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Ridefinita la disciplina delle note di variazione IVA in caso

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Ridefinita la disciplina delle note di variazione IVA in caso
FRANCO BAROLO - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l.
IVA
Disegno di legge di stabilità 2016
Ridefinita la disciplina
delle note di variazione IVA
in caso di procedure concorsuali
di Marco Peirolo (*)
Con la riscrittura integrale dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, prevista dal disegno di Legge di
stabilità 2016, viene ridefinita la procedura di variazione IVA attivabile in caso di mancato pagamento da parte del cessionario/committente assoggettato ad una procedura concorsuale o esecutiva. Dal punto di vista temporale, il presupposto dell’infruttuosità viene limitato alle procedure esecutive individuali, con l’eccezione dei contratti ad esecuzione periodica o continuata
oggetto di risoluzione contrattuale, mentre per quelle concorsuali la nota di credito può essere
emessa nel momento in cui l’ammontare originariamente addebitato in fattura si manifesta, in
tutto o in parte, non recuperabile. Replicando l’impostazione adottata ai fini delle imposte sui
redditi, la possibilità di emettere la nota di variazione prima della conclusione della procedura
concorsuale pone rimedio all’incongruenza della norma interna rispetto a quella comunitaria,
che fa generico riferimento alle operazioni totalmente o parzialmente non pagate, senza subordinare la rettifica al definitivo accertamento della loro infruttuosità.
Sul piano comunitario, gli artt. 90 e 185 della
Direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006
prevedono che il cedente/prestatore, al verificarsi delle ipotesi tassativamente individuate,
possa (ovvero debba) recuperare, successivamente all’emissione e registrazione della fattura, l’imposta addebitata e non corrisposta dal
cessionario/committente.
L’art. 90 della Direttiva 2006/112/CE stabilisce, al par. 1, che - in caso di annullamento,
recesso, risoluzione, non pagamento totale o
parziale o riduzione di prezzo dopo il momento
di effettuazione dell’operazione - la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni
stabilite dagli Stati membri. In caso di non pagamento totale o parziale, il successivo par. 2
dello stesso art. 90 dispone che gli Stati membri possono derogare al par. 1.
In pratica, gli Stati membri sono obbligati a ridurre la base imponibile e, quindi, l’importo
dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogni volta che, successivamente alla conclusione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non viene percepita dal soggetto passi-
vo. Tuttavia, agli Stati membri è concessa la
facoltà di derogare a tale norma in caso di
mancato pagamento, totale o parziale, del corrispettivo. In ogni caso, spetta agli Stati membri stabilire le condizioni per l’esercizio della
riduzione della base imponibile.
Nella disciplina esposta sono tenute distinte le
ipotesi di annullamento, recesso, risoluzione e
riduzione del prezzo, per le quali è obbligatoria
la variazione, da quelle di non pagamento, totale o parziale, la cui riduzione è facoltativa su
opzione degli Stati membri.
La rettifica obbligatoria è espressione del principio generale secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo di
IVA un importo superiore a quello percepito
dal soggetto passivo (1). La facoltà di deroga riconosciuta nel caso di mancato pagamento, invece, “si fonda sull’assunto che, in presenza di
talune circostanze ed in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo
(*) Dottore commercialista in Torino, Advisor scientifico di
Adacta Studio Associato e Componente del Fiscal Committee
della Confédération Fiscale Européenne
(1) Cfr. CGE, 26 gennaio 2012, causa C-588/10, Kraft Foods
Polska (punto 27) e Id., 3 luglio 1997, causa C-330/95, Goldsmiths (punto 15).
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può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio” (2).
L’art. 185 della Direttiva 2006/112/CE prevede, al par. 1, che la rettifica della detrazione
ha luogo quando, successivamente alla presentazione della dichiarazione IVA, sono mutati
gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni; in particolare, in caso di annullamento degli acquisti o a
seguito di una riduzione di prezzo. In deroga a
questa norma, il par. 2 stabilisce che la rettifica
non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o
giustificati, nonché in caso di prelievo di beni
di modico valore da concedere in omaggio o
come campioni gratuiti. Gli Stati membri possono, tuttavia, prevedere l’obbligo della rettifica nelle ipotesi di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e di furto.
La norma, inserita nel Capo 5 della Direttiva
2006/112/CE che regola il meccanismo della
rettifica della detrazione, è costruita in maniera esattamente simmetrica al precedente art.
90, prevedendo, come regola, che la rettifica
della detrazione non è richiesta nel caso di
mancato pagamento ed ammettendo, come eccezione, la facoltà degli Stati membri di esigere
la rettifica in tale situazione. Per completezza,
occorre segnalare che l’art. 186 della Direttiva
2006/112/CE stabilisce che gli Stati membri
prevedono le condizioni per l’esercizio della
rettifica.
Passando ad esaminare la normativa nazionale,
l’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972
consente l’emissione della nota di variazione
in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta
quando, successivamente all’emissione e alla
registrazione della fattura, l’operazione viene
meno in tutto o in parte o se ne riduce l’ammontare imponibile. La procedura di rettifica
può essere attivata al ricorre di una triplice situazione, vale a dire quando il venir meno dell’operazione o la riduzione del suo imponibile è
riconducibile: (i) alla dichiarazione di nullità,
revoca, risoluzione, rescissione e simili; (ii) al
(2) Cfr. sent. 3 luglio 1997, causa C-330/95 (punto 18), cit.
(3) Cfr. art. 90 della Direttiva 2006/112/CE.
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mancato pagamento, anche parziale, del corrispettivo a causa di procedure concorsuali o di
procedure esecutive rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o di un piano attestato di risanamento dei debiti pubblicato nel Registro delle
imprese; (iii) all’applicazione di abbuoni o
sconti previsti contrattualmente.
L’art. 26, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972
prevede che la procedura di variazione resti
preclusa dopo il decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione originaria nel caso in cui
le cause diminutive della base imponibile e
dell’imposta originariamente addebitata in fattura si verifichino in dipendenza del sopravvenuto accordo fra le parti e nel caso di rettifica
di inesattezze della fatturazione che abbiano
dato luogo all’applicazione del comma 7 dell’art. 21 del Decreto IVA, vale a dire quando,
nella fattura, i corrispettivi delle operazioni o
le imposte relative siano stati indicati in misura superiore a quella reale.
Anomalie della normativa interna
Da confronto lessicale delle disposizioni di riferimento innanzi richiamate si evincono alcune
anomalie.
Come rilevato dalla norma di comportamento
n. 192 dell’Associazione italiana Dottori commercialisti ed esperti contabili, l’art. 26 del
D.P.R. n. 633/1972 prevede che l’emissione
della nota di variazione in diminuzione è facoltativa, a dispetto delle corrispondenti disposizioni comunitarie, che dispongono, come regola, l’obbligo di ridurre la base imponibile (3);
per quanto riguarda, invece, la rettifica della
detrazione da parte del cessionario/committente, la situazione è diametralmente opposta, essendo obbligatoria per il diritto interno e facoltativa per quello comunitario (4).
La norma nazionale, inoltre, circoscrive la rettifica facoltativa alle ipotesi in cui il mancato
pagamento derivi da procedure concorsuali o
esecutive rimaste infruttuose, con una limitazione del campo di applicazione della variazione in diminuzione non prevista dalla norma
(4) Cfr. art. 185, par. 2, della Direttiva 2006/112/CE.
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comunitaria, che fa riferimento generico alle
operazioni totalmente o parzialmente non pagate (5).
A quest’ultimo riguardo, un primo motivo di
incompatibilità della normativa italiana, così
come interpretata dall’Amministrazione finanziaria, si desume dalla circostanza che il legislatore nazionale, nell’esercitare la facoltà prevista dalla norma comunitaria, ha limitato il diritto di rettifica dell’imposta alla misura corrispondente alla variazione in diminuzione conseguente al mancato pagamento (totale o parziale) del corrispettivo derivante da procedure
concorsuali o procedure esecutive rimaste infruttuose.
È stata, quindi, introdotta una causa, rappresentata dall’esperimento della procedura, ed un
effetto, identificato nel mancato pagamento
che la sua esecuzione infruttuosa certifica.
Rispetto a tale costruzione, le norme della Direttiva 2006/112/CE fanno riferimento al non
pagamento totale o parziale (art. 90, par. 2) e
alle operazioni totalmente o parzialmente non
pagate (art. 185, par. 2): condizionano, cioè, la
riduzione della base imponibile e dell’imposta
all’effetto, rappresentato dal mancato pagamento, e non alla causa, rappresentata dalla
procedura concorsuale o esecutiva rimasta infruttuosa.
È dunque lecito ritenere che il legislatore italiano abbia ecceduto rispetto a quanto previsto
dall’art. 186 della Direttiva 2006/112/CE, ove
viene attribuito agli Stati membri il compito
di definire le modalità di applicazione degli
artt. 184 e 185 della stessa Direttiva.
Anche la posizione espressa dalla prassi amministrativa si pone in contrasto con la disciplina
comunitaria, siccome limita la rilevanza del
mancato pagamento alle ipotesi di “procedure
concorsuali o di procedure esecutive rimaste
infruttuose” perché solo al ricorrere di tali fattispecie si ha una ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore. Il mancato pagamento assume, quindi, rilievo costitu-
tivo nelle sole ipotesi in cui il creditore abbia
esperito tutte le azioni volte al recupero del
proprio credito senza, tuttavia, trovare soddisfacimento. Il mancato pagamento è ininfluente, invece, negli altri casi previsti dall’art. 26
del D.P.R. n. 633/1972, per i quali ciò che rileva è che l’operazione sia venuta meno in tutto
o in parte o che se ne sia ridotto l’ammontare
imponibile, a prescindere dal “fenomeno finanziario” del pagamento (6). Secondo l’Amministrazione, infatti, la norma risponde ad una esigenza di equità ed è volta a consentire al cedente/prestatore di recuperare, attraverso il
meccanismo della variazione in diminuzione in
conseguenza dell’insolvenza del debitore e dell’infruttuosità dell’azione esecutiva, sia essa individuale che collettiva, esperita nei confronti
dello stesso debitore, l’imposta versata anticipatamente all’Erario.
A fondamento di questo orientamento depone
anche l’evoluzione della norma in esame, posto
che l’art. 2, comma 1, lett. c-bis), del D.L. 31
dicembre 1996, n. 669 (7), ha modificato l’art.
26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, aggiungendo al novero degli eventi che legittimano
la riduzione dell’imponibile e dell’imposta anche quello del “mancato pagamento in tutto o
in parte a causa dell’avvio di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose”. Successivamente, l’art. 13-bis, comma 1, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 (8), ha
soppresso la locuzione “dell’avvio” contenuta
nel comma 2 d ell’ art. 26 del D.P.R. n.
633/1972.
In conclusione, le predette modifiche normative hanno portato l’Amministrazione finanziaria a ritenere che la condizione dell’infruttuosità, precedentemente richiesta per le sole procedure esecutive, debba intendersi riferita anche alle procedure concorsuali, come confermato anche da autorevole dottrina, nonché
dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (9). Assonime, in particolare, ha osservato
che l’intervenuta modifica ha reso “inequivoco
(5) Cfr. artt. 90, par. 1 e 2, e 185, par. 2, della Direttiva
2006/112/CE.
(6) Cfr. risoluzione dell’Agenzia delle entrate 16 maggio
2008, n. 195; risoluzione dell’Agenzia delle entrate 18 marzo
2002, n. 89; risoluzione dell’Agenzia delle entrate 12 ottobre
2001, n. 155; C.M. 17 aprile 2000, n. 77/E.
(7) Convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio
1997, n. 30.
(8) Convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 maggio
1997, n. 140.
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bile, la stessa impedisce, in
che sia nell’ipotesi di proPROSPETTIVE FUTURE
cedura esecutiva di tipo
concreto, il recupero delProcedure
concorsuali
individuale che nell’ipotel’IVA in tutti i casi in cui
si di procedura di tipo Il disegno di Legge di stabilità 2016 prevede l’attivazione di una delle
concorsuale l’esperibilità la possibilità, per il cedente/prestatore, di
due procedure imposte sia
emettere la nota di variazione IVA a partire
della variazione in dimiantieconomica o eccessidalla data in cui il cessionario/committente
nuzione è subordinata alla è assoggettato ad una procedura
vamente difficile e si ma‘infruttuosità’ della proce- concorsuale ovvero dalla data del decreto
nifesta palesemente condura”; quest’ultima, ove che omologa l’accordo di ristrutturazione
traria al principio di effetconcorsuale, “è verificabi- dei debiti o dalla data di pubblicazione nel
tività laddove sia escluso il
le soltanto in seguito alla Registro delle imprese del piano attestato di pericolo di frode.
ripartizione dell’attivo e, risanamento dei debiti. In pratica, si evita
Adeguamento
comunque, con la chiusu- che il cedente/prestatore debba attendere
della disciplina interna
la
chiusura
infruttuosa
della
procedura
ra della procedura”.
a quella comunitaria
concorsuale
per
poter
emettere
la
nota
di
Un ulteriore motivo di invariazione, siccome quest’ultima potrà
compatibilità della norma
L’art. 9, comma 9, del diessere emessa già dopo l’assoggettamento
nazionale e della sua in- alla procedura del cessionario/committente. segno di Legge di stabilità
terpretazione ufficiale di- Con riferimento al momento in cui il cliente
per il 2016 sostituisce l’atscende dal principio di si considera assoggettato ad una procedura tuale art. 26 del D.P.R. n.
proporzionalità.
633/1972 al fine di superaconcorsuale, assume rilievo: (i) la sentenza
Il 59° “considerando” della dichiarativa del fallimento; (ii) il
re le attuali criticità della
Direttiva 2006/112/CE sta- provvedimento che ordina la liquidazione
disciplina. Come, infatti,
coatta
amministrativa;
(iii)
il
decreto
di
bilisce che, “entro certi liindicato nella Relazione ilmiti e a certe condizioni, ammissione alla procedura di concordato
lustrativa, in caso di mangli Stati membri possano preventivo; (iv) il decreto che dispone la
cato pagamento dei crediadottare o mantenere mi- procedura di amministrazione straordinaria
ti, le disposizioni vigenti
sure speciali che derogano delle grandi imprese in crisi.
rendono l’IVA addebitata
alla presente Direttiva, al
nei confronti del cessionafine di semplificare la riscossione dell’imposta o rio/committente sostanzialmente non recuperadi evitare talune forme di evasione o elusione fi- bile, determinando la violazione del principio
scale”. A questo riguardo, la Corte di Giustizia di neutralità.
ha applicato il principio di proporzionalità per Con il nuovo intervento normativo si distindefinire la portata delle disposizioni derogatorie, guono le variazioni conseguenti alla dichiaraprecisando che il “suddetto principio esige che zione di nullità, revoca, risoluzione, rescissione
siffatte limitazioni non eccedano quanto è ade- e simili, ovvero all’applicazione di abbuoni o
guato e necessario per raggiungere lo scopo per- sconti previsti contrattualmente (comma 2
seguito” (10).
dell’art. 26), da quelle derivanti dal mancato
Alla luce di tale indicazione, sussistono dubbi pagamento, in tutto o in parte, del corrispettisulla legittimità della scelta del legislatore ita- vo (comma 4 dell’art. 26).
liano di restringere l’esercizio del diritto di recupero dell’imposta gravante sulla controprestazio- Procedure concorsuali
ne non pagata in tutto o in parte alle ipotesi in- Con specifico riguardo alle procedure concornanzi indicate, cioè all’esito delle procedure suali, la lett. a) del comma 4 prevede la possiconcorsuali o esecutive. Sebbene questa scelta, bilità, per il cedente/prestatore, di emettere la
in quanto diretta a contrastare fenomeni di eva- nota di variazione a partire dalla data in cui il
sione fiscale, possa essere in astratto condivisi- cessionario/committente è assoggettato ad una
(9) Cfr. Cass., 16 dicembre 2011, n. 27136.
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(10) Così la sent. 15 maggio 1986, causa C-222/84, Johnston.
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nario/committente non è
procedura concorsuale,
PROSPETTIVE FUTURE
ovvero dalla data del derichiesta in caso di operaSoggetto
pagato
successivamente
creto che omologa l’accorzioni totalmente o pardo di ristrutturazione dei alla variazione in diminuzione
zialmente non pagate,
debiti o dalla data di pub- Nel caso in cui il soggetto che si è avvalso
viene disposto che il cesblicazione nel Registro della procedura di variazione in diminuzione sionario/committente non
per mancato pagamento a causa di una
delle imprese del piano at- procedura concorsuale o esecutiva sia
è più obbligato alla regitestato di risanamento dei successivamente pagato, in tutto o in parte, strazione della nota di
debiti.
il cedente/prestatore dovrà procedere alla
credito emessa dal cedenIn pratica, si evita che il variazione in aumento al fine di riversare
te/prestatore.
cedente/prestatore debba all’Erario l’imposta corrispondente
attendere la chiusura in- all’importo pagato, fermo restando il diritto
Soggetto pagato
fruttuosa della procedura del cessionario/committente di portare in
successivamente alla
c o n c o r s u a l e p e r p o t e r detrazione l’IVA relativa alla variazione in
variazione in diminuzione
emettere la nota di varia- aumento.
Nel nuovo comma 6 delzione, siccome quest’ultil’art. 26 del Decreto IVA
ma può essere ora emessa già dopo l’assoggetta- è disciplinato il caso in cui il soggetto che si è
mento alla procedura del cessionario/commitavvalso della procedura di variazione in dimitente. Sul punto, il comma 11 del nuovo art.
nuzione per mancato pagamento a causa di
26 del D.P.R. n. 633/1972 individua il momento in cui il cliente si considera assoggetta- una procedura concorsuale o esecutiva sia sucto ad una procedura concorsuale, prevedendo cessivamente pagato, in tutto o in parte. In
che assume rilievo: (i) la sentenza dichiarativa questa ipotesi, il cedente/prestatore deve prodel fallimento; (ii) il provvedimento che ordi- cedere alla variazione in aumento al fine di rina la liquidazione coatta amministrativa; (iii) versare all’Erario l’imposta corrispondente alil decreto di ammissione alla procedura di con- l’importo pagato, fermo restando il diritto del
cordato preventivo; (iv) il decreto che dispone cessionario/committente di portare in detraziola procedura di amministrazione straordinaria ne l’imposta relativa alla variazione in aumento.
delle grandi imprese in crisi.
Le descritte modifiche sono finalizzate a repliObbligo di annotare la nota di variazione
care l’impostazione adottata ai fini delle imponel registro delle fatture emesse
ste sui redditi, tenuto che, in presenza di proo in quello dei corrispettivi
cedure concorsuali, opera un automatismo di
In merito all’obbligo, da parte del cessionadefinitività della perdita che si fonda sul prerio/committente, di annotare la nota di variasupposto che l’accertamento giudiziale o ammizione nel registro delle fatture emesse o in
quello dei corrispettivi, l’ultimo periodo del nistrativo dello stato d’insolvenza del debitore
comma 5 del riformulato art. 26 del D.P.R. n. costituisce evidenza oggettiva della sussistenza
633/1972 prevede che, per le note di variazio- degli elementi di certezza e precisione (11). È
ne emesse a seguito di procedura concorsuale, dato, inoltre, osservare che la novità consente
il cessionario/committente non è obbligato ad di allineare il momento di emissione della nota
effettuare la corrispondente variazione in ret- di variazione con la rilevazione della perdita ai
tifica della detrazione originariamente opera- fini delle imposte dirette, determinando la preta. In attuazione, infatti, dell’art. 185, par. 2, cisa quantificazione della perdita per il solo imdella Direttiva 2006/112/CE, in base al quale ponibile, al netto dell’IVA addebitata in fattula rettifica della detrazione operata dal cessio- ra (12).
(11) Cfr. circolare dell’Agenzia delle entrate 1° agosto 2013,
n. 26 e risoluzione dell’Agenzia delle entrate 23 gennaio 2009,
n. 16.
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(12) Cfr. norma di comportamento n. 192 dell’AIDC.
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In via d’eccezione, è prevista un’apposita disciplina per le variazioni da risoluzione contrattuale, relative a contratti ad esecuzione continuata o periodica, conseguenti all’inadempimento del cessionario/committente o del cedente/prestatore. Il comma 9 del riformulato
art. 26 dispone che, in tal caso, la facoltà di
emissione della nota di variazione si applica,
con effetto retroattivo, a tutte le operazioni rispetto alle quali l’inadempimento ha determinato la risoluzione contrattuale.
La questione, sulla quale è stata chiamata a
pronunciarsi la Corte di Giustizia (13), riguarda, in particolar modo, le imprese operanti nei
settori delle utilities (es. telefonia, energia, acqua, ecc.), le quali forniscono i servizi richiesti
sulla base di contratti di abbonamento rientranti per natura nella categoria dei contratti
di somministrazione (ex art. 1559 c.c.) e fatturano periodicamente in via posticipata secondo
l’effettivo consumo usufruito dai clienti.
La variazione dell’imponibile e dell’imposta
per i crediti relativi alle forniture di servizi rimasti insoluti anche a seguito dell’infruttuoso
esperimento delle procedure interne della società è normalmente contestata dagli Uffici
nel presupposto che, per i contratti di somministrazione, la risoluzione del contratto produce effetti ex nunc, ossia a partire dalla data di
risoluzione, mentre le prestazioni antecedenti,
già fatturate e fruite dai clienti, rimangono valide anche se non pagate (14).
In pratica, con la nota di credito, il cedente/prestatore ha diritto di portare in detrazione l’imposta solo quando, a seguito di risoluzione del contratto, l’operazione è venuta meno perché il bene/servizio è stato retrocesso, oppure - al fine di
evitare l’evasione del tributo - può essere provato il mancato pagamento da parte del cliente
con l’infruttuosità delle azioni esecutive o con
l’assoggettamento del cliente a procedura concorsuale. Non essendo possibile ottenere la restituzione del servizio reso, la procedura di variazione, per essere ammessa, richiede che il fornitore
sia in grado di dimostrare l’infruttuosità della
procedura esecutiva, ma - di fatto - questa impostazione finisce per impedire l’applicazione della
procedura di variazione siccome i crediti insoluti
sono, di regola, di modesto importo, risultando
pertanto antieconomico l’esperimento di una
procedura esecutiva destinata a restare, comunque, infruttuosa.
Talvolta, la giurisprudenza ha disatteso la pretesa erariale nella considerazione che, nei contratti ad esecuzione periodica e continuativa,
per prestazioni già eseguite s’intendono quelle
con le quali il debitore abbia pienamente soddisfatto le ragioni del creditore, sicché l’irretroattività opererebbe esclusivamente rispetto
agli adempimenti la cui creazione soddisfi le
reciproche ragioni creditorie. In base a questa
(13) Cfr. Comm. trib. reg. Lombardia, 3 marzo 2015, n.
259/19/15.
(14) A nulla rilevando, pertanto, la circostanza che: (i) la risoluzione contrattuale scaturisce ex contractu dal mancato rispetto, da parte del cliente, dei termini di pagamento previsti
dalle pattuizioni contrattuali; (ii) la definitiva irrecuperabilità dei
crediti è ben dimostrata dall’inutilità dei solleciti inviati al cliente moroso; (iii) l’azione di recupero dei medesimi crediti, oltre
ad essere presumibilmente infruttuosa, risulterebbe comunque
antieconomica, tenuto conto della ingente quantità dei rapporti in sofferenza e dell’esiguità degli importi non pagati da ogni
singolo utente.
Procedure esecutive individuali
rimaste infruttuose
In merito alle procedure esecutive individuali
rimaste infruttuose, per le quali resta confermata la facoltà di variazione in diminuzione
dell’imponibile e dell’imposta, il comma 12 del
nuovo art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 specifica,
a titolo esemplificativo, alcuni casi in cui la
procedura esecutiva individuale si considera in
ogni caso infruttuosa. Si tratta: (i) dell’ipotesi
di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non
vi sono beni o crediti da pignorare; (ii) dell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando
dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da
pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al
domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità; (iii) dell’ipotesi in cui, dopo che per tre
volte l’asta per la vendita del bene pignorato
sia andata deserta, si decida di interrompere la
procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
Inadempimento dei contratti
ad esecuzione continuata o periodica
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IVA
no eccedere quanto necesimpostazione, nel caso di
PROSPETTIVE FUTURE
inadempimento di una
sario per garantire l’esatta
Inadempimento
dei
contratti
delle parti, la risoluzione
riscossione dell’imposta e
del contratto ha efficacia ad esecuzione continuata o periodica
per evitare evasioni (16).
retroattiva anche rispetto Il disegno di Legge di stabilità 2016
In quest’ottica, i princìpi
alle prestazioni pregresse, stabilisce che la risoluzione per
di proporzionalità e di efinadempimento dei contratti ad esecuzione
per cui l’operazione, ai ficontinuata o periodica consente al creditore fettività risultano, infatti,
ni IVA, viene meno, ri- di emettere la nota di variazione in
violati laddove i limiti imsultando possibile emette- diminuzione dell’imponibile e dell’imposta
posti dal legislatore naziore la nota di credito al fi- per tutte le prestazioni per le quali il
nale rendano, di fatto, imne di recuperare l’imposta debitore si sia reso inadempiente, anche
possibile o eccessivamente
relativa al corrispettivo senza l’attivazione di specifiche procedure
oneroso per il soggetto
o g g e t t o d i f a t t u r a z i o - di recupero. Si tratta di una modifica in
passivo il recupero dellinea con le indicazioni rese dalla
ne (15).
l’imposta relativa alla
Come anticipato, il dise- giurisprudenza comunitaria, la quale ha
controprestazione non pagno di Legge di stabilità affermato che i margini di discrezionalità
gata in tutto o in parper il 2016 risolve il pro- concessi agli Stati membri nell’applicazione
te (17).
blema esposto, stabilendo delle previsioni in materia di rettifica
dell’imponibile
e
dell’imposta
non
devono
che la risoluzione per inaDecorrenza
eccedere quanto necessario per garantire
dempimento dei contratti
l’esatta riscossione dell’imposta e per
Infine, il comma 10 del
ad esecuzione continuata evitare evasioni.
nuovo art. 26 del D.P.R.
o periodica consente al
n. 633/1972 definisce la
creditore di emettere la nota di variazione in
diminuzione dell’imponibile e dell’imposta per decorrenza delle disposizioni novellate, prevetutte le prestazioni per le quali il debitore si sia dendo che le modifiche riguardanti l’emissione
reso inadempiente, anche senza l’attivazione di della nota di variazione in caso di procedura
specifiche procedure di recupero. Si tratta di concorsuale si applicheranno alle operazioni
una modifica in linea con le indicazioni rese effettuate dal 1° gennaio 2017, mentre le redalla giurisprudenza comunitaria, la quale - pur stanti novità, essendo dirette a chiarire l’applinon essendosi ancora pronunciata sulla specifi- cazione delle disposizioni contenute nell’art.
ca questione - ha affermato che i margini di di- 26 del D.P.R. n. 633/1972, hanno carattere inscrezionalità concessi agli Stati membri nel- terpretativo e, quindi, avranno effetto anche
l’applicazione delle previsioni in materia di ret- rispetto alle operazioni poste in essere anteriortifica dell’imponibile e dell’imposta non devo- mente al 1° gennaio 2017.
(15) A fondamento di questo orientamento, cfr. Cass., 10
marzo 2010, n. 5771, secondo cui “la risoluzione del contratto
opera ex tunc, nel senso che essa toglie efficacia alla causa
giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali eventualmente effettuate tra i contraenti e ristabilisce fra di essi la stessa situazione economica-giuridica esistente prima del contratto, che
viene considerato come se non fosse stato mai concluso. E
questa efficacia retroattiva trova un limite, previsto dall’art.
1458 c.c. nel caso dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, soltanto con riguardo alle prestazioni già eseguite,
cioè a quelle liquidate ed esaurite; cosicché la pronuncia di risoluzione per inadempimento di un contratto ad esecuzione
continuata, sebbene di carattere costitutivo, ha efficacia retroattiva dal momento dell’inadempimento (…) e, cioè, dal momento in cui, realizzandosi l’inadempimento rilevante ai fini risolutivi, è venuto meno il sinallagma contrattuale”.
(16) Cfr. CGE, 3 settembre 2014, causa C-589/12, GMAC
Corriere Tributario 45/2015
UK (punti 31 e 32); Id., 15 maggio 2014, causa C-337/13, Almos (punti 33-39) e Id., 3 luglio 1997, causa C-330/95 (punti
16 e 19), cit.
(17) Sul tema, si segnala la posizione dell’Agenzia delle entrate nella risposta fornita ad un’istanza di interpello (n. 995427/2014 del 16 marzo 2015), in base alla quale l’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 individua la risoluzione come una
delle cause che legittimano la variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta senza distinguere tra risoluzione
giudiziale o di diritto. L’Agenzia, nel precisare che il verificarsi
della condizione contemplata da una causa risolutiva espressa
apposta al contratto può costituire il presupposto della variazione, porta a ritenere che anche nei contratti ad esecuzione
periodica o continuativa è possibile recuperare l’IVA relativa ai
crediti insoluti se il mancato pagamento determina la risoluzione dei relativi contratti.
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