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La Rocca - il giornale di Sant`Agata Feltria

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La Rocca - il giornale di Sant`Agata Feltria
4/2005
NOTIZIARIO DI STORIA E ATTUALITÀ SANTAGATESE n. 5 reg. trib. ps nr. 427 - Dir. Resp. G. Dall’Ara redazione Sant’Agata Feltria
Fax 0541/929744 - Grafica e fotocomposizione: il Ponte - Stampa: la Pieve poligrafica editoriale, V. Verucchio - email: [email protected]
Ciao Benny
Sommario
2
In Romagna?
3
Ebrei a Sant’Agata
4
Evandro Bellocchi
5
Papa Clemente XIV
6
Nel 1800
7
Fotocronaca
8
Le foto di Emanuela Liverani
9
M
a tu te lo ricordi quando in
agosto qui a S. Agata si
festeggiava il “Bentornati a
casa” e veniva la Banda Americana?
Bei tempi quelli! C'erano Arrigo, Fausto, Valino, e c'era Al Monaco a dirigere la prestigiosa banda della Flotta
Statunitense e poi c'era Benny.
Benny che veniva da Bologna e
lasciando a casa gli abiti gessati e
severi di manager della Palmolive
indossava quelli più briosi del “presentatore” e animava le serate.
Com'erano belle quelle serate! E
quanta gente! S. Agata diventava il
faro che illuminava le notti buie della
Valmarecchia richiamando nella sua
bella
piazza
migliaia
di
spettatori.Notti magiche sulle note di
“Moonlight Serenade”, “Begin the
Beguine”, “In the mood” e così via...
Poi ci fu il bisogno di farsi conoscere in tutta Italia e così: via con i documentari per la terza rete tv, “Pinoc-
chio”, “Petrella Guidi - un borgo da
salvare”. Benny e Terenzio Montesi
con telecamere in spalla e mille idee
e mille luci animavano il paese e il
borgo di Petrella per la felicità dei
giovani del paese attori improvvisati,
serissimi, curiosi e compresi nel
ruolo loro affidato in bellissime trame
dove la storia, la fantasia e il territorio la facevano da padrone. Fatica e
soddisfazione. Benny consumava
così le sue ferie estive. Bei tempi,
davvero bei tempi.
E poi, per Benny, il mio suo grande
amore per quel borgo, Petrella Guidi,
che aveva visto per la prima volta, in
compagnia dello zio Bruno in sella
alla “brecca”, da ragazzino. Fu, allora, come un miraggio apparso là
subito dietro il bosco quel gruppo di
case attorno ad un rudere coperto di
edera dominante la vallata, in cui
stava adagiato il fiume Marecchia.
(segue in ultima)
Ci scrive il Gruppo di Minoranza
10
Il nostro dialetto
11
Il libro di Barbieri
12
Un ricordo di Benny Faeti
ROCCA
È UN’INIZIATIVA
COMITATO FIERE
ED INIZIATIVE PROMOZIONALI
Sant’Agata vista dal satellite
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
IN ROMAGNA?
Referendum per l’annessione
dell’Alta Valmarecchia
nella Provincia di Rimini
na storica assemblea popolare si è tenuta venerdì 29
Luglio nella “Sala delle Scuderie” di Sant’Agata Feltria, per
promuovere l’imminente Referendum sull’annessione della Valmarecchia in Romagna.
A dirigere la riunione Franco Vicini, già assessore al turismo della
Comunità Montana Alta Valmarecchia ed ex primo cittadino di S.
Agata, che è riuscito ad ottenere
numerose partecipazioni tra politici della zona, giornalisti e semplici cittadini.
Vicini ha iniziato l’incontro con un
ampio ed interessantissimo excursus storico sul passato di Sant’Agata Feltria e della Valmarecchia, a
cominciare dal lontano 1816, data
in cui il territorio viene per la
prima volta unito alla Legazione di
Urbino da Papa Pio VII, dopo
essere appartenuto al Dipartimento del Rubicone durante il Regno
Napoleonico.
Da allora è iniziata infatti un’incessante battaglia per il “rientro in
patria” della Valmarecchia, battaglia che si è protratta per tutto il
1800 sino ad oggi. Cittadini santagatesi illustri, come il Buffoni e il
Farini, hanno inoltrato istanze,
inviato petizioni che però non
vennero mai accolte, ottenendo
purtroppo scarsi risultati; la faccenda dell’Alta Valmarecchia in
realtà è stata più volte sorvolata
per cause storiche ben più importanti, così che fu messa nel dimenticatoio.
Fino al 1868 le speranze erano di
ritornare in Romagna entrando a
far parte del circondario di Cesena in provincia di Forlì, ma è da
questo anno che si fa sempre più
viva l’intenzione di appartenere al
circondario di Rimini. Già nel 1924
U
il Cavaliere Luigi Dominici indice
una proposta di legge in cui chiede l’istituzione della Provincia di
Rimini e il conseguente accorpamento della nostra zona. La provincia con soli venti comuni, verrà
poi istituita solamente nel 1990.
Da questo momento la Valmarecchia viene spezzata e rimangono
orfani di Romagna solo sette
Comuni (Casteldelci, Maiolo,
Novafeltria, Pennabilli, San Leo,
Sant’Agata e Talamello) costretti
ancora ad accettare la dipendenza
alle Marche: sette comuni che si
sentono a tutti gli effetti Romagnoli per la loro ubicazione, i loro
usi e costumi ed i rapporti commerciali con la Romagna, si ritrovano contro natura in una regione
che nulla ha a che fare con loro e
che neppure ha mai investito su
tale zona.
Le ragioni che hanno scatenato
centonovantanni di battaglie
vanno da questioni di carattere
sociale e culturale – partendo dal
modo di pensare e dal dialetto
parlato in Valmarecchia, per finire
con le tipicità gastronomiche della
zona, tradizioni che la rendono un
tutt’uno con la Romagna – a questioni economiche: carenze nelle
infrastrutture di collegamento e
nei servizi creano difficoltà allo
sviluppo dei settori economici tradizionali e vanno a scapito del
turismo, peraltro molto attratto
dalle caratteristiche proprie del
Montefeltro. La provincia di Pesaro-Urbino sembra non aver mai
compiuto investimenti per l’entroterra e quindi legarci a Rimini
significherebbe fare parte di un'area che, al contrario, ha sempre
creduto molto nel turismo.
Inoltre non bisogna trascurare il
fattore geografico: il Monte Carpe2
gna rappresenta in effetti un confine naturale tra le due regioni,
separando la vallata di Urbino da
quella del Marecchia. E’ impensabile e addirittura impossibile una
stretta comunicazione con la valle
pesarese, troppo scomoda da raggiungere sia come meta di studio
e lavoro che come luogo di svago
per giovani.
In passato più volte sono stati
richiesti appelli o realizzate raccolte di firme, ma un vero e proprio referendum non c’è mai stato.
Ebbene oggi questo sogno sembra
avverarsi dopo secoli di vane speranze: in virtù della sentenza della
Corte Costituzionale sulla “Autodeterminazione” (legge costituzionale n.3 del 2001 sul federalismo) i comuni che siano interessati possono chiedere il passaggio
ad un'altra regione, adempiendo
tutte le procedure per indire un
referendum popolare attraverso la
firma unanime di una richiesta.
L’obiettivo che si vuole raggiungere è di ristabilire i confini amministrativi in modo democratico,
tenendo conto della volontà dei
cittadini, e non più attraverso lotte
tra signorie o con atti dittatoriali
come finora è avvenuto in tutta
Italia. Per questo motivo l’assemblea del 29 luglio, come ha più
volte chiarito il coordinatore Vicini, è nata come riunione apolitica;
è stato inoltre precisato che la
volontà di abbandonare la provincia di Pesaro-Urbino non deriva da
uno spirito secessionista o da
un’avversione particolare nei confronti delle Marche, ma semplicemente dal desiderio di affermare
una verità storica ed essere finalmente riannessi al territorio che è
stato per noi terra d’origine.
Emanuela Liverani
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
LA LETTERA
Ebrei in confino a S. Agata
etto giù queste poche
righe che mi sono tornate
in mente stamattina e
forse ti possono interessare. Il 25
agosto 1942 mi è nata una sorella
di nome Olga, a causa del fattore
sanguigno di mia madre questa
bambina era destinata a morire,
tanto è vero che dopo 6 mesi era
cresciuta di appena 200 grammi. In
quel periodo qui a S. Agata c’erano degli Ebrei internati, pare che
provenissero da Bologna, tra queste famiglie c’era un professore
che se non ricordo male si chiamava professor Ietto. Questi venuto a conoscenza della bambina
volle visitarla, poi andò nel bosco,
raccolse delle erbe e preparò un
infuso che mia mamma chiamava
medicina, somministrandone un
cucchiaino al giorno, e garantendogli che la bimba sarebbe guarita. Infatti cominciò a camminare
oltre i due anni, e oggi mia sorella vive in ottima salute grazie a
questo signore, ma come tante storie non sempre vanno a lieto fine.
Per gratitudine mia mamma gli
diede poche patate e due “caspi”
di insalata che lui non volle accettare, se non dopo tante insistenze.
Il giorno dopo mia madre fu chiamata in Caserma dai carabinieri e
fu diffidata dal fare regali a quelle
persone (più precisamente dissero
“a quelli là”). Purtroppo qualche
SOTTOSCRIZIONI (1)
M
Corpus Domini 2005. Via Battelli ha ripreso la tradizione dell’infiorata
tempo dopo li ho visti partire tutti
legati con una catena e caricati su
un camion e di loro non si seppe
più nulla. Purtroppo possiamo
immaginare la loro fine. Termino
qui perché quando ricordo certi
momenti non riesco più a scrivere.
Ciao, Lino Cappelli
Ringraziamo Franco Vicini per
averci trasmesso questa commovente lettera. Sulla presenza di
Ebrei a confinati a S. Agata, ave-
Chiara Masini, Milano
Vicini Arnaldo, Longiano
Pierangeolo Valli, S. Agata
Erika Caminati S. Agata
Giorgio Sampaoli, S. Agata
Antoni Sartini S. Agata
Daniele Giacessi, S. Agata
Libero Gregari, S. Agata
Giovanni Vicini S. Agata
Guerrino Sartini, S., Agata
Federico Manzi S. Agata
Bruno Baroncelli (ben) Ravenna
Vallino Rinaldi S. Agata
Roselle Migliarini, S. Agata
Edgardo Paolucci, S. Agata
Giorgio Liverani RSM
Nicoetta paci, S. Agata
Pinedo Simoncel, Ferrara
Bruno Sorbini, Pesaro
Ferdinando Giacessi (ben)
Novafelria
Marie Joelle Cangini, S. Agata
Lazzaro Cappelli, Paterno
Dugnano
Paolo Marani (ben) S. Agata
Fam Luigi Ospici, S. Agata
3
vamo raccolto alcune informazioni anche da Evandro Bellocchi,
eccole: “C’erano diversi ebrei a S.
Agata, confinati, un tale Moscato
abitava nella casa di Giannetto
Vicini e a volte aiutava la nonna
di Evandro, un altro era di Ancona e stava dai Bonci o dai Rinaldi.
Dovevano andare a firmare la loro
presenza dal Podestà. C’era anche
una ragazza ebrea”. Tra i nostri
lettori c’è qualcuno che ha altri
ricordi?
Tosca Ciacci (ben) S. Agata
Don Elio Ciacci (ben) S. Agata
Domenico Montecchi (ben) Rimini
Anna Vicini, S. Agata
Florindo Diana (ben) Galiera BO
Carlo Frattini, sost. S. Agata
Daniele Masini, sost. S. Agata
Andrea Masini (ben) Milano
Alessandro Paci (ben) S. Agata)
Maria Rinaldi Nofri sost. Bologna
Piero Rinaldi, sost. Bologna
Don Piero Perego (benemerito)
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
PERSONAGGI
Evandro Bellocchi
N
el mese di luglio ci ha
lasciato anche Evandro Bellocchi. Nato a S. Agata Feltria il 31.3.'24 ha vissuto anni nei
quali, come ci ricordava, il giovedì
non c’era scuola e così lavorava
nella tipografia paterna che aveva
sede nella Rocca. Finiti gli studi
cominciò a lavorare in tipografia a
tempo pieno, fatti salvi i mesi estivi durante i quali partecipava ai
campi estivi che si tenevano anche
allora, vicino a Fano. A 19 anni fu
chiamato militare, era l’11 maggio
‘43 partì per Pesaro.
Qui prese un treno che lo “scaricò”
12 ore dopo a Udine, dove si trovò
a far parte dell’XI Genio Marconista per un periodo di 4 mesi. Preso
il brevetto di radiomarconista
doveva partire per la Jugoslavia
invece l’8 settembre i Tedeschi lo
fecero prigioniero.
Trasferito a Sudauen si trovò a
lavorare per l'esercito tedesco per
un mese.
Passò poi a Messenburg dove
lavorò per 11 mesi in una cartiera.
Di lì andò a Halle, vicino a Lipsia
Qui dovette lavorare in una fabbrica di locomotive con un orario tremendo (dalle 6 del mattino alle
18).
Per andare al lavoro e per tornare
a dormire doveva inoltre attraversare l’intera città (un percorso di
due ore all'andata e due al ritorno).
Evandro fu prigioniero dei Tedeschi dall’11 settembre 1943 al 16
giugno 1945. Pertanto fu solo al
ritorno dalla prigionia, a Rimini,
che seppe dell’episodio che riguardava il padre; dopo aver incontrato un santagatese a Porta Montanara.
Quando gli fu possibile tornò a
lavorare in tipografia, e successivamente gestì l'edicola dei giornali
fino al 1983. Scelse poi di occuparsi della madre anziana e inferma
fino alla morte di lei avvenuta nel
1995.
I fatti del ’44 nei ricordi di Evandro
I
l 3 aprile 1944 giungono improvvisamente a S. Agata circa 300 partigiani, alcuni dei quali sulle corriere di linea. Tra di loro la banda
Cordonè.
Ottaviano Bellocchi consapevole di quanto sta succedendo in paese1, a
conferma della sua buona fede non cerca rifugio, ma continua tranquillamente a lavorare nella sua piccola tipografia presso la Rocca, e attorno
alle 13 si dirige verso casa. Poco dopo un gruppo di quattro partigiani
entra nella casa (due dal lato di via Giannini e due dal lato di via
Benucci), prende Bellocchi e lo porta in piazza sotto il loggiato comunale.
Qualche tempo dopo le figlie si recano a parlare con il capo dei partigiani, dal quale ottengono assicurazioni sulla sorte del padre. Tra i santagatesi che si impegnavano per far liberare i prigionieri vi fu anche Enzo
Ragazzini, al quale Cordonè disse che “non dipendeva da lui”.
Quando i partigiani partono da S. Agata portano come prigionieri quattro santagatesi e quattro poliziotti, ed alcuni militari di leva.
I santagatesi erano:
- Ottaviano Bellocchi, già Podestà di S. Agata,
- Felice (Cino) Battistini, Segretario del Fascio e parente di Bellocchi,
- Agostino Guidi, già vigile urbano a S. Agata e all’epoca nella Milizia a
Pesaro,
- Giuseppe Gori, milite di leva.
Il veterinario Gamberini di Novafeltria accompagnò il gruppo fino alla
Marecchiola.
Il gruppo proseguì poi fino a Rivolpaio e qui si fermò. I santagatesi furono chiusi a dormire nello stalluccio del maiale.
A Rivolpaio furono liberati i militari di leva, ma Cordonè si oppose alla
liberazione di Bellocchi.
Il 12 aprile 1944, giunti al cimitero di Casanova dell’Alpe, vicino cioè a
dove era il fronte, i partigiani fecero entrare i prigionieri nella cappella
del cimitero e li mitragliarono dalle due finestre2.
Dei 4 poliziotti, tre rimasero uccisi ed uno benchè ferito sopravvisse.
Gianni Mazzoni, nipote di Battistini, insieme ad altri aveva cercato di raggiungere il gruppo, perché era stato concordato uno scambio di prigionieri, ma a causa della vicinanza del fronte non era riuscito nell’intento3.
1 Giuseppina Maffei, nel giornale “Cultura Italica” (gennaio 1945) scrive “il paese è
messo a soqquadro, il Comune invaso è devastato (…) altrettanto succede nella sede
del Fascio. Vengono pure devastate la bottega Gori e la abitazione del Segretario politico. I magazzini del Silos vengono completamente vuotati…”.
2 Nella pubblicistica sull’argomento si contrappongono diverse tesi, da quella dell’uccisione per rappresaglia, a quella dell’uccisione sotto il rapido incalzare degli avvenimenti.
3Una conferma delle intenzioni di trattativa e di scambio si trova anche nei
“Documenti della 8a Brigata Garibaldi nella Resistenza” a cura di Dino Mengozzi,
vol. 1°, a pag. 79 e a pag. 208 dove si legge “per i nove ostaggi era stato domandato
il cambio alle autorità e queste avevano risposto evasivamente”. Anche Ilaro Tabarri
sostiene che nelle intenzioni del comandante le persone catturate avrebbero dovuto
servire come oggetto di scambio con partigiani fatti prigionieri dai fascisti” (cfr. pag.
111, Sandro Severi “Il Montefeltro tra guerra e liberazione” che riprende Lolletti).
Infine anche Angelo Betti (“Guascone”) conferma quanto sostenuto da Bellocchi:
”Credo che il nostro comando si interessò per uno scambio che non avvenne per l'incalzare degli eventi” (cfr. Sergio Lolletti, che chiarisce che si riferiva al rastrellamento dell’aprile che durò una ventina di giorni e dissolse quasi completamente le forze
partigiane). Guascone aggiunge “Seppi due giorni dopo il Comando di Brigata aveva
fatti insistenti appelli ai tedeschi e ai fascisti attaccanti che ritirassero il rastrellamento e che solo a queste condizioni i prigionieri sarebbero rimasti illesi. Credo
inviassero anche uno di questi a parlamentare ma non ci fu verso”.
4
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
STORIA
Papa Clemente XIV
e S. Agata
Q
uesta è stata davvero una scoperta con la S maiuscola.
Questo Papa, nato a Sant’Arcangelo di Romagna nel 1705, (dove
gli è stata dedicata la piazza principale, quella dell’arco, Piazza Ganganelli, appunto) ed eletto Papa nel
1769, si chiamava Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli e la sua famiglia era originaria – ab initio- di S.
Angelo in Vado, che gli ha intitolato
la piazza più importante (Piazza del
Papa, con una bella statua benedicente) e poi di Borgo Pace, dove la
famiglia si era trasferita.
Consultando il gran libro dell’Estimo
Vecchio, ho scoperto che i Ganganelli, partiti da Borgo Pace, si erano
fermati per un lungo periodo a
Sant'Agata tant’è che avevano comprato diverse proprietà: un Mulino e
il “Campo del Conte” che si trova
proprio al centro del Paese, a monte
della Piazza.
Nel 1753 questa proprietà viene venduta a Simone Buffoni, antenato del
nostro eroe mazziniano, Francesco.
Non siamo qui a discutere la veridicità del luogo di nascita, sempre
dichiarato come tale e mai messo in
dubbio da alcuno, anche se, controbatto, nessuno aveva mai consultato
l’Estimo Vecchio, o riferito di tale scoperta; quali sono gli elementi che mi
fanno pensare non trattarsi di omonimia? Intanto Ganganelli non è
cognome di etnia romagnola, quindi
né nostro né di Sant’Arcangelo e
quindi l’omonimia è altrettanto
improbabile; poi, ed è l’elemento più
importante, nell’Estimo Vecchio è
chiaramente annotato: Ganganelli
Il nostro
carcere
5
SOTTOSCRIZIONI (2)
U
bicato nella Rocca Fregoso, nel 1891 risulta avere
una capacità massima di 30 detenuti, cifra che
neanche lontanamente raggiunse, ospitandone
una media di tre o quattro persone. Ne è Guardiano
Orciuoli Vincenzo, originario di Barletta, capitato a
Sant'Agata come Carabiniere.
Affinché i detenuti fossero trattati umanamente, era stata
costituita una “Commissione Visitatrice degli Stabilimenti
Carcerari” composta dal Parroco don Marco Belloni,
Giuseppe Celli e Nicolini Antonio.
Dalla relazione che questa fa in quell’anno (1891) risulta che la capienza è per 22 maschi e 8 femmine, che è
disposto a camerate, che lo stipendio del Guardiano è
pagato dai Comuni del Mandamento, che i carcerati
ammalati sono assistiti da un’infermiera e che l’igiene è
considerata buona.
Il carcere viene visitato dalla Commissione dieci volte
all’anno. I fornitori del carcere, nello stesso anno, sono
stati: Caroli Attilio per il pane; Fabbri Salvatore, carne e
lardo; Ragazzini Natale, pasta, riso, fagioli secchi e sali;
Cima Luigi, legna; Frattini Leone ha eseguito lavori di
restauro al pavimento e al camino; Alessandrini Domenico ha fornito un catenaccio per una porta; al bucato
provvede Ercolani Zenaide.
sig. Pietro Paulo da Borgo Pace. Perché venne a Sant'Agata? Semplice: era
un medico.
Un’altra cosa mi ha colpito, leggendo la biografia del futuro Papa: a 18
anni entrò nell’Ordine dei Minori
Francescani Conventuali (e qui mi
lancio nelle ipotisi), ma dov’era un
Convento di quell’ordine più importante e ricco di fascino, se non a
Sant'Agata, che tutti ben sapevano
essere stato fondato da San Francesco stesso?
Sicuramente era a Sant'Agata la famiglia Ganganelli nel 1717 (vedi Estimo
Vecchio pag. 103), perché ha dei terreni intestati. Alessandro sposa Portia
Franceschi di Borgo Pace e vi si trasferisce. Ha due figli, di cui uno,
Lorenzo, medico, padre del futuro
Papa.
Renzo Zanotti sost, Cesena
Luciano Campitelli, sost. S. Agata
Luigi Urbini, sost, Parigi
Rosanna Guidi sost. Firenze
Elide Guidi, sost Bagno a Ripoli
Marisa Narducci, sost. Limbiate
Nevina Cappelli, sost. Milano
Gabriella Gasperoni, sost. Caserza Ligure
Nello Rinaldi, sost. S. Agata
Edgardo Bucci, sost. Sarsina
Antonio Marani Benemerito Genova Pegli
Pietro Marano benemerito Genova Pegli
Renato Borgesi, sost. S. Agata
Riziero Angeli, sost. Limbiate
Manlio Bellocci, sost. Milano
Lodovico Molari, sost. Novafeltria
Giancarlo Masini, sost. Rimini
Paolo Antimi, sost. Vezio Portio
Giancarla Paci, sost. Cesena
Antonio Bartolini, sost. Genova
Micelle Masini, sost. S. Agata
Agata Paci, sost. Belgio
Marisa Ronchi, sost. S. Agata
Gabriele Guidi, sost. Rimini
Maurizio Rinaldi, sost. Rimini
Moreno Albini, sost. Secchiano
Quinto Narducci, sost. Rimini
Lino Cappelli, sost. Alessandria
Maria Riceputi, sost. Genova
Corrado Rinaldi, sost. S. Agata
Emilio Faeti, sost. Milano
Giuseppina Valli, sost. Genova
Rosa Anna Cecchi, sost. Rimini
Anna Maria Mastini, sost. Casteldelci
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
STORIA
Il carcere di Sant’Agata nel 1859,
sotto lo Stato Pontificio
C
’è una fuga dal nostro carcere
il 9 Agosto 1859. evadono tre
detenuti: Rinaldi Giuseppe di
Talamello, 20 anni; Ricci Sebastiano di
S. Angelo in Vado, 22 anni e Olivieri
Giovanni di Scavolo, 36 anni.
Dal sopralluogo fatto dopo l’evasione
ci perviene la descrizione delle carceri, che erano situate al pianterreno
del Palazzo Comunale, di fianco al
teatro e vi si accedeva per il percorso ancor adesso esistente, subito
dopo la porta d’ingresso del palazzo,
all’inizio delle scale che portano al
piano superiore, dalla porta che c’è a
sinistra e che attualmente conduce al
palcoscenico del Teatro.
Il primo locale cui si accedeva, di
gran lunga il più ampio, era detto
appunto “La Larga”. Collegato a questo locale “ed a man dritta ci sono due
porte ad una sol chiudendo che mettono alla ‘Segreta’, denominata “L’Inferno”, che doveva essere, dall’appellativo che gli era stato dato, la cella
di punizione.
Per la cronaca, l’evasione avviene
attraverso la rottura del muro che, dal
locale detto “La Larga” porta sotto le
Logge del Palazzo Comunale.
Dalla medesima relazione apprendiamo che “lo sfascio di muro penetrava all’interno” (i detenuti cioè,
non lasciavano cadere i sassi all’esterno (cosa che avrebbe creato
sospetti), ma li trascinavano all’interno della stanza n.d.r.), che “tale
sfascio è alto dal suolo 60 cm, il
foro di luce è di 48 cm, e largo 60
cm, . . . . . il muro è a 5 teste ma
ha poca calce”. Grande e grosso,
quindi, ma fragile.
La Romagna: i suoi confini
e il suo territorio
I
confini sociali e geografici della
Romagna sona: a Oriente, il
mare Adriatico, lungo 94 Km.
Di costa tra la foce del fiume Reno
a nord, e a sud lo sprone che dal
monte Trebbio (alto solo 194 mt.)
presso Fiorenzuola, si inabissa nel
mare. A sud, lo spartiacque della
catena, lunga complessivamente 83
Km. Che ha nome dal monte
Carpegna e che forma, anche orograficamente, verso il mare
Adriatico, la linea di distinzione tra
l’Italia padana e quella peninsulare. Questa catena, che si diparte
dall’Alpe della Luna, va a dividere
prima i solchi impluviali dei fiumi
Marecchia, romagnolo, e Foglia,
marchigiano, fino a culminare nel
monte Carpegna 1415 mt. d’altezza, dopo il quale, insinuandosi tra
la valle marchigiana del Foglia e
quelle romagnole dei fiumicelli
Conca, Ventina e Tavullo, incontra
la via Flaminia, che ne taglia il crinale alla forcella di Siligata, 122 mt.
d’altezza, ed avanza fino al monte
Trebbio già menzionato.
A sud-ovest, dall’Alpe della Luna,
ove s’innesta questa catena e precisamente a Monte Maggiore, 1385
mt. fino alla elevazione senza
nome, a quota 952 mt. che giace
500 mt. ad ovest del Passo della
Futa, il confine della Romagna si
sopra la dorsale appenninica, per
114 Km. di lunghezza….. (Lucio
Gambi: “Confini geografici e misurazione areale della Regione
Romagnola”, anno 1950).
Questi confini si basano sopra elementi naturali: spartiacque montani
per 215 Km, alvei fluviali per 114
Km. coste marine per 94 Km. assumendo chiari valori diaframmatici e
distintivi, dando una superficie
complessiva di 6380 Kmq.
La zona piana copre 2334 Kmq,
quella collinare-montana 4046
Kmq.
(a cura di Franco Vicini)
Avvisi ai lettori
Cerchiamo foto della chiesa delle Clarisse prima degli anni 50. Sarebbe molto importante trovarne!!!
E’ disponibile il dvd della serata in teatro dello scorso anno (Festa di Maiano). Lo potete chiedere direttamente al comitato di Maiano o a Mario Nalin.
Ci scusiamo del ritardo con il quale esce questo numero della Rocca, in compenso il prossimo numero sarà
tutto a colori e dedicato a Padre Agostino da Montefeltro. Prenotatelo!!!
6
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
FOTOCRONACA
Prima Comunione nel 1957
La strada per Sarsina
Lavori di sistemazione e miglioramento
del tratto di strada tra il confine della
provincia e il centro abitato di S.Agata
Feltria, con rettifica parziale del tracciato
dal Km 16+800 al Km 18+000 della S.P. 8
Santagatese - II stralcio, Direzione dei
lavori Arch. Maurizio Gili, Impresa esecutrice Perfetti Ing. Giuseppe di Piobbico.
Intervento finanziato con fondi Buoni
Ordinari Provinciali. Tempo previsto 360
giorni. I lavor avevano come data di inizio il 4 Aprile 2005, ma sono iniziati
verso luglio. In pratica elimineranno
qualche curva a gomito
FOTO EMANUELA LIVERANI
7
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
FOTOCRONACA
La squadra di calcio del Rimini ha scelto anche quest'anno per il ritiro estivo S.Agata,
è il quarto anno consecutivo
FOTO
E. LIVERANI
Concerto lirico
del 31 Luglio.
Gruppo
di studenti
di lirica di
New York
in stage a
Novafeltria
8
La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
LETTERE
Un futuro
per la nostra comunità
D
i solito ogni Amministrazione Comunale si adopera per
creare un modello della propria Comunità, quale valore assoluto del proprio cammino amministrativo. Se il futuro è nei Giovani che
Comunità stiamo costruendo e quali
investimenti stiamo mettendo in
campo in tale direzione? Sono
domande che l'Amministrazione non
si pone.
Quale è il livello di ascolto verso i
Giovani, visto che hanno tanta fantasia da mettere in campo, un
approccio mentale aperto e moderno e sicuramente tante naturali aspirazioni? Forse, sarebbe peraltro
opportuno indirizzare i nostri ragazzi oltre che al "lavoro in fabbrica"
anche e preferibilmente verso le
"nuove opportunità" per stimolare le
iniziative e meglio realizzarsi?
E' sulla partecipazione che si costruisce la Comunità, e la ghettizzazione
in cui vivono quelle persone che trovano ancora l'Amministrazione chiusa e poco propensa all'ascolto non
facilita questo percorso. Nessuno
vede concretizzarsi le promesse e gli
impegni per una Amministrazione
partecipata.
Il Paese soffre di scarso dinamismo
sociale e riteniamo che l'Amministrazione debba essere consapevole
della esigenza che tutti avvertano il
senso di appartenenza a questa
Comunità, consci che ognuno di noi
ha dei doveri nei confronti di se stesso, della famiglia di cui fa parte,
della Comunità, della Società. Sta
anche all'Amministrazione Comunale sviluppare cultura in tale direzione e promuovere e sostenere quelle
forme di associazionismo e cooperazione sociale ancora scarse rispetto a quelle presenti negli altri Comuni di Vallata (... un occhio al Piano
Sociale di Zona).
E' sotto gli occhi di tutti quanto sia
necessario elevare il livello di socializzazione oggi sceso sotto i minimi
storici per la riduzione del tempo
libero e della qualità dello stesso
dovuto anche all'impegno per il
lavoro, cominciando a darsi gli strumenti e le strutture necessarie
(assenza di progettualità in senso
assoluto).
La grande sfida di aumentare il tasso
di occupazione, oggi finalmente
vinta, sembra naufragare nella scarsa diversificazione del lavoro e nella
tipologia dello stesso che sacrifica in
molti casi la famiglia ed i veri bisogni dei giovani di oggi.
Situazioni di particolare e forte disagio famigliare dimenticate dall'Amministrazione Comunale e seguite
dalla Caritas della nostra Comunità
alla quale dovrebbe andare l'incondizionato sostegno di tutti, rappre-
sentano forse le contraddizioni di
una Comunità opulenta e falsamente felice e di una Amministrazione
che preferisce elargire a chi non ha
realmente bisogno.
E' stata veramente imboccata la strada di un reale sviluppo sostenibile
dal punto di vista sociale ed economico? Come ebbe a dire una Voce
autorevole ed accreditata ... dobbiamo seguire l'istinto di sfamarci al
costo di vendere la nostra Storia e la
nostra Cultura. Una Amministrazione
che si ponesse in ascolto solo di
alcuni valori è destinata a far scomparire la propria Comunità.
Il Gruppo Consigliare di Minoranza
Sabba Ulderico, Marini Gianfranco,
Ricci Paolo, Fabbri Ombretta
Il coro
Il gruppo giovani: coro “Madonna dei Cappuccini”
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La Rocca
Settembre/Ottobre 2005
STORIA
Il nostro dialetto
nomico vi intercorre esclusicrivo in dialetto pervamente con la Romagna, in
ché sono nato e creparticolare con Rimini e con
sciuto dialettofono.
Cesena; la gente della
L’italiano l’ho imparato a
Valmarecchia si reca a
scuola, né più né meno del
Pesaro e ad Arezzo solo per
latino, del greco, dell’inglesporcare carte bollate, con le
se. Ho sempre parlato in
implicazioni
psicologicadialetto, l’ho usato e l’userò
mente negative che ne derisempre perché è la mia linvano. E’ significativo infine il
gua naturale. In altri termini
fatto che le migrazioni di
ne sono pienamente padromassa dell’ultimo ventennio
ne senza alcun sforzo, ne
si sono orientate dall’Alto
conosco i termini, gli
Montefeltro esclusivamente
accenti, le inflessioni, le
verso Rimini, verso Ravenna
sfumature. Intendo riferirmi
e verso Cesena, non già
al
dialetto
della
verso le pur fiorentissime
Valmarecchia, che con difcittà di Pesaro e di Arezzo.
ferenza di scarso rilievo da
I molteplici rapporti sempre
una località all’altra si parla
più intensi con la Romagna
nell’Alto Montefeltro, da S.
e la complementarietà delle
Agata Feltria a S. Leo e a S.
relative economiche stanno
Marino, da Perticara a
gradualmente modificando
Pennabilli e a Villagrande, a
anche il dialetto della
monte fino a Badia Tedalda
Valmarecchia, che si va semed a valle fino a Verucchio,
pre più uniformando ai diapassando naturalmente da
letti romagnoli. Nel dialetto
Novafeltria già Mercatino
di Novafeltria, ad esempio,
Marecchia, che è il mio
Il museo storico della miniera di Perticara ha
ricorrono sempre più frepaese di nascita e dell’Alto
inaugurato la nuova sezione didattica presso il
quentemente locuzioni ed
Montefeltro è il centro più
cantiere Certino.
inflessioni riminesi.
rilevante, dopo S. Marino.
Che
il
dialetto
della
Come molti altri dialetti, è
Valmarecchia sia romagnolo
una lingua povera di vocaè la parte alta, gravitante attorno a
boli. A somiglianza dell’inglese, che Badia Tedalda; la parte centrale non lo dico io. Lo dicono eminenti
peraltro è ricchissimo perché fa appartiene alla regione delle Marche glottologi, primo fra tutti Friedrich
pragmaticamente propri molti termi- ed ha il suo fulcro a Novafeltria; e Schürr. Egli ha soggiornato a lungo
ni stranieri, bastano trecento parole infine l’Emilia-Romagna la parte fina- in ogni centro abitato dell’Alto
per esprimersi compiutamente; pro- le, da Verucchio a Santarcangelo di Montefeltro, nel primo quindicennio
prio come nell’uso della lingua Romagna ed a Rimini. Come se non di questo secolo, e con meticolosità
inglese, vi è frequente il ricorso a bastasse, vi è inserito l’enclave della tutta tedesca ha fissato i confini linverbi basilari, che con l’aggiunta di Repubblica di San Marino, uno stato guistici meridionali della Romagna a
varie preposizioni assumono i signi- sovrano. Il torrente S. Marino, che Cattolica, al Monte Carpegna ed
ficati più disparati, come altrettanto nasce nei pressi del Monte Titano, è all’Alpe della Luna, presso il passo di
frequente è il ricorso alle frasi idio- un affluente di destra del Marecchia. Viamaggio.
il
dialetto
della
matiche, che nella stragrande mag- Tutta la gente della vallata, quale che Certamente
che
è
zona
di
confine,
Valmarecchia,
gioraza sono desunte dal mondo ne sia l’artificiosa suddivisione
contadino.
amministrativa, si sente romagnola non può essere ortodossamente
Si può affermare tranquillamente che non tanto per ragioni sentimentali romagnolo come quello di Forlì o di
è un dialetto romagnolo. La vallata od affettive, quanto invece perché Ravenna. E’ antiretorico, asciutto e
del Marecchia costituisce uno stretto sente di appartenere al mondo della stringato come quelli del cuore della
bacino della lunghezza di soli ses- Romagna, in perfetta simbiosi con la Romagna, ma è segnato da termini
santa chilometri ed è vergognosa- Romagna. Della Romagna pratica usi marchigiani e toscani. Ed è ancora
mente divisa in tre regioni. Toscana e costumi; ogni rapporto socio-eco- più rude. Oltre naturalmente al carat-
S
Miniera
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STORIA
tere della gente che lo parla, riflette
anche
il
paesaggio
dell’Alto
Montefeltro, una delle più belle vallate d’Italia, come gli stranieri sanno
meglio degli italiani, una vallata raramente dolce e modulata e spessissimo aspra e selvaggia. Come in
Romagna, non esiste il verbo amare;
ci si può tutt’al più voler bene, ma lo
si dice poco.
La fonetica è piuttosto ostica e certamente più complessa di quella romagnola tipica. Ancor più ostica è la
pronuncia. Ad esempio il “ch” duro
(come “chiave”) ed il gh duro (come
“ghianda”) della lingua italiana, che
a Cesena o a Lugo diventano rispettivamente “c” dolce (come “céva”) o
“g” dolce (come “gianda”), nel dialetto dell’Alto Montefeltro diventano
generalmente consonanti dentali di
non facile pronuncia e nella fonetica
debbono essere precedute rispettivamente da una “t” (come “tchéva”) e
da una “d” (come “dghianda”).
Anziché in gola si pronunciano sui
denti. Strano a dirsi, vi è qualcosa di
simile ai dialetti siciliani, come
“bedgghiu” per dire “bello”. Vi è poi
il suono della “j” francese di “jour” o
di “jambon”, che va reso diversamente perché la “j” ha il significato
di “i” consonantica, nella fonetica
italiana, ed è quindi necessario ricorrere alla “z” dell’alfabeto slavo
(come Zivago).
Forse proprio per la difficoltà della
fonetica, oltre che per il diffuso analfabetismo, protrattosi nella stragrande maggioranza della popolazione
fino almeno alla prima guerra mondiale, il dialetto della Valmarecchia
non è mai stato usato per iscritto.
Ch’io sappia, se ne sono serviti oralmente alcuni incolti poetastri locali,
il più celebre dei quali è stato senza
dubbio Domenico Pozzi da Piega di
San Leo, detto “Pandalèt”. Ma i loro
versi, simili alle “zirudele” di
Romagna e riflettenti spesso i rap-
porti tra concedenti e mezzadri,
come nella poetica di Giustiniano
Villa di San Clemente, si sono
dispersi, dopo essere stati tramandati oralmente da una generazione
all’altra, ed è andato così perduto un
patrimonio linguistico e culturale. Mi
si conceda quindi il merito - molto
modesto per la verità, ma unico - di
avere raccolto un mezzo espressivo
inedito e, insieme, una serie di testimonianze, alcune delle quali autobiografiche, sulla gente dell’Alto
Montefeltro e su un mondo contadino che si è volatilizzato in pochi
anni, dopo una stagnazione plurisecolare, ed ora è solo un ricordo del
passato. Ho detto testimonianze perché i fatti da me raccontati sono
rigorosamente veri, anche se colorati, le persone ricordate sono realmente vissute e di quei fatti sono
state le protagoniste. In molti casi
non ho cambiato nemmeno i nomi.
Davide Barbieri
Grazie all’avv. Bianca Barbieri di Novafeltria che ci ha messo a disposizione l’introduzione
al libro di prossima pubblicazione scritto da suo padre (Davide Barbieri)
2 luglio 1955
Da sinistra in basso:
Franco Vicini,
Anita Rossini,
Mirella Oprandi,
Nyriam?
Lucia Vicini.
In alto:
Astorri Wanda,
Marisa, Lidia,
Agata Paolucci
Viviana Vicini,
Partisani Dirce,
Franca Sampaoli,
Oprandi Arletta.
FOTO
LUIGI CECCAGLIA
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PERSONAGGI
Segue dalla prima
Ciao Benny
F
u così un amore immediato e
Benny, incantato, si giurò che
proprio lì sarebbe venuto a
vivere da grande e avrebbe fatto rivivere il borgo addormentato. Avrebbe compiuto un gesto d’amore per
svegliare Petrella proprio come fece
il principe della fiaba per la principessa che dormiva vittima del maleficio.
In parte quella promessa si è avverata.
Oggi a Petrella la torre, che ne è il
simbolo, è stata restaurata, tante case
ristrutturate sono abitate per buona
parte dell’anno e proprio dagli amici
che Benny ha trascinato fuori dalla
città per condividere con lui quei
silenzi, quei profumi, le albe e i tramonti che a Petrella sono davvero
speciali. A Petrella c’è vita, la Bella
Addormentata è stata svegliata dal
bacio di Benny.
Benny non c’è più Se n’è andato in
punta di piedi. Ha vissuto il suo ultimo passaggio di tempo come se la
vita non avesse più niente da dargli
e lui nulla da offrirle. Eppure il destino gli aveva riservato una vita
buona, di quelle un po’ speciali
quando interessi, valori, passioni
riempiono l’esistenza e sono fonte di
relazioni straordinarie in ogni luogo
diventando quasi un impegno professionale. Una vita spesa senza
risparmi con tanti amici ad amarlo e
da amare e con cui condividere
anche la passione per il bellissimo
borgo di Petrella Guidi dove aveva
scelto di vivere e creare. Libri, disegni, articoli, foto, incontri, avvenimenti culturali e progetti per il suo
futuro così legato a quello di Petrel-
la.
Benny era forza e fragilità perché
queste sono le doti di chi ama la vita.
La forza e la fragilità lo hanno rappresentato bene anche nei suoi ultimi mesi. La caparbietà della mente e
del suo cuore generoso, la lucidità
del suo progressivo distacco dalla
vita, la dolcezza con cui guardava
visitatori, infermieri, medici e amici
quasi scusandosi di non avere più né
parole né forze vitali da scambiare
con gli altri.
Caro Benny, non voglio dire parole
di circostanza.
Non è nel mio stile, tu mi conosci.
Certo che ci mancherai e non solo a
noi tutti che ti abbiamo voluto bene.
A me rimane il privato ricordo, il piacere e il grande privilegio di essere
stata tua sorella. Un ultimo abbraccio.
San Girolamo
Un’immagine
della festa
dell’8
settembre
12
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