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Rapporto Finale - La domanda e l`offerta di formazione linguistica in

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Rapporto Finale - La domanda e l`offerta di formazione linguistica in
La domanda e l’offerta
di formazione linguistica in Italia
PON IT 053 PO 007
SERVIZI PER LA REALIZZAZIONE DI UNA RICERCA-AZIONE SUI FABBISOGNI DI FORMAZIONE LINGUISTICA A FINI PROFESSIONALIZZANTI E SU QUELLI RICONDUCIBILI
ALLA EDUCAZIONE E FORMAZIONE PERMANENTE, NONCHÉ SULLE CORRELATE
INIZIATIVE ED ESPERIENZE CHE PROMUOVONO E SVILUPPANO L’APPRENDIMENTO
DELLE LINGUE STRANIERE IN ITALIA.
La riproduzione totale e/o parziale dei contenuti del presente volume è consentita
esclusivamente con la citazione completa della fonte.
Prima edizione italiana Novembre 2006
Stampato in Italia da OGL - Napoli
INDICE
Prefazione
Pag.
VII
Parte I
Rafforzare la formazione linguistica
1. Le motivazioni di fondo e gli obiettivi della ricerca
2. Linee di intervento a sostegno di misure di policy in campo
linguistico
3. Manutenzione e valorizzazione dei risultati
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Introduzione
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1. Uno sguardo all’Europa
1.1. Politiche e azioni comunitarie per la diffusione delle
lingue
1.1.1. Promuovere l’apprendimento delle lingue e la
diversità linguistica: il Piano d´Azione 2004-2006
1.2. Gli italiani e le lingue: il gap con l’Europa
2. La domanda di formazione linguistica
2.1. La domanda individuale
2.1.1. Le principali caratteristiche
2.1.2. Dalla conoscenza alle competenze
2.1.3. Quando e dove si usano le lingue straniere
2.1.4. La domanda degli immigrati
2.1.5. La domanda per segmenti
2.2. La domanda delle imprese
2.2.1. Le lingue straniere nell’immaginario aziendale:
l’inglese tra luoghi comuni e fabbisogni residuali
2.2.2. Le imprese trainanti
3. L’offerta di formazione linguistica
3.1. I potenziali soggetti d’offerta
3.2. La mappa della formazione linguistica in Italia
3.3. Tipologie formative
3.3.1. Le peculiarità dell’offerta corsuale
3.3.2. I moduli didattici
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Parte II
I risultati delle indagini LETitFLY
VI
4. Le tematiche emergenti
4.1. Gli aspetti interculturali
4.2. Metodologie didattiche innovative e impiego delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione
4.3. Bisogni e offerta linguistico-formativa e mobilità
geografica e professionale degli individui
4.4. Il profilo del formatore di lingua
4.5. Una bassa propensione ad investire nella formazione
linguistica
Riferimenti bibliografici e sitografici
INDICE
Pag.
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131
PREFAZIONE
Questa indagine sui fabbisogni di formazione linguistica e sulle esperienze
che promuovono e sviluppano l’apprendimento delle lingue straniere in Italia rappresenta un contributo significativo alla ricostruzione del quadro reale
dell’offerta di formazione linguistica e dell’analisi della domanda di formazione in lingua in Italia. Ne emerge non soltanto lo stato dell’apprendimento
e dell’insegnamento delle lingue straniere in Italia, ma anche la visione che
i cittadini e le imprese hanno dell’importanza della conoscenza delle lingue
straniere e i motivi che hanno determinato questa visione. Esiste, infatti, una
“questione linguistica” nell’ambito delle più generali riflessioni sulla formazione, professionale e continua in particolare, come emerge chiaramente
anche dalla intensa attività in materia della Commissione europea.
A tale proposito, sembra utile richiamare i principi comunitari riguardanti il
multilinguismo, inteso come capacità del singolo di usare più lingue e come
coesistenza di differenti comunità linguistiche in una determinata area geografica.
L’Unione europea sostiene la diversità linguistica e culturale dei suoi cittadini poiché la considera uno strumento per la maggiore comprensione reciproca ed un fattore di trasparenza, legittimazione ed efficienza della sua azione.
Per questo è impegnata in un’attiva politica di sostegno alla diversità linguistica, in grado di creare un contesto favorevole alla piena espressione di tutte
le lingue e allo sviluppo dell’insegnamento e dell’apprendimento linguistico.
Secondo l’indagine Eurobarometro Europeans and Languages del 2005, la metà
dei cittadini comunitari dichiara di poter sostenere una conversazione in una
lingua diversa dalla propria lingua madre; le Conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 hanno riconosciuto la necessità di
un’azione comunitaria e nazionale volta a migliorare l’apprendimento delle
lingue ed hanno individuato nell’acquisizione di competenze linguistiche di
base relativamente ad almeno due lingue, oltre alla lingua madre, una delle
azioni necessarie per la costruzione di un’economia competitiva basata sulla
conoscenza: si tratta del cosiddetto obiettivo “lingua madre + 2”, confermato
dalla Commissione europea nel documento Promuovere l’apprendimento delle
VIII
PREFAZIONE
lingue e la diversità linguistica. Piano d’Azione 2004-2006 e nella successiva
Comunicazione del 2005 Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo.
In particolare, nel Piano d’Azione la Commissione sviluppa ed estende le
iniziative già esistenti per promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica, concentrando la sua attenzione sulla formazione linguistica lungo tutto l’arco della vita, sul miglioramento dell’insegnamento delle
lingue e sulla creazione di un ambiente quotidiano più favorevole alle lingue.
Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha, pertanto, accolto gli
inviti della Commissione europea, impegnandosi a promuovere la qualità dei
percorsi formativi per l’apprendimento delle lingue attraverso gli strumenti
istituzionali che gli sono propri (il Programma Leonardo da Vinci, l’Iniziativa
comunitaria Label europeo, i fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua) e, dal momento che la formazione linguistica incide in maniera determinante nel processo di miglioramento dell’offerta formativa e
della qualificazione professionale, ha ritenuto opportuno promuovere e finanziare questa ricerca che ha l’obiettivo di definire la reale condizione della
formazione linguistica in Italia.
Il settore della formazione professionale in Italia è stato coinvolto profondamente nel processo di sviluppo della conoscenza linguistica, attraverso azioni
volte a favorire lo sviluppo di percorsi innovativi e la creazione di maggiori
opportunità, con riferimento al lifelong learning ed alla mobilità dei lavoratori.
La ricerca ha consentito di rilevare e interpretare le dimensioni quantitative
e qualitative della domanda e dell’offerta di formazione linguistica, tramite
l’analisi dei fabbisogni di conoscenze e competenze linguistiche, con particolare riferimento alle esigenze degli individui e delle imprese, anche sotto il
profilo delle ricadute occupazionali e delle caratteristiche dell’offerta (pubblica e privata) di formazione linguistica a carattere corsuale a fini professionalizzanti già disponibile e consolidata a livello nazionale.
Una particolare attenzione è stata riservata ad alcuni elementi specifici che
caratterizzano i processi di apprendimento e di insegnamento linguistico nel
nostro Paese: la relazione tra le lingue e l’uso delle tecnologie, tra la padronanza di una o più lingue straniere e la mobilità dei lavoratori, tra la lingua
e gli aspetti interculturali tipici delle realtà lavorative, il ruolo degli operatori
PREFAZIONE
IX
della formazione linguistica e le esigenze di adeguamento delle loro competenze.
I risultati evidenziano importanti ragioni di soddisfazione rappresentate: a)
dall’esistenza di un’offerta ampia e diversificata dal punto di vista delle istituzioni coinvolte, dei soggetti erogatori e delle proposte formative; b) dall’aumento del numero di alunni e studenti coinvolti in programmi di formazione
linguistica; c) dalla disponibilità di significative risorse finanziarie; d) dall’esistenza di diversi casi di eccellenza. Tra gli elementi di criticità, oltre al basso
tasso di conoscenza delle lingue straniere dichiarato dai nostri concittadini,
emerge soprattutto la mancanza di standard minimi per le strutture di
erogazione e per i livelli di prestazione e la mancanza di una strategia unitaria dell’educazione linguistica.
Da questo punto di vista pensiamo che la ricerca rappresenti un importante
strumento di supporto per quanti sono chiamati ai diversi livelli istituzionali
a prendere decisioni di tipo strategico ed operativo in materia di formazione
linguistica, e possa essere considerata come uno degli elementi attraverso i
quali il Ministero del lavoro e della previdenza sociale esercita la sua funzione di promozione delle politiche della formazione e delle azioni per l’integrazione dei sistemi della formazione, della scuola e del lavoro contribuendo,
per quanto di sua competenza, alla definizione di metodologie, modelli e
strumenti diretti all’utilizzo da parte dei decisori e degli operatori locali.
Vera Marincioni
Direttore Generale per le politiche per l’orientamento e la formazione
Ministero del lavoro e della previdenza sociale
Parte I
RAFFORZARE LA FORMAZIONE LINGUISTICA
1.
LE MOTIVAZIONI DI FONDO E GLI OBIETTIVI DELLA
RICERCA
Le indagini del Progetto LET it FLY prendono le mosse dalla emergente
strategicità che le competenze linguistiche rivestono per i cittadini, per le
imprese e per le istituzioni. Sotto la spinta della globalizzazione del lavoro e
dei mercati, la conoscenza linguistica diviene una delle condizioni per la
mobilità geografica e professionale delle persone e per l’esercizio del diritto
di cittadinanza; è al servizio delle esigenze dell’economia e delle relazioni fra
imprese e mercati, ma è anche strumento per poter assicurare l’integrazione
sociale delle popolazioni migranti, per rafforzare l’identità europea e per far
dialogare i popoli, tutelando le specificità culturali delle singole nazioni e
nello stesso tempo prevenendo xenofobia e intolleranza.
Questa consapevolezza è maturata in Europa soprattutto nell’ultimo decennio. Da tempo oramai le istituzioni comunitarie hanno assunto un ruolo di
regia nella formulazione di azioni e programmi a sostegno del rafforzamento
del multilinguismo1 della popolazione europea, a partire dal Libro Bianco
della Commissione “Insegnare e apprendere” dalla metà degli anni ’90, fino
1
La Commissione europea utilizza generalmente il termine “multilinguismo” (la seguente
accezione è stata riaffermata nella Comunicazione n. 596 del 22.11.2005 “A New
Framework Strategy for Multilingualism”) per indicare almeno due fenomeni distinti: a) la
compresenza di più lingue su uno stesso territorio; b) la capacità di una persona, organizzazione o istituzione di parlare e capire più di due lingue. A partire dall’insediamento
della Commissione Barroso, per “multilinguismo” si intende anche la politica volta a promuovere l’apprendimento delle lingue e a tutelare la diversità linguistica nell’Unione europea.
Il Consiglio d’Europa (Direzione “Politica delle lingue”, cfr. http://www.coe.int/T/E/
Cultural_Co-operation/education/Languages/) preferisce designare con il termine multilinguismo la situazione a) e con il termine plurilinguismo la situazione b).
Con ogni probabilità tale differenza deriva essenzialmente dalla prevalenza della lingua
inglese presso la Commissione e della lingua francese presso il Consiglio d’Europa.
Plurilinguisme è, infatti, un termine accettato del lessico francese (cfr. ad esempio il dizionario online Trésor de la langue française, http://atilf.atilf.fr/dendien/scripts/tlfiv5/
advanced.exe?8; s=1721349450), mentre la voce plurilingualism [o plurilinguism] non figura
nei più autorevoli dizionari inglesi (cfr. ad esempio il metamotore di ricerca lessicale
Onelook http://www.onelook.com/?w=plurilingualism&ls=a). Wikipedia riporta entrambi i
termini, distinguendo il plurilinguismo (individuale) dal multilinguismo che può applicarsi a livello sociale, individuale o ‘interazionale’, vale a dire in situazioni di scambio linguistico o ‘code-switching’ (http://en.wikipedia.org/wiki/Multilingualism http://en.wikipedia.
org/wiki/Plurilingualism).
4
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
all’ultima iniziativa, il Piano d’Azione per la promozione dell’apprendimento
delle lingue e della diversità linguistica 2004-2006, oramai nella sua fase conclusiva.
Nel nostro paese si riscontrano luci e ombre. Si sconta, infatti, un ritardo
dovuto:
-
alla sottovalutazione dei processi di internazionalizzazione e di globalizzazione;
-
ad un’impostazione scolastica dell’insegnamento della lingua straniera
come disciplina umanistica più che come strumento di scambio;
-
ad una scarsa propensione alla mobilità troppo legata alla memoria di
esodi coatti piuttosto che ad una scelta spontanea per seguire opportunità
di lavoro e/o di studio;
-
all’assenza di un utilizzo diffuso delle lingue nei contesti locali dove tutto
viene tradotto, facendo venir meno il supporto che l’esposizione ai suoni,
alla cultura, ai segni non linguistici che una lingua sottende, porterebbe
allo studio delle lingue;
-
alle politiche ancora incerte di integrazione dei flussi recenti delle popolazioni straniere immigrate, che rappresentano una risorsa potenziale per
lo sviluppo di competenze interculturali.
Nonostante ciò, lo scenario sembra essere in evoluzione. Non mancano alcuni
elementi positivi: i processi riformatori in atto dei sistemi scolastici e formativi aventi al centro anche il multilinguismo, l’utilizzo crescente di standard e
di dispositivi di certificazione, i programmi di mobilità, l’ampliamento della
domanda, la moltiplicazione dei soggetti che erogano formazione linguistica,
la diversificazione di tipologie di attività offerte per l’acquisizione e/o lo sviluppo di competenze linguistiche, l’utilizzo di fonti finanziarie differenziate
per sviluppare ed erogare formazione linguistica.
Le sfide da affrontare richiedono però di passare da dati generici a dati
puntuali centrati sulle tematiche linguistiche e di predisporre strumenti atti
ad assicurare una conoscenza strutturata e approfondita dei fenomeni della
domanda espressa da popolazione ed imprese e delle caratteristiche degli
enti e delle strutture che erogano offerta.
RAFFORZARE LA FORMAZIONE LINGUISTICA
5
È opportuno disporre di una consolidata base conoscitiva per decidere quali
strategie mettere in campo, e con quali sinergie fra i livelli istituzionali, a
partire dalla quale impostare azioni di sistema coerenti con le politiche europee per il multilinguismo e l’interculturalità, monitorandone periodicamente
l’impatto.
Per questa ragione sono stati indagati:
-
da un lato i fabbisogni di conoscenze e competenze linguistiche, con particolare riferimento alle esigenze degli individui e delle imprese, anche
sotto il profilo delle ricadute occupazionali;
-
dall’altro le caratteristiche dell’offerta (pubblica e privata) di formazione
linguistica extrascolastica a carattere corsuale e/o modulare, con particolare riguardo a quella a fini professionalizzanti, già disponibile e consolidata, a livello nazionale.
Il Progetto LETitFLY non ha analizzato solo gli elementi specifici e oggettivi
dello stato dell’apprendimento e dell’insegnamento delle lingue straniere in
Italia (compreso l’italiano come L2), ma ha indagato anche le opinioni e gli
atteggiamenti che i cittadini e le imprese hanno rispetto all’importanza della
conoscenza delle lingue straniere e le sottese motivazioni, al fine di far emergere i bisogni espliciti e impliciti dei diversi target di popolazione e d’impresa, e di ricavare elementi utili alla programmazione e alla progettazione di
un’offerta adeguata e in linea con le esigenze individuali, professionali, sociali, riscontrate a livello nazionale, locale e settoriale.
Contestualmente il Progetto ha inteso comprendere il modo in cui il settore
della formazione sta rispondendo alle nuove direttive comunitarie, gli esistenti fabbisogni linguistico-formativi, le modalità di organizzazione della
rete di offerta.
In parallelo alle indagini su domanda e offerta, sono stati condotti anche
degli approfondimenti di analisi su alcuni aspetti trasversali, aventi un ruolo
dirimente per l’evoluzione della formazione linguistica: l’interculturalità, la
mobilità geografica e lavorativa, l’efficacia delle TIC e delle metodologie non
tradizionali nell’apprendimento delle lingue, le linee evolutive del profilo del
formatore/tutor di lingua, le risorse finanziarie impegnate sia sul lato dell’offerta che su quello della domanda.
6
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Tutto ciò allo scopo di fornire ai pubblici decisori alcune indicazioni
funzionali alla pianificazione e allo sviluppo di interventi volti alla promozione e al progressivo miglioramento dell’apprendimento e dell’insegnamento
linguistico in Italia.
A questo proposito di seguito si illustrano le prioritarie linee di intervento
che, in base a quanto emerso nelle indagini LETitFLY, dovrebbero essere
attivate per implementare qualità e diffusione dell’apprendimento linguistico
nel nostro paese. Inoltre, vengono sinteticamente indicate le azioni da realizzare per una messa in valore dei risultati raggiunti dalle indagini LETitFLY,
nonché per una loro manutenzione funzionale ad un monitoraggio sistemico
del fenomeno.
2.
LINEE DI INTERVENTO A SOSTEGNO DI MISURE
DI POLICY IN CAMPO LINGUISTICO
Nonostante il Piano d’Azione per la promozione dell’apprendimento delle
lingue e della diversità linguistica 2004-2006 sia ormai giunto alla sua conclusione temporale, i risultati delle indagini LETitFLY, illustrati nella Parte II del
presente volume, hanno evidenziato come in Italia, a fronte di pur apprezzabili interventi volti alla promozione dell’apprendimento delle lingue in un’ottica di lifelong learning (uno dei tre obiettivi strategici individuati dal suddetto
Piano), siano necessarie ulteriori misure volte da un lato a migliorare la qualità dell’insegnamento delle lingue (2° obiettivo strategico) e dall’altro a creare un ambiente che stimoli e faciliti l’apprendimento linguistico (3° obiettivo
strategico).
Al fine di garantire la congruenza tra specificità nazionali e priorità comunitarie, risulta dunque opportuno ricondurre la formulazione di possibili indirizzi di policy a sostegno dell’apprendimento linguistico all’interno delle
succitate aree di intervento. L’orizzonte di riferimento è quello dell’apprendimento linguistico extrascolastico o di tipo professionale che si innesta sulle
acquisizioni linguistiche conseguite durante il percorso di studi scolastici, cui
è affidata la funzione di costruire e consolidare le competenze linguistiche di
base nella popolazione.
In merito alle aree di intervento individuate dal Piano d’Azione, le indagini
sui fabbisogni linguistici di popolazione e imprese hanno evidenziato l’esigenza di introdurre, a livello nazionale, un correttivo in termini di priorità e
propedeuticità delle azioni da espletare, ponendo particolare attenzione soprattutto sull’obiettivo di creare un ambiente più favorevole alle lingue rispetto allo scenario attuale.
Nello specifico, è necessario garantire non solo una maggiore familiarità e
propensione al multilinguismo, soprattutto da parte dei più giovani, ma
anche un ampliamento delle possibilità di esercizio funzionale delle stesse
competenze linguistiche. Si tratta di fattori fondamentali per dare senso e
significato all’apprendimento delle lingue straniere. La loro interiorizzazione, da parte di chi apprende o perfeziona le personali conoscenze linguisti-
8
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
che, costituisce il sostrato su cui si produce la motivazione a partecipare alla
formazione linguistica, sul versante degli individui come su quello delle
imprese.
La costruzione di un ambiente orientato al multilinguismo si realizza attraverso azioni distribuite in modo capillare sul territorio che si concretizzano
nell’aumento di strutture e opportunità dedicate allo scopo (dalle infrastrutture culturali a quelle scolastiche, dalla promozione di gruppi di conversazione autogestiti nella forma di circoli di studio ai cineforum in lingua originale
e ai programmi TV sottotitolati, dai gemellaggi ai programmi di mobilità per
studio e lavoro), avendo presente che contestualmente all’incremento dell’esposizione linguistica deve avere, altresì, luogo un’azione di indirizzo e
sostegno delle diverse iniziative. In altri termini, si potrebbe ipotizzare una
sorta di piano di mainstreaming delle competenze linguistiche che individui luoghi e ambiti di intervento all’interno dei preesistenti circuiti della formazione
formale, non formale e informale in sinergia con i sistemi di governance già in
essere.
Se l’avvio di misure di tipo “ambientale”, in grado di sortire i loro effetti
migliorativi nel medio lungo periodo, è un’operazione che si connota per la
sua natura propedeutica, è giocoforza che la promozione dell’apprendimento
delle lingue per tutta la vita non esime da intervenire in modo combinato sul
lato sia della domanda che dell’offerta di formazione linguistica. L’ampliamento delle opportunità di offerta, infatti, non è di per sé sufficiente a garantire un innalzamento dei generali livelli di partecipazione, e conseguentemente di competenza, se non esiste un interesse ad accedervi.
La propensione all’investimento formativo degli individui, in particolare in
ambito linguistico, dipende da fattori sociodemografici (il genere, l’età, il
livello di istruzione, l’area geografica come l’ampiezza del centro urbano di
residenza) o di tipo socioeconomico (la dimensione dell’impresa presso cui
lavorano, l’appartenenza a determinate categorie professionali o il fatto che
dispongano di un contratto di lavoro flessibile). Per quanto riguarda le imprese, oltre all’orientamento o meno verso i mercati esteri, è la dimensione
aziendale ad assumere maggiore peso, per cui al crescere della dimensione
solitamente cresce la propensione all’investimento formativo.
RAFFORZARE LA FORMAZIONE LINGUISTICA
9
La presenza di questi fattori ostativi impone, pertanto, uno studio attento e
articolato delle esigenze dell’utenza per comprendere come le diverse
tipologie di destinatari si pongano rispetto ad essa e come questa stessa si
possa inserire all’interno dei rispettivi percorsi di vita e professionali. Le
esplorazioni compiute con il Progetto LETitFLY rappresentano solo il primo
passo di un approfondimento qualitativo che necessita di essere ulteriormente elaborato.
La formazione linguistica, soprattutto per le categorie più prossime a condizioni di marginalità sociale e alfabetica, richiede l’adozione di dispositivi più
complessi della semplice erogazione di un corso, che siano affiancati da azioni di orientamento e rimotivazione e che abbiano obiettivi che vanno oltre la
mera acquisizione culturale o professionale, con implicazioni sul lavoro e
nelle relazioni sociali.
Altrimenti, se è vero che “formazione chiama formazione”, il rischio è che in
campo linguistico alle parti più deboli della domanda risulti ancora più difficoltoso che in altri ambiti formativi, a causa delle difficoltà intrinseche al
tipo di apprendimento, trovare piena soddisfazione alle loro complesse esigenze. Diversamente, è improbabile che il valore dell’apprendimento linguistico si trasformi da mera enunciazione in reale introiezione, da intenzione in
azione.
In quest’ottica, il sostegno finanziario, in forma di voucher individuali come
anche di sgravi fiscali, sebbene necessario, non costituisce di per sé un fattore
sufficiente a sostenere e motivare la domanda. La socializzazione dei costi
della formazione linguistica potrebbe costituire un beneficio solo per coloro
che hanno già acquisito la motivazione ad apprendere.
Con riferimento al versante imprenditoriale, la prevalenza nel sistema produttivo nazionale di micro e piccole imprese, per le quali risulta troppo oneroso e poco conveniente l’investimento formativo tout court suscettibile di
produrre un beneficio differito a fronte di un costo certo ed immediato, costituisce un nodo strutturale di difficile soluzione nel breve periodo. Infatti,
è a causa di ciò che si abbassa considerevolmente la propensione media alla
formazione linguistica in azienda o la generale sensibilità verso la competenza linguistica all’interno della catena del valore. Le grandi e medie aziende,
10
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
tendenzialmente più orientate ai mercati esteri, manifestano maggiore attenzione e investono risorse al riguardo.
Una volta poste in essere le iniziative in favore di un ambiente più favorevole
alle lingue, a cui è stato fatto riferimento sopra, sicuramente anche il tessuto
imprenditoriale, in quanto espressione del più ampio contesto socioeconomico, risentirà del diverso clima culturale, ricollocando le competenze linguistiche nella propria scala di priorità. In secondo luogo, sarebbe auspicabile
assecondare il pragmatismo che guida le decisioni aziendali, facilitando l’accesso alla formazione finanziata attraverso l’ottimizzazione di procedure e
tempi di reazione all’eventuale domanda espressa dalle stesse imprese.
Da quanto sino ad ora detto, risulta evidente dunque che all’obiettivo di
incrementare la domanda di formazione linguistica deve corrispondere un
sforzo simmetrico nella programmazione di un’offerta in grado di garantire
opportunità formative all’insieme della popolazione adulta, sia in funzione
del mantenimento e dello sviluppo delle specializzazioni professionali sia a
supporto delle diverse tappe di una vita adulta, sempre più inserita in un
processo circolare e interattivo di formazione permanente.
Un risultato di tale portata può essere raggiunto solo se viene adottato un
approccio di sistema che sostituisca alla concorrenza l’alleanza tra i molti
soggetti pubblici o con finalità pubblica che operano nel settore della formazione degli adulti: dal sistema scolastico al sistema regionale della formazione professionale, al sistema dei servizi per l’impiego, alle reti civiche per
l’educazione degli adulti, alle infrastrutture culturali, alle imprese, alle associazioni del terzo settore, alle università, con l’obiettivo di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell’offerta corsuale, integrare le risorse e valorizzare
le strutture già operanti.
In questa prospettiva, gli enti territoriali vengono a svolgere un importante
ruolo di snodo. Ciò vale innanzitutto per le Regioni, in quanto soggetti aventi
poteri di programmazione nel campo della formazione professionale e dell’educazione degli adulti (a loro volta sottosistemi del più ampio sistema
della formazione permanente) e in grado di integrare le eventuali misure di
policy in ambito linguistico all’interno di più ampie politiche di animazione
e sviluppo locali.
RAFFORZARE LA FORMAZIONE LINGUISTICA
11
Oltre all’integrazione dell’offerta di matrice pubblica è opportuno altresì valorizzare e, se necessario, qualificare ulteriormente tale tipo di offerta, che
nell’immaginario collettivo sovente è percepita come di scarsa qualità a fronte di quella erogata dalle scuole private di lingua. Quello della qualità dell’insegnamento linguistico costituisce senza dubbio il nodo centrale delle misure
di policy da avviare o implementare.
Senza inoltrarsi in tecnicalità di tipo didattico e considerando come imperativo l’impegno ad adattare obiettivi, contenuti e metodologie in funzione
delle diverse categorie di utenza, quattro sembrano essere i punti su cui
soffermare la riflessione:
-
la certificazione, secondo standard internazionali condivisi, delle competenze linguistiche in uscita. Ancora alta è la percentuale di corsi, soprattutto nell’offerta pubblica, che non rilasciano alcun tipo di certificazione,
limitandosi ad attestare la mera frequenza dei corsi. L’estensione di tale
prassi, oltre a costituire un beneficio per i soggetti in formazione in termini di competenze acquisite e spendibili sul mercato del lavoro, innesca
processi di innalzamento della qualità dell’offerta erogata sul mercato a
fronte di performance formative standardizzate;
-
l’adozione di standard minimi in termini di dotazioni strutturali e requisiti
del personale docente da parte delle strutture di offerta che erogano formazione linguistica finanziata con fondi pubblici. Un esempio per tutti:
dalla rilevazione sulle strutture di offerta risultano essere una minoranza
gli enti di formazione professionale che dispongono di laboratori linguistici;
-
un ricorso sempre più pervasivo al CLIL (Content Language Integrated
Learning), ovvero a metodologie didattiche basate sull’utilizzo di lingue
straniere per l’insegnamento di altre discipline, in quanto strumenti in
grado sia di favorire l’esercizio funzionale delle competenze linguistiche
acquisite sia di permeare linguisticamente altri ambiti disciplinari, evitando un apprendimento autoreferenziale delle lingue straniere;
-
l’introduzione di forme di partecipazione finanziaria da parte degli utenti
della formazione pubblica, al fine di responsabilizzare l’utenza, prevenendo alti tassi di abbandono e dissipazione di risorse.
3. MANUTENZIONE E VALORIZZAZIONE DEI RISULTATI
Tramite la ricerca-azione sviluppata nell’ambito di LETitFLY, come già accennato, è stato possibile acquisire un notevole patrimonio informativo, che può
costituire un punto di partenza per un monitoraggio sistematico dei fenomeni sottesi alle dinamiche della domanda e dell’offerta di formazione linguistica, nonché per la creazione di una rete degli attori coinvolti a vario titolo nella
promozione, nel finanziamento, nella progettazione, nell’erogazione e
fruizione di formazione linguistica, con particolare attenzione ai suoi aspetti
professionalizzanti.
Nello specifico, si individuano due possibili filoni di intervento, tra loro fortemente integrati, di cui il primo relativo ad ulteriori attività di diffusione dei
risultati ottenuti1 e di contributo al dibattito sulle tematiche relative all’apprendimento e all’insegnamento linguistico, il secondo focalizzato appunto
sulla manutenzione di tale patrimonio informativo, in modo da accompagnare, sostenere e verificare con dati e aggiornamenti le eventuali misure di
policy messe in atto a livello nazionale e locale.
Tale piano di intervento si auspica possa essere condiviso a livello di decisori
pubblici locali, in riferimento al ruolo primario che il settore pubblico è chiamato a giocare in materia di apprendimento linguistico.
Per quanto riguarda la diffusione e la valorizzazione dei risultati, si propongono le seguenti attività:
a) Seminari di sensibilizzazione e di diffusione
Potranno essere organizzati, in accordo con le Regioni e le Province autonome, dando priorità a quelle non direttamente interessate dal Progetto2 , seminari e workshop con l’obiettivo, oltre che di diffondere e discutere i risultati
delle indagini LETitFLY, di condividere a livello territoriale, con gli stakeholder coinvolti, le azioni in essere sullo specifico territorio in materia di for1
Il Progetto LETitFLY ha già previsto la realizzazioni di 6 workshop territoriali e di un
convegno finale.
2
I workshop previsti dal Progetto LETitFLY sono stati realizzati in Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto e Lazio.
14
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
mazione linguistica professionalizzante, anche al fine di valutarne l’impatto.
Ulteriori attività seminariali potrebbero essere previste in occasione di ulteriori approfondimenti e/o aggiornamenti sulle tematiche proprie della formazione linguistica. Per la loro promozione sarà possibile avvalersi del portale
LETitFLY (cfr. punto b) e di azioni di web marketing (cfr. punto d).
b) Manutenzione del portale LETitFLY
LETitFLY ha previsto, tra l’altro, la realizzazione di un portale
(www.letitfly.it) quale interfaccia di comunicazione tra gli operatori del progetto e l’utenza esterna. Esso, oltre ad assolvere la primaria funzione di
sistematizzazione e condivisione del patrimonio informativo accumulato,
agevolandone la più ampia disseminazione, potrà accompagnare e sostenere
tutte le azioni che si intenderanno implementare per la valorizzazione e diffusione dei risultati. Il portale, opportunamente pubblicizzato, potrà costituire un punto di riferimento privilegiato per la conoscenza delle azioni sulla
formazione linguistica in essere e previste sul territorio nazionale.
c) Diffusione dell’informazione sui risultati di LETitFLY presso eventi pianificati in
altri contesti a livello sia nazionale che locale
Per contribuire a mantenere alta l’attenzione sui fabbisogni di formazione
linguistica a fini professionalizzanti e su quelli riconducibili all’educazione e
alla formazione permanente, è auspicabile la partecipazione ad eventi (convegni, seminari, manifestazioni fieristiche ecc.) in ambiti diversi da quello
prettamente linguistico, ma afferenti all’istruzione, alla formazione e al mercato del lavoro.
d) Azioni di web marketing per diffondere la conoscenza del portale LETitFLY e
favorire la partecipazione ad eventi
La realizzazione della ricerca-azione ha coinvolto a diversi livelli e con obiettivi diversi un ampio numero di istituzioni pubbliche e private nonché esperti, testimoni privilegiati, individui appartenenti ai target di riferimento del
progetto ecc.
L’indirizzario che si è venuto a costituire nel corso della ricerca è ora composto da circa 5.000 enti e strutture di offerta e rappresenta un’importante banca
RAFFORZARE LA FORMAZIONE LINGUISTICA
15
dati utile per le azioni di informazione e diffusione, sia attraverso il servizio
postale che attraverso il web.
Oltre ad azioni informative di carattere generale, potranno essere pianificate
azioni mirate per tipologia di enti e strutture che si vorranno coinvolgere
e/o per territorio.
e) Creazione di una community di esperti e operatori
Sfruttando le potenzialità del portale, e gli esperti e i testimoni già coinvolti
nel progetto, si potrebbe creare una vera e propria web community, un network
di referenti interessati a contribuire al dibattito e alla ricerca operativa sulle
tematiche linguistiche. Tale network potrebbe costituire il trait d’union tra
decision maker, operatori e comunità scientifica, al fine di operare il fine tuning
tra misure di policy e teoria e prassi della formazione linguistica.
Per ciò che concerne, invece, il secondo filone di attività, relativo alla manutenzione e all’implementazione della base informativa resa disponibile dalle
indagini LETitFLY, è possibile individuare le seguenti attività:
f) Manutenzione dei risultati attraverso approfondimenti di indagine
In forte condivisione con i diversi attori, con gli esperti già coinvolti nel
Progetto, sulla base degli esiti della attività territoriali di sensibilizzazione e
diffusione, nonché sulla base degli stessi risultati della ricerca-azione
LETitFLY, potranno essere individuati ulteriori ambiti conoscitivi suscettibili
di specifiche attività di ricerca, con l’obiettivo di rispondere a priorità conoscitive utili all’implementazione di azioni concrete su specifici territori e/o
settori produttivi.
g) Aggiornamento delle indagini LETitFLY
Soprattutto in funzione delle messa in atto di misure a sostegno della diffusione e del miglioramento dell’apprendimento e dell’insegnamento linguistico, appare opportuno prevedere un aggiornamento periodico delle indagini
LETitFLY, utilizzando le metodologie e gli strumenti elaborati nell’ambito
della realizzazione del progetto di ricerca. Tale aggiornamento permetterebbe infatti di predisporre delle serie storiche sulle dinamiche della domanda
e dell’offerta e, di conseguenza, di apprezzarne i mutamenti nonché di misu-
16
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
rare l’efficacia complessiva di politiche e strategie attivate ai diversi livelli di
governo.
In considerazione del fenomeno oggetto di indagine, tale aggiornamento
potrebbe essere realizzato, di norma, ogni tre-cinque anni ed integrato con
specifiche e nuove attività di ricerca in occorrenza di specifiche esigenze
conoscitive maturate nell’ambito della programmazione e della governance
del sistema di offerta.
Al riguardo, si ricorda che è lo stesso Piano d’Azione 2004-2006 a prevedere
una specifica linea di attività (cfr. sezione IV, Una struttura adeguata ai futuri
sviluppi), con la quale si identificano le ‘azioni di sistema’ a livello europeo e
degli stati membri volte a rilevare costantemente l’andamento dei fenomeni
e a controllare i dati sull’attuazione e gli impatti delle politiche linguistiche.
Parte II
I RISULTATI DELLE INDAGINI LEitFLY
INTRODUZIONE
Il Progetto LETitFLY ha previsto la realizzazione di diverse attività di ricerca,
riconducibili a tre linee di indagine, strettamente correlate tra loro e che
integrano diverse metodologie di analisi quanti-qualitative, ricorrendo sia ad
analisi on desk sia a rilevazioni sul campo.
Come sintetizzato nella tavola 1, sono state realizzate:
-
un’indagine sulla domanda, finalizzata a realizzare una mappatura,
un’analisi e una verifica dei fabbisogni linguistici della popolazione e
delle imprese con particolare riferimento alle esigenze di natura professionalizzante;
-
un’indagine sull’offerta, finalizzata a delineare l’offerta di formazione linguistica (lingue straniere e lingua italiana per stranieri), in grado di evidenziare specificità e caratteristiche dei soggetti di offerta e contenuti e
modalità dell’offerta corsuale e modulare;
-
un approfondimento specifico di alcuni aspetti trasversali a domanda e
offerta, individuati quali fattori nodali nel contesto della formazione linguistica, ovvero mobilità e interculturalità, metodologie didattiche innovative, risorse umane e finanziarie.
L’impianto metodologico della ricerca ha contemplato, nello specifico, la realizzazione di un’analisi di scenario, preliminare alle diverse attività di indagine, basata sull’analisi on desk del quadro regolamentativo di riferimento, a
livello europeo e nazionale, delle diverse iniziative finalizzate ad implementare la conoscenza e l’uso delle lingue straniere, delle eventuali informazioni
quanti-qualitative in tema di domanda e offerta di formazione linguistica già
disponibili nell’ambito di indagini comunitarie e nazionali. Tale base documentaria è poi stata integrata e analizzata alla luce delle indicazioni emerse
in seguito alla realizzazione di interviste a testimoni privilegiati (20 interviste
rispettivamente per domanda e offerta e 10 interviste per gli aspetti trasversali).
Per quanto riguarda la ricerca sulla domanda, all’analisi di scenario ha fatto
seguito un’azione di scouting attraverso metodiche di indagine di tipo
20
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
qualitativo, il cui esito è stato la ricostruzione dei principali atteggiamenti e
comportamenti delle diverse tipologie di domanda, come pure la preidentificazione di comparti produttivi per i quali un rafforzamento delle competenze linguistiche potrebbe rappresentare un ulteriore fattore di competitività. In particolare, sono stati realizzati 24 focus group su 12 diversi gruppi
potenziali bersaglio di politiche specifiche miranti a rafforzare la propensione alla formazione linguistica (individuati in prevalenza tra le fasce deboli
sul piano socio-lavorativo) e un minidelphi 1 con esperti e rappresentanti del
mondo imprenditoriale.
Contemporaneamente, sul versante della ricerca sull’offerta, è stato avviato
un lavoro di individuazione dei diversi soggetti d’offerta, che ha portato alla
costruzione di un indirizzario di circa 5.000 strutture, e alla predisposizione
di un repertorio dei progetti innovativi avviati in Italia nel triennio 2003-2005.
Tali attività, ricomposte e illustrate nella tavola 1, hanno costituito, tra l’altro,
il presupposto fondamentale per la costruzione degli strumenti di rilevazione
propri delle indagini di campo. Queste ultime hanno riguardato:
-
un’indagine campionaria sulla popolazione, che ha visto la realizzazione
di circa 2.500 interviste CATI – Computer Assisted Telephone Interviewing.
Essa è stata completata con un’indagine integrativa su 1.000 individui
appartenenti ai 12 gruppi-bersaglio esplorati con in focus group che, in
considerazione dei target di riferimento, ha fatto ricorso congiuntamente
ai metodi CATI e CAPI (Computer Assisted Personal Interviewing) e PAPI
(Paper and Pen interviewing);
-
un’indagine campionaria su 1.616 imprese, con particolare accento sulle
Pmi e sulle imprese interessate da processi di distrettualizzazione, integrata dalla realizzazione di 45 casi di studio su altrettante imprese, selezionate tra quelle che si ipotizzava avessero nella conoscenza linguistica
uno dei fattori critici di successo (per il livello di internazionalizzazione,
1
Metodologia di indagine qualitativa, ispirata al metodo Delphi, che prevede la realizzazione di due giri di interviste, la prima tramite questionario aperto, la seconda tramite un
questionario che rielabora i dati ottenuti nel primo round, trasformandoli in item di previsione e organizzandoli in aree tematiche. Gli intervistati sono chiamati ad esprimere il loro
grado di accordo/disaccordo sui diversi item, con l’obiettivo di giungere ad una convergenza delle diverse posizioni o di far emergere posizioni critiche.
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
21
Tav. 1 - Impianto metodologico della ricerca
Linee di ricerca
Indagine
sull’offerta
Aspetti
trasversali
20 interviste a
testimoni
privilegiati
Indagini
esplorative
preliminari
24 focus group su 12
gruppi bersaglio;
minidelphi con
esperti del mondo
imprenditoriale
Repertorizzazione
progetti e
costruzione
indirizzario enti e
strutture di offerta
Rilevazioni di
campo
Analisi normativa e bibliografica
20 interviste a
testimoni
privilegiati
Indagine
campionaria su
popolazione.
Indagine
campionaria su
imprese
Indagine su un
campione ragionato
di enti e strutture
di offerta
Approfondimenti
delle indagini di
campo
Macroattività
Approfondimenti
relativi all’analisi
di scenario
Analisi di
scenario
Indagine sulla
domanda
45 casi di studio su
altrettante imprese
10 interviste a
testimoni
privilegiati
Elaborazioni di
secondo livello dei
dati delle indagini
su domanda e
offerta
Minidelphi con gli
esperti degli aspetti
trasversali
Rapporto finale
22
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
per l’appartenenza a gruppi multinazionali e, in terza battuta, per operare
in settore economici a forte esposizione linguistica);
-
un’indagine su un campione ragionato di 1.231 enti e strutture afferenti ai
circuiti della offerta formale (sistema di istruzione e sistema di formazione
professionale, scuole di lingua private) e non formale (terzo settore, infrastrutture culturali).
Per quanto riguarda lo studio degli aspetti trasversali, infine, a partire dai
dati quantitativi estrapolati dalle suddette rilevazioni di campo e rielaborati
ad hoc, sono stati realizzati degli ulteriori approfondimenti, coinvolgendo il
panel di esperti e testimoni privilegiati di riferimento per questa linea di
indagine, utilizzando anche in questo caso la metodologia del minidelphi.
Nei capitoli seguenti sono illustrati i principali risultati delle attività testé
descritte2, ovvero:
-
il capitolo 1 è finalizzato alla contestualizzazione delle indagini realizzate
nello scenario europeo, di cui si tratteggiano i punti cardine delle politiche
e degli interventi a livello comunitario, nonché il posizionamento degli
italiani rispetto agli altri cittadini dei paesi membri in tema di conoscenza,
utilizzo e atteggiamenti nei confronti delle lingue straniere;
-
il capitolo 2 analizza fabbisogni, opinioni e atteggiamenti di popolazione
e imprese;
-
il capitolo 3 definisce composizione e natura della rete di offerta;
-
il capitolo 4, infine, presenta sinteticamente alcune riflessioni scaturite
dall’analisi sulle tematiche nodali per la comprensione delle dinamiche di
domanda e offerta e per un miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza
dell’azione pubblica in questo campo.
2
Per approfondimenti specifici sulle diverse linee di ricerca si rimanda ai rapporti di
ricerca elaborati nell’ambito del Progetto e disponibili in formato ebook sul portale
www.letitfly.it.
1. UNO SGUARDO ALL’EUROPA
1.1. Politiche e azioni comunitarie per la diffusione delle lingue
Il processo di globalizzazione che la società moderna sta attraversando ha
portato già da tempo al progressivo accorciamento delle distanze (spaziali e
temporali, ma anche fisiche ed emotive) tra i popoli. Tale processo è stato
ampiamente facilitato dallo sviluppo di potenti mezzi di comunicazione e,
più in generale, dall’innovazione tecnologica. Un primo effetto è sicuramente
ravvisabile nella mondializzazione dell’economia e dei mercati che ha
evidenziato la necessità di perseguire una forte cooperazione tra Stati per una
governabilità globale. Al contempo, è emerso un nuovo bisogno di comunicazione tra popoli, anche al fine di prevenire effetti “indesiderati” quali la
xenofobia e l´intolleranza tra popoli e genti di diversa condizione culturale,
economica e sociale. È in questa cornice che il multilinguismo1 – da intendersi
sia come coesistenza di lingue diverse in una stessa area geografica, sia come
capacità di una persona di parlare più lingue – diviene elemento focale per
garantire la convivenza pacifica tra i popoli. Non stupisce, quindi, che la
Comunità europea abbia promosso il multilinguismo sin dalle proprie origini. La conoscenza delle lingue straniere è, infatti, elemento indispensabile per
facilitare la conoscenza reciproca fra i popoli e le culture europee. È sulla
conoscenza reciproca che si fonda la possibilità di una più profonda comprensione tra i cittadini, presupposto indispensabile per consolidare la
multiculturalità, la tolleranza e, quindi, il rispetto dei diritti di cittadinanza
europea. La padronanza di lingue diverse dalla lingua madre é considerata,
quindi, un enorme potenziale non solo espressivo (dunque comunicativo) ma
anche culturale, sociale ed economico. Nell’Europa dei 25 diventa ancora più
importante mettere completamente a frutto questo potenziale. Anche in Italia
il multilinguismo si sta lentamente affermando quale questione prioritaria su
cui intervenire a livello di politiche e di pratiche educative per garantire, da
un lato l´integrazione delle popolazioni immigrate, dall’altro la mobilità di
cittadini e lavoratori italiani oltre i confini nazionali. Ciò anche in virtù della
1
Cfr. nota 1, cap. 1, Parte I.
24
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
crescente mobilità (di cittadini e imprese), dovuta all’espansione dei mercati
e al continuo spostamento delle frontiere.
Le iniziative nazionali per il rafforzamento del multilinguismo risentono
sensibilmente delle strategie adottate a livello comunitario. Per questa ragione una ricognizione in tal senso non può prescindere dalla definizione dello
scenario europeo delineatosi nel corso degli anni in virtù delle misure di
politica adottate a sostegno dell’apprendimento delle lingue straniere, dinamiche sotto il profilo delle strategie e degli obiettivi ad esse sottesi, ma sempre rispettose della diversità linguistica e culturale su cui la stessa Unione
europea si fonda.
L´apprendimento di lingue diverse dalla lingua madre è stato ritenuto dalla
Comunità europea, fin dalle sue origini, un fattore di coesione, in quanto
rafforza la consapevolezza della diversità culturale che caratterizza l´Unione
e contribuisce a sradicare la xenofobia, il razzismo e l´intolleranza. L´ampliamento delle opportunità di apprendimento di lingue straniere e il miglioramento della qualità di tale processo sono, quindi, da sempre tra gli obiettivi
perseguiti a livello di politiche comunitarie.
È dalla metà degli anni ´90, in particolare, con la pubblicazione del Libro
Bianco della Commissione Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva 2
che si sancisce che la conoscenza di più lingue comunitarie è “una condizione
indispensabile per permettere ai cittadini dell’Unione di beneficiare delle
possibilità professionali e personali offerte dalla realizzazione del grande
mercato interno senza frontiere”. Tra le raccomandazioni espresse nel Libro
Bianco vi è, pertanto, quella di promuovere, negli anni a venire, una effettiva
conoscenza di tre lingue dell’Unione, ovvero di due lingue europee oltre alla
lingua madre. Era il 1995. Nello stesso anno, nella Risoluzione del Consiglio
d´Europa del 31 marzo3, viene individuata, quale regola generale delle strategie nazionali quella di garantire la possibilità, per tutti gli studenti, di ap-
2
Commissione Europea, Libro Bianco. Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva,
Lussemburgo 1995.
3
Risoluzione del Consiglio d´Europa in materia di miglioramento della qualità e diversificazione dell´apprendimento e dell´insegnamento delle lingue nell’ambito dei sistemi di
istruzione dell´Unione, del 31 marzo 1995, pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee
n. C 207 del 12.08.1995.
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
25
prendere almeno due lingue comunitarie oltre alla propria e viene confermato l´auspicio di promuovere l´insegnamento precoce delle lingue sin dalla
scuola elementare. Tale affermazione risulta essere in linea con il riconoscimento e la valorizzazione della diversità e del pluralismo linguistico e culturale che caratterizzano l´Europa dei 15, ribaditi pubblicamente, a pochi mesi
di distanza, nella Risoluzione del 23 ottobre 1995 sulla risposta dei sistemi
scolastici ai problemi del razzismo e della xenofobia4. Sempre nel 1995, il
programma europeo Lingua, avviato nel 1989, viene integrato e rafforzato
nell’ambito delle azioni trasversali del programma Socrates, al fine “di promuovere un miglioramento quantitativo e qualitativo della conoscenza delle
lingue dell´Unione, in particolare di quelle meno diffuse e meno insegnate”
contribuendo così “a rafforzare la comprensione e la solidarietà fra i popoli
che formano l´Unione”. Il miglioramento delle competenze linguistiche (e di
quelle interculturali) viene così considerato un importante prerequisito per lo
sviluppo della cittadinanza europea.
Per mettere in rilievo l´importanza assunta dall’apprendimento lungo tutto
l’arco della vita per lo sviluppo delle competenze, anche linguistiche, atte a
garantire da una parte lo sviluppo economico europeo e dall’altra i diritti di
cittadinanza attiva, il 1996 viene eletto Anno europeo dell’apprendimento
permanente5. Nel 1997, il Consiglio d´Europa rende pubblica una apposita
risoluzione sull’insegnamento precoce delle lingue dell’Unione6. In considerazione della diversità culturale che caratterizza l´Unione, che si manifesta
anche attraverso una diversità linguistica, il Consiglio riconosce che è indispensabile il rispetto di quest’ultima, in quanto importante ricchezza per la
costruzione europea. La promozione del pluralismo linguistico diventa, in
tale senso, uno degli obiettivi dell’istruzione.
4
Risoluzione del Consiglio dell´Unione europea e dei rappresentanti dei governi degli Stati
membri riuniti in sede di Consiglio, del 23 ottobre 1995, sulla risposta dei sistemi scolastici
ai problemi del razzismo e della xenofobia, pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee
n. C 312 del 23.11.1995.
5
Decisione n. 2493/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 1995, che
proclama il 1996 «Anno europeo dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco della
vita», pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee n. L 256 del 26.10.1995.
6
Risoluzione del Consiglio europeo del 16 dicembre 1997 riguardante l´insegnamento
precoce delle lingue dell´Unione europea, pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee n.
C 1/2 del 3.01.1998.
26
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Ma un decisivo passo in avanti sul tema dell’apprendimento delle lingue si
ha solo a partire dal 2000. Con il Consiglio europeo di Lisbona, il rafforzamento delle competenze linguistiche dei cittadini europei viene inserito tra
gli obiettivi comuni da perseguire entro il 2010, individuati al fine di innalzare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione degli Stati membri7.
Nello stesso anno, con decisione del Parlamento europeo e del Consiglio
d´Europa, si istituisce l´Anno europeo delle lingue 20018.
Il rispetto della diversità culturale, religiosa e linguistica europea è, inoltre,
affermato nell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione
europea, sottoscritta il 7 dicembre 20009. Esso viene ripreso nella Decisione
del Consiglio europeo relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati
membri a favore dell´occupazione per il 200110 quale obiettivo orizzontale
dell´istruzione e formazione permanente. Sempre nel 2001, l´obiettivo di
migliorare l´apprendimento delle lingue straniere viene esplicitato nella Relazione del Consiglio “Istruzione” sugli obiettivi futuri e concreti dei sistemi
di istruzione e formazione (febbraio 2001), presentata al Consiglio europeo di
Stoccolma. L´insegnamento e apprendimento delle lingue straniere sono,
inoltre, elemento centrale delle Raccomandazioni del Parlamento europeo e
del Consiglio, relative alla mobilità nella Comunità di studenti, di persone in
fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori, del luglio 200111.
Ad un anno di distanza gli obiettivi di Lisbona vengono confermati con forza
nel Consiglio di Barcellona del marzo 200212. Le lingue straniere sono espressamente richiamate nelle conclusioni del Consiglio tra le competenze di base,
la cui padronanza si ritiene tra gli obiettivi da perseguire per il 2010. Di
conseguenza, la conoscenza delle lingue straniere è a pieno titolo riconosciu7
Cfr. Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo
2000.
8
Decisione n. 1934/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 luglio 2000 che
istituisce l´Anno europeo delle lingue 2001, pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee
n. L 232/1 del 14.09.2000.
9
Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea, pubblicata sulla G.U. delle Comunità
europee n. C 364/1 del 18.12.2000.
10
Pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee n. L 22 del 24.01.2001.
11
Pubblicate sulla G.U. delle Comunità europee n. L 215 del 9.08.2001.
12
Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Barcellona, 15 e 16 marzo 2002.
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
27
ta tra le “competenze chiave” che dovranno essere promosse nel più ampio
quadro di sviluppo dell´apprendimento permanente. Nello stesso anno viene
resa pubblica una Risoluzione del Consiglio, del 14 febbraio 2002, relativa
alla promozione della diversità linguistica e dell´apprendimento delle lingue
nel quadro dell´attuazione degli obiettivi dell´Anno europeo delle lingue
200113. Nella risoluzione si sottolinea che “la conoscenza delle lingue è una
competenza di base necessaria ad ogni cittadino per poter partecipare effettivamente alla società europea della conoscenza e che favorisce, pertanto, sia
l´integrazione nella società, sia la coesione sociale”, oltre che “la mobilità, sia
nel contesto educativo, sia a fini professionali”. Gli Stati membri vengono
invitati a promuovere opportunità di apprendimento di almeno due lingue
diverse dalla lingua madre per gli studenti e l´apprendimento delle lingue
straniere in genere da parte dei non studenti, in un ottica di apprendimento
permanente. Ciò richiama, altresì, l´attenzione sulla formazione degli insegnanti di lingua, i quali devono essere incoraggiati, avvalendosi dei programmi europei a ciò deputati (quali, ad esempio, Erasmus/Socrates), a compiere
parte dei propri studi in un paese in cui la lingua ufficiale corrisponda alla
lingua che andranno ad insegnare in futuro. Un terzo punto, su cui il Consiglio si esprime, riguarda la convalida delle competenze linguistiche a partire dal Quadro comune di riferimento europeo per le lingue elaborato dal
Consiglio d´Europa. Viene, infine, ribadita la necessità di stimolare la cooperazione europea in tema di trasparenza delle qualifiche e di garanzia di
qualità dell’insegnamento delle lingue. A tale proposito, nel dicembre del
2004, la Commissione europea ha adottato una Decisione relativa
all´istituzione di un Quadro unico per la trasparenza delle qualifiche e delle
competenze14, denominato Europass, che prevede una sezione dedicata
specificatamente alle lingue straniere (Europass Passaporto delle lingue, che
costituisce parte integrante del Portafoglio europeo delle lingue). Nello stesso
anno, facendo seguito alla Risoluzione del 14 febbraio 2002, la Commissione
europea mette a punto un Piano d´Azione 2004-2006 per promuovere
l´apprendimento delle lingue e la diversità linguistica nel quale, tra l’altro, si
afferma che l’apprendimento di altre lingue contribuisce ad assicurare l’obiet13
14
Pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee n. C 50/1 del 23.02.2002.
Decisione n. 2241/2004 del 15.12.2004.
28
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
tivo di fare dell’Unione europea l’economia della conoscenza più competitiva
del mondo entro il 2010, “migliorando le competenze cognitive di chi impara
e rafforzando la sua padronanza della lingua materna…”.
Successivamente alla Dichiarazione sull’educazione interculturale nel nuovo
contesto europeo, sottoscritta dai Ministri europei dell’educazione nel novembre 200315, il Consiglio d´Europa dichiara il 2005 “Anno europeo della cittadinanza attraverso l´apprendimento”. Tale iniziativa, avviata ufficialmente con
una conferenza di lancio tenutasi a Sofia (Bulgaria) il 13 e 14 dicembre 2004,
persegue l’obiettivo di promuovere in tutta Europa una campagna, elaborata
in seno al Consiglio d’Europa, di diffusione e applicazione delle politiche e
dei programmi di educazione alla cittadinanza democratica con l’obiettivo di
fornire ai cittadini conoscenze, competenze e attitudini per svolgere un ruolo
attivo all’interno della società, a livello nazionale o internazionale.
Alla fine dello scorso anno la Commissione, in una Comunicazione16 a Consiglio, Parlamento Europeo, Comitato Economico e Sociale e Comitato delle
Regioni, ha inteso dare avvio ad un nuovo quadro strategico per il
multilinguismo, al fine di riaffermare il suo impegno in questa area e stabilire
una sua propria strategia per promuovere:
-
una società multilingue, sostenendo l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue attraverso azioni di cooperazione nel campo dell’istruzione e
della formazione, nell’ambito del nuovo Programma di Azione Integrato
nel settore dell’Apprendimento Permanente, rafforzando la ricerca tecnologica con particolare attenzione alle tecniche per la traduzione automatica e alimentando, di concerto con gli Stati membri, il pubblico dibattito
in materia;
-
un’economia multilingue, sostenendo l’industria linguistica (traduzione,
15
Declaration on Intercultural Education in the New European Context, Standing Conference of European Ministers of Education Intercultural Education: Managing Diversity,
Strengthening Democracy, 21st session, Athens, Greece, 10-12 November 2003 MED 21-7.
16
Comunicazione della Commissione al Consiglio al Parlamento Europeo, al Comitato
Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni n. 596 del 22.11.2005, A New Framework
Strategy for Multilingualism, elaborata in seguito all’insediamento della Commissione presieduta da José Manuel Barroso ed alla nuova ripartizione dei portafogli tra i Commissari
(resa pubblica in data 12/08/2004).
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
29
interpretariato, editoria, formazione linguistica, insegnamento delle lingue, certificazione, ricerca e tecnologia in campo linguistico) e supportando attività di studio sugli effetti economici prodotti dalla scarsità di
abilità linguistiche;
-
il multilinguismo nei rapporti della Commissione con i cittadini, intervenendo
direttamente sui contenuti della comunicazione istituzionale o, indirettamente, tramite l’azione di gruppi specifici quali giornalisti, industria linguistica, scuole e università, al fine di garantire trasparenza democratica
tra cittadini e istituzioni comunitarie.
Consapevole dei margini di miglioramento tuttora da conseguire al riguardo,
la Commissione ritiene che gli Stati membri debbano adottare ulteriori misure, affinché il multilinguismo sia diffuso a livello individuale, mentre a livello
collettivo vengano rispettate le identità linguistiche di tutti i cittadini.
1.1.1. Promuovere l'apprendimento delle lingue e la diversità linguistica: il
Piano d'Azione 2004-2006
A partire dalle esperienze e dalle valutazioni dell’Anno europeo delle lingue
(2001), la Commissione europea ha condotto un ampio processo di consultazione volto alla messa a punto di un Piano d´Azione per promuovere
l´apprendimento delle lingue e la diversità linguistica, da adottarsi negli anni
2004-2006. Il processo di consultazione si è basato sul documento Promuovere
l´apprendimento delle lingue e la diversità linguistica - Consultazione17, con il
quale si incoraggiavano gli organismi internazionali e nazionali, le organizzazioni operanti nel campo dell´insegnamento e dell’apprendimento delle
lingue e i cittadini in genere ad esprimere il proprio parere su alcune questioni ritenute centrali per tradurre in termini operativi le raccomandazioni
espresse nella Risoluzione del Consiglio del 14 febbraio 2002.
17
Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Promuovere l´apprendimento delle
lingue e la diversità linguistica - Consultazione, Bruxelles, 13.11.2002, SEC(2002) 1234.
30
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Nel corso del processo di consultazione è stato chiesto il parere del Comitato
economico e sociale europeo, espresso nella seduta del 23 gennaio 200318. In
esso si dichiara che “spetta al Comitato rendere possibile e promuovere la
mobilità dei lavoratori e far sì che la comprensione reciproca e la solidarietà
non vengano più ostacolate da barriere linguistiche, preservando tuttavia la
molteplicità linguistica e culturale europea. Tutte le lingue europee hanno lo
stesso valore culturale”. Ciò premesso, il Comitato economico e sociale, nelle
sue conclusioni:
-
sottolinea l´importanza della propria lingua madre prima di apprendere
una lingua straniera;
-
esorta a potenziare la diversità linguistica tramite azioni mirate in tutti i
programmi comunitari (es. moltiplicare le sottotitolature dei film nel quadro del programma Media, potenziare le traduzione di opere letterarie in
altre lingue nel quadro del programma Cultura 2000 ecc.). Ciò nonostante
riconosce che l´apprendimento delle lingue vada sostenuto soprattutto
dai programmi Socrates e Leonardo Da Vinci, dove andrebbero previsti
specifici progetti volti a: a) migliorare la qualità dell´insegnamento delle
lingue, b) promuovere la produzione di nuovo materiale didattico, c) facilitare l´accesso di tutti i cittadini alle offerte in campo linguistico, d)
facilitare l´apprendimento delle lingue a livello intergenerazionale, e)
promuovere l´apprendimento delle lingue regionali e minoritarie;
-
esorta a non imporre la scelta di una lingua determinata oltre a quella
materna;
-
riconosce che l´inglese è una lingua franca, ma ricorda i limiti di ogni
lingua franca (es. non consente di capire veramente le altre culture);
-
reputa necessaria la promozione delle professioni linguistiche (interpretariato, traduzione ecc.).
A conclusione del processo di consultazione, la Commissione europea ha
adottato il Piano d´Azione per la promozione dell’apprendimento delle lin18
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul “Documento di lavoro dei servizi
della Commissione Promuovere l´apprendimento delle lingue e la diversità linguistica - Consultazione”, pubblicato sulla G.U. delle Comunità europee n. C 85/126 dell´8.04.2003.
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
31
gue e della diversità linguistica, reso pubblico attraverso una apposita comunicazione il 27 luglio 200319. Il Piano d’Azione individua tre settori di intervento:
1) promuovere l’apprendimento delle lingue per tutta la vita e per tutti i
cittadini fin dalla più tenera età;
2) migliorare la qualità dell’insegnamento delle lingue;
3) creare un ambiente più favorevole alle lingue nell’Unione europea.
Per il perseguimento dei suddetti obiettivi, nel Piano d´Azione vengono presentate 45 proposte operative da adottarsi a livello europeo nel periodo 20042006 per sostenere le azioni intraprese dalle autorità locali, regionali e nazionali. Ogni Stato membro è invitato a predisporre un proprio programma
d´azione, tenuto conto dei seguenti fattori:
-
la diffusione delle competenze linguistiche nella popolazione;
-
la quantità e la qualità delle strutture fisiche e virtuali disponibili per
l’apprendimento delle lingue negli ambienti formali e informali;
-
il numero e le qualifiche degli insegnanti di lingue specializzati nell’insegnamento primario, secondario, professionale e superiore, nonché nel
campo dell’educazione degli adulti;
-
il grado d’autonomia degli istituti d’insegnamento;
-
la flessibilità dei programmi didattici;
-
la regolamentazione dell’impiego degli insegnanti provenienti dall’estero;
-
l’investimento annuo pro capite per promuovere l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue straniere e la diversità linguistica, nonché per
formare i professori di lingue straniere;
-
le strutture disponibili per la formazione standard e il sostegno (mentoring)
agli insegnanti di lingua straniera.
19
Comunicazione della Commissione europea al Consiglio, al Parlamento europeo, al
Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, Promuovere l’apprendimento
delle lingue e la diversità linguistica: Piano d’Azione 2004-2006, COM(2003) 449 def.
32
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Il Piano, inoltre, pone in evidenza che “per la realizzazione delle misure è
prevista l’utilizzazione delle risorse disponibili nel quadro dei programmi e
delle attività comunitarie attuali; nessuna di esse richiede stanziamenti supplementari da parte della Commissione”. Il Piano, inoltre, invita gli Stati
membri a presentare, nel 2007, una relazione sulle azioni intraprese.
Ciò premesso, il Piano presenta nel dettaglio le proposte d’azione a livello
europeo finalizzate alla realizzazione degli obiettivi strategici sottesi alle tre
aree di intervento sopra indicate.
1.2. Gli italiani e le lingue: il C=F con l’Europa
Il tema dell’analisi dei fabbisogni in merito all’apprendimento di lingue straniere è stato raramente oggetto di specifiche attività di rilevazione e studio
finalizzate ad indagare atteggiamenti, opinioni, bisogni espliciti ed impliciti
della popolazione nel suo complesso, o di specifici segmenti di essa.
La dimensione europea e i confronti tra gli Stati membri sono stati, però,
oggetto di interesse da parte della Commissione europea.
In particolare, in occasione dell’Anno europeo delle lingue, nel 2001, è stata
realizzata un’indagine speciale Eurobarometro, proprio sul rapporto tra “Gli
europei e le Lingue”20. Nel 2005, un’analoga indagine ha interessato anche i
nuovi Stati membri21. Tra queste due indagini, nel 2003, Eurobarometro ha
inoltre realizzato una rilevazione sul tema della formazione permanente che,
tra l’altro, ha indagato sull’importanza dell’apprendimento e sulla conoscenza delle lingue straniere tra i cittadini europei22.
Nel complesso, i dati relativi al 2005 mostrano che la metà dei cittadini dell’Unione europea si dichiara capace di parlare almeno una lingua diversa
20
Indagine speciale Eurobarometro EB 54.1b; sono state intervistate circa 16.000 persone
dai 15 anni in su.
21
Indagine Eurobarometro EB 63.4, con 29.328 interviste. I dati non sono perfettamente
confrontabili con la precedente rilevazione, in quanto è stata modificata la struttura del
questionario.
22
Indagine Eurobarometro EB 59.0 realizzata su un campione di 18.000 europei, per la DG
Istruzione e Cultura, con l’assistenza del Cedefop-Centro Europeo per lo sviluppo della
Formazione Professionale.
2. LA DOMANDA DI FORMAZIONE LINGUISTICA
La forte attenzione che c’è in Italia verso le lingue straniere è attestata dal
fatto che il 97,7% della popolazione ed il 96% delle imprese giudicano la
conoscenza delle lingue straniere molto o abbastanza utile.
Una consapevolezza così diffusa equivale ad una domanda potenziale molto
forte e, secondo le opinioni dei testimoni privilegiati ascoltati nella fase preliminare all’indagine, in costante crescita.
Ma è appunto una domanda potenziale, una domanda che rimane sospesa
sulla soglia delle intenzioni e non trova la spinta necessaria per mutarsi da
intenzione in azione. L’accresciuto dibattito sul multilinguismo, l’aumentata
mobilità degli italiani fuori dai confini nazionali, la globalizzazione dei mercati e la presenza di cittadini stranieri, impongono il confronto con lingue e
culture differenti. Pochi audaci, però, sembrano in grado di raccogliere la
sfida ed avventurarsi su percorsi formativi che sviluppino le proprie competenze linguistiche. La maggior parte rifugge al contatto della formazione
e si ritrova ormeggiata nel più rassicurante ambito nazionale che non chiede
e non stimola competenze linguistiche avanzate. Si spiega così il 78,1% della
popolazione che non ha alcuna intenzione di apprendere una lingua straniera e il 95,4% di imprese che non organizzano formazione in ambito linguistico.
I dati considerati non sarebbero di per sé sintomatici di un clima di scarso
multilinguismo, se i livelli di competenza da cui si parte fossero elevati.
Purtroppo, il 66,2% della popolazione che afferma di possedere una qualche
conoscenza linguistica valuta le proprie abilità scarse nel 50,1%, ed appena
sufficienti nel 19% dei casi, facendo emergere competenze funzionali ancora
molto lacunose e inadatte ad una società (in verità ancora di là da venire)
multilingue.
Il perché popolazione ed imprese, pur riconoscendo così grande rilevanza
alle competenze linguistiche, non facciano seguire altrettanti impegni formativi può essere spiegato con la difficoltà implicita nello studio delle lingue che
comporta un impiego di tempo e risorse che si protrae nel medio-lungo
periodo, non sempre facilmente coniugabile con i vincoli di una vita adulta.
40
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Ma sembra emergere anche una consapevolezza, che aumenta con l’avanzare
dell’età, per la quale delle lingue straniere si può fare a meno: non servono
alle relazioni sociali e non sembrano servire sul luogo di lavoro. Se l’ambiente
circostante non induce o sollecita l’individuo adulto all’apprendimento linguistico, è giocoforza che questi preferisca investire in altri ambiti di sapere
ritenuti prioritari o dove è più facile perseguire performance migliori. Infatti,
la maggiore o minore inclinazione di un popolo al multilinguismo non è
determinata solo da fattori soggettivi, ma è in qualche modo eterodiretta
dall’ambiente socioeconomico in cui un individuo vive, lavora e si relaziona.
Ne consegue che risiedere in ambiti territoriali o di lavoro dove le sollecitazioni all’uso sono scarse e l’esposizione alle lingue è bassa produce inerzia e
disimpegno sul fronte del multilinguismo.
In Italia, dunque, oltre alla scarsa considerazione in cui sono tenute le abilità
linguistiche dalle aziende, si rileva anche il bisogno di accrescere il generale
livello di esposizione alle lingue attraverso strutture e risorse (dalla tv, alle
biblioteche, ai giornali, ai sottotitoli di film proiettati in lingua originale, anziché doppiati ecc.) che sostengano in modo continuato l’applicazione e l’approfondimento linguistico, necessari all’esercizio funzionale di competenze
facilmente erodibili.
Se l’importanza attribuita alle competenze linguistiche è il risultato di un
processo di elaborazione culturale, la crescente attenzione al multilinguismo,
che da diversi anni investe anche il nostro paese, nel tempo sortirà come
effetto un loro incremento dal basso nella popolazione e, conseguentemente,
anche una loro maggiore diffusione nei contesti aziendali. Secondo l’opinione
degli esperti coinvolti nelle indagini, l’atteggiamento del mondo imprenditoriale verso l’acquisizione o il potenziamento delle competenze linguistiche
riflette la scarsa inclinazione che le aziende hanno, in generale, verso la formazione e l’innovazione. A ciò si aggiungono i vincoli strutturali di un tessuto produttivo prevalentemente costituito da PMI, spesso prive di rapporti
più o meno consolidati con i mercati esteri.
Pertanto, un innalzamento dal basso dei livelli di conoscenza e del valore
delle lingue straniere tra la popolazione potrebbe indurre un loro riposizionamento nei criteri di selezione del personale ed una loro maggiore distribuzione all’interno della catena del valore sottesa ad ogni organizzazione
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
41
aziendale, a prescindere dall’effettivo utilizzo che delle competenze linguistiche potrà essere fatto all’interno delle aziende.
A questo condizionamento ambientale se ne devono poi aggiungere altri
intrinseci al tipo di competenze. La conoscenza di una lingua in età adulta si
sovrappone alle strutture linguistiche e retoriche della lingua madre, condizionando sempre di più l’assimilazione di nuovi idiomi con l’avanzare degli
anni.
Ciò spiega la proiezione da parte dei più anziani sulle leve più giovani dell’onere di studiare e praticare le lingue straniere. Lo studio delle lingue – sia
pure finalizzato ad obiettivi professionalizzanti – è un’attività che, secondo i
più, deve essere compiuta in età giovanile, nel periodo dello studio e della
formazione al lavoro. Per questa ragione, altrettanto ricorrenti sono le recriminazioni contro la scuola pubblica ritenuta, dal 55,9% degli intervistati, responsabile della propria scarsa o gravemente insufficiente preparazione.
Sono soprattutto le generazioni più adulte ad incolpare le istituzioni scolastiche del loro analfabetismo linguistico, difficilmente recuperabile a prescindere dal personale livello di scolarizzazione.
Volgendo l’attenzione alle motivazioni sottese a quel quinto di popolazione
propenso a studiare una lingua straniera nel prossimo futuro, si comprende
allora rebus sic stantibus per quale motivo esse siano principalmente di ordine
personale e culturale e solo in misura minoritaria legate a percorsi o obiettivi
di lavoro. In altri termini, prevale la sfera della soggettività e della relazionalità piuttosto che quella della professionalità. Questo fenomeno spiega
come mai la gratuità di un corso sia una condizione necessaria ma non sufficiente a determinare la partecipazione ad iniziative di formazione linguistica, nonostante sia preponderante il fronte di coloro che reputano opportuna, attraverso misure di politica pubblica, una socializzazione dei relativi
costi.
42
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
2.1. La domanda individuale
2.1.1. Le principali caratteristiche
Il 66,2%1 degli italiani dichiara di conoscere almeno una lingua straniera2.
Tale conoscenza è sostanzialmente concentrata su inglese (45,4%) e francese
(35,5%), ovvero sulle due principali lingue comunitarie, seguite, a una distanza apprezzabile nella graduatoria, dal tedesco (7,0%) e dallo spagnolo (5,6%).
Come quinta lingua straniera, conosciuta dall’1,5% degli intervistati, si posiziona lo stesso italiano, parlato da cittadini stranieri oramai stanziali nel
nostro paese o da persone appartenenti a minoranze linguistiche (fig. 6).
Il 63,7% di coloro che affermano di sapere un’altra lingua oltre a quella nativa, ne conosce una sola, il 28,6% due e un marginale 6,4% tre (fig. 7). Dalla
lettura in sequenza dei dati, emerge con chiarezza il divario che separa il
nostro paese dal raggiungimento dell’obiettivo, fissato dal Consiglio Europeo
di Barcellona del 2002 e successivamente ribadito dalla Commissione Europea nel 20053, della padronanza da parte dell’intera popolazione di almeno
2 lingue straniere oltre alla lingua madre.
Volendo tracciare una mappa della distribuzione delle conoscenze linguistiche presenti nella popolazione, è possibile affermare che esse risiedono prevalentemente nel Centro Nord, tra gli individui con elevata scolarizzazione,
di sesso maschile e di più giovane età. Infatti, dall’analisi disaggregata dei
dati emerge che il Sud e le Isole costituiscono l’unica ripartizione del paese
in cui la quota di popolazione che non conosce alcuna lingua straniera è
superiore al valore medio nazionale (37% a fronte del 33,8%, tab. 1), diversamente dalle altre e in particolare da quelle settentrionali dove la presenza di
zone transfrontaliere favorisce lo sviluppo di processi di scambio interlinguistico.
1
Indagine telefonica su un campione di 2.503 persone di età superiore ai 15 anni residenti
in Italia, in merito a conoscenza, utilizzo e domanda potenziale di formazione linguistica.
2
Si precisa al riguardo che il valore del presente dato afferisce alla sola autopercezione
della conoscenza di una lingua, a prescindere dalle concrete abilità linguistiche possedute
3
Commission Staff Working Paper, Progress towards the Lisbon objectives in Education and
Training, Brussels, 22.03.2005 SEC (2005) 419.
45,2
40,9
6,7
6,6
1,5
1,3
1,0
32,5
Nord Ovest
46,6
34,2
13,9
5,3
2,9
1,7
0,4
30,7
Nord Est
49,0
33,3
4,1
7,0
2,1
1,6
1,0
33,1
Centro
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Inglese
Francese
Tedesco
Spagnolo
Italiano (L2)
Altra lingua non Ue
Altra lingua Ue
Non conosco alcuna lingua
Lingue
Area geografica
42,8
33,2
4,9
4,1
0,3
0,3
0,3
37,0
Sud e isole
5,7
7,1
3,4
1,9
0,6
0,4
0,6
83,2
Analfabeta/
Licenza
elementare
Tab. 1 - Lingue conosciute, per ripartizione geografica e livello di istruzione (val. %)
38,6
37,0
5,8
4,1
1,2
0,6
0,5
33,4
Licenza
media
69,2
47,0
8,2
7,2
1,4
1,1
0,2
11,6
Diploma
s.s.s.
Livello di istruzione
77,4
52,7
15,0
13,7
4,9
4,9
3,1
2,7
Laurea
45,4
35,5
7,0
5,6
1,5
1,1
0,7
33,8
Totale
44
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
45
In secondo luogo, l’83,2% di chi si dichiara analfabeta o possiede la sola
licenza elementare non conosce alcuna lingua straniera, mentre tra coloro che
hanno conseguito un diploma di laurea la corrispondente percentuale scende
al 2,7%. Inoltre, tra gli individui che possiedono un titolo di studio universitario è più diversificata la gamma delle conoscenze: accanto al 77,4% ed al
52,7% di intervistati che conoscono rispettivamente la lingua inglese e quella
francese, si registrano quote significative di soggetti che dichiarano di conoscere tedesco (15%) e spagnolo (13,7%).
In terzo luogo, la quota di donne prive di conoscenze linguistiche è superiore
di 10 punti percentuali alla quota dei maschi che dichiarano di non conoscere
alcuna lingua straniera (38,6% contro 28,7%, tab. 2), ciò a testimonianza di
come pregressi modelli culturali possano esercitare i loro effetti anche in
campo linguistico.
Tab. 2 - Lingue conosciute, per sesso e classe di età (val. %)
Sesso intervistato
Lingue
Inglese
Francese
Tedesco
Spagnolo
Italiano (L2)
Altra lingua non Ue
Altra lingua Ue
Non conosco alcuna lingua
Maschio Femmina
51,3
34,6
6,9
6,0
1,3
1,4
0,9
28,7
39,9
36,3
7,0
5,2
1,6
0,8
0,5
38,6
Classe d’età dell’intervistato
15-24 25-44 45-64 Oltre Totale
anni anni anni 64 anni
87,7
39,5
11,1
8,3
1,5
0,3
8,6
59,5
35,7
6,9
5,4
2,4
0,3
0,3
22,8
32,4
40,1
5,4
5,0
1,5
1,5
0,1
39,2
15,0
26,5
6,6
4,9
0,9
1,6
2,2
59,5
45,4
35,5
7,0
5,6
1,5
1,1
0,7
33,8
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Infine, al pari dei livelli di scolarizzazione, anche l’età anagrafica influisce sul
grado di alfabetizzazione linguistica della popolazione, che è massima tra i
più giovani (solo l’8,6% dei giovani di età compresa tra 15 e 24 anni non
46
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
conosce alcuna lingua) e minima tra i più anziani (il 59,5% di persone con
oltre 64 anni di età non conosce alcuna lingua).
Oltre l’80% degli intervistati che conoscono una o più lingue4 individua nella
scuola l’ambito formativo in cui ha appreso sia la prima (85,7%) sia la seconda (81,1%) lingua straniera. Ciò è particolarmente vero per la lingua inglese
e la lingua francese che oscillano rispettivamente tra l’89,5% e il 93,3% nel
caso in cui esse rappresentino la prima lingua meglio conosciuta (tab. 3).
La situazione varia sensibilmente per il tedesco e soprattutto per lo spagnolo,
per l’apprendimento dei quali un ruolo importante viene svolto dal sistema
di relazioni personali proprio di ciascun individuo. L’esposizione linguistica
derivante da rapporti familiari, amicali, o dall’aver vissuto periodi della propria vita all’estero, costituisce una modalità o condizione di apprendimento
agita dal 76,7% e dal 55,2% di coloro che hanno, in primo luogo, conoscenze
ispanofone e germanofone.
Riguardo ai corsi frequentati per iniziativa personale e al di fuori del contesto lavorativo, si constata che essi rappresentano un’esperienza formativa
condivisa solo da poco più del 10% di coloro che conoscono una lingua
(10,6%) e dal 7,6% di coloro che ne conoscono anche una seconda. Nella gran
parte dei casi i corsi frequentati sono stati erogati a livello nazionale, solo in
minima parte all’estero (più per la prima e meno per la seconda lingua) e
organizzati secondo la formula delle lezioni di gruppo tenute da un insegnante.
La formazione sul lavoro o formazione continua, da parte sua, non sembra
aver svolto un ruolo di primo piano nell’alfabetizzazione linguistica della
popolazione, avendo interessato un marginale 3% (3,3% per la prima lingua
e 3,5% per la seconda lingua conosciuta), a prescindere dalla lingua oggetto
di studio, di intervistati che dichiarano di aver frequentato corsi sul posto di
lavoro.
L’apprendimento informale, fondato sulle interazioni personali con familiari
ed amici o sul contesto linguistico (a seguito di soggiorni all’estero), è stato
4
In particolare, ci si è concentrati solo sulle prime due lingue straniere dichiarate, in quanto
il peso di coloro che conoscono tre lingue o più risulta assolutamente marginale.
0,7
3,3
14,6
93,3
5,1
5,1
15,7
89,5
27,9
76,7
4,7
14,0
43,3
55,2
9,0
4,5
3,0
29,4
76,5
20,6
5,9
17,6
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
-
-
-
-
20,0
83,3 100,0
-
16,7
-
Base rispondenti: 1.656 persone che conoscono almeno 1 lingua straniera
1,5
17,3
81,1
13,8
5,5
3,5
7,6
86,1
6,7
5,5
3,8
11,3
89,9
10,9
2,5
2,1
2,5
38,9
40,7
16,7
5,6
14,8
73,3
21,7
6,7
5,0
6,7
-
66,7
33,3
-
-
33,3
66,7
-
33,3
-
50,0
33,3
-
-
16,7
Altra
Altra
lingua
Totale Inglese Francese Spagnolo Tedesco Italiano lingua
non Ue/
Ue
Altro
Altra
Altra
lingua
Totale Inglese Francese Spagnolo Tedesco Italiano lingua
non Ue/
Ue
Altro
Corsi/lezioni a
cui ho partecipato di mia iniziativa, escludendo
quelli sul posto
di lavoro
10,6
Corsi/lezioni sul
posto di lavoro
3,3
Da solo, da
autodidatta
4,8
Altri modi
(famiglia, amici,
vivendo
all'estero, …)
20,2
Durante la
formazione
scolastica
85,7
2ª lingua meglio conosciuta
1ª lingua meglio conosciuta
Tab. 3 - Modalità di apprendimento delle lingue straniere (1ª e 2ª lingua conosciuta) (val. %)
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
47
48
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
indicato come modalità di acquisizione di conoscenze/competenze dal 20,2%
degli intervistati, mentre l’autoformazione acquisisce un certo rilievo, come
esperienza di apprendimento linguistico, solo nel caso dell’italiano come lingua seconda, in quanto sperimentata dal 20,6% degli intervistati (contro il
4,8% complessivo).
2.1.2. Dalla conoscenza alle competenze
La mera conoscenza linguistica non è sinonimo di possesso di competenze ed
abilità da cui scaturisce una reale capacità di utilizzo delle lingue straniere.
Dalla richiesta di valutare il proprio livello di competenze linguistiche (tab.
4), è emerso che il 50,1% (per la prima lingua conosciuta), e ben il 59,6% (per
chi dichiara di conoscerne una seconda), definisce scarso il proprio livello di
competenza, mentre un altro 19% (il 18,6% per la seconda lingua) lo ritiene
appena sufficiente.
Tab. 4 - Autovalutazione del livello di conoscenza linguistica (val. %)
Livello di abilità
Molto buono
Buono
Sufficiente
Scarso
Totale
1ª lingua
2ª lingua
7,1
23,8
19,0
50,1
3,3
18,4
18,6
59,6
100,0
100,0
Base: 1.656 persone che conoscono almeno 1 lingua straniera
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Questo, inevitabilmente, porta a rileggere in maniera critica il dato presentato
all’inizio5, che vede ben il 66,2% degli italiani dichiarare di conoscere almeno
una lingua straniera.
5
Cfr. tabella 1.
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
49
Se quel dato viene incrociato con questo e con la frequenza con la quale si
dichiara di utilizzare la propria conoscenza linguistica, non si può fare a
meno di ridimensionare il fenomeno e riportarlo entro confini più ristretti,
ma probabilmente più veritieri.
Entrando nel merito delle quattro abilità definite nel Quadro di Riferimento
Europeo delle Lingue (elaborato dal Consiglio Europeo per valutare la competenza linguistica posseduta), risulta che le migliori competenze si hanno
nella capacità di lettura (tab. 5): il 9,2% di chi conosce almeno una lingua
straniera dichiara di comprendere molto bene un testo scritto nella lingua
conosciuta, seguito dal 31,6% che definisce buona la propria comprensione
quando legge. A questo fa seguito la capacità di ascolto, cioè la capacità di
comprendere un discorso o una fonte audio come, ad esempio, quella
radiofonica o televisiva (il 7,7% la definisce molto buona e il 24,2% buona).
Tab. 5 - Autovalutazione delle abilità possedute nella prima lingua straniera conosciuta (val. %)
Livello di abilità
Molto buono
Buono
Sufficiente
Scarso
Totale
Comprensione
quando legge
Comprensione
quando ascolta
Capacità di tenere
una conversazione
Capacità di
scrittura
9,2
31,6
16,1
43,1
7,7
24,2
23,0
45,1
5,8
21,0
21,1
52,1
6,6
23,9
18,3
51,2
100,0
100,0
100,0
100,0
Base: 1.656 persone che conoscono almeno 1 lingua straniera
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Al terzo posto, un po’ a sorpresa, e con percentuali molto vicine alle capacità
di ascolto, si posiziona la capacità di scrittura, riconosciuta dallo stesso Quadro di Riferimento Europeo delle Lingue come una delle competenze più
complesse da acquisire in una lingua diversa dalla quella madre.
Il 23,9% degli italiani che conoscono una lingua straniera si sente in grado di
50
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
scrivere bene nella lingua conosciuta, mentre il 6,6% valuta di poterlo fare
molto bene.
Per ultima si posiziona la capacità di sostenere una conversazione: il 21%
ritiene di avere buone capacità, mentre solo il 5,8% si sente in grado di esprimersi con scioltezza, utilizzando anche espressioni idiomatiche tipiche della
lingua conosciuta.
Rispetto alle modalità di perfezionamento, ben il 51% di chi, oltre a conoscere
una lingua intende anche migliorarla, pensa di farlo ricorrendo ad un corso
di formazione presso una scuola pubblica o privata. Questa scelta è privilegiata dagli occupati (il 53,1% dei dipendenti e il 43,9% degli autonomi), dai
disoccupati (62,7%) e dagli studenti (57,6%).
2.1.3. Quando e dove si usano le lingue straniere
Il 59,6% degli intervistati indica i viaggi per vacanza (fig. 8) come la circostanza più ricorrente di utilizzo di una lingua straniera, seguita, ma a più di venti
punti percentuali di distanza, dalle comunicazioni private, affettive, che si
hanno con familiari, amici e conoscenti (38,9%). Al terzo posto viene segnalato, dal 31,1% di chi conosce una lingua straniera, l’utilizzo in ambito lavorativo, la stessa percentuale (30,9%) di chi utilizza la lingua per leggere libri,
quotidiani o riviste. Subito dopo si attesta chi dichiara di usare la lingua
straniera per navigare su internet (29,3%) oppure per seguire un film, la
televisione o per ascoltare canali radiofonici che trasmettono in lingua originale (28,6%).
L’approfondimento di analisi sull’impiego delle lingue straniere nel contesto
lavorativo, che si ottiene passando dalla totalità degli intervistati al sottoraggruppamento di coloro che lavorano e che conoscono almeno una lingua,
pone in evidenza che più del 60% di costoro dichiara di non utilizzare mai
(e di non aver mai utilizzato) le proprie competenze linguistiche sul lavoro
(tab. 6). Solo il 35,5% le utilizza, in vario modo, a fini professionali, con una
lieve predominanza dei lavoratori autonomi (39,8%) sui lavoratori dipendenti (34,4%). Ai fini della presente ricerca è interessante sapere non solo se si fa
uso di questo tipo di competenze, ma anche capire in che modo vengono
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
53
2.1.4. La domanda degli immigrati
I risultati della rilevazione sugli immigrati hanno confermato l’importanza
fondamentale della conoscenza dell’italiano come veicolo di integrazione per
i soggetti adulti, come per i propri figli, scaturita già durante i focus group. In
quell’occasione, infatti, gli intervenuti concordavano all’unanimità che è attraverso la padronanza della lingua italiana che si realizza il loro l’inserimento nella comunità nazionale e viene agevolato il loro collocamento sul
mercato del lavoro. Attraverso l’italiano l’immigrato, infatti, può costruirsi
un proprio sistema di relazioni con il contesto in cui vive e lavora, esercitare
i propri diritti civili, accedere ai servizi sociali.
I soggetti intervistati nella rilevazione, da parte loro, rispondendo ad una
batteria di domande finalizzate ad indagare un po’ su tutti gli aspetti che
contribuiscono a definire l’area dell’integrazione sociale di un individuo (dai
figli, alla scuola, alle amicizie, ai rapporti con i servizi pubblici) si sono posti
sulla stessa lunghezza d’onda (fig. 10).
La stragrande maggioranza degli immigrati (92,1%) ritiene, infatti, che sia
importante conoscere l’italiano per fare amicizia con gli italiani (il 49,3% è
molto d’accordo mentre il 42,8% è abbastanza d’accordo); anzi questo sembrerebbe essere un elemento determinante visto che non risulta che sia particolarmente difficile fare amicizia con gli italiani (il 36,3% pensa che sia
molto o abbastanza difficile). Molto alta è anche la quota di immigrati che
pensa che la lingua sia un veicolo di accesso fondamentale ai servizi pubblici
(il 78,6% è molto o abbastanza d’accordo con il fatto che sia difficile servirsi
dei servizi pubblici senza avere una buona padronanza dell’italiano).
Ma la lingua, da sola, non è sufficiente a garantire una piena integrazione nel
nostro paese: l’85,6% degli immigrati pensa che per vivere in Italia è importante anche capire quali sono i nostri usi e le nostre abitudini, che spesso
divergono da quelle dei loro paesi di origine.
Un discorso a parte merita l’insegnamento rivolto ai bambini stranieri nelle
scuole dell’obbligo. La crescente presenza di alunni stranieri ha messo gli
insegnanti di fronte al problema dell’accoglienza e dell’integrazione scolastica di questi allievi, e della figura del mediatore linguistico. Questa figura non
è però diffusa in tutte le scuole, né esiste una normativa specifica riguardo
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
55
alle rispettive competenze e caratteristiche: ebbene, il 95% degli intervistati è
molto (55,2%) o abbastanza (39,8%) d’accordo sul fatto che nelle scuole ci
sarebbe bisogno di insegnanti che facilitino l’inserimento dei bambini stranieri. Piuttosto diffusa è anche l’opinione che sarebbe importante che gli alunni
stranieri a scuola avessero la possibilità di continuare a praticare, oltre all’italiano, anche la lingua del proprio paese d’origine (il 30,3% è molto d’accordo
e il 33,8% lo è abbastanza).
Infine, gli stranieri pongono il dito su una delle piaghe del nostro paese,
ovvero la scarsa conoscenza di lingue straniere da parte della popolazione
autoctona, e sono convinti che l’integrazione tra individui provenienti da
paesi diversi sarebbe facilitata se gli italiani avessero una maggiore dimestichezza con altre lingue (il 36,3% è molto d’accordo e il 51,7% lo è abbastanza).
Restringendo lo spettro di analisi all’ambito propriamente linguistico, la gran
parte degli intervistati ritiene, comunque, di essere in possesso di una padronanza della lingua, acquisita principalmente nella vita di tutti i giorni, attraverso i contatti quotidiani con parenti, amici, colleghi di lavoro, che consente
loro di avere una vita soddisfacente nel nostro paese.
La gran parte degli intervistati (83,5%), infatti, ritiene di capire molto (32,8%)
o abbastanza bene (50,7%) l’italiano, e un’analoga percentuale (82,1%) dichiara di saper tenere una conversazione in italiano (tab. 7).
Sembrerebbe dunque piuttosto circoscritta, e comunque inferiore al 20% del
totale, la quota di immigrati che non sono in grado di orientarsi e di costruirsi
un seppur minimo sistema di relazioni nel nostro paese. Inferiori, ma comunque in numero consistente, risultano quelli che hanno una padronanza tale
della nostra lingua da essere in grado di comprendere un testo scritto (62,2%,
di cui 18,4% molto bene e 43,8% abbastanza bene), mentre decisamente in
minoranza sono quelli che dichiarano di saper scrivere in italiano (43,3%, di
cui 10,0% molto bene e 33,3% abbastanza bene). Volendo distinguere tra modalità di formazione “spontanee”(chi ha imparato l’italiano con amici, con la
famiglia, sul posto di lavoro, da autodidatta) e modalità “strutturate”(a scuola o in corsi di formazione), le prime vincono di gran lunga sulle seconde. Al
primo posto, con il 46,3% delle risposte, gli intervistati dichiarano di avere
56
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Tab. 7 - Livello di conoscenza della lingua italiana (val. %)
Ritiene di:
Saper parlare/tenere una
conversazione in italiano
Capire l’italiano quando
ascolta
Capire l’italiano quando legge
Saper scrivere in italiano
Molto
bene
Abbastanza
bene
Poco
Per
nulla
Totale
26,4
55,7
16,9
1,0
100,0
32,8
18,4
10,0
50,7
43,8
33,3
14,9
28,9
41,3
1,5
9,0
15,4
100,0
100,0
100,0
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
appreso/migliorato l’italiano con amici e conoscenti; seguono un 39,8% che
dice di aver studiato da autodidatta, un 36,8% che ha imparato l’italiano sul
posto di lavoro e un 32,8% che ha appreso la lingua in famiglia (tab. 8). Assai
distaccati risultano essere quelli che hanno frequentato la scuola superiore o
l’università in Italia (12,4%), o che hanno seguito corsi/lezioni nel nostro
Tab. 8 - Modalità utilizzate per migliorare/imparare la lingua italiana, per classe di
età (val. %)
Modalità
Scuola superiore/università in Italia
Corsi/lezioni in Italia
Corsi/lezioni nel paese di origine
Corsi di formazione a distanza/su
internet
Sul posto di lavoro
Da solo, studiando da autodidatta
In famiglia (coniuge, convivente,
altri parenti)
Con amici, conoscenti, famiglia
presso cui lavora
Da 18
a 29 anni
Da 30
a 40 anni
Oltre
40 anni
Totale
25,0
9,7
4,2
4,6
9,2
4,6
6,3
17,2
10,9
12,4
11,9
6,5
1,4
29,2
37,5
44,6
43,1
37,5
39,1
0,5
36,8
39,8
26,4
32,3
40,6
32,8
44,4
47,7
46,9
46,3
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
57
paese (11,9%) o nel paese di origine (6,5%). Conoscere le modalità attraverso
le quali gli immigrati hanno appreso o migliorato la lingua italiana è fondamentale per capire quali potrebbero essere gli atteggiamenti e i comportamenti nei confronti di un’ulteriore proposta di formazione linguistica. A tal
proposito si osserva, altresì, che i più, una volta arrivati nel nostro paese,
utilizzano un mix di strumenti di formazione spontanea, a riprova che le
conoscenze linguistiche che si acquisiscono nella pratica della vita di tutti
giorni, in famiglia o sul posto di lavoro, sono sufficienti per avere una vita
relazionale adeguata nel nostro paese. Rispetto al futuro, non escludono di
impegnarsi per migliorare il proprio italiano soprattutto in vista di un miglioramento della condizione lavorativa. La stragrande maggioranza degli intervistati (il 71,1%: di questi il 36,3% ha risposto sicuramente sì e il 34,8% probabilmente sì) ha intenzione in futuro di migliorare la conoscenza dell’italiano. Tra quanti esprimono questa intenzione, la quota è maggiore tra i giovani
di età compresa tra i 18 e i 29 anni, mentre tende a diminuire con l’innalzarsi
dell’età posseduta (tab. 9).
Le modalità più segnalate per accrescere le competenze linguistiche restano
quelle legate al normale svolgimento della vita nel nostro paese; anche se è
da segnalare che oltre un terzo degli intervistati sarebbe propenso a seguire
un corso strutturato. Al primo posto, infatti, gli immigrati segnalano la vita
di tutti i giorni (60,2%), segue il corso di gruppo con insegnante che raccoglie
il 42,3% delle risposte, al terzo posto gli immigrati indicano la possibilità di
Tab. 9 - Immigrati che in futuro hanno intenzione di migliorare la conoscenza
dell’italiano, per classe di età (val. %)
Da 18
a 29 anni
Sicuramente sì
Probabilmente sì
Probabilmente no
Sicuramente no
Totale
Da 30
a 40 anni
Oltre
40 anni
Totale
45,8
31,9
9,7
12,5
38,5
36,9
15,4
9,2
23,4
35,9
18,8
21,9
36,3
34,8
14,4
14,4
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
58
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
migliorare la lingua con amici/conoscenti (24,9%) e con parenti (17,4%). Le
lezioni private con un insegnante sono segnalate dal 12,9% del campione.
Merita di essere evidenziato il fatto che le donne risultano essere più interessate rispetto agli uomini a forme di insegnamento tradizionale, quali i
corsi di gruppo con un insegnante (48% delle risposte) e le lezioni private
(16%) (tab. 10).
Tab. 10 - Modi ritenuti più efficaci dagli immigrati per imparare l’italiano, per
sesso (val. %)
Modi
Maschio
Corso di gruppo con insegnante
Sul posto di lavoro
Da autodidatta
Con parenti/familiari
Con amici/conoscenti
Nella vita di tutti i giorni
Lezioni private con insegnante
Corsi su internet
Femmina
36,6
31,9
11,9
20,8
28,7
55,4
9,9
-
48,0
14,0
15,0
14,0
21,0
65,0
16,0
1,0
Totale
42,3
22,9
13,4
17,4
24,9
60,2
12,9
0,5
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Di fronte all’ipotesi di poter usufruire di un percorso formativo a titolo gratuito, oltre il 20% si dichiara non disponibile a frequentare un corso di italiano a nessuna delle condizioni proposte. Coloro che si dichiarano disponibili
segnalano come condizioni necessarie: l’ubicazione del corso vicino all’abitazione o al luogo di lavoro (57,7%), il fatto che sia centrato principalmente
sulla conversazione (54,7%) ed erogato in orario serale (41,2%, tab. 11). Piuttosto numerosi sono anche quelli che chiedono classi composte da studenti
che abbiano uno stesso livello di conoscenza iniziale della lingua (38,3%), un
corso centrato soprattutto sulla grammatica (35,3%), e con lezioni che si svolgano non più di una o due volte alla settimana (29,4%).
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
59
Tab. 11 - Condizioni a cui gli intervistati frequenterebbero un corso gratuito (val. %)
Condizioni
Vicino al luogo di lavoro/casa
Basato soprattutto sulla conversazione
Organizzato con lezioni di sera
Con classi composte da studenti con lo stesso livello di conoscenza
dell’italiano
Basato soprattutto sulla grammatica
Con lezioni 1 o 2 volte a settimana, al massimo
Con classi composte al massimo da 10 studenti
Organizzato con lezioni nel weekend
Senza compiti a casa
Nessuna di queste
%
57,7
54,7
41,2
38,3
35,3
29,4
22,4
21,4
20,4
21,9
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
2.1.5. La domanda per segmenti
La domanda della popolazione, al netto dei fabbisogni e degli atteggiamenti
espressi dagli immigrati, può essere segmentata rispetto ad alcune categorie
per le quali le competenze linguistiche possono essere un fattore di miglioramento della loro condizione sociale e/o professionale. Tali categorie sono
corrispondenti ai gruppi bersaglio6 rispetto ai quali sono stati condotti i focus
group durante le indagini esplorative, preliminari alla rilevazione estensiva
sulla popolazione. Questo approccio permette di arricchire con considerazioni di tipo qualitativo analogie e specificità emerse dall’analisi quantitativa.
6
1) Persone con basso livello di scolarizzazione o coloro che non terminano il percorso
scolastico obbligatorio. 2) Persone in cerca di prima occupazione. 3) Persone disoccupate
che intendono riqualificarsi. 4) Lavoratori che desiderano sperimentare nuovi settori o
migliorare la loro attuale posizione lavorativa. 5) Persone fuoriuscite dal mercato e in fase
di ricollocazione. 6) Disabili. 7) Soggetti in mobilità professionale temporanea o a lungo
termine. 8) Soggetti esclusi o a rischio esclusione dal mercato del lavoro. 9) Soggetti in
esclusione di genere: donne fuoriuscite o a rischio di fuoriuscita dal mercato del lavoro. 10)
Anziani. 11) Imprenditori e responsabili di risorse umane delle imprese.
60
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Dovendo fare sintesi dei risultati allo scopo di tratteggiare un profilo distintivo e caratterizzante dei diversi gruppi si è ritenuto opportuno:
-
da un lato ridurre a 6 i 12 gruppi tipologici originari, aggregando nei casi
in cui poteva verificarsi multiappartenenza ad uno o più gruppi o quando
il diverso atteggiamento verso il mercato del lavoro assume un ruolo
dirimente;
-
dall’altro individuare delle categorie di analisi comuni, quali la propensione alla formazione linguistica, gli obiettivi, gli ostacoli e le caratteristiche
della formazione, con l’obiettivo di giungere ad una comparabilità dei
risultati.
Prima di passare alla lettura dei rispettivi profili di domanda può essere utile
compiere un’analisi trasversale dei principali risultati derivanti dalla
segmentazione della domanda (fig. 11). In primo luogo, nella popolazione
Fig. 11 - Motivazioni e ostacoli alla formazione linguistica per i gruppi bersaglio
Oggettivi
Anziani
Ostacoli
Soggetti a bassa
scolarizzazione
Motivazioni
Cultura/
interessi
personali
Lavoro
Soggetti in
posizione critica
rispetto al mercato
del lavoro
Soggetti in posizione
di sfida rispetto al
mercato del lavoro
Imprenditori
Soggettivi
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Disabili
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
61
adulta, a prescindere dal gruppo di appartenenza, è maggiore la propensione
ad investire tempo e risorse per rafforzare il livello di fluency nelle lingue già
conosciute che quelle a intraprendere lo studio di nuovi idiomi, sforzo quest’ultimo percepito come insostenibile e difficile da adempiere. La bassa
scolarizzazione insieme con l’età costituiscono i principali impedimenti oggettivi al proseguimento o completamento dello studio delle lingue straniere,
a causa delle lacune culturali, da una parte, e delle limitazioni intellettive e
biologiche, dall’altra, come rispettivamente denunciato dai soggetti a bassa
scolarizzazione e dagli anziani. Al di là di questi elementi, sono di solito la
scarsa motivazione e la mancanza di tempo i principali ostacoli indicati come
causa delle indisponibilità a impegnarsi in campo linguistico; si tratta di due
fattori afferenti alla sfera della soggettività e tra di loro strettamente
interrelati, in quanto il non aver tempo per le lingue può dipendere dalla
posizione in cui esse si trovano nella scala di priorità di un individuo. L’ordine di tale scala, a sua volta, è la risultante di fattori endogeni alla vita del
singolo come pure di fattori esogeni, ovvero legati al contesto in cui questi si
trova a vivere e a lavorare, contesto che spesso risulta incapace di sollecitare
il bisogno di possesso e uso delle competenze linguistiche. Quasi all’unanimità i gruppi analizzati attribuiscono allo studio delle lingue finalità di ordine personale e culturale. L’unica eccezione sono i soggetti che si pongono in
posizione di sfida con il mercato del lavoro, in quanto alla ricerca di una
prima occupazione o decisi a migliorare la propria condizione lavorativa, i
quali associano questo tipo di impegno ad un percorso lavorativo. Diversamente, anche per coloro che hanno una condizione professionale critica (poiché disoccupati, in mobilità o a rischio di esclusione dal mercato di lavoro),
l’apprendimento linguistico mantiene una valenza soggettiva e generalista,
mai professionalizzante. Trascorso il periodo della formazione di base o della
formazione al lavoro, il tempo e le energie disponibili per migliorare la propria condizione professionale vengono spesi in altri ambiti di sapere. Del
resto non potrebbe essere altrimenti in un contesto socioeconomico a scarsa
sensibilità linguistica, quale quello nazionale, come testimoniano i dati sulla
domanda da parte delle imprese.
Unanime, infine, a prescindere dall’appartenenza o dalla condizione sociale,
è l’accordo sull’opportunità di socializzare i costi della formazione linguistica
62
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
attraverso politiche di finanziamento alla domanda da parte dello Stato.
Ciononostante, la gratuità non è di per sé un fattore sufficiente a garantire la
partecipazione alla formazione linguistica, percepita nella forma di un corso
strutturato pubblico o privato, con tempi e contenuti modulati sulle esigenze
dell’utenza.
Soggetti a bassa scolarizzazione: la propensione allo studio di una lingua
– vuoi per migliorare la lingua già conosciuta, vuoi per impararne una
nuova – appare più bassa rispetto al resto della popolazione visto che chi
dichiara che sicuramente non farà nulla per migliorare la lingua o impararne una nuova (33,8%) rappresenta la componente prevalente, diversamente
dalla popolazione, nel qual caso il 27,8% degli intervistati ha manifestato
una probabile volontà positiva. Le ragioni che ostacolano il presente gruppo
nello sviluppare un interesse positivo nei confronti delle lingue sono la
scarsa motivazione e il considerarsi troppo anziano per un’iniziativa del
genere. Il profilo potenziale di un’eventuale offerta rivolta a questo gruppo
rimane nell’alveo dell’erogazione tradizionale: si preferisce, infatti, la frequenza presso una scuola o un istituto, prevalentemente nelle ore serali e a
un costo accessibile, anche se si riconosce maggiore efficacia all’apprendimento delle lingue realizzato attraverso una permanenza adeguata all’estero. Fondamentale appare, infine, in relazione agli aspetti economici, l’attesa
che sia lo Stato a sostenere le spese per la formazione; anche in questo caso
il gruppo bersaglio esprime un grado di convincimento maggiore rispetto
alla media nazionale (73% del gruppo bersaglio e 70% del campione generale).
Soggetti in posizione critica rispetto al mercato del lavoro: in questo gruppo rientrano disoccupati che intendono riqualificarsi, soggetti fuoriusciti dal
mercato del lavoro, soggetti in mobilità, soggetti esclusi o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro, soggetti in esclusione di genere. Tutte le
tipologie rientranti in questo gruppo esprimono una forte propensione a
migliorare il rispettivo grado di conoscenza della/e lingua/e conosciute, dovendo colmare in ogni caso lacune conoscitive piuttosto ampie. Ammontano
a circa il 60% coloro che sono intenzionati sicuramente o probabilmente ad
investire tempo ed energie nell’apprendimento linguistico. Tenuto conto delle criticità occupazionali che accomunano i sottogruppi in questione si po-
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
63
trebbe pensare che chi si trova in una difficile situazione professionale guardi alla formazione e al miglioramento delle proprie competenze linguistiche
come ad una delle leve possibili per tentare di modificare la propria condizione. Ma, leggendo le motivazioni che spingono a perfezionare o apprendere una lingua straniera, emerge che il fattore stimolante prevalente è sempre legato a motivi culturali e ad interessi personali piuttosto che all’ambito
lavorativo. I principali ostacoli che si frappongono tra le intenzioni e lo
studio reale di una lingua straniera sono legati soprattutto, con pesi differenziati a seconda dei sottogruppi, allo scarso tempo a disposizione e alle
carenti motivazioni. Gli intervistati propendono, nel 60% dei casi circa, per
un percorso formale che prevede la frequenza di un corso presso una scuola
pubblica o privata, sia per apprendere una nuova lingua che per migliorarne una già conosciuta. La fascia pomeridiana o il dopocena vengono considerati i momenti migliori per dedicarsi alla formazione linguistica e, tra le
condizioni che ne favorirebbero la partecipazione, il costo accessibile e la
comodità, cioè la possibilità che il corso sia gestibile secondo i bisogni di chi
partecipa, sono indicati da quote di rispondenti che oscillano tra il 50 e il
60%.
Sebbene l’opinione secondo cui i costi della formazione debbano essere sostenuti dall’Amministrazione Pubblica centrale sia condivisa da oltre il 70%,
l’eventualità di partecipare ad un corso gratuito, da sola, non riesce a convincere gli indecisi.
Soggetti in posizione di sfida rispetto al mercato del lavoro: in questo gruppo rientrano sia coloro che sono in cerca di prima occupazione sia coloro che
desiderano sperimentare nuovi settori o migliorare la loro posizione lavorativa. La propensione all’apprendimento di una lingua e/o al miglioramento di
quella già acquisita risulta particolarmente elevata per chi è in cerca di prima
occupazione, che quasi nel 90% dei casi si dichiara sicuramente o probabilmente intenzionato a migliorare la conoscenza della lingua. Tale propensione
è comunque abbastanza netta anche tra gli altri soggetti considerati, che nel
37,5% dei casi dichiarano che probabilmente avvieranno iniziative per migliorare la conoscenza della lingua. Inoltre, queste ultime solo nel 31,3% dei
casi (corrispondente quota di popolazione: 52,9%) sono contrari all’ipotesi di
avviare lo studio di una nuova lingua. La chiara propensione allo studio delle
64
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
lingue delle persone in cerca di prima occupazione trova naturalmente una
forte motivazione nel lavoro e nei viaggi all’estero, ma anche negli interessi
personali e culturali; in quest’ultimo caso la ragione indicata risulta condivisa
dal 69,8% degli individui intervistati. Parimenti è la molla della cultura e
degli interessi personali a guidare l’iniziativa di chi si dichiara intenzionato
a mutare la propria condizione occupazionale. In proposito il rilievo significativo che assume la dimensione culturale può essere spiegato alla luce del
livello di conoscenza delle lingue straniere, che nell’uno e nell’altro caso è
superiore ai corrispondenti valori della popolazione nel complesso. Dato
questo che potrebbe significare il possesso di requisiti linguistici spendibili
sul mercato del lavoro, collocando la motivazione ad arricchire questo tipo di
competenze nella sfera personale. In entrambi i gruppi i principali ostacoli
alla formazione linguistica restano il tempo disponibile e la volontà di apprendere. Le condizioni e le caratteristiche della formazione linguistica richieste dal gruppo si mantengono nell’alveo dell’erogazione presso scuole o
istituti, nelle ore pomeridiane o serali, a un costo accessibile e, soprattutto per
coloro che vogliono cambiare lavoro, secondo modalità fortemente personalizzate.
Tra i giovani in cerca di prima occupazione è molto diffusa la convinzione
che la maniera più efficace per apprendere una lingua resti il viaggio e la
permanenza all’estero e, semmai, in secondo ordine, la possibilità di avere
contatti con persone madrelingua o anche tramite scambi culturali. Emerge,
infine, la richiesta di un finanziamento pubblico della formazione linguistica
e tale richiesta continua inevitabilmente a identificare il “pubblico” con lo
Stato e l’Amministrazione Pubblica centrale.
Disabili: la propensione all’apprendimento linguistico in età adulta varia a
seconda che sia orientata al miglioramento di lingue precedentemente studiate o allo studio di nuove. Nel primo caso, prevale la probabilità che una
decisione in tal senso venga presa (32,1%), diversamente, nel secondo caso,
emerge chiaramente, dalla frequenza di coloro che hanno risposto “sicuramente no” (39,8%), l’intenzione di non ampliare le proprie conoscenze linguistiche. Analizzando gli ostacoli alla formazione linguistica, prevale la mancanza di motivazione (51,9%) e la percezione di essere oramai troppo avanti
con l’età per studiare (33,3%). La mancanza di motivazione, che caratterizza
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
65
il gruppo, è da ritenersi con ogni probabilità causata dalle barriere materiali
e culturali che ostacolano scelte ed azioni di individui diversamente abili e
che limitano la possibilità di impiego delle competenze possedute (non solo
linguistiche). Per coloro che intendono proseguire nella formazione linguistica, gli obiettivi da conseguire, sia per il miglioramento di lingue già conosciute che per l’acquisizione di altre, non sono di tipo professionalizzante ma di
tipo culturale (rispettivamente 68,3% e 82,3%).
Costoro intendono perlopiù apprendere all’interno di percorsi formali. Il
pomeriggio viene considerato la parte della giornata più idonea per la frequenza di un corso modulabile in funzione delle personali esigenze (61,6%)
e avente possibilmente un costo di partecipazione accessibile (50,9%). Alquanto condivisa risulta essere l’opinione secondo cui deve esserci un sostegno pubblico alla formazione linguistica, che per il 59,7% dei casi deve essere
in capo all’Amministrazione Pubblica centrale. La gratuità di un corso di
lingue non è, infine, fattore sufficiente per determinare la volontà a parteciparvi di oltre l’80% dei disabili.
Anziani: il 55,4% e l’81,4% degli intervistati dichiarano di non avere sicuramente intenzione né di migliorare, né di imparare una lingua. Nell’affermare
ciò, il gruppo si discosta in modo marcato dal generale atteggiamento della
popolazione. Gli ostacoli alla formazione linguistica sono esclusivamente di
natura soggettiva, afferibili alle condizioni esistenziali di questo gruppo
tipologico. L’81,6% ritiene, infatti, di essere troppo anziano per studiare, alludendo, quindi, all’esistenza di problemi di mobilità e soprattutto di natura
cognitiva, suscettibili di ostacolare apprendimento, comprensione dei testi in
lingua, memorizzazione di termini e nozioni ecc. Per la minoranza che, invece, è pronta a raccogliere la sfida, gli obiettivi della formazione linguistica, sia
per il potenziamento di lingue già conosciute che per l’acquisizione di altre,
non sono di tipo professionalizzante ma afferiscono alla sfera culturale e
degli interessi personali, come del resto nella maggioranza della popolazione
in generale. In prevalenza, gli intervistati intendono realizzare il proprio apprendimento linguistico nell’ambito di percorsi formali, frequentando un
corso presso una scuola pubblica o privata. La fascia pomeridiana, come per
il resto della popolazione, viene considerata il momento della giornata in cui
l’erogazione del corso può risultare più confacente ai propri stili di vita,
66
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
meglio se ad un costo accessibile (38,5%) e sufficientemente rispondente ai
personali bisogni (30,3%).
Alquanto condivisa risulta essere l’opinione secondo cui i costi della formazione linguistica devono essere socializzati, ovvero per il 70,3% dei casi dovrebbe farsene carico l’Amministrazione Pubblica centrale. Nonostante ciò, la
gratuità di un corso di lingue non è di per sé condizione sufficiente per
decidere di parteciparvi. Il 68,8% degli anziani risponde, infatti, di non avere
l’intenzione di partecipare ad un corso gratuito.
Imprenditori: rispetto alla prospettiva di investire tempo e risorse nello studio delle lingue, si osserva una divaricazione di atteggiamento che risulta
avere valenza positiva nel caso di rafforzamento di competenze su lingue già
conosciute (probabilmente sì 32,2%) o negativa nel caso di apprendimento di
nuove lingue mai studiate prima (sicuramente no 44,6%). Un simile dualismo
deve essere incrociato con il principale ostacolo alla formazione linguistica
denunciato dal 77,8% del gruppo: la mancanza di tempo. Il fattore temporale,
pertanto, costituisce un vincolo oggettivo che impedisce ai rappresentanti di
questo gruppo di intraprendere percorsi di formazione strutturati, finalizzati
ad ampliare le loro competenze in questo ambito. In mancanza di un reale
bisogno (tenuto conto dei più elevati livelli di conoscenze linguistiche di
partenza del gruppo), l’impegno e gli sforzi personali vengono orientati così
verso altre priorità, o eventualmente verso attività meno impegnative di consolidamento di lingue già acquisite. Anche le finalità sostanzialmente culturali (70% e 57,1%), perseguite da coloro che avrebbero l’intenzione di migliorare o di ampliare le proprie conoscenze linguistiche, sono coerenti con il
quadro di analisi sopra tracciato, collocando la motivazione nella sfera degli
interessi personali esterni ai tempi e al luogo di lavoro. L’apprendimento
linguistico viene collocato soprattutto all’interno di percorsi formali, come un
corso erogato presso una scuola pubblica o privata o, in seconda battuta, in
percorsi di autoapprendimento con l’ausilio di supporti didattici multimediali. Il dopocena, a conclusione della giornata lavorativa, viene considerato la parte della giornata nella quale ritagliare il tempo per la frequenza di
un corso, rispondente ai bisogni personali di chi si iscrive (55%) e possibilmente ad un costo accessibile (42,9%). Condivisa da più del 60% degli intervistati è l’opinione secondo cui deve esserci un sostegno pubblico alla forma-
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
67
zione linguistica, attraverso interventi dell’Amministrazione Pubblica centrale. La gratuità di un corso di lingue non è, infine, uno sprone sufficiente a
partecipare per oltre il 70% dei componenti il gruppo.
2.2. La domanda delle imprese
L’indagine sulla domanda di formazione linguistica da parte delle imprese si
è basata su un campione di 1.616 unità produttive7, rappresentativo della
realtà imprenditoriale nazionale.
La rilevazione evidenzia una scarsa propensione delle imprese italiane verso
i mercati esteri: il 77% non ha mai, infatti, partecipato ad iniziative che comportino esposizione verso paesi stranieri, quali importazioni, esportazioni8,
così come iniziative di delocalizzazione, partecipazione a fiere oppure ad
accordi di joint venture (tab. 12). Questo dato tende a ridursi al crescere della
dimensione di impresa e riguarda solo il 40% delle grandi imprese.
In generale, l’indagine evidenzia un atteggiamento contraddittorio delle
aziende rispetto alla possibilità di utilizzare le lingue: il 76% degli intervistati
dichiara di essere d’accordo sulla necessità per qualsiasi azienda, a prescindere se sia impegnata in attività di scambio con l’estero, di avere al proprio
interno personale con competenze linguistiche; nello stesso tempo il 51%
7
Sono state realizzate 1.616 interviste telefoniche CATI ad imprese con almeno 2 addetti.
Il piano di campionamento è stato predisposto in modo da rispondere agli obiettivi previsti
in fase progettuale, e cioè: valutare la diffusione dei bisogni linguistici delle imprese di
piccole e medie dimensioni e, al contempo, offrire uno spaccato delle esigenze di formazione linguistica e di riqualificazione del personale delle imprese di grandi dimensioni, al
fine di determinare i comparti produttivi più fortemente interessati dallo sviluppo della
conoscenza delle lingue, in quanto elemento di crescita del potenziale competitivo. Il
mondo delle imprese private italiane ha un’elevatissima concentrazione nel segmento delle
micro-aziende e delle Pmi, ossia ha il suo tratto connotante proprio nell’essere composto
da unità di piccole dimensioni. In Italia quasi il 60% delle imprese ha un solo addetto.
Inoltre, il ricorso alla formazione cresce all’aumentare della dimensione di impresa, con
una prevalenza di interventi informali e non strutturati nelle micro o piccole dimensioni
aziendali. Per questi motivi sono state escluse dall’indagine le imprese con un solo addetto
e si è adottato un campione disproporzionale. Per ulteriori dettagli si rimanda alla nota
metodologica nel rapporto La domanda di formazione linguistica delle imprese italiane disponibile in formato ebook sul portale del Progetto www.letitfly.it.
8
Per chi importa o esporta merci e servizi le aree di riferimento sono essenzialmente i paesi
dell’Europa occidentale (71,6%), seguiti dai paesi dell’Europa orientale e dall’America
settentrionale.
68
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Tab. 12 - Attività con l’estero effettuate abitualmente dalle aziende, per classe di
addetti (val. %)
Attività
Importazioni
Esportazioni
Delocalizzazione produttiva
Accordi/joint venture con
aziende straniere
Partecipazione a fiere
internazionali
Nessuna di queste
Macroclassi di addetti
Microimprese
Pmi
Grandi imprese
(fino a 9
(da 10 a 99
(100 addetti
addetti)
addetti)
e oltre)
Totale
imprese
9,9
8,7
0,1
28,0
33,7
2,4
38,1
32,6
14,3
12,3
11,8
0,5
3,6
12,6
21,5
4,8
4,1
80,7
17,6
52,4
30,8
40,0
5,9
77,0
Il totale non è uguale a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
condivide l’affermazione relativa al fatto che se non si utilizzano le lingue è
inutile organizzare corsi di formazione linguistica (tab. 13). Da un lato, poi,
si riconosce che oggi risulta fondamentale avere personale che conosca le
lingue dei paesi delle economie emergenti (55,4%), ma, dall’altro, si riscontra
un esteso grado d’accordo (65,9%) rispetto all’affermazione che nel lavoro è
sufficiente avere competenze linguistiche minime per poter leggere manuali
o navigare in internet.
Tali indicazioni denotano un certo scetticismo nei confronti delle lingue, e un
atteggiamento asimmetrico tra utilità percepita e reale utilizzo.
2.2.1. Le lingue straniere nell'immaginario aziendale: l'inglese tra luoghi comuni e fabbisogni residuali
Nell’immaginario aziendale, l’inglese è senza tema di smentita la lingua
veicolare per definizione. Gli intervistati, imprenditori o dirigenti aziendali,
classificandolo quasi all’unanimità (99,4%) come la lingua straniera più utile
(fig. 12), si sono pienamente uniformati all’opinione prevalente che considera
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
69
Tab. 13 - Opinioni delle imprese sulla conoscenza e l’utilizzo delle lingue in azienda (val. %)
Molto d’accordo
Abbastanza
Poco
Per niente
Non sa/non risponde
Totale
31,0
45,0
19,1
4,6
0,3
100,0
Molto d’accordo
Abbastanza
È inutile organizzare corsi di lingua nelle aziende
Poco
dove le lingue non vengono utilizzate
Per niente
Non sa/non risponde
Totale
22,4
28,7
33,5
14,7
0,7
100,0
Molto d’accordo
Abbastanza
Poco
Per niente
Non sa/non risponde
16,6
35,5
34,3
9,8
3,8
100,0
Molto d’accordo
Abbastanza
Poco
Per niente
Non sa/non risponde
Totale
17,6
37,5
30,9
13,4
0,6
100,0
Molto d’accordo
Abbastanza
Per sviluppare buoni rapporti commerciali, non
basta conoscere la lingua di un paese, ma bisogna Poco
Per niente
conoscere anche la sua cultura
Non sa/non risponde
Totale
42,8
43,2
9,9
3,9
0,2
100,0
Molto d’accordo
Abbastanza
Poco
Per niente
Non sa/non risponde
25,2
40,7
26,1
7,8
0,2
100,0
Al giorno d’oggi, disporre di personale che
conosce le lingue è necessario per qualsiasi
azienda, indipendentemente dalle effettive
attività con l’estero
Nella mia regione/provincia è facile trovare
personale che parla bene le lingue straniere
Totale
È fondamentale avere personale che conosca le
lingue dei paesi delle economie emergenti
(cinese, arabo ecc.)
Nel lavoro è sufficiente avere competenze
linguistiche minime, per poter leggere manuali o
navigare in internet
Totale
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
70
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Fig. 12 - Le lingue ritenute più utili dalle imprese (val. %)
99,4
100
90
80
70
60
50
40
28,3
30
27,7
19,7
20
7,3
10
1,9
1,2
0,8
0,3
0
Inglese
Tedesco Francese Spagnolo
Cinese
Russo
Arabo Giapponese Altro
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
l’inglese l’idioma proprio del mondo del business. Seguono, ma a distanza
nella graduatoria ideale tracciata dal campione, il tedesco (28,3%), il francese
(27,7%) e lo spagnolo (19,7%): lingue presumibilmente di supporto alle relazioni commerciali con il mercato interno all’Unione Europea e, nel caso delle
ultime due, anche ai rapporti con aree extraeuropee (come ad esempio i paesi
del Magreb e i paesi ispanoamericani).
Il cinese, in quinta posizione, testimonia la consapevolezza tra gli intervistati
dell’impatto sui mercati internazionali della potenza cinese dopo il suo ingresso nel Wto.
Passando dalla dimensione ideale a quella reale, ovvero dalla percezione di
utilità al concreto utilizzo delle lingue straniere, si riscontra un’apprezzabile
riduzione dei relativi valori percentuali, in conseguenza del fatto che circa un
quarto del campione degli intervistati (24,6%, fig. 13) dichiara che all’interno
76
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
rie, anche il coinvolgimento degli operai (o figure assimilabili) nelle attività
di formazione linguistica: lo ha fatto il 17,9% delle Pmi e il 17,3% delle grandi
imprese.
Tutte le imprese che hanno erogato formazione linguistica negli ultimi due
anni hanno privilegiato, tra le lingue da apprendere, la lingua inglese (tab.
14).
Solo le grandi imprese riescono a diversificare maggiormente la propria offerta formativa, dedicandosi anche al francese (20,6%), al tedesco (14,4%) e
allo spagnolo (10,5%).
Tra i corsi erogati, pochi sono di livello avanzato (il 21,4%): continua a prevalere una alfabetizzazione linguistica di base. La metà delle aziende che
hanno organizzato corsi di lingua negli ultimi due anni, ha proposto al proprio personale percorsi per principianti. Ma cresce, ed è il dato che si afferma,
il numero di imprese che propone corsi di livello intermedio (53%).
È alle scuole di lingua private che si sono rivolte maggiormente le imprese
per organizzare i propri corsi (50,9%), seguite dal ricorso ad insegnanti privati (22,9%, prevalentemente Pmi), o dal ricorso all’offerta formativa finanziata dai fondi pubblici (22,6%, soprattutto micro imprese).
Tab. 14 - Lingue studiate nei corsi/iniziative di formazione degli ultimi due anni,
per classe di addetti (val. %)
Microimprese
(fino a 9 addetti)
Francese
Inglese
Russo
Spagnolo
Tedesco
100,0
3,3
3,5
Classe di addetti
Pmi
Grandi imprese
(da 10 a 99 addetti) (100 addetti e oltre)
9,4
100,0
2,7
4,9
Base: Aziende che hanno erogato formazione linguistica
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
20,6
96,6
1,0
10,5
14,4
Totale
3,1
99,7
0,1
3,8
4,6
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
77
La quota di chi si rivolge all’offerta pubblica scende sempre al crescere della
dimensione aziendale fino a toccare il 4,9% nelle grandi imprese, mentre il
ricorso alla formazione finanziata è preferito dalle micro imprese che, per
ovvie economie di scala, guardano all’offerta pubblica presente e cercano,
semmai, di forzare quelle che sono le proprie esigenze su quanto viene proposto in quel momento dalle strutture pubbliche, adeguando la domanda
all’offerta. Una strategia che non soddisfa la grande impresa, più incline a
soddisfare pragmaticamente i propri bisogni formativi ricorrendo alle scuole
private che spesso, lo si vedrà, svolgono i loro corsi proprio all’interno delle
aziende e in orario di lavoro.
In ogni caso le imprese sembrano soddisfatte della formazione ricevuta. Si
tratta di un dato importante proprio in quanto proviene da chi, di quelle
iniziative, dovrebbe essere beneficiario: è una valutazione ex-post particolarmente significativa, perché avviene a distanza di tempo e dimostra la capacità di pianificare una formazione effettivamente utile con riscontri immediati in ambito professionale. Si è chiesto, infatti, ai responsabili della formazione (o in assenza ai responsabili del personale o direttamente ai titolari) quanto fossero stati utili i corsi erogati nelle loro aziende: circa la metà dei rispondenti (ovvero il 47,9%) si dichiara abbastanza soddisfatto degli esiti formativi; a questa quota si aggiunge un ulteriore 39,8% che si dichiara molto soddisfatto. Sommando le due voci, l’87,7% delle imprese che negli ultimi due
anni hanno organizzato formazione linguistica per il proprio personale si
dichiara soddisfatto.
Corsi poco innovativi svolti prevalentemente fuori dalle imprese
I corsi organizzati dalle imprese nell’ultimo biennio sono stati prevalentemente dei corsi a carattere generale, incentrati sulla grammatica e sulla conversazione (57%) anche se significativa è la quota di corsi specialistici, organizzati sulle esigenze del comparto a cui l’azienda appartiene (16,4%).
Riguardo ai supporti didattici utilizzati si riscontra uno scarso ricorso all’innovazione: sono soprattutto libri, dispense e, comunque, materiale cartaceo
ad essere maggiormente usati come supporto per l’apprendimento linguistico (86% dei casi).
78
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Di maggiore interesse l’analisi su luoghi e tempi di erogazione della formazione linguistica (tab. 15), un dato che non può essere letto solo nei valori
complessivi, ma che necessita di un filtro dimensionale: si nota così la propensione delle grandi imprese a svolgere le attività presso i locali dell’azienda (per il 94% di esse), mentre il 32,7% delle micro imprese predilige altri
luoghi come, ad esempio, le sedi delle scuole a cui si rivolgono (e che spesso,
si è visto, sono centri di formazione dell’offerta pubblica).
La stessa diversificazione si riscontra per i tempi della formazione linguistica:
se le grandi imprese preferiscono svolgere le attività durante l’orario di lavoro (lo fa il 68,7%), le micro imprese limitano al massimo questa eventualità,
preferendo utilizzare le pause lavorative o spingendo il proprio personale a
frequentare i corsi fuori dall’orario lavorativo.
Tab. 15 - Luoghi e tempi dei corsi/iniziative di formazione linguistica, per classe di
addetti (val. %)
Modalità di erogazione
Imprese in generale
Classe di addetti
Grandi
Microimprese
Pmi
imprese
(fino a 9
(da 10 a 99
(100 addetti
addetti)
addetti)
e oltre)
Totale
In una sede/locale dell’azienda/ente
32,7
53,6
94,0
41,0
In altri luoghi (sede della scuola ecc.)
73,6
46,4
27,2
65,7
In parte in aula, in parte tramite
formazione a distanza (telefono,
internet)
-
-
1,0
0,1
In orario lavorativo
35,6
46,7
68,7
40,0
Durante le pause/fuori orario
lavorativo
73,5
59,3
47,5
69,2
Base: Aziende che hanno erogato formazione linguistica
Il totale è superiore a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
81
imprese solo l’11,2% occupa personale straniero, percentuale che sale al
38,6% per le Pmi e al 61,1% tra le grandi imprese.
L’incidenza per area geografica mostra una presenza più rilevante nel NordEst (18,3%) ed un minor utilizzo di lavoratori stranieri fatto registrare dalle
imprese che operano al Sud e nelle Isole (6%).
Sono pochissime le imprese (solo il 6%) che hanno previsto iniziative di supporto all’apprendimento dell’italiano al momento dell’inserimento di lavoratori stranieri in azienda: i cittadini stranieri presenti nelle nostre imprese
hanno dovuto, ancor prima di ottenere un impiego, risolvere autonomamente il problema linguistico. Ancora meno (il 3,6%) risultano le imprese che
hanno organizzato corsi o lezioni di lingua italiana, negli ultimi due anni, per
gli addetti stranieri impiegati.
2.2.2. Le imprese trainanti
La constatazione empirica della scarsa attenzione alla formazione linguistica restituita dalla rilevazione sulle imprese, ha indotto il gruppo di ricerca
ad integrare il criterio della rappresentatività della compagine produttiva
con quello della significatività delle esperienze, allo scopo di far emergere
pratiche aziendali che avessero un’intrinseca valenza esemplificativa. Si è
così proceduto ad un approfondimento tematico tramite casi studio applicati alle aziende che avessero organizzato ed effettuato formazione in ambito linguistico e/o che si ipotizzava avessero nella conoscenza linguistica
uno dei fattori critici di successo. I requisiti individuati sono stati quello
dell’internazionalizzazione, dell’appartenenza a gruppi multinazionali e, da
ultimo, l’essere parte di un settore economico a maggiore esposizione linguistica.
Le 45 imprese selezionate9 si sono rivelate così piuttosto anomale rispetto al
9
Si riporta l’elenco delle imprese con, tra parentesi, il settore di riferimento. Per maggiori
dettagli si rimanda al rapporto La domanda di formazione linguistica delle imprese italiane
disponibile in formato ebook sul portale del Progetto www.letitfly.it.
Eni (energia); Cermet (servizi alle imprese); Serono (farmaceutica); Grimaldi (trasporti);
Pfizer (farmaceutico); Festival (ristorazione); CP Ships (trasporti); Omso (Stampe e arti
grafiche); Walvoil (fabbricazione macchine utensili); Maersk (trasporti); Merck Sharp &
82
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
panorama nazionale: sono infatti prevalentemente imprese internazionalizzate o multinazionali. Le poche imprese che si muovono solo nel mercato
nazionale svolgono attività nei servizi (dal turismo, alla ristorazione, alle
banche) in cui la componente linguistica assume un valore niente affatto
marginale. C’è, allo stesso tempo, una asimmetria dimensionale che vede
favorire la presenza di imprese di grandi dimensioni (circa l’80%), generalmente più sensibili alla formazione continua, in cui l’investimento sul capitale
umano è vissuto come leva strategica e competitiva. Di seguito sono sintetizzati i tratti significativi delle esperienze aziendali analizzate (tavv. 2 e 3).
Tav. 2 - Competenze linguistiche nelle imprese trainanti
Dislocazione
Top management
Middle management
Settore
Commerciale
Marketing
Valutazione iniziale
Test
Colloquio in lingua
Formazione ricorrente
Monitoraggio annuale delle competenze
Valutazione delle performance
Avanzamento di carriera
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Dome (farmaceutico); Plasmon (alimentare); Saatchi & Saatchi (pubblicità); Semikron (elettronica); Algat (metallurgia); Crespi (tessile); Gesturist (turismo); Hydro (costruzioni);
Lindt (alimentare); Damiani (gioielleria); Rhiag (distribuzione); Holcim (costruzioni);
Gasm (industria conciaria); Tab (sanitari); Caviro (alimentare); Draeger Medical (farmaceutico); Gibertini (Antenne satellitari); Italsempione (spedizioni internazionali); Centrobanca
(bancario); Cemental (costruzioni); Marelli (materie plastiche); Ferrarsi (tessile); Unilever
(alimentare e cosmetico); Euroform Industries (componentistica auto); Soc. Italiana Sterilizzazioni (servizi); Colacem (costruzioni); Plati (elettronica); Valdichienti (poltrone e divani);
Italcementi (costruzioni); Salf (farmaceutico); Citroën (automobilistico); Jouan (farmaceutico); Vinelli & Scotto (traslochi); Ima (fabbricazione macchine); Blueprint (tessile).
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
83
Tav. 3 - Formazione linguistica nelle imprese trainanti
Lingua
Inglese
Spagnolo, Tedesco, Francese
Russo, Cinese
Offerta formativa
Scuole private di lingua
Docenti di lingua
Livello dei corsi
Intermedio
Avanzato
Modalità di erogazione
Lezioni frontali di gruppo
Lezioni individuali
Obiettivi
Mantenimento delle competenze
Innalzamento delle competenze
Abilità
Comunicazione orale
Comunicazione scritta
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Le lingue servono al manager
All’interno della compagine organizzativa le lingue sono appannaggio del
management. È ai manager infatti che viene richiesto il possesso di competenze
linguistiche avanzate, perché sono loro a relazionarsi con i clienti e i potenziali partner stranieri; è a loro che viene demandato di presidiare i mercati di
riferimento che, vista la prevalente propensione all’internazionalizzazione
delle aziende selezionate, è una funzione strategica imprescindibile da una
competenza linguistica di livello medio alto. Le imprese maggiormente strutturate vedono poi declinare questa competenza anche al livello del middle
management e dei quadri, soprattutto per quanti presidiano alcune funzioni
aziendali maggiormente esposte alle lingue: l’area commerciale e le relazioni
esterne.
Quasi mai la competenza linguistica viene richiesta al personale direttamente
coinvolto in produzione; fanno eccezione alcune multinazionali, come la
84
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Lindt in cui la conoscenza linguistica si estende con diversi gradi di competenza a tutto il personale occupato, o l’Eni dove ai laureati in ingresso, a
prescindere dal ruolo che andranno a ricoprire, viene richiesta e verificata
una conoscenza linguistica di medio livello per la lingua inglese e, come
seconda scelta, per la lingua francese.
Per verificare la competenza linguistica del personale occupato (quando svolge mansioni in cui questa sia richiesta) le imprese considerate, pur con modalità differenti, provvedono tutte a verificare, almeno una volta l’anno, le
aree di miglioramento attraverso analisi dei fabbisogni individualizzate e un
monitoraggio sulle abilità linguistiche. C’è chi procede ad una valutazione
delle performance, chi ad una valutazione del potenziale o della professionalità e chi, in fase di avanzamento di carriera, valuta anche la conoscenza
linguistica, ma c’è anche chi demanda ad un’autodiagnosi la rilevazione di
aree di miglioramento in ambito linguistico.
Alla fine il risultato è comune: queste rilevazioni interne, congiuntamente ai
piani di sviluppo dell’impresa in particolari aree o paesi, permettono di pianificare gli interventi formativi per l’anno successivo e di intervenire tempestivamente in casi di particolare urgenza, non solo tramite la formazione ma,
ad esempio, con full immersion all’estero.
Inglese lingua franca
La lingua di riferimento, quella di cui si incentiva maggiormente lo studio, è
la lingua inglese. Pragmaticamente tutte le imprese che investono in formazione linguistica tendono a privilegiare la conoscenza dell’inglese (magari
migliorando un livello già accettabile), piuttosto che avventurarsi nell’apprendimento di nuove lingue. Si può leggere dietro questa scelta la consapevolezza che con una buona padronanza della lingua inglese si possano instaurare valide relazioni in ogni parte del mondo, molto più che con una
conoscenza, magari mediocre, della lingua parlata in determinati paesi. Soprattutto le imprese multinazionali hanno la tendenza a privilegiare una
fluency in inglese: oltre ad essere la lingua più parlata nel mondo del business
è infatti anche la lingua franca del gruppo di riferimento, nella quale si svolge
la comunicazione interaziendale.
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
85
In seconda battuta e più o meno con la stessa frequenza, le imprese prendono
in considerazione anche le maggiori lingue europee: tedesco, francese e spagnolo. Lo si fa, ovviamente, tenendo conto della destinazione delle relazioni
aziendali, perché questi paesi sono spesso i maggiori mercati di sbocco e
dunque, per queste imprese, la conoscenza della relativa lingua diventa un
fattore strategico che migliora ulteriormente le relazioni con clienti e partner,
e permette di ampliare le opportunità di penetrazione commerciale. Lo stesso
discorso vale per le lingue che si stanno affacciando all’attenzione delle imprese perché veicolano grandi paesi con altrettanto grandi mercati come il
russo e il cinese. L’attenzione verso queste lingue viene sempre segnalata
dalle aziende che hanno rapporti commerciali in quei paesi ma, in questi casi,
lo studio e la competenza delle rispettive lingue è vissuto anche come grimaldello per entrate in contatto con culture e mentalità molto differenti, dove
comunicare attraverso una lingua comune (l’inglese) che non è madre per
nessuno degli interlocutori, non garantisce automaticamente che si sia compresa, fino in fondo, la complessità delle posizioni sottostanti.
Gli obiettivi delle iniziative formative in campo linguistico sono quasi sempre
volti al mantenimento o al miglioramento delle competenze possedute mentre quasi mai, neanche per le lingue “nuove”, si intraprende la strada
dell’alfabetizzazione, perché ritenuta una strategia di troppo lungo corso e
che non garantisce i risultati attesi. Questa predisposizione si riverbera sul
livello dei corsi erogati: si tratta, sempre di corsi di livello intermedio o avanzato, mai di corsi base.
Le abilità più utili alle imprese, e che sono maggiormente sollecitate anche
nei corsi di lingua proposti, sono quelle comunicative: è prioritario saper
interagire oralmente, dal vivo o al telefono, oppure essere in grado di scrivere
semplici testi, che vadano dalle email alle lettere commerciali. Salendo nella
scala gerarchica si perfezionano soprattutto le abilità in scrittura mentre
quasi mai è richiesta una specifica abilità nelle traduzioni tranne che in alcuni
settori particolari, come quelli legali e assicurativi (quando internalizzati
all’impresa).
Nei settori più legati alla ricerca, è il caso delle aziende farmaceutiche o
dell’Eni, la conoscenza linguistica, per quanto riguarda l’inglese, raggiunge
i livelli di un (quasi) madrelingua, rapportabile almeno al livello C1 del
86
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Quadro Europeo di Riferimento per le lingue. In questi casi, però, le conoscenze in ingresso sono già molto avanzate e, vista la particolare esposizione
alla lingua inglese, c’è raramente bisogno di ricorrere alla formazione continua.
La formazione viene erogata dalle scuole di lingua private
Ci si rivolge quasi esclusivamente alle scuole di lingua perché ritenute più
capaci di dare una risposta, soprattutto veloce, in termini di progettazione ed
erogazione dei corsi, ma non mancano, si vedrà, criticità anche sul versante
dell’offerta. In ogni caso si tende a fidelizzare il rapporto, rivolgendosi allo
stesso fornitore con il quale si sono instaurate relazioni di reciproco beneficio,
per la capacità dimostrata di saper interpretare meglio i fabbisogni aziendali.
Con questi fornitori l’azienda instaura una sorta di contratto formativo in cui
si declinano contenuti ed obiettivi dei corsi, suscettibili di variare in funzione
delle specificità proprie dei progetti operativi in cui la formazione linguistica
si inserisce.
I docenti, però, più delle scuole sono il fattore dirimente e alcune aziende
tendono ad organizzare in proprio la formazione linguistica stipulando accordi direttamente con i docenti. Questo permette all’azienda di selezionare
docenti altamente specializzati rispetto ai contenuti linguistici che devono
essere appresi ma, soprattutto, garantisce la continuità didattica che le scuole,
per effetto della turnazione dei docenti, non sempre possono garantire.
I corsi che vengono erogati sono prevalentemente corsi tradizionali, con lezioni frontali di gruppo, che vedono riuniti in una stessa classe professionalità con esigenze formative omogenee. Non manca la formazione, sempre in
presenza, ma individuale: questa viene attivata quando urge un apprendimento intensivo oppure è destinata, in prevalenza, ai livelli più alti dell’organizzazione.
Le modalità formative più innovative sembrano essere snobbate dalle imprese: pochi i corsi veicolati attraverso la formazione a distanza, che non è reputata particolarmente affidabile. I pochi corsi attivati in modalità FaD sono,
per lo più, destinati al management. Questa scelta ha ragioni pratiche: il manager mal tollera i vincoli di orario imposti dalla formazione in presenza e, al
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
87
contempo, ha la possibilità di isolarsi nella propria stanza per seguire le
lezioni.
Criticità riscontrate
Il ricorso alle scuole di lingua private sembra più un rimedio che non una
scelta del tutto soddisfacente: se potessero, le aziende si rivolgerebbero volentieri alla formazione finanziata, soprattutto per abbattere i costi, ma ammettono di non riuscire a fruire di questa possibilità, principalmente per i
tempi di attesa. L’azienda infatti pianifica a breve (all’insorgere del fabbisogno) l’attività di formazione e spesso ha bisogno di risultati altrettanto
veloci, o comunque di una fruizione immediata dei corsi. Nella formazione
finanziata questo non è possibile: mediamente trascorre più di un anno dall’adesione ad una iniziativa formativa fino al suo compimento e per di più il
tutto è soggetto a vincoli di natura burocratica che, a sentire le imprese,
sembrano fatti apposta per disincentivare la partecipazione. Altra criticità è
data dalla necessità che hanno queste imprese di personalizzare, su esigenze
specifiche, la formazione linguistica: nella formazione finanziata i moduli
sono predisposti con largo anticipo e difficilmente adattabili. Un ulteriore
vincolo è dovuto agli orari e alla frequenza dei corsi: gli orari sono rigidi e
poco compatibili con le mutevoli emergenze che possono intervenire in
azienda, soprattutto per le figure apicali, così come le due ore settimanali
(che sembrano essere la frequenza media dei corsi a finanziamento pubblico
proposti) mal si coniugano con l’apprendimento linguistico che necessita di
un periodo di contatto più serrato.
3. L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA
La formazione linguistica impartita a scuola ha costituito e costituisce ancora
oggi per molti l’unica occasione di apprendere almeno i rudimenti di una
lingua straniera. Come emerso dalle indagini sulla domanda espressa dalla
popolazione realizzate nell’ambito del presente progetto1, più dell’80% di
coloro che dichiarano di conoscere una lingua straniera ha ricevuto una formazione esclusivamente scolastica/universitaria, mentre i corsi di lingua frequentati a titolo individuale o sul posto di lavoro rappresentano una quota
marginale, superati da modalità di apprendimento informali, quali ad esempio i viaggi all’estero e la frequentazione di conoscenti, amici, parenti di altra
madrelingua.
Nell’ultimo decennio, però, a fronte dell’emergere di una domanda sempre
più ampia e articolata, per quanto ancora vaga e non ben definita, il panorama dell’offerta di formazione linguistica nel nostro paese si è sensibilmente
arricchito e diversificato, attraverso una moltiplicazione dei soggetti e delle
strutture pubbliche e private impegnate attivamente in quest’ambito.
Anche in virtù di politiche pubbliche finalizzate ad implementare un sistema
educativo che accompagni il cittadino lungo tutto l’arco della vita, si è andata
progressivamente allentando la rigidità quasi dicotomica che ha visto:
-
da un lato il “corpaccione” dell’offerta scolastica curricolare, spesso posto
in stretta relazione con prestazioni valutate come non qualitativamente
soddisfacenti, tanto da evocare con “livello scolastico” una competenza
linguistica elementare;
-
dall’altro il “mondo a parte” delle scuole di lingua private, cui ci si rivolge
per apprendere o perfezionare una lingua straniera e le cui certificazioni,
facendo, nella quasi totalità dei casi, riferimento a standard internazionali,
sono effettivamente ritenute un indicatore affidabile del livello di padronanza di una lingua e, quindi, maggiormente spendibili sul mercato del
lavoro rispetto ad una formazione esclusivamente scolastica.
1
Cfr. cap. 2, Parte II.
90
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Nel contempo, numerosi sono stati gli interventi – sia sperimentali, sia di tipo
più strutturale – finalizzati ad innovare l’offerta di tipo “curricolare”, in direzione non solo di una maggiore diffusione, ma anche di un innalzamento
della qualità dell’insegnamento linguistico scolastico-universitario, riconosciuta, formalmente, attraverso un sistema di certificazioni e, socialmente, dai
cittadini e dal mondo del lavoro.
A questo proposito, è possibile fare riferimento alla progressiva diffusione
dello studio di una lingua straniera fin dalle scuole elementari, all’introduzione di una seconda lingua a partire dalla scuola secondaria di primo
grado, cui si aggiungono gli indirizzi linguistici, sperimentali ma ormai
consolidati, attivati nell’ambito dell’istruzione liceale. Dal punto di vista
metodologico, una particolare valenza innovativa è attribuita alla sperimentazione e diffusione del CLIL - Content Language Integrated Learning,
vale a dire all’utilizzo di una lingua seconda per lo studio di altre materie
curricolari.
Anche sul versante universitario è possibile registrare una serie di importanti
innovazioni quali, tra le altre, la creazione e/o il potenziamento dei Centri
linguistici di Ateneo, la generalizzazione di moduli linguistici nel curriculum,
la sia pur ancora timida diffusione di corsi erogati, totalmente o parzialmente, in lingua straniera2.
Al di fuori dei percorsi scolastico-universitari e formativi rivolti ai giovani,
fermo restando il ruolo chiave svolto dalle scuole di lingua, l’offerta formale3
2
Oltre all’erogazione di corsi in lingua, occorre ricordare la promozione ed il sostegno,
anche economico, ai soggiorni all’estero (corsi, scambi universitari, master attivati in
partenariato con università straniere, stage) spesso attivati con il contributo comunitario.
Questa crescente apertura all’approfondimento delle lingue straniere che oggi gli Atenei
italiani sperimentano rappresenta una chiave di volta importante per la “sprovincializzazione” del segmento di istruzione superiore e per valorizzare maggiormente, a livello
internazionale, la sua lunga e riconosciuta tradizione culturale, scientifica ed umanistica.
3
Nel dibattito europeo e nazionale sul lifelong learning e sul riconoscimento delle competenze comunque acquisite, le modalità di apprendimento e di conseguenza le opportunità
formative sono state classificate in base all’intenzionalità del processo educativo. In particolare, ci si riferisce all’apprendimento formale/offerta formale in relazione ai percorsi e ai
soggetti d’offerta “istituzionali”, con finalità esplicitamente ed esclusivamente formative
(scuola, università, formazione professionale); si definisce come offerta non formale quella
erogata da soggetti diversi dai precedenti, ma che perseguono comunque esplicitamente
finalità educative e che propongono un’offerta con un certo grado di strutturazione, anche
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
91
di formazione linguistica rivolta ad un pubblico adulto o comunque fuoriuscito dal circuito della formazione iniziale, si sta sviluppando lungo due
direttrici, quella del circuito della educazione degli adulti, che poggia le sue
fondamenta nei Centri Territoriali Permanenti (CTP) istituiti presso istituti
scolastici e quella della formazione professionale continua e permanente di
competenza regionale.
A questi soggetti, si aggiunge tutta una serie di organismi, afferenti in particolare al terzo settore ma in cui sono rilevanti anche alcune infrastrutture
culturali e altri servizi pubblici, che concorrono a delineare il panorama dell’offerta non formale.
È proprio sulla formazione linguistica per così dire extracurricolare, non
inserita nei percorsi scolastici ed universitari, che si è focalizzata la presente
analisi, al fine di delinearne le peculiarità quali-quantitative e le principali
direttrici di sviluppo.
Si tratta infatti di un segmento d’offerta, formale e non formale, dai confini
ancora non ben definiti, non sistematica e fortemente legata alle dinamiche
della domanda espressa dal territorio in cui le singole strutture operano.
Accanto a segmenti e soggetti maggiormente visibili, o perché istituzionalizzati nella loro missione, come i CTP o le scuole di lingua private, o perché
erogatori di un’offerta ormai consolidata, come le università popolari e della
terza età, operano altri attori rispetto ai quali le informazioni mancano del
tutto, come nel caso del settore del volontariato sociale e del non profit, o sono
carenti, come nel caso della formazione linguistica erogata dagli enti di formazione professionale anche nell’ambito di percorsi più ampi (moduli linguistici).
È, inoltre, composto da soggetti che, ognuno mantenendo le proprie specificità, possono condividere percorsi comuni, integrati e che utilizzano un mix
di risorse pubbliche e private. È il caso ad esempio delle politiche implementate tramite la misura “formazione permanente” del Fondo Sociale Europeo
2000-2006, cui sono chiamati a concorrere tutti i diversi soggetti attivi nel
se non propriamente corsi. Infine, con apprendimento informale si intende l’acquisizione
di competenze in occasioni non esplicitamente formative, dalle attività più latamente culturali fino alle mere relazioni sociali.
92
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
campo dell’educazione degli adulti, e nell’ambito della quale ampio spazio
hanno trovato gli interventi rivolti a diffondere e a rafforzare le competenze
linguistiche della popolazione.
La ricostruzione dell’universo di riferimento dell’indagine ha incontrato
notevoli difficoltà sia perché, a parte le scuole di lingua private, si è in presenza di organismi non specializzati nella formazione linguistica, sia perché
solo di recente si è iniziato a monitorare le iniziative formative rivolte ad un
pubblico adulto; tali difficoltà sono state superate tramite il ricorso a banche
dati preesistenti e alla costruzione preliminare di un campione ragionato di
alcune tipologie di soggetti d’offerta.
Si tratta, infatti, di un’offerta non ricorrente, ma fortemente legata alle
fluttuazioni della domanda e alle modalità di utilizzo di fonti di finanziamento pubbliche. In questo contesto, i potenziali soggetti d’offerta sono in numero anche notevolmente superiore a quello di coloro che effettivamente decidono di attivare percorsi formativi linguistici.
L’attività di mappatura “ragionata” del panorama dell’offerta ha permesso di
costruire un indirizzario di quasi 5.000 enti ed organismi attivi, o potenzialmente attivi, nel campo dell’istruzione e formazione degli adulti, in genere,
e nella formazione linguistica in particolare.
I suddetti enti/organismi hanno costituito il riferimento per la realizzazione
di una indagine di campo, effettuata tramite la somministrazione di un questionario strutturato, che ha permesso di raccogliere informazioni relative a
1.231 strutture, di cui 1.033 hanno erogato formazione linguistica nel periodo
considerato dall’indagine, ovvero il triennio 2003-2005.
I risultati emersi, come più ampiamente descritto nei paragrafi seguenti,
mostrano una realtà sicuramente in divenire, diversificata dal punto di vista
degli attori in gioco, ma ancora fortemente ancorata a un’offerta corsuale
raramente innovativa, incentrata sull’insegnamento della lingua inglese e,
dal punto di vista organizzativo, sulla costituzione di gruppi-classe. Un elemento significativo è rappresentato dalla consistenza che, nel complesso
dell’offerta corsuale, ha ormai assunto l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda (L2).
D’altro canto, tale offerta sembra corrispondere bene alle richieste espresse
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
93
dalla popolazione4 che si concentrano appunto sull’inglese, come passpartout
per lavoro, viaggi e comunicazione interpersonale, e sui corsi collettivi, ritenuti rassicuranti rispetto ad un confronto individuale con il docente. I corsi
collettivi, oltretutto, costituiscono per molti un’occasione per poter verificare
le proprie competenze linguistiche a fronte di una quasi totale assenza, nel
nostro paese, di momenti di “esposizione” alle lingue straniere.
3.1. I potenziali soggetti d’offerta
Attraverso una ricognizione delle fonti e delle banche dati esistenti è stato
possibile, come già accennato, delimitare l’universo di indagine identificando
un gruppo di strutture di riferimento (4.931 strutture) e costruire un conseguente gruppo di strutture rispondenti (1.231 strutture)5 in grado di restituire
il panorama dell’offerta nelle sue diverse accezioni ed adeguatamente bilanciato in termini di diffusione sul territorio (tab. 16).
Nello specifico, si è fatto riferimento ad una pluralità di soggetti, raggruppati
nelle seguenti macro aree:
-
sistema di formazione professionale (enti di formazione professionale,
Camere di Commercio e loro aziende speciali, scuole aziendali e singole
imprese, servizi per l’impiego);
-
sistema di istruzione (CTP, istituti scolastici superiori, università e centri
linguistici universitari, altri organismi educativi);
-
scuole di lingua private;
-
terzo settore (università popolari, della terza età e dell’età libera, associazioni di volontariato sociale, associazioni ricreativo-culturali, cooperative,
O.N.G., associazioni di categoria ecc.);
4
Cfr. cap. 2, Parte II.
Il dettato progettuale prevedeva di raggiungere 1.000 strutture di offerta. La complessità
della rilevazione ha suggerito di lasciare alle singole organizzazioni la scelta di rispondere
nel modo più confacente al loro profilo e alla loro organizzazione. Gli invii dello strumento
di rilevazione sono stati fatti per posta, per fax e per email. Le modalità possibili di risposta
erano: per posta, per email, CAWI. È stato attivato un help desk telefonico che ha anche
permesso di realizzare parte delle interviste in modalità CATI.
5
94
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Tab. 16 - Distribuzione degli enti e strutture d’offerta per tipologia e area geografica (v.a. e val. %)
Indirizzario
%
Rispondenti
%
Tipologia
Formazione professionale
Sistema di istruzione
Scuole di lingua private
Terzo settore e altre strutture pubbliche
Totale
1.659
744
1.437
1.091
4.931
33,6
15,1
29,1
22,1
100,0
557
227
262
185
1.231
45,2
18,4
21,3
15,0
100,0
Area geografica
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e isole
Totale
1.364
1.017
1.131
1.419
4.931
27,7
20,6
22,9
28,8
100,0
374
285
266
306
1.231
30,4
23,2
21,6
24,9
100,0
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
-
altre strutture pubbliche (biblioteche ed infrastrutture culturali, altre
strutture a livello locale).
Il terzo settore e le altre strutture pubbliche sono stati analizzati unitamente,
sia a causa del minor peso complessivo rispetto agli altri segmenti, sia in
quanto afferenti entrambi al cosiddetto “sistema d’offerta non formale”.
Nella selezione delle strutture da contattare, nell’ambito del circuito “non
formale”, si è tenuto conto dei risultati di analisi precedenti che individuano
le strutture attive nel campo della formazione permanente6 e che forniscono
alcuni dati, seppur parziali, anche sull’offerta di formazione linguistica da
esse erogata.
6
Cfr. Isfol, L’offerta di formazione permanente in Italia. Primo rapporto nazionale, 2003; Isfol,
L’offerta regionale di formazione permanente. Rilevazione delle attività cofinanziate dal Fondo
Sociale Europeo, 2006. Entrambe le pubblicazioni sono state realizzate con la collaborazione
del Censis.
98
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
È importante evidenziare che la maggior parte delle strutture (45,6%) eroga
formazione linguistica da almeno un decennio e che tale “anzianità” non è
esclusivo appannaggio delle scuole di lingua (il 55,6% delle quali opera da
più di 10 anni), ma è molto diffusa anche nell’ambito del sistema non formale
(50% delle strutture) e rimane consistente anche nell’ambito della formazione
professionale (41,5%) e del sistema d’istruzione (36,5%); tale fenomeno può
essere considerato un indicatore della vivacità “sommersa” dei diversi segmenti d’offerta che hanno cercato di fornire una risposta, flessibile ancorché
sporadica e non sistemica7, ad una domanda ancora indefinita ma in evidente
crescita, prima ancora che questa ultima entrasse concretamente nell’orizzonte delle politiche pubbliche (fig. 22).
3.3.
Tipologie formative
La metà delle strutture intervistate opera nell’ambito della formazione linguistica tramite l’attivazione di veri e propri corsi di lingua, sia di tipo collettivo
che individuale. Il 22%, invece, eroga formazione linguistica esclusivamente
nella fattispecie di moduli linguistici inseriti in altri percorsi formativi. Si
registra infine un 28% di strutture che, nel periodo considerato, sono risultate
attive su entrambe le macrotipologie di offerta (fig. 23). Quasi tutte (94%) le
strutture che realizzano corsi, si concentrano sulle lingue straniere, ma il 43%
del totale attiva anche corsi di italiano L2.
3.3.1. Le peculiarità dell'offerta corsuale
Nel complesso, le strutture intervistate propongono corsi di tipo tradizionale,
strutturando l’utenza per gruppi-classe e ricorrendo raramente alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie per erogare corsi con modalità formative
“a distanza” o “blended”. Inoltre, gran parte delle iniziative si focalizza su
corsi di alfabetizzazione linguistica e pone un particolare accento sulla lingua
inglese.
7
Si consideri anche che il 23% delle strutture che erogano corsi di formazione linguistica
ha dichiarato che essi costituiscono per la struttura un’attività occasionale, in quanto erogati solo su richiesta o finanziamento specifico.
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
99
Fig. 23 - L’offerta di formazione linguistica erogata dalle strutture intervistate (v.a.
e val. %)
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
102
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Tab. 17 - Modalità organizzative e target dei corsi erogati dalle strutture intervistate, per tipo di struttura. Anni 2003-2005 (val. % sul totale delle strutture e
var. %)
Tipologia
Formazione
Sistema
Scuole di
professionale d’istruzione lingua
Corsi individuali
rivolti a singoli
Corsi di gruppo
rivolti a singoli
Corsi aziendali o
per la P.A.
Terzo settore
Totale
e altre
strutture
pubbliche
Var. %
2003-2005
14,7
14,8
76,4
23,0
35,4
+6,7
92,6
95,2
88,8
94,3
92,2
+5,8
31,6
10,1
62,2
9,2
34,0
+5,8
Base: 807 strutture che hanno proposto corsi di formazione linguistica
Il totale non è uguale a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
26). Poco più del 40% di tale utenza frequenta le attività formative con finalità
professionalizzanti. In genere, la maggior parte degli utenti frequenta corsi di
gruppo (66,4%), mentre appena il 15,7% è inserito in percorsi individuali ed
il restante 17,9% in corsi attivati per esigenze aziendali o delle amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda i livelli di apprendimento, gli utenti si
distribuiscono tra un 44,9% che frequenta corsi di livello base/elementare, un
35,9% che frequenta corsi di livello intermedio e un 19,2% che frequenta corsi
di livello avanzato. Gli allievi che hanno intenti professionalizzanti e frequentano specifici corsi si concentrano in misura maggiore sui corsi individuali ed
ovviamente su quelli organizzati per conto di aziende e P.A.; inoltre, si osserva una maggiore incidenza di coloro che frequentano corsi di livello avanzato
(26,2%).
Il 56,3% degli utenti è iscritto a corsi di lingua inglese ed il 18,2% a corsi di
italiano L2; tutte le restanti lingue insegnate aggregano appena il 25,5%
dell’utenza (fig. 27).
106
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, nello specifico, il 31,9% delle strutture che hanno attivato moduli linguistici non prevede il rilascio di alcuna
certificazione attestante il raggiungimento di determinati livelli di competenza o almeno la frequenza del modulo (tab. 18). Per il resto, la modalità di
certificazione più usuale e, ad un tempo, più semplice, consiste nel rilascio di
un attestato di frequenza/partecipazione (47,5%), mentre la certificazione
delle competenze acquisite è effettuata dal 34% degli enti. La certificazione
delle competenze effettuata in conformità a standard internazionali – ovvero
strumenti che ne garantiscano la trasparenza e la comparabilità su scala internazionale – è adottata solo dal 7,5% dei rispondenti. Parimenti appena
l’1,9% dichiara di aver adottato il Portafoglio europeo delle lingue.
Tab. 18 - Natura degli attestati rilasciati al termine del modulo di formazione
linguistica (val. %)
%
Attestato di frequenza/partecipazione
Certificazione delle competenze acquisite
Certificazione delle competenze acquisite in base a standard
internazionali
Portfolio delle lingue (Europass)
Il modulo linguistico è certificato dall’attestato di qualifica professionale
Nessun attestato
Il totale non è uguale a 100 poiché erano possibili più risposte
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
47,5
34,0
7,5
1,9
4,6
31,9
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
107
Le attività innovative
Sul totale delle 807 strutture che, nel triennio in esame, hanno proposto
corsi di formazione linguistica, il 79,1% si limita all’erogazione di un’offerta
standard, ormai consolidata. Il restante 20,9%, invece, ha dichiarato di aver
attivato almeno un corso, se non un progetto di più ampio respiro, innovativo rispetto all’attività ordinaria. La più elevata propensione all’innovazione si riscontra nelle scuole di lingua private (27,8%), la più bassa nell’ambito del sistema di formazione professionale (13,9%).
Le caratteristiche che specificano l’innovatività della proposta corsuale, in
base a quanto descritto dalle strutture rispondenti, sono le più diverse ma
legate soprattutto all’organizzazione delle attività da un lato, e agli aspetti
metodologici dall’altro. Per quanto riguarda le lingue oggetto dei corsi innovativi, invece, si nota un’accentuazione della presenza della lingua inglese, che interessa ben il 66,9% delle iniziative censite, una significativa presenza di attività collegate all’insegnamento dell’italiano L2 (16,6%) e l’affiorare di quote sia pur minime di attività innovative focalizzate su lingue
“emergenti” come l’arabo (1,8%) e il cinese (3,6%).
Le modalità formative basate sulla presenza in aula/sede degli allievi costituiscono, anche nel caso di iniziative ritenute innovative, la modalità prevalente, ma la quota di strutture che realizzano corsi a distanza o misti risulta,
rispetto all’offerta standard, sicuramente più significativa, essendo pari al
23,1%.
La maggior parte delle iniziative corsuali analizzate si pone l’obiettivo della
alfabetizzazione linguistica degli allievi (32,5%) o dell’acquisizione di competenze linguistiche professionalizzanti (29,6%), ponendo un particolare accento sulla lingua parlata (91,1%). A fronte di questi obiettivi formativi, la
metodologia didattica più diffusa è la conversazione in lingua tra allievi e
docente (87,6%), anche se un forte peso rivestono le tradizionali lezioni frontali (cui fa ricorso il 55% dei progetti/corsi innovativi). Più della metà dei
progetti (51,5%) inoltre propone la simulazione di situazioni di vita reale.
I materiali didattici più utilizzati sono in primo luogo film, musica, giornali
e libri in lingua originale, cioè il cosiddetto “materiale autentico”, utilizzato
in parte o in maniera esclusiva nell’83,4% dei casi. Il 69,3% delle iniziative
prevede anche la produzione “in proprio” di materiale didattico audiovisivo.
4. LE TEMATICHE EMERGENTI
Il disegno del profilo della domanda di formazione linguistica proveniente
dalla popolazione e dalle imprese e la ricostruzione della mappa dell’offerta
di formazione linguistica che oggi è presente in Italia, hanno più volte creato
la necessità di approfondire alcuni aspetti strettamente legati alla domanda
e all’offerta. Questi aspetti rappresentano altrettanti ambiti di intervento che,
se affrontati in maniera adeguata, possono facilitare il raggiungimento degli
obiettivi di promozione e di sviluppo dell’apprendimento delle lingue straniere in Italia, obiettivi che, del resto, sono anch’essi alla base del Progetto
LETitFLY.
In particolare, attraverso una lettura incrociata dei dati e delle informazioni
raccolte lungo tutto l’arco delle analisi, si sono potuti meglio definire i contenuti e le caratteristiche dei seguenti ambiti tematici:
1. l’importanza di un approccio interculturale nella logica dell’apprendimento linguistico;
2. le opportunità reali e potenziali nell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, o comunque di metodologie didattiche innovative, al fine di migliorare l’incontro fra domanda e offerta di formazione
linguistica;
3. i contenuti del processo formativo dedicato alle lingue di fronte alle esperienze di mobilità geografica e professionale degli individui;
4. il ruolo dell’insegnante di lingua e il profilo che ne sta oggi scaturendo
sotto la spinta dell’innovazione metodologica e tecnologica;
5. l’individuazione del volume di investimento oggi destinato alla formazione linguistica in Italia, attraverso l’analisi delle fonti di finanziamento
esistenti e, nello stesso tempo, l’individuazione del peso finanziario che
gli individui e le imprese sono propensi a sostenere per migliorare la
propria conoscenza delle lingue.
In linea generale, ognuno di questi aspetti, oltre ad essere correlato con la
domanda e l’offerta formativa, presenta ulteriori piani di analisi che consentono una rappresentazione più aderente alla realtà italiana, la quale, come si
110
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
è visto nei capitoli precedenti, ad un primo sguardo può apparire tutt’altro
che soddisfacente per ciò che riguarda la diffusione della conoscenza delle
lingue.
Ma ciò non fa altro che confermare la complessità e la rilevanza della materia
affrontata in questo intervento: attraverso l’analisi della domanda, dell’offerta
di formazione linguistica e delle tematiche trasversali si è infatti creata una
prospettiva di osservazione sul nostro Paese, sul suo modello di sviluppo e
sulle trasformazioni economiche e sociali che lo stanno attraversando. Da
questa prospettiva molte cose sul processo di integrazione economica con
l’Europa, sull’immigrazione e sulla diffusione delle nuove tecnologie appaiono più chiare.
4.1.
Gli aspetti interculturali
La relazione tra efficacia dell’apprendimento delle lingue e approccio interculturale costituisce uno spazio di intervento molto importante su cui l’offerta di formazione linguistica si sta oggi orientando.
Apprendere una seconda lingua – cioè un insieme linguistico diverso da
quello materno – è un compito complesso, che implica l’interiorizzazione di
più competenze e l’acquisizione di un nuovo codice linguistico, caratterizzato
da vari livelli: fonetico-fonologico, morfosintattico, semantico-lessicale, testuale, pragmatico-comunicativo e infine sociale-funzionale. Comunicare in
una lingua seconda implica padroneggiare una relazione ed essere capaci di
penetrazione e comprensione profonda della cultura di cui quella lingua è
tramite.
Con l’interculturalità nell’apprendimento si intende proprio favorire un approccio che sviluppi la capacità del discente di mobilitare le risorse cognitive,
personali e relazionali necessarie a stabilire una mutua relazione di scambio
e comprensione con un soggetto appartenente ad una diversa cultura.
La tendenza globale ad una maggiore condivisione dei destini economici,
politici e sociali genera nuove prossimità relazionali e obbliga a scelte di
indirizzo nella loro gestione che rendono evidente la necessità di non fermarsi ad un livello di puro scambio mediato da una lingua franca. La solidità
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
111
delle identità linguistiche e la ricchezza della literacy nella lingua madre delle
persone rappresentano infatti un presupposto chiave per avanzare verso
orizzonti di scambio interculturale.
A partire da questi presupposti, volendo disegnare una mappa degli aspetti
che vedono al centro la relazione fra interculturalità e apprendimento delle
lingue, si possono in particolare isolare tre ambiti di analisi (fig. 30):
-
il primo riguarda la costruzione delle competenze di comunicazione
interculturale e a questo aspetto si ricollegano l’applicazione dei principi
della pedagogia interculturale che utilizza approcci come l’intercomprensione, l’apprendimento integrato di lingua e contenuti, il padroneggiamento graduale e con progressiva approssimazione di abilità;
-
il secondo riguarda la necessità di creare ambienti adatti all’insegnamento
e all’apprendimento interculturale;
-
il terzo è invece legato alla centralità della formazione degli insegnanti che
sono chiamati a sviluppare le competenze interculturali e a muoversi in
ambienti che hanno al centro l’interesse verso l’interculturalità.
Nello stesso tempo non si possono non considerare tutte quelle spinte
esterne, di contesto, che stanno rendendo necessaria la costruzione di un
ambiente che favorisca l’interculturalità. In particolare si possono isolare
(fig. 31):
-
da un lato le spinte della globalizzazione che, potendo contare su una
forza di lavoro plurilingue e multiculturale e su processi di negoziazione
e scambio nei mercati globali, impongono l’internazionalizzazione delle
imprese e delle organizzazioni;
-
dall’altro lato i flussi migratori nord-sud ed est-ovest che producono le
necessità di gestire il dialogo e l’integrazione di popolazioni e culture
diverse, con ricadute immediate nell’organizzazione sociale, nelle istituzioni e nella scuola.
A queste spinte si aggiunge il processo di integrazione europea che per poter
funzionare sul piano istituzionale e per poter realizzare uno spazio comune,
non solo economico, ma anche sociale e politico, deve poter contare su una
società plurilingue e multiculturale, sull’effettiva circolazione delle persone,
Fig. 30 - Apprendimento delle lingue e dimensione interculturale. La mappa dei concetti
112
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Fig. 31 – Apprendimento delle lingue e dimensione interculturale. La mappa delle spinte presenti nel contesto
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
113
114
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
su sistemi consolidati di dialogo trasparente fra le diverse nazionalità e culture.
In Italia vi è una consapevolezza ancora scarsa dell’esigenza di acquisire e
agire competenze interculturali. Essa viene fatta propria da quote marginali
di popolazione; appare altresì modesta la consapevolezza di come apprendimento delle lingue e capacità di relazione interculturale rappresentino due
facce della stessa medaglia. L’apprendimento delle lingue viene percepito
ancora sovente come fatto “tecnico”, di assorbimento di forme grammaticali
e fonemi, avulso dalla necessaria capacità di immersione e comunicazione in
L2; esso cresce di importanza, ma si mantiene spesso decontestualizzato, sia
in ragione dell’ancora scarsa mobilità delle persone, sia in riferimento ai
modelli scolastici tradizionali che presidiano i processi di apprendimento.
Solo guardando alcune punte di innovazione delle offerte formative è dato
rintracciare metodi e strumenti che si rifanno alla centralità della dinamica
interculturale, e la pongono al centro dell’insegnamento. Ma generalmente si
assiste alla simulazione di forme di immersione, mentre vi è scarsa attenzione
alla valorizzazione della crescente caratterizzazione multietnica della società
italiana come risorsa per l’apprendimento.
L’indagine poi mette in luce come la gran parte delle piccole imprese, che
costituiscono l’ossatura del sistema economico nazionale e non vivono direttamente il contatto con mondi lontani per lingua e cultura, manifestino una
sostanziale disattenzione nei confronti dell’investimento nelle competenze di
comunicazione interculturale dei loro dipendenti, ritenendo sufficiente che
nell’organico – quando necessario – ci sia chi dimostra una padronanza
minimale e tecnica della lingua franca inglese.
In questo panorama, alle prese con l’ingresso massiccio delle seconde generazioni migratorie e stimolato dalle iniziative comunitarie, il sistema
dell’istruzione sembra una volta tanto potenzialmente più avanti del
mondo economico nell’interpretare la centralità delle dinamiche interculturali nel futuro prossimo della nostra società. Ma tali processi appaiono lasciati alla buona volontà dei singoli, più che alla programmazione.
Così si va avanti per buone pratiche nella costruzione di piste di insegnamento innovativo delle lingue, nell’introduzione di sperimentazioni (come
nel caso del CLIL), nella definizione di reti di scambio con altri istituti
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
115
scolastici europei e nella formazione dei docenti per la gestione della
dinamica interculturale.
4.2. Metodologie didattiche innovative e impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
La dimensione dell’innovazione, nell’apprendimento delle lingue, appare
centrata su due aspetti prevalenti (fig. 32):
-
la diffusione pervasiva delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, il cui uso cambia notevolmente il rapporto fra docente e discente
nella formazione in generale e in quella linguistica in particolare;
-
la sperimentazione e l’applicazione di metodologie nuove, che cambiano
i luoghi e gli spazi dell’apprendimento e consentono modalità formative
in grado di superare i limiti e le rigidità delle forme tradizionali di insegnamento e apprendimento.
Sul primo versante la presenza delle nuove tecnologie in aula, le forme miste
di apprendimento in presenza e a distanza, lo sviluppo di processi di
autoformazione e di elearning stanno consentendo una maggiore flessibilità
nell’accesso alla formazione e aumentando, di conseguenza, le occasioni
formative e le opportunità che da esse provengono.
Sul secondo versante invece si stanno adottando metodi e strumenti che risultano coerenti con una maggiore consapevolezza che l’ambiente dell’apprendimento e la possibilità di immersione che la frequenza di quell’ambiente permette, costituiscono il migliore supporto alla formazione di competenze linguistiche.
Su questi aspetti, dalle analisi effettuate è possibile ricavare alcuni indicazioni interessanti. Dal lato dell’offerta di formazione linguistica non si nota una
particolare attenzione verso forme di erogazione innovative: solo il 4,2%
degli enti propone corsi in modalità online; ad essi si aggiunge un 6,2% che
propone modalità miste, intervallando le lezioni a distanza con momenti
d’aula (tab. 19). Chi eroga formazione linguistica pone però l’accento non
tanto sulla scarsa propensione all’innovazione del comparto, quanto piuttosto sulla difficoltà intrinseca nell’apprendimento linguistico che è fatto prin-
Fig. 32 - Innovazione e apprendimento delle lingue
116
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
117
cipalmente di relazione e socializzazione, di comunicazione e interazione
allievo/docente che mal si presta ad essere traslata nelle forme dell’apprendimento a distanza. Gli stessi discenti, dal canto loro, individuano nelle lezioni
frontali di gruppo l’ambito ottimale per apprendere, ma anche per
socializzare le conoscenze acquisite, per confrontarsi e vincere eventuali percezioni di inadeguatezza allo studio delle lingue straniere. Il ricorso a modalità innovative, pur in un panorama in cui la maggioranza dell’offerta sembra
schiacciata sulla domanda, è comunque in crescita e alla ricerca di soluzioni
efficaci e creative: nel triennio 2002-2005 il 20,9% delle strutture, mettendo
insieme corsi e progetti, ha attivato forme innovative di apprendimento linguistico, in cui spicca il ricorso a materiali in lingua originale quali film, libri,
giornali e canzoni, oppure strumenti didattici audiovisivi appositamente
prodotti per essere fruiti nei corsi. Proprio il ricorso a questi materiali può
assecondare e incentivare la domanda di formazione che, si è visto, è presen-
Tab. 19 - Modalità di erogazione dei corsi di lingua straniera e attivazione di corsi
innovativi nel triennio 2002-2005 (val. %)
%
Modalità di erogazione dei corsi di lingua straniera
Online
Blended
Tradizionale
4,2
6,2
89,6
Corsi innovativi attivati dalle strutture che erogano formazione
linguistica
Sì, attivato un corso
Sì, attivato un progetto
Sì, attivato sia corsi sia progetti
No, non attivati
12,4
4,2
4,3
79,1
Corsi innovativi: materiali e strumenti didattici utilizzati
Materiale “autentico” (film in lingua originale, musica, giornali, libri ecc.)
Materiale didattico audiovisivo (filmati, audio ecc.) appositamente
prodotti per il corso
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
47,3
39,1
118
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
te in maniera consistente. La società italiana sembra, infatti, nelle condizioni
di poter fruire di molteplici modalità che vanno dal formale all’informale, per
confrontarsi con il multilinguismo. Nelle famiglie italiane sono usuali strumenti tecnologici quali il videoregistratore, il personal computer, il lettore
Cdrom ed il lettore Dvd, che potrebbero essere concretamente utilizzati per
modalità di infotainment, quando non proprio di formazione linguistica vera
e propria. Più di nicchia, anche se potenzialmente ancor più efficace, è la
diffusione della televisione satellitare che manifesta un trend in continua crescita.
4.3. Bisogni e offerta linguistico-formativa e mobilità geografica e professionale degli individui
Apprendimento delle lingue e mobilità sono fenomeni strettamente collegati
e il fattore “mobilità” come elemento facilitatore dello sviluppo delle competenze linguistiche individuali può essere analizzato sotto due ambiti di approfondimento diversi.
Nello specifico la mobilità – intesa come esperienza di trasferimento in altri
paesi per motivi di lavoro o di studio, con periodi più o meno lunghi di
permanenza – acquista rilevanza diversa se:
- viene presa in esame come strumento di apprendimento;
- viene considerata come prodotto dell’apprendimento.
La mappa concettuale riportata nella figura 33 mette in evidenza la struttura
delle relazioni che caratterizzano le due dimensioni sopra richiamate.
Da un lato infatti si rintracciano tutti quegli strumenti che consentono un
utilizzo “sul posto”, o comunque lontano dal proprio vissuto, della lingua
straniera. I viaggi per motivi di turismo e i soggiorni brevi all’estero, consentono comunque un contatto con un contesto diverso e possono attivare processi di apprendimento formale e informale delle lingue. Nello stesso tempo
e sempre nella logica dell’apprendimento formale e informale, le esperienze
lavorative fino alla migrazione obbligano inevitabilmente l’individuo ad intraprendere tutta una serie di iniziative che permettano un’efficace integrazione e capacità di movimento nell’ambiente di accoglienza.
Fig. 33 - Apprendimento delle lingue e mobilità. La mappa dei concetti
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
119
120
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Secondo un approccio più strutturato si collocano invece quegli strumenti che
fanno parte del progetto formativo dedicato alle lingue e che prevedono nello
stage all’estero l’esperienza conclusiva e fondamentale per l’acquisizione di
competenze linguistiche per motivi di studio e per motivi di lavoro.
Ma la mobilità può essere anche vista come un prodotto dell’apprendimento,
nel senso che grazie all’acquisizione di competenze linguistiche un individuo
dispone di una maggiore possibilità di muoversi in contesti diversi dal proprio e di intraprendere iniziative professionali e imprenditoriali in paesi che
consentono nuove e migliori opportunità di crescita.
È questo uno degli elementi centrali che orientano l’impegno dell’Unione
Europea nella diffusione di programmi finanziati dedicati alle lingue: la libera circolazione di persone, di competenze, di professionalità costituisce infatti un importante presupposto ai processi di integrazione e una risorsa importante per aumentare il potenziale di crescita economica e sociale dell’Unione.
Collegato a questo aspetto risulta poi la necessità di disporre di un quadro
di certezza nei confronti delle competenze linguistiche. La certificazione di
questo tipo di competenze ha avviato un processo di confronto che ha in
Europass e nel Portafoglio Europeo delle Lingue due strumenti chiave per rendere trasparente e condiviso il livello acquisito dai singoli nella conoscenza e
nell’uso delle lingue.
Importanti indicazioni sulla propensione alla mobilità provengono del resto
dalle indagini sulla domanda e sull’offerta di formazione linguistica, da cui
emerge chiaramente come l’apprendimento delle lingue attraverso lo “strumento” mobilità sia, in Italia, un fenomeno marginale. Chi dichiara di conoscere una lingua straniera ammette di averla appresa (nell’85,7% per la prima lingua conosciuta e nell’81,1% per la seconda) all’interno del precorso di
istruzione: ma solo l’11,3% ha partecipato (tab. 20) a progetti di mobilità
internazionale. Se ci si rivolge a modalità informali di apprendimento, al di
fuori dei circuiti scolastici e del lavoro, la correlazione tra mobilità ed apprendimento linguistico si fa più significativa: ben l’84,5% di chi afferma di avere
appreso una lingua straniera in maniera informale ha evidenziato come questo sia accaduto durante periodi trascorsi all’estero; inoltre, a periodi di maggiore esposizione (più di tre mesi) corrisponde la percentuale maggiore di chi
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
121
Tab. 20 - Esperienze di mobilità nell’apprendimento della lingua straniera conosciuta e opinioni sul modo migliore per apprendere una lingua straniera
(val. %)
%
Partecipazione a progetti di mobilità internazionale di chi ha appreso la
lingua straniera nel percorso di istruzione
Sì, organizzati dalla scuola/università (ad es. Leonardo, Erasmus)
Sì, organizzati dalla scuola (ad. es. tramite associazioni, personalmente)
No, mai partecipato
7,7
3,6
89,0
Apprendimento informale della lingua straniera conosciuta, al di fuori
dei circuiti scolastici e di lavoro
Mentre studiavo altre materie all’estero
In vacanza all’estero (Periodo < 3 mesi)
Soggiorno all’estero (Periodo > 3 mesi)
Stage all’estero presenti nei progetti innovativi
5,7
37,3
41,5
24,3
Modalità più efficace per imparare una lingua straniera
Recandosi all’estero (per viaggi, studio, lavoro)
72,4
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
ha appreso una lingua straniera in questo modo. Che la relazione tra apprendimento linguistico (e più latamente interculturale), e mobilità sia stretta ed
efficace, lo testimonia anche il ricorso agli stage all’estero presenti in circa un
quarto dei progetti innovativi segnalati dalle agenzie formative, una cifra
rilevante visti i costi insiti in tale impegno. Ma non c’è dubbio che, almeno
nell’immaginario collettivo degli italiani, quella della mobilità, anche se poco
prescelta, sia la modalità di gran lunga più efficace (segnalata dal 72,4% del
campione) per apprendere una lingua straniera.
In conclusione, dai dati resi disponibili dalla rilevazione, si può sostenere che
l’esposizione diretta ad una lingua seconda rimane uno strumento marginale
utilizzato dagli italiani per apprendere una lingua straniera, e questo proprio
in virtù di una propensione alla mobilità che rimane modesta, inferiore alla
media europea, che a sua volta evidenzia un ritardo nettissimo nei confronti
di altre aree del mondo. Qualcosa sta tuttavia cambiando. La diffusione delle
122
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
iniziative a sostegno della mobilità nel contesto scolastico è stata negli ultimi
anni significativa. Sta uscendo dalle scuole una generazione che ha conosciuto, assai più frequentemente delle precedenti, opportunità di scambio e di
immersione in contesti linguistici differenti da quelli in cui è cresciuta. Ciò ha
fatto aumentare l’interesse giovanile nei confronti della mobilità come strumento funzionale all’apprendimento delle lingue. Sono semmai le imprese,
nonostante i processi di globalizzazione, a muoversi in modo ancora incerto
su questo campo. Per loro la flessibilità è oggi un comportamento essenziale,
ma la mobilità dei dipendenti viene vissuta più come fastidio che come risorsa per l’accrescimento di competenze individuali e collettive. Unica eccezione
sono la minoranza di grandi imprese internazionalizzate e di imprese multinazionali che incentivano scambi con dipendenti di sedi estere e che perfezionano, con tali strumenti, una competenza linguistica già soddisfacente in
partenza.
4.4. Il profilo del formatore di lingua
Al centro dei processi di cambiamento che riguardano la formazione linguistica, si pone la progressiva trasformazione della funzione dell’insegnante di
lingua. In prospettiva, dal ruolo tradizionale consolidatosi nel corso degli
anni, si stanno evidenziando in questi anni – proprio sotto la spinta della
crescente rilevanza delle competenze linguistiche – almeno due importanti
aspetti (fig. 34).
In primo luogo sta prendendo consistenza la necessità che l’insegnante sia in
grado di “formare alla mobilità”; in secondo luogo diventa sempre più importante il ruolo di formatore per l’accoglienza, soprattutto per ciò che riguarda l’insegnamento dell’italiano agli stranieri che scelgono il nostro Paese
come meta del loro progetto migratorio.
Il primo aspetto comporta la necessità di dare contenuti e significato diverso
alla formazione linguistica nel caso essa sia destinata ai giovani oppure agli
adulti. Per i giovani l’insegnamento non può non comprendere l’uso di strumenti innovativi e di supporti divenuti ormai parte integrante della loro vita.
Per gli adulti l’insegnamento non può non assecondare le esigenze di tempo
e di accesso alla formazione che questo segmento della popolazione esprime.
Fig. 34 - Formazione degli insegnanti e conoscenza delle lingue
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
123
124
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
Nel caso dell’accoglienza, invece, cambia in maniera netta il quadro di riferimento: al centro dell’attenzione si pone l’insegnamento dell’italiano agli
stranieri e l’importanza che questa lingua assume per l’integrazione sociale
e professionale degli stranieri in generale e degli immigrati in particolare.
Anche in questo caso la funzione dell’insegnante deve necessariamente diversificarsi in formazione dedicata ai giovani, per la quale l’integrazione nelle
scuole italiane rappresenta un elemento di criticità importante, e formazione
dedicata agli adulti, nel qual caso la disponibilità di competenze interculturali da parte dell’insegnante facilita notevolmente l’acquisizione di competenze di lingua italiana.
La formazione linguistica in Italia è veicolata, in prevalenza e per una precisa
richiesta degli stessi utenti, da lezioni frontali gestite dalla figura del docente
che diviene, dunque, il vero snodo e la variabile più critica nelle esperienze
di formazione linguistica. Ma un efficace insegnamento delle lingue richiede
da parte di docenti e formatori competenze e risorse personali considerevoli.
Gli insegnanti dovrebbero quindi avere la possibilità di essere aggiornati
regolarmente, in particolare per quanto riguarda le grandi potenzialità offerte dall’applicazione delle nuove tecnologie alla didattica delle lingue, visto
che l’avvento delle nuove tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni
ha creato nuovi metodi di insegnamento e apprendimento mettendo in discussione il ruolo tradizionale del docente e del formatore.
Nell’ambito dell’insegnamento linguistico si possono incontrare sia docenti
di lingua attivi nel contesto scolastico e quindi abilitati all’insegnamento
delle lingue sia formatori che si rivolgono ad un pubblico adulto, tra i quali
ritroviamo gli insegnanti che diversificano la loro attività e docenti che non
hanno una formazione specifica nel ruolo. Nell’ambito specifico dell’insegnamento di italiano L2 l’universo è costellato da situazioni ancora più diversificate, che hanno radici nel volontariato e che solo negli ultimi tempi hanno
trovato inquadramento in percorsi formativi specifici. Nella formazione continua e professionale operano docenti provenienti da due macrotipologie di
formazione: quella formale i cui percorsi sono da ricondurre a certificazioni
e/o titoli ottenuti presso istituzioni di tipo privato ma che, per presenza,
organizzazione e per certi aspetti “istituzionalizzazione”, sono riconosciuti
con piena validità e sufficienti per entrare nel mercato dei formatori (si pensi
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
125
ai titoli rilasciati da organismi come il British Council o il Goethe Institut);
quella informale nella quale rientra un’eterogeneità di matrici formative, che
si riflettono anche in una multiformità di modalità di erogazione. Si configura uno scenario in cui coesistono insegnanti madrelingua, quindi con sicura
padronanza dell’idioma ma con diverse e difformi competenze didattiche, e
formatori che hanno acquisito competenze in ambito lavorativo o tramite
precedenti corsi linguistici.
Tutte queste figure sono chiamate, o dovrebbero esserlo, a confrontarsi con
un quadro caratterizzato dall’affermazione dei modelli di certificazione e
apprendimento delle lingue, ispirate agli standard del Consiglio d’Europa,
standard che spingono verso una nuova strutturazione dei curricula e dei
sillabi per definire una qualche regolamentazione, con barriere d’accesso
certe, che approdi ad una forma di certificazione abilitante all’insegnamento
delle lingue per gli adulti.
4.5. Una bassa propensione ad investire nella formazione linguistica
La propensione ad investire nella formazione linguistica da parte della popolazione italiana sembra essere solo in minima parte imputabile a ragioni
economiche, cioè di costo. Partendo dal fatto che dalle dichiarazioni raccolte presso il campione della popolazione italiana solo il 21,9% ha intenzione
di imparare una lingua straniera in futuro, si riscontra, infatti, una quota
superiore al 68% che afferma che non darebbe seguito allo studio delle lingue anche nel caso in cui il corso fosse completamente gratuito (tav. 4). In
parte questo atteggiamento è spiegabile con l’età, poiché ben il 47,6% degli
intervistati dichiara di essere troppo anziano per studiare. Sembrano in
ogni caso intervenire fattori di contesto molto importanti, se è vero che il
60,7% delle persone occupate, prese in esame dall’indagine sul campo, ha
dichiarato di non aver mai utilizzato in ambito lavorativo la lingua straniera conosciuta.
Quest’ultimo elemento risulta del resto coerente con la propensione all’uso
delle lingue da parte delle imprese. Dai dati raccolti emerge che solo 5 aziende su 100 hanno investito nella formazione linguistica nel biennio precedente
il 70,1% degli immigrati intervistati ha intenzione, in futuro, di migliorare la conoscenza
dell’italiano;
il 56,3% degli immigrati intervistati si dichiara molto d’accordo con l’affermazione che nel
lavoro che svolge attualmente è indispensabile la conoscenza della lingua italiana;
nel 56,4% delle imprese intervistate non c’è nessun addetto che conosca una o più lingue
straniere;
solo 5 aziende su 100 hanno realizzato corsi di formazione linguistica negli ultimi due anni;
fra le grandi imprese questo valore sale a 43;
il 66,6% delle imprese dichiara che sicuramente non utilizzerà corsi di formazione
linguistica nei prossimi due anni; per le grandi imprese questo dato scende al 18,5%.
-
-
-
sul totale della popolazione solo il 21,9% ha intenzione di imparare una lingua straniera in
futuro;
il 68,4% della popolazione ha dichiarato che non avrebbe partecipato ad un corso di lingua,
benché gratuito;
il 47,6% degli intervistati dichiara di essere troppo anziano per studiare; il 27,6% non ha
preso iniziative per lo studio delle lingue perché non motivato; il 24,7% dichiara di non aver
tempo per studiare una lingua straniera;
il 60,7% delle persone occupate non ha mai utilizzato, in ambito lavorativo, la lingua
straniera conosciuta;
-
Indicatori
-
-
-
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Imprese
Immigrati
-
Popolazione -
Soggetti
Bassa
Medio-alta
Bassa
Valutazione della
propensione ad
investire nella
formazione linguistica
Tav. 4 - La propensione all’investimento in formazione linguistica: la popolazione, gli immigrati, le imprese
126
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
127
all’indagine e che due terzi delle imprese non hanno affatto intenzione di
accedere a corsi di lingua per i propri addetti nei prossimi due anni. Se si
scorpora dal dato generale quello relativo alle grandi imprese (con almeno
250 addetti), il numero di quelle che hanno realizzato corsi di lingue nei due
anni passati sale a 43, a conferma della differenza di comportamento, nel
sistema economico italiano, tra il mondo prevalente della piccola e media
impresa e quello delle (poche) organizzazioni più estese. Come dato di contesto si può aggiungere che la maggioranza del campione (56,4%) non dispone di personale che conosce le lingue.
Diverso è, invece, il caso degli immigrati. In questo contesto la propensione
risulta chiaramente più alta, anche in prospettiva: il 70,3% del campione di
immigrati intervistati nell’indagine sulla popolazione ha dichiarato di aver
intenzione, in futuro, di migliorare la propria conoscenza dell’italiano, ed è
motivato sostanzialmente dalla consapevolezza che la conoscenza della lingua italiana è indispensabile per il lavoro che viene svolto (affermazione
questa che vede d’accordo il 56,3% del campione di immigrati).
Dai dati delle ricerche svolte emerge, quindi, una limitata propensione da
parte dei privati (individui e imprese) ad investire nella formazione linguistica che viene compensata dall’attore pubblico, in particolare le Regioni, anche
se dagli approfondimenti diretti effettuati presso alcuni enti regionali si riscontra una forte eterogeneità delle modalità di realizzazione dell’offerta.
Se si considera il numero di corsi come un indicatore dell’impegno formativo
in questo ambito, va segnalato l’attivismo della Provincia di Bolzano, la quale
vede crescere l’ammontare complessivo dai 1407 corsi del 2001 ai 1838 del
2005 (tav. 5). In Piemonte il numero dei corsi si è invece attestato a fine 2004
intorno ai 700, mentre nel 2002 il valore era pari a 206. In Emilia Romagna si
è assistito ad una riduzione oggettiva fra il 2000 e il 2005: dai 44 corsi organizzati nel primo anno di riferimento si è passati ai 36 del 2005. In Toscana,
invece, si è registrato un picco nel 2002 con 148 corsi, diventati poi 108 nel
2004.
Sul piano dei costi si osserva, in Emilia Romagna, un importo orario, per il
2005, pari a 239 euro per ciò che riguarda i corsi di lingua in ambito di
formazione professionalizzante, mentre nel caso della formazione permanen-
Il numero dei corsi era pari a 44 nel 2000 e a 36 nel 2005; il costo orario della formazione linguistica nel
2005 varia dai 239 euro dei corsi professionalizzanti ai 150 euro della formazione permanente.
Il numero dei corsi era pari a 70 nel 2000; diventa pari a 108 nel 2004, nel 2002 aveva raggiunto i 148.
Il costo orario della formazione linguistica nel 2005 è pari a 106 euro nei corsi professionalizzanti, 113
euro nella formazione permanente e 235 euro nei corsi per stranieri; nel 2004 il finanziamento previsto
per la formazione linguistica è pari all’1,08% sul totale della formazione finanziata.
Il numero dei corsi di formazione linguistica passa dai 1.407 del 2001 ai 1.838 del 2005; i partecipanti
passano da 10.566 a 13.855.
Il costo orario della formazione linguistica nel 2005 è di 46 euro per i corsi professionalizzanti, di 25
euro per la formazione permanente e di 28 euro per i corsi per stranieri.
Il numero medio di ore è pari a 209 per la formazione professionalizzante, 212 per la formazione
permanente, 150 per i corsi dedicati agli stranieri; il costo del corso va dai 14mila euro (stranieri) ai
30mila euro (professionalizzante).
Emilia Romagna
(anni 2000-2005)
Toscana
(anni 2000-2004)
Provincia Autonoma
Bolzano
(anni 2001-2005)
Abruzzo
(anni 2000-2003)
Fonte: rilevazione MLPS-RTI “LETitFLY”, 2006
Nel periodo 2002-2004 il numero dei corsi di lingua passa da 206 a 702.
I corsi professionalizzanti nel 2004 hanno una durata media di 63 ore e un numero medio di iscritti
pari a 6; la formazione permanente raggiunge, in media, le 79 ore e i 12 partecipanti. È pari a 15 invece
la partecipazione media nei corsi per stranieri.
Piemonte
(anni 2002-2004)
Indicatori della formazione linguistica
Tav. 5 - L’offerta e la domanda di formazione linguistica in alcune regioni italiane
128
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
I RISULTATI DELLE INDAGINI LETitFLY
129
te l’importo è pari a 150 euro. In Toscana, sempre nel 2005, si osserva un costo
orario tutto sommato simile per i corsi di formazione permanente (113 euro)
e per i corsi professionalizzanti (106 euro), mentre per i corsi dedicati agli
stranieri l’importo risulta pari a 235 euro. A Bolzano gli importi orari del 2005
sono più modesti rispetto a tutte e tre le tipologie di formazione: 46 euro per
i corsi professionalizzanti, 25 euro per la formazione permanente e 28 euro
per i corsi dedicati agli stranieri.
Nel complesso, dall’analisi dei dati emerge che l’obiettivo di estendere a tutti
i cittadini la formazione linguistica per tutta la vita, indicato come prioritario
dal Piano d’Azione 2004-2006 per promuovere l’apprendimento delle lingue,
elaborato dalla Commissione Europea1, viene perseguito in maniera differenziata. Sebbene in tutte le Regioni si possa riscontrare una tendenza ad offrire
una formazione linguistica anche agli adulti e secondo un modello di formazione permanente, lo sforzo delle Regioni dovrebbe essere maggiore. L’impiego di più ampie risorse, l’allargamento dell’offerta formativa e in molti
contesti anche della durata dei corsi sono gli interventi prioritari necessari.
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LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
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134
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
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Parere del Comitato delle Regioni in merito alla Comunicazione della
Commissione Promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica: Piano d’Azione 2004-2006 (2004/C 73/06), pubblicato sulla G.U. delle
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Decisione del Consiglio d´Europa 94/819/CE che istituisce il programma
Leonardo Da Vinci, pubblicata sulla G.U. delle Comunità europee n. L 340
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Decisione del Consiglio d´Europa n. 1999/382/CE che dà avvio all’attuazione della II fase del programma Leonardo Da Vinci, pubblicata sulla
G.U. delle Comunità europee n. L 146 dell’11.06.1999.
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Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio d´Europa n. 253/2000/
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DG Istruzione e Cultura della Commissione Europea (sezione dedicata
alle lingue):
http://ec.europa.eu/education/policies/lang/languages_en.html
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Label Europeo: http://www.pubblica.istruzione.it/news/label/index.shtml
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Programma Socrates (sito dell’agenzia italiana):
http://www.bdp.it/socrates/
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Programma Leonardo da Vinci (sito dell’agenzia italiana):
http://www.programmaleonardo.net/
Altri siti afferenti alle tematiche dell’apprendimento linguistico
-
Altrascuola, portale di informazione scolastica su strumenti digitali e
mediateca: http://www.altrascuola.it/
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E SITOGRAFICI
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Apprendere in rete, progetto sviluppato da Microsoft in collaborazione
con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a sostegno
e a supporto di tutte le iniziative dedicate agli insegnanti delle scuole di
ogni ordine e grado: http://www.apprendereinrete.it/
-
Associazione italiana dei centri linguistici universitari: http://www.aiclu.it
-
Associazione dei centri di testing in Europa: http://www.alte.org
-
Associazioni dei docenti in Italia: http://www.associazionedocenti.it/
-
Associazione professionale di insegnanti di lingua inglese:
http://www.tesol.it/Comunicato%20Stampa_TESOL-Italy.doc
-
BEATRIC - Building European pAssport for TRansparent and International Certification Project: http://www.beatric.net
-
CALICO - the Computer Assisted Language Instruction Consortium:
http://www.calico.org
-
Centre International de Recherches et Études Transdisciplinaires (CIRET):
http://nicol.club.fr/ciret/index.htm
-
CLIRO - Centro Linguistico dei Poli Scientifico-Didattici della Romagna:
http://www.cliro.unibo.it
-
CODIF - Libera associazione di Coordinamento dei Docenti INFormati(ci):
http://fc.retecivica.milano.it/rcmweb/codinf/
-
Confederazione europea dei centri di lingua per l’insegnamento superiore: http://www.cercles.org
-
Divertinglese: http://www.divertinglese.rai.it/
-
Educazione & scuola, sito specializzato in problematiche dell’istruzione e
del mondo della scuola: http://www.edscuola
-
Elearning Europa, portale europeo dedicato all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per migliorare l’apprendimento:
http://elearningeuropa.info/
-
European Network of Innovative Schools: http://enis.indire.it/criteri.php
-
European Credit (Transfer) System for Vocational Education and Training
(ECVET): http://www.ecvet.net
142
LA DOMANDA E L’OFFERTA DI FORMAZIONE LINGUISTICA IN ITALIA
-
INDIRE - Istituto nazionale di documentazione per l’innovazione e la
ricerca educativa:
http://www.bdp.it/socrates/content/index.php?action=read_rivista&id=5285
-
IRRE Lombardia: http://www.irre.lombardia.it/TD/FAD/tecnologie.htm
-
Language Learning Technologies: http://llt.msu.edu
-
Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale dell’Innovazione:
http://www.istruzione.it/innovazione/
-
Rai educational: http://www.educational.rai.it/
-
Università per stranieri di Siena: http://www.unistrasi.it
-
Università per stranieri di Perugia: http://www.unistrapg.it
NOTE
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