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Diremo subito che Tango Glaciale conclude e suggella una fase

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Diremo subito che Tango Glaciale conclude e suggella una fase
Titolo || L'energia di Tango glaciale
Autore || Laura Ricciardi
Pubblicato || Laura Ricciardi, Mario Martone. Regista teatrale, ArtstudioPaparo, Napoli, 2014, vol. I, pp. 49-71
Diritti || © Tutti i diritti riservati.
Numero pagine || pag 1 di 6
Archivio ||
Lingua|| ITA
DOI ||
L'energia di Tango glaciale
di Laura Ricciardi
In un’intervista, apparsa su «Paese Sera» il 10 giugno 1981, Martone spiega il «nuovo teatro metropolitano» con queste
parole: «Definito anche teatro postmoderno, è un teatro che fa i conti con la nuova realtà urbana, attraversando il rapporto
esistente fra i ‘mass-media e la quotidianità sulla base di un lavoro di simulazione che riproduce, alterandole, appunto le
forme tipiche della comunicazione di massa». E prosegue poi sottolineando come il teatro di ricerca di Falso Movimento non
sia in conflitto con il teatro di tradizione:
fra noi e la tradizione non esiste alcuna conflittualità [...] Piuttosto, la conflittualità esiste tra la tradizione e il teatro
d'avanguardia’, e proprio perché quest’ultimo è teso ad indicare comunque una meta. Il nostro, al contrario, è un teatro d'infiltrazione
in tutti i tessuti e i gangli della comunicazione, un teatro che non si prefigge alcun sentiero obbligato. Vogliamo, in breve, recuperare
quella comunicazione sbilenca, obliqua, che tende – simulando, ripeto – a smascherare le pieghe e i meccanismi del circuito chiuso in
questione, cercando di farlo andare in... corto circuito. Probabilmente, questa è la funzione nuova dell’arte. 1
Lo spettacolo che permette al gruppo Falso Movimento di affermarsi a livello non solo nazionale, ma anche internazionale
è Tango glaciale, in scena al Teatro Nuovo di Napoli il 27 gennaio 1982, coprodotto con il Mickery Theatre di Amsterdam.
Tango glaciale rappresenta il modello teatrale a cui si rivolge in questi anni la scrittura scenica di Martone, un teatro utilizzato
come mass medium, «un teatro che non ha per “oggetto” i mass-media, ma parla il loro linguaggio, usando moduli e tecniche
del cinema e della televisione. Noi vogliamo rendere “schermico” il linguaggio teatrale, usando – per esempio – le diapositive
in senso architettonico e non descrittivo». 2 La realizzazione di questo lavoro vede per la prima volta il gruppo al completo:
Martone si occupa di progetto, scene e regia; Lino Fiorito di interventi pittorici e design; Daniele Bigliardo delle
ambientazioni grafiche; Angelo Curti e Pasquale Mari delle parti cinematografiche; Daghi Rondanini (nuovo collaboratore)
della colonna sonora. In scena Andrea Renzi, Tomas Arana e Licia Maglietta, entrata a far parte di Falso Movimento in
quest’occasione. Lo spettacolo viene preparato mentre Martone e i suoi compagni sono impegnati con il lavoro precedente,
Controllo totale.
Tango glaciale doveva simulare un percorso narrativo descritto come l'attraversamento di una casa da parte di tre
personaggi (due uomini e una donna in un rapporto tra loro non ben definito), partendo dall’esterno verso l’interno e dal basso
verso l’alto, e viaggiando nel tempo dall’Antica Grecia all'America degli anni Quaranta. Lo spettacolo prevede una prima
parte seguita dal primo fiato sospeso, una seconda parte seguita dal secondo fiato sospeso e un finale. Si compone di dodici
ambienti, che vanno da una strada al salotto, al tetto, al bagno, alla cucina, al giardino, alla piscina, al deserto circostante.3
All’inizio i tre personaggi si trovano all’esterno della casa, per strada. La donna (Licia Maglietta) è vestita di bianco e porta
scarpe col tacco a scacchi bianchi e neri. L’uomo accanto a lei (Tomas Arana) indossa un completo nero, scarpe a righe
bianche e nere, e un cappello nero in testa. L’altro uomo (Andrea Renzi) indossa un completo bianco, scarpe a righe bianche e
nere, e un cappello nero in testa. La coppia attraversa le strisce pedonali e raggiunge Renzi che, collocato più avanti, dialoga
con un manichino.
Lo sfondo comincia a restringersi, zoom dal paesaggio esterno alla casa. I personaggi dialogano tra loro, poi i due uomini
lanciano via i cappelli. Effetto schermo televisivo: i tre personaggi di spalle si muovono con gesti rapidi e schizofrenici
davanti a uno sfondo bianco che ha interferenze visive, strisce colorate e punti neri, come quando si cerca di sintonizzare il
televisore su un canale. Zoom dalla casa alla finestra che mostra, attraverso una grata, un salotto riprodotto in un fumetto in
bianco e nero. La Maglietta e Renzi compaiono nel salotto seduti su due poltrone colorate e dialogano come nelle vignette dei
cartoon, ripetendo le stesse parole. Gli abat-jour lampeggiano. Poi i due escono dal salotto. Arana attraversa il salotto, entra
nell'ascensore e sale al secondo piano.
Ci troviamo nell'Antica Grecia, lo sfondo è un lungo colonnato: la Maglietta e Renzi in costumi greci riproducono la
sembianza e la posa delle statue greche che fanno parte dello sfondo. In particolare si riconosce la statua del Discobolo
riprodotta da Renzi. Al centro in avanti Arana in completo bianco declama con voce roca una poesia di Saffo. Renzi e la
Maglietta accennano leggeri movimenti a scatti, seguendo il ritmo della musica. L’ascensore porta Arana al terzo piano, nella
stanza con serrande, dove, in camicia rosa e pantalone bianco, balla il tango con un aspirapolvere. In un secondo momento
balla lo stesso tango con Renzi che è vestito allo stesso modo. A loro si aggiunge anche la Maglietta che, con un vestito corto
giallo, balla a ritmo con l’aspirapolvere. Il ballo di Arana diventa sempre più frenetico, finché si ritrova da solo con in mano la
cintura a fascia bianca che ha sfilato a Renzi, su uno sfondo con interferenze simile allo schermo televisivo.
L'ascensore ci porta sui tetti del palazzo. I tre personaggi, armati, in impermeabile beige, si affrontano in fughe e
inseguimenti, saltando da un tetto all'altro, tra comignoli e antenne. Con alcune zoomate la luna si avvicina e si allontana
1
Dichiarazione di Mario Martone in E. Fiore, Teatro post-moderno a Castel dell'Ovo, «Paese Sera», 10 giugno 1981.
Dichiarazione di Mario Martone in U. Serra, Tre personaggi in cerca di futuro, «Il Mattino», 27 gennaio 1982.
3
Cfr. M. Martone, La conquista della scena, «Frigidaire», n. 25, dicembre 1982, p. 82.
2
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Autore || Laura Ricciardi
Pubblicato || Laura Ricciardi, Mario Martone. Regista teatrale, ArtstudioPaparo, Napoli, 2014, vol. I, pp. 49-71
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mentre un motivo musicale lento fa da sottofondo. I tre personaggi si ritrovano nel vuoto, in mezzo alle stelle, e scompaiono.
Le stelle si trasformano in stelline di Broadway, bianche, che fanno da sfondo alla sequenza successiva. Un sax luminoso
scende in diagonale. Renzi, in giacca nera, lo suona sotto un cono di luce. Arana e la Maglietta di spalle si tolgono le giacche:
lui ha una maglietta gialla, pantaloni bianchi e berretto da marinaio, lei ha una maglia rossa e una gonna corta bianca. I due
ballano sulle note un brano di Duke Ellington. Questa sequenza costituisce il primo fiato sospeso e la citazione è tratta da New
York New York di Martin Scorsese.
La seconda parte di Tango glaciale si apre con la sequenza della piscina: è ricostruita in prospettiva, è rossa a righe
bianche, l'acqua è filmata, alcune automobili cadono dall'alto in acqua. Arana in pantalone bianco e camicia rossa hawaiana è
steso di lato su un muro e guarda la piscina. Poi compaiono Renzi e la Maglietta in costume da bagno, il primo in posizione di
tuffo su un blocco di pietra bianca, la seconda dentro la piscina con il salvagente. Arana canta un rap su base elettronica,
mentre gli altri due eseguono alcuni movimenti a scatto in base ai numeri pronunciati nella canzone.
Si sente uno squillo di telefono, ci ritroviamo in un giardino all’inglese le cui fotografie vengono proiettate sullo sfondo.
Tre giardinieri di spalle, in camicia bianca, pantalone grigio e cappello cinese in testa, tagliano con grosse forbici, a ritmo con
la musica, le forme delle immagini di fiori, che a loro volta cambiano con le sforbiciate. Il giardino si trasforma in foresta. I
giardinieri si voltano e mostrano teste da animali (un elefante e due tigri). Gli uomini hanno un gilet a righe rosse e nere,
mentre la donna un gilet a righe rosse e verdi: sono le stesse righe colorate che fanno da sfondo alla scena. Ballano a ritmo con
movimenti stilizzati che si ispirano al modo di comportarsi degli animali. Poi l’immagine torna quella del giardino e gli
animali tornano giardinieri di spalle che potano le aiuole.
Ci ritroviamo all'interno della casa, in una cucina con pavimento a scacchi in bianco e nero, tavolino, piatti, bottiglie e una
sedia, tutti a strisce o motivi bianchi e neri. Renzi in pantalone nero, camicia a righe a quadretti bianchi e grigi, e cravatta
rosso scuro lotta con una mosca che gli ronza intorno, con movimenti a scatti sempre più frenetici. La Maglietta entra con i
pacchi in mano e saluta gli altri in francese. Ha un abito corto nero e giallo, e un pacco giallo in mano, con cui comincia a
ballare, facendolo rimbalzare per terra. Renzi balla alzandosi e sedendosi dalla sedia, e muovendo il tavolino.
Contemporaneamente Arana si trova in un bagno rosso e bianco, in accappatoio, e balla con un asciugamano giallo. La
Maglietta saluta di nuovo, cambia la canzone, i tre personaggi riprendono a ballare, cambiando i movimenti. La Maglietta
saluta ancora e cambia di nuovo la musica il cui ritmo diventa sempre più veloce. Gli oggetti cominciano a muoversi. Renzi
spacca i piatti. Arana sifa la doccia e schizza via l'acqua luminosa che lo bagna. La Maglietta e Renzi continuano a litigare e a
distruggere la casa, ballando. La casa esplode con macchie di colore. Nella casa distrutta resta solo Renzi che si straccia le
maniche della camicia. Dall’alto, luminoso, scende un sax. Renzi suona la musica di Bizet trascritta dall’ouverture
dell'Arlesienne. Questa sequenza costituisce il secondo fiato sospeso e la citazione è tratta da The Conversation di Francis
Ford Coppola.
Il finale di Tango glaciale prevede l’uscita dalla casa: l'immagine porta dalla finestra alla facciata esterna della casa,
realizzata con prospettiva dall’alto. Il primo piano sulla casa si allontana progressivamente in un piano lungo e mostra il luogo
in cui si trova la casa, in mezzo alle montagne, un paesaggio desertico e desolato. 4
Come già accaduto per i lavori precedenti, tecnicamente lo spettacolo si basa sull'uso delle diapositive, architetture di luce
ma al tempo stesso anche forme apparenti, e di una colonna sonora continua di grande effetto che spazia dalla musica dei film
di James Bond a Peter Gordon, a Debussy, ad Astor Piazzolla. 5 La musica diventa l'elemento portante dell'intero lavoro sia per
il cambio degli ambienti che per i movimenti e la gestualità degli attori la sincronizzazione dei vari elementi che compongono
la scena è fondamentale. Non c'è testo verbale, fatta eccezione per alcuni versi e battute ripetute a tempo, tra cui una poesia di
Saffo. I movimenti degli attori, che rimandano apparentemente alle coreografie dei musical e al Teatro Danza, in realtà
riprendono gli atteggiamenti quotidiani portati però all’esasperazione, quindi meccanici e nevrotici. 6
Lavoro astratto, visivo, basato su tecniche cinematografiche, Tango glaciale rimanda ad alcune fonti precise, a cui fanno
riferimento i vari componenti di Falso Movimento nei rispettivi campi. Angelo Curti e Pasquale Mari si ispirano al nuovo
cinema americano (in particolare a Peter Kubelka)7, ma anche al nuovo cinema tedesco (Wenders, Herzog); Lino Fiorito e
Daniele Bigliardo alle pitture e alle architetture futuristiche, ma anche ai fumetti di Superman e Tarzan; Daghi Rondanini alla
4
Per la descrizione di Tango glaciale si fa riferimento alla versione video girata da Martone per la Rai nel 1982, di cui si parla nelle
pagine successive, e agli appunti di regia riportati in R. Mele (a cura di), Falso Movimento 77-82, cit., p. 75. A questo testo
rimandiamo per un maggior approfondimento sulla parte verbale dello spettacolo, mentre per l’analisi dettagliata della parte
sonora rimandiamo agli interventi di Daghi Rondanini in Falso Movimento. Spostamenti progressivi del teatro, in R. Bianchi e
G. Livio (a cura di), Il teatro postmoderno, Torino, Tirrenia Stampatori, 1983, in particolare pp. 185-187.
5
Cfr. Intervista a Mario Martone in C. Infante e L. Mango (a cura di), "Falso Movimento” né con l'avanguardia né con la tradizione,
«Lotta Continua», 15 maggio 1982.
6
Cfr. M. Martone, La conquista della scena, cit., pp. 82-83.
7
Cfr. Falso Movimento. Spostamenti progressivi del teatro, cit., pp. 180-181.
Titolo || L'energia di Tango glaciale
Autore || Laura Ricciardi
Pubblicato || Laura Ricciardi, Mario Martone. Regista teatrale, ArtstudioPaparo, Napoli, 2014, vol. I, pp. 49-71
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musica classica, jazz, rap, elettronica; e gli attori a Fred Astaire, Klaus Maria Brandauer, Marlon Brando, Jerry Lewis, Totò,
Louis Falco, Robert De Niro. 8
Dominante è l'uso delle diapositive che rappresentano la struttura scenografica attorno a cui ruota l'intero spettacolo,
diapositive consistenti negli interventi pittorici di Lino Fiorito e nei disegni a fumetti di Daniele Bigliardo, proiettate come
sequenze filmate. In particolare, all'inizio e alla fine dello spettacolo si usa lo stesso procedimento con una zoomata, che si
ottiene proiettando una serie di diapositive che ingrandiscono prima la casa e poi la finestra per l’avvicinamento iniziale, e la
cucina e poi l’esterno roccioso nell’allontanamento finale, si passa gradualmente da un piano lungo ad un primissimo piano e
viceversa, permettendo allo spettatore di entrare e uscire visivamente dalla casa. In questo modo lo spettatore ha la sensazione
di penetrare negli spazi insieme ai personaggi ed esplorarli con loro. 9 Per gli interventi pittorici Lino Fiorito si ispira al
futurismo e più precisamente a Boccioni, «perché nel periodo in cui abbiamo lavorato a questo pezzo mi stavo interessando in
modo particolare al futurismo» e inoltre «perché il futurismo presenta molte caratteristiche teatrali, anche in virtù del suo
discorso sul movimento».10
Per la parte sonora di Tango glaciale Daghi Rondanini, nuovo collaboratore di Falso Movimento, lavora su materiali non
originali, fatta eccezione per l’intervento dei Bisca che hanno rielaborato il Libertango di Astor Piazzolla. In sala di
registrazione Rondanini sfrutta le risorse della sovra incisione e, in linea con le nuove tendenze degli anni Ottanta, si dedica
alla contaminazione di generi e stili musicali diversi. In fase progettuale «spesso la musica precedeva lo studio del movimento
degli attori», spiega Rondanini, «gli attori non provavano certe scene finché la musica non era pronta. La colonna sonora è
quindi concepita, all’interno del progetto, come una delle sue strutture di base». E aggiunge:
Soltanto in seguito si comincia a lavorare a livelli paralleli con le immagini, con gli oggetti, con gli interventi pittorici, con la
musica, ecc. Ma, naturalmente, la musica è legata a doppio filo con il lavoro degli attori. Di conseguenza, se è vero che per certe
scene la musica arrivava prima per consentire lo studio e lo sviluppo dei movimenti, è altresì vero che certi movimenti hanno dovuto
per così dire aspettare la verifica della musica, nel senso che c’erano già idee di movimenti per cui occorreva una musica specifica.11
Tango glaciale è un lavoro che comporta per gli attori un coinvolgimento fisico e mentale estremamente faticoso. Tomas
Arana, Andrea Renzi e Licia Maglietta mettono in rilievo aspetti diversi di questo tipo di recitazione, che viene definita
«astratta». Ad Arana, che ha una formazione accademica, preme dare la giusta importanza all'impatto emotivo che, in
apparente contrasto con la costruzione scenica dello spettacolo, fredda e calcolata, investe in alcuni momenti i tre attori.12
Licia Maglietta, invece, che proviene dal Terzo Teatro, trova maggiori difficoltà in scena rispetto agli altri due attori, in
quanto nel modello recitativo richiesto da Martone si tende a mantenere il controllo costante e continuo di ogni gesto e
movimento previsto in scena.13 Andrea Renzi infine definisce questa recitazione «una sorta di ginnastica mentale oltre che
fisica», precisando però che non si tratta mai di imitazione distili diversi, ma che tutto quello che accade in scena viene
sempre filtrato dal modo di sentire il teatro e la realtà che è proprio di ogni attore. 14
Per lo stile di recitazione Robert De Niro rappresenta per Andrea Renzi un punto di riferimento importante. In realtà
all'attore americano e alle interpretazioni che lo hanno reso celebre è legato tutto il gruppo di Falso Movimento, che ha
utilizzato spesso nei lavori precedenti immagini filmate di De Niro. «De Niro è un attore che lavora con lo stesso
procedimento di Falso Movimento», dichiara a tal proposito Martone, «è fondamentalmente se stesso in tutti i film che fa, sia
che faccia il prete in L'assoluzione, sia che agisca in Toro scatenato, riuscendo però a trasformarsi di sana pianta, con un alto
grado di stanislavskijsmo stoico e paradossale, tipicamente americano. Questo per noi è importante in lui: questo suo riuscire a
essere sempre due cose insieme». 15 Altri due attori ritenuti un modello per Renzi e Arana, soprattutto per la capacità di saper
comunicare con il movimento del corpo, sono Totò e Jerry Lewis. «Totò ci interessa come attore perché nei suoi film»,
afferma Renzi, «ha un uso del corpo come segno astratto. È, lui stesso, un segno. E questo procedimento ci interessa. Lo
stesso vale, sia pure in altra misura, per Jerry Lewis. Ci interessa, ma non come parola, bensì come immagine in
movimento».16
Di grande interesse sono poi le due citazioni cinematografiche dello spettacolo, riferite rispettivamente a New York New
York di Scorsese e a The Conversation di Coppola, sequenze che Falso Movimento, nel comunicato stampa per la Biennale
8
Cfr. R. Bianchi, A process of trasformation: Falso Movimento, «The Drama Review», n. 1, Spring 1983, p. 49.
Cfr. ivi, p. 50.
10
Dichiarazione di Lino Fiorito in Falso Movimento. Spostamenti progressivi del teatro, cit., pp. 181-182. Per una descrizione
dettagliata della scenografia virtuale vedi anche L. Mango, La scrittura scenica, Roma, Bulzoni, 2003, р. 276
11
Dichiarazione di Daghi Rondanini. Ivi, pp. 185-186.
12
Cfr. Dichiarazioni di Tomas Arana. Ivi, p. 190.
13
Cfr. Dichiarazioni di Licia Maglietta. Ivi.
14
Dichiarazioni di Andrea Renzi Ivi, p. 189.
15
Dichiarazioni di Mario Martone. Ivi, pp. 191-192.
16
Dichiarazioni di Andrea Renzi Ivi, p. 194.
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Titolo || L'energia di Tango glaciale
Autore || Laura Ricciardi
Pubblicato || Laura Ricciardi, Mario Martone. Regista teatrale, ArtstudioPaparo, Napoli, 2014, vol. I, pp. 49-71
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Carnevale-Teatro di Venezia, definisce fiati sospesi, «legate dal suono di un sassofono (‘fiato”) sospeso in aria». 17 La
differenza con i lavori precedenti consiste nel fatto che non si assiste alla proiezione di sequenze tratte dal film di Scorsese e
di Coppola, bensì alla riproduzione sul palcoscenico di una sequenza di New York New York e una di The Conversation. La
sequenza di New York New York compare alla fine della prima parte di Tango glaciale, in cui i personaggi si muovono e
attraversano la casa seguendo un andamento verticale, salendo in ascensore dal pianterreno al tetto. Per gli attori si è trattato di
un lavoro faticoso, in quanto hanno dovuto imparare esattamente tutti i passi di ballo previsti nel film, nella scena in cui
Robert De Niro sorprende una coppia di ballerini che danzano davanti al treno: «questo balletto non l’abbiamo inventato o
coreografato noi», precisa Martone, «è esattamente quello. C’è voluto un mese per riprodurre esattamente sulla scena un
pezzo di pellicola». 18 Mentre Tomas Arana e Licia Maglietta ballano, Andrea Renzi finge di suonare con il sassofono un
pezzo di Duke Ellington, richiamando la figura del musicista interpretato da Robert De Niro nel film. Il secondo fiato sospeso
chiude invece la seconda e ultima parte di Tango glaciale: dopo che l’uomo e la donna hanno distrutto la casa litigando,
Andrea Renzi finge di suonare con il sassofono la musica di Bizet dall’ouverture dell’Arlesienne. Qui il riferimento è alla
sequenza di The Conversation in cui Gene Hackman, dopo aver distrutto la sua casa alla ricerca di microfoni nascosti, suona il
sax. Ruggero Bianchi mette in rilievo l’efficacia dei due momenti performativi:
In entrambi i fiati sospesi, i modelli delle sequenze derivano dal cinema, ma in entrambi i casi gli spettatori sono messi a
confronto con il teatro vero. C'è, tuttavia, una differenza basilare tra la scena originale creata sul palcoscenico e una scena presa da un
film e riprodotta o ricreata sul palcoscenico – quest’ultima ha una memoria sua propria. Ancora una volta ritorniamo al punto di
partenza nella teoria e nella pratica di Falso Movimento. Lo spazio non è solo una funzione della percezione, ma anche una funzione
dell’immaginazione e della memoria.19
«Sono proprio questi due “fiati sospesi”, queste due aperture», conclude Martone a proposito di questi due momenti di
Tango glaciale, «che finiscono per dare il taglio risolutivo dello spettacolo, proprio a livello di ritmo, a livello di senso. E
anche, se vogliamo, di spiazzamento e di seduzione. Sono le due scene che hanno maggior impatto seduttivo». 20
Tango glaciale segna una svolta nel panorama del teatro di ricerca in Italia e all’estero, riconosciuta da tutti i più
importanti critici italiani con l’assegnazione del “Premio Nazionale della Critica Teatrale” e del “Premio Mondello ’82”. Lo
spettacolo prende parte alla Biennale di Venezia e poi gira in tournée per il mondo per due anni, toccando Amsterdam,
Stoccolma, Vitoria, Londra, Bruxelles, Copenaghen. Il gruppo viene invitato ad esibirsi al prestigioso Cafè LaMama di New
York, al Festival Internazionale di San Francisco e al Festival Internazionale di Israele. Reazioni entusiastiche ovunque. In un
articolo apparso su «The Times» di Londra del 14 ottobre 1982, Richard Williams eleva Falso Movimento allo stesso livello
di artisti di fama internazionale quali Bob Wilson e Laurie Anderson, definendo Tango glaciale «intelligente, di grandissima
eleganza ed estremamente elettrizzante». 21
A distanza di più di vent’anni, ripensando allo spettacolo, Martone identifica nell’energia interna di Tango glaciale
l’elemento che ha determinato il suo grande successo, «chi veniva a vedere Tango glaciale ne usciva come si esce da un
concerto, non come si esce da uno spettacolo teatrale: c'era un’energia veramente molto forte». E ancora:
c’era un dispositivo astratto, percettivo, sonoro, legato all'immagine, al tempo, in una forma visiva riconoscibile: una casa, una
casa all'interno di una metropoli, l’esistenza di relazioni, tre persone che abitano in una casa. [...] credo che non sia possibile
raccontare Tango glaciale, che cosa succedeva, non succedeva niente, non c'era un percorso e i personaggi non potevi definirli tali,
nonostante però davanti agli occhi tu avessi uno spettacolo in cui c'era un'unità di tempo, di luogo, di azione che rispondeva
aristotelicamente. Questa era la piccola rivoluzione di Tango glaciale. Non credo ci sia stato precedentemente uno spettacolo che
avesse questo tipo di compattezza, che prendesse le forme essenziali della rappresentazione teatrale nella sua secca determinazione:
da una parte c'era una casa intesa come personaggi-abitanti della casa, identificabile anche rispetto al suo contesto esterno di
metropoli; dall’altra un’azione che non aveva nessuna storia, un lavoro dove non c'era nessun personaggio. Pura energia dentro una
serie di riferimenti riconoscibili visivamente. Questa pura energia contagiava lo spettatore.22
Tango glaciale chiude una fase del lavoro di Falso Movimento in cui prevale la dimensione astratta dello spettacolo. È un
teatro percettivo, in cui l'attore ha lo stesso valore dello spazio e del suono, è un elemento che si inserisce progressivamente
nella ricerca di Martone, fino a diventare elemento costitutivo della scena, ma non predominante: è un segno tra i segni. Ed è
un teatro visivo, in cui la struttura scenografica si basa principalmente su diapositive e sequenze filmate proiettate su schermi:
è una scenografia apparente che crea forse un maggior effetto illusionistico rispetto alla scenografia tradizionale.
17
Tango glaciale, comunicato stampa per la Biennale Carnevale Teatro di Venezia, in «Il Patalogo Cinque & Sei: annuario 1983
dello spettacolo», Milano, Ubulibri, 1983, pp. 39-40.
18
Dichiarazione di Mario Martone in Falso Movimento. Spostamenti progressivi del teatro, cit., p. 183.
19
R. Bianchi, A Process of Transformation: Falso Movimento, cit., p. 53.
20
Dichiarazione di Mario Martone in Falso Movimento. Spostamenti progressivi del teatro, cit., p. 184.
21
R. Williams, Tango glaciale, «The Times», 14 ottobre 1982 (nostra traduzione).
22
Dalla conferenza tenuta da Mario Martone all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” il 23 gennaio 2007.
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In questi primi anni di attività teatrale è già possibile individuare due caratteristiche fondamentali nella scrittura scenica di
Mario Martone. La prima consiste nello sviluppo di una regia che, ricercando in scena l’unione dei suoi elementi costitutivi, si
avvicina alle linee teoriche teatrali affermatesi nel primo Novecento. Pur essendo un autodidatta nella sua ricerca artistica,
Martone elabora un tipo di spettacolo in cui nessun elemento sembra prevalere sugli altri, ma tutti insieme concorrono a
risvegliare i sensi dello spettatore, a trasmettere sensazioni. Pur essendo un lavoro di gruppo, in cui ciascun componente si
occupa dell'ideazione della propria parte, è il regista a coordinare tutti gli elementi della scena. Lo spettacolo, inoltre,
conferendo estrema importanza all'aspetto visivo, si avvale dell’illuminazione non solo dei semplici riflettori, ma anche delle
diapositive proiettate su schermi mobili, richiamando alla mente per esempio il lavoro sulla luce di Appia o gli screens di
Craig. L’attore è allora un corpo che si muove in uno spazio seguendo un ritmo. Inoltre sono il movimento e la gestualità
dell'attore, e non tanto le battute che pronuncia (che nelle regie di Martone sono quasi assenti), a creare l'impatto emotivo
sullo spettatore. I gesti sono presi dalla vita quotidiana, ma vengono portati all'estremo, resi schizofrenici, meccanici, e gli
attori appaiono molto simili a marionette. A volte i movimenti a tempo sembrano avvicinarsi ai balli dei musical o ai passi del
Teatro Danza e allora si assiste a una specie di ginnastica ritmica.
La seconda caratteristica, legata al contesto storico e artistico in cui nasce la scrittura scenica di Martone, è la sua
componente per così dire tecnologica, multimediale, anche se raggiunta con mezzi artigianali (aspetto che il regista tende
sempre a sottolineare), strettamente connessa soprattutto al cinema. La tendenza a trasformare la scena in uno schermo
rappresenta qualcosa di nuovo. In particolare agli inizi Martone individua nella scrittura scenica di Bob Wilson una tecnica
che lo affascina, «sono rimasto sconvolto dalla sua capacità di far diventare quadro l'immagine», dichiara in un’intervista: è la
dimensione bidimensionale che attira Martone e che lo porta a trasformare la scena non in un quadro, ma in uno schermo
cinematografico.
Da questo punto di partenza deriva una diversa impostazione del lavoro dell'attore e del concetto di tempo. Afferma
ancora il regista:
In Wilson, all'interno della scrittura scenica, gli attori sono manipolati. Nel caso nostro, dove le due dimensioni rimangono ma
diventano schermo, c'è un’immediata apertura a ventaglio, a livello di immaginario, totalmente diversa. Non è più la fissità
dell'immagine pittorica ma è immediatamente il movimento, il ritmo cinematografico. Anche il discorso del tempo, allora, si
trasforma. Il lavoro sul tempo di Wilson è in qualche modo fisso, siglato da questa lentezza che è, per così dire, interna al quadro,
allo spostamento minimo, alla traiettoria molto curata rispetto al tempo, ecc. Nel nostro lavoro tutto questo salta, perché s’intreccia al
discorso del montaggio, del ritmo cinematografico. 23
L’intreccio tra scena reale e scena virtuale va ad aggiungersi all'impianto scenografico di base dello spettacolo e ritorna in
molti dei lavori successivi, finché Martone, all'inizio degli anni Novanta, non si dedicherà al primo lungometraggio, separando
così la sua passione per il cinema da quella per il teatro, ma continuando a sviluppare entrambe le arti su linee parallele che si
influenzano a vicenda.
La prima esperienza con il video avviene invece sempre nel 1982, quando la RAI, dato il successo di Tango glaciale e la
fama raggiunta dal regista, decide di realizzare una ripresa dello spettacolo. Martone ha la possibilità di avvicinarsi alla
televisione, il mezzo di comunicazione più popolare in quegli anni, e, contrario alla ripresa di qualunque allestimento teatrale
e non ancora attirato dal documentario, propone una riscrittura video dello spettacolo «assolutamente fedele sul piano dei
tempi, delle azioni e delle immagini ma filtrata, attraverso l’elettronica, in un linguaggio televisivo». 24
Convinto delle potenzialità di questo lavoro anche in una versione televisiva, Martone costruisce il video di Tango glaciale
e racconta così il procedimento seguito: «i dodici scenari che appaiono nello spettacolo vengono proiettati sulla scenografia
con filmati e diapositive; e questo procedimento è molto simile a quello del chromakey, che serve in televisione per rendere
come scenografie delle semplici immagini o dei modellini».25 C’è però un elemento che differenzia il lavoro per il video
rispetto allo spettacolo teatrale e che in qualche modo rende artefatta la versione video: si tratta della luce.
Nella scena teatrale è il buio, la presenza scenica si ritaglia con luci esatte. Nel teatro di posa televisivo è la luce: per realizzare
un chromakey bisogna illuminare totalmente un fondale, si galleggia nella luce piena di migliaia di watt. Su quel grande fondo di
colore blu o verde vengono montate in tempo reale le immagini della regia e l'attore ci si muove davanti mentre dal video vi risulterà
dentro: in azione all’interno di uno spazio inesistente, artificiale. 26
Teatro e televisione sono due linguaggi estremamente diversi, uno antico ma da attualizzare, l’altro nuovo e da formare.
L’atteggiamento di Martone nei confronti di questi due strumenti di comunicazione sembra essere simile: «il lavoro in teatro è
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Dichiarazione di Mario Martone in Falso Movimento. Spostamenti progressivi del teatro, cit., p. 189.
M. Martone, Tango glaciale, in Videoteatro, opuscolo descrittivo dei lavori video di Mario Martone (Archivio Teatri Uniti di
Napoli). Questa però non è la primissima esperienza di Martone con il video: gira infatti nel 1980 un cortometraggio dal titolo
Foresta nera, con Andrea Renzi, Laura Cannavò e Federica della Ratta-Rinaldi.
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Ivi.
26
M. Martone, Una luce per raccontare, «Teatro Festival», n. 6, dicembre-gennaio 1986-1987.
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Titolo || L'energia di Tango glaciale
Autore || Laura Ricciardi
Pubblicato || Laura Ricciardi, Mario Martone. Regista teatrale, ArtstudioPaparo, Napoli, 2014, vol. I, pp. 49-71
Diritti || © Tutti i diritti riservati.
Numero pagine || pag 6 di 6
Archivio ||
Lingua|| ITA
DOI ||
un’arte troppo antica per essere rifatta con le stesse regole, cerco di reinventarla, di ricostruirla, mescolandone i segni per
ritrovare un possibile nuovo linguaggio teatrale. La televisione invece ha un linguaggio tutto da costruire, non ha una grande
tradizione alle spalle, parte da zero, anche questo mondo quindi va inventato, anche in questo caso sono in qualche modo un
pioniere o un inventore che desidera trovare soluzioni possibili».27
27
Dichiarazione di Mario Martone in G. Baffi, Il teatro a teatro e il teatro in TV, «Il Giornale di Napoli», 21 settembre 1985.
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