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UGLVVF 015 tempo tuta - Ugl Vigili del Fuoco

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UGLVVF 015 tempo tuta - Ugl Vigili del Fuoco
FEDERAZIONE NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO
ORGANIZZAZIONE SINDACALE RAPPRESENTATIVA DEL PERSONALE DIRETTIVO E DIRIGENTE
DEL CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO
COORDINAMENTO SICUREZZA
Segreteria Provinciale Vigili del Fuoco - Roma
Al Sig.
COMANDANTE
Comando Provinciale Vigili del Fuoco - ROMA
Roma, 29/10/2014
Dott. Ing. Marco GHIMENTI
Prot. n° 015 AM
e-mail
[email protected]
[email protected]
(da citare in caso di risposta)
Oggetto:
diffida tempo tuta.
Stimatissimo Comandante,
questa O.S. chiede, per il personale del Comando Provinciale Vigili del Fuoco di
Roma, la retribuzione del tempo tuta così come previsto dalla giurisprudenza in
materia.
Recentemente abbiamo sentito parlare sempre più spesso del tempo tuta cioè del
tempo che un lavoratore impiega per indossare e dismettere la divisa da lavoro o
uniforme, all'inizio e al termine del turno lavorativo.
La Suprema Corte ha meglio definito l’orario di lavoro come il periodo di tempo che il
dipendente dedica al datore di lavoro, le attività provenienti da fonti eterodirette (cioè
datoriali), sono state incluse nell'orario di lavoro e, quindi, retribuibili ai sensi dell’art.
36 della Costituzione Italiana.
Il tempo tuta o divisa, così definito perché solamente impiegato per compensare il
tempo dedicato alla vestizione ed alla svestizione del lavoratore per la preparazione
alla prestazione contrattuale, è stato, di fatto, limitato a pochi minuti al giorno ad
alcune categorie.
Inoltre al tempo tuta relativo all'indossamento della divisa deve necessariamente
essere inserito il tempo impiegato alle esigenze di igiene (tempo utilizzato per
effettuare una doccia dopo aver smontato dal servizio) legate al specifico lavoro che il
Vigile del Fuoco svolge nella società.
Secondo l’art. 1, co. 2/a del D.Lgs. 08.04.2003 n. 66, deve intendersi per orario di
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lavoro “il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro”, quindi, in
questo periodo, è incluso anche il tempo impiegato per preparare la prestazione
lavorativa (orario di servizio) ovvero per dismettere gli abiti borghesi e indossare la
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VIGILI DEL FUOCO - POLIZIA DI STATO – POLIZIA PENITENZIARIA – CORPO FORESTALE DELLO STATO - POLIZIA LOCALE
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divisa e per terminare la prestazione lavorativa dismettendo la divisa per indossare i
propri abiti.
Difatti non potrebbe essere altrimenti in quanto se si includessero tali attività
propedeutiche (preparatorie e terminali alla prestazione principale) nell’orario di
servizio, esse verrebbero assorbite nelle 36 ore settimanali previste dalla
contrattazione collettiva nazionale, con grave pregiudizio e danno del soccorso.
Le 36 ore settimanali definiscono, quindi, l’orario di servizio cioè l’impegno orario
complessivo durante il quale il dipendente deve svolgere le mansioni per le quali è
stato assunto (artt. 2103 C.C.).
Tale logica deduzione, a cui aderisce oltre la giurisprudenza in materia anche il
Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, parte del presupposto che,
in ossequio all’art. 36 Cost., il tempo che il lavoratore mette a disposizione del proprio
datore di lavoro deve essere retribuito.
Sulla base ai suesposti dati normativi, la giurisprudenza consolidata ritiene che il
tempo di vestizione e svestizione è computabile nella nozione di orario di lavoro
quando l’attività risulta eterodiretta dal datore di lavoro (Cass. 22 luglio 2008, n. 20179
in Dir. prat. lav., 2008, 2332 e in Lav. prev. oggi, 2009, 248; Cass. 8 settembre 2006,
n. 19273 Foro it., rep., 2006, voce lavoro -rapporto- 1190; Cass. 21 ottobre 2003, n.
15734 in Riv. it. dir. lav., 2004, II, 604) cioè quando è il datore di lavoro che esige l’uso
della divisa come condizione imprescindibile della prestazione lavorativa come,
appunto, avviene negli ambienti di lavoro dei Vigili del Fuoco che devono garantire un
elevato livello di sicurezza oltre che l’identificazione della qualifica.
La scienza giuridica prevede che per valutare se il tempo occorrente per indossare la
divisa aziendale debba essere retribuito o meno, “occorre far riferimento alla disciplina
contrattuale o regolamentare specifica: in particolare, ove sia data facoltà al lavoratore
di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria
abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza
preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale non deve essere
retribuita, mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il
tempo ed il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo
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ad essa necessario deve essere retribuito” (Cass. 22 luglio 2008, n. 20179; v. anche
Cass. 08 settembre 2006, n. 19273; Cass. 21 ottobre 2003, n. 15734).
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Non può dubitarsi che la divisa non possa essere indossata presso l’abitazione del
lavoratore perché in tal caso si vanificherebbe ogni precauzione destinata a garantire
il massimo dell’igiene.
Dunque, se il lavoratore è obbligato dal potere datoriale che si estrinseca attraverso le
circolari o gli ordini di servizio, alla vestizione sul luogo di lavoro, la prestazione inizia
con l’accesso in azienda e termina, parimenti, con l’uscita (si ritiene infatti che “il
lavoratore entrando nella sede di servizio si sottopone già al potere direttivo del datore
di lavoro, ed è da tale momento che inizia la prestazione”, per cui il tempo per
indossare la divisa “rientra a buon diritto nell’orario di lavoro, essendo anche
manifestazione di soggezione di quel potere”. - Cass. 14 aprile 1998, n. 3763.
In questo caso, tempo tuta, rientra nell’orario di lavoro e, come tale, deve essere
retribuito.
Si realizzano, infatti, contemporaneamente, le tre condizioni necessarie per
configurare la nozione di orario di lavoro ai sensi dell’art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 66/2003: il
prestatore è sul luogo di lavoro, nell’esercizio della sua attività e delle sue funzioni,
ma, soprattutto, è a disposizione del datore di lavoro.
Al contrario, tale attività preparatoria, non può essere considerata orario di lavoro e, di
conseguenza non sarà retribuita, se il datore di lavoro lascia che sia il lavoratore a
scegliere il tempo ed il luogo per indossare la divisa.
In questa ipotesi, infatti, la relativa attività rientra nei compiti di diligenza del lavoratore
ex art. 2104, co. 1 C.C..
Diversamente il datore di lavoro è obbligato a predisporre delle strutture idonee per lo
svolgimento delle attività di vestizione e svestizione solo per ragioni di salute e di
decenza.
La legge prevede, infatti, che tale obbligo di mettere a disposizione “locali
appositamente destinati a spogliatoi” sussista solo quando i lavoratori “devono
indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non
si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali” (art. 40, co. 1, D.P.R. 19.03.1956, n.
303; D.P.R. 10.01.1957 n. 3; D.Lgs. n. 81/2008, sul punto, la stessa giurisprudenza ha
precisato che “se la divisa aziendale deve essere indossata per ragioni estetiche, i
lavoratori non hanno diritto allo spogliatoio per cambiarsi”: Cass. 06 maggio 2008, n.
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11071).
Al Comando dei Vigili del Fuoco di Roma la divisa non viene certamente indossata per
questioni estetiche, anzi, protegge il personale da fonti calore, da acidi, da contatti con
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liquidi biologici, talvolta anche potenzialmente infettivi (epatiti, tubercolosi, vomito,
sangue, urine, feci, ecc.).
A conferma di quanto sopra detto l’INAIL, Settore Ricerca - Dipartimento di Medicina
del Lavoro, nel 2012 ha pubblicato un manuale informativo “Il rischio biologico per i
soccorritori non sanitari dell’emergenza”. Tale volume è indirizzato agli operatori dei
servizi di emergenza: Vigili del Fuoco, Operatori delle Organizzazioni di Volontariato,
Corpo Forestale dello Stato, Guardia Costiera, soltanto dopo le Forze di Polizia:
Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Forze Armate, Capitanerie di Porto,
Autorità di Polizia Locale, che intervengono in situazioni estremamente diversificate
tra loro richiedendo interventi di soccorso rapidi, efficaci e sicuri. Ricordiamo che fra i
componenti del coordinamento scientifico troviamo anche il Dirigente Superiore
Medico Daniele Sbardella responsabile del Settore Sanitario dei Vigili del Fuoco.
La divisa ha in questo caso un valore assolutamente finalistico e di tutela, ex art. 2087
C.C., per tutte le attività professionali esercitate dai Vigili del Fuoco (Cass. 22 luglio
2008, n. 20179 in Dir. prat. lav., 2008, 2332; Cass. 08.09.2006, n. 19273, in Foro it.,
rep., 2006, voce lavoro (rapporto) 1190; Cass. 21.10.2003, n. 15734, in Riv. it. dir.
lav., 2004, II, 604; Cass. 14.04.1998 n. 3763 in Lav. nella giur (Il), 1999, 31).
Recentemente le sentenze della Cassazione n. 2135 del 31.01.2011 (All. 15 All. 15
All. 15) e n. 19356/2010 hanno stabilito che il tempo per indossare la divisa aziendale
deve essere autonomamente retribuito ove la relativa prestazione, pur accessoria e
strumentale rispetto alla prestazione lavorativa, debba essere eseguita in base a
direttive aziendali o per disposizione normativa e sia autonomamente esigibile dal
datore di lavoro, il quale può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella
preparatoria.
La Corte di Appello di Venezia aveva condannato il datore di lavoro al pagamento
della retribuzione dovuta per il tempo necessario ad indossare i mezzi di protezione
sul presupposto specifico dell’obbligatorietà della prestazione (secondo lo stesso
filone logico che fonda il tempo tuta).
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Nel giudizio, infatti, veniva accertato che anche prima dell’entrata in vigore della nuova
normativa sull’orario di lavoro, la conclusione sarebbe stata la medesima sulla base
della presunzione di onerosità, tipica del lavoro subordinato, della messa a
disposizione delle energie lavorative, non solo per lo svolgimento delle mansioni
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affidate, ma anche per l’espletamento delle attività prodromiche ed accessorie
all’attività di lavoro in senso stretto.
Infatti dopo aver confermato che la giurisprudenza in materia, già prima dell’entrata in
vigore del D.Lgs. n. 66 del 2003, occupandosi del cosiddetto tempo-tuta, ovvero del
tempo necessario ad indossare gli abiti di lavoro, ne aveva stabilito la commutabilità
nell’orario di lavoro (cfr. Cass. nn. 3763/98 e 4824/92), sul presupposto che la
presunzione di onerosità, tipica del lavoro subordinato, si riferiva al tempo impiegato
non solo per lo svolgimento in senso stretto delle mansioni affidate, ma anche per
l’espletamento di attività prodromiche ed accessorie a quello svolgimento, ha dedotto
che in alcuni particolari ambienti di lavoro, la divisa non ha una semplice funzione
estetica ma protettiva (come nel caso dei Vigili del Fuoco per esempio) per cui la
divisa deve essere considerata a tutti gli effetti un dispositivo individuale di protezione
(DPI) e il rifiuto di indossarla produce in capo al lavoratore conseguenze gravi sul
piano disciplinare.
Continua la sentenza: “in relazione alle caratteristiche pericolose della prestazione
lavorativa dei suoi dipendenti, il datore ha l’obbligo di fornire agli stessi dei mezzi di
protezione individuali e di osservare che i medesimi siano indossati al momento
dell’inizio dell'attività lavorativa. E’ evidente che il tempo necessario affinché i
dipendenti, all’interno dell’azienda, provvedano a indossare i mezzi di protezione, è un
tempo messo a disposizione del datore di lavoro. In tal modo, anche il tempo che il
lavoratore impiega, all’interno dell’azienda, per indossare e togliere i dispositivi di
protezione individuale, rientra nella nozione di orario di lavoro: infatti, quel tempo è
impiegato affinché il datore di lavoro possa in concreto adempiere esattamente
all’obbligazione di osservare la normativa antinfortunistica (nella specie quella che
prescrive l’obbligo di fornire ai dipendenti dispositivi di protezione individuale e di
esigere che questi siano effettivamente utilizzati durante la prestazione lavorativa).
Tale orientamento è stato confermato anche dalla più recente giurisprudenza,
secondo cui nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo occorrente per indossare la
divisa aziendale, ancorché relativo a fase preparatoria del rapporto, deve essere
autonomamente retribuito ove la relativa prestazione, pur accessoria e strumentale
rispetto alla prestazione lavorativa, debba essere eseguita nell’ambito della disciplina
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d’impresa e sia autonomamente esigibile dal datore di lavoro, il quale può rifiutare la
prestazione finale in difetto di quella preparatoria (Cass. n. 19358/2010) … il tempo
impiegato, all’interno dell’azienda, per le attività di vestizione e svestizione di tutti i
dispositivi di sicurezza, si configura infatti, anche in questo caso, come tempo a
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disposizione del datore di lavoro. In altri termini, poiché il diritto alla retribuzione sorge
per il solo fatto della messa a disposizione delle energie lavorative, la semplice
presenza del dipendente in azienda determina la presunzione della sussistenza nel
datore di lavoro del poter di disporre della prestazione lavorativa”.
Pertanto sulla stessa linea la sentenza della Cassazione 08.04.2011 n. 8063 ha
richiamato il principio di diritto per cui “ai fini di valutare se il tempo occorrente per
indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno, occorre far riferimento
agli obblighi imposti dal datore di lavoro” (principio già fissato da Cass. n. 192073
dell’08.09.2006) per cui si è reso necessario verificare in concreto se le operazioni di
vestizione potevano svolgersi in luoghi diversi ed anche prima di recarsi al lavoro
oppure se si trattava di attività diretta dal datore di lavoro che ne disciplinava il tempo
ed il luogo di esecuzione.
Nel caso in cui l’operazione di vestizione costituisca l’oggetto di un’obbligazione
discendente dal contratto o dal potere datoriale che esprime il contenuto della
prestazione lavorativa potendone il datore di lavoro disciplinare il tempo ed il luogo, in
quanto attività etero-diretta, tale periodo di tempo rientra nella nozione di lavoro
effettivo e, pertanto, deve essere corrisposta la retribuzione.
Addirittura, secondo l’avviso della giurisprudenza maggioritaria (ex plurimis Cass.
25.06.2009 n. 14919 e Cass. 02.07.2009 n. 15492), le clausole contrattuali che
prevedono la modalità di svolgimento delle attività propedeutiche alla prestazione
principale (es. il tempo tuta) non hanno funzione prescrittiva, stante la prevalenza
della fonte legale e, pertanto, devono essere interpretate in senso conforme al dettato
legislativo per cui le operazioni preparatorie e/o integrative della prestazione lavorativa
che siano, rispettivamente, anteriori o posteriori alla timbratura dell’orologio
marcatempo vanno comunque retribuite trovandosi già il lavoratore in azienda e a
disposizione del datore di lavoro.
Non vale quindi la disciplina collettiva ad escludere la retribuibilità dei tempi di
vestizione/svestizione solo perché collochi tali operazioni nella fase anteriore e
posteriore alla timbratura e all’inizio della prestazione effettiva.
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Con l’ordinanza 11 gennaio 2007, n. 437/05 (Jan Vorel c. Nemocnice Cesky’Krumlov)
la Corte di Giustizia, dando comunque atto che la direttiva comunitaria è volta a
fissare la nozione di tempo di lavoro, in contrapposizione a quello di riposo, con
finalità esclusivamente protettive della salute e sicurezza dei lavoratori, non esclude
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che le legislazione nazionali possano diversamente valutare, ai fini retributivi, i periodi
nei quali il lavoratore permane a disposizione del datore di lavoro, pur non prestando
alcuna effettiva attività lavorativa.
Sarebbe quindi in tali casi legittima una retribuzione del tempo di disponibilità anche in
misura inferiore rispetto al trattamento economico retributivo della prestazione
fondamentale, purché ciò non si traduca in un compenso talmente irrisorio da
eliminarne la sua stessa funzione.
Sulla retribuzione del tempo tuta si è da tempo pronunciata la Suprema Corte di
Cassazione rimanendo inamovibile sul punto di diritto qui esposto (Cass. 08.02.2012
n. 1840 in Guida lav., 2012, n. 12, 38; Cass. 08.02.2012 n. 1817, ivi, 2012, n. 14, 23;
Cass. 07.02.2012 n. 1697, in lav. giur., 2012, 404; Cass. 08.04.2011 n. 8063, ivi,
2011, n. 19, 52; Cass. 10.09.2010 n. 19358, in Foro it., 2011, I, 1394 e in Lav. giur.,
2010, 1137; Cass. 02.07.2009 n. 15492, in Giur. it., Mass. 2009; Cass. 22.07.2008 n.
20179, in Lav. prev. oggi, 2009, 248 e in Foro it. 2009, I, 2768; Cass. 08.09.2006 n.
19273, in Foro it. Rep. 2006, voce Lavoro (rapporto), n. 1190; Cass. 21.10.2003 n.
15734, in Riv. it. dir. lav., 2004, II, 604; Cass. 14.04.1998 n. 3763, in Lav. giur., 1999,
31; Trib. Savona 14.12.2010, in Guida lav., 2011, n. 14, 30; Trib. Napoli 16.01.2006,
ined; App. Torino 03.12.2002, in Giur. Piemontese, 2004, 81; App. Torino 26.11.2002,
ivi, 2004, 81; Trib. Torino 27.03.2002, ivi, 2003, 180; App. Milano 20.10.2005 in Lav.
giur., 2006, 508; Trib. Milano 19.09.1998, ivi, 2009, 207.
In particolare la sezione lavoro della Suprema Corte, sentenza n. 1817
dell’08.11.2011, ha stabilito, rimarcando la stessa linea di principio dianzi illustrata,
che in particolari condizioni di lavoro, come i Vigili del Fuoco, appunto, sarebbe
impraticabile e certamente vietato (art 2087 C.C.) permettere che i lavoratori indossino
la divisa a casa e percorrano il tragitto fino al posto di lavoro, e viceversa, indossando
la divisa aziendale, soprattutto se ciò minerebbe la sicurezza sotto l’aspetto igienico.
La sentenza evidenzia anche che i beni aziendali, come la divisa, non potrebbero
essere portati fuori dall’azienda senza una specifica disposizione datoriale.
Inoltre la vestizione sul posto di lavoro appare un’operazione imposta da un obbligo
interno al rapporto di lavoro, che è stata scelta e prescritta dall’imprenditore e perciò
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costituisce un adempimento sottoposto al potere direttivo e disciplinare del datore.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, il Decreto del Presidente della Repubblica 28
febbraio 2012 , n. 64 “Regolamento di servizio del Corpo Nazionale dei Vigili del
Fuoco”, ai sensi dell'articolo 140 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, l’ Art.
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7 “Doveri generali” il comma 3 prevede che al fine di garantire la migliore qualità del
servizio, il personale del Corpo nazionale, in coerenza con gli specifici compiti
istituzionali, deve in particolare: collaborare con diligenza, osservando le norme e le
disposizioni impartite dall'Amministrazione per l'esecuzione e la disciplina del lavoro
anche in relazione alla normativa in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro;
all’art. 8 “Salute e sicurezza sul lavoro” il comma 1 stabilisce che il personale del
Corpo Nazionale deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle
altre persone presenti sul luogo di lavoro in cui presta servizio, su cui possono
ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, secondo la sua formazione, le istruzioni
ed i mezzi messi a disposizione ed in conformità con quanto previsto dalla normativa
vigente e dalle direttive del Dipartimento e del datore di lavoro in materia di sicurezza
nei luoghi di lavoro.
Il comma 2 cita che il personale del Corpo Nazionale conforma il proprio aspetto
all'esigenza di indossare correttamente l'elmo e gli altri dispositivi di protezione
individuale, in modo da non invalidarne l'uso. ……
Il comma 3 riporta che il personale e' tenuto ad avere cura dell'uniforme di servizio, in
quanto la stessa costituisce elemento di dotazione individuale che, in relazione alla
natura dei compiti istituzionali e del contesto ambientale e/o temporale in cui il
personale opera, e' funzionale alla sicurezza dell'operatore ed assicura l'immediata
riconoscibilità della qualifica rivestita.
Il comma 4 afferma che è vietato alterare o modificare l'uniforme in dotazione, ivi
compresi quegli elementi attinenti ai requisiti cromatici, specifiche tecniche e foggia.
Inoltre il Decreto Legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 “Ordinamento del personale del
Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco”, l’ art. 138 comma 1 cita che i diritti e i doveri del
personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco sono disciplinati dal presente
decreto e dai regolamenti attuativi del medesimo. Per quanto non previsto dalle
predette disposizioni, si applicano, in quanto compatibili, il testo unico e le altre leggi e
regolamenti relativi agli impiegati civili dello Stato.
La sentenza della Cassazione 08.04.2011 n. 8063 (All. 16, premesso che numerose
sono state le All. 16 pronunce a sostegno del diritto alla retribuzione del tempo
necessario ad indossare gli indumenti di lavoro (Cass. nn. 14919, 15492, 15322 del
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2009 nonché n. 19273 dell’08.09.2006), emette il principio di diritto cui il giudice a quo
deve applicare: “Ai fini di valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa
aziendale debba essere retribuito o meno, occorre verificare se è facoltà del
lavoratore scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa (anche presso la propria
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abitazione) poiché in questo caso il tempo tuta non deve essere retribuito, mentre se
tale operazione è diretta dal datore di lavoro che ne disciplina il tempo e il luogo di
esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario
deve essere retribuito” (così anche Cass. 21.10.2003 n. 15734).
Nel caso che ci occupa, la vestizione e la svestizione è diretta dal datore di lavoro
perché costituisce condizione imprescindibile dell’attività di Vigile del Fuoco senza la
quale non è possibile garantire la sicurezza durante il lavoro né la sicurezza da
eventuali contaminazioni di agenti chimici e biologici.
Il Tribunale del Lavoro di Milano, sent. n. 6109 del 13.12.2011 sulla scorta
dell’esistenza e dell’utilizzo di locali spogliatoi dove indossare e dismettere la divisa da
lavoro, ha ritenuto, in assenza di specifiche disposizioni datoriali o norme contrattuali
sul punto, presunto e quindi fondato il presupposto di eterodirezione datoriale
sull’obbligo di indossare la divisa sul posto di lavoro, anche se diversi testi avevano
dichiarato l’opposto.
La Cassazione del Lavoro 10.09.2010 n. 19358 ha pronunciato la sentenza sulla
scorta dei principi appena enunciati, evidenziando al punto 11 che: “La giurisprudenza
sopra citata conferma che nel rapporto di lavoro deve distinguersi una fase finale, che
soddisfa direttamente l’interesse del datore di lavoro, ed una fase preparatoria,
relativa a prestazioni od attività accessorie e strumentali, da eseguire nell’ambito della
disciplina d’impresa (art. 2104, secondo comma, c.c.) ed autonomamente esigibili dal
datore di lavoro, il quale ad esempio può rifiutare la prestazione finale in difetto di
quella preparatoria. Di conseguenza al tempo impiegato dal lavoratore per indossare
gli abiti da lavoro (tempo estraneo a quello destinato alla prestazione lavorativa finale)
deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva”.
Il Tribunale di Milano, sezione lavoro, n. 4683 del 22.09.2009 ha trattato il caso di sei
infermieri deducendo che essendo il rapporto di lavoro di tipo subordinato e pertanto
non soggetto alla libera determinazione dei lavoratori ma a quella datoriale, essendo
previsti in ospedale gli spogliatoi, avendo la divisa le evidenti caratteristiche di tutela
igienica ed essendo imposto il modello e il colore dall’azienda, è evidente che sfugge
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al controllo degli infermieri la gestione della divisa rientrando, invece, la fattispecie,
nella gestione organizzativa aziendale per cui il tempo tecnico per indossare e
dismettere la divisa deve essere retribuito (Cass. 14.04.1998 n. 3763, 21.10.2003 n.
15734 e tr. Milano 13.02.2004, citati dalla sentenza in esame).
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VIGILI DEL FUOCO - POLIZIA DI STATO – POLIZIA PENITENZIARIA – CORPO FORESTALE DELLO STATO - POLIZIA LOCALE
FEDERAZIONE NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO
ORGANIZZAZIONE SINDACALE RAPPRESENTATIVA DEL PERSONALE DIRETTIVO E DIRIGENTE
DEL CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO
COORDINAMENTO SICUREZZA
Segreteria Provinciale Vigili del Fuoco - Roma
Così anche Cassazione del Lavoro 22.07.2008 n. 20179, Tribunale di Lodi del
05.04.2002 e Tribunale Lavoro Torino n. 7042 del 27.09.2000 che hanno confermato
nello specifico che il tempo tuta deve essere retribuito quando la divisa è indossata sul
posto di lavoro per ragioni datoriali organizzative, estetiche, di igiene, contrattuali) non
potendo il prestatore di lavoro manifestare alcuna autodeterminazione in merito.
La quantificazione del tempo tuta che può essere considerata in 30 minuti a turno di
effettivo di lavoro ovvero in 10 minuti per l’attività preparatoria e in 20 minuti per
l’attività terminale che comprende sia la svestizione che l’igiene personale (doccia).
Ovviamente dalla quantificazione sopra menzionata deve essere aggiunta anche la
tempistica di 10 minuti (5 minuti ad inizio turno e 5 minuti a fine turno) per il passaggio
delle consegne (funzionari di guardia, capiturno, capiposto, addetti alla sala operativa,
ecc..).
Per tali motivi si invita codesto Comando a comunicare, in forma scritta, le decisioni
che intenderà adottare in merito alle richieste qui espresse, con avvertenza che, in
difetto di quanto sopra, entro e non oltre 15 giorni dalla ricezione della presente, il
sindacato valuterà la possibilità a rivolgersi nelle sedi opportune per la tutela di quanto
richiesto.
Certi di un positivo riscontro alla presente si inviano Cordiali saluti
em/AM
Il Dirigente Provinciale U.G.L. VV.F
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Andrea MARANGONI
APPARTENENENTE AL
COORDINAMENTO SICUREZZA UGL
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