aerea molto estesa.
Raggiungimento di una massa critica superiore.
Più tariffe: un’ampia scelta di tariffe per un maggior
numero di destinazioni.
Superamento di alcune rigidità strutturali.
Collegamenti facili: grazie all’estesa rete hub,
prendere una coincidenza diventa più semplice.
Rafforzamento del posizionamento competitivo.
Check in unico e veloce: una sola procedura
di accettazione per i voli con coincidenze nell’ambito
della rete dell’alleanza.
Maggiore potere contrattuale con la compagnia
aeroportuale per l’ottenimento di slot e spazi nei
terminal.
Accesso a più target di mercato.
Maggiore diffusione territoriale.
Più miglia da accumulare: per i soci dei programmi
frequent flyer tutti i voli con partner dell’alleanza
consentono di guadagnare miglia convertibili in premi
e vantaggi esclusivi offerti da tutti i partner.
Controllo più esteso dei canali distributivi (GDS,
CRS, internet).
menti di utenza. Inoltre, si è sviluppata, negli ultimi anni, una generale differenziazione
dell’offerta per target servito e tipologia di prodotto (basti pensare all’incremento del segmento low cost rispetto al volo di linea), che ha comportato l’ampliamento del mercato
servito, raggiungendo anche segmenti di utenza che, in precedenza, non rappresentavano
utenti di questa tipologia di trasporto.
4.6
Il business aeroportuale
Nati con una funzione di «pubblica utilità», gli aeroporti si sono progressivamente sviluppati in ottica di business, quali attività commerciali in grado di generare profitti.
Gli aeroporti rappresentano un attore fondamentale della filiera del comparto aereo
e, quindi, di quella turistica, in grado di attivare i collegamenti aerei di una destinazione,
agendo sull’Access (ossia l’accessibilità/raggiungibilità) delle 6 A di una destination. Di
qui la strategicità del loro ruolo rispetto agli investimenti delle compagnie. Ovviamente,
l’attrattività stessa di un aeroporto è legata, a sua volta, all’attrattività complessiva delle
destination.
Lo sviluppo del traffico aereo di questi anni e il processo di liberalizzazione in atto hanno determinato un peso crescente degli aeroporti, i quali però sono stati chiamati subito a
operare in un regime di strategicità, sulla base di logiche manageriali e rispetto ai canoni
tipici della concorrenza, per di più su scala globale. Basti pensare al consolidamento delle
compagnie full cost e alla rapida crescita di quelle low cost, ai processi di privatizzazione
con conseguente inserimento di logiche di gestione improntate al profitto, alla liberalizzazione non disciplinata degli aeroporti, accompagnata dalla sempre più accesa competizio-
122
Imprese e sistemi turistici
Figura 4.8 Modelli di business sostenibili*
Importanza molto elevata
Nessuna importanza
Driver chiave
per la crescita
futura:
Network
intercont.
Hub primario
dell’aeroporto
Hub
secondario
dell’aeroporto
Principale
aeroporto
O&D
– Copenhagen
– Vienna
– Londra, Glasgow
– Oslo
– Roma Fiumicino/
Leonardo da Vinci
– Barcellona
– Manchester
– Dusseldorf
Base
low cost
Aeroporto
destinazione
leisure
– Londra Stansted
– Colonia
– Dublino
– Frank Hann
– Palma
– Antalya
– Malaya
– Venezia
Network
secondario
Low cost
Viaggio per
leisure
Aeroporti
rappresentativi
– Francoforte
– Cedar City, Utah
– Charles De Gaulle
– Amsterdam
– London Heathrow
* Un aggiuntivo rilevante business plan design non relativo al traffico passeggeri è l’Express/Cargo hub come e.g. Anchorage o
Memphis. Spesso gli hub primari (e.g. FRA) per i passeggeri servono anche hub Express/Cargo.
Fonte: elaborazione da Mercer mgmt consulting, 2006
La posizione di vantaggio dell’aeroporto è l’ubicazione in relazione alla relativa catchment area (bacino di attrazione di utenza), nel senso che, mentre le compagnie aeree sono
maggiormente esposte al processo di scelta e di selezione da parte dell’utenza, l’aeroporto
su cui transitare è, per lo più, un passaggio obbligato. È chiaro, però, che si tratta di decisioni complesse, in cui interagiscono più attori e in cui le scelte strategiche e, di conseguenza,
geografiche delle compagnie incidono a loro volta anche sul destino degli scali aeroportuali. Il punto è che questi ultimi riescono ancora a rappresentare maggiormente un vincolo, data la scarsità degli stessi rispetto alla crescita complessiva del comparto aereo. Ciò ha,
di fatto, incentivato lo sviluppo di strategie anche a livello di scali aeroportuali, al punto da
spronare quelli di minori dimensioni a sussidiare, in parte, le compagnie aeree, pur di essere prescelti come scali di riferimento38.
Già da queste indicazioni, emerge come, in realtà, gli aeroporti rappresentino, oggi, delle
strutture imprenditoriali a tutti gli effetti, chiamate a elaborare strategie di sviluppo che risultano determinanti anche per il futuro della destinazione in cui sono ubicati. Tale tendenza mostra con crescente evidenza la logica manageriale nella gestione delle diverse attività.
38
È questa la politica praticata da alcune compagnie aeree, prima fra tutte la Ryanair, come confermato da
diverse dichiarazioni del CEO O’Leary. Per un approfondimento si veda A.B., giugno 2008, Ryanair passes Go
in Europe.
124
Imprese e sistemi turistici
Figura 4.9 L’evoluzione dei rapporti aeroporto-aerolinea
RELAZIONE AEROPORTO-AEROLINEA: MODELLO TRADIZIONALE
Aeroporto
Vettore
Passeggero
RELAZIONE AEROPORTO-AEROLINEA: MODELLO COMMERCIALE
Aeroporto
Vettore
Concessionario
Affittuario
Visitatore
Passeggero
Fonte: Graham, Humphreys, Ison, 2004
raoke, da una piscina e da un centro benessere al fine di incrementare la customer satisfaction dei clienti in transito (Kim, Shin, 2001). In tal senso, il centro commerciale degli
aeroporti è una specifica combinazione di elementi tradizionali e innovativi, commerciali e di entertainment, che possono stimolare motivazioni più complesse rispetto a quelle
che si potevano avere in un contesto aeroportuale qualche tempo fa. I viaggiatori, allora,
possono essere stimolati all’acquisto da sollecitazioni specifiche generate dall’aeroporto
(acquisti d’impulso), con possibilità di pagamento anche in valuta diversa da quella della destinazione in cui lo scalo è ubicato, con assistenza da parte di personale multilingua
e un’atmosfera improntata contestualmente al relax e all’intrattenimento.
Un fattore critico è, indubbiamente, la realizzazione di marketing territoriale, mediante
l’attrazione degli investimenti delle compagnie e l’avvio di accordi, alleanze e partnership
con altri aeroporti, secondo un preciso disegno strategico.
Rispetto a tali elementi strategici, per una competitiva gestione dell’attività aeroportuale, su cui gioca la relativa capacità di adoperare risorse strategiche in grado di generare
vantaggio competitivo sostenibile, si assiste a configurazioni di catena del valore, che vedono una serie di attività trasversali, di supporto, come: la gestione delle risorse umane, la
finanza, l’ufficio legale, la security, il facility management. Vi sono poi alcune attività che richiedono anche una maggiore specializzazione in termini organizzativi e precisamente:
1. l’attività di aviazione in senso stretto, che riguarda le operazioni di volo e di slot e la gestione dei terminal; in quest’attività, il concetto critico e strategico al contempo è quello
di slot. Tecnicamente, lo slot indica il periodo di tempo entro il quale un aeromobile ha il
permesso al decollo e ha la durata di 15 minuti. Tale autorizzazione al decollo è regolamentata dalla torre di controllo in base a una precisa temporizzazione39. In tal senso, lo
39
Complessivamente, il tempo di slot, indicato con la sigla EOBT (Estimated Off Block Time), infatti, inizia
cinque minuti prima e termina dieci minuti dopo il tempo stabilito: un aeromobile che deve decollare alle ore
18.00, ad esempio, ha l’autorizzazione al decollo dalle 17.55 alle 18.10.
126
Imprese e sistemi turistici
Figura 4.10 Posizionamento strategico business design vincente
Posizionamento strategico
business design vincente
1.
Spesa prudente
del capitale:
• Ottimizzare
la capacità di
utilizzare prima
dei nuovi
investimenti
nelle infrastrutture;
• Capacità di
espansione
sequenziale;
• ROI come
prioritario criterio
decisionale;
• Redditività
che domina
sulla bellezza.
2.
Management
rigoroso dei costi:
• Tariffe marketoriented/schemi
di compensazione;
• Regole di lavoro
flessibili/
spiegamento
dei lavoratori;
• Riduzione delle
spese addizionali;
• Outsourcing.
3.
Organizzazione
incentrata
sul business:
• Struttura
organizzativa
snella/trasparente;
• Responsabilità
P/L;
• Sistemi
di management
cooperativi
adeguati;
• Spin-off, vendita
o outsourcing
del business
non strategico.
4.
Espansione
non-aviation:
• Aviazione
e non-aviation
su uguale posizione;
• Ampliare la base
dei clienti oltre
i viaggiatori degli
aeroporti;
• Management
del business park
dell’aeroporto.
5.
Partnering/
Cooperazione
con le autolinee:
• Modelli di
incentivi/divisione
del rischio;
• Processi integrati
(Pax Cargo);
• Partecipazione
finanziaria.
Fattori chiave del successo:
• Creazione di crescita remunerativa, prerequisito per tutti gli aeroporti;
• Particolari caratteristiche da adeguare verso uno specifico posizionamento strategico.
maggiore flessibilità operativa; un forte orientamento al business, prevedendo un maggiore controllo delle attività core, su cui si concentrano maggiormente le risorse strategiche ed esternalizzando (outsourcing) quelle meno rilevanti; l’espansione delle attività
non-aviation, che possono risultare molto redditizie, e l’avvio di accordi di partnership e
collaborazione sia con le aerolinee che con gli scali strategici, per entrare nei principali
circuiti di movimentazione turistica.
Il management degli aeroporti tende, quindi, a divenire sempre più complesso ma assume, indiscutibilmente, rispetto alla destination, un ruolo strategico e decisivo circa le opportunità di sviluppo attuali e prospettiche del territorio. In tale ottica, è opportuno inquadrare le tendenze delle compagnie aeree a investire negli scali aeroportuali, così come sta
accadendo da parte delle imprese crocieristiche rispetto alle strutture portuali.
Le imprese ricettive
135
Figura 5.1 Modello dei cerchi concentrici applicato al prodotto alberghiero
Coinvolgimento
Libertà di scelta
Ospitalità
– Customer retention
– Scelta delle componenti di servizio
finalizzata a migliorare la customer
satisfaction e retention (CRM)
– Professionalità
– Atmosfera
– Problem solving
Servizi
–
–
–
–
–
–
–
Reception
Housekeeping
Facchinaggio
Lavanderia e stireria
Food and beverage
Amministrazione
Manutenzione
Physical plant
–
–
–
–
Edificio
Camere (alloggio)
Altre infrastrutture
Ubicazione
Fonte: elaborazione da Smith, 1994
ra, sia a livello di front office che di back office: reception, housekeeping, facchinaggio, lavanderia e stireria, food and beverage, amministrazione e manutenzione ecc.
Considerando l’importanza dei fattori immateriali, l’ospitalità dipende dall’atmosfera
che si «vive» in albergo e dalla professionalità con cui i dipendenti della struttura accolgono il cliente e ne soddisfano le esigenze, superando eventuali criticità. Dall’analisi di questi
fattori, appare evidente che quantificare l’ospitalità risulta più complesso e soggettivo. Solitamente, nelle strutture alberghiere la valutazione di questo aspetto intangibile avviene
attraverso i mystery guest, esperti del settore, che visitano in versione anonima l’albergo.
Per libertà di scelta si intendono tutte quelle caratteristiche finalizzate a personalizzare il
servizio, consentendo un’ampia varietà di scelta al consumatore. Tale componente è collegata sia all’ampiezza della gamma di prodotti/servizi offerti (soggiorno con prima colazione/mezza pensione/pensione completa – camere fumatori/non fumatori – altri servizi offerti), sia alla flessibilità che l’impresa dimostra nel soddisfare la varietà e la variabilità
delle esigenze della clientela (centro benessere, luoghi di intrattenimento ecc.). In tal senso, il cliente deve «sentirsi libero» di scegliere se acquistare o meno un determinato servizio, anche in termini di cambiamenti spontanei di un determinato programma. L’abilità
del management consiste nell’agevolare la personalizzazione dell’offerta e nel far sentire
il turista parte attiva del processo decisionale di scelta del prodotto alberghiero, al fine di
generare la massima soddisfazione (customer satisfaction).
Infine, questa partecipazione attiva consente un più ampio grado di coinvolgimento. Il
turista può dosare i diversi servizi che compongono il prodotto alberghiero a seconda delle
proprie esigenze, divenendo parte attiva nel processo di produzione e dando l’opportunità
all’impresa di personalizzare il servizio. In tal senso, il turista che sente di essere «considerato» o addirittura «coccolato» è incentivato a ripetere l’esperienza vissuta e, dunque, a ritornare nella struttura alberghiera (fidelizzazione o customer retention).
136
Imprese e sistemi turistici
Smith sostiene che un’ottimale combinazione tra physical plant, servizi, ospitalità e libertà di scelta rappresenta la base per consentire la partecipazione del cliente al processo
di «costruzione» del prodotto turistico. Dunque, il prodotto turistico alberghiero è il risultato della combinazione dei cinque elementi presenti nel modello ed è influenzato da come questi sono programmati e integrati sinergicamente, al fine di soddisfare i bisogni del
turista e massimizzare la customer retention.
5.2
I principali criteri di classificazione
La classificazione e sistematizzazione delle imprese alberghiere risulta complessa, a causa
della varietà e della disomogeneità relativa ai tratti caratteristici delle aziende del comparto (Madonna, 2001). Prima di affrontare i diversi criteri di classificazione, bisogna chiarire
la differenza tra impresa alberghiera e albergo. Quest’ultimo, infatti, rappresenta l’unità
produttiva o una delle unità produttive di cui dispone l’impresa alberghiera stessa. Ciò,
ovviamente, non esclude che queste due entità possano coincidere (caso di imprese single
unit). Al contempo, questa precisazione richiama una prima distinzione, quella tra imprese
alberghiere single unit (con un albergo singolo) e imprese alberghiere multiunit (con più
alberghi). Tale differenza risulta importante poiché, se è possibile applicare dei sistemi di
classificazione per l’una e per l’altra categoria, i criteri che si utilizzano per le imprese single unit sono validi anche per i singoli alberghi delle imprese multiunit.
I principali parametri di classificazione delle imprese alberghiere single unit sono (Della Corte, 2000, 2004): i business/comparti turistici a cui l’impresa si rivolge, l’ubicazione, la
dimensione, la continuità nell’anno, la durata media del soggiorno, il livello qualitativo
(grading), il rapporto proprietà/gestione e la tipologia di gestione (Fig. 5.2).
Figura 5.2 Principali criteri di classificazione delle imprese alberghiere single unit
Business/comparti turistici
Ubicazione
Dimensione
Continuità nell’anno
Durata media del soggiorno
Grading
Relazione proprietà e gestione
Tipologie di gestione
Fonte: elaborazione da Della Corte, 2004, 2000
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Leisure (culturale, enogastronomico, balneare, termale ecc.);
Affari (business, congressuale, fieristico, incentive ecc.).
Città d’arte;
Centri religiosi;
Centri termali;
Località balneari;
Località montane.
Piccoli - fino a 50 camere;
Medi - da 50 a 100 camere;
Medio-grandi - da 100 a 200 camere;
Grandi - da 200 a 360 camere;
Grandissimi - oltre 360 camere.
Alberghi permanenti;
Alberghi stagionali.
Alberghi di transito;
Alberghi di sosta;
Alberghi di soggiorno.
Da 1 a 6 stelle.
Proprietà, titolarità e gestione congiunte;
Solo la gestione disgiunta;
Proprietà, titolarità e gestione disgiunte.
• Familiare;
• Imprenditoriale;
• Manageriale.
140
Imprese e sistemi turistici
Tabella 5.1 I principali requisiti obbligatori degli alberghi (sintesi di leggi regionali)
Requisiti obbligatori
1 stella
2 stelle
3 stelle
4 stelle
5 stelle
Servizio di ricevimento
e di portineria
16 ore
al giorno
16 ore
al giorno
24 ore
al giorno
24 ore
al giorno
24 ore
al giorno
Servizio notturno
Addetto
disponibile
a chiamata
Addetto
disponibile
a chiamata
Addetto
disponibile
a chiamata
Portiere
di notte
Portiere
di notte
Custodia valori
–
Sì
Sì
Sì
Sì
Trasporto interno
di bagagli
–
–
A cura
del personale
addetto
A cura
del personale
addetto
A cura
del personale
addetto
Servizio di prima
colazione
–
Servizio bar
–
12 ore
al giorno
12 ore
al giorno
16 ore
al giorno
16 ore
al giorno
Servizio bar
nelle camere
–
–
–
–
Tutte le camere
con minibar
o servizio 24 h
al giorno
Divise per il personale
–
–
–
Sì
Sì
Lingue estere parlate
dal direttore/gestore
–
–
Una lingua
straniera
Due lingue
straniere
Due lingue
straniere
Cambio biancheria
2 volte alla
settimana
3 volte alla
settimana
Quotidiano
Quotidiano
Quotidiano
Cambio biancheria
da letto
1 volta alla
settimana
1 volta alla
settimana
2 volte alla
settimana
3 volte alla
settimana
Quotidiano
Pulizia nelle camere
1 volta
al giorno
1 volta
al giorno
1 volta
al giorno
Servizio lavanderia
–
–
–
Entro 24 ore
Entro 24 ore
Riscaldamento
Nei locali
comuni
Nei locali
comuni
In tutto
l’esercizio
In tutto
l’esercizio
In tutto
l’esercizio
Aria condizionata
–
–
–
–
In tutto l’edificio
e regolabile
nelle camere
% camere dotate
di bagno completo
–
40%
70%
90%
100%
Telefono nelle camere
–
–
70% camere
100% camere
100% camere
Fonte: Benevolo, Grasso 2007
In sale comuni In sale comuni In sale comuni
destinate anche destinate anche destinate anche
ad altri usi
ad altri usi
ad altri usi
In sala
apposita
1 volta al giorno, 1 volta al giorno,
con riassetto
con riassetto
pomeridiano
pomeridiano
142
Imprese e sistemi turistici
catena alberghiera riesce a dotarsi di una più efficiente organizzazione delle relazioni, finalizzata a instaurare rapporti con determinati partner in una prospettiva di lungo periodo.
Infine, la catena alberghiera, per ridurre il rischio di mercato, può decidere di differenziare le tariffe fra gli alberghi, in relazione alle rispettive quote di mercato e ai target di
clientela a cui le singole strutture si rivolgono.
Da un punto di vista finanziario, i principali vantaggi sono legati alla possibilità di reperire maggiori fonti di finanziamento meno onerose e anche alle minori difficoltà di accesso
a mercati finanziari internazionali.
A livello commerciale, invece, le imprese alberghiere multiunit si concentrano maggiormente sul posizionamento del brand, nonché su una più capillare diffusione dello stesso.
Contemporaneamente, quest’obiettivo è coerente con la possibilità di realizzare investimenti finalizzati al monitoraggio periodico della customer satisfaction e all’adeguamento
rispetto agli standard di qualità internazionali. La dimensione della catena, inoltre, potrebbe favorire l’attuazione di strategie di co-marketing con altri operatori turistici (come ad
esempio le compagnie aeree) per la realizzazione di attività commerciali e promozionali
(Della Corte, 2000, 2004).
A questi aspetti si affiancano anche problematiche gestionali, sia in termini strategici
che operativi, per lo più legate alla tipologia di governo da adottare per gestire l’alleanza
fra le strutture alberghiere, in modo da garantire un’elevata coerenza tra l’immagine
aziendale e l’immagine dei singoli alberghi (O’Neill, Mattila, 2006). Da questa coerenza
dipende il processo di sviluppo delle relazioni fiduciarie tra il brand dell’impresa e il mercato. Quando, infatti, non c’è coerenza tra immagine dell’impresa e immagine percepita
nella singola struttura alberghiera, si rischia di generare un effetto negativo sulla reputazione dell’impresa (Cordiano, 2000). È, invece, necessario che il cliente rinvenga in ogni albergo l’identità della catena attraverso elementi come l’omogeneità dell’offerta, la qualità,
l’ubicazione ecc. Attraverso una corretta gestione del brand è possibile distinguere il prodotto dai concorrenti, contrassegnare la catena e garantire il turista nel processo di scelta.
Queste sono le motivazioni per cui il brand rappresenta una delle principali risorse strategiche sulle quali l’impresa alberghiera, solitamente, mantiene il controllo a prescindere
dalla forma di governo che sceglie di adottare (Viceriat, 1993; Dunnig, McQueen, 1981).
Infine, le imprese alberghiere multiunit godono anche di numerosi vantaggi organizzativi, collegabili sia a una maggiore attenzione verso la formazione e l’aggiornamento del
Figura 5.3 Classificazione delle catene alberghiere
Piccole catene
Equity
Catene monobrand
Non Equity
Grandi catene proprietarie
Franchising
Management Contract
Catene alberghiere
Catene del marchio
Catene multibrand
Consorzi alberghieri
Associazioni di categoria
Le imprese ricettive
147
liato dovrà adottare degli standard minimi tecnici gestionali e di sicurezza, spesso assai
restrittivi, con esclusive territoriali e con la possibilità di ingresso, a pieno titolo, del sistema di prenotazione multimediale (Global Reservation System). Un esempio di franchising puro è la catena Comfort Inns del gruppo Choice Hotel International, che possiede più di 1800 alberghi in tutto il mondo, ognuno dei quali garantisce un buon livello
qualitativo dei servizi a un prezzo abbastanza contenuto6.
• Il franchising soft, che si realizza nell’utilizzo del brand e di altri segni distintivi comuni,
accanto al vecchio nome dell’albergo. Anche in questo caso i franchisee possono godere
dei benefici di una pubblicità e di un sistema di prenotazione comune. Questo contratto
di franchising è tipico delle cosiddette catene di marchio internazionali (Rispoli, Tamma, 1996). Esempi di franchising del marchio sono la catena Best Western, la più grande
catena di alberghi indipendenti del mondo (nel 2004, circa 4.100 strutture in più di 80
paesi) accomunati da un unico marchio7.
Le grandi catene alberghiere in franchising si sono sviluppate innanzitutto per i benefici derivanti dalla riconoscibilità del brand, per il quale il franchisee paga una somma fissa o
variabile in percentuale sul fatturato. Nel franchising alberghiero, la gestione, il controllo
sulla qualità e sugli asset fisici resta al franchisee e non all’impresa alberghiera. In questi
casi, l’impresa alberghiera non gestisce direttamente la struttura, ma funge da guida e si
Figura 5.4 Vantaggi e svantaggi del management contract e del franchising
Management
contract
V – Maggiore controllo sulle attività, sul rispetto degli stanA dard qualitativi dei servizi erogati dalle strutture alberN ghiere gestite e sulle risorse strategiche dell’impresa;
T – Guadagni più sicuri senza dover necessariamente
A sostenere investimenti immobiliari rischiosi;
G – Riduzione del rischio finanziario e di mercato (le
G performance del contractor sono calcolate come
I percentuale del fatturato ottenuto dagli alberghi);
– Minori costi fissi che non comprendono l’affitto dell’edificio e le attività di assistenza e formazione.
S – Rischio di bridging operation;
V – Rischio di comportamenti opporA tunistici post-contrattuali generati
N da investimenti specifici.
T
A
G
G
I
Franchising
V – Riduzione del periodo di avviamento degli investiA menti e del rischio di impresa;
N – Creazione di sinergie per ridurre i costi e migliorare
T l'efficienza (attraverso training e formazione, centri
A di approvvigionamento, servizi di assistenza tecnica
G e finanziaria);
G – Miglioramento del rapporto con il mercato e realizzaI zione di sinergie di marketing;
– Maggiore fidelizzazione della clientela a livello di
spostamenti internazionali;
– Competizione basata sui metodi di gestione, le procedure e i servizi offerti ai clienti.
S
V
A
N
T
A
G
G
I
6
– Rischio di free riding;
– Rischio di comportamenti opportunistici post-contrattuali generati
da investimenti specifici;
– Possibili asimmetrie informative
tra i diversi franchisee;
– Difficile trasferibilità delle risorse
strategiche (principalmente conoscenza).
Dal sito http://www.choicehotelinternational.com.
Dal sito http://www.bestwestern.com. Altro tipico esempio di catena in franchising è la The Leading Hotels
of the World, una catena formata da 430 alberghi di lusso presente in più di 80 paesi (dal sito http://www.lhw.com).
7
150
Imprese e sistemi turistici
Figura 5.5 La catena del valore delle imprese alberghiere
Maintance e altre attività infrastrutturali
Amministrazione e contabilità
Finanza
Attività
di supporto
Ma
rgi
ne
Gestione Risorse Umane
Information & Communication Technology
Food and
beverage
CRM e
controllo della
performance
gin
Attività
operative
di gestione
della
clientela
Ma
r
Programmazione Marketing
dell’offerta
e vendite
e
Approvvigionamento
Attività Primarie
Fonte: elaborazione da Porter, 1985
Il modello consente di scomporre e individuare le attività tipiche dell’impresa alberghiera, allo scopo di evidenziare quali siano le risorse e le competenze strategiche su cui è
possibile incentrare il vantaggio competitivo della stessa impresa (Kay, Russette, 2000). In
tal senso, adottando il modello di Porter per aree «critiche» del processo di creazione del
valore (Della Corte, 2004), è possibile identificare le seguenti attività primarie:
• programmazione dell’offerta: riguarda la costruzione dell’offerta anche in rapporto alla
dotazione dell’albergo (presenza di sale congressi, centri benessere ecc.), da offrire alla
clientela finale e agli operatori (tour operator e agenti di viaggio);
• marketing e vendite, che include le azioni promozionali che vanno dalla gestione del
messaggio pubblicitario veicolato ai consumatori finali, fino alle diverse forme di attività promozionali e di incentivazione, destinate ai tour operator e agli intermediari della vendita (sistemi di GDS collegati alle ADV, internet provider ecc.).
• attività operative di gestione della clientela: in quest’ambito rientrano le attività legate
ai servizi idonei a soddisfare i diversi bisogni della clientela, dal ricevimento alla fine del
soggiorno in albergo. Per far ciò, l’impresa deve possedere una struttura fisica e umana
in grado di comporre il servizio più completo. Rientrano in tale categoria i servizi di: 1)
ricevimento (check in, assegnazione della camera, informazioni sui servizi offerti e sulla
località, gestione dei reclami e assistenza al cliente, in collegamento con le diverse funzioni aziendali), è un’attività critica, non solo perché rappresenta il primo approccio all’accoglienza della clientela ma anche perché è direttamente collegata all’attività di programmazione del prodotto e di rapporto con l’utenza business e finale; 2) room service,
ossia servizi di gestione delle camere, finalizzati a porre l’ospite in condizione di sentirsi
in un ambiente domestico e confortevole, sintetizzando i risultati estetici e di impatto
dell’albergo; 3) housekeeping, che deve rispecchiare il livello di standard dell’albergo, in
termini di pulizia e di manutenzione; 4) laundry service.
• food and beverage, che include tutti i servizi correlati alla ristorazione (compreso servi-
152
Imprese e sistemi turistici
• la finanza riguarda le operazioni direttamente correlate al reperimento di fonti di gestione in relazione al fabbisogno di capitale. Quest’attività, pur essendo considerata di
supporto per il suo carattere trasversale rispetto a tutte le altre della catena del valore,
riveste un ruolo di primaria importanza in tutte le imprese alberghiere, essendo fortemente condizionata dagli investimenti e dal sistema di incassi e pagamenti previsti nei
contratti con i tour operator e le agenzie di viaggio da un lato e con i fornitori di servizi
turistici dall’altro. In quest’ambito, inoltre, sempre più spesso i principali gruppi alberghieri dispongono di linee di finanziamento proprie e vedono fra le loro partecipazioni
anche la presenza di alcuni dei principali gruppi bancari. Da ciò emerge la strategicità di
quest’attività che, rispetto alle operazioni di investimento e localizzazione delle strutture alberghiere, richiede competenze specifiche;
• l’amministrazione e la contabilità, comprendono tutte le operazioni di programmazione, controllo e contabilità ordinaria correlate all’erogazione del prodotto alberghiero
(dai sistemi di contabilità e budgeting ai sistemi più sofisticati di Yield Management,
adottati su larga scala dalla maggior parte delle catene alberghiere);
• la manutenzione ordinaria e straordinaria (maintance) e altre attività infrastrutturali,
legate agli impianti e alle attrezzature dell’albergo. In questo gruppo di attività sono
compresi anche interventi di ammodernamento e ristrutturazione dell’albergo, fondamentali per le imprese che costantemente cercano di realizzare adeguamenti, in funzione dei cambiamenti legati alle esigenze del target di clientela a cui la struttura si rivolge.
Dalla ricostruzione della catena del valore di un’impresa alberghiera è possibile risalire
al ciclo di attività di un albergo partendo dall’ideazione/progettazione del prodotto fino
alla sua erogazione (Fig. 5.6).
Tale processo può seguire due percorsi differenti. Un primo, definito push, che parte
dalla programmazione, finalizzato alla costruzione del prodotto alberghiero da promuovere e vendere ai tour operator, ai fini dell’inserimento della struttura nei pacchetti offerti o
della vendita tramite le agenzie di viaggio, il canale web o via telefono (on line). Segue la
fase di prenotazione e, successivamente, la fase di erogazione all’arrivo in sede della clien-
Figura 5.6 Ciclo di attività di un’impresa alberghiera
Agenzie
di viaggio
web, on line
Pernottamento
Prima colazione
Altri servizi
(centro benessere,
congressi ecc.)
Costruzione
prodotto
alberghiero
Definizione
del prezzo,
promozione
e vendita
Tour operator
PCO, aziende
Booking
Erogazione
Monitoraggio
154
Imprese e sistemi turistici
Figura 5.7 Le tre componenti di base dell’Yield Management
Domanda:
– Individuali;
– Gruppi;
– Tour Operator.
Prodotti:
– Standard room;
– Superior room;
– Deluxe room.
Prezzi:
– Rack rate;
– Tariffe contrattuali;
– Tariffe promozionali.
Tempi: termini di prenotazione, periodi, etc.
Fonte: elaborazione da Maglaras, Meissner, 2006
risvolti strategici che operativi. Opera, quindi, nelle quattro fasi in cui si articola il processo di Yield Management dell’impresa alberghiera:
1.
2.
3.
4.
segmentazione del mercato e pricing;
previsione della domanda;
gestione della capacità;
prenotazioni e vendite.
Per quanto concerne la prima fase, l’analisi del mercato, effettuata attraverso l’elaborazione dei dati storici, consente di definire le caratteristiche della domanda potenziale e al
contempo di comprendere quali dei segmenti di clientela individuati siano interessati a un
servizio in grado di aumentare il revenue; quali presentano una maggiore elasticità rispetto al prezzo e quali, tra questi, siano disposti anche a cambiare il periodo del soggiorno,
consentendo la maggiore copertura della capacità ricettiva nei periodi di bassa stagione.
Solitamente, in questa fase si effettua anche una comparazione tra la performance dell’impresa alberghiera e i risultati dei principali concorrenti (in termini di: tasso di occupazione,
ricavo medio per camera e RevPar)9.
Le previsioni sulla domanda si realizzano analizzando la stagionalità della domanda e il
suo «tasso di materializzazione» (inteso come grado in cui le presenze potenziali, stimate
per la struttura, divengono reali), le dinamiche competitive di prezzo e il posizionamento
del prodotto verso la concorrenza. Ciò consente la migliore allocazione dell’offerta, in termini di rapporto capacità/prezzo, con lo scopo di massimizzare i ricavi unitari di vendita
(Lovelock, Wright, 1999)10.
Per ciò che riguarda la gestione della capacità, questa fase si realizza valutando sia il rischio della mancata vendita del servizio (rischio di spoilage), sia quello di perdita di ricavi
9
Per un approfondimento sugli indicatori di performance delle imprese alberghiere si veda il paragrafo 6.
Questa fase, definita anche di up-selling, solitamente, si realizza con una frequenza bimestrale e spesso si
realizza anche con l’analisi delle tariffe della concorrenza utilizzando il sito www.hotelcomparison.com.
10
158
Imprese e sistemi turistici
2. redazione di una flowchart, indicando le fasi di progettazione del processo di creazione
del prodotto alberghiero, così come visto dal cliente, secondo una sequenza temporale
che va dall’acquisto del servizio, all’utilizzo e al distacco dall’albergo;
3. elaborazione di un blueprint con identificazione dei punti critici (bottlenecks) sia in riferimento alla produzione del servizio che il cliente «vede e non vede» (front-stage e backstage), sia rispetto ai livelli di complessità e divergenza;
4. stesura di una service map in cui si esplicitano le azioni di marketing interno ed esterno
realizzate dall’impresa alberghiera finalizzate a comprendere posizione, ruolo dei dipendenti e per incidere sulle modalità di scelta dei turisti (Gummesson, 1993).
Attraverso queste operazioni è possibile identificare un corretto processo di hotel quality management (Fig. 5.8) che va dall’identificazione degli standard di qualità alle azioni
per il miglioramento continuo, passando attraverso la definizione delle procedure, l’elaborazione di un manuale della qualità, la gestione delle risorse umane, l’allineamento dei servizi
offerti agli standard prefissati e alla misurazione della customer satisfaction (Minazzi, 2006).
Identificando degli standard di qualità, l’impresa alberghiera è in grado di fornire una
guida al personale che partecipa alla progettazione e alla realizzazione del servizio. Si cerca, così, di rendere il più omogeneo possibile il servizio erogato, in modo da far comprendere agevolmente al personale le modalità più corrette di comportamento durante il processo (Zeithaml, Bitner, 2002).
In questa fase risulta determinante l’attività di benchmarking (Enz, Siguaw, 2000), attraverso la quale l’impresa alberghiera si confronta direttamente con le altre strutture concorrenti, cercando di apprendere le ragioni del successo e individuando best practice e
standard di qualità che siano flessibili e capaci di adattarsi al proprio sistema d’offerta.
Secondo Gröonros (2002), la definizione degli standard riguarda sia fattori tecnici (qualità tecnica del risultato), che elementi qualitativi (qualità funzionale del processo). La
Figura 5.8 Hotel Quality Management Process
Studio e ricerca
di mercato
Misurazione
della soddisfazione
e miglioramento
continuo
Progettazione/definizione
e sviluppo del servizio
Turista
Allineamento
qualità servizi
con gli standard
Definizione degli
standard di qualità
Albergo
Identificazione
delle procedure
di controllo
Manuale
della qualità
Gestione
risorse umane/
Employees training
Fonte: Minazzi, 2006
Responsabilità
del management
160
Imprese e sistemi turistici
no quelli che solitamente non comunicano la loro soddisfazione, ma la trasferiscono a
parenti e amici. Infine, vi sono i clienti fidelizzati, coloro che si mostrano grati ed evidenziano il loro apprezzamento alla struttura e al personale, ma, cosa più importante,
attivano un processo di passaparola positivo, influenzando il processo di scelta dei potenziali clienti.
Attraverso l’applicazione di un corretto sistema di gestione della qualità, inoltre, l’impresa alberghiera otterrà molteplici vantaggi sia in ambito strategico che operativo. In tal
senso, infatti, sarà in grado di attivare un ciclo virtuoso del ROI che, grazie all’approccio al
miglioramento continuo, incrementerà la qualità del processo e del servizio erogato, accrescendo il ROI, al fine di alimentare nuovi processi di ricerca e sviluppo per la competitività futura dell’impresa (Fig. 5.9).
Di solito, il documento che contiene gli standard di qualità e le procedure di controllo è
il Manuale della qualità dell’impresa alberghiera. Negli ultimi anni, l’applicazione di sistemi di gestione della qualità nelle imprese alberghiere è stata finalizzata all’ottenimento di
certificazioni, considerate come uno dei principali strumenti in grado di recuperare competitività, assicurare un rapporto corretto e paritetico cliente-fornitore e indicare una garanzia di qualità17.
Figura 5.9 Il ciclo del ROI
Ricerca
e sviluppo
Innovazione
del servizio
Qualità
nel servizio
Innovazione
del processo
Migliora
Tende a soddisfare
Processo
QM
Espande
Valore =
Qualità/Prezzo
Fa crescere
Alimenta
il presente
Crescita
QM
Alimenta
il futuro
Esperienza
Accellera
Efficienza
Prezzo
Costo
Profitto
ROI
Disponibilità
di cassa
17
Anche in questo contesto sono sorte diverse forme di certificazione che si vanno ad affiancare a quelle di carattere internazionale ed europeo: ISO 14001, EMAS II ed Ecolabel. Accanto a esse, infatti, vanno
ad aggiungersi numerosi altri riconoscimenti con una loro specifica storia e struttura gestionale. In questo
contesto una maggiore polverizzazione è presente su scala nazionale. Molteplici sono i casi di certificazioni
e le formule coniate per caratterizzare la qualità delle strutture. Inoltre, alle certificazioni nazionali se ne
associano altre a carattere regionale e locale. In quest’ambito, però, si è assistito a un proliferare di marchi
volti a certificare la gestione delle strutture ricettive: sempre più numerose sono le associazioni di albergatori e i soggetti pubblici che sulla scia di alcune esperienze consolidate hanno predisposto o sono in procinto di redigere disciplinari volti a costituire riconoscimenti legati alla qualità delle strutture alberghiere
(Iannario, 2006).
Le imprese ricettive
165
Target
Target
Misure
Obiettivi
Misure
Target
INNOVAZIONE
Per raggiungere
la nostra vision,
come dobbiamo
sostenere la nostra
capacità di cambiare
e migliorare?
Misure
Obiettivi
PROCESSI INTERNI
Per soddisfare
azionisti
e consumatori,
in quali processi
aziendali dobbiamo
eccellere?
Obiettivi
Target
Misure
CLIENTI
Per raggiungere
la nostra vision,
come dobbiamo
apparire
ai nostri clienti?
Vision
e strategia
Target
Misure
Target
Misure
APPRENDIMENTO
Per raggiungere
la nostra vision,
come dobbiamo
gestire le nostre
risorse umane?
Obiettivi
SOCIO-AMBIENTALE
Per ottenere
il successo,
come bisogna
gestire i rapporti
con il contesto
sociale?
Obiettivi
ECONOMICOFINANZIARIA
Per ottenere un
successo economicofinanziario,
come dobbiamo
apparire ai nostri
azionisti?
Obiettivi
Figura 5.10 L’approccio della balanced scorecard dell’impresa alberghiera
Fonte: elaborazione da Kaplan, Norton 1992, 1996
presa alberghiera sono: a) il miglioramento della redditività, misurato attraverso i classici
ROI, ROE ed eventualmente l’EVA; b) la riduzione del tasso di indebitamento corrispondente al rapporto tra capitale di terzi e capitale investito; c) l’economicità della gestione
legata al rapporto tra i costi di produzione del servizio e il valore della produzione generato dall’impresa alberghiera.
La prospettiva del cliente traduce la vision dell’impresa in indicatori che riflettono quell’insieme di fattori a cui realmente i clienti attribuiscono importanza.
In tal senso, gli obiettivi primari sono l’incremento della quota di mercato, la customer
satisfaction e la customer loyalty. Per ciascuno di essi sono stati individuati indicatori, di
natura quantitativa e qualitativa, in grado di fornire informazioni sulle aspettative del consumatore e la percezione del servizio erogato dall’organizzazione alberghiera.
Per misurare la variazione subita dalla quota di mercato è stato utilizzato il market penetration index che pone a confronto il grado di occupazione dell’albergo con il grado di
occupazione delle strutture concorrenti.
Rispetto agli obiettivi di customer satisfaction e customer loyalty è possibile utilizzare
Le imprese ricettive
167
networking misurata attraverso il numero di iniziative congiunte con operatori, privati,
pubblici o iniziative pubblico-private.
In Tab. 5.2 sono riportate le sei prospettive appena descritte come parti di un sistema unitario di valutazione e misurazione della performance globale, generata dall’impresa alberghiera, secondo una serie di relazioni causa-effetto, sia a livello di prospettive che di indicatori.
In conclusione, tutti gli strumenti illustrati consentono di gestire un’impresa alberghiera in ottica di innovazione di prodotto e di processo. Il grado di realizzabilità di ciascuno
dipende dalle dimensioni aziendali, dalla forma di governance e dall’approccio strategico
alla gestione.
Tabella 5.2 La balanced scorecard dell’impresa alberghiera
Prospettiva
Obiettivi
Indicatori
Economico-Finanziaria
Miglioramento della redditività
aziendale
– ROE
– ROI
– EVA
Riduzione del tasso di indebitamento
Capitale di terzi/Capitale investito
Economicità della gestione
Costi di produzione/Valore della produzione
Incremento della quota di mercato
Market Penetration Index =
Grado occupazione albergo/Grado
occupazione media delle strutture concorrenti
Customer satisfaction
– Giudizio sulla qualità dei servizi offerti
– N° reclami annui /N° presenze annue
Customer loyalty
– % adesione programmi fedeltà
– % prenotazioni che si ripetono
Produttività del personale
– N° premi produttività erogati
– Turnover del personale
– N° disfunzioni rilevate/N° visite Mystery Guest
Efficienza del personale
– Tempo medio check in/check out
– Tempo medio di risposta per la risoluzione
di richieste della clientela
– N° reclami per singolo servizio
Modalità d’acquisto
– % Prenotazioni on line
– % Prenotazioni presso ADV o TO
Cliente
Processi interni
Ottimizzazione della capacità produttiva – Grado di occupazione
– Room yield
Innovazione
Apprendimento
Prodotti/servizi innovativi
– % Investimenti di ammodernamento
– Numero di nuovi servizi introdotti nell’anno
Aggiornamento del tasso tecnologico
% Investimenti in Information
& Communication Technology
Diffusione della cultura dell’accoglienza – N° corsi di formazione e aggiornamento
– Tasso di partecipazione a iniziative
promosse dall’impresa
168
Imprese e sistemi turistici
Tabella 5.2 (segue)
Prospettiva
Obiettivi
Indicatori
Apprendimento
Motivazione/fidelizzazione
del personale
– Numero medio di anni di permanenza
nella struttura
– % di partecipazione del personale al
processo decisionale
– % di assenteismo
Socio-ambientale
Incremento della corporate
social responsibility
– % Utili investiti per la sponsorizzazione
di progetti socio-ambientali
– Numero di iniziative volte a favorire e
supportare gli stakeholder dell’impresa
Promozione della destination
– N° camere occupate per familiarization trip
– Variazione presenze turistiche/Ammontare
investimenti realizzati
Diffusione del networking
– N° iniziative congiunte con operatori privati
– N° iniziative congiunte con operatori pubblici
– N° iniziative pubblico-private
Fonte: elaborazione da Micera, 2008
5.7
Le altre imprese ricettive
Le imprese ricettive, oltre a quelle alberghiere, comprendono anche altre tipologie di
strutture in grado di rispondere alla domanda di alloggio dei turisti. Quest’ultima può, infatti, trovare soddisfacimento in forme differenti di accomodation a seconda delle combinazioni prodotto-prezzo che si riescono a realizzare, in funzione delle proprie esigenze e
della relativa capacità di spesa.
Le altre imprese ricettive, dette anche complementari, includono campeggi e villaggi turistici, affittacamere, agriturismi, bed and breakfast, country-house, case per ferie, ostelli per la
gioventù, rifugi alpini e i cosiddetti esercizi ricettivi non classificati, oltre alla multiproprietà.
In questa sede, si ritiene opportuno un cenno, in particolare, agli agriturismi, ai bed and
breakfast e alla multiproprietà, in virtù della crescente diffusione di queste formule di ricettività.
L’agriturismo rappresenta un’attività ricettiva esercitata dall’imprenditore agricolo in
un rapporto di connessione e complementarietà con le attività di coltivazione di fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame. Secondo questa definizione, l’attività dell’agriturismo presenta un rapporto di complementarità rispetto alle attività agricole tradizionali,
che deve comunque rimanere principale (Zerbini, 1988). Caratteristica fondamentale, che
emerge anche dalla normativa relativa all’agriturismo (L.730/85), è che lo svolgimento di
quest’attività non è riservato ai soli imprenditori agricoli, a titolo di principale, ma è liberamente consentita a chiunque eserciti un’impresa agricola a qualunque titolo (proprietà,
affitto ecc.) e in qualunque forma, singola o associata. L’elemento distintivo dell’agriturismo è rappresentato dal legame tra il soggiorno e la conoscenza/fruizione del territorio
circostante ovvero del mondo agricolo e dell’ambiente rurale (quindi, il prodotto).
In tal senso, le componenti che caratterizzano le aziende agrituristiche sono (Ceccacci,
Susanna, 2003):
6
L’ impresa di ristorazione
6.1
L’attività di ristorazione
L’impresa di ristorazione è inquadrata giuridicamente tra le imprese commerciali. Tuttavia, rispetto all’offerta turistica di una destination, rappresenta una componente importante del prodotto complessivo, che contribuisce a determinare la soddisfazione del cliente, rispetto all’esperienza del viaggio.
La ristorazione in generale riguarda la somministrazione di pasti e bevande fuori casa.
Si suole distinguere in: ristorazione commerciale, ristorazione turistico-occasionale e ristorazione collettiva (Fig. 6.1).
La prima tipologia si articola nelle formule della ristorazione top, tradizionale e moderna. La seconda riguarda l’attività di ristorazione nell’ambito delle strutture alberghiere, all’interno di navi, aerei e treni, sulle autostrade, all’interno di centri commerciali e/o presso
attraction. Rientra sempre in tale categoria, sebbene con delle differenziazioni, l’attività di
catering, che opera prevalentemente nell’ambito di congressi ed eventi. La ristorazione
collettiva può essere aziendale, scolastica, ospedaliera, militare.
In questa sede, si focalizzerà l’analisi sulla ristorazione commerciale e su quella turisticooccasionale. Va precisato, in merito, che oggi le imprese alberghiere, per proporre pasti di
qualità, tendono a esternalizzare l’attività di ristorazione commerciale, affidandola a imprese specializzate, con competenze specifiche in materia. Si ritiene che le problematiche
gestionali tipiche della ristorazione commerciale riguardino, in realtà, anche le imprese
che operano all’interno delle strutture alberghiere.
Figura 6.1 Le principali forme della ristorazione
Top
Commerciale
Tradizionale
Moderna
Alberghiera, su mezzi di trasporto
Ristorazione
Turistico-occasionale
Catering per eventi
Aziendale
Collettiva
Scolastica
Ospedaliera, militare
L’ impresa di ristorazione
193
Figura 6.2 Le componenti del prodotto ristorazione
Interazione con la clientela
Clima e accoglienza
Qualità del servizio
in sala (professionalità e stile)
Cucina
Arredo e design
Ubicazione
Fonte: elaborazione da Smith, 1994
Passando, quindi, ad analizzare i diversi fattori strutturali, che incidono appunto sulla
caratterizzazione del ristorante, è fondamentale considerare:
1. l’ubicazione rispetto ai principali siti/luoghi di interesse culturale e/o turistico o in aree
mondane delle destinazioni, in grado di attirare la clientela target. Una differenza importante riguarda la collocazione nell’ambito di centri urbani o più in periferia. In ogni
caso, la localizzazione è molto legata, appunto, al concept e al tipo di clientela a cui il ristorante si rivolge. Basti pensare alle differenze esistenti tra strutture indipendenti, catene, ristoranti ubicati in parchi o in centri commerciali. Rispetto alla variabile localizzazione, è anche importante comprendere il tipo di quartiere in cui è ubicato il ristorante (di lusso, di massa ecc.), la catchment area (area di attrazione) rispetto ad altri esercizi della zona e alla concentrazione di strutture ricettive nei dintorni, la visibilità, la più o
meno agevole raggiungibilità, la disponibilità di parcheggi propri o in prossimità;
2. l’arredo e il design, che esprimono visivamente il concept che si intende comunicare all’utenza: l’arredo, i materiali, i colori, il design differiscono fortemente tra le imprese di
ristorazione, contribuendo a creare una determinata atmosfera (servicescape);
3. la cucina, legata proprio al tipo di gastronomia che caratterizza il locale, alla dotazione
di vini, all’articolazione e alla varietà del menù. Come sottolineato, il ricorso a prodotti
tipici, il richiamo alle antiche ricette locali, anche combinate con gli indirizzi della moderna e più avanzata scuola di cucina, rappresentano elementi sempre più importanti
che differenziano le imprese del comparto. Il cuoco e il pizzaiolo nelle pizzerie rappresentano due figure strategiche per erogare un servizio di qualità in termini di bontà e
presentazione estetica delle pietanze;
4. procedendo verso gli aspetti sempre più immateriali, la qualità del servizio in sala è altrettanto importante. Quest’ultima presenta sia un’anima più strettamente organizzativa (coordinamento e gestione efficiente del processo di raccordo tra la cucina e la sala,
articolazione e distribuzione del servizio tra i tavoli), che una più direttamente connes-
L’ impresa di ristorazione
197
Figura 6.3 La catena del valore di un’impresa di ristorazione
Information & Communication Technology
Attività
di supporto
Ma
Amministrazione e Finanza
rgi
ne
Ricerca e Sviluppo
rg
Approvvigio- Gestione
Processo di Erogazione
namento
magazzino lavorazione e servizio
di materie
preparazione al cliente
prime
delle
pietanze
Ma
Programmazione menù
ine
Marketing a livello indotto e organico
Attività Primarie
serie di attività fondamentali, da cui deriva anche il buon esito delle altre. Sono, infatti, importanti per la qualità del prodotto servito e per l’efficienza dell’organizzazione nell’impostazione e nell’avvio del processo. L’utilizzo di sistemi di supporto alle decisioni e di gestione delle scorte e della materia prima consentono sia di avere un prodotto costantemente
fresco, sia di ridurre il peso, in termini percentuali, del costo di acquisto della materia prima
sui ricavi aziendali. La selezione dei fornitori e il potere negoziale mutano, ovviamente, a
seconda che si tratti di un’impresa singola o di catena. Nel secondo caso, sono generalmente seguiti criteri altamente selettivi dei fornitori, con garanzie circa la qualità dei prodotti, i
tempi e le modalità di consegna. L’aspetto interessante è che, rispetto a tale attività, le forme moderne di casual dining dimostrano che è possibile coniugare la genuinità e tipicità
proprie del ristorante/trattoria tradizionale con l’efficienza e la standardizzazione di una
catena. È fondamentale, per tali attività, un perfetto raccordo tra la figura del direttore del
locale (o imprenditori e proprietario, a seconda dei casi) e la cucina (chef e relativi aiuti). Il
personale di cucina, nelle imprese più organizzate, trasmette in modo codificato delle schede relative alla qualità, all’integrità delle derrate, alla puntualità o meno delle consegne6.
Per quanto riguarda la selezione dei fornitori, entrano in gioco le seguenti variabili: la
qualità delle forniture (in termini di certificazioni di prodotto e garanzie di qualità, numero di scarti rispetto al totale della fornitura, eventuali garanzie di rimpiazzo), la relativa affidabilità delle consegne (tempi, ritardi e variazioni di queste ultime), il costo (prezzo,
sconti e dilazioni), eventuali plus (periodi di prova, sperimentazioni congiunte, collaborazione tecnica, particolare assistenza, forniture speciali o esclusive – Cantino, 1994).
Ovviamente, collegata all’approvvigionamento c’è l’analisi della gestione di magazzino,
che deve essere caratterizzata da uno specifico layout e da attrezzature in grado di garantire un’ottimale conservazione dei prodotti freschi e surgelati.
6
Più precisamente, la scheda dovrebbe contenere le seguenti informazioni: denominazione delle derrate con
relative etichette identificative, indicazione difformità tra «ordinato e consegnato», tempo minimo di conservazione, integrità degli imballaggi e del prodotto, caratteristiche organolettiche (aspetto, colore, consistenza) degli
alimenti, modalità di conservazione del prodotto. Per un approfondimento, si rimanda a Cantino, 1994.
202
Imprese e sistemi turistici
relativo livello), a parametri di efficienza nella gestione dei costi (in termini di grammature e combinazioni di ingredienti) e a canoni di estetica. La struttura del menù, infatti, deve
tener conto di una serie di aspetti interrelati, quali: le vendite programmate delle diverse
tipologie di pietanze, le cadenze temporali per le variazioni (stagionali, mensili ecc.), la varietà del menù, il grado di conoscenza consapevole delle capacità nutritive degli ingredienti da parte della domanda e il livello di velocità atteso del servizio (Walker, Lundberg,
2001). Rispetto a tali obiettivi, è opportuna anche una pianificazione dei tempi di cottura
delle diverse combinazioni. In sintesi (Fig. 6.4), il menù è la carta di presentazione di un ristorante e dell’offerta gastronomica relativa.
Deve pertanto risultare, in primo luogo, coerente con il concept e con lo stile del ristorante in sé, con una programmazione che tenga conto delle caratteristiche, della stagionalità e
delle disponibilità dei diversi ingredienti delle pietanze programmate (sia a livello di quantità che di costi relativi, considerando che i prodotti alimentari sono soggetti a sensibili
oscillazioni di prezzo in funzione dell’andamento di altri comparti, quali: agricoltura, pesca
ecc.). Nella composizione di un menù, inoltre, è importante tener presente la crescente attenzione della domanda ai contenuti salutistici e nutrizionali, all’estetica e all’interesse per i
cibi meno grassi (carne, pesce ecc.). È opportuno quindi immaginare una varietà che tenga
conto di gusti e preferenze differenziati e che sia in grado di sviluppare proposte con creatività e associazioni simboliche adeguate rispetto al concept del ristorante e al tipo di gastronomia. L’estetica, la chiarezza e la presentazione del menù sono importanti in quanto interpretano il grado di organizzazione e professionalità del ristorante, così come la disponibilità
dei menù in più lingue. Una volta predisposto il menù, occorre giungere alla formalizzazione della qualità, verso uno standard gastronomico uniforme, in grado di tener conto delle
diverse voci di costo. Infatti, una varietà eccessiva dei piatti e un ciclo di cambiamenti continuo impediscono il raggiungimento di un livello di qualità costante e ciò comporta che, in
caso di mancata standardizzazione, i clienti vivano la ristorazione come un servizio insicuro
a tutto svantaggio della fidelizzazione. Infine, è chiaro che la pianificazione del menù derivi
anche dal processo di programmazione e controllo dei costi, nonché dalle politiche di prezzo praticate dall’impresa. Solitamente, si considerano i costi della materia prima in senso
stretto, il margine di contribuzione alla copertura dei costi fissi (Sciarelli S., 2008) e i profitti attesi. Il calcolo del costo medio per pasto, come strumento di controllo, è frequentemente privo di affidabili contenuti manageriali, in quanto le stime ottenute in genere sono lontane dalla realtà, creando frequenti sorprese al momento dei consuntivi (Bovini, 2000). InfiFigura 6.4 Fattori critici nella pianificazione di un menù
1) Coerenza con il concept
e lo stile del ristorante
6) Controllo dei costi
e definizione dei prezzi
2) Caratteristiche
e varietà degli ingredienti
Pianificazione
del menù
5) Grado di accuratezza
e chiarezza nella
presentazione
3) Valore nutritivo
4) Creatività
e associazioni simboliche
L’ impresa di ristorazione
203
ne, il design, la scelta della carta e delle immagini, i caratteri sono tutte decisioni importanti
nel processo di comunicazione dell’identità stessa dell’impresa di ristorazione. Il menù,
quindi, deve integrarsi e, anzi, rafforzare l’immagine e l’atmosfera complessive del locale
(Lewis, Chambers, 1990), diventando un vero e proprio strumento di marketing che massimizzi il gusto del cibo acquistato (Daniel, 2004). Sarà, quindi, composto tenendo conto della matrice «gradimento – convenienza» (Smith, Kasavana, 1990): il punto di incrocio tra la
linea dei vantaggi del ristoratore e la popolarità del piatto cambia in ogni ristorante e in
ogni menù (Fig. 6.5). Esso è inoltre utile per programmare una maggiore comunicazione in
riferimento a piatti meno noti che tuttavia presentano margini di profitto più elevati e per
creare delle combinazioni in grado di compensare la presenza di piatti che non possono essere modificati, in quanto «popolari», ma che non risultano profittevoli.
Per quanto riguarda il prezzo, il grado di elasticità della domanda rispetto al prezzo varia a seconda del livello del ristorante e dei target di mercato. In generale, tuttavia, la domanda presenta un alto grado di attenzione al rapporto qualità complessiva attesa e percepita/prezzo pagato. Importante risulta, allora, la «transazione di riferimento» e il «prezzo di riferimento» (Kimes, Wirtz, 2002). La prima rappresenta il modo in cui il cliente pensa che debba essere condotta una transazione e il secondo è il prezzo al quale il cliente ritiene che debba essere venduta quella transazione: tali elementi risultano essenziali nell’analisi di una domanda fortemente elastica rispetto al prezzo del servizio di ristorazione. In
quest’ultima situazione, il cliente percepisce come giusta una variazione in aumento dei
prezzi solo se ne condivide l’utilità; in caso contrario, la considera iniqua. È opportuno
quindi differenziare l’offerta in funzione dei target. Affinché la percezione dei livelli di
prezzo sia accettata e ritenuta equa dal cliente, occorre che la determinazione delle categorie di tariffe sia logica e trasparente e basata su aspetti fisici (la posizione del tavolo, la
vista e gli extra, quali i fiori sul tavolo) e/o su aspetti immateriali (il tempo, le caratteristiche del servizio – ad esempio, se il tavolo è stato prenotato, caratteristiche del cliente – se
è un frequent client, disponibilità limitate – quali il possesso di buoni sconto).
Ovviamente, la definizione dei prezzi, oltre alla domanda, deve tener conto di una serie
di fattori che dipendono dagli obiettivi di fatturato dell’impresa, dalla struttura dei costi e
dalla situazione competitiva. In tal senso, anche l’utilizzo delle strategie di marketing basate sul menu engineering consente di migliorare le performance in termini di margine di
Figura 6.5 Matrice «gradimento – convenienza»
Alta popolarità
Alta popolarità
Basso profitto
Alto profitto
Linea di vantaggio
per il ristorante
Bassa popolarità
Bassa popolarità
Basso profitto
Alto profitto
Linea di media popolarità del piatto
Fonte: Smith, Kasavana, 1990
: Tale punto varia
per ogni ristorante
L’ impresa di ristorazione
205
della clientela vi è anche il servicescape, legato più specificamente alle strutture fisiche, all’arredo, al design, così come agli elementi esperienziali esistenti. Il servicescape è, infatti,
un mezzo per comunicare l’identità del ristorante, per catturare l’attenzione e per generare particolari sensazioni ed emozioni nella clientela. Una serie di modelli analizza le risposte generate dall’ambiente e, in termini di percezioni consapevoli e inconsapevoli, le reazioni all’ambiente stesso (Mehrabian, Russell, 1974); altri valutano le risposte generate
dall’ambiente, in termini di emozioni e sensazioni, sulla base di alcune variabili (interesse,
noia, relax, stress, con reazioni che si sviluppano dall’apatia all’eccitazione e dalla sensazione spiacevole a quella piacevole – Russell, 1980). In generale, il modello di servicescape
(Fig. 6.6) è legato alle condizioni esistenti nel locale (temperatura, qualità dell’aria, rumori,
profumi, odori), allo spazio fisico in termini di layout, design, arredi, luci e alla presenza di
immagini, raffigurazioni, cartelloni con icone, simboli, colori specifici, anche in coordinamento con le divise del personale.
Le reazioni che questo mix di elementi può generare nella domanda sono razionali (valutazioni, analisi, categorizzazioni), emotive (sensazioni, umori, attitudini) e psicologiche (comfort,
benessere, allegria o al contrario disagio, tristezza, stress). In funzione delle percezioni varierà
la soddisfazione e, quindi, la possibilità di fidelizzazione e di passaparola positivo.
Per quanto riguarda la distribuzione, le imprese di ristorazione tendono a stipulare accordi commerciali con altre aziende della filiera turistica: tour operator, imprese crocieristiche, imprese alberghiere. Le aziende più intraprendenti riescono anche a dar luogo a
iniziative di più ampio respiro, come l’inserimento in card di visita alle città, l’attivazione
di sconti particolari connessi ad alcuni circuiti d’arte e itinerari promossi nell’ambito della
località in cui operano. Per le catene che sono ubicate in più regioni e paesi, queste forme
di accordi sono spesso molto più estese e intense, in quanto possono riguardare ristoranti
ubicati in diverse destinazioni che, magari, rientrano in un determinato circuito promosso
dai tour operator, e più unità locali in una stessa località, ubicate in zone diverse, potendo
quindi soddisfare differenti esigenze logistiche generate dai vari itinerari. In molti casi,
considerando la passione e l’interesse per la gastronomia italiana, in special modo da parte dei target d’oltreoceano, le imprese di ristorazione più organizzate prevedono dei momenti di illustrazione-apprendimento della cucina (ad esempio, della cucina mediterranea,
della preparazione della pizza ecc.) oltre che alla cosiddetta «cucina molecolare», trasformando alcuni ristoranti in veri e propri laboratori di fisica, tesi a far comprendere le mutazioni degli alimenti in seguito a cotture, marinature, conservazioni: tendenza in linea con il
rinnovato interesse per la salubrità dei cibi (Repubblica, 2008).
Figura 6.6 Sviluppo del servicescape
Condizione
(temperatura, qualità dell’aria,
rumore, odori/profumi, musica)
Dimensione
ambientale
del servicescape
Spazio
(layout, arredi, design,
attrezzature, luce)
Cartelli, colori e simboli
(prevalenza e combinazioni
di colori, quadri, foto, icone
e divise del personale)
Razionali
(valutazione, analisi,
categorizzazione)
Reazioni
della
domanda
Emotive
(sensazioni, umori, attitudini)
Psicologiche
(comfort, benessere,
allegria, disagio, tristezza)
208
Imprese e sistemi turistici
Figura 6.7 Ristorazione in franchising – le maggiori catene di ristorazione in franchising in Italia
1) Mc Donald’s
2) Burger King
3) Spizzico
4) Ciao (Autogrill)
5) Brek (gruppo Pam)
6)) Cheff Express (gruppo Cremonini)
7) Happy Food
8) Pizza New
9) Rosso Pomodoro
Fonte: Il Quadrante, 2007
si ha una maggiore possibilità di sviluppo innovativo continuativo, stimolato dagli input
delle unità locali ubicate su diverse aree del territorio nazionale e internazionale.
In Italia, oggi, il franchising nella ristorazione conta 45 realtà, che gestiscono circa 500
locali in forma diretta e oltre 1.000 in franchising, posizionandosi al terzo posto, come comparto, dopo l’abbigliamento e le agenzie immobiliari. Tuttavia, l’incidenza sul totale dei
franchising avviati appare ancora esigua rispetto al resto d’Europa: i ristoranti in affiliazione raggiungono circa il 6% del totale mentre Gran Bretagna, Francia e Spagna mostrano quote tra il 15 e il 20%.
I principali gruppi del franchising della ristorazione in Italia sono: McDonalds’, a cui
spetta il primato, seguito a distanza da Burger King, Spizzico e Ciao (Autogrill), Brek
(gruppo Pam), Chef Express (gruppo Cremonini), dall’italiana Happy Food e da una serie
di realtà italiane nel campo delle pizzerie, come Pizza New, Rossopomodoro ecc.
Lo sviluppo del franchising a livello internazionale, generalmente, deriva dalla saturazione del mercato nazionale o anche dallo sviluppo di opportunità di mercato per effetto
dei fenomeni di globalizzazione della domanda. Anche analoghe scelte dei principali competitor possono imporre un simile approccio. Le opportunità di business, inoltre, possono
essere sollecitate anche da operatori esteri, che propongono alleanze e joint ventures19.
19
Una joint venture è un accordo di collaborazione con cui due o più imprese, mantenendo la propria indipendenza giuridica, decidono di collaborare per la realizzazione di un progetto di natura industriale o commerciale e che vede l’utilizzo sinergico delle risorse portate dalle singole imprese partecipanti ma anche un’equa
suddivisione dei rischi legati all’investimento. In una joint venture possono esserci due tipi di accordi: contrattuale e societario. Il primo non fa sorgere una società comune ma solo un accordo fra le parti per gestire un’iniziativa comune per poi dividerne successivamente gli utili. Il secondo è un contratto che si caratterizza per la disciplina dell’attività della società mista, del rapporto fra i soci e della ripartizione degli utili. Un esempio recente è costituito dalla creazione, nel 2003, di una joint venture di tipo societario tra la Compass Group Plc e Cremonini
S.p.A., gruppi leader internazionali nel settore della ristorazione. L’accordo prevede che il Gruppo Cremonini
acquisti, per un importo di circa 7,5 milioni di euro, il 50% di Moto S.p.A., società del Gruppo Compass già operativa nel segmento della ristorazione autostradale, allo scopo di raggiungere una quota rilevante del mercato
della ristorazione autostradale nazionale.
L’ impresa di ristorazione
209
Le forme di sviluppo del franchising internazionale sono varie. Nel franchising diretto
vi è un rapporto appunto diretto tra franchisor e franchisee, con uno sviluppo delle relazioni e un controllo a distanza, esercitato direttamente dal franchisor. Le formule indirette, invece, sono: l’istituzione di filiali di vendita, di una società sussidiaria o di un agente locale. Nei casi di processi di espansione in paesi meno vicini a quello di partenza e più ampi, si incontrano meccanismi di master franchising o di franchising regionale. Nel master
franchising uno dei franchisee diviene appunto master franchisee, con lo scopo di sviluppare il brand, il modello gestionale e gli standard di qualità del gruppo di riferimento, in uno
specifico paese. Questo modello è molto diffuso in Inghilterra, Spagna e Portogallo ma
tende a svilupparsi anche in Italia. Un’articolazione del master franchising è rappresentata
dal franchising regionale, nei casi di paesi particolarmente ampi. Queste formule intermedie, rispetto al diretto, consentono di condurre in modo più efficace ed efficiente il processo di sviluppo. Nelle formule più ampie, tipiche di aziende di maggiori dimensioni, si sviluppano anche investimenti diretti in partnership con imprenditori locali, come le joint
ventures. È comunque importante valutare, nei contratti di franchising, i vantaggi e le criticità (Tab. 6.1) per ambo le parti.
Per il franchisor, tale formula consente un processo di sviluppo più rapido, anche a livello internazionale, con conseguente affermazione più incisiva del brand aziendale. Si tratta
di un percorso di crescita che richiede una minore entità di capitali nella sua realizzazione
e che consente di mantenere un certo grado di flessibilità strategica, operativa e organizzativa (Della Corte, 2004; Golinelli, 2002; Sciarelli, 1987), con una condivisione del rischio
Tabella 6.1 Vantaggi e criticità nel rapporto franchisor/franchisee
Vantaggi per il franchisor
Vantaggi per il franchisee
– Rapido sviluppo degli investimenti
– Avvio di attività d’impresa con riduzione del rischio di start up
– Crescita mantenendo la flessibilità
– Possibilità di beneficiare del know-how e dell’immagine
del franchisor
– Suddivisione del rischio con i franchisee
– Maggiore facilità nello sviluppo internazionale
– Diffusione e rafforzamento del marchio
– Superamento di barriere all’entrata
– Accesso a tecniche, modelli e sistemi manageriali avanzati
– Impostazione del servizio con standard qualitativi di livello
– Benefici economici e qualitativi nei rapporti con i fornitori
– Maggiore potere contrattuale verso i fornitori
– Più agevole accesso al credito
– Rafforzamento competitivo
– Maggiore aggiornamento e propensione all’innovazione
– Sviluppo continuo dell’innovazione
– Royalties
– Assistenza nella selezione e formazione del personale
– Accesso a canali di comunicazione non immaginabili
a livello individuale
Criticità per il franchisor
Criticità per il franchisee
– Consistente investimento iniziale
– Rispetto di standard fissati dal franchisor secondo contratto
– Processo di crescita veloce
– Minore flessibilità rispetto all’impresa individuale
– Selezione dei franchisee
– Non sempre condivisione di interessi con il franchisor
– Maggiori oneri di coordinamento e controllo
226
Imprese e sistemi turistici
Figura 7.1 Evoluzione della domanda crocieristica nel mondo – numero di passeggeri dal 1960 al 2020
Numero passeggeri
25.000.000
20.000.000
15.000.000
10.000.000
5.000.000
0
1960
1980
2000
2020
Anni
Fonte: elaborazione propria su dati Oceanshipping consultants e su Rapporto sul turismo italiano 2006/2007
Fonte: ECC-Europe Cruise Contribution – Contribution of cruise tourism to the economies of Europe, 2007
venienza dei crocieristi (circa il 66%), l’Europa registra tassi di crescita considerevoli, che si
aggirano intorno al 22% (una percentuale che include 6 nazioni europee: Regno Unito, Germania, Italia, Spagna, Francia e altri paesi europei); si può affermare, quindi, che si sta assistendo a uno sviluppo davvero straordinario del comparto soprattutto se lo si paragona al
fatto che, in questi stessi anni, l’intero settore turismo è cresciuto di circa il 50% in termini di
arrivi. Nello stesso periodo, infatti, il numero di cittadini europei che ha scelto una crociera
in tutto il mondo è più che triplicato: nel 2005 sono stati più di 3 milioni gli europei che hanno viaggiato in crociera (quasi un quinto del totale mondiale). La maggioranza di questi crocieristi ha visitato i porti nel Mediterraneo, nel Baltico e nelle altre regioni europee, generando 13 milioni di visite/transiti nelle città portuali. Si prevede quindi che la crescita continuerà, raggiungendo i 4 milioni di europei in crociera nel 2010 e i 5 milioni entro il 2015
(ECC, 2007). Sebbene però l’Europa stia sviluppando vertiginosamente il business delle crociere, l’America mantiene pur sempre il primato e, anche per il futuro, sembra che le cose resteranno così; infatti, secondo la Cruise Lines International Association (CLIA) nel 2007 il
settore delle crociere negli USA ha generato un fatturato di 32 miliardi di dollari. Dal 2000
al 2007 si è assistito a un aumento del 50% del numero di passeggeri imbarcati da porti statunitensi e, nello stesso periodo, le società di navigazione del settore hanno acquistato prodotti sul mercato statunitense per un valore di 14,7 miliardi di dollari. Sulla base dei dati forniti dall’ECC nel 2007, è stato possibile riportare nella Tab. 7.1 un elenco dei passeggeri nei
principali porti europei, ma solo per i porti italiani si è potuto fare un confronto tra i dati del
2005 e quelli previsionali riferiti all’anno 2008 (Cemar, 2008). Per gli altri porti, si può affermare che si tratta comunque di un comparto che registra segnali decisamente positivi.
Per quanto riguarda il mercato crocieristico italiano, si prevede per fine 2008 un aumento dell’11,8 % del movimento dei crocieristi in Italia5. Anche in Italia, infatti, il settore cro5
Sulla base di questi dati previsionali, l’Italia, nel 2008, si è riconfermata la prima destinazione crocieristica del
Mediterraneo, seguita dalla Spagna, come numero totale di passeggeri movimentati e Civitavecchia è il primo porto
del Mediterraneo con oltre 1.800.000 crocieristi, superando così il porto di Barcellona. Nell’ambito di questo discorso, va sottolineata l’importanza, negli ultimi tempi, del crescente numero di crocieristi durante il periodo invernale.
Questo fenomeno comporta la cosiddetta «destagionalizzazione del settore» che, solo negli ultimi 4 anni, ha raddoppiato il numero di passeggeri. Per un approfondimento si rimanda a Senesi, «Previsioni sul traffico crociere 2008
nei porti italiani», Seatrade di Miami, marzo 2008.
Il settore crocieristico
227
Tabella 7.1 Traffico passeggeri nei principali porti europei – Anno 2005-2008*
Porti
Totale traffico 2005
Totale traffico 2008*
ITALIA – HOME PORT
Civitavecchia
Venezia
Napoli
Savona
Genova
2.756.201
983.171
815.171
830.158
595.859
362.000
4.440.000
1.800.000
1.350.000
1.200.000
740.000
550.000
ITALIA – PORT OF CALL
Livorno
Palermo
Bari
Messina
2.117.139
462.383
329.859
277.979
216.760
3.300.000
930.000
460.000
400.000
310.000
FRANCIA E SPAGNA
Barcellona
Palma di Maiorca
Nizza
Marsiglia
Ajaccio
Toulon/St.Tropez
Montecarlo
Cannes
Ibiza
Valencia
3.828.898
1.228.561
877.912
364.908
361.000
204.535
163.608
133.110
129.675
118.474
106.724
–
1.700.000
–
–
–
–
–
–
–
–
–
MEDITERRANEO MERIDIONALE
Limassol (Cipro)
Valletta
Gibilterra
858.472
349.399
320.263
188.810
–
–
–
–
* dati previsionali forniti da CEMAR 2008
Fonte: elaborazione su dati forniti da ECC (Contribution of cruise tourism to the economies of Europe, febbraio 2007)
e da CEMAR
cieristico sta vivendo un momento di forte espansione, confermandosi come il settore che
registra la crescita maggiore nel business del turismo. Nell’ambito di questo sviluppo, sul
piano nazionale e internazionale, l’Italia riveste un ruolo importantissimo, in quanto nel
2008 sono 68 i porti italiani toccati dalle 148 navi diverse delle 64 compagnie di navigazione che operano in Italia, per un totale di 8.550.000 crocieristi movimentati e di 4.720
(+8,5% rispetto al 2007) toccate nave.
7.2
Principali caratteristiche della domanda
Per comprendere il business crocieristico, è opportuno analizzare le caratteristiche specifiche del prodotto crocieristico dal punto di vista della domanda e dell’offerta, valutando
opportunamente cosa questo maggiormente rappresenti in termini di motivazione, percezione del prodotto, tipologia di esperienza (first timer piuttosto che cruise repeater) e fe-
Il settore crocieristico
229
peater e ai brand repeater. Gli aspetti che maggiormente incidono sulla prima categoria sono l’itinerario (tale aspetto vale, tuttavia, anche per i cruise repeater) e l’emozione; mentre,
per l’altra categoria, contano in maniera più significativa il comfort, l’organizzazione e il livello dei servizi. Si diventa, cioè, più sofisticati ed esigenti rispetto all’offerta a bordo con il
ripetersi dell’esperienza crocieristica. Sono stati individuati (Vianelli, 2007) alcuni segmenti di clienti che, di seguito, vengono inoltre sintetizzati nella Tab. 7.2 e che permettono
un’ulteriore segmentazione della domanda, utile ai fini della realizzazione di prodotti crociera costruiti ad hoc, per meglio rispondere alle diverse esigenze.
Tabella 7.2 Possibili segmenti di clienti
Nome
Caratteristiche
Gli upper class
Ricercatori di grandi emozioni, di un servizio di altissimo livello qualitativo; non sono
sensibili al prezzo in quanto cercano esclusività, non accettano consigli e, nella maggior
parte dei casi, sono clienti first timer con un’istruzione superiore e con un reddito alto;
generalmente viaggiano in coppia e hanno un’età compresa tra i 25 e i 55 anni.
I passivi
Non sono condizionati dal prezzo, sono in prevalenza coppie in luna di miele o
anniversario di nozze alle quali, in alcuni casi, il viaggio è stato regalato. Sono per lo
più first timer.
I razionali
Sono attenti conoscitori delle caratteristiche della crociera, soprattutto per quanto
riguarda le componenti funzionali, mentre non risentono dell’aspetto sociale e dei
servizi accessori. Sono principalmente first timer ma anche cruise repeater ma non
brand repeater. Sono di fascia d’età tra i 25 e i 34 anni e oltre i 55, con un’istruzione
media superiore.
Gli amanti della libertà
Prediligono un clima a bordo informale, con la possibilità di scegliere liberamente come
impiegare il proprio tempo libero. Sono principalmente brand repeater, in una fascia
d’età che supera i cinquant’anni e viaggiano in coppia o in gruppi di amici.
I sognatori influenzabili
Sono attenti ai servizi offerti durante il viaggio e anche al prezzo. Si lasciano fortemente
influenzare dal passaparola di amici/parenti e dal marchio del prodotto. Sono
principalmente first timer che partono in gruppo (nella maggior parte dei casi organizzato)
e danno molta importanza alle opportunità di socializzazione che la crociera offre.
Fonte: elaborazione da Vianelli, 2007
7.3
L’offerta
Al crescente sviluppo della domanda crocieristica, diversi cruise operator6 stanno rispondendo con ingenti investimenti che mirano ad ampliare le diverse e molteplici flotte presenti sul mercato nazionale e internazionale. Oggi, infatti, nel mercato mondiale vi è un
numero sempre crescente di navi. In particolare, nel mercato americano le imprese presenti sono circa 35 e possiedono circa 154 navi che navigano nei mari dell’America e del6
Con questo termine si indicano quelle imprese che, quasi sempre proprietarie degli scafi, organizzano, producono, gestiscono e vendono il prodotto crociera (Fonte: XV Rapporto sul turismo italiano, p. 416).
Il settore crocieristico
231
In particolare, il prodotto crocieristico presenta un nucleo principale (core), costituito
dal viaggio multidestination a bordo di una nave capace di offrire i servizi turistico-alberghieri di base e una serie di elementi distintivi presenti, di volta in volta, in diverse quantità e in differenti combinazioni e livelli qualitativi.
Il core risulta quindi formato da viaggio (trasporto via mare) e ospitalità (pernottamento in cabina).
Il prodotto crocieristico, tuttavia, non si esaurisce solo in questi servizi, ancorché fondamentali, ma presenta un’articolazione più o meno ampia, in collegamento alla necessità di
rendere la crociera un’esperienza unica, particolare, ricca di emozioni (Fig. 7.2).
È quindi più opportuno analizzare il concetto di «prodotto crocieristico allargato», utilizzando il sistema a cerchi concentrici di Smith (1994). Tale configurazione include: le attività
di transfer da/per i porti nei collegamenti con aeroporti e stazioni ferroviarie che risultano
fondamentali ai fini della scelta della crociera; le attività di ristorazione offerte a bordo (ristoranti, bar, pizzerie ecc.), che rappresentano un elemento importantissimo dell’offerta crocieristica; le diverse e molteplici attività di intrattenimento a bordo, che vengono organizzate in
modo da rispondere alle diverse esigenze dei clienti; le attività che riguardano le possibili
escursioni da effettuare a terra; lo stile, l’accoglienza e l’atmosfera che, sebbene rappresentino fattori intangibili, possono essere considerati elementi determinanti nella scelta del cruise
operator. La peculiarità del prodotto crocieristico «allargato» è che talune componenti del
servizio complessivo sono offerte da altre imprese del comparto, con le quali la compagnia
di crociera intrattiene rapporti commerciali più o meno consolidati (cfr. Paragrafo 4). In generale, le principali variabili di differenziazione, oltre alla tipologia della nave, sono:
1. il binomio qualità-prezzo: nel mercato crocieristico, il rapporto qualità-prezzo risulta un
aspetto critico nella definizione delle scelte promozionali; i diversi segmenti di domanda, infatti, appaiono esigenti sul fronte della qualità, sebbene in modo differenziato in
funzione del target (cfr. Paragrafo 2) e con un alto grado di elasticità rispetto al prezzo.
Quest’ultimo aspetto riguarda, in modo più accentuato, il mercato «di massa», quello
Figura 7.2 Il prodotto crocieristico
Accoglienza e atmosfera
Stile
Escursioni
Attività di intrattenimento a bordo
Ristorazione
Transfer da/per i porti
Viaggio (trasporto via
mare) e ospitalità (pernottamento
in cabina)
234
Imprese e sistemi turistici
Figura 7.3 Sintesi delle principali caratteristiche della domanda e dell’offerta crocieristica
Caratteristiche della domanda
Caratteristiche dell’offerta
Speciality market
Luxury market
Fascia medio-alta
Middle market
Mass market
VARIABILE DURATA:
Minicrociera
Crociera tradizionale
Grande crociera
Crociera unica
Crociera sport
Crociera periodica
+
=
Business
crocieristico
VARIABILE PREZZO:
Crociere economiche
Minicrociere
Crociere classiche
Crociere di lusso
Infine, con particolare attenzione alla durata e alla spesa media della crociera, si suole
distinguere tra:
• crociere economiche, distinte tra minicrociere, di più breve durata, e crociere di media
durata. Si tratta, in questi casi, di crociere destinate al mass market, per le quali occorrono significativi volumi di passeggeri per raggiungere il punto di equilibrio economico e realizzare profitti, considerando i bassi margini unitari;
• minicrociere e crociere classiche, più orientate verso la fascia media di mercato; quelle
più brevi, generalmente, hanno una maggiore caratterizzazione anche a livello tematico (ad esempio, le crociere «benessere»);
• crociere di lusso, generalmente di durata media o lunga, sebbene si stiano sviluppando
anche quelle più brevi (ad esempio, legate a tornei di golf o al benessere di lusso).
7.5
Caratteristiche strutturali del settore e relative tendenze evolutive
Il business delle crociere sta conoscendo profonde trasformazioni ed evoluzioni. Di
certo rappresenta uno dei comparti con il più elevato tasso di sviluppo della domanda
e con i maggiori incrementi della capacità in termini di offerta, sia rispetto al numero
di navi che alle relative dimensioni. A tale processo di crescita dimensionale delle imprese del comparto si accompagna un marcato processo di globalizzazione, caratterizzato da intensi fenomeni di concentrazione aziendale, soprattutto mediante acquisizioni a livello internazionale, al punto da giungere a una situazione di «quasi oligopolio». Parallelamente, tuttavia, in concomitanza con lo sviluppo degli short break e con
la crescente attenzione per esperienze più limitate temporalmente, si assiste anche allo sviluppo di forme di offerta di nicchia, altamente focalizzate su target e formule di
offerta specifiche.
Si vede infatti, da un lato, un crescente processo di concentrazione aziendale; dall’altro,
lo sviluppo di crociere di nicchia, specialistiche, basate su strategie di focalizzazione. Il settore presenta, indubbiamente, delle ampie prospettive di crescita nel lungo periodo. Cercando di analizzare complessivamente lo scenario del comparto, emergono alcune opportunità importanti, quali:
Il settore crocieristico
235
Figura 7.4 Tendenze evolutive del prodotto crocieristico
Prodotto di massa
Fortemente standardizzato
e rivolto al pubblico
di terza età
Prodotto elitario
Destinato a un mercato
fortemente ristretto
Prodotto altamente concentrato
In termini di offerta aziendale,
sviluppo di crociere differenziate
erogate da gruppi di imprese con
più marchi, prezzi più convenienti
e rivolti a un pubblico anche
di giovani
• la crescente importanza del fattore scala, legato alla dimensione delle navi da crociera: quest’aspetto ha reso, nel tempo, più conveniente il prezzo della crociera rispetto al passato;
• l’ampliamento sempre maggiore dei target di utenza, come evidenziato nel paragrafo
precedente: la crociera, una volta appannaggio della terza età, è adesso un desiderio
espresso anche dai più giovani, dalle famiglie e da segmenti che, una volta, sembrava
non potessero essere attratti da questo tipo di prodotto turistico. È pur vero, però, che il
concept della crociera è andato modificandosi nel tempo, divenendo sempre più un viaggio a destinazioni multiple, caratterizzato da un variegato ventaglio di servizi di tipo
amenities ed entertainment;
• lo sviluppo continuo di nuove destinazioni e nuovi schemi di itinerari: si è alla continua
ricerca di nuovi e interessanti itinerari da offrire al cliente finale;
• l’articolazione crescente dell’utenza della nave, con esigenze di servizi sempre più differenziati (aspetto che rende più complesso il prodotto complessivamente erogato).
7.6
Progettazione del processo e scelte strategiche
Rispetto quindi allo scenario del comparto, le imprese crocieristiche si trovano ad assumere importanti scelte, in termini strategici e di marketing, che riguardano più fasi della propria attività, con significative decisioni di investimento.
Il tipo di crociera si caratterizza in funzione dei target di mercato individuati attraverso
il processo di segmentazione e delle aree geografiche che si intende inserire nell’itinerario.
Conseguentemente, la scelta della tipologia di navi, della relativa dimensione, delle caratteristiche interne (arredi, strutture ecc.) deve necessariamente tener conto dei bisogni dei
target di riferimento. Le decisioni da assumere, tuttavia, non riguardano solo le dotazioni
strutturali della nave e le relative facilities ma anche altri aspetti, come la selezione del
personale di bordo, distinguendo tra risorse umane dedicate al core business del prodotto
crocieristico (pernottamento, ristorazione ed entertainment) e quelle più strettamente dedicate al trasporto, alla logistica e alle attività tecniche di bordo. Per l’erogazione del prodotto allargato, inoltre, è fondamentale assicurarsi la qualità dei servizi erogati da altre imprese, sulla base di accordi commerciali più o meno stabili e duraturi, in modo da garantirsi uno standard di qualità omogeneo rispetto al prodotto crocieristico in senso stretto.
236
Imprese e sistemi turistici
Figura 7.5 Principali fasi della progettazione-organizzazione
• Scelta del/i segmento/i
• Scelta di aree geografiche
1
• Scelta dell’impianto (nave) e del personale di coperta e macchine
• Scelta delle determinazioni interne e dei servizi erogabili
2
3
• Scelta dell’itinerario
• Scelta del personale aberghiero, di ristorazione e di intrattenimento
• Accordi con gli attori della filiera
Considerando il crescente processo di globalizzazione dei mercati, una delle maggiori
implicazioni, come già sottolineato, è il fenomeno di concentrazione dell’offerta, con lo
sviluppo di gruppi leader del mercato crocieristico. Parallelamente a tale processo, si nota
il graduale aumento di investimenti in navi dotate di un’elevata capacità di carico. Questa
tendenza dell’offerta, di fronte a una domanda sempre più articolata e segmentata, si traduce nella definizione di scelte anche di carattere strutturale, che tengono conto della presenza, sulla medesima nave, di fasce differenziate di mercato. La conquista della competitività è, infatti, legata alle strategie di business adottate e alla capacità di disporre di risorse e competenze distintive in tale processo, analizzabili all’interno della catena del valore
di un’impresa crocieristica, che si articola secondo quanto indicato in Fig. 7.6.
Tra le attività primarie, rientra, in primo luogo, quella di costruzione del prodotto e di definizione degli itinerari: tale attività è sicuramente la principale nella catena del valore in
quanto dalla scelta dei servizi da inserire nelle offerte e dalla selezione degli itinerari scaturiscono gli elementi sopra analizzati (posizionamento di mercato, possibili proposte da offrire
ai diversi target di riferimento, gestione dei rapporti con gli attori locali delle destinazioni
prescelte, che rappresentano fattori fondamentali ai fini di un’offerta sistemica del prodotto
crocieristico). Anche la capacità di gestire i rapporti con i fornitori dei servizi a terra risulta
quanto mai necessaria ai fini di una corretta gestione aziendale. D’altra parte, i cruise operator che investono significativamente in una realtà portuale crocieristica, soprattutto quando
quest’ultima rappresenta un home port per la compagnia, divengono importanti attori locali
per lo sviluppo turistico delle destinazioni servite (destination management, cfr. Capitolo 10).
Un’attività strategica, in funzione del fatto che l’impresa crocieristica è sia impresa ricettiva
che di trasporto, riguarda la gestione dei rapporti con la struttura portuale di riferimento, per
la fornitura dei servizi a terra. Da questo punto di vista, l’attività di bunkeraggio si riferisce
alla gestione dei rapporti tra la compagnia di crociera e le strutture portuali, con le diverse
aziende che si occupano della gestione delle infrastrutture del singolo porto. Tale relazione
può estendersi fino al caso di investimenti diretti, da parte della compagnia di crociera, nelle
infrastrutture portuali, come ad esempio nella costruzione dei terminal crocieristici dedicati.
Talvolta, gli investimenti della compagnia riguardano anche altre attività, come quelle commerciali all’interno delle stazioni portuali. Tale attività è trasversale rispetto al processo di
creazione e vendita del prodotto crocieristico in senso stretto10.
10
In tale circostanza, la strategia competitiva sfocia in strategie a livello corporate. Rispetto a queste ultime,
l’impresa opera una scelta strategica al limite tra l’integrazione verticale e la diversificazione laterale. Sul tema si
rimanda a Della Corte, 2004.
Il settore crocieristico
237
Figura 7.6 Catena del valore di un’impresa crocieristica
Approvvigionamenti: gasolio, materie prime, prod. alimentari
Tecnologia: innovazione trasporti, scelte promozionali e distributive
Attività
di supporto
Gestione Risorse Umane: personale di bordo e di terra
M
ar
gi
Finanza: scelte nell’impiego dei fondi e delle fonti di finanziamento
ne
Erogazione
del servizio
(questa fase
riguarda
l’esperienza
vissuta dal
cliente finale)
CRM
(fase fondamentale
per una corretta
gestione delle
relazioni con
il cliente)
gin
Gestione dei rapporti Promozione
con i fornitori
e vendita;
dei servizi a terra fiere; pubblicità;
(organizzazione sponsorizzazioni;
rapporti con imprese
vendita
che supportano
di prodotto
il «cruise operator» tramite internet;
nella realizzazione
ADV e TO
del prodotto
«crociera» in termini
commerciali)
Ma
r
Costruzione
del prodotto
e definizione
degli itinerari
(scelta dei possibili
servizi e dei diversi
itinerari da inserire
nell’offerta
«prodotto crociera»)
e
Gestione rapporti istituzionali: scelta delle diverse modalità relazionali
Attività Primarie
Fonte: elaborazione da Porter, 1992
Per quanto concerne le altre attività, di promozione e vendita, di erogazione del servizio
e di Customer Relationship Management, è bene evidenziare che si tratta di scelte di
marketing che riguardano la relazione della gestione con la clientela intermedia e finale
(cfr. Paragrafo 7.7). Tra le attività di supporto, ve ne sono diverse di carattere strategico
per le compagnie di crociera e in particolare:
• il feederaggio della nave, in termini non solo di gasolio ma anche di approvvigionamenti, in generale, di materie prime, di prodotti alimentari e merci in generale. Per tale attività, l’impresa crocieristica entra in relazione con le diverse aziende fornitrici e gestisce
i rifornimenti;
• la gestione delle risorse umane che, come evidenziato, riguarda sia il personale di terra
addetto alla nave e alle attività connesse che il personale di bordo, oltre al management
aziendale;
• la tecnologia, che rappresenta uno strumento di accompagnamento importante per
tutte le attività della catena del valore, in riferimento al trasporto, alle operation in
senso stretto e anche alle politiche di marketing, dal punto di vista delle scelte promozionali e distributive; in particolare, grande interesse sta riscuotendo l’attenzione
che alcuni cruise operator europei (è questo il caso della compagnia crocieristica
MSC) mostrano verso le tecnologie che riguardano il settore dell’eco-compatibilità
ambientale (costruzione di termovalorizzatori a bordo, sistemi per il risparmio energetico ecc.);
• la finanza: tale attività risulta strategica, considerando gli ingenti investimenti che le
compagnie di crociera devono realizzare e l’importanza delle modalità di scelta delle
fonti finanziarie a copertura degli stessi. Le imprese crocieristiche, infatti, presentano
caratteristiche economico-finanziarie vicine sia alle imprese di trasporto che a quelle ricettive. L’impiego dei fondi e il rispetto dei criteri di scelta delle fonti di finanziamento
Le agenzie di viaggio
261
Come specificato, il tour operator è un’impresa di produzione, non un mero grossista.
La distribuzione dei viaggi, invece, è solitamente affidata alle agenzie di viaggio, tradizionali od on line, sebbene sia al contempo caratterizzata da un crescente processo di disintermediazione dei servizi da parte degli altri attori della filiera.
In tale direzione, le agenzie di viaggio possono essere definite come le imprese che svolgono funzioni di distribuzione, connesse alla vendita di prodotti turistici, ponendosi come
intermediari al dettaglio delle imprese di produzione, per conto delle quali, a fronte di un
compenso, promuovono e vendono servizi turistici, generalmente ma non esclusivamente,
ai turisti.
È bene quindi distinguere le diverse categorie di agenzie (Fig. 8.1) a seconda che svolgano attività di outgoing (agenzia di viaggi, o dettagliante o retailer) o di incoming. Per quanto riguarda l’outgoing, l’attività in oggetto è di intermediazione pura3 nella vendita di pacchetti offerti ai residenti di una destinazione per viaggi in uscita. L’attività di incoming, invece, può essere realizzata:
• per conto proprio, proponendo pacchetti per gruppi di piccole dimensioni o individuali,
sulla base di specifiche richieste (tour organizer);
• in qualità di corrispondente di TO nelle destinazioni in cui giungono i turisti (corrispondenti o general sales agents);
• più in generale, in termini di realizzazione di una serie di servizi nell’ambito della destination e dei suoi dintorni (transfer, escursioni, personal shopper ecc.), per conto di altre
imprese del settore (ricettivista).
La medesima agenzia può ricoprire più ruoli tra quelli analizzati, ossia svolgere pura intermediazione in outgoing e attività di incoming come ricettivista. Nella pratica, tuttavia,
esiste una prevalenza di funzioni, in virtù delle diverse competenze specifiche richieste nei
due casi.
Infine, sono ormai diffuse anche le web-agencies, che operano esclusivamente on line
(Buhalis, Law, 2008). Queste sono sorte, inizialmente, per impulso degli stessi GDS (Global Distribution System), ossia dei grandi sistemi di prenotazione a livello internazionale, a
Figura 8.1 Le diverse tipologie di agenzie di viaggio
Outgoing
Incoming
Agenzie di viaggio
o Retailer o Dettagliante
Tour Organizer
Ricettivista
Corrispondente
o General Sales Agent
3
Il terzo comma dell’articolo 22 della CCV, infatti, precisa che «l’intermediario non risponde dell’inadempimento totale o parziale di viaggi, soggiorni o altri servizi che siano oggetto del contratto». La responsabilità deriva esclusivamente dalle obbligazioni nascenti dal suo ruolo di intermediario nei limiti previsti dalla normativa e
solo nel caso in cui l’utente fornisca la prova di un suo comportamento negligente nella scelta del fornitore pacchetto (tour operator) e viene disciplinata dalla CCV.
Le agenzie di viaggio
263
Tabella 8.1 Parametri di classificazione per le agenzie di viaggio
Parametro
Classi
Specializzazione produttività
– Leisure
– Business
Tipologia di attività
– Outgoing
– Incoming
Dimensione
– grande (pluri-localizzata)
– media (pluri-localizzata)
– piccola (mono-localizzata)
Ambito competitivo di riferimento
– locale
– regionale
– nazionale
– internazionale
Assetto proprietario e manageriale
– impresa padronale
– impresa manageriale
Ubicazione
– agenzie di centro commerciale delle città
– agenzie di zone residenziali
– agenzie di piccole città
– agenzie dei centri direzionali delle maggiori città
– agenzie di località turistiche
– agenzie nei pressi delle università
8.3
Il prodotto e la catena del valore
Pur nelle evidenziate differenziazioni, l’attività dell’agente di viaggio, si concretizza, in via
generale, in una serie di funzioni4, di cui le principali sono:
a. prenotazione dei posti, emissione e vendita di biglietti per conto di imprese di trasporto
di persone, con commissioni generalmente fissate tra l’1% e il 7%. Per lo svolgimento di
tale attività, l’ADV deve ottenere la licenza IATA (International Airline Travel Association), che implica anche una verifica, dei requisiti posseduti dall’agente di viaggio5,
da parte di tale associazione;
b. prenotazione dei servizi delle aziende ricettive, ovvero la vendita di voucher per tali servizi, con commissioni che possono variare tra l’8% e il 20%;
c. vendita di prodotti definiti complessi, «confezionati» dai TO, che prevedono viaggi indi4
La licenza richiesta da un agente di viaggio, per riguardare anche l’attività di tour operating, deve necessariamente comprendere entrambi le attività. Per l’ottenimento della licenza, occorrono una serie di adempimenti,
consistenti nella predisposizione di documenti relativi alla società, al titolare, ai locali, oltre a specifiche assicurazioni e fideiussioni.
5
In Italia è stato creato l’Agency Service Office della IATA per amministrare e gestire le attività degli agenti di viaggio italiani, nonché per assicurare che i requisiti richiesti vengano mantenuti dagli agenti approvati. Tali
requisiti sono sia strutturali e strumentali dell’agenzia, sia riferiti alla formazione del personale, oltre che alla situazione finanziaria dell’impresa richiedente, deducibile dai bilanci.
Le agenzie di viaggio
265
Ovviamente, gli e-intermediaries non svolgono attività di incoming ma si occupano dell’intermediazione sulla vendita di pacchetti e singoli servizi su scala globale. Solo le imprese leader riescono anche a svolgere una relativa attività di tour operating, nel senso che acquistano i servizi attraverso il contratto vuoto per pieno o con allotment (cfr. Capitolo 3),
per poi rivenderli con un proprio mark up.
Rispetto all’attività dell’agenzia di viaggio, è quindi possibile definirne la catena del valore che, ovviamente, varia a seconda del tipo di attività (outoging o incoming).
In generale, vi sono alcune attività trasversali, di supporto, quali:
1. la direzione e il coordinamento realizzate, a seconda dei casi, dall’imprenditore delle imprese di piccole dimensioni, anche a carattere familiare, o dai direttori di agenzia (anche
franchisee) nei casi di catene o altre forme aggregative;
2. l’Information and Communication Technology, che investe in modo sostanziale l’intero
ciclo di attività della catena del valore, sia a livello informatico che multimediale: dalla
capacità di gestione di tale variabile dipende anche la capacità dell’agenzia di gestire la
tecnologia in sé quale opportunità o minaccia per la propria attività. L’ICT inserita nella catena del valore riguarda, quindi, l’uso strategico specifico che l’agenzia riesce a fare
della tecnologia, in funzione delle capacità e competenze possedute, sia rispetto al cliente finale che nell’attività di back office (amministrazione, contabilità ecc.);
3. l’attività di gestione delle risorse umane è una variabile critica importante, per tutte le tipologie di agenzie, considerando che dalla professionalità, competenza e simpatia degli
addetti dipende il grado di soddisfazione della clientela. È chiaro, tuttavia, che vi sono
differenze sostanziali tra le imprese: da un lato, vi sono quelle individuali spesso gestite
a livello familiare, rispetto alle quali il singolo dipendente deve necessariamente assimilarsi all’impostazione della famiglia di riferimento8, dall’altro lato, vi sono invece strutture di dimensioni più grandi, nelle quali si assiste a processi più organizzati e formalizFigura 8.2 La catena del valore delle agenzie di viaggio
Information & Communication Technology
Ma
rgi
Gestione Risorse Umane
Attività
di supporto
ne
Amministrazione e Finanza
Direzione e Coordinamento
Marketing–
Rapporto
con i clienti
Back
Office
Front
Office
Assistenza
post-vendita
Ma
rg
ine
Rapporto
con i fornitori
Attività Primarie
8
Sul tema dell’impresa familiare, si rimanda a Viganò, 2005 e 2006; Alcorn, 1982; Gallo, 1993; Berger, Udell,
1998; Anselmi (a cura di), 1999; Angiola, 2000; Tiscini, 2001; Zocchi, 2004; Tutelman, Hause, 2008.
Le agenzie di viaggio
269
Tabella 8.2 I principali fattori che influenzano l’attività delle ADV
• Disintermediazione da parte delle compagnie aeree e crescente fenomeno del low cost
• Crescente capacità della popolazione nell’utilizzo degli strumenti informatici
• Liberalizzazione delle licenze di esercizio
• Sviluppo degli intermediari on line
• Sviluppo di Customer Relationship Management e contatti diretti con la clientela
• Diffusi processi di re-engineering da parte dei tour operator
• Sviluppo dei Destination Management Systems
Fonte: elaborazione da Buhalis, 2003, Cooper et al., 2005
e utenti che hanno rapporti pluriennali con il proprio agente di viaggio) un importante
elemento di scelta d’acquisto. Sicuramente, l’esperienza, l’aver viaggiato e visitato i luoghi
proposti conferisce un valore aggiunto all’agente, in quanto alla capacità di persuasione si
aggiunge la conoscenza e l’esperienza realmente vissuta (combinando, quindi, la professionalità nella vendita dei prodotti turistici con l’effetto «passaparola», che rappresenta
una delle principali leve promozionali).
Viceversa, la liberalizzazione ha condotto anche ad un proliferare di agenzie di viaggio
spesso non accompagnate da competenze e preparazioni specialistiche, di fronte ad una
domanda al contrario sempre più informata. Inoltre, molte agenzie, di fatto, non godono di
rapporti consolidati con altri operatori del settore e quindi non possono ottenere condizioni migliori, mentre i turisti più preparati riescono spesso ad acquistare delle proposte
molto interessanti in termini di rapporto qualità/prezzo (si pensi ai deal seeker o agli upmarket deal seeker individuati nel Capitolo 2). La crescente riduzione del ruolo ricoperto
dall’ADV nel processo di scelta del turista è confermata dalla diffusione di internet e dalla sempre maggiore propensione dell’utenza ad operare on line (Barney, Della Corte, Sciarelli, 2005).
8.5
Le reti di affiliazioni
In tale scenario, si assiste alla crescita del numero di affiliazioni e allo sviluppo continuo di
nuove formule innovative. I tour operator tendono ad attivare sistemi di fidelizzazione dei
network e, in determinati casi, a investire direttamente in questa direzione (integrazione
verticale), acquisendo quote anche di controllo degli stessi network (Della Corte, 2004,
Capitolo I). In ogni caso, sono in corso processi di re-engineering da parte dei tour operator (cfr. Capitolo 3), i quali operano recuperi di efficienza e di margini conseguiti anche attraverso lo snellimento delle strutture organizzative e delle fasi di accesso alla domanda finale. In tale direzione, d’altra parte, devono essere interpretate anche le scelte di investimento in sistemi di Customer Relationship Management (Shahnam, 2000; Yen, 2002; Pride,
Ferrel, 2005; Angelini, 2005; John, 2007; Di Vittorio, 2007) e di fidelizzazione della clientela, che tendono a creare un rapporto diretto tra l’operatore e il turista. Ciò vale non solo
per i tour operator ma anche per le compagnie di crociera (cfr. Capitolo7).
Tale situazione ha determinato un cambiamento nei percorsi evolutivi delle forme di
gestione e di governo delle agenzie di viaggio. Rispetto, infatti, alla tradizionale distinzione
272
Imprese e sistemi turistici
click del computer) e l’agenzia tradizionale (brick, mattone) o, ancora, lo shop in shop,
basato sulla combinazione tra diverse attività commerciali (agenzia e bar, agenzia e libreria specializzata in libri e riviste di viaggi ecc.).
In Italia esistono, inoltre, le associazioni di categoria, di matrice sindacale, come la Fiavet
(Federazione Italiana degli Agenti di Viaggio e Turismo), facente capo all’associazione di
Confcommercio, e l’Assoviaggi, legata a Confindustria e Federturismo. Queste ultime hanno
un ruolo specifico di rappresentanza della categoria negli incontri istituzionali su tutti i temi
che, direttamente o indirettamente, riguardano il comparto agenziale. La funzione di queste
associazioni è mutata nel tempo in virtù dei cambiamenti nei rapporti tra le agenzie di viaggio
e le compagnie aeree in primo luogo, nonché con gli altri attori della filiera. Oggi svolgono
un’attività di assistenza di tipo prevalentemente consulenziale, a livello fiscale e contabile, di
aggiornamento legislativo e sviluppano progetti di formazione e ricerca con altri soggetti istituzionali (altre associazioni di categoria, università, scuole). Fiavet e Assoviaggi rientrano, infine, tra gli organi attualmente consultati dagli Enti Locali e nazionali rispetto alle decisioni di
politica del turismo. In riferimento all’attività agenziale in senso stretto, lo stesso fenomeno
delle aggregazioni interimprenditoriali ha condotto alla creazione di reti e aggregazioni che,
dal punto di vista commerciale, rispondono in modo mirato alle esigenze di business delle singole aziende.
È possibile analizzare le diverse formule aggregative in funzione del potenziale ambito
di azione (in termini geografici e di distribuzione sul territorio) e del grado di flessibilità
versus rigidità della configurazione. Tale ultimo aspetto è stato valutato in funzione di una
serie di variabili, che mostrano quanto sia strutturata l’aggregazione. Alcune ricerche empiriche (Celiento, Della Corte, Sciarelli, 2005) hanno evidenziato, tra le più significative, le
seguenti variabili: pagamento di fee d’ingresso, conferimento di royalty sul fatturato, consulenza e formazione per gli affiliati, centralizzazione del processo di selezione dei fornitori, centralizzazione di campagne promozionali, possibilità di azioni di marketing indipendenti, adozione del marchio. Premesso che tutte le suddette variabili mutano a seconda
della forma di aggregazione, così come evidenziato nell’analisi di ciascuna formula, i fattori che possono essere ritenuti maggiormente discriminanti tra le diverse configurazioni sono: il pagamento di fee d’ingresso, il versamento di royalty e la possibilità di attivare politiche di marketing indipendenti. È chiaro che le forme maggiormente strutturate e organizzate risultano più rigide, con un maggiore controllo e coordinamento al vertice e una maggiore omogeneità anche nei metodi e negli approcci manageriali (Fig. 8.3).
Rigidità/flessibilità
Figura 8.3 Flessibilità e ambito di azione delle principali forme di networking
Netwo
rk rigid
i
Catena di
proprietà
Franchising
lli
k sne
etwor
N
Asociazioni
in partecipazione
Gruppi
di acquisto
Agenzia
indipendente
Potenziale ambito d’azione
274
Imprese e sistemi turistici
Figura 8.4 Modalità di raggiungimento del vantaggio competitivo sostenibile per un network
di agenzie di viaggio
Fasi del processo
Obiettivi strategici
del network
Configurazione del network
Selezione dei membri
partecipanti
Capacità imprenditoriali
e manageriali
Competenze organizzative
Risorse dei membri
partecipanti
Risorse e competenze strategiche
Vantaggio competitivo sostenibile
5. la propensione alla collaborazione da parte degli affiliati, con la consapevolezza dei
vantaggi che questa è in grado di generare;
6. l’esistenza di un managerial fiat (Alvarez, 2005; Alvarez, Barney, 2007), in termini di approccio imprenditoriale (intuito di business, capacità di insight ecc.) e manageriale
(coordinamento);
7. l’utilizzo di sistemi di gestione e di supporto alle decisioni che migliorino il livello di efficienza della gestione di ciascun componente e accentuino lo sviluppo di un linguaggio
comune e anche una logica competitiva11.
In conclusione, il comparto agenziale, come gli altri comparti del settore, si trova di fronte a
una revisione e modifica radicale del proprio ruolo all’interno della filiera e, ancor più, della
propria identità. Rispetto a tale scenario, i temi sui quali si ritiene si giocherà, in prospettiva, il
futuro di questa tipologia di imprese, riguarderanno in particolare alcuni aspetti, quali:
• il rapporto tra agenti generalisti e specialisti in un regime di crescenti competenze specialistiche necessarie per gruppi di utenti sempre più esigenti e differenziati;
• il ruolo e l’evoluzione delle stesse formule aggregative, soprattutto in riferimento al
ruolo dell’outgoing nella distribuzione dei prodotti;
• una valutazione prospettica sulla possibilità effettiva di sopravvivenza per la singola
agenzia di viaggio.
In altre parole, le agenzie di viaggio si trovano di fonte a una sfida: trovare nuovi percorsi strategici o rischiare di non sopravvivere! Resta di fatto che l’ADV deve fare i conti
con una distribuzione che tende a divenire sempre più no store (Bertozzi, 2005), in uno
scenario in cui anche le imprese che non optano per la totale disintermediazione ricorrono
quantomeno alla multicanalità.
11
In questi casi si parla di coopetition, in riferimento alla collaborazione tra imprese concorrenti. Sul tema, si
veda Della Corte, Sciarelli, 2008; Barney, Hansen, 1994; Brandenburger, Nalebuff, 1996; Chien, 2005; Cairo, 2006.
296
Imprese e sistemi turistici
Figura 9.1 La relazione tra il CB e gli altri attori del settore turistico
DOMANDA
• Associazioni di professionisti
• Associazioni scientifiche
• Aziende
• Organizzazioni
PCO
MP
Convention
Bureau
OFFERTA
• Centri congressi
• Ricettiva
• Ristorazione
• Agenzie di interpreti e traduttori
• Società di comunicazioni
• Imprese di servizi tecnici
• Agenzie di intrattenimento
• Vettori di trasporto
• Enti pubblici
Fonte: elaborazione da Antonioli Corigliano, Gallo, 1998
destinazione, realizzando materiale promozionale e informativo dei prodotti e dei servizi
congressuali. Devono, poi, effettuare ricerche di mercato sulle aziende più inclini ad investire in eventi, creando apposite banche dati, e realizzare database sugli operatori, così da
incentivare l’incontro tra clienti e fornitori. Sono, infine, a disposizione dei corporate meeting planner che, dovendo scegliere la location per un evento, hanno bisogno di uno o più
preventivi con tutte le voci di costo. In tal senso, operano soprattutto attraverso alcuni elementi fondamentali, quali l’immagine turistica e non del Paese (o della località, in caso di
visione più ristretta) per cui operano, l’offerta congressuale presente nell’area di riferimento, oltre che il contatto diretto con i differenti fornitori di servizi.
Fra gli operatori congressuali è opportuno considerare anche le agenzie di viaggio. Infatti, un congresso è assimilabile a un pacchetto turistico: da un punto di vista tecnico entrambi
sono la combinazione di diversi servizi e prodotti forniti da terzi, ai quali l’agente conferisce
originalità e caratteristiche specifiche per un determinato target. Di conseguenza, le imprese deputate alla predisposizione del pacchetto evento e alla relativa vendita sono le agenzie
di viaggi con licenza di organizzatori. Alcune leggi regionali concedono loro l’autorizzazione a organizzarli; in questo caso, organizzatore di congressi e agenzia coincidono.
I cambiamenti in atto nell’ambito congressuale, a cui si faceva riferimento al principio
del paragrafo, hanno modificato anche i rapporti tra i professionisti del settore. In particolare, le istanze attuali puntano alla qualità connessa alla necessità di riduzione dei costi.
Ciò ha determinato, da un lato, lo sviluppo di alcune figure professionali a scapito di altre
e, dall’altro, una crescente disintermediazione tesa a favorire i rapporti diretti tra i committenti/promotori dell’evento e le location ospitanti. In tal senso, si assiste a una crescente integrazione verticale e a un maggiore controllo sul mercato di origine della domanda
da parte delle aziende congressuali, sebbene vi sia una crescita significativa nel ricorso ai
PCO, dovuta soprattutto all’istanza qualitativa. Le prenotazioni dirette sono, infatti, aumentate del 38% e sono corrispondentemente diminuite quasi tutte le altre modalità. Si è
ridotto in modo rilevante il ruolo dei Convention Bureau, la cui quota di mercato è calata
significativamente, soprattutto nel comparto dei centri congressi. Anche i tour operator e
le agenzie di viaggio hanno registrato rilevanti flessioni delle loro quote di mercato (rispettivamente –26% e –21%) dovute soprattutto alle perdite di quota nel comparto alberghiero (Osservatorio Congressuale, 2006).
Da quanto detto appare chiara l’importanza del comparto MICE per una destination,
soprattutto in termini di destagionalizzazione dei flussi e di generazione di revenue, pertanto occorrerebbe una maggiore professionalizzazione del comparto tale da incontrare le
esigenze specifiche della domanda, soprattutto in termini di ospitalità ed ITC.
320
Imprese e sistemi turistici
tività e fattori di attrattiva che, situati in uno spazio definito (sito, località, area), sono in
grado di proporre un’offerta turistica articolata e integrata, ossia rappresentano un sistema di ospitalità turistica specifica e distintiva, che valorizza le risorse e la cultura locale»
(Rispoli, Tamma, 1995, p. 41).
Secondo tale definizione, rispetto alla quale il concetto di SLOT può essere considerato
sinonimo di STL, gli elementi caratterizzanti sono: il territorio, l’offerta integrata e il sistema di attori. Vi è una forte componente strategica in tale visione, che vede la collaborazione tra gli stakeholder locali per la valorizzazione dei fattori di attrattiva e delle risorse del
territorio, secondo un processo in grado di combinare insieme, in modo originale, le attrattività di diversa natura esistenti nell’area. Il tipo di collaborazione tra gli attori è legato,
appunto, alla logica di rete e, quindi, al networking.
Questo concetto di STL/SLOT riguarda, allora, la logica sistemica alla base del concetto di destination illustrato nel Capitolo 1: se, infatti, la destination rappresenta un luogo in
grado di attrarre autonomamente domanda, ciò implica che vi sia una qualche forma organizzativa e strategica di tipo sistemico esistente sul territorio. La logica sistemica è, quindi,
il presupposto per la nascita e lo sviluppo delle destination. È chiaro che la competitività
tra le destination si sviluppa, poi, sulla base delle capacità e competenze presenti sul territorio e, quindi, dell’efficacia relativa del sistema di relazioni attivato. Questo spiega perché, ad esempio, destination con scarse dotazioni di tipo naturalistico o artistico-culturale
riescono comunque ad attrarre numerosi flussi turistici e a risultare altamente competitive
rispetto ad altre aree che, pur essendo dotate di innumerevoli importanti risorse, non presentano il dovuto riscontro in termini turistici. Si pensi proprio alla progressiva erosione
della quota di mercato italiana sul turismo globale, pur presentando il nostro Paese risorse
variegate, spesso uniche (si pensi ad alcuni tratti di costa, alle realtà archeologiche come
gli scavi di Pompei) e pari a un’elevata percentuale del patrimonio culturale mondiale (l’Italia possiede quasi il 14% dei siti culturali, ovvero il 6% del patrimonio culturale mondiale, UNESCO).
Tuttavia, questa logica sistemica appare di difficile realizzazione. Dalle ricerche effettuate (Della Corte, Migliaccio, Sciarelli M., 2007), infatti, emerge che vi sono alcuni fattori
critici, in assenza dei quali risulta improbabile riscontrare una vera e propria logica sistemica e dalla cui interazione dipende anche la competitività del sistema stesso. I principali
sono indicati in Tab. 10.1.
In primo luogo, occorre una chiara vocazione turistica, che può riguardare anche differenti prodotti nell’ambito di un determinato territorio (ad esempio, turismo balneare e
Tabella 10.1 I fattori critici nella nascita e nello sviluppo degli STL
1) La vocazione d’area
2) Imprenditorialità vivace e diffusa
3) Relazioni a diversi livelli
4) Visione strategica d’insieme
5) Governo del territorio e destination management
6) Grado di efficacia ed efficienza dell’organizzazione turistica locale
7) Programmazione di eventi competitivi
Fonte: elaborazione da Della Corte, Migliaccio, Sciarelli M., in Sciarelli S. (a cura di), 2007, p. 136
Il destination management
321
culturale, come nel caso della Costiera Sorrentina e Amalfitana in Campania) ma che deve essere caratterizzata dalla presenza di attività turistiche. È chiaro che, a seconda della
prevalenza delle risorse esistenti, vi sarà una maggiore propensione verso una più specifica vocazione.
Un altro aspetto indispensabile, che richiama anche fortemente la logica distrettuale, è
quello della presenza di un adeguato livello di imprenditorialità sul territorio, in assenza
del quale è impossibile pensare che si possa attivare un processo di sviluppo sistemico in
un’area. L’elemento discriminante non è solo la presenza di imprenditorialità ma anche il
grado di dinamicità della stessa, l’intuito (insight) strategico e la comprensione dei vantaggi della logica collaborativa. Questo aspetto riguarda, ovviamente, tutti gli anelli della filiera che contribuiscono alla creazione del prodotto. L’imprenditorialità da sola, tuttavia, non
può risultare sufficiente in quanto occorre anche la propensione al networking. Ovviamente questo dipende dal grado di fiducia esistente tra i diversi soggetti che definiscono l’offerta locale, i quali devono condividere una visione strategica d’insieme ed essere pronti
ad attivare relazioni a più livelli e in più direzioni (tra le imprese, tra queste ultime e le
Istituzioni, con il contesto esterno).
Si può, quindi, individuare una diversa combinazione tra i fattori appena evidenziati e
verificare la combinazione tra gli stessi, per valutarne le relative implicazioni (Fig. 10.1).
Come si può riscontrare nella matrice, è possibile analizzare la combinazione tra il livello di imprenditorialità e managerialità (che implica anche il grado relativo di conoscenza del mercato da parte degli attori locali) e l’approccio maggiormente caratterizzato
da atteggiamenti opportunistici (Coase, 1987; Williamson, 1981, 1985), piuttosto che di fiducia tra i soggetti interessati6. Nei casi in cui prevalga l’opportunismo, si è di fronte o a
sistemi marginali, con un livello di imprenditorialità e managerialità basso da parte degli
attori locali, o finanche a contesti ostili, in quanto, pur risultando elevato il livello di managerialità e imprenditorialità, si riscontra una scarsissima propensione al networking,
spesso per difendere posizioni oligopolistiche acquisite. In tale circostanza, tuttavia, vi è
una certa miopia imprenditoriale, sebbene magari in presenza di elevate competenze di
tipo manageriale, nello svolgimento della propria specifica attività. È importante verificare, in questi casi, se stia comunque maturando una visione strategica d’insieme. Là dove
Figura 10.1 Livello imprenditoriale e manageriale, opportunismo e fiducia nella logica sistemica
Livello imprenditoriale e manageriale (conoscenza del mercato)
Alto
Basso
Contesto Ostile
Visione Strategica
Sistema Marginale
Visione Strategica
Sì = difficile ma instabile
No = difficile attuazione
No = difficile attuazione
Sì = elevati sforzi
Necessità di leadership
Visione Strategica
Sistema Spontaneo
Visione Strategica
Sì
Sì
Opportunità
Versus
Fiducia
6
Tale matrice deriva dall’ulteriore elaborazione di tre tipi di confronto e precisamente, la matrice in Della Corte, 2000, p. 122, quella in Della Corte, Sciarelli M. , 2006, pag. 399 e la matrice in Della Corte, Migliaccio, Sciarelli M.,
2007.
Il destination management
325
tante una politica di sviluppo sistemico di tipo aperto, con una serie di reti e collegamenti in
funzione dei diversi mercati di riferimento. L’attività di incoming andrebbe, quindi, programmata in stretto collegamento e coordinamento a livello di intero sistema Paese, di Regioni e
di aree territoriali appunto più circoscritte (destination, in termini di STL).
Là dove vi sia una classe imprenditoriale particolarmente intraprendente, vi sono forme
associative di natura appunto privata (Consorzi, Associazioni), che vedono talvolta anche
la partecipazione di Enti istituzionali (ad esempio, le Camere di Commercio) e che rappresentano i principali attori nella realizzazione di iniziative di marketing integrato sul
territorio. È questo il caso dei sistemi locali identificati nell’area dolomitica, che possono
essere considerati come sistemi economici spontanei, nati da processi aggregativi di tipo
bottom-up a livello della popolazione locale. Infatti, la forte identità geografica dei luoghi
e il senso di appartenenza degli operatori locali hanno permesso la creazione di un elevato
grado di fiducia, trasferito nella collaborazione interaziendale e nell’associazionismo a tutti i livelli della filiera turistica. In tale contesto, un ruolo fondamentale è svolto dalle APT
e dei Consorzi, soprattutto a livello di informazione, promozione e commercializzazione
dai prodotti derivati dall’integrazione dei diversi attori locali.
Un altro tipo di configurazione piuttosto diffuso è quello delle Agenzie per lo sviluppo
(anche sottoforma di fondazioni), di matrice generalmente pubblica o mista, per la gestione strategica del territorio a livello di interi Stati, Regioni, aree metropolitane, Province e
Comuni11.
Vi sono, poi, altre forme di coordinamento del territorio, come nel caso dei contratti di
programma o dei patti territoriali, finalizzati allo sviluppo di specifici territori. Si tratta,
tuttavia, di iniziative per la realizzazione di investimenti, attraverso un sistema di incentivi
con fondi pubblici (contributi a fondo perduto, crediti d’imposta ecc.). La matrice resta
pubblica e si sviluppa secondo un processo di tipo top-down, soprattutto finalizzato al
coordinamento degli insediamenti in un territorio e alla realizzazione di eventuali infrastrutture necessarie, piuttosto che alla realizzazione di interventi di marketing strategico.
In Tab. 10.2 sono, indicate le diverse configurazioni, evidenziando la prevalenza di un
processo di creazione dell’Ente pivot di tipo bottom-up o top-down.
Tabella 10.2 Le principali configurazioni di soggetti pivot
Top-down
Bottom-up
Enti Locali (Comuni)
Consorzi
APT
Associazioni
Agenzie di sviluppo
Società di sviluppo (anche partecipate da CCIAA)
Enti di coordinamento contratti di programma
e/o patti territoriali
11
A livello europeo, uno specifico programma (PHARE) è volto a incentivare la nascita delle Agenzie di sviluppo. Tra le principali forme riscontrabili a livello europeo, si distinguono quattro tipologie (Consiglio, 1999;
Martini, 2005): l’Agenzia integrata, volta allo sviluppo territoriale di un’intera nazione (ne sono un esempio
quelle irlandese, portoghese e slovena); l’Agenzia ombrello, che opera a livello nazionale ma in collegamento
con altri Enti territoriali, rispetto ai quali ricopre ruoli di coordinamento e di supporto (ad esempio, l’agenzia
DATAR Francia); l’Agenzia a rete che, nell’ambito, appunto, di un network più ampio, svolge determinate attività relative al contesto locale; l’Agenzia autonoma, con competenza regionale, finalizzata proprio allo sviluppo
del territorio (es. in Scozia e in Catalogna).
Il destination management
329
Figura 10.2 Metodologia di pianificazione del marketing territoriale
Definizione obiettivi/strategie
Assessment
Vocazione Territoriale
Audience Profile/Community
Analisi obiettivi
Posizionamento Value Proposition
Strategia
e Cambiamento
Selezione Audience Target
Piano di sviluppo strategico
Fonte: elaborazione da Verdini, 2007
• risorse del territorio: si tratta dei già citati fattori di attrattiva, ossia le risorse in grado di
attirare domanda e identificabili con la dotazione del patrimonio artistico-culturale, archeologico, naturalistico di un territorio, così come nelle attrattive man-made (si pensi
ai parchi divertimento, ai parchi acquatici ecc.);
• le capacità delle singole imprese nello svolgimento dei rispettivi servizi che compongono l’offerta complessiva: si tratta delle routine organizzative (Nelson, Winter, 1982), di
tutte le abilità (skills) acquisite nel tempo, nella professionalità specifica13;
• le competenze di rete e di sistema, ossia la visione complessiva a livello di destination e
le competenze acquisite nel processo di sviluppo del territorio, di coordinamento degli
attori, di valorizzazione e promozione delle stesse risorse locali.
È chiaro che la variabile organizzativa riguarda la presenza di sistemi adeguati di supporto
alle decisioni, quali: la pianificazione strategica e di marketing, l’adozione di destination management systems (ossia portali relativi all’intera destination), di sistemi di intranet ed extranet per favorire lo scambio di informazioni tra i partecipanti al network, efficiente organizzazione turistica locale e centrale, con cui la destination management company si interfaccia.
A ciascuno di questi livelli possono anche essere collegate diverse fasi di apprendimento:
nell’ambito delle capacità, si è di fronte al know-how (saper fare) e al saper cosa fare nelle
diverse situazioni (know what), aspetto quest’ultimo più strettamente legato alla professionalità, ossia alla comprensione di come offrire e proporre un servizio di qualità, di risoluzione dei problemi, gestendoli in modo professionale e manageriale; le competenze di sistema
consentono la comprensione del know why, del sapere perché sia importante la cooperazione interaziendale e la logica sistemica. Tra le competenze di sistema le core competence14
13
Nel concetto di capacità sono stati combinati quelli di routine (legate alla specializzazione nello svolgimento delle mansioni) che generano il know-how, e di capability, che implica una professionalità acquisita con
maggiore consapevolezza (know what). Si veda Andrew, Ciborra, 1996; Della Corte, 2000.
14
Sul concetto di core competence, si rimanda a Hamel, Prahalad, 1989 e ss.
Il destination management
331
Figura 10.3 Catena del valore di una destination
Attività
di supporto
Infrastrutture
Information & Communication Technology
Enti e Istituzioni Locali
Marketing livello indotto e organico
Ma
rgi
ne
Destination Planning & Management
Trasporti e
accessibilità
Assemblaggio
(Package
e Dynamic
Packaging)
Ricettività Amenities
(alberghiera e servizi
ed extra- incoming
alberghiera)
Gestione
fattori
attrattiva
locale
Vendita
ine
rg
Ma
Attività Primarie
Fonte: elaborazione da Verdini, 2007
tuzioni Pubbliche Locali, l’attività di destination management, legata alla presenza di un
vero e proprio processo di pianificazione e sviluppo strategico del territorio (che come visto può essere realizzata anche da un soggetto ad hoc).
All’interno di ciascuna attività della destination, quindi, confluiscono le catene del valore delle diverse tipologie di impresa che operano a livello locale: dalle sinergie generabili e
dall’interscambio delle risorse e competenze dipende il valore che si riesce a creare per il
cliente, a livello di intera destination. In coerenza, quindi, con gli orientamenti di tipo strategico, le azioni di marketing devono rispecchiare un approccio integrato, sia nella prima
fase del processo (livello indotto) che nella seconda (livello organico – cfr. Capitolo 2).
10.6
Le scelte di marketing integrato
Considerando le osservazioni introduttive e i richiami agli aspetti principali nella gestione
del marketing delle diverse imprese del settore, realizzati nel Capitolo 2, in questa sede è
opportuno focalizzare l’attenzione sugli elementi distintivi e caratterizzanti, nello specifico, il destination management, che non sono rientrati esplicitamente nelle considerazioni
precedenti. Premesso, infatti, che, per l’efficacia di un sistema turistico sul mercato occorre
che i diversi attori della filiera siano in grado di realizzare sforzi di marketing efficaci ai diversi livelli, in riferimento all’intera destination è importante concentrarsi sull’integrazione, su cosa quest’ultima realmente rappresenti per il mercato e sulle implicazioni conseguenti in relazione all’offerta.
Come visto, una componente essenziale del destination management, che deriva dalle
scelte strategiche assunte, è quella delle decisioni in termini di marketing per attrarre flussi turistici e assicurare un adeguato livello di customer satisfaction e retention.
A tal scopo, risulta utile il ricorso a un approccio di marketing integrato, sullo schema
degli elementi metodologici individuati nel Capitolo 2, che miri ad agire sulle diverse fasi
dell’AIDA’S model. Con particolare riferimento alla scelta dell’alternativa tra le destinazioni, diversi modelli (Pearce et alii, 1998; Kelly, Nankervis, 2001; Martini, 2005) distinguono la fase dell’awareness set, legata alla consapevolezza dell’esistenza di un set di destina-
336
Imprese e sistemi turistici
di, iniziative di marketing territoriali, prima che turistico). L’immagine negativa è generata
principalmente da annunci e comunicazioni negative da parte dei media, in riferimento a
disastri, atti di violenza, vandalismo e problemi sociali.
Nel caso dell’immagine mista, si combinano aspetti positivi e aspetti negativi su di un
luogo: ad esempio, la città di Washington DC negli USA, considerata una città attraente
con un serio problema di criminalità. Infine, le immagini contraddittorie sono quelle caratterizzate dai due estremi: aspetti estremamente positivi e negativi: Tel Aviv, in Israele, è
una potenziale meta turistica di grande attrattività, ma la minaccia pressante del terrorismo ne frena sensibilmente il turismo potenziale. Le diverse tipologie di immagini possono essere posizionate in un grafico (Fig. 10.4), sulla base della percezione positiva o negativa da parte della domanda e della presenza di un ridotto e limitato numero di fattori di attrattiva di rilievo.
Il posizionamento delle destination, tuttavia, deve essere interpretato in chiave dinamica: si pensi alla città di New York City che, dopo aver avuto per anni un’immagine negativa, legata ai problemi della criminalità, del caos, del rischio, ha progressivamente acquisito
un’immagine di città più ordinata, sicura e, soprattutto, evoluta in diversi comparti, tra cui
quello della moda. Oggi è, infatti, associata a una delle principali mete della moda internazionale, cominciando a divenire concorrente di destination tali per tradizione (ad esempio,
Milano). Ulteriore esempio, negli anni, è stato quello della città di Barcellona, che ha conosciuto un chiaro processo di riconversione, entrando in un ciclo di sviluppo che la rende
oggi una delle mete più attraenti a livello internazionale, per diverse tipologie e target di
turismo. Altre città, come Napoli, da sempre caratterizzate da un’immagine contraddittoria, hanno rischiato di crollare in un’immagine negativa per una serie di motivi (sicurezza,
igiene urbana), rispetto ai quali si auspica una ripresa alla stregua delle città precedentemente menzionate. Tra le destinazioni positive, Roma conosce una fase positiva ma tende
a divenire una destination troppo attraente, rischiando, pur nelle sue ampie dimensioni, di
sfociare in situazioni analoghe ad altre città d’arte italiane.
Come detto, però, il posizionamento risulta anche strettamente legato al ciclo evolutivo
della destination (Della Corte, 2000). È, quindi, opportuno coordinare la creazione dell’immagine con la vision e la mission della destination, ossia la principale vocazione e aspirazione del destination management, anche esplicitato nella vision (qual è la proposta della
Figura 10.4 Possibili tipologie di immagine della destination
Percezione positiva
New York City
oggi
Treviso
(debole)
Roma
(positiva)
Venezia
(eccessivamente positiva)
Washington
(mista)
Pochi fattori
di attrattiva
New York City anni ’80
(negativa)
Percezione negativa
Napoli
(non positiva)
Molti fattori
di attrattiva
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Imprese e sistemi turistici
Figura 10.5 La piramide della Customer Satisfaction rispetto a una località turistica
IMMAGINE DESTINATION
ATTRATTIVITÀ PRODOTTI
SINGOLI SERVIZI
Fonte: della Corte, 2000
complesso la gestione della qualità diviene molto più difficile, in quanto dipende, appunto,
dal livello dei singoli servizi erogati, dei servizi pubblici locali, dall’efficienza dell’organizzazione turistica locale, nonché dal grado di armonia e omogeneità tra le diverse componenti.
La percezione, come visto in apertura del presente lavoro (cfr. Capitolo 1), è complessiva:
se vi è una disfunzione, nel viaggio, di una sola componente, questo può influire negativamente sulla percezione del turista in riferimento alla destination. A ciò si aggiunge che, a
differenza della qualità dei singoli servizi, rispetto ai quali il turista tende ad acquisire una
percezione «dall’esterno» dell’operato altrui, nel prodotto globale il cliente è più intensamente coinvolto: l’esperienza che vive è fatta di stimoli esterni e sensazioni e stati d’animo
interiori; vi è un coinvolgimento emozionale maggiore rispetto al singolo servizio, anche in
funzione degli aspetti immateriali (ambiance, atmosfera, culturale dell’ospitalità, folklore).
Brunetti (1999, pp. 294-299) sottolinea proprio la relatività e la soggettività di questo processo, nel senso che risulta difficile la ricerca di indicatori «universali»: occorre, piuttosto,
valutare i possibili fattori rispetto ai quali differenti tipologie di turisti presentano diverse
percezioni. Questi aspetti si possono esprimere attraverso una serie di binomi:
a. tranquillità-stimolazione, a seconda delle prevalenti motivazioni del viaggio, espresse
lungo un continuum (dal desiderio di tranquillità alla ricerca di avventure, divertimento,
esperienze);
b. familiarità-estranietà, a seconda se l’utenza sia più interessata ad ambienti familiari e vicini alla propria cultura o alla ricerca del diverso;
c. strutturazione-indipendenza, in funzione dell’approccio più strutturato o individualista
nella costruzione del proprio viaggio;
d. organizzazione-creatività, connesso alla presenza o meno per la predeterminazione dei
contenuti. La qualità percepita è, quindi, anche il risultato dell’intersezione con questo
insieme di aspetti. D’altra parte, se la vacanza costituisce un’esperienza di vita, la percezione e la valutazione della qualità non dipendono solo dal livello dei diversi fattori di
attrattiva e dalle imprese locali ma sono arricchite sia dagli elementi immateriali della
destination che da quelli individuali, psicologici, che determinano il benessere comples-
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