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Testi conferenza su Antigone

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Testi conferenza su Antigone
INTERPRETAZIONI FILOSOFICHE dell’ Antigone DI Sofocle
Emidio Spinelli – “Sapienza”/Università di Roma -­‐ 27 maggio 2014 Handout 1. Antigone, vv. 332-­‐375, trad. M.G. Ciani (Sofocle, Anouilh, Brecht, Antigone. Variazioni sul mito, Marsilio, Venezia 2000, pp. 30-­‐1) Πολλὰ τὰ δεινὰ κοὐδὲν ἀν-­‐ θρώπου δεινότερον πέλει. τοῦτο καὶ πολιοῦ πέραν πόντου χειμερίῳ νότῳ 335 χωρεῖ, περιβρυχίοισιν περῶν ὑπ᾽ οἴδμασιν, θεῶν τε τὰν ὑπερτάταν, Γᾶν ἄφθιτον, ἀκαμάταν, ἀποτρύεται, ἰλλομένων ἀρότρων ἔτος εἰς ἔτος 340 ἱππείῳ γένει πολεύων. Kουφονόων τε φῦλον ὀρ-­‐ νίθων ἀμφιβαλὼν ἄγει, καὶ θηρῶν ἀγρίων ἔθνη πόντου τ᾽ εἰναλίαν φύσιν 345 σπείραισι δικτυοκλώστοις, περιφραδὴς ἀνήρ· κρατεῖ δὲ μηχαναῖς ἀγραύλου θηρὸς ὀρεσσιβάτα, λασιαύχενά θ᾽ 350 ἵππον <ὑπ>άζεται ἀμφίλοφον ζυγὸν οὔρειόν τ᾽ἀκμῆτα ταῦρον. Kαὶ φθέγμα καὶ ἀνεμόεν φρόνημα καὶ ἀστυνόμους ὀργὰς ἐδιδάξατο, καὶ δυσαύλων 355 πάγων <ἐν>αίθρεια καὶ δύσομβρα φεύγειν βέλη παντοπόρος· ἄπορος ἐπ᾽ οὐδὲν ἔρχεται 360 τὸ μέλλον· Ἅιδα μόνον φεῦξιν οὐκ ἐπάξεται· νό-­‐ σων δ᾽ ἀμηχάνων φυγὰς ξυμπέφρασται. Σοφόν τι τὸ μηχανόεν 365 τέχνας ὑπὲρ ἐλπίδ᾽ ἔχων, τοτὲ μὲν κακόν, ἄλλοτ᾽ ἐπ᾽ ἐσθλὸν ἕρπει· νόμους παρείρων χθονὸς θεῶν τ᾽ ἔνορκον δίκαν ὑψίπολις· ἄπολις ὅτῳ τὸ μὴ καλὸν 370 ξύνεστι τόλμας χάριν· μήτ᾽ ἐμοὶ παρέστιος γέ-­‐ νοιτο μήτ᾽ ἴσον φρονῶν ὃς τάδ᾽ ἔρδοι. 375 Molte meraviglie vi sono al mondo,
nessuna meraviglia è pari all'uomo.
Quando il vento del Sud soffia
in tempesta, varca il mare
bianco di schiuma e penetra
fra i gorghi ribollenti;
anno dopo anno rivolge,
con l'aratro trainato dai cavalli,
la più grande fra le divinità,
la Terra infaticabile, immortale. E gli uccelli spensierati,
gli animali selvatici,
i pesci che popolano il mare,
tutti li cattura, nelle insidie
delle sue reti ritorte,
l'uomo pieno d'ingegno;
e con le sue arti doma le fiere
selvagge che vivono sui monti
e piega sotto il giogo
il cavallo dalla folta criniera
e il vigoroso toro montano. Ha appreso la parola
e il pensiero veloce come il vento
e l'impegno civile; ha imparato
a mettersi al riparo
dai morsi del gelo
e dalle piogge sferzanti.
Pieno di risorse, mai sprovvisto
di fronte a ciò che lo attende,
ha trovato rimedio a mali
irrimediabili. Solo alla morte
non può sfuggire. Padrone assoluto
dei sottili segreti della tecnica,
può fare il male
quanto il bene.
Se rispetta le leggi del suo paese
e la giustizia degli dèi,
come ha giurato, nella città
sarà considerato grande;
ma ne sarà cacciato
se per arroganza
lascerà che il male lo contamini.
Spero che un simile individuo
non si accosti al mio focolare,
non condivida i miei pensieri.
1 2. Alcune traduzioni a confronto vv. 332-­‐3 Πολλὰ τὰ δεινὰ κοὐδὲν ἀν-­‐ θρώπου δεινότερον πέλει. -­‐ trad. C. Sbarbaro (Sofocle, Antigone, Bompiani, Milano 1943) Molte sono le meraviglie ma nulla è più portentoso dell'uomo. -­‐ trad. G. Lombardo Radice (Sofocle, Antigone, Einaudi, Torino 1982; I ed.: 1956) Molte ha la vita forze tremende; eppure più dell'uomo nulla, vedi, è tremendo. -­‐ trad. E. Cetrangolo (Il teatro greco. Tutte le tragedie, a cura di C. Diano, Sansoni, Firenze 1970) L'esistere dell'uomo è uno stupore infinito, ma nulla è più dell'uomo stupendo. -­‐ trad. R. Cantarella (Tragici greci, a cura di D. Del Corno, Mondadori, Milano 1977) Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell'uomo. -­‐ trad. E. Savino (Sofocle, Edipo re, Edipo a Colono, Antigone, Introduzione di U. Albini, Garzanti, Milano 1977) Pullula mistero. E nulla più misterioso d'uomo vive. -­‐ trad. F. Ferrari (Sofocle, Antigone, Edipo re, Edipo a Colono, Rizzoli, Milano 1982) Molti sono i prodigi e nulla è più prodigioso dell'uomo. -­‐ trad. M.G. Ciani (Sofocle, Anouilh, Brecht, Antigone. Variazioni sul mito, Marsilio, Venezia 2000) Molte meraviglie vi sono al mondo, nessuna meraviglia è pari all'uomo. -­‐ trad. G. Ferraro (Sofocle, Antigone, Simone, Pozzuoli (NA), 2001) Molti sono i tremendi prodigi, ma nessuno è più tremendo dell’uomo. -­‐ trad./adattamento di G. Corti (Antigone. Opera in sette quadri di I. Fedele, libretto di G. Corti, I^ rappresentazione assoluta: Firenze, Teatro comunlae, 70° Maggio Musicale Fiorentino “Mito e contemporaneità”, 24 aprile 2007, per cui cfr. http://www.esz.it/aut/ita/ivan_fedele/pag_antigone.htm) VOCI FEMMINILI misterioso Essere terribile e mirabile VOCI MASCHILI misterioso 2 Nulla è come l’uomo TUTTI Nulla -­‐ trad. di M. Cacciari (Sofocle, Antigone, Einaudi, Torino 2007) Molte potenze sono tremende ma nessuna lo è più dell’uomo. -­‐ trad. a cura di G. Greco (Antigone e le Antigoni. Storia forme fortuna di un mito, a cura di A.M. Belardinelli-­‐G. Greco, Le Monnier, Città di Castello (Perugia) 2010) Molti sono i tabù e nulla Più dell’essere umano è tabù. *** Trad. di Johann Christian Friedrich Hölderlin Ungeheuer ist viel. Doch nichts Ungeheuerer als der Mensch. *** 3. HANS JONAS, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990, p. XXVII e 3 [ed. orig.: Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik für die technologische Zivilisation, Insel, Frankfurt a./M. 1979] Il Prometeo irresistibilmente scatenato, al quale la scienza conferisce forze senza precedenti e l’economia imprime un impulso incessante, esige un’etica che mediante auto-­‐restrizioni impedisca alla sua potenza di diventare una sventura per l’uomo. La consapevolezza che le promesse della tecnica moderna si sono trasformate in minaccia, o che questa si è indissolubilmente congiunta a quelle, costituisce la tesi da cui prende le mosse questo volume. […] Più precisamente, intendo affermare che in seguito a determinati sviluppi del nostro potere si è trasformata la natura dell’agire umano, e poiché l’etica ha a che fare con l’agire, ne deduco che il mutamento nella natura dell’agire umano esige anche un mutamento nell’etica. […] Di conseguenza il mio primo obiettivo è domandare in quale modo questa tecnica influisca sulla natura del nostro agire modificandola, in quale misura essa renda, sotto il suo dominio, l’agire diverso da ciò che è stato nel corso di tutti i tempi. Poiché l’uomo, attraverso tutte queste epoche, non è mai stato privo di tecnica, il mio interrogativo verte sulla differenza umana della tecnica moderna da ogni tecnica precedente. 4. HANS JONAS, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, cit., p. 4-­‐5 e 6 Iniziamo con un antico ammonimento sul potere e l’agire dell’uomo, nel quale in un senso archetipico risuona già, per così dire, una nota tecnologica – con il famoso coro dall’Antigone di Sofocle. […] Questo omaggio angosciato al poter angosciante dell’uomo narra della sua irruzione violenta e violentatrice nell’ordine cosmico, della sua temeraria invasione nelle varie sfere della natura grazie alla sua infaticabile intelligenza. Nel contempo, però, ci dice anche che l’uomo, in virtù della facoltà autoappresa del discorso, costruisce una casa per la sua autentica umanità – vale a dire la formazione artificiale della città. La violazione della natura e la civilizzazione dell’uomo vanno di pari passo. […] Tutto ciò risulta vero perché prima del nostro tempo gli interventi dell’uomo nella natura, come egli stesso li vedeva, furono essenzialmente superficiali e incapaci di turbare il suo equilibrio stabilito. […] L’invulnerabilità del tutto, le cui profondità non vengono turbate dall’invadenza umana, vale a dire la sostanziale immutabilità della natura in quanto ordine cosmico, costituiva in effetti lo sfondo di tutte le imprese dell’uomo mortale, inclusi i suoi interventi in quell’ordine stesso. La sua vita si svolgeva fra il permanente e il mutevole: il permanente era la natura, il mutevole erano le sue opere. La più grande di esse fu la città […]. 3 5. HANS JONAS, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, cit., p. 10 Tutto ciò è decisamente mutato. La tecnica moderna ha introdotto azioni, oggetti e conseguenze di dimensioni così nuove che l’ambito dell’etica tradizionale non è più in grado di abbracciarli. Il Coro dell’Antigone sulla “enormità”, sulla stupefacente potenza dell’uomo, oggi, nel segno di un’enormità di tutt’altro tipo, dovrebbe acquistare un altro significato, e l’ammonimento rivolto al singolo di onorare le leggi non sarebbe più sufficiente. Anche gli dei, il cui invocato diritto poteva arginare il corso rovinoso dell’azione umana, sono da tempo scomparsi. Certo, le antiche norme dell’etica del “prossimo” – le norme di giustizia, misericordia, onestà ecc. – continuano ad essere valide, nella loro intrinseca immediatezza, per la sfera più prossima, quotidiana, dell’interazione umana. Ma questa sfera è oscurata dal crescere di quella dell’agire collettivo, nella quale l’attore, l’azione e l’effetto non sono più gli stessi: ed essa, a causa dell’enormità delle sue forze, impone all’etica una nuova dimensione della responsabilità, mai prima immaginata. 4 
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