...

CARLO DOROFATTI Qual è il senso reale della mia esistenza?

by user

on
Category: Documents
11

views

Report

Comments

Transcript

CARLO DOROFATTI Qual è il senso reale della mia esistenza?
CARLO DOROFATTI
Qual è il senso reale della
mia esistenza?
Incontri di meditazione,
tra dialoghi, silenzi e intuizioni
verso una nuova consapevolezza
SELEZIONE ESTRATTI DAGLI INCONTRI 2010-2012
www.accademiaacos.it
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
DOMANDA:
Faccio meditazione da diversi anni. Ho vissuto alcune esperienze (brevissime) fuori dal mio
corpo fisico. Sono alla ricerca di un istruttore di buon livello che mi insegni a controllare tali
uscite ovvero ad avere coscienza astrale. Mi hanno insegnato diversi mantra ma non sembrano
funzionare. Ci sarà pure qualcuno in grado di insegnare queste cose o devo andare a cercare lo
sciamano in Messico?
CARLO:
Sicuramente la meditazione che fai da diversi anni può costituire un valido aiuto e supporto per
"oliare" tutti quei meccanismi interiori che ti permetteranno di avere esperienza della tue facoltà
latenti, dapprima in modo spontaneo e poi in modo sempre più direttamente gestibile. Tutto
questo di solito semplicemente "accade", senza che tu debba praticare alcuna tecnica precisa per
ottenerlo: è un effetto indiretto del lavoro che fai su te stessa, da collocarsi nel più ampio scenario
della ricerca spirituale.
Prima di di indagare tecniche più specifiche, e rischiare di forzare i tempi, esplora dentro di te quali
sono le motivazioni reali alla base della tua richiesta. Perchè vuoi poter eseguire il viaggio astrale?
Perchè vuoi controllarlo e averne coscienza? (rispondi a te stessa, no a me).
Una volta che hai collocato questo desiderio nel quadro di motivazioni mature e volte verso una
ricerca superiore rispetto ai fenomeni di per sè, sappi che non esistono "istruttori del fine
settimana" con i quali fare un corso che ti risolvano il problema. Sicuramente ci sono tanti libri e
tante persone che possono condividere la loro esperienza diretta (alla quale va sempre fatta una
bella tara!), le quali ti possono di certo dare degli spunti, dei suggerimenti, ti possono aiutare a
comprendere il significato e i risvolti di questa esperienza e magari ti possono dare delle tecniche
che tu stessa, con tanta pazienza e impiegandoci il giusto tempo, potrai far fruttare.
Anch'io, ad esempio, ho scritto di viaggio astrale nei miei libri, ho tenuto e, talvolta, tengo
conferenze e corsi sull'argomento, figurati. Però voglio essere sempre onesto: l'esperienza del
viaggio astrale, per essere reale, sicura e significativa sul piano evolutivo, è l'esperienza collaterale
di un percorso molto più ampio, dalle motivazioni molto più profonde rispetto alla mera indagine
delle proprie possibilità latenti e dei fenomeni che possono produrre. È un'esperienza che si
incontra e si impara a vivere durante fasi piuttosto avanzate del "lavoro" su se stessi e quelle
scuole o "istruttori" che pensano di proporla come prodotto a se stante e a portata di mano, sul
loro banchetto da mercanti, o sono dei pagliacci o sono in malafede e la cosa migliore che ti può
accadere, frequentandoli assecondando le loro modalità di approccio, è quella per cui non accade
proprio nulla, perchè se ti dovessero sbloccare qualcosa, al di là della suggestione, in tempi brevi e
con effetti speciali, potrebbero bruciarti la strada verso una consapevolezza superiore oltre che
provocare una serie di danni collaterali.
Quindi, riassumendo: leggi i libri, fai i corsi che vuoi, ma fai la tara e tempera dentro di te l'ansia di
tale aspirazione. Eléva le tue motivazioni, il tono della tua ricerca e non pensarci più. Quello che
dovrà e potrà accadere verrà da sè.
Oppure... trova lo sciamano in Messico e stacci per una decina d'anni…
2
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Cosa ci puoi consigliare di fare o di non fare a proposito della nostra ricerca? Ma, soprattutto, da
dove si comincia percorrere una via di risveglio?
Il punto di partenza è l’avvertire quel senso di frustrazione, inquietudine e insopportabilità rispetto
a quella pseudo-vita che caratterizza la nostra realtà attuale. Orrore che va vissuto fino in fondo,
prendendo piena coscienza della propria inadeguatezza rispetto ad un sentire superiore. Da lì si
possono cominciare ad intuire delle cose, ad agire diversamente e ad incontrare situazioni
sincroniche. La vita stessa ci viene incontro. A quel punto bisogna seguire in modo molto pratico e
pragmatico questo flusso, e questo implica impegno, sforzo ed energia. Nulla viene regalato e ci
vuole tanta volontà, proprio come quella di un atleta ad altissimi livelli. Questo intento deve
prendere forma attraverso pratiche precise: meditazione, ricapitolazione, esercizio fisico, dieta di
un certo tipo, disintossicare il corpo e la mente, uscire dal proprio solito personaggio e dalle
proprie tendenze abituali, respirare, trasmutare le energie sessuali ecc... Bisogna mettersi
all’Opera perché il proprio potenziale possa esplicarsi, ovvero “svolgersi”: immaginate che in quel
punto di assoluto dentro di voi, convergano tutte le dimensioni possibili, fuori dallo spazio e dal
tempo. Queste stringhe ipercompresse (il TUTTO contenuto) vanno “svolte”, attraverso di noi, in
ogni cosa. Questo punto dentro di noi è l’occhio del ciclone. Quello è il luogo eterno dentro di noi.
Solo da quel silenzio, da quella eternità, possiamo udire la musica delle sfere superiori, scorgere il
regno dei cieli (celato).
Bisogna liberarsi “dentro”: non è una questione di emancipazione sociale. Non è un liberarsi dalle
pressioni della vita, che invece possono essere delle benedizioni, ma un moto interiore.
Se uno ha commesso degli errori, diciamo che è incappato in alcuni incidenti di percorso,
facendo scelte sbagliate oppure accostandosi a certi gruppi, può recuperare il “bandolo” della
propria matassa?
Se vi dicessi di non fare qualcosa, che alcune cose sono giuste ed altre sbagliate, di non indugiare
in certe scelte o ricerche, di lasciar stare delle cose per preferirne altre, sarei un ipocrita: io stesso
sono passato da vie assurde, ho commesso tantissimi errori, ma quella è stata la mia strada e
quindi voi farete la vostra, non c’è verso. Certo, ci sono cose più utili e cose meno utili, cose più
adatte e altre decisamente fuorvianti, ma magari dovete passarci proprio per rendervi conto.
Quello che posso fare io è al massimo farvi risparmiare tempo perché alcune cose le ho già fatte,
molti errori li ho già commessi io, ma purtroppo serve che forse li facciate anche voi. Posso darvi
qualche parere, ma non posso certo dire che una cosa va bene e l’altra no, che una cosa potete
farla e da quell’altra dovete starci lontano. Posso dirvi di non mangiare carne, di non fumare, di
non esagerare con i farmaci, di non guardare la tv, di non sprecare il vostro tempo dietro ai libri di
magia nera o ai grimori medievali, di fare attenzione a come gestite le vostre pulsioni sessuali, a
non tradire voi stessi per cercare l’approvazione di qualcun altro o del guru che vi siete scelti in
quel dato momento, di non abbandonarvi alla prigrizia, di non ragionare con la pancia, ma
neanche troppo con il cervello e men che meno con le palle, eppure non vi dirò niente di tutto
questo. Ognuno parta da se stesso e si regoli, accettando e perdonando il proprio passato e
cercando di intuire dei percorsi più saggi, senza l’ansia di non sbagliare, perché cadrà ancora mille
volte: eppure non è mai un cadere, è un fare esperienza, però anche in questo caso attenti a non
giustificarvi troppo perché la mente sa mentire molto bene.
In tempi recenti ho lentamente maturato l’idea che i mezzi per svilupparsi ed evolvere risiedano da
qualche parte dentro al proprio sé e che non dovremmo dimenticare questo fatto nemmeno per un
3
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
momento. Difatti ci potrebbero essere dei maestri che hanno molte più conoscenze e che in
qualunque tempo hanno svolto delle opere di pregio nel mondo; ma ciascuno richiede un prezzo. E
ogni prezzo che include vendere una parte della propria libertà di crescere naturalmente per aprire
i propri centri di consapevolezza a lungo termine si dimostrerà troppo alto.
Joyce Collin-Smith1
Ci sono tantissimi precetti in tutte le religioni e le regole di tutto il mondo: anche i comandamenti
dell’antico testamento, per fare un esempio estremo, sono validissimi se interpretati nel vero
giusto. Non avere altro Dio al di fuori di me si riferisce alla fondamentale capacità di discernere ciò
che sei da ciò che non sei: la tua vera missione dai desideri passeggeri dei tuoi ego illusori. Quel
Dio sei tu, ovviamente! Non nominare il nome di Dio invano si riferisce all’altrettanto
fondamentale capacità di coltivare se stessi nel silenzio, senza ostentazione, senza ambizioni né
arroganza, protetti dalle interferenze di ciò che non sei e non ti appartiene.
Come mai ritieni il lavoro sul corpo così importante per lo scopo spirituale?
Perchè il corpo è il nostro tempio, il nostro laboratorio alchemico perfetto. Non è solo il veicolo
della coscienza ma ne è un'emanazione. È la sede delle nostre energie e il punto di partenza per la
costruzione dei nostri "corpi solari".
Inoltre, oggi la neuroscienza spiega come automatismi e re-azioni non sono solo riferibili ad
abitudini o a condizionamenti consolidati nella mente. Infatti, i neurotrasmettitori cerebrali
abituano il corpo (le cellule) ad un certo tipo di sostanze associate a specifici umori e stati d'animo
che danno assuefazione: alla lunga il corpo ne ha bisogno, a prescindere che tali sostanze
implichino stati emotivi spiacevoli. In questo modo il corpo condizionerà la mente affinchè
riproduca quei comportamenti grazie ai quali potrà ottenere un certo nutrimento. Tale complesso
psico-fisico provocherà stati cronici di stress fino all'emergere di patologie.
Per questo motivo, il percorso di ristrutturazione del comportamento non può passare
unicamente da un approccio psicoterapico, ma necessita di esercizi corporei di disintossicazione e
drenaggio tensionale quali il respiro, il rilassamento guidato, la meditazione dinamica o tecniche
più mirate quali lo yoga o pratiche di bioenergetica. Questo per fare esperienza diretta di ciò che
siamo, ovvero “conoscere ciò che è consistente”2. Quel non essere che attraverso il corpo, e non la
mente, possiamo sentire che siamo, è ciò che siamo più di qualsiasi altra cosa, ed è ciò che ci fa
essere. La mente - quella mente che crede di dirci chi siamo - non siamo noi. Crede di dirci quali
sono i nostri bisogni: che non sono reali. E che si ammala quando cominciamo a capire e a sentire
qualcosa di diverso. E che ci fa credere di essere noi ad ammalarci, a nascere e a morire... Ecco i
conflitti, le frustrazioni e i turbamenti. I Tarocchi lo spiegano bene: gli arcani maggiori hanno a che
1
Joyce Collin-Smith, Nessun Uomo è un Maestro (2013, Spazio Interiore). A questo proposito consiglio anche
L’Oscura Luce dei Guru, di Shanti (2013, Editoriale Programma). Di solito queste analisi, sul fenomeno dei maestri e
delle “sette”, vengono svolte dall’esterno, mentre è interessante considerare la testimonianza diretta, e più serena, di chi
ha vissuto il percorso di emancipazione sulla propria pelle.
2
Questo è uno dei passi per cui il Vangelo di Filippo è stato scartato: "I nomi dati alle cose terrestri racchiudono una
grande illusione: infatti distolgono il cuore da ciò che è consistente per volgerlo a ciò che non è consistente. Così, chi
ode ‘Dio’ non afferra ciò che è consistente, ma afferra ciò che non è consistente. Allo stesso modo è con ‘il Padre", ‘il
Figlio’, e ‘lo Spirito Santo’, con ‘la vita’ e ‘la lucÈ, e ‘la risurrezionÈ, con ‘la Chiesa’ e con tutte le altre cose, non si
afferra ciò che è consistente ma ciò che non è consistente, a meno che si sia arrivati a conoscere ciò che è consistente."
4
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
fare con l’anima e la sua storia. I minori con la mente e le sue storie. Se non siamo riempiti
dall’anima e dalla sua Storia, saremo riempiti da tutte le altre “storie”, alle quali ci piace tanto
credere.
L’approccio psicoterapico non riguarda noi e la nostra essenza, ma i nostri conflitti, la nostra
mente superficiale, lo “sfidante”, ovvero lo spirito di opposizione. È questa la parte di noi che ha
bisogno della psicoterapia, del counseling, delle costellazioni familiari, della PNL e di quant’altro
che abbia a che fare col mentale. Così come con la medicina farmacologica blocchiamo il corpo che
si sta curando, allo stesso modo con la psicoterapia aiutiamo il nostro spirito di opposizione
quando va in crisi! Paradossalmente andiamo a bloccare la fonte della nostra evoluzione (il corpo e
l’anima quando innescano certi processi) e a curare la fonte dei nostri mali: la zona di comfort e la
mente che mente. Questo per poter continuare a rassicurarci e a raccontarcela. Per continuare a
dormire.
Gli attuali stimoli che vengono divulgati da molti conferenzieri e venditori di “spiritualità” sono
molto psicologici (o pseudo-psicologici): la legge dell'attrazione, il non giudizio, lo specchio, il
ricordo di sè, la sublimazione delle emozioni con tutti gli annessi e connessi, posso essere anche
informazioni utili e interessanti, tuttavia mancano di alcuni presupposti di base, oltre che essere,
alla lunga, fuorvianti nel modo in cui vengono proposte dopo essere state scopiazzate e mal
rimaneggiate da concetti e tradizioni profonde ed importanti. Se mai la psicoterapia può essere
utile per conoscere le dinamiche dell’avversario interiore, di cui comunque abbiamo bisogno per
crescere!, ma non per curarne le fisime quando invece lo stiamo finalmente mettendo in crisi,
quando dentro di noi si muove un po’ di “anima”.
Pertanto, al contrario di come vengono propagandate, queste “terapie” non hanno
automaticamente a che fare con l'esoterismo o con l'alchimia, che adombrano la Gnosi dietro
simboli e archetipi non evidenti alla mente psicologica e “razionale” per procedere verso
motivazioni molto diverse, che possono essere sentite a livello fisico. Nel corpo l’energia sentita
muove forza, calore, crea attriti e sviluppa moti di coscienza.
Se, nel momento in cui vengono associate ad una vaga pretesa di "risveglio", non sono
accompagnate da precise indicazioni sull'impiego delle energie del corpo e, conseguentemente, da
scelte di vita coerenti, tutte le nostre belle conoscenze e trovate esistenziali non portano a nessun
risultato reale: nè come terapie, perchè in quanto tali sono comunque abborracciate, nè come
percorsi di consapevolezza o di "risveglio" spirituale, visto che, da una parte, educano a
motivazioni e ad intenti piuttosto superficiali e consumistiche - quindi egoiche e non spirituali
(anche se vengono vendute come tali) -, dall'altra mancano di una reale base operativa per
orientare correttamente le proprie facoltà psico-fisiche. Le "belle parole" non bastano: creano
suggestioni e appagamenti illusori. Sono palliativi. Magari fanno stare bene, per qualcuno possono
costituire un punto di partenza. Ma possono anche essere solo dei sedativi... delle droghe
sofisticate.
Il lavoro su di sè, quello reale e che ci riguarda come “anime in crescita”, è complesso,
impegnativo, richiede sforzo, autodisciplina, determinazione, capacità di mettersi in gioco e in
discussione. È sofferenza. O, meglio, può implicare sofferenza e dolore non in quanto tale, ma per i
nostri difetti di prospettiva, le nostre resistenze. Ecco perchè non basta la mente per ragionarci
sopra e trovare una via, ma serve energia concreta per bruciare queste resistenze: ecco perchè si
5
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
parla di "Fuoco" spirituale. La sofferenza, questa "seconda morte", va affrontata, non temuta.
Certo non cercata, non ostentata, tuttavia non va temuta. Vedete? Sembra che sappiamo tutto.
Invece, evidentemente, non sappiamo. La Via del Fuoco non è fatta di parole e ragionamenti, di
dialettica, percorsi e consolazioni: zittisce, scansa e mette tutti al loro posto.
Tempo fa hai accennato ad una novità in merito alla pratica della meditazione che hai descritto
nel Percorsi di Alchimia Personale3 e che insegni durante i seminari: mi riferisco all’indirizzare il
flusso energetico, dal coccige così come dal capo, verso il cuore, per evitare appunto di
alimentare un certo mentalismo. In cosa consiste questa pratica?4
Il cuore è il centro attrattivo delle energie dal basso e proiettivo delle stesse energie verso l’alto.
Ben lungi dall’essere semplicemente una pompa (e questo pure i medici lo sanno bene!) è il
motore, intelligente e pensante, della nostra vita umana e trans-umana.
Le ghiandole endocrine, nell'ordine della loro distanza dal cuore, vibrano sulle stesse frequenze
dei pianeti, e ne rispecchiano i caratteri e le dinamiche nell'ordine della loro distanza dal Sole. Ecco
perché quello che andiamo a costruire sul piano magico-alchemico prende il nome di “corpo
solare”.
Nell’anatomia esoterica, come dice Rodney Collin5, “… ogni ghiandola si rivela essere uno
strumento sensibile che non solo trasforma l'energia umana alla tensione richiesta dalla sua
funzione corrispondente, ma che è anche sintonizzata con uno strumento simile su scala cosmica".
Ancora una volta capiamo in che senso… “ogni uomo, ogni donna è una Stella”6.
Riferendomi alla pratica di meditazione descritta nel Percorsi di Alchimia Personale, in base agli
sviluppi della mia ricerca, direi che è abbastanza efficace regolarsi in questo modo. Prima di
procedere con la vocalizzazione dalla A alla I, pronunciate lentamente il mantra IAO, intonando la
vibrazione usata per la lettera O, abbastanza aperta. Immaginando contemporaneamente una
salita di energia dall’osso sacro al cuore, e una discesa dal capo, sempre verso il cuore;
raccoglietevi poi profondamente in silenzio per qualche momento, proprio per fa scendere in
profondità ciò che altrimenti rimane nel mentale, cioè nella mente di superficie. Dopo di che,
procedere dalla vocale A in poi, normalmente. Sperimentate…
Oggi il termine esoterismo è piuttosto equivocato, a volte abusato altre volte non lo si usa
proprio per evitare fraintendimenti. Ho notato che tu usi spesso questo termine, ma cosa
intendi tu per esoterismo?
Voglio darti una risposta attuale, piuttosto che una tipica risposta che di solito può essere data per
definire l’esoterismo. Vediamo di tratteggiare uno scenario generale.
Facciamo l’esempio delle cure con le cellule staminali. La lobby delle case farmaceutiche emette
l’ordine di scuderia che queste cure non vanno sviluppate né proposte, perché il loro profitto ne
verrebbe danneggiato. Starà ai governi assicurarsi che tale ordine venga rispettato. La lobby del
3
Percorsi di Alchimia Personale, di Carlo Dorofatti, Erica Holland, Giovanni Gnecchi (2012, Anima Edizioni).
Il cenno cui fa riferimento la domanda è presente nel mio Essere ciò che siamo, a pag. 38.
5
Rodney Collin, Le Influenze Celesti (2005, Mediterranee).
6
Liber Al vel Legis I, 3.
4
6
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
petrolio, per lo stesso motivo, decide di neutralizzare tutte le scoperte sulle auto ad acqua, ad aria
compressa, elettriche, a costo di comprare tutti i brevetti. Tutto viene deciso per salvaguardare
interessi particolari. Tutto per il profitto. Così come le guerre, che oggi si chiamano “esportazione
della democrazia” o “missioni di pace”, sono tutte pilotate in funzione delle necessità di profitto
legate allo sfruttamento delle risorse. Stessa cosa per le cure del cancro, l’energia pulita e così via.
Esistono quindi piani globali per il controllo delle risorse e della ricchezza, messe in opera dai
sistemi bancari, politici, militari, scolastici, mediatici e così via. A favore di chi? A favore di quelle
grandi famiglie, più o meno corrispondenti alle famiglie monarchiche o di potere economico, che
da lungo tempo si sono affermate con l’uso della forza, prima, e della strategia ad altri livelli, dopo.
Homo omini lupus è la legge della giungla che ha permesso a tali famiglie o a certi popoli di
affermarsi sul mondo. È la legge del cervello rettile e ha un suo senso. Ecco perché questi “potenti
della terra” possono essere definiti “rettilliani”. E tutto il sistema che ne consegue, regolato dal
gioco delle vittime e dei carnefici, e dell’affermazione della forza (sia essa fisica sia essa strategica),
è un sistema “rettilliano”. È un sistema funzionale e profondamente materialistico. I grandi
business si basano sulla malattia, sulla morte, sull’inquinamento, sulla criminalità: tutte cose
necessarie al sistema e ai suoi meccanismi di mantenimento economico e che mai potranno essere
veramente risolte, anzi sono pianificate a dovere, attraverso le più diverse strategie di pressione
sociale, in modo che non manchino mai!
Che questi istinti, identificati in queste forze, facciano poi capo a meccanismi ancora “a monte”,
ovvero costituiti da altre entità in gioco, extraterrestri, aliene, sottili, poco importa: il concetto,
che sia terrestre o cosmico, non cambia.
Ovviamente la forza e le posizioni di potere vanno conservate, quindi anche tutte le ideologie che
permetterebbero di individuare vie di uscita vanno bloccate. Gli individui devono essere carne da
macello: sudditi, clienti, consumatori… in pratica energia da sfruttare, da dominare e basta. Le
religioni, così come le ideologie politiche o le concezioni scientifiche, devono garantire che
qualsiasi via di fuga sia prontamente intercettata e ricondotta al sistema di dominio, usando le
leve – di paura o di motivazione - che di volta in volta servono meglio allo scopo.
Anche dentro di noi, il sistema rettilliano garantisce lo stesso equilibrio, affinchè una certa
“mente” possa affermarsi, conservare il suo potere e quindi lo status quo funzionale ad un certo
equilibrio, per quanto questo equilibrio risulti basato su di una percezione molto limitata e miope
della vita e del suo sviluppo (ma questa consapevolezza non può far parte del limitato mondo del
cervello rettile, estremamente egoistico e poco lungimirante). Per cui tali sedi di potere sono
destinate ad estinguere la loro realtà e ad estinguersi con essa: una nuova realtà prevarrà e il
meccanismo si riprodurrà in base allo stesso sistema di mantenimento, finchè si giungerà ad una
situazione estrema di irriproducibilità: la “morte fredda” dell’universo.
Eppure, anche in tali circostanze, l’essere umano può avvertire in sé una pulsione differente, che
sia disposto (o ancora in grado) di darvi ascolto o meno, ovvero cogliere una certa intuizione
oppure abbandonarsi ai meccanismi della mera lotta per la sopravvivenza (= oblio di sé). Abbiamo
già detto che questi impulsi vengono combattuti o, per lo meno, intercettati e sedati dalla mente e
dal sistema rettile e dai suoi sotto-programmi, che funziona molto bene per garantirsi la
sopravvivenza, secondo le sue percezioni e le sue logiche, approfittandosi puntualmente della
7
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
nostra paura, che alimenta questo circolo vizioso. Paura di cosa? Fondamentalmente della morte,
e persino del pensarci!7 La paura è lo strumento del controllo.
Io non credo in un equilibrio armonico del sé, della vita e delle cose: la natura è ben diversa. Se
mai possiamo intuire un equilibrio complesso e dinamico. Quindi il conflitto, la tensione, il caos
sono cose necessarie, connaturate. Tuttavia credo che l’avventura, la sfida, non debba sfogarsi nel
conflitto tra gli uomini, per il cibo, per il territorio, per la paura della morte, insomma a causa del
suo smarrimento dal quale deriva un’ormai grave e reiterato difetto di percezione.
Credo anzi che la grande sfida sia da giocarsi nei confronti della complessità della vita, per
comprenderne e assimilarne i misteri, le possibilità, le forze. Non uomini in conflitto tra loro, ma
uniti ed esaltati nella loro diversità, che è ricchezza, che non si percepiscono come concorrenti e
nemici tra di loro, ma che accettano, ognuno con la propria peculiare visione e unicità, la sfida
dell’esistenza, nel pieno rispetto del creato eppure svelando le sue energie e la sua verità.
In questo momento, entro i confini del piano di esistenza che creiamo e percepiamo e che, volenti
o non volenti, bene o male, accettiamo, alimentiamo e condividiamo, ancora prevale l’istinto
rettile; saremo anche andati sulla Luna, ma non ci siamo mai mossi da lì: dal sentirci soli, dalla
paura, dal conflitto, dall’attacco-fuga. Tutti noi, dentro di noi e partecipi di quanto manifestato
fuori di noi, siamo all’interno di tali circostanze: infatti siamo qui, in questa realtà tridimensionale,
con questo corpo, questa mente, questi sensi, queste percezioni e, volenti o nolenti, con queste
logiche, attive nel profondo.
L’esoterismo riguarda l’indagine di quell’impulso interiore misterioso e anomalo, ovvero estraneo
a questo sistema rettilliano e, in linea più generale, anomalo anche ai sistemi più o meno evoluti
della Natura in quanto tale e dei suoi meccanismi di mantenimento e riproduzione ciclica.
Quell’impulso anomalo possiamo definirlo, con Gurdjieff, come “impulso esserico”. Sottrarsi
all’impulso rettiliano significa intuire una nostra identità differente rispetto a quella materiale e
psichica attuale e accedere ad una percezione differente di noi stessi, della realtà e, di
conseguenza, sviluppare obbiettivi e sistemi ben diversi rispetto a quelli rettilliani, dentro e fuori di
noi su tutti i livelli, inclusa la rielaborazione della nostra vita, della nostra socialità, politica,
economia in funzione di una consapevolezza ecologica e olistica che può tenere conto di una
maggiore ampiezza di vedute, ovvero trascendente.
Trascendente cosa?
Trascendente la percezione meramente sensoriale/materiale, le logiche dualistiche tipiche
rettilliane (tipo legge della giungla, vincitore/perdente, lotta/fuga), ecc…
Questo è l’esoterismo.
E può partire da dentro di noi: di ognuno di noi.
Com’è possibile che un individuo possa fare la differenza?
7
Vedi la riflessione di Rocco Bruno nel suo Matrix – Una parabola moderna (Libro I) a pag. 192 (Ed. 2010), dove tra
l’altro l’Autore riporta e commenta una conferenza di G. I. Gurdjieff del 1924 davvero significativa.
8
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Perché l’impulso esserico – e qui entriamo nelle ipotesi, in ciò che possiamo sentire o possiamo
intuire, anche attraverso quei miti che sembrano contenere una sapienza antica e perduta –
corrisponderebbe ad un potere di gran lunga superiore a quello dei sistemi materialistici naturali e
animali, essendo esso stesso fonte e sorgente, nonché superiore termine di risoluzione, del mondo
e della vita.
Nel tuo Nient’Altro che Sé Stessi8, così come nel sito del Centro Studi Ascensione 93, descrivi una
serie di scenari che hanno a che fare con eventi ed enti non solo di questo mondo: parli di
Atlantide, di Lemuria, di alieni e, pur senza indugiare nel complottismo, lasci comunque
intendere una situazione mondiale, collettiva e individuale, assolutamente mortificata rispetto a
quello che siamo veramente, e alla vita che dovremmo manifestare e vivere. Conosciamo il tuo
scetticismo rispetto a soluzioni politiche, comunitarie, o di attivismo di alcun genere, ma allora
come possiamo risollevare finalmente la testa, riprenderci quello che di diritto dovrebbe essere
la nostra vita vera?
Per commentare, non dico rispondere, la tua domanda dobbiamo ricorrere al mito, alla metastoria. Quello che possiamo osservare e dire è una piccola parte di un grande mito. Il mito ci
permette di tratteggiare una rappresentazione della realtà. E può essere letto in diversi modi per
descrivere la realtà così come le nostre dinamiche interiori e tutte le sfumature intermedie tra
queste due prospettive, entrambe vere e misteriosamente interconnesse.
Un’interpretazione oggi tanto di moda parla degli alieni. L’umanità terrestre, nel contesto del
nostro piano di esistenza, è sottoposta ad un’agenda, chiamiamola pure “aliena”, di totale
sfruttamento: di risorse, di energie, di tutto quanto. Al di là delle possibili argomentazioni spirituali
e metafisiche, per le quali va sempre tutto bene (ed è così!), per quanto ci riguarda assistiamo ad
una storia drammatica, un programma alieno, cioè alienante, che conta la connivenza di un tot di
umani che si sono venduti a una certa tale tendenza, percepita come “autorità”, per motivazioni
altrettanto complicate da discutere, ma facenti capo alla natura dell’illusione. Nel mezzo ci stanno
tutte le ibridazioni e le manipolazioni che potete immaginare, gruppi occulti, programmi militari,
quello che vi pare. Ci sta anche tutta quell’impressionante propaganda che nasce dalle nostre
stesse debolezze, dalle nostre paure, che alimenta e, anzi, rende tutto questo ancora più
impressionante e vero. Ecco il circolo vizioso della paura: le teorie complottiste, gli scenari
apocalittici, le sciocchezze più sfrenate, come se non bastasse la realtà così com’è e, dall’altra
parte, come se la realtà fosse tutta e solo così! Non è vero! Là fuori c’è ancora una vita
meravigliosa! Un mondo meraviglioso! Eppure non possiamo più crederci… un mondo
meraviglioso? Ma dove? Come sarebbe possibile?
Non fatevi fregare dal predatore-psicopatico9.
Il predatore-psicopatico è in guerra da sempre. Una guerra contro la bellezza che lo circonda. Sa
che non potrà mai raggiungere lo stato di grazia in cui esiste un senso di apprezzamento e di
gratitudine quindi cerca di distruggere questa bellezza. Mentre gli umani possono avere
8
Nient’Altro che Sé Stessi, di Carlo Dorofatti (2010, Nexus Edizioni).
Vedi il post “Il predatore-psicopatico e la sua guerra contro l’Essere Umano”, sito:
http://essereumanoinarmonia.blogspot.it/2012/12/il-predatore-psicopatico-e-la-sua.html. Vedi anche il post-scriptum
“Papillon” di Alberto Medici, alla fine del suo libro “Ingannati fin dai tempi della scuola” (2011, La Cassandra
Edizioni).
9
9
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
l'esperienza della bellezza della loro anima, il predatore è in cerca solo di mezzi energetici da
"sottrarre", menti da torturare e disturbare e ancora corpi da pervertire ed inquinare. I predatori
creano uguaglianza, portando tutti quelli intorno a sé al loro livello di non-vita. Impongono il loro
odio verso lo spirito umano nel mondo intorno a loro e avvelenano ogni cosa che toccano...la vita
in sé è la loro più grande psicosi!
Eternamente affamati, sempre vuoti, non smettono mai di cercare quella cosa che ci rende umani e
che ai predatori-psicopatici mancherà sempre: l'Anima.
Thomas Sheridan
È una faccenda molto antica, che possiamo però intuire, lasciare emergere dal passato così come
dal profondo di noi. Le due direzioni coincidono.
La realtà non si limita a quello che percepiamo, alla manifestazione alla quale siamo abituati, e
anzi si distribuisce su numerosi livelli possibili, tra i quali questa nostra manifestazione non è che
uno dei tanti. Anche l’essere umano, per tutta una serie di ragioni, naturali, artificiali e quant’altro,
è ben più complesso di come siamo abituati a pensarlo, anche se non ce ne rendiamo conto.
Cerchiamo di portare il discorso su un piano esoterico e non friggiamoci il cervello con gli UFO, gli
elenchi delle razze extraterrestri e le loro descrizioni e rispettive agende… i bravi e i cattivi… Si,
certo, va bene, diciamo che ci sono anche quelle robe lì, ma a noi – qui, adesso – non ci
interessano. Non è quello il punto. Il punto non è se gli alieni esistano: il punto è: quanto esistiamo
noi?
Il “sistema” che ci siamo confezionati è complesso, si distribuisce su più piani e coinvolge
manifestazioni diversificate dello spirito, dell’energia e della materia, o meglio, della percezione.
Questo sistema si compone di molteplici ingranaggi, alcuni evidenti, altri decisamente meno.
Alcuni vicini a noi, al nostro piano, quindi intuibili, altri, quelli fondamentali, meno intuibili, più
sottili, dietro le quinte, quasi inimmaginabili nella loro realtà. E tuttavia sono le basi dei
meccanismi successivi.
Tutto origina dall’energia assoluta che siamo, che si evolve o si disperde tra le sfide dell’esistenza.
Da questa energia originano mondi e forme di coscienza e di esistenza tutte coinvolte nella grande
avventura dell’essere.
A queste dinamiche si sono date connotazioni spiritualistiche e religiose, anche se oggi vanno di
moda le reinterpretazioni in chiave ufologica, che però non dovrebbero ridurre la portata ultraumana di tali scenari. Le religioni, e in particolare le religioni monoteistiche, dal punto di vista
antropologico, costituiscono un tentativo di comprensione e di interazione, anche se il più delle
volte, anzi sempre, generano i presupposti di un asservimento fuorviante, come sappiamo bene.
Eppure le religioni sono effettivamente a contatto con forze “dietro le quinte”, più o meno grandi
e potenti, vicine alle fondamenta dei sistemi vitali e, nel nostro caso, di quel sistema di controllo e
manipolazione sviluppatosi per garantire determinati equilibri.
10
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Sembra incredibile ma se ci pensiamo bene dalla religione – quindi da una certa connessione
energetica identificabile nel concetto deviato di Dio e nell’autorità (potere ecclesiastico) ad esso
riconducibile – conseguono la politica, l’economia, in pratica la vita di tutti noi, fino al nostro piano
quotidiano, con tutti i suoi meccanismi più evidenti. Da sempre. Anche oggi è così.
Il potere che imbriglia la nostra essenza energetica, la nostra anima, diventa, attraverso
meccanismi successivi, il potere temporale che imbriglia la nostra vita.
Si tenga presente che tutta la nostra società (la politica, l’economia, tutto quanto al quale ognuno
di noi è sottoposto con precisione chirurgica: leggi, regolamenti, codici, obblighi amministrativi,
fiscali, il lavoro ecc…) si basa su di una giurisprudenza riconosciuta ed efficace a livello mondiale, le
cui origini e fondamenta sono da ricercarsi in quella pretesa di diritto divino che costituisce il nesso
tra determinate forme di energia, dietro le quinte, e il nostro piano di realtà.
Questo nesso è molto antico, possiamo farlo risalire all’Alleanza tra quell’entità che poi siamo stati
abituati a chiamare Dio, e l’umanità, mediata da una élite definita. Da lì, passando per il diritto
romano e precisi sistemi di perfezionamento che risalgono al nostro medioevo, si è stabilizzato un
sistema di potere che è uno degli assi principali di tutti i meccanismi.
Tutte le considerazioni che possiamo fare sul “nuovo ordine mondiale”, con i suoi governi ombra,
il potere delle lobby, le multinazionali, le banche, il problema delle sovranità nazionali, della
sovranità monetaria, non sono altro che dinamiche successive rispetto a cause che stanno a
monte, senza prendere in considerazione le quali siamo comunque radicalmente e ineludibilmente
schiavi.
Il fondamento giuridico riconosciuto ed efficace a livello mondiale è costituito da una serie di
“codici” promulgati dall’autorità papale della Chiesa di Roma e resi operativi, mai abrogati, grazie
al nostro tacito consenso, come sempre accade nella nostra quotidianità amministrativa.
Attraverso queste leggi, che, ripeto, stanno alla base di tutti i sistemi giuridici del mondo, noi
rinunciamo di fatto alla nostra sovranità individuale: questo è il punto. La questione non è solo
“sociale”, è “spirituale”, proprio perché tali manovre corrispondono ad altre dinamiche che, a
monte, hanno a che fare con la nostra anima e non solo con la nostra vita materiale.
Prendendo atto di questa situazione, informandosi adeguatamente10, è possibile tentare due
strade: la prima è quella di comprendere profondamente queste regole e volgerle a nostro
vantaggio, per recuperare il possesso di noi stessi, attraverso procedure legali. Oggi sono molte le
persone che stanno percorrendo questa strada per recuperare il loro status di individui sovrani.
L’altra strada è quella di vedersela direttamente con quelle dinamiche che, a monte e sui piani
sottili, manovrano tutto il meccanismo, in virtù della nostra, imprescindibile e altrettanto
10
Partite dalle informazioni che trovate qui: “Il sistema delle Bolle papali” - http://www.iconicon.it/blog/2013/02/ilsistema-delle-bolle-papali/
(Reblogged da: http://hearthaware.wordpress.com/2012/09/26/le-bolle-papali-che-hanno-cambiato-il-mondo/).
Senza perdervi nelle derive complottiste e nelle meno rilevanti interpretazioni spiritualistiche ed esoteriche, più o meno
condivisibili, proseguite poi con gli episodi 8, 9 e 12, in particolare, del ciclo che trovate qui:
http://blog.miglioriamo.it/1704/tempodicambiare-08/
11
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
ineludibile, autorità divina. Ovvero, ridiscutere i termini del consenso alla fonte. Non so quale delle
due strade sia la più efficace e, soprattutto, la più difficile!
Io suppongo, in questo momento, che la soluzione più totale – e forse effettivamente praticabile –
sia la seconda.
La via d’uscita da questa situazione di manipolazione e sfruttamento, umana e aliena (propria di
quelle parti di noi che non sanno più riconoscersi nell’umano), si trova, a parer mio, a vibrare su
altri livelli rispetto a quello esistenziale attuale, ed è da là che si può trovare una risoluzione,
contando sulla nostra stessa multidimensionalità.
Tutto il resto è vano, perché è parte di una precisa proiezione corrispondente al livello che
insistiamo ad alimentare, nel quale ci ostiniamo e che siamo ormai abituati a credere come reale,
l’unico vero e possibile. Possiamo quindi solo subire tale realtà di fatto, a meno che non ci
spostiamo di livello, non solleviamo il capo, non guardiamo, non vediamo le cose in modo diverso,
non ci accorgiamo della verità, ed è ciò che per prima cosa ci è stata resa inimmaginabile, perché
non ammettiamo neanche, nel profondo di noi, che questa possibilità abbia un senso e sia reale…
Se ci credessimo davvero, saremmo davvero molto diversi! E faremmo cose diverse! Faremmo
scelte che invece al solo pensiero ci fanno paura… e poi chissà cosa penserebbero gli altri!
Questo è parte di una sfida, di una serie di conseguenze, di un grande gioco, che si mescola con le
leggi della natura, quelle divine e metafisiche, con le dinamiche giustissime di un universo che ha i
suoi equilibri e la sua intelligenza globale.
Quello che qui vediamo e “subiamo” è specchio dei nostri errori interiori, è il riflesso che da altre
dimensioni del possibile precipita su questa realtà apparendo in questo modo, attraverso la storia
collettiva. La risoluzione è interiore, dietro le quinte, ed è altrettanto “aliena” rispetto a come oggi
siamo abituati a pensare e a percepire noi stessi e le cose.
In che senso hanno reso inimmaginabile ciò che siamo? Noi siamo proprio qui perché
“sentiamo”, immaginiamo quindi un potenziale…
Hanno reso, anzi no!, abbiamo reso a noi stessi inconcepibile la verità.
La verità su di noi, sull’universo, la vita e tutto quanto. E quindi non siamo altro che i bit del
programma che qualcun altro, nel bene e nel male, userà per la sua propria avventura di
coscienza. Che poi, alla fine, siamo sempre e ancora noi… ma questa nostra storia non sarà più…
non sarà mai stata. L’unica via è rendersi conto, realizzare, mettere a fuoco la questione e… essere.
Niente e nessuno può impedirlo.
Potrebbe andarsene quando vuole. Se fosse qualcosa di più di una vaga aspirazione, se fosse
assolutamente determinato a scoprire la verità, noi non potremmo fermarlo. [...] Truman
preferisce la sua cella!
Dal film: The Truman Show, di Peter Weir
12
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Tu dici che il riferimento siamo noi stessi. Ma, nella pratica mistico-magica, così come nella
definizione di una filosofia, di una metafisica, ci saranno dei riferimenti assoluti, certi e
immutabili, ovvero “tradizionali”, cui rifarsi e verso i quali orientare lo sguardo?
Non c'è un "centro certo" cui affidarsi. Oppure, se preferisci, c’è ma dobbiamo dimenticarcene e
rifare i conti liberamente, senza paura; oppure ancora, forse, quel “centro certo” non è quello che
pensiamo essere. Ecco perché, secondo me, è importante restare nel vago, sfidare la mente
razionale, scrollarsi di dosso dogmi e schemi, rinunciare a centri fermi ed indiscutibili, per poi
magari riscoprirli, arrivarci nuovamente, ma per presa di coscienza e attraverso un rinnovato
livello di consapevolezza.
Nei tuoi libri introduci e sviluppi progressivamente il discorso sulle energie sessuali, parlando di
via umida e via secca, di via della mano sinistra e di via della mano destra. Si avverte la tua
vicinanza al Tantra eppure parli spesso di Tradizione, di auto-disciplina, cose, mi sembra, lontane
dalla via della mano sinistra, spesso condannata dalla tradizione… come conciliare disciplina e
libertà?
L’auto-disciplina, se ci pensiamo bene, è una via verso la libertà, anzi è già espressione di libertà:
libertà di concederti la possibilità di essere ciò che sei veramente, di conoscere la tua vera natura e
la tua vera volontà al di là dei condizionamenti e delle illusioni che propinano invece libertà
apparenti.
Però, attenzione a non fare confusione. Mi capita di notare che spesso vengono associati concetti
che tra loro hanno poco o nulla a che fare. Spesso sento assimilare la via secca con la via della
mano destra e quest’ultima con la Tradizione, quella cara a Guénon, piuttosto che a Evola, per
intenderci, i cui fans condannano la Teosofia, Crowley piuttosto che Osho e che, alcuni di essi poco
informati, sono portati a condannare allo stesso modo la via della mano sinistra, chissà per quale
strana ragione.
Facciamo un po’ di ordine.
La via della mano destra si chiama così perché la sua tradizione si consolida nel sud dell’India: tale
corrente giunge da sud, quindi, per l’indiano che volge lo sguardo al sorgere del sole come punto
di riferimento, giunge dalla sua destra. I Tantra, molto più recenti rispetto alla dottrina induista
ortodossa, giungono dal nord dell’India, quindi dalla sua sinistra. Ecco perché si chiama “via della
mano sinistra”, un motivo che non ha nulla di sinistro.
La via della mano sinistra è una via attiva, esplorativa, esoterica, non-dualista e vede la vita non già
come mera sofferenza e la materia non come una degradazione, ma parte dal presupposto che
tutto questo sia funzionale non solo alla nostra reintegrazione divina ma all’evoluzione stessa della
divinità in noi. Per la serie, già che siamo qui, facciamone qualcosa, godiamone, esploriamo,
appassioniamoci: facciamo di necessità virtù, o buon viso a cattivo gioco… Sia la vita pura gioia!
Dati questi presupposti la via della mano sinistra si distingue dalla via della mano destra, che
invece è essoterica, religiosa, dogmatica, fideistica, quindi passiva, basata sulla devozione e
dualista. Nella sua ortodossia vede la gioia e il piacere con sospetto e induce a pensare il sesso
13
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
come a un qualcosa da reprimere e da negare piuttosto che da esplorare e impiegare; questo
anche nella sua gestione contenitiva, che è il risultato di una repressione. Tale negazione non dico
che sia insita nelle dottrine di mano destra in quanto tali, ma è il frutto di un certo moralismo che
queste dottrine religiose e devozionali producono.
Tuttavia, la via della mano destra non va confusa con la via secca che invece attiene comunque alla
via della mano sinistra dove l’energia sessuale è liberamente esplorata e protagonista del processo
di risveglio pur nella castità (di coppia o in celibato) come scelta consapevole, molto diversa dalla
mera obbedienza alle prescrizioni religiose. Quindi non associate la via secca con la via della mano
destra: anche se la pratica, in fin dei conti, può sembrare la medesima, la concezione che sta a
monte è diversa perché non c’è repressione, ma comunque una forza attiva che viene proiettata.
La cosiddetta Tradizione si riferisce a quel corpo di conoscenze e di dottrine che compongono
quella gnosi ancestrale e universale, cioè quella filosofia perenne, che starebbe alla base
dell’esoterismo così come delle religioni del mondo. Questo tra storia e meta-storia.
La Tradizione non va confusa con la via della mano destra, anzi, è molto più vicina alla via della
mano sinistra. La Tradizione è esoterica, attiva, sebbene voglia rifarsi ad una Gnosi codificata, ad
una verità che deve essere quella, ed è immutabile.
Si distingue dalla via della mano sinistra perché per la Tradizione, che è fortemente dualista, la via
è una ed unica, la verità è solo una ed è quella della nostra origina divina: la vita, la materia,
rappresentano un degrado del quale disfarsi il più presto possibile. La reintegrazione significa
tornare al passato, all’origine: non vi è progresso possibile dal quale trarre evoluzione, dato che la
modernità non fa che allontanarci dalla saggezza dei primordi. Ovviamente questi elementi, sul
piano filosofico, sono lontani dalla via della mano sinistra, che invece vede la vita come qualcosa di
costruttivo, di bello e di utile alla stessa coscienza divina nel suo percorso di reintegrazione.
Non per questo la Tradizione può dirsi di mano destra o anti-tantrica, anzi, era molto più antitantrica la Blavatsky (che i tradizionalisti avversano violentemente) che non un Evola, grande
conoscitore delle tradizioni tantriche e di mano sinistra. Certamente la Tradizione avversa
quell’atteggiamento sincretistico e liberal tipico di un Crowley o di un Osho.
Al di là delle disquisizioni accademiche (che tra l’altro non rientrano nelle mie competenze
specifiche, per cui ho potuto solo riportare quelle che sono le conclusioni di un’analisi personale),
ribadisco la non conflittualità sul piano operativo, nel senso che gli approcci, vissuti con serietà e
consapevolezza, portano al medesimo risultato finale11; lasciamo andare tutte queste
classificazioni e andiamo oltre: pensiamo a noi e procediamo.
Hai detto che i sogni possono costituire una porta verso altre dimensioni di sé e quindi della
realtà. Come si può utilizzarli in questo senso?
Prima di arrivare a quel livello dobbiamo capire che i sogni che normalmente facciamo sono
semplicemente una sorta di sfogo dell’inconscio, uno scarico. Finchè siamo in quel livello possiamo
fare molto poco: anzi, tutta questa mania di interpretare i sogni, che da una parte certamente può
essere utile e può avere un risvolto psicoterapico significativo, è forse fuorviante: lasciate andare. I
11
Cfr. Essere ciò che siamo, pag. 81.
14
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
sogni, al nostro livello medio di esperienza, sono la “cacca” dell’inconscio: quando andate in
bagno, una volta fatto quello che dovevate fare, tirate lo sciacquone e non ci pensate più.
Allo stesso modo, non state ad arrovellarvi troppo con i sogni… lasciate andare.
È un altro il livello che se mai potrebbe interessarci, ma non lo raggiungiamo finchè siamo attaccati
alle nostre pastoie. Una volta che la coscienza è fluida, allora i sogni potranno finalmente
costituire qualcosa di diverso, se abbiamo la continuità di essere ciò che siamo al di là
dell’identificazione con il corpo e la mente cosiddetta conscia.
Cos’è la felicità?
La felicità è la capacità di essere felici.
Sento spesso dare, dai moderni predicatori e imbonitori, formule per essere ricchi, sani, di
successo, senza ansie, paure o problemi, in armonia, amicizia e pace con tutti, oltre i dualismi ecc…
ecc… Tante belle cose… Essere in quel tal modo dentro per far corrispondere quella data realtà
fuori… Ebbene: dal punto di vista di quanto stiamo discutendo in questa sede, tutto ciò non è altro
che un sofisticato sottoprogramma del solito sistema, del solito incantesimo. È droga un po’ più
raffinata… Psicologia da quattro soldi, che, peggio ancora, si spaccia per spiritualità e che ancora
una volta manca completamente il punto della questione. Che è tutt’altro.
Dobbiamo uscire da questi “bisogni”, da questo gioco perverso: il bisogno di essere sicuri, il
bisogno di essere felici, il bisogno di essere ricchi (dentro o fuori che sia), il bisogno di essere sani,
belli e vincenti e di saperla tanto lunga. E quindi il bisogno di essere prosperi, nell’abbondanza, nel
successo, di realizzare i sogni, di cambiare il mondo… alla fin fine è sempre in tutto questo che si
va a parare. Sono larve, agganci, “pendoli”, come li chiama Zeland. Fintanto che siamo lì dentro, su
quella giostra, per quanto impariamo a gestirci al meglio, applicando The Secret, l’attrazione,
l’entusiasmo, le affermazioni positive e quant’altro… siamo sempre lì dentro! E alimentiamo,
ancora meglio, quel sistema. E chi vi passa queste cose, magari in modo molto seduttivo e
convincente, contribuisce tuttavia a farvi restare in quei condizionamenti, in quei bisogni. Ovvero
in quelle illusioni assurde e ridicole, infantili. E lo fa pure in modo sofisticato; e lo fa per mestiere!
Questo è il lavoro su di sé?! Dove state collocando tutto questo? Con quali ingredienti vecchi e
stantii pensate di accedere al nuovo?
Ma poi, veramente… Di cosa stiamo parlando? Di che sicurezza? Di che ricchezza interiore? Di
quale abbondanza e prosperità? Ma, cosa volete “attrarre”? Da dove? Chi? Per cosa? Cosa state
alimentando? A quale giostra continuate a dare energia? A quali apparenze continuate a dare
credito? Di quante droghe vi dovete ancora fare?
Non ti sembra di chiudere alle domande che ti vengono fatte?
Spero di no… anzi domande e risposte sono il modo migliore per rendere questi incontri veri,
vitali… è pure vero che la domanda - che ovviamente non dovete rivolgere a me, ma che deve
“tormentare” ognuno di noi - è una sola:
Qual è il senso reale della mia esistenza?
15
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
La magia non è una via per essere felici. Secondo me il mago non è “felice”: non si pone proprio il
problema. Il mago vuole imparare. Questa della felicità – di un certo tipo di felicità, molto mentale
e sofisticata - è un’ansia molto recente… molto moderna, tipica di una mentalità decadente,
squallida e insipida.
Adesso è un momento buono: siamo davvero entrati in una nuova era di possibilità, non possiamo
lasciare che il sistema ci soffochi ancora, ci spenga come al solito, con i suoi sottoprogrammi e i
suoi sedativi ipnotici. Possiamo rifiutare tutto questo, ma possiamo farlo da dentro di noi: il rifiuto,
la rivoluzione, è interiore.
Finalmente la nostra psiche può allinearsi con il nostro centro, con l’impulso di essere, non
permettiamo al sistema di intercettarci ancora. Riconoscete i pensieri e gli umori che non siete voi,
che non vi appartengono. Ora possiamo farlo. Tutto il resto, se non è illuminato da questa
chiarezza, è fuffa.
Tuttavia, con questa chiarezza, potete fare tutto: il punto non è nelle tecniche, l’una piuttosto che
l’altra, siete voi il punto. È quello che voi portate che fa la differenza: la vostra presenza, la vostra
vibrazione. Il veicolo può essere qualsiasi cosa. Se ogni cosa è veicolo della nostra energia divina
possiamo fare tutto, superare ogni limite, bruciare ogni virus.
La ricerca e le aspirazioni di cui stiamo parlando qui non hanno niente a che fare con la “felicità”. È
una questione ampiamente superata, ancora strumentalizzata solo da chi vi vuole tenere legati
alle illusioni di una mente indolente, che vuole abbassare il livello e ridurre la vostra identità e le
vostre motivazioni a qualcosa di molto ristretto, banale, manipolabile. Per questo non voglio avere
a che fare con i mercanti mitomani che ci sono in giro, ma voglio al massimo creare un gruppo di
esperienza, magari anche di formazione, va bene, ma solo con certe persone e sicuramente non
con altre. E non stressatemi con il non-giudizio: un altro concetto molto importante oggi
puntualmente strumentalizzato per non farvi pensare, per inibire il vostro senso critico e il vostro
discernimento. Chiamate pure le cose con il loro nome, non fatevi troppi problemi. Non fatevi
fregare.
Aleister Crowley scriveva:
Di tutte le Grazie che si stringono intorno al trono di Venere, la più timida ed elusiva è quella
fanciulla che i mortali chiamano Felicità. Nessuna è così bramosamente inseguita; nessuna è così
difficile da conquistare. In verità, solo i santi e i martiri, normalmente sconosciuti ai loro simili,
l’hanno fatta loro; ed essi l’hanno raggiunta estinguendo in se stessi il senso dell’Ego, in quel divino
oceano della Coscienza la cui schiuma è imperturbabile e gioia perfetta.
Agli altri, la Felicità giunge solo come per caso; quando meno cercata, forse lei è là. Cercatela, e
non la troverete; chiedetela, e non la riceverete; bussate, e non vi verrà aperto. La Felicità è sempre
un divino incidente. Non è una qualità definita; è la fioritura delle circostanze. È inutile mescolare i
suoi ingredienti; gli esperimenti nella vita che nel passato l’hanno prodotta, possono essere ripetuti
incessantemente, e con infinita abilità e varietà — invano.
Se siete incerti, dubbiosi, depressi, in una situazione di vita instabile, precaria, per mille motivi, vi
consiglio di dare priorità al rimettervi in sesto, al ricentrarvi, piuttosto che di pensare alla magia e
all’esoterismo. Sia quella la vostra meditazione, la vostra magia. Piuttosto cercate chi vi possa
16
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
eventualmente aiutare in modo mirato, magari un terapeuta. Altrimenti rischiate di confondervi
ancora di più e di imbattervi in situazioni inopportune o trovare chi potrebbe approfittarsi di tutto
questo, magari proprio dandovi corda nella vostra autocommiserazione e nel vostro inconsapevole
vampirismo, o incappare nello pseudo-terapeuta-guru di turno. Non tormentate chi va ha teso la
mano o chi fa al caso vostro perché così potete nascondervi dietro alle “alte cose”. Rimboccatevi le
maniche, aggiustate la vostra vita, prendetevi cura di voi. Lo so… è un discorso duro.
Ci si deve rendere conto di dove si è! Quella è la prima, scomodissima, illuminazione.
Spesso ti sento fare una distinzione tra la “new age” originale e una certa piega che questa new
age avrebbe preso, diventando un fenomeno di moda e di business. Ti scagli contro l’idea di
questa “salute e benessere”, di questa “prosperità e abbondanza” e dei suoi guru. Puoi
specificare meglio la tua posizione e questa particolare distinzione tra quello che intendi per
new age e questa modalità attuale al centro della tua denuncia? Inoltre, non è forse spirituale
accettare profondamente se stessi, migliorarsi, volgersi verso una vita solare, luminosa, rivolta
al bene di sé e degli altri, con serenità intima e senza porsi necessariamente altri “grilli per la
testa”, che in fondo sono forse solo delle illusioni?
Oggi più che una new age, che non ha niente a che fare con quella mitica new age degli annti
Settanta, quella di Timothy Leary, di Aldous Huxley o di Terence McKenna, per intenderci, ci
troviamo di fronte ad una next age (anche i sociologi si esprimono in tal senso). Mentre la new age
propriamente detta si pone il problema di una società, addirittura di una civiltà, nuova - ovvero da
rifondare su presupposti diversi, olistici e spirituali -, dopo la grande delusione, negli anni ’80 e ’90
il fenomeno cambia e diventa “next age”: la new age diventa qualcosa di diverso, cioè punta tutto
sul benessere dell’individuo. La persona, il singolo, ha il diritto di incazzarsi, di mandare tutti a quel
paese, di essere libero ad oltranza, di prevaricare gli altri eventualmente (perché alla fine è così!),
perché ha diritto di dire di no, di dire di sì quando e se gli pare, di porsi prima di tutto e di tutti,
finalmente. Questo è l’obbiettivo: assolutamente individuale. Non c’è ideologia se non quella del
benessere individuale, dei sacrosanti diritti individuali. A parer mio, si è decisamente passati
all’estremo opposto: alla religione dell’ego a oltranza, che infatti ben si presta per essere la
religione del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale, proprio perché in questo modo gli individui, tutti
belli separati ognuno a pensare al proprio ego e al proprio benessere senza troppe complicazioni e
possibilmente senza impegnarsi neanche più di tanto, sono perfettamente manipolabili.
Questo per quanto riguarda l’intercettazione di una certa ricerca, di un certo sentire.
Perfettamente riuscita. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, il discorso è ancora
diverso e riguarda quel modello della “persona normale” che spesso andiamo ad invidiare.
La rivoluzione spirituale è qualcosa di molto diverso dal conseguire una visione ed un
comportamento etico. Cerco di spiegarmi. Facciamo l’esempio di una persona buona, gentile, in
equilibrio con se stessa, che ama la natura, che rispetta gli altri: è generosa, fa il suo lavoro, porta
avanti la sua vita osservando un comportamento onesto, integro, senza per questo essere
religiosa, ma semplicemente perché ne comprende il valore. Fa del bene, aiuta gli altri, educa i
propri figli, gode della vita, svolge bene la sua professione, ha senso civico, fa le sue belle gite
domenicali durante le quali si commuove davanti ad un bel tramonto. Magari fa volontariato e
cerca di dare alla sua vita un’espressione gioiosa, bella e creativa. Probabilmente una persona così
avrà anche successo, starà bene e farà stare bene chi gli è vicino. È questo spirituale? Secondo me
17
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
no. Non perché non sia apprezzabilissimo e bellissimo, intendiamoci, ma perchè non ha
necessariamente a che fare con la spiritualità, la conoscenza, il percorso verso una consapevolezza
superiore. Ed è qui il punto.
Quella persona, sicuramente serena e con meno problemi della seconda tipologia che andrò a
citare tra poco, è un’ottima persona, probabilmente saggia, “migliore” di altre e di grande
spessore etico. Ma, per quella persona la vita è questa. Punto. Cercherà di trarne il meglio, di
comportarsi bene, di rispettarla, di viverla con passione ed entusiasmo, magari con poesia, con
amore e rispetto di sé e degli altri. Ma per questa persona la vita è questa. Proprio questa qui.
Per il ricercatore spirituale, persona probabilmente più inquieta e meno solare della prima,
semplicemente la vita NON è questa qui. O, meglio, non è SOLO questa qui. È un aspetto, ma la
spiritualità non è (o per lo meno non si esaurisce in) questo.
Ecco la differenza. Con tutte le sue conseguenze.
Al di là dell’essere in un certo modo e di tendere a migliorare se stessi e questa realtà, e/o goderne
con serenità, ma anche con generosità, altruismo, amore e tutte le virtù che ci possono venire in
mente, la ricerca spirituale e del divino, che certamente non nega quanto detto finora, comincia
tuttavia da quella intuizione profonda, da quel sentire che… non è quello! Se mai tutti quegli
aspetti , certamente di valore e frutto di una certa maturità, possono – non è detto – fare da base
per una comprensione ancora diversa. Da quella sensazione in poi comincia l’avventura spirituale.
Quali sono le conseguenze di questo “salto percettivo”?
Si esce dai parametri. Se si vive davvero l’avventura della coscienza non si percepisce, non si
interpreta e non si può vivere più questa realtà, con i suoi confini e i suoi schemi, con i suoi
concetti “giustissimi” di bene e di male, in questo modo “normale”, secondo l’idea comune di
“normalità”, anche se questo essere normali può significare essere le persone migliori del mondo
e questa vita possa essere la migliore del mondo. Non si può più essere così: normali.
Del resto la storia, proprio quella dei personaggi che gli ipocriti portano sempre a modello durante
le loro messe o i loro corsi new age, lo dimostra chiaramente, no? Prova a metterla in pratica:
prova a fare come un Cristo, un Buddha o un Francesco. O come un Gurdjieff, un Aurobindo,
prendete pure qualunque di questi personaggi appesi al muro12. Perché è di questo che stiamo
parlando: non di brave persone… ma di rivoluzionari della coscienza, della vita e della realtà.
Quello che dico sembrerà pazzesco (per forza!), ma al di sotto di quel livello non stiamo veramente
parlando di Coscienza, di Illuminazione e di tutte quelle belle cose di cui ci riempiamo solo la bocca
e la testa.
Certo possiamo trarre insegnamenti, possibilità, strumenti per vivere meglio ed essere persone
migliori. Ma l’esperienza spirituale non è una questione di virtuosismi. È una questione di…
svegliarsi.
12
La conferenza da cui è stata ripresa questa trascrizione si svolgeva in un Centro con alcune foto di Maestri appese al
muro.
18
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Qual è il senso della realtà? Come possiamo interagire attivamente con gli eventi e cosa pensi
della “legge di attrazione”?
Parto dall’ultima domanda. Sulla legge di attrazione si è fatta molta confusione ultimamente. Di
solito la si confonde con la legge dello specchio, per la quale quello che vediamo non è come sono
fatte le cose, ma come siamo fatti noi. C’è una relazione precisa tra come ci poniamo e quello che
la vita manifesta. Più profondamente, è la nostra stessa coscienza in evoluzione che manifesta la
realtà, che la proietta proprio per come le serve: che ne siamo consapevoli o meno, questo
meccanismo funziona perfettamente. Così come noi siamo estranei a noi stessi, non ci conosciamo
e abbiamo paura delle nostre parti più nascoste e misteriose, allo stesso modo temiamo quanto
queste parti proiettano sulla realtà, che ci appare come qualcosa di indipendente da noi, di
altrettanto estraneo, di fatale. Eppure tutto questo siamo sempre noi, in cammino.
La legge di attrazione attiene ad un principio ermetico importantissimo, ma non ha niente a che
fare con l’idea per cui tu devi poter attrarre ciò di cui hai bisogno: si tratta esattamente del
contrario! Il concetto ermetico dice che il tuo ruolo divino nel mondo è quella di attrarre gli esseri,
le cose, gli eventi e le circostanze per cui tu puoi essere al servizio nel migliore dei modi: attrai ciò
che ha bisogno di te! Questo era il concetto, nobile e di ben altra levatura, stravolto dalla solita
brama opportunista e consumista che ha trasformato la spiritualità in un kit di sopravvivenza.
Secondo un autore a me molto simpatico, “lo scopo e il senso della vita di un qualsiasi essere
vivente consistono nella gestione della realtà”13. Penso di capire cosa intenda l’autore, tuttavia io
preferirei piuttosto parlare di una spontanea, divertita, naturale e consapevole partecipazione allo
sviluppo della realtà. Non c’è bisogno di gestire alcunché. C’è solo da essere: è questo il senso
secondo me più preciso con il quale intendere queste “istruzioni” sulla legge d’attrazione che oggi
vanno tanto di moda. Pertanto, va bene considerare questi meccanismi e persino tentare di
imbrigliarli, ma alla fine la chiave di lettura sta in quel concetto di lavoro su di sé per cui la realtà
non può che giustapporsi per via naturale alla coscienza che siamo e che proiettiamo, secondo le
possibilità e le esigenze della nostra vera natura. Se le cose cambiano perché noi cambiamo, è
tutto armonico e naturale: l’universo è intelligente.
Quando invece tentiamo delle forzature, allora o siamo in grado di gestire le dovute
compensazioni per mantenere gli equilibri armonici dell’universo (ma se sappiamo fare questo non
sentiremo minimamente il bisogno di modificare alcunché!), oppure subiremo delle conseguenze
inaspettate e fuori controllo, naturali conseguenze alla nostra interferenza. Oppure ancora, e qui
entriamo nei meandri meno nobili di quella che tuttavia è stata chiamata magia, affidiamo tali
compensazioni, che interesseranno sincronismi e piani fuori dalla nostra portata, a “forze” che, più
o meno in simbiosi con noi, più o meno ingannevoli e predatorie, avranno comunque il loro
percorso e faranno comunque i loro comodi al loro livello.
Tali forze sono specchio del nostro stesso psichismo, della nostra stessa coscienza: non sono
qualcosa di diverso. E proprio come siamo vittime dei nostri pensieri, ossessioni e
condizionamenti, allo stesso modo siamo vittime di queste “forze” là fuori specularmente
proiettate, siano essi demoni o dèi, angeli, spiriti o quel Dio in cui le religioni (grandi beneficiarie di
tali meccanismi di potere) ci insegnano a credere e a temere. Tutte queste “forze” sono così:
13
Cfr. Vadim Zeland, Reality Transurfing - La gestione della realtà (2012, Macro Edizioni).
19
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
fintanto che pensiamo esistano significa che non abbiamo la piena coscienza di noi stessi. E ciò a
cui diamo energia, ci possiede.
Nel momento in cui queste forze, anche quelle che ci sembrano buone e care, accettano tali patti
(o Alleanze nel caso delle grandi eggregore religiose), dobbiamo capire che siamo già fuori strada e
dunque, anche con le migliori intenzioni e proiezioni, dobbiamo fare molta attenzione a dove
andrà a parare tale sodalizio.
Abbiamo bisogno di un’analisi radicale per rivedere le nostre prospettive e sintonizzarci con un
universo sempre e comunque perfetto… a disposizione della nostra genialità così come della
nostra follia. In ogni caso noi non siamo (solo) questo: dobbiamo respirare un concetto della vita
ancora molto più ampio!
Questo concetto può fiorire solo da dentro di noi. Diverse volte mi vengono chieste indicazioni
precise, oggettive: non funziona così. Le cose esistono e si sviluppano quando le cerchi. Noi
dobbiamo partire solo da quell’impulso ad essere, che ci fa dire: “… ci deve essere di più!”. Ma
quel “di più” non è che ci sia di per sé: siamo noi a crearlo, a inventarlo! Questo è il nostro potere.
Se qualcuno, o una religione, o un Dio, ti dice che possiede quel “di più” e te lo vuole dare o
vendere, non ha senso proprio il principio di base: il punto non è cercare quel Graal, perché non
esiste nessun significato, nessuna verità, nessun Dio e nessun Graal di per sé. Il nostro potere
straordinario è quello di “sentire”, percepire possibilità ulteriori e crearle dando così alla nostra
esperienza umana un valore aggiunto divino, eterno, che siamo sempre stati, eppure in quel
momento, nel momento in cui lo creiamo da questa nostra situazione umana, lo siamo in modo
nuovo.
L’esperienza di Dio, se così la vogliamo chiamare, non può quindi che essere diretta e sempre
nuova. Non ha niente a che fare con l’avere fede, sperare in una salvezza, stemperare le proprie
paure. Se mai la fede è dare credito a quell’impulso che ti porterà a creare e a percepire “altro”,
quel qualcosa che, per approssimazione, lungo un cammino piastrellato di errori – che non sono
mai errori, ovviamente - ci svincola dalle esperienze in sé, dalla materia, dalle identificazioni, dal
corpo, per risolverne il distillato “oltre”.
È una cosa irripetibile e personale, secondo le possibilità di ciascuno, scelte da ciascuno. Il
problema se mai è la mancanza di stabilità interiore, la discontinuità dei nostri stati emotivi
perfettamente coerente con un certo sistema di condizionamento che ci siamo creati.
Il condizionamento mentale diventa emotivo e blocca la nostra energia vitale, quell’energia che ci
permetterebbe di essere centrati.
Nel nostro centro, il nostro plesso, si accumulano le tensioni dell’energia che non fluisce come
dovrebbe. Siamo instabili perché non c’è orientamento consapevole, c’è solo lo sfogo verso
desideri e condizionamenti variabili e inesauribili. Ci sfugge, di conseguenza, lo scopo reale: perché
non siamo reali. L’impulso della coscienza viene disperso.
È un discorso che riguarda il nostro spirito, ma anche la nostra mente e il nostro corpo: questo
circuito ci costringe entro la natura di mantenimento, ovvero una sorta di mera sopravvivenza
20
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
funzionale alla manifestazione di qualcosa che non viene indirizzato ma che, eppure, deve esistere,
perché è comunque una possibilità dell’essere.
Ecco perché, anche nel discorso magico-rituale, si parte sempre da una scomposizione delle
proprie parti (il solve) per riscoprirsi e rielaborarsi e, infine, una volta riconnessi con ciò che siamo
davvero, ricomporsi ad un livello nuovo (il coagula).
Al di là degli schemi teorici, si parte da quello che siamo adesso, nel quotidiano, dalle piccole cose,
usando tuttavia degli accorgimenti che ci aiutino a non avere paura di cambiare, quello è il punto.
Altrimenti non ci sono le condizioni per fare alcunché.
Certo che siamo inadeguati, certo che c’è di che avere paura… e allora? Possiamo trasformare
tutto questo, perché “tutto questo” non siamo noi, non ha a che fare con noi.
Questo moto interiore, come può essere innescato?
Deve essere un atto semplice, che però richiede coraggio. Anzi no! Richiede umiltà: l’umiltà di
accettare che non siamo ciò che ora crediamo di essere, quei desideri, quelle identità, quelle
personalità, ovvero tutti quegli aggregati che ci bloccano l’energia e che costringono alla
dispersione. L’umiltà è lasciar fluire, ovvero lasciare andare, e allora cominceremo ad attivare altre
parti, altri circuiti interiori, nella mente come nel corpo, che corrispondono alla nostra vera natura,
che comunque è ancora qualcosa di diverso, oltre ogni circuito, oltre ogni schema. Ma si parte da
lì, dallo spostarsi su linee diverse del tempo e del possibile. Dal vibrare altrove.
Dobbiamo recuperare la “visione magica della vita”, proprio in un’epoca in cui abbiamo perso ogni
visione! Leggere i segni, concederci nuovi margini, nuove possibilità, ammettere che è possibile
quello che adesso ci sembra impossibile. Essere totali, mettersi in gioco, completamente, senza
paura: non succede niente! Non muore nessuno! Abbiamo paura di essere licenziati, di fare
arrabbiare o soffrire i genitori, o i figli, o i mariti o le mogli, di perdere la faccia, di sembrare pazzi:
non c’è problema. Non muore nessuno! Anzi.
Si parte di notte, insieme, senza preavviso, magari fa pure brutto tempo: non si ammala nessuno!
Domani devi andare al lavoro? Ci andrai con il triplo delle energie. Oppure verrai licenziato. E
allora? Magari è la cosa più meravigliosa che ti può capitare.
Usciamo da queste gabbie: è tutto illusorio. Le leggi sociali, umane, ma anche quelle fisiche,
chimiche, biologiche, tutte convenzioni, non è così! La realtà è magica, ed è un’altra cosa.
Funziona diversamente solo che con la nostra mente ristretta la riduciamo in una sequenza
schematica di cause ed effetti puramente arbitrari: non esiste la razionalità, la logica, la causaeffetto. Tutte giustificazioni per una mente pigra, impaurita e manipolata.
Dobbiamo e possiamo reincarnarci: ma non in un’altra vita. In questa! Possiamo rinascere,
rinnovarci radicalmente. Trasformarci. Abbiamo paura? Ci sembrano discorsi folli ed impossibili?
Non sei tu ad avere paura. Non sei tu a non crederci, a non volerci credere: è il tuo ego, sono le tue
maschere, le tue identificazioni, la tua mente di superficie, il tuo sfidante, il tuo spirito di
opposizione. Lui ha paura. Lui ha bisogno di rassicurazioni, di solidi schemi fissi. Lui va fuori di testa
quando la nostra anima inquieta gli muove guerra ed è pronta e capace di distruggere la sua realtà
21
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
fittizia e meschina, ma così convincente. Ormai le cosa vanno così? Ormai la realtà è questa?
Questa è la vita? Non è vero.
Paura? Bene! Vuol dire che hai capito di cosa sto parlando.
L’energia non è un’opinione, dice sempre una mia cara amica; non puoi comprendere il senso della
vita finchè non ti connetti all’energia che l’ha generata.
Cercate di “sentire” quello che cerco di trasmettervi, oltre alle parole. È difficile da spiegare e le
parole confondono, velano. Ecco perché facciamo la meditazione prima di iniziare a fare queste
“chiacchiere”: perché si possa creare un canale diverso, ulteriore, di comunicazione.
Durante questi incontri dobbiamo riuscire a muovere una certa energia, cioè qualcosa che vada
oltre le parole e la mente e che non saprei neanche definire, per cui usiamo la parola energia,
vibrazione…
In effetti le parole sono la parte superflua: il mio sogno sarebbe fare degli incontri in silenzio, ma
se non vibriamo su un certo livello saremmo anestetizzati, refrattari a certe dinamiche… quindi
parliamo, ma cerchiamo almeno di parlare e di ascoltare unitamente ad una certa disponibilità
intuitiva, per cui dopo un po’ ogni domanda, così come ogni possibile spiegazione, risulta superata,
perché ci siamo già capiti, è bastato poco… ma questo accade se cominciamo ad aprirci.
Ecco allora che l’incontro diventa qualcosa che avviene su più piani, ovvero “rituale”. In tal caso è
l’energia che passa, che nutre lo spirito. Non le parole, che comunque pagano sempre il dazio alla
mente.
Per ottenere questo non solo chi ascolta deve essere in un certo modo, ma anche chi pretende di
parlare, di trasmettere. Qui, lo sapete, siamo tutti contemporaneamente maestri e allievi, ma in
questo momento, in questa specifica circostanza, io sono quello che sta parlando e che si è messo
nella condizione di proporsi come qualcuno che ha un’esperienza da condividere, da trasmettere.
Da diversi anni ho capito che mettersi in una tale posizione, per il tipo di discorso che stiamo
facendo qui, non è affatto qualcosa di semplice, perché non ha niente a che fare con il sapere, con
l’avere più informazioni su questa o quell’altra cosa, con l’aver letto libri o frequentato scuole, o
viaggiato. Per rendere efficace, anzi per rendere vero quello che qui stiamo cercando di
individuare non serve essere dei buoni comunicatori o dei sapientoni… Non porterebbe a niente,
nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore creerebbe solo ego, per me e per voi, oppure
diventeremmo una dottrina, una setta… oppure, ancora, entreremmo nella dialettica… tutta
energia e tempo perso.
Ecco perché esorto ad incontrarci in modo diverso, cioè ad esserci in modo diverso, non come atto
del momento, ma come status da ricercare e coltivare in ogni istante della nostra vita, vissuta in
un certo modo. Essere è la chiave di una condivisione che può portarci ad un livello reale di
comunicazione, che può aprire all’ispirazione, ad un sapere che non è mai stato studiato o letto o
appreso da qualche parte, ma che ci sorprendiamo essere parte di noi, cioè di avere in funzione di
un qualche meccanismo misterioso.
22
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Se abbiamo poi l’energia per orientare, cioè per applicare questo sapere misterioso, allora
cominciamo veramente a capire la grandiosità di ciò che siamo. Ecco che cos’è il Nagual.
Badate bene che l’energia non serve ad ascendere: l’energia ci serve proprio per poter imboccare
una strada di affermazione di questa realtà ad un livello superiore, cioè divino. L’energia deve
fluire attraverso il nostro asse, che ci fa “pontefici” tra il basso e l’alto, il dentro e il fuori, il
noumeno e il fenomeno, l’eternità e la storia.
Noi non dobbiamo andare da nessuna parte: l’energia non serve per andarsene… ma per stare
(anche) qui ad un livello diverso di coscienza. A quello serve l’energia: naturalmente non sto
parlando solo di energia psichica, comunque puntualmente dispersa nei labirinti dei nostri
processi mentali ed emotivi, ma soprattutto di energia vitale, cioè corporea: sessuale.
Quindi non bastano il potere della conoscenza e quello ancora più meraviglioso della volontà se
non sappiamo come accedere alla nostra energia. Queste tre sorgenti devono fluire assieme.
Provate a pensare a quali distorsioni e scompensi comporti la mancanza anche solo di uno di
questi tre elementi. Tuttavia adesso, visto che la conoscenza tutto sommato può essere acquisita e
la volontà educata, è necessario non solo rendere autentiche tali potenziali acquisizioni affinchè
corrispondano e siano riconducibili alla nostra essenza reale, ma attivarle e rifletterle in un
processo concreto di Coscienza.
Perché non ci riusciamo?
Perché facciamo mille corsi, leggiamo mille libri, la sappiamo lunghissima, ma rimane tutto in
teoria? Perché non siamo costanti e coerenti e ci disperdiamo nei mille rivoli di volontà irreali e
desideri alterni? Perché restiamo sempre quello che siamo? Perché siamo pigri e indolenti e non
mettiamo in pratica le cose che possiamo imparare?
Semplice: perché non sappiamo estrarre, conservare, gestire e orientare l’energia. E se lo
sappiamo, non lo facciamo perché alla fine ci siamo abbandonati a quei condizionamenti, a quegli
schemi, che garantiscono il mantenimento di questo sistema naturale, animale, che funziona,
esiste e difende se stesso, anche grazie a noi animali umani.
Abbandonati all’oblio di noi stessi, assecondiamo un circuito, peraltro molto basso, di riciclo, che si
conserva grazie alle nostre energie disperse e che quindi ci porta a disperdere continuamente.
Senza quelle energie non possiamo né essere, né fare, né riconnetterci alla nostra memoria, e non
solo neghiamo a questa stessa realtà la possibilità di esprimere dei significati superiori e quindi di
affermarsi ad un livello reale di esistenza – tanto da destinarla prima o poi all’esaurimento – ma
neppure pretendere di andare altrove. Ecco perché l’energia sessuale14 è la pietra angolare, il
Grande Arcano: perché è la benzina per far funzionare tutti gli altri motori e svegliare il
14
Non mi riferisco all’energia dell’atto sessuale di per sé, ma ad un aspetto molto più ampio che ha a che fare con il
nostro potere vitale e creativo: quindi non si sentano esclusi coloro che, per ragioni di età o altro, potrebbero reputare di
non sentirsi coinvolti o nelle condizioni per attingere a tali forze.
23
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
conducente perché possa andare da qualche parte, anzi, perché possa vedere e quindi andare
dove, finalmente sveglio, saprebbe di dover andare.
Mi sembra di capire che, se da un parte tutto è già come deve essere dobbiamo stare calmi e
coltivare una certa quiete della mente per lasciar che il “reale” si manifesti ai nostri occhi e
dentro di noi, dall’altra avverto che la direzione che possiamo prendere implica scelte precise,
tempi precisi, insomma una certa fretta. Io sento dentro di me l’urgenza di portare avanti un
certo sviluppo, sento che è necessario, che è la strada, eppure, alla luce di quello che mi dici, non
riesco a sentire l’utilità delle cose che faccio… le pratiche, gli incontri…
Certo, capisco, e hai ragione perché non è quello il fine, le cose non sono così semplici: non basta
fare le pratiche, partecipare agli incontri e leggere qualche libro. Non so cosa bisogna fare: ognuno
deve capirlo per sé, ma sicuramente c’è ben altro, ma non posso essere io a dirlo; o forse dovrei,
ma i tempi sono davvero strani. Cerco di spiegarmi…
Analizziamo le parole che hai usato.
Fretta: la fretta non ha molto senso. È qualcosa che mi rimanda all’idea dell’ansia, dell’attività,
della frenesia controproducente, tutti segni di insicurezza profonda, di paura. Non serve avere
fretta.
Urgenza: parola difficile da usare perché si riconduce alla fretta, anche se il senso dell’urgenza in
risposta alla nostra inquietudine interiore – che è un segno del nostro impulso esserico – deve esse
avvertito perché possa guidarci nello stabilire le nostre priorità, sempre più vicine al reale e
sempre più lontane dalle illusioni. È un aspetto molto impegnativo perché ostacolato dal modo di
pensare, dai condizionamenti, dall’istinto, dalla paura di perdere, dal senso di incertezza perché ci
allontaniamo da quello che possiamo ora percepire e misurare con certezza, preferibile, anche se
triste, al senso di ignoto che possiamo provare dando spazio e credito ad altre parti di noi e della
vita possibile. Ci manca la fede, sostanzialmente (altra parola che è stata violentata dalle religioni).
Necessità: parola più facile da usare rispetto ad urgenza. Se acquisiamo determinate conoscenze e
ne facciamo pian piano esperienza, pure al nostro livello, possiamo capire determinate necessità,
anche solo razionalmente. Anche in questo caso la difficoltà sta nel rielaborare le priorità e quelle
che vengono percepite come necessità della vita “ordinaria” (lavoro, famiglia ecc…) nelle quali
comunque ci sentiamo sicuri, pur nella loro problematicità. Ci è stato inculcato un certo paradigma
della sopravvivenza, molto preciso e vincolante.
Oggi molti hanno modo di rendersi conto di certe cose, di certe possibilità, anche di certe
opportunità da cogliere: capiscono come potrebbe essere, come dovrebbe essere. Tutto in teoria.
E l’equilibrio è difficile perché da un lato se gli parte i pallino dell’urgenza, della necessità, magari
cambiano anche le loro priorità, ma finiscono nel fanatismo: lasciano famiglia e figli, lavoro e studi
e finiscono in una setta. Dall’altra parte, quelli prudenti e di poca fede, sanno tutto ma non fanno
niente: non sentono né necessità, né urgenza reale; magari la sanno anche lunga, fanno studi e
ricerche bellissime, ma non si sposta niente di reale e la loro vita non cambia di una virgola oppure
per quelle piccole cose che gli faranno da alibi, senza uscire dalla propria zona di comfort. Non
vedono le opportunità, non colgono alcuna possibilità. Non c’è consapevolezza. Tutto perfetto
nella loro mente, tanti bei discorsi ma non c’è alcuna disponibilità all’impegno, al sacrificio, allo
sforzo per quello in cui però dicono di credere.
24
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Nei due casi, capite bene, non si va da nessuna parte.
Ultimamente sto assistendo più al secondo caso: forse il primo ha fatto il suo tempo e la gente è
un po’ più attenta. I tempi delle comuni anni ’70 sono anche finiti e l’attuale revival magico è un
trip molto adolescenziale, circoscritto e meno significativo, sebbene possa causare tragedie.
Oggi c’è molta diffidenza, e va bene. Però questo sospetto, anche giustificato, diventa inerzia,
insensibilità e soprattutto rafforza la paura di perdere quel poco che abbiamo conquistato coi
denti e con le unghie. Per cui può presentarsi Gesù Cristo in persona e, dopo i salamelecchi del
caso, ognuno tornerà alla propria vita senza troppi “grilli per la testa”.
Quindi è dura creare un certo tipo di contesto: siamo davvero separati, ognuno per sé. Peccato
che in questa “autonomia” che tanto ci fa sentire indipendenti e sicuri, se non ci prende qualche
trip come via di sfogo, non solo siamo un po’ tutti “spiritualisti della domenica”, ma purtroppo
rischiamo di non vedere… di perderci per strada… di non cogliere delle occasioni: non solo quando
queste ci vengono offerte da qualcuno (che appunto facciamo bene a soppesare per non che ci
imbrigli nella sua menata), ma anche se certe intuizioni giungono da dentro di noi. Diventiamo
sordi anche a quello. Quindi non si cambia strada comunque.
L’altra possibilità è che siamo certi che quello che facciamo sia già perfetto. Va bene… possibile…
non sarò certo io a mettere in dubbio questa certezza. Fai tu…
Altrimenti, fatevi - anzi facciamoci - pure un esame di coscienza: dove siamo? O siamo presi in
qualche trip inconcludente, o, in fondo, non ce ne frega niente. Nel primo caso sentiamo ma non
vediamo dove stiamo andando. Nel secondo caso vediamo dove potremmo andare, ma
dall’orecchio del prendere davvero sul serio la cosa non ci sentiamo proprio. Ecco come ci siamo
inibiti udito e vista. Cosa ci rimane? La parola. Parliamo un sacco… anche quando stiamo zitti…
Oppure ancora abbiamo altri fini: usiamo l’idea spirituale per altri scopi, per cui tutto il discorso
cade fin dall’inizio.
Fatto sta che nessuna rivoluzione può accadere se non siamo totali. E forse è meglio essere totali e
prendersi qualche cantonata, piuttosto che quello che vedo accadere la maggior parte delle volte…
Cosa può stimolarci e stimolare davvero al cambiamento? Non tanto le belle parole, che
ipnotizzano o annoiano oppure provocano reazioni infine sterili e solo mentali. È l’esempio. Solo
l’esempio da prendere e da dare può smuovere qualcosa, forse. È l’unica strada che vedo
praticabile ed efficace: ecco perché sto mettendo in dubbio l’attività divulgativa dell’Accademia, le
mi conferenze, i miei incontri, i gruppi, l’insegnamento… le parole… le pratiche consolatorie… Se
posso permettermi di confidarvi qualcosa di molto personale, penso che l’unica possibilità di
portare qualcosa agli altri, oltre che a me stesso, sia semplicemente essere vero. Semplice no? E
quindi il contesto attorno non potrà che essere toccato non tanto dalle parole, dai libri, dai corsi,
ma da una certa presenza… dalla forza dell’esempio. Ecco il senso del “sacro-ufficio”. Impegnativo
certo, ma reale: per me e per voi. È sempre stato così, niente di nuovo, ma oggi che si parla tanto,
va bene recuperare questi “archetipi”.
Quindi: non avere fretta, sentire l’urgenza, avere il coraggio di cambiare le proprie priorità in
funzione di una certa consapevolezza, essere totali piuttosto che “tiepidi”. Anzi, essere. Punto.
Dobbiamo metterci in gioco davvero. Essere integri. Per dirla con Castaneda, dobbiamo fare sul
serio: superare il bisogno di considerazione, il senso di colpa, i condizionamenti nostri e le
25
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
aspettative degli altri, cancellare la nostra storia personale, renderci inaccessibili. Fare scelte
precise, di vita, con le giuste priorità, con coerenza. Tutto questo non può essere un hobby. Se no
ce la raccontiamo e basta. Non c’è verso: con tutta la quiete mentale che volete, bisogna muovere
il culo. E ognuno sa questo cosa vuol dire per se stesso. Non si tratta di un atteggiamento mentale,
di tirarsela e fare i misteriosi o i magnetici… Quello che posso dirvi adesso è che per rendersi
inaccessibili bisogna essere integri nel corpo vitale, in modo tale da essere e irradiare Luce: è
questa la fonte della nostra inaccessibilità. E non solo: è la nostra presenza che porta guarigione,
che trasmette un messaggio, l’energia di un messaggio, al di là delle parole e delle conferenze. Se
non c’è questa presenza non passa niente di reale, anzi ci sono solo tanti bravi comunicatori in
giro, che dico cose bellissime, ma non passa niente, perché non c’è la presenza, l’integrità, la luce:
tutto diventa quindi vano, anzi anche controproducente perché si innescano meccanismi di
illusione e di vampirismo, con tutte le buone intenzioni.
Le pratiche, i rituali che qui vi propongo, vanno fatti affinchè siano efficaci e servano a qualcosa. E
vanno portati avanti con costanza: sono un addestramento della volontà. Quello è il loro scopo.
Vanno fatti: non bisogna neanche pensare di doverli fare e di fare troppi programmi. Bisogna solo
fare.
È un gatto che si morde la coda: sappiamo, ma non facciamo e non facciamo perché non
abbiamo l’energia a disposizione in quanto restiamo invischiati nei condizionamenti… come
uscirne?
A questo proposito cito volentieri l’amico Rocco Bruno:
Le porte si stanno richiudendo su di noi, le pecore devono ritornare all'ovile, dobbiamo proprio
"restare in allerta come vedette in tempo di guerra", non lasciar passare nessuna "emozione", non
un atomo di inferno nel nostro paradiso (interiore), in quella "luce" di speranza di poter cambiare:
noi, non gli altri. Se vi sentite abbandonati è perché avete ancora una volta investito in una
persona, in una scuola o in chissà cos'altro che non foste voi. Non indugiate sulla soglia, per
attraversarla devi lasciare tutto, ma dentro, è necessario sgombrare la mente da attaccamenti, da
ogni schieramento, ogni "illusione", ogni speranza di risoluzione della partita, ogni speranza di
riaggiustare tutto, uno che dorme non si sveglia neanche a cannonate
Il risveglio è un processo personale, gli altri possono solo essere da coadiuvo, ci vuole un "evaso"
che ti mostri come fare per evadere, ma poi sei tu che deve fare tutto, non puoi delegare nessuno
al tuo posto, altrimenti resti al palo. Come ho già avuto modo di dire non ci sono mediazioni, le
mediazioni non hanno mai chiarito, mai aiutato, mai accelerato il processo di consapevolezza, ma
l'hanno sempre ritardato, sempre offuscato, sempre e solo confuso. La fase di normalizzazione è in
atto.
Come Ulisse dobbiamo uscire dalla caverna di Polifemo, nascondendoci tra le pecore. Polifemo è
l'occhio che guarda, un solo unico occhio che tiene l'umanità schiava, ridotta a un gregge di
pecore. 7 Miliardi di persone che vivono inconsapevolmente: cerchiamo di realizzare la nostra
piccola “fuga”, il mondo non cambierà così alla svelta, come ci mostra questo dialogo di "matrix revolution"; dobbiamo solo riuscire a conquistarci la "possibilità", per quelli che lo vorranno, di
uscire da questa condizione umana deleteria ed inconcludente. Se si creerà una massa critica, e
credo che stia già accadendo, i risultati verranno da soli, ma bisogna partire dal singolo.
26
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Capite? È un atto eroico. Eppure possiamo compierlo. Possiamo anche aiutarci tra di noi, certo, ma
vi assicuro che in ognuno c’è quel momento, quella particolare circostanza o disposizione, per cui
è possibile, sebbene difficilissimo, sgattaiolare via.
Implica una certa strategia, chiamatelo intento, agguato, grazia, come volete… è un momento
possibile, da non limitarsi alla veglia: ci sono tradizioni che reputano il sonno o la morte come i
momenti migliori per attraversare i binari e trovarsi sull’altra banchina… Il sogno, l’estasi e il rito
possono costituire gli strumenti per attirare questo momento.
Questo momento storico, nelle sue profonde contraddizioni, è eccezionale per credere in questa
possibilità, in questa seconda nascita, che non è una riedizione di quello che siamo e di questa
realtà sensoriale, ma una nascita nello e dello spirito.
Come uscirne? Non lo so. Non possiamo essere davvero alla ricerca di qualcosa sapendo già cosa
stiamo cercando. Anche la domanda è già viziata, perché questo che noi crediamo di essere,
questa sorta di realtà, non è: non c’è niente da cui uscire, è proprio un salto di logica che
dobbiamo fare. L’oca è fuori!15
In alcune tue conferenze e anche nell’ultima parte del tuo Metamorfosi16, sembra che proponi
un progetto di vita, come la creazione di un gruppo umano o di una comunità spirituale. Non ho
capito esattamente di cosa parli, puoi meglio descrivere questo progetto?
“Borgo Spirituale”: non saprei come altrimenti definirlo.
L’idea alla quale stiamo lavorando concretamente – luogo e condizioni generali sono già
abbastanza definite da me e da alcuni amici – non nasce per creare una comunità o un
ecovillaggio. Certo, gli aspetti del biologico e dell’autosufficienza sono inclusi, ma senza fanatismi e
con la dovuta gradualità.
L’idea forza che ci muove è creare quel contesto umano (naturale, solidale e creativo) –
residenziale, ma anche di incontro/ritiro occasionale – che ci permetta di dedicarci al risveglio
della Coscienza.
Una volta soddisfatte pienamente e gioiosamente le necessità di base, desideriamo dedicarci allo
sviluppo del nostro potenziale, o comunque vogliate intendere la vocazione spirituale.
Individualmente, ma anche condividendo alcune esperienze in modo spontaneo e non invadente
(ognuno a casa sua per intenderci, ma potendo godere di momenti e spazi condivisi, tra di noi, con
amici e “compagni di viaggio”). Senza bandiere, né scuole, né maestri (tutti lo siamo e tutti
possiamo imparare sempre e comunque), senza guru o primi tra pari, senza risvolti politici o
dogmatici.
L’obbiettivo, giusto per ribadirlo, non è “biologico” o “naturalistico”. Per lo meno, non solo quello:
il focus è sul progetto di uno stile di vita sostenibile in funzione del “lavoro” spirituale, per avere
il tempo, anche grazie al sostegno reciproco e alla forza del gruppo e di un contesto di valori umani
15
Riferimento al koan zen ripreso dall’omonimo libro di Bhagwan Shree Rajneesh L’oca è fuori, 1988, ECIG, che
invito caldamente a meditare.
16
Metamorfosi, di Carlo Dorofatti (2012, Anima Edizioni).
27
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
recuperati, di dedicarsi compiutamente a quelle pratiche, discipline e scelte di vita volte alla
Rinascita. C’è bisogno di soldi, tempo e tante belle cose: ma non è questo il punto. Quello che
deve arrivare arriva o arriverà. Servono piuttosto buona volontà, intenti puri e coraggio delle
proprie scelte. Se ci siamo, il resto viene da sé.
Il progetto è ampio. Sappiamo quello che non vogliamo. Ci sono molti dettagli già esaminati. Molti
sogni condivisi e già sul piatto… Moltissime cose che si possono fare. E comunque vedremo:
l’importante non è cosa fare, ma come farlo. Non c’è fretta, né la necessità di fare – altra trappola
– se prima non si è. Se prima non si aprono quei canali che ci portino a vibrare su quel piano dove
è possibile aprirsi ad una certa intuizione, ad una visione corretta delle cose: se no si mette il carro
davanti a buoi e si pensa di fare qualcosa di nuovo però sempre con la solita mente, non facendo
altro che sbagliare. Prima si lavora su di sé per rendersi canali puliti ad una visione reale,
comprendendo cosa può significare cavalcare l’onda del cambiamento, l’onda del nostro
potenziale interiore e poi, forti di questa consapevolezza, si muoveranno i passi nella direzione
migliore, con occhi e sensi nuovi, verso una realtà davvero rinnovata, che adesso non possiamo
neanche immaginare. È una piantina delicata, che va coltivata in serra. Nel silenzio.
Hai un progetto preciso in cantiere?
Non c’è un “io” e un “voi”, un “fare parte di”, un accettare o meno un progetto o una proposta, o
l’idea mia o di qualcuno. Non c’è un rispondere “sì, mi va” oppure “no, non mi va” a qualcuno.
Nulla da temere, nulla da poter perdere, nulla che venga dall’esterno da soppesare passivamente.
Non è neanche giusto. Nulla per cui sentirsi in dovere, o sfruttati, o da giudicare. Non ci devono
essere soggetti attivi che “vendono” qualcosa e soggetti passivi che valutano se comprarla o
meno, che la giudicano, che la debbano accettare o meno, magari aspettandosi qualcosa,
facendosi idee o temendo chissà che. Non ci devono essere istituzioni, entità, bandiere, guru, né
scuole o appartenenze.
Semplicemente, la mia opinione, se mi viene chiesta, è che uno sbocco possibile idoneo per
favorire la propria ricerca, vocazione e opera spirituale - intesa come “lavoro su di sé” - sia quello
di poter disporre di un contesto spazio-temporale ove potersi raccogliere e dedicarsi
adeguatamente al proprio sentire. Un contesto anche umano favorevole, per condividere,
eventualmente e non necessariamente, momenti di dialogo, di confronto, di meditazione o di
collaborazione.
Ognuno può crearsi questo spazio-tempo, senza aspettare altri. Può anche sperimentare contesti
già esistenti. Oppure, laddove vi sia una certa comunione di intenti e di vedute, creare insieme ad
altri, mettendoci del proprio, qualcosa di adatto, potendo così disporre di una maggiore forza data
da un gruppo sufficientemente affiatato, affiatamento che va opportunamente costruito e
verificato con calma prima di condividere progetti di questo tipo.
Il contesto di cui parlo può anche essere pensato come esperienza per il fine settimana o per
periodi di ritiro spirituale, come una sorta di laboratorio, fino all’idea di una scelta di vita più
radicale, residenziale e di autosufficienza. L’importante è tenere sempre presente la centralità
dell’individuo, cioè la propria presenza attiva, volontaria e concreta, nel fare e non nell’aspettarsi
di soppesare quello che propongono gli altri, magari poi con la paura che ti vogliano fregare,
oppure con in testa la furbata di poter sfruttare gli altri, peggio ancora…
28
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Bisogna essere concreti e presenti a se stessi, al proprio sentire, alle proprie aspirazioni reali e
fare, ovvero regolarsi di conseguenza verso una direzione piuttosto che altre. Bisogna essere
molto sinceri con se stessi, prima ancora che con gli altri.
Io non propongo niente: secondo me quella è una possibilità interessante da considerare, viste le
circostanze sociali nelle quali ci troviamo, per individuare delle vie concrete non solo per
sperimentare nel quotidiano le proprie intuizioni e conquiste spirituali, ma per poter ricavare il
tempo e l’energia necessaria ad un lavoro che, visto da dove partiamo, è piuttosto complesso e
richiede di potersi dedicare a cose precise, potendo sviluppare un certo stile di vita che faccia da
contenitore possibile. Fare da soli questo può non essere facile e, quindi, penso che vibrare
insieme ad altri verso questa direzione potrebbe essere più fattibile, bello e divertente. Ma, è un
qualcosa di magico: non si può ragionarci troppo con la testa, fatta di aspettative e di paure, di
calcoli e di causa-effetto. Per questo dico che prima si fa un lavoro individuale interiore di un certo
tipo, poi ci si sente con gli altri, e intanto la realtà attorno comincia a muoversi, a cambiare, a
rispondere sincronicamente. E, se non c’è l’ego di mezzo, si può fluire intuitivamente verso certe
possibilità e realizzazioni, spostarsi di piano, fare miracoli. Se invece si cede alle trappole della
mente e dell’ego, del calcolo e della paura, bom… si è già finito e anzi, meglio accorgersene subito
e mollare la presa, altrimenti, con tutte le buone intenzioni che siamo capaci ad inventarci, si
creeranno mostruosità.
Qual è l’elemento nuovo che renderebbe questa idea di comunità spirituale diversa da altri
tentativi?
Il concetto di base che cerco di esprimere è quello per cui se una volta l’esperienza quotidiana, il
proprio lavoro, la propria famiglia, il contesto sociale, le relazioni, potevano essere la tua
meditazione, il tuo rito, la tua palestra di esperienza per imparare, crescere, nutrire il tuo divino,
oggi forse non è più così semplice, nonostante alcuni insistano e ripetano, quasi a pappagallo, che
la vita deve essere la tua meditazione e cose di questo genere. Sì, è vero, in linea di principio, a
livello ideale, ma io credo anche, per essere pragmatici, che oggi non sia più tanto vero. Oggi il
sistema – sto parlando nel nostro contesto, non sto parlando dei nativi dell’Amazzonia o dei
monaci del Tibet – è fatto per premere moltissimo sulla vita di ognuno di noi, a tal punto che lo
spazio “vitale” è davvero angusto. Dire che la tua vita quotidiana è la tua meditazione, è
un’ingenuità. Certo che noi possiamo imparare, crescere, capire le cose, iniziare persino un certo
“lavoro”, una certa Opera, ma per compierla nella sua completezza, pienamente, non basta
l’esperienza di questa nostra quotidianità. Per lo meno, diciamo, non ci basta per realizzare in
modo compiuto un certo tipo di “lavoro”, che non è mentale, ma molto pratico, coinvolgente e
totalizzante. La cosa fondamentale in tutto questo, il centro di tutto questo, è l’individuo, con la
sua sensibilità, la sua percezione, la sua dimensione spirituale, la sua ricerca personale e i suoi
metodi. Ogni individuo. Il contesto sociale di cui parlo, questa idea di “borgo spirituale”, quindi, ha
la sola funzione strategica di metterci nelle condizioni di, ognuno per sé, dare fiato alla propria
dimensione spirituale. È solo un mezzo, una vera e propria strategia per riuscire, insieme, a creare
delle condizioni migliori dal punto di vista organizzativo, economico, esistenziale, sociale, ovvero di
maggiore indipendenza e libertà perché ognuno, senza vincoli né scuole cui rendere conto, possa
dedicarsi alla “coltivazione di Sé”. Non penso ad una comunità o ad un contesto, che sia un
villaggio, un borgo o altro, che includano una direzione etica, dottrinale e metodologica definita
per tutti. Questo è un discorso piuttosto nuovo. Parlo di un contesto prima di tutto squisitamente
29
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
“spirituale”, che va costruito e sviluppato solo se esiste e si conserva questa base fondamentale,
eppure non parlo di una scuola di pensiero. Parlo di una strategia condivisa affinchè il singolo
possa beneficiare di condizioni esistenziali migliori, per potersi dedicare al fine superiore che sente
dentro di sé. Ecco, se mai l’elemento spirituale comune è sufficiente che sia questo: questo
percepire e credere che l’essere umano sia qui per altro rispetto al sopravvivere e morire. Basta
questa sensazione fortemente sentita come elemento spirituale condiviso: è questa l’iniziazione, la
solenne promessa fatta a se stessi. Sapere, capire, comprendere fino a giungere alla piena
consapevolezza di quello che davvero siamo e quindi… regolarsi di conseguenza, ovvero
consacrare tutta la propria vita, le proprie priorità, le proprie percezioni, istante per istante, alla
piena espressione di questa convinzione profonda, ovvero del nostro essere trascendente. Questo
è l’anelito che deve esserci. L’anelito che deve essere condiviso tra coloro che vorranno creare una
cosa del genere. Poi che ognuno sperimenti se stesso e trovi la propria via e i propri metodi in
piena libertà. Il “gruppo”, e la strategia sociale che sarà in grado di esplorare e di sperimentare, è
meramente funzionale a tale obiettivo: che ognuno abbia più tempo, più spazio fisico, mentale ed
energetico, più libertà, ma anche il confronto, il conforto, la solidarietà, l’amicizia, l’amore di
coloro che come lui sentono questo anelito, per coltivare la propria dimensione umana e divina.
La nostra vita, grazie ad un ritrovato equilibrio di esperienze più autentiche, può tornare ad essere
la meditazione, il rito, la preghiera e la via verso la rinascita.
Perchè pensi che si debba farlo insieme?
Non penso che si debba farlo insieme: il gruppo è, eventualmente, un mezzo non il fine. Se un
individuo realizza da solo le circostanze che ho descritto, può beneficiare già di queste migliori
condizioni. Se riesce o può emanciparsi dal sistema quel tanto che basta per potersi dedicare
all’espressione della sua dimensione spirituale, artistica, celebrativa, realizzativa, ad un livello
consistente e reale, non solo mentale o filosofico, ben venga! Anche se vince al superenalotto può
sicuramente fare molte cose, sempre che ci stia ancora con la testa. Tuttavia, credo che tali
circostanze non rappresentino la media e quindi penso proprio che insieme si possano escogitare
soluzioni più realistiche, ci si possa aiutare, si possano trovare delle formule basate sull’amicizia,
sulla solidarietà, sulla cooperazione, sul confronto ecc… grazie alle quali ognuno riesca poi ad
esprimere pienamente e liberamente se stesso. Soprattutto basate sulla condivisione di
quell’anelito, di quella convinzione profonda di cui parlavo prima. Senza quello non può reggersi
nulla. È quello l’elemento che fa la differenza tra il “reale” e il “non-reale”, che uno ci provi da solo
o con altri.
Sei piuttosto critico rispetto a molti divulgatori contemporanei: evidenzi il fatto che lo facciano
di mestiere, ma al di là di questo mi sembra che ne critichi il messaggio, le modalità, ecc…
Accetto l’idea che il non-giudizio non significhi non esprimere opinioni o rinunciare al proprio
senso critico, ma cosa dovrebbe distinguere la tua divulgazione, le cose che tu dici e proponi,
rispetto a quello che molti altri dicono e fanno?
La questione non è cosa distingue me da altri, o le cose che dico e raccomando io dalle cose che
dicono e raccomandano altri. Siamo tutti in cammino. La questione sta nel sentire cosa distingue
un messaggio reale, quindi vero, sacro, potente e in grado davvero di trasmettere forza, coraggio,
energia, speranza, in grado di cambiarti dentro, di cambiarti la vita, di smuovere e muovere la tua
30
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
consapevolezza, di guarire, di ridare la vista, di bruciare le resistenze e le illusioni, da un messaggio
ancora una volta illusorio, morto, fasullo e mentaloide.
Non sono le parole, le cose dette, fatte o fatte fare che fanno questo differenza: la differenza la fa
solo e unicamente la persona. Da una parte sicuramente tu stesso, come sei disposto, la tua pulizia
d’animo e di pensiero, questo sicuramente fa già una bella differenza, tuttavia ora sto parlando di
chi pretende di portare un messaggio, di condividere la sua esperienza pensando di farne un
consiglio per gli altri, un insegnamento, purtroppo un prodotto!
L’aspirazione verso la conoscenza è stata sostituita dall’ansia del sapere, una cosa ben diversa:
l’aprirsi all’intuizione interiore, all’energia della trasmissione autentica, si sostituisce con
l’appagamento intellettuale, che sazia ma non nutre.
L’Alchimista Grillot de Givry scriveva:
Ora ti trovi, come l’uomo universale nel Pardes, davanti a due alberi: l’albero della Vita e l’albero
della Scienza.
Il primo è la Via spirituale della contemplazione mistica; è l’anagogia, l’estasi. L’altro è la via del
raziocinio, dell’obiezione, del dubbio, il cammino dei sofisti e dei giochi di parole.
Scegli quello dal quale vuoi cogliere i frutti, evita ogni possibile errore.
A questo punto l’abbandono della Via dell’Assoluto è pericoloso in maniera particolare; sappi,
perché la tua scelta sia chiara, che tutto ciò che la scienza insegna in migliaia di libri lo puoi
acquisire in pochi secondi con l’illuminazione mistica, perché il tuo spirito trovandosi faccia a faccia
con l’Assoluto afferra la Chiave dell’armonia universale.
Chiave che i libri non ti daranno mai!
Inutilmente leggerai tutto quello che i Maestri hanno scritto. Se non possiedi la Chiave non capirai
niente del loro linguaggio.
Riuscirai a superare la prova del dubbio? Sii vigilante! Il tuo futuro eterno vi è del tutto impegnato.
Se cedi, non vedrai mai lo splendore; ricorda che l’occasione di essere iniziato è unica nella vita. Se
la lasci sfuggire, non ti verrà mai più offerta.
Domanda la Luce alla Luce stessa, Luce da Luce. Non c’è altra via per ottenerla.17
Le chiacchiere stanno a zero. Non è cosa ascoltiamo o cosa leggiamo che fa la differenza, ma cosa
accade dentro di noi mentre ascoltiamo e mentre leggiamo. Non è cosa dici o non dici, ma cosa
passa attraverso ciò che sei. O sei davvero un canale di vita, di energia, di forza, perché sei vero,
coerente, autentico, reale, sei una “presenza”, o niente può essere passato, nulla può essere
innescato se non suggestioni, illusioni, compravendita di palliativi…
E non dico che io sia così, sto solo dicendo come si dovrebbe essere e verso quale ideale
bisognerebbe puntare prima di pensare di dare degli insegnamenti, e nel frattempo limitarsi,
eventualmente ma non necessariamente - anzi a volte è più utile proseguire silenziosi il proprio
viaggio - ad una condivisione onesta, sincera, appassionata certo, ma non con tutto questo ego,
tutta questa presunzione e questo mercato di cui, come dici, critico i mercanti di illusioni e i
venditori di nulla. Che vi fanno stare lì, perché né loro né voi potete mai andare da nessuna parte.
17
Grillot de Givry, Le Grande Oeuvre – Haui-Nan-Tze, La Grande Luce, 1998, Ed. Mediterranee.
31
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Non sto parlando di essere contenti, felici e magari di aver risolto dei problemi, io sto parlando di
ANDARE DA QUALCHE PARTE! Cioè verso la Vita Vera.
Secondo te come si fa ad andarci?
Intanto essendo coerenti con questa aspirazione; pensieri, parole, opere… ovvero scelte di vita,
cercando di essere consapevoli al proprio livello, di informarsi, di sentire dentro di sé, di intuire al
di là dei programmi mentali e dei condizionamenti, senza fanatismi, ma con integrità. Scelte di vita
salubri per il corpo, la mente e lo spirito. Scelte che avranno a che fare con quello che fai o non fai,
come sei con gli altri e il tuo prossimo, cosa mangi, come curi il tuo corpo e alimenti i tuoi pensieri.
Quindi la meditazione, questa stessa ritualità personale di cui stiamo parlando durante questi
incontri, che possa scandire un percorso di disintossicazione e di presa di coscienza. Tutto questo
lo si può fare da subito, eppure non è mai così immediato perché dobbiamo lavorare su molte
parti di noi, in tanti modi diversi contemporaneamente, in modo da accerchiare il più possibile
tutti i nostri “demoni” e far sì che la diverse pratiche possano sostenersi a vicenda e, giocando di
sponda, rendere naturale un certo riorientamento dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, della
fisiologia del nostro corpo e quant’altro. Tutto questo abbracciando la vita, avvicinandoci alla vita
più vera, più semplice e diretta. In tutto questo il rapporto con la Terra vi accorgerete essere un
grande balsamo. E vi accorgerete come da tutto questo scaturiranno energie nuove, nuove
possibilità e circostanze che si paleseranno a voi: la realtà cambia! Però per far nascere il nuovo,
bisogna rompere l’uovo! Che significa rompere schemi, abitudini, paradigmi, equilibri, tutto! Da
soli non è facile, per questo dico che sicuramente, al di là delle scelte, delle ispirazioni, degli sforzi
e delle pratiche personali, il contesto sia molto importante: un contesto ambientale e umano
favorevole può davvero rendere questa realizzazione, purchè sia un contesto altrettanto reale e
autentico, grazie al quale possiamo unire le forze, provvedere ad una certa sopravvivenza e a certi
bisogni di base (in modo intelligente! Orti, energie rinnovabili, elaborando nuove soluzioni
economiche, terapeutiche e quant’altro – ma veramente!), per poi dedicarci alle possibilità della
Coscienza. Non sto parlando di monasteri, comunità, ecovillaggi, perché quella roba è tutta
vecchia e abbiamo già visto dove porta. Qualsiasi cambiamento del comportamento umano che
derivi da paura, coercizione, disciplina, conformismo, imitazione e propaganda, non rappresenta
un vero cambiamento nella sua coscienza. Sto ammettendo solo l’idea che un certo “contesto”
possa essere utile e possa essere inventato.
Nella “consacrazione di sé” verso una nuova nascita, potremmo dire di iniziazione, o autoiniziazione, il concetto fondamentale da tenere presente, tutti i giorni, giorno dopo giorno, istante
per istante, è che l’essere umano oggi vive una vita embrionale, funzionale solo al perpetuarsi di
se stessa all’interno di questo ciclo continuo e, in ultima analisi, inconcludente se non risolta ad un
livello superiore con il tramite del nostro potenziale reale, ovvero della nostra presenza divina.
Cosa resta quando si muore? Cosa ne è del nostro corpo, delle nostre emozioni, dei pensieri, dei
nostri ricordi, delle emozioni che abbiamo fatto provare agli altri? Viene tutto re-immesso nel
medesimo circuito: gli atomi si riciclano, dato che nulla si crea e nulla si distrugge, così come le
nostre memorie e i nostri pensieri; tutto viene riconfigurato nel medesimo sistema, attraverso i
cicli della vita e quella che normalmente viene definita come reincarnazione, di cui non abbiamo
alcuna coscienza, né senso di continuità. Tutto questo può risultare bello o terribile, in ogni caso è
32
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
tutto piuttosto vano. “Vanità delle vanità”18. Perché? Perché non è vita. Non è la vita alla quale
dobbiamo nascere come esseri reali e oltre la quale possiamo evolvere nel nostro cammino verso
l’Assoluto. Evolvere non significa reiterare se stessi nei cicli di mantenimento di un piano di
esistenza, ma passare di piano in piano attraverso un processo di nascite superiori, ovvero di
trasfigurazione e metamorfosi, durante la vita stessa. Significa, durante questa vita, trasferire il
baricentro della propria consapevolezza verso un livello di identità di sé che vada oltre il corpo e la
mente attuale, per, con continuità, spostarsi di piano, proprio come avviene in un salto quantico.
Non solo e non più identificati in questo corpo, entro i confini di questa natura e di questa mente
temporale, ci si “sposta”: si nasce nuovamente in un mondo superiore, risolvendo l’esperienza
precedente in un nuovo livello di coscienza più vicina all’Assoluto verso il quale tendiamo a
reintegrarci.
È questo il pensiero costante che va tenuto a mente nel momento in cui vogliamo orientarci verso
un cammino di risveglio spirituale: è qualcosa di molto pratico, che coinvolge il corpo, la mente e il
significato che sentiamo e cerchiamo di dare a noi stessi e alla nostra esperienza materiale e
spirituale. Tenendo presente questo, ecco che ci si può avventurare alla ricerca di soluzioni
esistenziali, individuali e nel contesto di un gruppo che possa costituire una sorta di “serra”,
ovvero di Arca, adatte a questo scopo. Per farlo dovremo imparare a disidentificarci dal corpo
materiale e da questo livello di pensieri e di emozioni. Pensare a questa realtà come ad una sorta
di uovo entro il quale sta avvenendo una nostra gestazione. Una volta esplorata l’esperienza di
questo transito, possiamo andare oltre questo nostro attaccamento al corpo e ai suoi bisogni, così
come oltre la mente e i suoi condizionamenti, istintivi o sovra-strutturati, per trasferire la nostra
coscienza verso “corpi” di un più elevato livello di vibrazione.
Significa educarci ad un livello di esistenza che prescinde dal cibo, dal sonno, dal sesso, cioè da
tutti quegli aspetti che di fatto ci legano all’appartenenza animale e materiale, per traslarci verso
un sistema esistenziale diverso, più raffinato e consistente. Ecco allora che potremo distillare la
nostra esperienza, la nostra personalità e tutta quanta questa vita vissuta in un compendio sottile
che continuerà (continueremo) ad essere su altri piani, senza dispersione, senza morte. Ecco
perché coloro che tentarono, sentirono, questa Via sceglievano inevitabilmente una vita nuova,
diversa, eremitica, fatta di rinuncia che però non era rinuncia ai sensi e all’esperienza del mondo,
ma un trascendimento, ovvero la santificazione dell’esperienza umana verso una continuità di
esistenza reale, non per rinascere continuamente, ma per nascere in mondi via via più reali,
passando di dimensione in dimensione, di gestazione in gestazione, di piano in piano, con
continuità di coscienza, in una ri-evoluta e rinnovata consapevolezza dell’Essere. È il mistero della
resurrezione dai morti, della trasfigurazione.
Non sappiamo se ora qui noi siamo in un abisso senza uscita, cioè ormai senza speranza, oppure se
tutto questo è già accaduto a qualcuno o se accade continuamente: chi “passa” va altrove ed esce
dal nostro campo percettivo e mentale. Però sentiamo, per lo meno alcuni di noi sentono ancora,
la verità di questo scenario: la possibilità di questa vera nascita che corrisponde alla nostra vera
natura. Non è una magra consolazione o la voglia di fuggire da questa realtà che abbiamo reso così
assurda, ma una sensazione che sta a monte. La sentiamo.
18
Consiglio di leggere e meditare Nella crisi della sapienza – Lettura spirituale del Libro di Qohelet di Pino Stancar
S.I. (2012, AdP).
33
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
E non è un discorso teorico. Le direzioni sono queste: uno sforzo reale, una vita reale, sbocchi
concreti, molto pratici e quindi, se ispirati da questa luce, altrettanto reali. Le chiacchiere stanno a
zero. O si fa, o non si fa.
O si È, o non si è.
Quando non si è, lo si sa, e gli altri lo sanno, lo sentono, solo che spesso preferiamo non essere e
preferiamo chi non è, perché essere è molto impegnativo. Il non-essere è terrorizzato dall’essere.
Quindi capite come nella “spiritualità della domenica” potete trovare tutti gli alibi e le scuse che vi
servono.
Avere il coraggio di cambiare modo di vivere è difficile: dire ok, mi metto a posto, corpo, mente e
spirito; in silenzio disciplino le mie energie e le mie scelte di vita, con il supporto delle pratiche che
faccio costantemente tutti i giorni. Esco dall’idea che mi servano i soldi per fare questo e quello:
lascio che la vita costruisca la mia strada. Perché so che così sarà, perché io sono quello e la realtà
delle cose non potrà che rendere merito alla mia autenticità ritrovata. Magari incontrerò persone
come me. Magari cambio lavoro, casa, con grande amore e gratitudine mollo legami e zavorre. Si
compra un terreno, si installano le yurte, si piantano orti, alberi da frutta, erbe officinali, pannelli
solari sul tetto e ci si regola in modo da sganciarsi dagli schemi e dalle necessità di una civiltà
morente per dedicarsi al risveglio della Coscienza, alla manifestazione di una realtà e di una specie
nuova.
Non dico che debba essere precisamente quella la strada, ma l’esempio è valido e utile per darci la
misura di cosa può significare essere totali, essere pronti a cambiare. Ma se la rivoluzione non
avviene dentro, anche tutte queste scelte, magari per qualcuno più facili che per altri, diventano
l’ennesima finta, l’ennesimo alibi. Il contesto da creare è prima di tutto quello interiore. E poi ci si
mette all’Opera.
34
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
Mi consacrerò a questa visione. Sarò nuovamente Iniziato. Sarò Sacerdote, Profeta e Testimone di
una Possibilità che non andrà perduta!
Quando un aspirante è stimolato a incamminarsi lungo la Via della Realizzazione del Sé, quando ha
finito di leggere le cose più svariate e cessato di parlare confusamente di cose spirituali, la sua
Coscienza gli impone un'azione più incisiva, operativa, tale da sospingerlo alla soluzione delle sue
istanze.
Raphael, "Oltre l'illusione dell'Io"
35
Carlo Dorofatti
Incontri 2010-2013
L’AUTORE
Carlo Dorofatti (Milano, 1970) esplora da oltre vent'anni le tradizioni spirituali
d’Oriente e Occidente, le facoltà sottili dell’essere umano e le cosiddette discipline
di frontiera.
Con la casa editrice Nexus ha pubblicato Nient’Altro che Sé Stessi e Anima e Realtà;
con Anima Edizioni ha pubblicato Metamorfosi e, come co-autore, Percorsi di
Alchimia Personale; con Spazio Interiore ha recentemente pubblicato Essere ciò che
siamo.
Vive e lavora a Todi (PG).
Sito Personale: www.carlodorofatti.com
Centro Studi A93: www.ascensione93.org
Accademia A.Co.S.: www.accademiaacos.it
Calendario eventi: http://www.accademiaacos.it/index.php/calendario-eventi.html
Email: [email protected]
36
Fly UP