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1 Forte come la morte è l`amore. LA FEDELTÀ: L`AMORE CRESCE

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1 Forte come la morte è l`amore. LA FEDELTÀ: L`AMORE CRESCE
AMANDO SCOPRIRAI LA STRADA
IL CAMMINO VOCAZIONALE NEL CANTICO DEI CANTICI
di Tosca Ferrante
Forte come la morte è l’amore.
L’AMORE
LA FEDELTÀ: L’AMORE CRESCE ATTRAVERSO
Con profonda gioia ci ritroviamo insieme per accogliere Gesù-Parola e Gesù-Eucaristia che, in
modo instancabile e per Amore, si offre a noi come dono di grazia.
L’itinerario che stiamo percorrendo insieme, alla scuola della Parola del Cantico dei Cantici, ci
sta conducendo gradualmente alla consapevolezza profonda e grata, che l’Amore è dono,
responsabilità e impegno. Dono, in quanto sgorga dalla gratuità del Padre che per Amore ha
dato tutto se stesso nel Figlio Gesù; responsabilità che dal sentirci investiti di tale Amore ci
rende capaci di ridonarlo; impegno nel far si che, attraverso di noi, attraverso la nostra
risposta vocazionale, tanti possano sperimentare la forza che viene dall’Amore e possano
incontrare il Signore della vita.
In tale contesto, insieme pregheremo e mediteremo su un aspetto fondamentale dell’amore: la
FEDELTÀ:
“Forte come la morte è l’amore”.
La fedeltà è una scelta umana di coerenza di vita che trova, per il credente, la sua forza, il suo
fondamento e le sue energie nella fedeltà di Cristo:
“Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote
misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati
del popolo. Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto
personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”. Ebrei
2,17-18.
È la fedeltà di Dio che permette all’uomo di rimanere fedele. La fedeltà non è altro che la
stessa identità d’Amore di Dio il quale dà a ciascuno di noi la capacità di vivere le nostre
relazioni, le nostre scelte, i nostri sì, nella fedeltà. Tutto ciò non sottrae dalle naturali difficoltà
che possiamo incontrare nel cammino… Dio è la garanzia che se i nostri cuori rimangono in Lui,
se confidiamo nel SUO amore fedele, anche il nostro povero amore umano, attraverso le
difficoltà e fragilità, sarà un amore fedele, perché proveniente da Lui e a Lui orientato.
Con questa certezza nel cuore invochiamo lo Spirito dell'amore più forte della morte.
Invocazione allo Spirito
Dal Cantico dei Cantici (8,5-7)
Chi è colei che sale dal deserto, appoggiata al suo diletto? Sotto il melo ti ho svegliata; là,
dove ti concepì tua madre, là, dove la tua genitrice ti partorì. Mettimi come sigillo sul tuo
cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli
inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi
acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze
della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.
1. La vita come amore
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Il brano del Cantico appena ascoltato, rappresenta il vertice dell’esperienza d’amore e, in un
certo senso, ne è l’ideale epilogo. I due innamorati vivono una reciprocità piena, senza alcuna
violenza e sopraffazione dell'uno sull'altro, senza prepotenza maschile. È lei a chiedere di
essere posta come perenne segno d'amore sul cuore e sul braccio di lui, in modo che anche i
momenti di lontananza e di inevitabile separazione siano legati dal ricordo dell'amore e dal
desiderio di un nuovo incontro: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo
braccio…”.
Le parole della donna sono un vero e proprio inno all’Amore, alla divinità dell’Amore – questo
contesto è l’unico in tutto il Cantico nel quale viene menzionato il nome di Dio - come quella
realtà più grande che l’uomo possa possedere, un amore umano che fa gustare la primizia
della vita in Dio. È questa l’irruzione di Dio nella storia: è la nostra capacità di amare e di
sentirci amati che è garanzia di un amore più grande, immenso, infinito.
All’inizio della scena vi è una vera e propria atmosfera di stupore. Da lontano e in un clima di
silenzio, solitudine e pace, si vede apparire una coppia: è la donna che appoggia il capo o il suo
braccio sulla spalla dell’amato. È una sorta di istantanea che ritrae la tenerezza e il reciproco
abbandono dei due innamorati.
Il testo prosegue con le parole della sposa che chiede di essere messa come sigillo sul cuore
dell’amato. Essa vuole esprimere il desiderio di una donazione totale al suo amato e usa il
simbolo del sigillo, che esprime desiderio di vicinanza, unità e appartenenza. .
Nell’Antico Testamento troviamo l’utilizzo del sigillo con significati diversi, in vari brani della
Parola:
Gn 38,18: Egli disse: «Qual è il pegno che ti devo dare?». Rispose: «Il tuo sigillo, il tuo
cordone e il bastone che hai in mano». Allora glieli diede e le si unì. Essa concepì da lui;
Gn 41,42: Il faraone si tolse di mano l'anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di
abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d'oro;
Es 28,11: Inciderai le due pietre con i nomi degli Israeliti, seguendo l'arte dell'intagliatore di
pietre per l'incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d'oro;
Dt 6,6-8: Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne
parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e
quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli
occhi;
1Re 21,7-8: Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu ora eserciti il regno su Israele? Alzati,
mangia e il tuo cuore gioisca. Te la darò io la vigna di Nabot di Izreèl!». Essa scrisse lettere
con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai capi, che
abitavano nella città di Nabot;
Gb 41,7-9: Il suo dorso è a lamine di scudi, saldate con stretto suggello; l'una con l'altra si
toccano, sì che aria fra di esse non passa: ognuna aderisce alla vicina, sono compatte e non
possono separarsi;
Pr 3,3-4: Bontà e fedeltà non ti abbandonino; lègale intorno al tuo collo, scrivile sulla tavola
del tuo cuore, e otterrai favore e buon successo agli occhi di Dio e degli uomini;
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Ger 22,24: Per la mia vita, oracolo del Signore, anche se Conìa figlio di Ioiakìm, re di Giuda,
fosse un anello da sigillo nella mia destra, io me lo strapperei.
Il sigillo di metallo o di pietra serviva per autenticare i documenti e per farsi identificare: era
sempre portato con sé dal proprietario o al dito oppure al braccio come un bracciale, o legato
ad una catenella e pendente al collo, così da cadere direttamente sul cuore, segno della
coscienza di una persona e delle sue decisioni.
Inseparabile, aderente, a contatto con la pelle, il sigillo autentificava, univa, definiva la
persona.
Come il sigillo, l'amata vuole essere lo stesso "io" del diletto, il simbolo della sua identità
personale, la "stessa carne" (Gen 2,24). L'intelligenza, la volontà, l'affettività, l'azione, la
personalità intera deve diventare dono, dono reciproco e assoluto (attenzione a non
confondere ciò con la fusione dei cuori, che può divenire patologica dipendenza). L'amore
tende a una tale pienezza di comunione che ogni incrinatura, ogni divisione, ogni caduta è
inconcepibile. A tale proposito lo stesso san Paolo affermava: «Non sono più io che vivo ma è il
Cristo che vive in me» (Gal 2,20).
Tale desiderio della sposa ha anche una forte certezza: la reciproca appartenenza non può
essere infranta neppure dal nemico della vita e dell’amore, e cioè dalla morte! L’amore è
paragonato a delle fiamme, fiamme del Signore, scintille che appiccano fuochi colossali: sono
fiamme divine. Il termine che noi traduciamo con scintille evoca il nome di un dio sotterraneo
cananeo, Resef, che si pensava riuscisse ad emettere scariche infiammanti la superficie della
terra causando epidemie e stragi. Le fiamme dell’amore sono fiamme divine, supreme e
invincibili, simile a quelle del «roveto del monte di Dio, Horeb, che ardeva nel fuoco ma non si
consumava» (Es 3,2).
E alle fiamme c’è anche un’antitesi : le grandi acque! Tale immagine richiama l’abisso
primordiale, il caos, il nulla, e il pensiero corre anche alla narrazione biblica del diluvio (Gn 68). Le grandi acque non possono spegnere l’amore: la passione dell'amore può salvare il
mondo dalla non esistenza degli "inferi" perché quando un uomo o una donna si amano,
spunta nel mondo una possibilità di ordine, di armonia, di vita: la morte distrugge, l'amore
crea. Neppure le forze distruttrici del caos possono sconfiggere l'amore! Anche se il Caos
originario ritornasse, come fu al tempo del Diluvio, l'amore sussisterebbe. Se è vero che
l'amore non salva gli amanti dalla morte, in ogni caso la morte non può niente sull'amore!
Stupenda questa certezza!
Il filosofo Gabriel Marcel affermava: “Se c’è in me una certezza incrollabile, essa è quella che
un mondo che viene abbandonato dall’amore, deve sprofondare nella morte, ma che dove
l’amore perdura, dove trionfa su tutto ciò che lo vorrebbe avvilire, la morte è definitivamente
vinta”.
E Blondel gli fa eco affermando: “E’ l’amore che fa esistere”. L’amore vince la morte, ci fa
sentire come l’ultima parola non sia il silenzio e la lacerazione dell’ultimo addio.
Per amore siamo nati, per amore viviamo. Essere amati è gioia. Non esserlo è la tristezza
infinita del cuore: “Chi non ama rimane nella morte” ci ricorda san Giovanni (1Gv 3,14). La
vita stessa, la vocazione più profonda degli esseri è l’amore.
S. Caterina afferma: “Quando ci ha creati Dio ha preso dalla sua madia una pasta di amore e ci
ha impastati di amore. Siamo tutti dei mendicanti di amore. Qui la nostra verità, la nostra
forza e la nostra debolezza. Essere significa amare”.
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Se questo è amore, allora con San Paolo possiamo anche noi affermare:
“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la
persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?… In tutte queste cose noi
siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io infatti sono persuaso
che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né
potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci
dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,35-39).
Alla luce di quanto detto finora, possiamo chiederci:
Chi è il sigillo della mia vita?
Chi autentica quello che faccio, penso, sono?
Chi o cosa mi separa dall’amore di Cristo?
Mi sento amato/a? Da chi?
2. Il vero amore
Andando a passeggio certamente ci è capitato di leggere qualche graffito d’amore, alcuni più
volgari, altri più leggibili, altri ancora di una ingenuità disarmante come questo: «Noi siamo
forse le uniche persone al mondo che si vogliono veramente bene. By Danilo».
E ancora, con particolare riferimento al nostro tema: «le persone possono morire, i palazzi
bruciare ma il vero amore è per sempre!. By Dario forever».
Di fronte a tali affermazioni, oltre alla tenerezza che richiamano queste frasi, ci possiamo
chiedere: ma di quale amore si tratta? Se Dario, il ragazzo che ha scritto la frase, rispondesse
che è il loro amore che supererà tutte le difficoltà, che non si arresta di fronte a niente, che
neanche la morte può togliere, forse il suo sarebbe un delirio legato all’illusione di poter
controllare la vita e la morte stessa.
Sappiamo bene, invece, come chi fa esperienza di “vero amore” fa esperienza che l’amore non
è un prodotto o puro risultato di uno sforzo, ma è amore che precede e continuerà anche dopo
la propria esperienza di aver amato.
L’amore umano, il vero amore, è consapevole del fatto di essere una «fiamma del Signore», di
essere custoditi da Lui anche quando non si è capaci di custodirlo con le proprie forze.
Il vero amore sa che l’efficacia dell’amore va oltre la morte, perché la vince, provoca e
coinvolge l’uomo in un processo di fede che richiede di avere una nuova visione della morte
stessa. Un bel testo del vescovo Baldovino di Canterbury (1190) aiuta ad entrare
maggiormente all’interno di questa attualizzazione:
«Forte è la morte perché è capace di privarci del dono della vita. Forte è l’amore,
che è capace di ricondurci a un uso migliore della vita. Forte è la morte, che è in
grado di spogliarci del vestito di questo corpo. Forte è l’amore, che è capace di
strappare le nostre spoglie alla morte e restituircele. Forte è la morte a cui nessun
uomo è in grado di resistere. Forte è l’amore al punto da trionfare su di essa,
spuntarne il pungiglione, smorzarne la forza, vanificarne la vittoria… Forte come la
morte è l’amore, perché l’amore di Cristo è la fine della morte».
Il vero amore è fedele! La sposa del Cantico chiede: “mettimi come sigillo sul tuo cuore, sul
tuo braccio”. Il sigillo è posto sul cuore dell’altro, cioè dove l’altro sceglie, dove è libero, dove
può dire “io”, un io che in qualsiasi risposta vocazionale è chiamato a diventare un “noi”.
Inoltre il sigillo è posto sul braccio dell’altro, e cioè sulla sua storia. Nulla, nulla resta fuori da
questo sigillo: la vita dell’altro mi sta a cuore tutta, non una parte, quella magari che mi
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gratifica di più, quella meno faticosa, quello più accettabile agli occhi e al cuore. La vita
dell’altro la accolgo tutta e con fedeltà e nella libertà.
Infatti il sigillo non rappresenta un diritto di precedenza sull’altro, quasi a dire: «dimmi che
ciò che pensi, che senti, che fai è in riferimento a me, dimmi che sono sempre presente, dimmi
che sono il tuo chiodo fisso…». Il Cantico ci ha ben insegnato finora che l’amore non è un
ingenuo e riduzionistico intimismo, ci ha insegnato che non si tratta sempre e solo di starsi
di fronte, di farsi riferimento reciproco, di essere sempre orientati l’uno verso l’altro. Si tratta
ad un certo punto di uscire stasera da questa chiesa e rendere visibile e concreto l’amore che
abbiamo percepito, che stiamo gustando, che stiamo ricevendo dalla Parola del Signore.
Il sigillo sottolinea un’appartenenza, dà valore e autenticità, significa che colui che lo possiede
ratifica il documento e viene nel contempo riconosciuto-identificato con il sigillo. Perciò il sigillo
è qualcosa di pubblico, di rivolto all’esterno. Perché allora si può divenire sigillo l’uno per
l’altro? Perché, risponde il Cantico, l’amore è una fiamma del Signore! Quindi il sigillo è segno
della Sua certificazione. È l’amore che noi viviamo nella nostra esistenza, il nostro amore è la
testimonianza che l’Amore esiste, un MERAVIGIOSO E UMILISSIMO AMORE che si lascia celebrare dal
nostro amore (matrimoniale, amicale, donato attraverso la consacrazione).
Ci chiediamo allora:
Qual è per me il significato del vero amore?
La vita dell’altro mi riguarda in tutta la sua interezza?
Come esprimo nella quotidianità il sigillo dell’Amore che esiste?
Come esprimo il mio amore per l’altro?
3. L’amore fedele
Oggi la fedeltà sembra quasi una parola dimenticata dal lessico dell’amore: il “mi impegno ad
esserti fedele per tutta la vita” (espressione che con parole diverse è il fondamento di
qualunque scelta di vita), sembra sempre più antiquato. Ci si chiede il perché sacrificare la
possibilità di essere continuamente aperti alla novità dell’amore, intesa come possibilità di
cambiare, rinnovare, essere liberi di scegliere ora una persona ora l’altra da amare, o meglio
da “usare”. Tutto lo scenario culturale di oggi sembra disporci ad accogliere e cogliere tutte le
opportunità che ci si presentano; e ogni divieto viene visto come una sorta di attentato alla
libertà personale.
Ma è esattamente così? La fedeltà è proprio una catena? È solo risposta ad una promessa fatta
il giorno del matrimonio, della consacrazione religiosa, dell’ordinazione presbiterale, dell’invio
in missione ecc?. Oppure è innanzitutto fedeltà alla propria persona, a se stessi, alla
propria libertà?
Di solito quando pensiamo alla parola fedeltà, subito ci viene in mente un impegno preso verso
gli altri, così che l’altro/a diventa il motivo della mia fedeltà. Questo, se da una parte è giusto,
dall’altra rischia di essere riduttivo in quanto colloca la fedeltà in un ordine di divieto, rigidità,
astrattezza, monotonia, perdita di vitalità.
La fedeltà, in fondo, è innanzitutto verità verso se stessi, è possibilità di essere fedeli al proprio
progetto personale di vita, progetto per il quale si è investita, o si sta investendo, tutta la
nostra esistenza, la nostra unica esistenza.
La fedeltà riguarda innanzitutto il progetto di amore che ciascuno di noi desidera costruire,
riguarda la felicità verso la quale ciascuno aspira.
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La fedeltà non è un comandamento esterno ma un obbligo interiore per chi ama. Rimanere
fedeli non è vivere con rigidità il proprio sì ma è impegno a crescere continuamente
nell’amore;
è continuare a credere fortemente che il progetto/sogno di Dio a cui abbiamo aderito continua
a svolgersi e a coinvolgermi;
è vivere anche i momenti difficili come passaggi necessari perché il nostro amore si purifichi
dalle motivazioni egoistiche ed egocentriche.
Camminare nella fedeltà, significa credere che l’amore non è una distensione ma una continua
tensione che è attesa, desiderio, speranza.
Crescere nella fedeltà, dunque, è vivere il Vangelo dell’amore con la consapevolezza che la
«fedeltà di Dio è più forte delle nostre fragilità» (2Tim 2,13).
È Dio che ci rende fedeli anche nelle difficoltà, perché vuole, attraverso di noi, che tutti
raggiungano la fedeltà, la santità, la pienezza di umanità.
In tale prospettiva evangelica, potrebbero essere necessarie alcune attenzioni nel cammino:
L’amore è incontro che si arricchisce nella misura in cui questo momento permane
come espressione delle relazioni: ascoltarsi, raccontarsi i propri sentimenti, prendersi cura
dell’altro;
L’amore è gioiosa responsabilità di ideare, progettare, essere creativi nella fantasia
dello Spirito;
l’amore è rispetto, è rivolgersi verso la persona, per guardarla, prendersi cura, darsi
pensiero. A riguardo così si esprime Papa Benedetto nell’enciclica Deus caritas est:
«La scoperta dell'amore diventa ora scoperta dell'altro, superando il carattere
egoistico
prima
chiaramente
dominante.
Adesso
l'amore
diventa
cura
dell'altro e per l'altro. Non cerca più se stesso, l'immersione nell'ebbrezza
della felicità, cerca invece il bene dell'amato: diventa rinuncia, è pronto al
sacrificio, anzi lo cerca» (Dce 6).
l’amore è crescere nella familiarità con la Parola di Dio in un clima di ascolto e di
preghiera;
l’amore è camminare in un maturo discernimento umano e di fede sulle scelte che
orientano il futuro, tenendo presente i nostri sogni e la realtà quotidiana che sempre ci
interpella;
l’amore è fortificarsi attraverso una intensa vita sacramentale (Riconciliazione ed
Eucaristia) per lasciarsi incontrare dalla fedeltà e dall’amore di Dio;
l’amore è testimoniare il volto di Gesù di Nazareth. Così scriveva Giuliana da Norvich,
donna poco più che trentenne, “semplice e illetterata”, che ha avuto il dono di alcune visioni
rivelatrici. In particolare sull’amore di Cristo racconta:
«Dal primo momento in cui ebbi
queste rivelazioni, spesso desiderai sapere che cosa intendesse nostro Signore. Più di
quindici anni dopo, mi fu data in risposta una comprensione spirituale e mi fu detto: Bene,
vorresti sapere, dunque, cosa ha inteso il tuo Signore e conoscere il senso di questa
rivelazione? Sappilo bene: amore è ciò che lui ha inteso. Chi te lo rivela? L’amore. Che cosa ti
rivela? Amore. Perché te lo rivela? Per amore. Rimani salda nell’amore e lo conoscerai
sempre più a fondo. Ma in lui non conoscerai mai cose diverse da questa, per l’eternità...
Così imparai che nostro Signore significa amore».
l’amore è essere disposti a “dare la vita”:
Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di
costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse:
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«Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?
». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci
le mie pecorelle». Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi
bene? ». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi
bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli
rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. [18]In verità, in verità ti dico: quando
eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando
sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà
dove tu non vuoi». Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe
glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi» (Gv 21,15-19)
Concludo con una breve riflessione del Vescovo Rino Fisichella:
«Dinanzi alla comprensione dell’amore cristiano ciascuno, credente o non credente, è chiamato
ad interrogarsi per comprendere dove trova fondamento questa forma di amore. Quando si
afferma che la cosa più importante nella vita è “amare”, si attesta una grande verità. Bisogna,
però, essere capaci di assumere le conseguenze di questa affermazione. È necessario
ammettere e capire che cosa sia l’amore! Ora, su quale metro si potrà misurare l’amore se non
su quello che Dio ha rivelato nella vita di Gesù Cristo? L’amore non è una realtà di cui
possiamo disporre a nostro piacimento; è vero il contrario. Noi dobbiamo essere disposti ad
essere mossi dall’amore e a vivere in esso…
[…] Solo una piena e grande fedeltà ci permetterà di capire come l'amore si realizza e cosa
chiede in cambio. L'amore si nutre di fedeltà e questa mostra il vero volto dell'amore; non
c'è alternativa. Ritornano con tutta la loro carica di provocazione le parole del santo vescovo
Agostino: "Abita nell'amore ed esso abiterà in te. Resta nell'amore e lui resterà in te. Fratelli
miei. Ma uno ama ciò che non vede? Ma perché quando si intessano le lodi dell'amore vi
sollevate, applaudite e gioite? Cosa vi ho mostrato? Qualche bel colore? Vi ho posto dinanzi oro
o argento? Ho tolto gemme da un forziere? Ho mostrato qualcosa di simile ai vostri occhi? O
forse il mio volto si è mutato parlandovi? Certo non vedete nulla. Come vi piace ciò che lodate,
così vi piaccia conservarlo nel cuore… Se vi piace l'amore lo avete, lo possedete: non c'è
bisogno che commettiate un furto, non c'è bisogno di comprarlo, è gratuito. Tenetelo saldo,
abbracciatelo: nulla è più dolce. Se quando ne parliamo è tanto bello, come sarà quando lo
avremo?"» 1.
1
Agostino, In 1 Joh 7,10.
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