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giugno2003
VEE ONE (reloaded)
In questa edizione dal contenuto prevalentemente giuridico e politico è
importante dedicare uno spazio anche ai problemi di “mestiere” che ci
vengono posti da professionisti che operano in prima linea, nostri
collaboratori del tempo in cui era il nostro turno di portare il carico della
responsabilità della “spedizione di trasporto aereo” e amici che hanno
condiviso con noi circostanze e occasioni di apprendimento sul campo.
Le questioni sulle quali sollecitano i nostri pareri indicano che il loro
impegno intellettuale è ancora vivo, che ancora ci sono nicchie di
sensibilità e di attenzione critica nei confronti delle tentazioni dei
costruttori aeronautici che …“are trying to fix their problem by designing
the pilot out of the cockpit”… il commento al filmato dell’incidente
dell’A320 Air France avvenuto in occasione del volo di presentazione
all’aeroporto di Habsheim.
Il Comandante Paolo Mariani ci ha inviato una email con una relazione
tecnica avente per oggetto alcune velocità caratteristiche del decollo con
aeromobile A319, il più piccolo della famiglia Airbus. La pubblichiamo
perché siamo preoccupati per la assenza di reazione e di interventi su un
problema che non va affatto sottovalutato.
Per questo abbiamo coinvolto, per un commento ai rilievi del Comandante
Mariani, il Comandante Giovanni Riparbelli, già Direttore della
Commissione Tecnica dell’ANPAC e per quasi vent’anni elemento portante
del Servizio Standard e Studi della (ormai ex) compagnia di bandiera.
Ci scrive Paolo Mariani:
Sono preoccupato del fatto che decolli a velocità così basse sono diventati
famigliari nella base dei piloti e non c'è, secondo me, un adeguato livello di
consapevolezza della marginalità di tali decolli. Sembra tutto facile...poi però
qualcosa va storto, allora sono lacrime e ...
Io, invece, sono profondamente convinto di quanto asserisco nella mia relazione e
penso che effettuare i normali i decolli di linea con le velocità con cui si
decollerebbe in condizioni di pista contaminata, sia una assurdità che mina la
sicurezza.
Di seguito la lettera che propongo all’associazione professionale e la mia relazione.
Un saluto cordiale
Paolo Mariani
LETTERA
La scelta aziendale di far operare il velivolo A319 con performance di decollo che
vedono la quasi totalità dei decolli essere effettuati alle velocità minime di
certificazione è un azzardo non comprensibile.
Le velocità caratteristiche di decollo infatti, prevalentemente, prevedono la V1
uguale alla velocità minima di controllo al suolo e la V2 uguale o prossima alla V2
MIN.
Per scelta aziendale si pongono le premesse affinché un eventuale problema in
decollo avvenga nelle condizioni con margine ridottissimo perché ai limiti della
certificazione della macchina.
Si ha modo di ritenere che a livello di sistema, una tale scelta, comporti
l'introduzione di una "condizione latente" (Latent Condition secondo il modello di
Reason, 1997) attraverso la quale si potrebbero aumentare le probabilità di
incidenti ed aggravarne le conseguenze.
Chiediamo una seria verifica della filosofia che ha prodotto le procedure di
performances attualmente in uso per il velivolo A319.
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RELAZIONE
INTRODUZIONE
L’attività di volo svolta sull’A319 dalla sua entrata in servizio, fa notare che la
maggioranza dei decolli viene effettuata a pesi medi e che ogni decollo viene
effettuato alle velocità minime di controllo previste dalla certificazione. La V1 è
uguale alla Vmcg e la V2 è molto prossima od uguale alla V2 min.
Contrariamente a quanto avviene su A320 ed A321 in cui, solo molto raramente e
per pesi decisamente leggeri od operando su piste contaminate, ci si avvicina alle
velocità minime di controllo nei normali decolli di linea.
IL CONTESTO ED I PRINCIPI
Le tabelle di pista permettono di calcolare le velocità caratteristiche di decollo
V1,VR, V2 per il peso del velivolo.
Il calcolo di queste velocità deve permettere il massimo carico commerciale o la
utilizzazione del più basso livello di spinta (Flex TO) possibile, quando possibile, per
la pista considerata.
I calcoli per la definizione delle velocità di decollo prendono in considerazione
differenti limitazioni quali, sintetizzando, le condizioni ambientali di vento,
temperatura e pressione, le dimensioni della pista e gli ostacoli posti lungo il suo
prolungamento.
Da un rapporto V2/VS di riferimento si procede alla determinazione dei rapporti
ottimali V1/VR e V2/VS.
V1/VR per la comparazione dello spazio di accelerazione e decollo e lo spazio di
accelerazione ed arresto, V2/VS per la comparazione delle limitazioni di secondo
segmento e le limitazioni della pista.
Le prestazioni di un velivolo bimotore, per una pista tipica, sono generalmente
limitate dalle prestazioni con un motore in avaria ed i rapporti ottimali V2/VS e
V1/VR risultano essere identici.
Per gli Airbus 319/320/321 il rapporto di riferimento V2/VS di partenza varia da
un minimo di 1.13 ad massimo di 1.3 e questo sottintende differenti filosofie alla
base della tecnica di decollo.
1) V2=1.13 VS o rapporti prossimi a tale valore, comportano basse velocità di
decollo e maggiori livelli di spinta necessaria al decollo. La tecnica che ne consegue,
avendo una velocità di decisione V1 molto bassa, riduce le possibilità di aborto del
decollo a seguito di una avaria, privilegia quindi la continuazione dello stesso
portando in volo il velivolo con eventuale avaria ma in condizioni marginali. Questo
rapporto facilita la conduzione del decollo a terra ma richiede massima precisione di
pilotaggio dell’aeromobile in volo; potendo sviluppare limitati gradienti di salita
riduce il margine di separazione degli ostacoli, volando a velocità vicine alla velocità
di stallo e di controllo riduce la reattività a windshear, alla turbolenza di scia, alla
turbolenza in genere ed espone maggiormente ad errori di pilotaggio. Il velivolo
vola ad incidenze ed assetti di esasperato secondo regime, ove, più il pilota
aumenta l'assetto meno il velivolo sale. Dal punto di vista commerciale non
permette il trasporto del massimo peso possibile. Incrementa l'usura del motore in
quanto richiede livelli più elevati di spinta ed un uso più frequente della spinta
massima, quindi con più alti costi di manutenzione.
2) V2=1.3 VS comporta più alte velocità di decollo ed ammette inferiori livelli di
spinta necessaria al decollo. La tecnica che ne consegue, avendo velocità di
decisione alte, in caso di un avaria, fa propendere verso l’aborto del decollo,
piuttosto che alla continuazione dello stesso. La conduzione del decollo a terra è
molto delicata per i rischi inerenti l'eventuale interruzione del decollo ad alta
velocità, ma è più facile in volo, disponendo di maggiori margini sulle velocità
minime, si sviluppa un più esuberante gradiente di salita, si dispone di maggior
energia per reagire a fenomeni di windshear, di turbolenza, espone meno ad errori
di pilotaggio. Dal punto di vista commerciale permette il trasporto del massimo
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peso possibile. Diminuisce i costi di manutenzione dei motori usando livelli di spinta
flessibile più bassi ed un uso percentualmente più basso di spinte massime per il
decollo.
CONSIDERAZIONI
Paradossalmente, per l'A319, con le attuali tabelle di pista, più una pista è lunga e
quindi non necessità di alcuna particolare prestazione di decollo, maggiormente
viene esaspera la tendenza all'utilizzo delle velocità minime limite.
A valori di peso al decollo medi, su piste lunghe, più di 2800m e senza ostacoli
nell'area dell'inviluppo di decollo, la V1 è 112kts, cioè la minima velocità di
controllo al suolo, e la V2 è molto prossima a 123kts, cioè la V2 minima ammessa
dalla certificazione.
Questo valore di V1 non risulta congruente con l'ambiente operativo, l'intervento di
un avaria, dopo la V1, porterebbe l'equipaggio a valutare l'interruzione del decollo
come manovra più sicura rispetto alla continuazione del decollo stesso. In presenza
di vento al traverso significativo un eventuale avaria di un motore alla V1=Vmcg
renderebbe difficoltoso il controllo della direzione e porterebbe l'equipaggio a
valutare più sicuro interrompere il decollo piuttosto che continuarlo, come invece
prescritto.
Tale situazione mina alla radice i fondamenti culturali sui quale il pilota costruisce la
propria struttura delle idee per la gestione del decollo, con rilevanti ripercussioni
generali. L'infrazione di precise norme di sicurezza del volo e di compagnia, come
l'aborto del decollo dopo la V1, risulterebbe palesemente più sicuro che continuare
il decollo con un motore in avaria.
Per quanto riguarda il calcolo della V2, è possibile prevedere che possa essere
commesso un errore da parte dell'equipaggio e che ne consegua l'effettuazione di
un decollo con la V2 inferiore alla minima di certificazione.
La V2min, velocità limitata dalla VMU (Velocity Minimum Unstick) alla quale la
coda urta la pista durante la rotazione, espone maggiormente ad eventi di Tail
Strike, qualora si verificassero variazioni di direzione del vento con componenti in
coda durante la corsa di decollo, rotazioni brusche od errore di calcolo che comporti
la V2 inferiore alla V2min.
Esaminando i valori delle velocità caratteristiche di decollo dell’A319, per pesi
medi, normali, emerge il fatto che ogni qual volta c'è la necessità di dover
rispettare particolari gradienti di 2° segmento, come nel caso di Milano Linate, le
velocità non sono mai prossime alle minime. Per alcune tabelle di pista le velocità
caratteristiche, se sono prossime alle minime in condizioni di vento calmo o
frontale, sono superiori alle minime in condizioni di vento in coda.
Questa nota per sottolineare l'esasperata condizione di volo di secondo regime nella
quale le tabelle di pista dell’A319 impongono di decollare nella maggioranza dei
casi.
CONCLUSIONI
L’ambiente aeronautico ha da tempo messo a fuoco la pericolosità dell’aborto di
decollo ad alte velocità ed è largamente condivisa, tra gli equipaggi di volo, la
tendenza al contenimento delle velocità di decollo. L'alternativa a questa esigenza
di buon senso, non può essere però la scelta di velocità minime.
Ugualmente focalizzato, dagli albori del volo, è il pericolo di volare a velocità basse,
prossime ai limiti di controllo del velivolo.
Se è possibile concepire di decollare in sicurezza usando le velocità minime, per
fronteggiare particolari condizioni di pista o piste particolari, situazioni per le quali
l’equipaggio si prepara con un adeguato grado di allerta a fronteggiare la non
usuale situazione, non è ragionevole scegliere di svolgere la totalità dell’attività di
volo usando velocità limite a fronte di un ambiente operativo che non le giustifichi,
nelle normali operazioni di linea.
Le tabelle di pista dell’A319 impongono velocità di decollo marginali a fronte di
inesistenti necessità oggettive.
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Tutte le piste frequentate dall’A319, dall’attuale operativo, esclusa al pista di
Firenze Peretola, permetterebbero l'uso di velocità non marginali.
La scienza della sicurezza del volo utilizza valutazioni di tipo probabilistico nella
considerazione dei fattori causali che possono portare o hanno portato ad incidenti.
L'uso delle attuali tabelle di pista dell’A319 espongono alla possibilità che un
eventuale avaria di un motore in decollo si verifichi in condizioni limite, favorendo la
possibilità che un avaria si trasformi in un incidente; tali tabelle, sono frutto di una
scelta gestionale incomprensibilmente estremizzata.
Il processo decisionale facente capo alla decisione di abortire un decollo è da
considerarsi forse il più delicato e difficile compito assegnato ad un pilota. Il
decidere a livello organizzativo, in maniera cosi estrema e lontana sia fisicamente
che temporalmente dal verificarsi di un qualsiasi ipotetico evento quale sia il miglior
criterio, risulta più un azzardo che una seria valutazione.
Si ha modo di ritenere che a livello di sistema, una tale scelta, comporti
l'introduzione di una "condizione latente" (Latent Condition secondo il modello di
Reason, 1997) attraverso la quale si potrebbero aumentare le probabilità di
incidenti ed aggravarne le conseguenze.
com.te Paolo Mariani
Un plauso a Paolo Mariani per aver più volte richiamato concetti consolidati
di prevenzione incidenti come quelli che derivano dagli studi di James
Reason, purtroppo del tutto trascurati dal sistema aviazione nazionale.
Voglio aggiungere alle sue considerazioni che nelle variabili ambientali
vanno messi anche gli impatti con volatili, in particolare quelli che si
alzano in volo mentre sopraggiunge l’aeromobile in corsa di decollo. Se il
“bird strike” avviene quando è stata superata la V1 ecco che l’obbligo a
proseguire il decollo diventa abbastanza critico. E di solito, in questo caso,
si hanno impatti multipli con danneggiamenti ben diversi dalla avaria
“standard” ad un motore. A questo riguardo rimando all’articolo “VEE ONE”
pubblicato nella edizione di dicembre 2001 del sito per casi significativi su
questo argomento.
Ed ora il commento di Giovanni Riparbelli.
Dopo aver studiato l'analisi del collega Paolo Mariani condivido i concetti,
anche se non necessariamente tutti i dettagli.
Per quanto riguarda le considerazioni mi trovo in totale accordo con l'estensore
dell'analisi, con poche eccezioni di dettaglio che non ne intaccano la validità.
Vorrei invece fornire qualche altra considerazione a supporto della stessa tesi.
Avendo a disposizione una pista teorica illimitata (agli effetti pratici una pista di
3000 m. per un A 319 è da considerarsi tale), il decollo migliore dal punto di
vista aerodinamico si avrebbe decollando ad una V2 di 10 kts inferiore alla velocità
di massimo gradiente.
La salita iniziale avverrebbe alla V2+10, quindi nelle condizioni di massimo
gradiente, con il minimo consumo di carburante (a parità di setting di flap).
Il margine sullo stallo per un jet in quella condizione è piuttosto elevato (attorno
alla 1.3 - 1.4 VS), con tutte le garanzie conseguenti.
La V1 migliore (per un bireattore corto raggio: le cose cambiano se si parla di a/m
lungo raggio, con pesi di decollo assai superiori a quelli di atterraggio, e cambiano
ancor di più se si parla di tri o quadrireattori) sarebbe uguale alla VR, dando al
pilota il massimo delle garanzie di evitare di andare in volo con avarie gravi.
Nessun problema ci sarebbe per l'arresto, data la lunghezza (illimitata) della pista.
Nella realtà queste condizioni non si presentano sempre, e siamo costretti a scelte
diverse, con l'obbiettivo di rendere l'operazione di volo la più sicura possibile.
Ecco allora le filosofie di privilegiare V1 basse, per evitare problemi di aborto ad alte
velocità.
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Ed ecco la necessità di usare V2 basse, fino al limite del regolamento.
Ma non c'è nessun senso nello scegliere V1 bassissime (fino a quella limitata dalla
Vmcg) se la pista è sovrabbondante, e magari anche il peso di decollo è ben
inferiore a quello massimo strutturale.
Quanto alla Vmcg bisogna ricordare che essa non considera il vento al
traverso, che però è assai influente: i costruttori non rilasciano solitamente
i dati, e le variazioni sono diverse da macchina a macchina, ma l'ordine di
grandezza è pari alla metà della componente al traverso.
Vale a dire che se la Vmcg è 112 kts, con 25 kts di vento al traverso essa
diventerebbe dell'ordine di124 kts.
Condivido anche tutte le preoccupazioni per una V2 troppo bassa (1.13 VS 1g, pari
alla vecchia 1.2 VS); operando di routine a quelle velocità ci si espone
maggiormente a tutte le variabili operative o agli errori che purtroppo continuano e
continueranno sempre ad essere commessi.
Tra questi: rotazioni premature, rotazioni con cadenza eccessiva, flaps non
correttamente posizionati; e poi wind shears, turbolenza di scia, raffiche di vento,
etc.
E' vero che gli A 319 / 320 / 321 sono protetti dallo stallo dalla legge di controllo,
ma questa legge non può cambiare le leggi dell'aerodinamica, che in tutte quelle
condizioni richiedono uno stato energetico e di performance maggiore.
Concordo in pieno: si dovrebbe ricorrere alle condizioni aerodinamiche
minime solo quando ciò sia necessario.
A Firenze probabilmente non c'è soluzione alternativa alle velocità minime, ma
adottare lo stesso criterio a Malpensa non ha alcun senso.
Non capisco nemmeno il motivo di voler unificare la filosofia dei calcoli di tutte le
piste a quella necessaria per la pista più limitativa: forse una volta, quando il
servizio tecnico operativo faceva i calcoli "a mano", il lavoro di differenziazione
sarebbe stato improbo, ma oggi proprio non lo credo.
Si potrebbero identificare alcuni parametri di sicurezza (ad esempio togliere dalle
piste 500 m, per garantire la fase di arresto) e utilizzare le V1 di pista, limitate alla
VR, e le V2 col fattore desiderato di margine sulla VS (ad es. 1.23 VS-1g), e vedere
cosa ne viene fuori.
Probabilmente sulla maggioranza delle piste non ci sarebbe alcuna limitazione, e ci
sarebbero ampli margini per le spinte ridotte.
A questo proposito si deve poi ricordare che i vantaggi della riduzione di spinta sono
assai elevati per la prima parte di riduzione, ma vanno man mano scemando, per
cui oltre certi limiti la riduzione di spinta da pochi vantaggi e tanti svantaggi.
Se ci fossero limitazioni si potrebbe procedere con livelli intermedi, fino a giungere
alle condizioni minime che talvolta sono necessarie.
Anche qui però si può ricordare che se, poniamo, la tabella di una pista è costruita
sui valori minimi di V1 e V2, nulla osta che il pilota, se pesa di meno del massimo
consentito dalla tabella adotti V1 e V2 pari a quelle del peso massimo, magari
considerato con un poco di derating per risparmiare il motore.
Sono certo che la sicurezza globale del volo ne beneficerebbe, e anche l'economia.
Giovanni Riparbelli
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