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Una valutazione sulla normativa legata ai rapporti di formazione

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Una valutazione sulla normativa legata ai rapporti di formazione
Una valutazione sulla normativa legata ai rapporti di formazione continua
L'art. 117 della Costituzione conferisce alle Regioni competenza in materia di formazione professionale
al fine di permettere la realizzazione di un raccordo con le specifiche caratteristiche produttive locali.
La formazione però ha un duplice valore, perché non solo è un supporto alle esigenze delle imprese, ma
è anche uno strumento utile per realizzare il pieno sviluppo della personalità umana e rendere effettivo
per tutti i cittadini il diritto al lavoro di cui all'art 4 della stessa Costituzione.
Inoltre la nostra Carta Costituzionale contempla la formazione professionale dei lavoratori all'art. 35
comma 2 il quale assegna allo Stato il compito di "curare la formazione e l'elevazione professionale dei
lavoratori". L'inserimento della previsione nel Titolo II dedicato ai Rapporti economici dimostra la
volontà di considerare la formazione come elemento determinante per le dinamiche del mercato del
lavoro.
La legge n. 845/78 definita "Legge quadro in materia di formazione professionale" non solo mette fine
alla scarsa considerazione nei confronti di questa materia ma delinea pure un quadro, appunto di
riferimento, per l'attività legislativa e amministrativa delle Regioni a statuto ordinario.
L'art. 1 di tale legge qualifica la formazione professionale come strumento della politica attiva del
lavoro che si svolge nel quadro degli obiettivi della programmazione economica e serve per favorire
l'occupazione, la produzione e l'evoluzione della organizzazione del lavoro in armonia con il progresso
scientifico e tecnologico.
Secondo l'art. 3 di tale legge le Regioni esercitano, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, la potestà
legislativa in materia di orientamento e di formazione professionale in conformità ai seguenti principi:
a) rispettare la coerenza tra il sistema di formazione professionale, nelle sue articolazioni ai vari
livelli, e il sistema scolastico generale quale risulta dalle leggi della Repubblica;
b) assicurare la coerenza delle iniziative di formazione professionale con le prospettive dell'impiego
nel quadro degli obiettivi della programmazione economica nazionale, regionale e comprensoriale, in
relazione a sistematiche rilevazioni dell'evoluzione dell'occupazione e delle esigenze formative da
effettuarsi in collaborazione con le amministrazioni dello Stato e con il concorso delle forze sociali;
c) organizzare il sistema di formazione professionale sviluppando le iniziative pubbliche e rispettando
la molteplicità delle proposte formative;
d) assicurare la partecipazione alla programmazione dei piani regionali e comprensoriali di
intervento da parte dei rappresentanti degli enti locali, delle categorie sociali e degli altri enti
interessati;
e) assicurare il controllo sociale della gestione delle attività formative attraverso la partecipazione di
rappresentanti degli enti locali, delle categorie sociali e degli altri enti interessati;
1 f ) definire le modalita' e i criteri di consultazione, ai fini della programmazione, con gli uffici
periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e del Ministero della pubblica
istruzione;
g) garantire a tutti coloro che partecipano alla attivita' di formazione professionale l'esercizio
dei diritti democratici e sindacali e la partecipazione alla promozione di iniziative di
sperimentazione formativa;
h) adeguare la propria normativa a quella internazionale e comunitaria ed attenersi alla
normativa nazionale in materia di contenuti tecnici e di obiettivi formativi e culturali delle
iniziative, in modo particolare per quanto riguarda le attivita' regolamentate per ragioni di sicurezza
ed incolumita' pubblica;
i) dare piena attuazione all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, disponendo misure atte
ad impedire qualsiasi forma di discriminazione basata sul sesso per quanto riguarda l'accesso ai
diversi tipi di corso ed i contenuti dei corsi stessi;
l) realizzare a favore degli allievi un sistema di servizi che garantisca il diritto alla formazione,
rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che condizionano le possibilita' di
frequentare i corsi;
m) promuovere, avvalendosi delle strutture territoriali competenti, idonei interventi di assistenza
psicopedagogica, tecnica e sanitaria nei confronti degli allievi affetti da disturbi del comportamento o
da menomazioni fisiche o sensoriali, al fine di assicurarne il completo inserimento nell'attivita'
formativa e favorirne l'integrazione sociale;
n) prendere gli opportuni accordi con l'autorita' scolastica competente per lo svolgimento
coordinato delle attivita' di orientamento scolastico e professionale, sentite le indicazioni
programmatiche dei consigli scolastici distrettuali.
Le regioni disciplinano la delega agli enti locali territoriali delle funzioni amministrative nelle
materie di cui alla presente legge.
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano nelle materie
di cui alla presente legge le competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti e delle
relative norme di attuazione.
L'art. 4 della legge quadro definisce i campi di intervento, per cui le Regioni devono intervenire con
proprie leggi rispetto a:
a. la programmazione, l'attuazione e il finanziamento delle attività di formazione professionale;
b. le modalità per il conseguimento degli obiettivi formativi relativi alle qualifiche, attenendosi ai
2 principi informatori della contrattazione collettiva e della normativa del collocamento;
c. le attività di formazione professionale concernenti settori caratterizzati da specifici bisogni formativi
derivati dalla stagionalità del ciclo produttivo o della natura familiare, associativa o cooperativistica
della gestione dell'impresa;
d. la qualificazione professionale degli invalidi e dei disabili, nonché gli interventi necessari ad
assicurare loro il diritto alla formazione professionale;
e. le attività di formazione professionale presso gli istituti di prevenzione e di pena;
f. il riordinamento e la ristrutturazione delle istituzioni pubbliche operanti a livello regionale nonché il
loro eventuale scioglimento o riaccorpamento;
g. l'esercizio delle funzioni già svolte dai consorzi per l'istruzione tecnica, soppressi dall'articolo 39 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, riconducendola nell'ambito della
programmazione regionale;
h. la formazione e l'aggiornamento del personale impiegato nelle attività di formazione professionale
nella regione, rispettando la presenza delle diverse proposte formative, purché previste dalla
programmazione regionale, attraverso iniziative dirette o convenzioni con le università o altre
istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche o private e gli enti di formazione di cui all'articolo 5.
Le Regioni dunque devono predisporre, in conformità delle previsioni dei dei programmi regionali di
sviluppo, programmi pluriennali e piani annuali di attuazione per le attività di formazione
professionale. L'attuazione di tali programmi o avviene direttamente nelle strutture pubbliche o avviene
mediante convenzione in strutture di particolari enti. ( art. 5 )
L'art. 8 definisce le Tipologie di attività; le Regioni, secondo il dettato della norma, attuano iniziative
formative dirette:
a. alla qualificazione e specializzazione di coloro che abbiano assolto l'obbligo scolastico e non abbiano
mai svolto attività di lavoro;
b. all'acquisizione di specifiche competenze professionali per coloro che siano in possesso del diploma
di scuola secondaria superiore;
c. alla qualificazione di coloro che abbiano una preparazione culturale superiore a quella
corrispondente alla scuola dell'obbligo;
d. alla qualificazione di lavoratori coinvolti processi di riconversione;
e. alla qualificazione o specializzazione di lavoratori che abbiano avuto o abbiano esperienze di lavoro;
3 f. all'aggiornamento, alla qualificazione e al perfezionamento dei lavoratori;
g. alla rieducazione professionale di lavoratori divenuti invalidi a causa di infortunio o malattia;
h. alla formazione di soggetti portatori di menomazioni fisiche o sensoriali che non risultino atti a
frequentare i corsi normali.
Tali attività di formazione professionale si articolano in uno o più cicli, per un massimo di 4, ciascuno
di durata non superiore alle 600 ore. Ogni ciclo è rivolto a gruppi di utenti costituiti sulla base
dell'indirizzo professionale e del livello di conoscenze teorico-pratiche. La percorrenza dei 4 cicli deve
essere intercalata da esperienze di lavoro, fatta eccezione per allievi portatori di menomazioni fisiche,
psichiche o sensoriali.
In diversi punti del testo poi emerge la volontà di creare un raccordo con il sistema scolastico,
facilitando la cooperazione tra le iniziative di formazione professionale e le istituzioni di istruzione
secondaria e superiore, e con il sistema delle imprese mediante la stipula di convenzioni che
permettono di effettuare presso di esse periodi di tirocinio pratico e di esperienza in particolari
impianti o macchinari, in specifici processi di produzione o infine per realizzare sistemi di alternanza
tra studio ed esperienza di lavoro.
L'art. 22 della legge quadro poi dispone il meccanismo di finanziamento delle attività formative
promosse dalle Regioni nell'ambito di un fondo comune, di cui all'art. 8 della l. n. 281/1970, al quale
sono conferiti tutti gli stanziamenti di spesa iscritti nel bilancio dello Stato attinenti ad attività di
formazione professionale trasferite o da trasferire alle Regioni.
Infine per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti
realizzati viene istituito un Fondo di rotazione ( art. 25 ) , fonte di co-finanziamento dei progetti
formativi.
Interviene a disciplinare la materia anche la l. n. 236/93 introducendo numerosi elementi di novità
rispetto alla normativa precedente in conformità della necessità e urgenza di emanazione di
disposizioni a sostegno della occupazione.
Secondo l'art. 9 co.3 di tale legge il Ministero del lavoro e le Regioni, ma anche le Province
autonome, possono contribuire al finanziamento di alcune tipologie di intervento normativo:
1: interventi di formazione continua, di aggiornamento o riqualificazione, per operatori della
formazione professionale, quale che sia il loro inquadramento professionale, dipendenti degli enti di cui
all'art. 1, comma 2, della legge 14 febbraio 1987, n. 40;
2: interventi di formazione continua a lavoratori occupati in aziende beneficiarie dell'intervento
straordinario di integrazione salariale;
4 3: interventi di riqualificazione o aggiornamento professionali per dipendenti da aziende che
contribuiscano in misura non inferiore al 20 per cento del costo delle attività;
4: interventi di formazione professionale destinati ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, formulate
congiuntamente da imprese e gruppi di imprese e dalle organizzazioni sindacali, anche a livello
aziendale, dei lavoratori, ovvero dalle corrispondenti associazioni o dagli organismi paritetici che
abbiano per oggetto la formazione professionale.
E' interessante il riferimento agli interventi di formazione continua, attività dunque che consentono e
promuovono un adeguamento o miglioramento delle competenze professionali dei lavoratori. La
formazione quindi non termina più con il diploma o con la laurea, ma è concepita come perenne e
continua, destinata a tenere costantemente in conto le trasformazioni dei modelli organizzativi e delle
tecnologie.
E' fondamentale allora citare la Circolare ministeriale n. 174/96, intitolata appunto "Disposizioni per
la gestione dei fondi relativi all'art.9 co.3 della l. n. 236/93 per interventi di formazione continua", la
quale suggerisce una definizione della espressione formazione professionale continua come equivalente
di tutte le attività formative rivolte ai soggetti adulti, occupati o disoccupati, con particolare
riferimento alle attività a cui il lavoratore partecipa per autonoma scelta, al fine di adeguare o elevare il
proprio livello professionale, ed agli interventi formativi promossi dalle aziende in stretta connessione
con l'innovazione tecnologica ed organizzativa del processo produttivo.
La circolare poi individua tre tipi di azioni formative sperimentali di interesse nazionale:
1- AZIONI DI SISTEMA: ossia interventi con impatto significativo sui profili della organizzazione,
delle modalità di svolgimento e dei contenuti della formazione continua;
2- AZIONI DI RIQUALIFICAZIONE & RICONVERSIONE DEGLI OPERATORI DEGLI ENTI DI
FORMAZIONE: ossia interventi finalizzati ad adeguare la professionalità degli operatori e la qualità
della offerta formativa degli enti attuatori;
3- AZIONI FORMATIVE AZIENDALI: ossia interventi finalizzati a rafforzare la competitività delle
aziende e l'occupabilità del lavoratore.
Dunque la formazione continua oggi, soprattutto a fronte dei mutamenti tecnologici e produttivi, è
considerata uno strumento fondamentale per l'apprendimento per tutto l'arco della vita e si attua
attraverso elementi diversi come le nuove forme di raccordo tra formazione e lavoro, tra formazione
scolastica e lavoro e infine l'introduzione dei congedi formativi e di orientamento.
Fondamentale allora a seguito di tali indicazioni l'intervento della l. n. 196/97 intitolata "Norme in
materia di promozione della occupazione" che rappresenta un provvedimento legislativo di ampia
portata del quale a noi interessano in particolare gli artt. 5 e 17.
Secondo l'art. 5 infatti per il finanziamento di iniziative di formazione professionale dei prestatori di
5 lavoro temporaneo attuate nel quadro di politiche stabilite nel contratto collettivo applicato alle imprese
queste stesse sono tenute a versare un contributo pari al 5% della retribuzione corrisposta ai lavoratori
assunti con contratto di lavoro per prestazioni di lavoro temporaneo ( descritto all'art. 3 della stessa
legge ). Tali contributi sono rimessi ad un Fondo costituito appositamente presso il Ministero del lavoro
e della previdenza sociale e sono destinati al finanziamento, anche con il concorso delle regioni, di
iniziative mirate al soddisfacimento elle esigenze della formazione dei lavoratori. I finanziamenti sono
deliberati da una commissione nominata con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, la quale opera senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
L'art. 17 invece è dedicato al "Riordino della formazione professionale" e prevede dei principi e criteri
generali sui quali si dovrà basare la riorganizzazione della materia in particolare sulla formazione e ai
quali quindi si conformeranno le norme di natura regolamentare di tale processo di riordino, per
assicurare ai lavoratori adeguate opportunità di formazione e elevazione professionale anche attraverso
l'integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema scolastico e con il mondo del
lavoro e un più razionale utilizzo delle risorse vigenti destinate proprio alla formazione professionale.
Tali principi sono i seguenti:
a) valorizzazione della formazione professionale quale strumento per migliorare la qualità dell'offerta
di lavoro, elevare le capacità competitive del sistema produttivo, in particolare con riferimento alle
medie e piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare l'occupazione, attraverso attività di
formazione professionale caratterizzate da moduli flessibili, adeguati alle diverse realtà produttive
locali nonchè di promozione e aggiornamento professionale degli imprenditori, dei lavoratori
autonomi, dei soci di cooperative, secondo modalità adeguate alle loro rispettive specifiche esigenze;
b) attuazione dei diversi interventi formativi anche attraverso il ricorso generalizzato a stages, in grado
di realizzare il raccordo tra formazione e lavoro e finalizzati a valorizzare pienamente il momento
dell'orientamento nonchè a favorire un primo contatto dei giovani con le imprese;
c) svolgimento delle attività di formazione professionale da parte delle regioni e/o delle province anche
in convenzione con istituti di istruzione secondaria e con enti privati aventi requisiti predeterminati;
d) destinazione progressiva delle risorse di cui al comma 5 dell'articolo 9 del decreto-legge 20 maggio
1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, agli interventi di
formazione dei lavoratori nell'ambito di piani formativi aziendali o territoriali concordati tra le parti
sociali, con specifico riferimento alla formazione di lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, di
lavoratori collocati in mobilità, di lavoratori disoccupati per i quali l'attività formativa è propedeutica
all'assunzione; le risorse di cui alla presente lettera confluiranno in uno o più fondi nazionali, articolati
regionalmente e territorialmente aventi configurazione giuridica di tipo privatistico e gestiti con
partecipazione delle parti sociali; dovranno altresì essere definiti i meccanismi di integrazione del
6 fondo di rotazione;
e) attribuzione al Ministro del lavoro e della previdenza sociale di funzioni propositive ai fini della
definizione da parte del comitato di cui all'articolo 5, comma 5, dei criteri e delle modalità di
certificazione delle competenze acquisite con la formazione professionale;
f) adozione di misure idonee a favorire, secondo piani di intervento predisposti d'intesa con le regioni,
la formazione e la mobilità interna o esterna al settore degli addetti alla formazione professionale
nonchè la ristrutturazione degli enti di formazione e la trasformazione dei centri in agenzie formative al
fine di migliorare l'offerta formativa e facilitare l'integrazione dei sistemi; le risorse finanziarie da
destinare a tali interventi saranno individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale nell'ambito delle disponibilità, da preordinarsi allo scopo, esistenti nel Fondo di cui all'articolo
1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19
luglio 1993, n. 236;
g) semplificazione delle procedure, definite a livello nazionale anche attraverso parametri standard, con
deferimento ad atti delle Amministrazioni competenti e a strumenti convenzionali oltre che delle
disposizioni di natura integrativa, esecutiva e organizzatoria anche della disciplina di specifici aspetti
nei casi previsti dalle disposizioni regolamentari emanate ai sensi del comma 2;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti.
Le circolari n. 37/94 e n. 139/98 prevedono poi delle azioni e dei progetti di formazione individuale
di lavoratori occupati per le cui le azioni formative intraprese dalle aziende devono avere come
obiettivi l'aumento della competitività dell'impresa e il rafforzamento professionale ed occupazionale
dei lavoratori ed infine riguardare interventi relativi alle aree della qualità, della innovazione
tecnologica ed organizzativa, della sicurezza e della protezione ambientale, attuati preferibilmente
sulla base di accordi tra le parti sociali.
Le Regioni e le Province autonome interessate allora possono, nella misura non superiore ale 25% delle
risorse disponibili, promuovere percorsi individuali di orientamento-formazione, anche utilizzando le
modalità relative al bilancio di competenze, attraverso progetti elaborati da singoli lavoratori
dipendenti. Le attività possono svolgersi durante o fuori l'orario di lavoro, utilizzando nel primo caso
anche gli istituti contrattuali specifici esistenti.
In tal caso Regioni e Province autonome devono definire la data di presentazione dei progetti di
formazione individuale ed elaborare procedure idonee a garantire l'accesso dei lavoratori dipendenti a
tale opportunità e favorire accordi con le singole imprese, con le rappresentanze delle stesse, le
rappresentanze dei lavoratori e gli organismi di formazione.
7 Nel caso di azioni di formazione individuale le Regioni e le Province autonome interessate elaborano
specifiche modalità di ammissione a contributo delle proposte individuali, nonchè di erogazione dello
stesso, tenendo conto di:
- presenza di un progetto articolato;
- congruità dei costi;
-validazione del percorso e delle caratteristiche dei soggetti erogatori;
-possibilità di certificare gli esiti.
Infine gli artt. 4,5 e 6 della l. n. 53/2000 prevedono rispettivamente congedi per eventi e cause
particolari, congedi per la formazione e congedi per la formazione continua.
L'art. 4 stabilisce infatti che i lavoratori di ambo i sessi hanno diritto ad un permesso retributivo di tre
giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o documentata grave infermità del coniuge o di un parente
entro il secondo grado o del convivente, purchè la convivenza stabile risulti da certificazione
anagrafica. In alternativa e in casi sempre di grave infermità tramite accordi lavoratore e datore di
lavoro possono concordare modalità diverse di espletamento della attività lavorativa. Inoltre i
dipendenti di datori di lavoro, sia pubblici che privati, per gravi e documentati motivi familiari,
possono richiedere un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni.
Secondo la previsione normativa durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro ma non
ha diritto a retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa.
Il congedo comunque non è computato nell'anzianità di servizio nè ai fini previdenziali e il lavoratore
può procedere al riscatto, ossia al versamento dei relativi contributi, calcolati però secondo i criteri
della prosecuzione volontaria.
Le modalità di partecipazione agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività
lavorativa dopo una tale sospensione sono disciplinate dai contratti collettivi.
L'art. 5 riguarda invece i congedi per la formazione per cui ferme restando le disposizioni in tema di
diritto allo studio, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati che abbiano almeno 5 anni di
anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione possono richiedere una sospensione del
rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad 11 mesi, continuativo
o frazionato, nell'arco della intera vita lavorativa.
Il congedo per la formazione deve essere finalizzato al completamento della scuola dell'obbligo, al
conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla
partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.
8 Durante il periodo del congedo il lavoratore conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla
retribuzione. Tale periodo non è computabile all'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie,
con la malattia e con altri congedi. Inoltre una grave e documentata infermità, intervenuta durante il
periodo di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, comporta l'interruzione
del congedo medesimo.
Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo o differirne l'accoglimento nel caso di
comprovate esigenze organizzative.
I contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso, indivuando le percentuali
massime di lavoratori che possono avvalersene, disciplinando le ipotesi di differimento o di diniego
all'esercizio di tale facoltà e fissando i termini del preavviso, comunque non inferiore a 30 giorni.
Il lavoratore infine può procedere al riscatto del periodo di congedo, ossia al versamento dei relativi
contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
L'art. 6 riguarda i congedi per la formazione continua e stabilisce che i lavoratori, occupati e non,
hanno diritto di proseguire i percorsi di formazione per tutto l'arco della vita, per accrescere le loro
conoscenze e competenze personali. A questo proposito Stato, Regioni ed enti locali devono assicurare
una offerta formativa articolata sul territorio e, se necessario integrata, secondo le disposizioni di cui
all'art. 17 della l. n. 196/97. Tale offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati, certificati e
riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed europeo. La formazione può corrispondere
ad una autonoma scelta del lavoratore o essere predisposta dalla azienda attraverso piani formativi
aziendali o territoriali concordati tra le parti sociali.
La contrattazione collettiva, nazionale e decentrata, definisce poi il monte ore da destinare ai congedi, i
criteri per la individuazione dei lavoratori e le modalità di orario e retribuzione connesse alla
partecipazione ai percorsi di formazione.
Gli interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o territoriali possono essere finanziati
attraverso il fondo interprofessionale per la formazione continua ( vedi di nuovo art. 17 l. 196/97 ).
Infine le regioni possono finanziare progetti di formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi
contrattuali, prevedano quote di riduzione dell'orario di lavoro o progetti di formazione presentati
direttamente dai lavoratori.
9 FORMAZIONE PROFESSIONALE E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Se guardiamo all'esperienza degli anni '70-'80 notiamo che una notevole diffidenza connota l'iniziativa
sindacale riguardo al tema della "professionalizzazione del lavoratore dipendente", nell'idea generale
per cui i percorsi formativi del lavoratore, come tentativi di emancipazione individuale, ostacolino
invece l'emancipazione collettiva. Infatti lo Statuto dei lavoratori del 1970 non contempla il diritto del
lavoratore alla formazione professionale ma solo il diritto allo studio.
La prima breccia rispetto a questo atteggiamento è aperta dalla introduzione, per via negoziale, a metà
degli anni '70, del congedo delle "150" ore, previsto dapprima dal CCN dei meccanici e poi a seguire
di altre categorie, finalizzate principalmente alla acquisizione del titolo di scuola dell'obbligo, con
esclusione della formazione professionale. Lo strumento ha avuto un grande successo inizialmente e
poi è stato usato sempre meno dagli operatori dell'industria e sempre più dalle fasce più deboli del
mercato del lavoro, da giovani, da casalinghe e lavoratori immigrati.
E' solo verso la fine degli anni '80 che emergono le condizioni per lo sviluppo di una nuova cultura
sindacale in tema di formazione; grazie anche alla importanza della tematica in ambito europeo, la
formazione continua comincia a essere intepretata come area di interesse comune per lavoratore e
impresa e strumento di prevenzione della progressiva perdita di efficienza professionale e di
accompagnamento e sostegno ai processi di mobilità.
La vera svolta si ha negli anni '90 con un accordo sigliato da CGIL, CISL, UIL e Confindustria, dal
quale emerge chiaramente l'idea di formazione come area di interesse condiviso tra impresa e
lavoratore, e con la costituzione degli Enti bilaterali con compiti di analisi dei fabbisogni professionali
e formativi e di costruzione di una coltura comune. La svolta sarà rafforzata poi dalla adozione di
accordi trilaterali di tipo concertativo che consolideranno il nuovo orientamento delle parti sociali e
dalle politiche che vengono a svilupparsi a livello comunitario e nazionale, al fine soprattutto di
incoraggiare il ricorso alla formazione continua da parte delle imprese italiane mettendo a
disposizione risorse e strumenti istituzionali e politici.
Analizzando la situazione moderna notiamo che se da un lato la formazione è ormai definitivamente
entrata a far parte delle materie che i contratti collettivi devono contenere, dall'altro lato si registra
comunque il persistere di un ruolo complessivamente debole della contrattazione su alcuni aspetti,
come quelli che interessano la domanda e quindi le possibilità e le modalità di accesso alla formazione
da parte dei lavoratori.
Inoltre analizzando la contrattazione nazionale è evidente che nella maggior parte dei casi non sono
predisposti dispositivi per l'accesso in orario di lavoro alla formazione, per il finanziamento di questa
10 e per un'assunzione di responsabilità in questo campo da parte di aziende e di lavoratori, così come
poco frequenti sono i riferimenti alle categorie di lavoratori destinatarie degli interventi. I contratti che
sembrano rappresentare una eccezione sono quelli dei settori chimico-farmaceutico e bancario.
Il contratto chimico-farmaceutico in particolare prevede la possibilità di richiedere finanziamenti
pubblici per la formazione in grado di coprire almeno il 50% dei costi e far partecipare in modo
paritetico per il restante 50% le imprese e i lavoratori. Il contributo di questi è fornito "attraverso
l'utilizzazione delle ore di cui al conto ore individuale" oppure in caso di insufficienza attraverso
l'utilizzazione di permessi o riposi a vario titolo spettanti. Le attività formative possono essere svolte
anche durante le ore lavorative, quando è compatibile con le attività lavorative e quando la
partecipazione contemporanea dei lavoratori non superi il 5% dell'organico della impresa, salvo quanto
in proposito convenuto in sede aziendale. Il contratto poi stabilische che la formazione sia organizzata
all'interno di una strategia condivisa da azienda e lavoratori, attraverso la progettazione di appositi
piani di formazione continua. Risultato di tale condivisione è la stipula di un "patto formativo" tra
impresa e lavoratore che comporta l'impegno per la impresa di far partecipare il lavoratore a iniziative
di formazione continua e l'impegno del lavoratore a partecipare alle iniziative.
Il contratto dei bancari invece dispone per ogni singolo lavoratore 50 ore annue di formazione,
suddivise in 24 ore in orario di lavoro e 26 ore ( 8 retribuite e 18 non retribuite ) da svolgere fuori
orario.
Analizzando poi la contrattazione regionale si nota che sebbene la situazione si presenti articolata e
non uniforme, nella maggior parte delle regioni sono stati costituiti Comitati e Commissioni cui
partecipano le parti sociali e i rappresentanti regionali e/o provinciali con il compito di contribuire alla
pianificazione e alla attuazione degli interventi di formazione, compresa quella continua. La capacità
poi di questi organismi di incidere sulle scelte relative alla ripartizione delle risorse e sulle modalità di
attuazione degli interventi di formazione continua varia da regione a regione. Emerge poi che in tutte le
regioni sono stati conclusi accordi di concertazione, tra parti sociali, istituzioni regionali o sub
regionali, spesso riconducibili a norme legislative nazionali o regolamenti comunitari; scarsa è invece
la presenza di accordi bilaterali firmati dalle sole organizzazioni sindacali e datoriali e riconducibili ad
una precisa decisione delle parti piuttosto che a disposizioni di legge. Del resto è carente anche
l'attività negoziale finalizzata alla stipula di accordi tra le parti sociali a livello aziendale, se è vero
infatti che nel nostro paese si registra la prevalenza di piccole e medie imprese, nel campo della
formazione emerge una notevole unilateralità delle scelte, in sostanza: le parti sociali ritengono che la
formazione sia fondamentale per garantire la competitività dell'impresa e l'occupabilità dei lavoratori,
ma questo accordo sui principi non si traduce in un negoziato sugli aspetti operativi perchè nella
magior parte dei casi l'azienda mantiene il controllo esclusivo della attività di formazione.
Notiamo allora che nel corso del tempo si è verificata una inversione di tendenza, se inizialmente erano
11 le parti sociali a fornire impulsi allo strumento della formazione nella contrattazione, ultimamente è
piuttosto l'intervento del legislatore nazionale che introduce nuove regole per potenziare i diritti di
formazione, anche individuali e che attribuisce al momento della contrattazione tra le parti sociali il
compito importante di creare le condizioni che rendano applicabili tali diritti.
Per quanto riguarda le Parti sociali, queste sicuramente affidano alla formazione, nell'ambito della
contrattazione, delle finalità fondamentali, ad esempio: l'adattamento delle competenze dei lavoratori,
la promozione della mobilità e la valorizzazione professionale, la gestione della innovazione, la
promozione della cultura di impresa, il miglioramento della qualità del sistema di relazioni industriali e
la formazione congiunta management-lavoratori.
Possiamo cercare di approfondire le varie finalità.
Ad esempio la nozione di adattamento comprende una pluralità di scopi che emergono dai diversi
contratti in relazione al contesto produttivo e alle condizioni tecnologiche e organizzative in cui le
imprese operano. Nel Contratto nazionale del settore elettrico infatti la formazione è strumento atto a
favorire l'inserimento di lavoratrici nel contesto aziendale, quindi l'adattamento riguarda soprattutto
iniziative volte a favorire l'inserimento nelle imprese di figure deboli sul mercato del lavoro. Nel
Contratto del settore del credito invece la formazione ha il compito di prevenire i conflitti sindacali
legati ai processi di riorganizzazione che riguardano il settore e che potrebbero appunto essere generati
dalle difficoltà di ricollocazione del personale eccedente a causa proprio di questi processi di
ristrutturazione. Quindi la formazione è lo strumento principale tramite cui realizzare il mantenimento
della occupabilità dei lavoratori.
La promozione della mobilità professionale tramite il ricorso alla formazione spesso non ha
implicazioni pratiche a causa della mancanza di concrete previsioni normative che connettano la
partecipazione dei lavoratori ad iniziative formative con finalità di progressione della carriera
professionale. Solo i Contratti collettivi del credito e del turismo contengono previsioni in tal senso: nel
settore del credito la mobilità professionale del lavoratore si fonda su procedure a loro volta basate su
una valutazione del potenziale del singolo lavoratore e non sui ruoli professionali da questo svolti; nel
settore del turismo invece l'accesso alla formazione per il progresso della carriera è considerato un
diritto individuale.
Numerosi invece sono i riferimenti, anche se generici, alla formazione come strumento di promozione
di processi di innovazione che si rinvengono nei diversi Contratti collettivi. Non solo, come già detto,
tali riferimenti sono generici e quindi non prevedono nessi ben definiti tra formazione e innovazione
ma manca pure l'indicazione di quei processi di innovazione per i quali si può ricorrere alla formazione.
Tra le finalità abbiamo indicato anche la promozione della cultura d'impresa. Ebbene solo il contratto
12 nazionale del settore chimico fa riferimento ad essa nel senso di promozione e attuazione di una
strategia volta a costruire l'identità e l'appartenenza dei lavoratori che operano nel settore tramite piani
di formazione nazionale progettati dalle Rappresentanze nazionali delle parti sociali. Tale
impostazione va ricondotta alle caratteristiche organizzative e di relazione con il mercato che queste
imprese presentano.
Il riferimento al miglioramento della qualità del sistema di relazioni industriali è contenuto in due
contratti collettivi nazionali: il contratto dell'industria tessile che ritiene che la formazione sia
strumento utile contemporaneamente per attuare relazioni industriali di tipo partecipativo e per
migliorare l'azione negoziale decentrata; il contratto del credito che qualifica la formazione come
supporto dei processi negoziali.
Infine di particolare rilievo sono le previsioni inserite nel contratto collettivo nazionale del settore
chimico relative alla formazione congiunta mangement-lavoratori. Gli impegni contrattuali poi sono
stati posti in un accordo specifico nominato "Risoluzione sugli indirizzi di formazione continua" del
1999, il quale individua temi di politica industriale sui quali le parti sociali hanno deciso di consolidare
una visione comune e alcune ocmpetenze relazionali da sviluppare per permettere una migliore
comunicazione tra dirigenti e lavoratori.
La dimensione contrattuale della formazione si articola in un impianto normativo stratificato nel corso
del tempo e non sempre pronto a recepire le innovazioni proposte.
Il contratto nazionale costituisce l'indicazione delle condizioni generali di impiego e affida poi ai livelli
decentrati la declinazione, nello specifico contesto produttivo locale, di queste condizioni. Rispetto alla
contrattazione però la formazione non costituisce un istituto autonomo perchè coinvolge molti aspetti
diversi del rapporto di lavoro e quindi è un tema presente in una pluralità di norme non sempre
connesse o connettibili tra loro in modo sistematico. Per questo la regolazione della formazione
avviene in correlazione con altri istituti e questo comporta sicuramente alcune difficoltà.
In generale, le aree contrattuali nelle quali la formazione è regolata sono molteplici e riguardano:
1- diritto alla informazione;
2- interventi sui mercati di lavoro;
3- gestione del ciclo formativo;
4- diritto all'apprendimento;
5- produzione dei beni pubblici;
6- forme di finanziamento della formazione continua;
7- formazione alla sicurezza.
La prima area, relativa al diritto di informazione, è normalmente collocata nella prima parte dei
13 contratti collettivi che regola il sistema dei rapporti tra le rappresentanze dei lavoratori e delle imprese.
In particolare la regolazione della formazione in questo caso riguarda due aspetti: la definizione di tale
diritto e la sua articolazione a livelli contrattuali decentrati. In particolare è rilevante il fatto che i
contratti possono prevedere l'informazione da parte delle imprese ai rappresentanti dei lavoratori sia ex
ante che ex post rispetto alla realizzazione delle iniziative formative. Il quadro poi è da questo punto di
vista nettamente differenziato.
In merito alle innovazioni intervenute nel mercato del lavoro esterno e nell'organizzazione delle
imprese e della produzione, possiamo dire che questi fenomeni hanno sicuramente avuto conseguenze
importanti.
Se ormai è pacificamente accettata la possibilità dell'apporto, all'impresa, di lavoratori non dipendenti
dall'impresa stessa andando così oltre il confine dell'impresa stessa, questa possibilità deve essere
recepita e regolata sul piano normativo per garantire uniformità di trattamento normativo appunto e poi
salariale.
La contrattazione collettiva dunque ha dovuto cogliere la portata delle innovazioni e regolare le diverse
condizioni di impiego che si trovano nelle imprese, per cui mentre l'intervento sul mercato del lavoro
interno è finalizzato alla promozione dell'adattamento delle competenze dei lavoratori ai processi di
cambiamento, quello sul mercato del lavoro esterno ha l'obiettivo di promuovere l'occupabilità dei
lavoratori disoccupati o migliorare la competitività professionale di specifici gruppi di lavoratori.
Per quanto riguarda la gestione congiunta del ciclo formativo, occorre sottolineare che in essa rientrano
tutte quelle azioni che vengono concepite e attuate dalle parti a livello nazionale o delegate ai livelli
decentrati, aziendali e territoriali, per le quali inoltre le Parti stesse negoziano gli aspetti costitutivi e
gestiscono totalmente o parzialmente il ciclo formativo. I contratti poi affrontano una molteplicità di
aspetti relativi ad esempio alle iniziative formative specifiche, alla definizione delle modalità di
attuazione di piani formativi aziendali e territoriali, alle azioni di monitoraggio e valutazione delle
attività formative realizzate a livello decentrato.
In particolare la gestione congiunta del ciclo formativo si fonda sulla consapevolezza di interessi
strategici e condivisi tra le Parti sociali e la loro previsione dipende tutta dalle relazioni industriali
tra le Parti e dalla concezione che si ha della situazione di competitività dei singoli settori o delle
singole imprese.
I contratti che assumono il tema delle iniziative congiunte appartengono al settore della chimica, del
tessile e elettrico.
Il tema del diritto allo studio e all'apprendimento poi è di fondamentale importanza e ne ha assunta una
14 maggiore in concomitanza dell'emergere del fenomeno dei lavoratori studenti, tanto che nel 1969 nel
contratto dei metalmeccanici furono introdotti permessi retribuiti per la partecipazione agli esami di
ogni ordine e grado e nel contratto del 1972 furono introdotti i famosi permessi retribuiti di 150 ore. Il
diritto all'apprendimento in realtà è stato tema di discussione in ambito europeo che ha fondato la
possibilità del lavoratore di apprendere durante tutto l'arco della vita sulla necessità di prevenzione
della obsolescenza delle competenze.
Questa tematica si è tradotta in ambito nazionale in una normativa ad hoc e nella introduzione del
congedo formativo. Con l'affermarsi di tali diritti ovviamente si è posta la necessità di procedere al
riconoscimento e alla certificazione delle competenze acquisite dai lavoratori nel contesto formativo e
lavorativo. La contrattazione collettiva ha in alcuni casi anticipato la produzione normativa e in altri ha
costituito lo strumento di attuazione della legge. La produzione normativa nazionale si concentra su
alcune finalità e regola in particolare: il diritto individuale allo studio; la possibilità di intraprendere
percorsi individuali di crescita culturale; il diritto individuale alla formazione e le condizioni di
partecipazione a percorsi di alternanza scuola-lavoro; le procedure per il riconoscimento e la
certificazione elle competenze a seguito della partecipazione ad attività di formazione.
Per concludere possiamo trattare del protocollo di intesa politica per il rinnovo del contratto collettivo
nazionale di lavoro per la formazione professionale relativo al periodo 2011-2013. Dobbiamo
osservare l'importante presa di coscienza da parte dei Rappresentati confederali di CGIL, CISL, UIL E
SNALS CONFSAL, con i rispettivi sindacati di categoria della Scuola e della Formazione
professionale e le Delegazioni degli di formazione professionale, del fatto che la formazione
professionale in Italia è stata caratterizzata da modificazioni della ripartizione di competenze tra Stato
e Regioni in tema di formazione professionale e di istruzione e formazione professionale, che questo
ha determinato rapidi cambiamenti e soprattutto una differenziazione di articolazioni tra Regione e
Regione nonchè a discontinuità che hanno inciso sul lavoro personale e sugli assetti organizzativi
degli Enti.
Pertanto si assegna allo Stato il compito di determinare le norme generali sull'istruzione e anche sul
sistema di istruzione e formazione professionale per salvaguardarne l'assetto unitario e definire i
livelli essenziali delle prestazioni da erogare sull'intero territorio, il compito di assicurare a Regioni e
Enti locali le condizioni necessarie per l'esercizio delle competenze proprie e di quelle trasferite.
Di conseguenza alle Regioni competono: l'esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di
Formazione professionale e di istruzione e formazione professionale nel limiti previsti da ordinamento
e norme generali attraverso l'adozione di provvedimenti legislativi e normativi; il conseguimento di
obbiettivi coerenti con i liveli essenziali delle prestazioni stabiliti dallo Stato con legge; l'assicurare i
requisiti di qualità e efficienza per l'accreditamento delle Istituzioni Formative come condizione
per fruire del finanziamento pubblico; il sostegno ai processi di innovazione e ristrutturazione di tutte le
istituzioni formative; la programmazione e il finanziamento con risorse adeguate, stabili e
15 strutturali dei percorsi formativi necessari per rispondere ai bisogni emergenti di domanda di
professionalità, richieste dal territorio e dai cittadini. Infini in maniera concorrente a Stato e Regioni
compete: assicurare che la fruizione della Istruzione e Formazione professionale sia strumento per
l'assolvimento dell'obbligo di istruzione e del diritto-dovere all'Istruzione e alla Formazione; favorire il
successo formativo dei giovani e azioni di recupero dei giovani in situazione di disagio per prevenirne
e contrastarne la dispersione scolastica; considerare la formazione professionale come strumento di
politiche attive anticrisi; rispettare, infine, l'autonomia organizzativa e funzionale delle istituzioni
formative accreditate , nelle forme costituzionalmente garantite.
Su questa base gli obbiettivi da realizzare riguardano in particolar modo l'istituzione di percorsi di
apprendimento più flessibili per una maggiore apertura verso l'apprendimento non formale e
informale e una trasparenza e un riconoscimento maggiore dei risultati dell'apprendimento; il
rafforzamento dei sistemi nazionali di istruzione e formazione professionale; l'educazione e la
formazione durante tutto l'arco della vita; l realizzazione di una maggiore competitività nel quadro
della economia globale; l'autonomia e la libertà di educazione e formazione; la centralità della
esperienza reale nei processi di apprendimento; la rilevanza qualitativa di istruzione e formazione
professionale. Tramite la realizzazione di questi obiettivi è possibile determinare non solo una
maggiore coesione sociale ma anche una crescita economica e della competitività.
Infine ciò a cui, in questo caso, optano le parti è la definizione di un Contratto nazionale di comparto,
come riferimento per le istituzioni e per i lavoratori impegnati nella istruzione e formazione
professionale e garanzia della qualità della offerta formativa e della parità di condizioni di accesso e
di gestione dei finanziamenti pubblici destinati alle varie parti del sistema complessivo, anche per
ampliare il coninvolgimento e la valorizzazione del personale nella realizzazione delle attività
formative come risorsa strategica dei processi di cambiamento per le esperienze sul piano appunto
formativo, didattico e organizzativo.
Corollario di quanto abbiamo detto allora sono due articoli del protocollo:
L'art. 7 prevede una forma di apprendistato professionalizzante come un contratto, stipulato
direttamente dagli Enti/Agenzie formative, di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione
e alla occupazione dei giovani, riconosciuto inoltre come strumento utile per l'acquisizione delle
competenze necessarie allo svolgimento della prestazione lavorativa e come percorso orientato tra
sistema di istruzione e formazione e mondo del lavoro, diretto a favorire l'aumento dell'occupazione
giovanile.
L'art. 33 tratta invece della mobilità professionale e stabilisce che il personale dipendente degli Enti
può essere soggetto a processi di mobilità professionale all'interno della fascia professionale di
propria competenza, anche attraverso percorsi di formazione, aggiornamento, riconversione e
riqualificazione. Tale mobilità inoltre si attua: all'interno delle Istituzioni formative dello stesso ente,
mediante una trattativa aziendale; tra strutture di Enti diversi, tramite convenzioni o accordi; tra
16 Istituzioni Formative degli Enti e Istituzioni pubbliche, sempre tramite convenzioni o accordi.
Formazione continua nella Regione Lazio
La regione Lazio interviene a disciplinare la materia della formazione con la legge regionale n. 23/92
ritenendola "un servizio di interesse pubblico e, nell'ottica della formazione continua, che concorre a
rendere possibile l'inserimento, la permanenza e il reinserimento nel lavoro, favorendo l'acquisizione di
conoscenze culturali, scientifiche e tecnologiche e di abilità tecnico-operative relative all'esercizio dei
vari ruoli professionali , nei settori produttivi di beni e servizi, pubblici e privati, nel lavoro
subordinato, autonomo ed associato o nelle attività professionali libere."
Il metodo di programmazione usato dalla regione prevede la predisposizione di piani pluriennali e
annuali , volti ad attuare un organico collegamento con gli obiettivi determinati dal piano regionale di
sviluppo, dal quadro di riferimento territoriale e dai programmi socio-economici provinciali.
La Regione quindi deve attuare un sistema di formazione e orientamento professionale che consenta
l'acquisizione di conoscenze teoretiche e pratiche necessarie per svolgere ruoli professionali di ogni
livello, nei settori produttivi e nei servizi pubblici e privati.
Gli interventi corsuali si distinguono in:
a) attività di formazione al lavoro, destinate ai giovani usciti dalla scuola dell'obbligo, dalle classi
intermedie e dalla scuola secondaria superiore; rientrano in tali attività quelle che tendono ad integrare
la preparazione culturale-scientifica degli allievi della secondaria superiore con conoscenze ed
esperienze di natura professionale;
b) attività di formazione professionale per lavoratori adulti occupati, titolari di contratti di
apprendistato, per lavoratori autonomi od associati;
c) attività di formazione finalizzata all'occupazione per giovani disoccupati, disoccupati di lunga durata
lavoratori in cassa integrazione e per titolari di contratti di formazione-lavori;
d) attività di formazione rivolte al conseguimento di patenti di mestiere o certificati di abilitazione,
nonchè per l'iscrizione ad albi professionali, richieste da specifica normativa comunitaria, nazionale o
regionale;
e) attività di formazione rivolte ai giovani laureati nonchè ai ruoli manageriali ed imprenditoriali;
17 f) attività di formazione dei soggetti in stato ed a rischio di emarginazione sociale.
Gli interventi di formazione personalizzata si realizzano mediante: interventi di formazione a distanza;
stages lavorativi presso trutture pubbliche o private, produttive di beni o servizi; borse o crediti di
formazione per la partecipazione ad attività formative, anche se realizzate fuori dal territorio regionale.
Gli interventi formativi poi sono rivolti a tutti i cittadini che abbiano assolto l'obbligo scolastico o
che ne siano stati prosciolti, in possesso ovviamente dei requisiti previsti per ciascun tipo di iniziativa
e mirano ad offrire opportunità formative ricorrenti lungo l'intero arco della vita di lavoro; soprattutto
per quanto riguarda l'accesso ai diversi tipi di iniziative formative, è garantita l'uguaglianza di
opportunità tra i cittadini, senza discriminazioni di sesso, di condizione sociali o di ogni altro tipo.
Un importante obiettivo perseguito è quello di creare un raccordo tra il sistema formativo e il sistema
scolastico e il sistema produttivo, in questo secondo caso infatti le strutture formative possono attivare
accordi con le imprese per consentire agli allievi dei corsi di effettuare periodi di tirocinio pratico e di
esperienza in particolari impianti e macchinari o in specifici processi di produzione, oppure per
applicare un sistema di alternanza tra studio e lavoro. Al termine dei corsi vengono rilasciati attestati di
idoneità e certificati di frequenza e per alcuni corsi sono previste delle prove finali di accertamento di
idoneità.
Inoltre i progetti formativi e gli altri interventi previsti dal piano annuale sono realizzati esclusivamente
presso strutture gestite da:
a) province e città metropolitana;
b) enti di formazione;
c) enti bilaterali costituiti sulla base di accordi nazionali tra associazioni imprenditoriali e
organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative;
d) organismi, pubblici e privati, aventi tra i loro fini la formazione professionale, in possesso dei
requisiti di cui all'art. 5, lettera b) della legge n. 845;
e) imprese o loro consorzi, nel rispetto di quanto stabilito dall'art. 5, lettera b), punti n. 2) e 7), della
citata legge n. 845/78.
Invece i corsi riservati ai giovani che abbiano assolto l'obbligo scolastico, finalizzati all'acquisizione di
una qualificazione di base, sono realizzati esclusivamente presso i centri di formazione professionale e
gestiti:
a) dalle province e dalla città metropolitana;
b) dagli enti di formazione, che abbiano gestito, in regime di convenzione, attività formative per
giovani.
18 Infine le imprese e i loro consorzi possono realizzare, mediante convenzione:
a) "stages" formativi;
b) azioni formative destinate a specifiche occasioni di impiego, alla riqualificazione, al
perfezionamento ed alla specializzazione del personale delle imprese medesime;
c) azioni formative rivolte a titolari di contratto di formazione-lavoro ed agli apprendisti.
Le strutture presso cui si attuano gli interventi formativi sono le seguenti:
- centri di formazione professionale (C.F.P.), che sono strutture didattiche, monosettoriali o
plurisettoriali, destinate in modo permanente ed esclusivo alle attività di formazione professionale; i
centri debbono, in misura adeguata alla quantità ed alla qualità delle attività formative che in essi si
svolgono, essere dotati di strutture immobiliari, di laboratori, di servizi generali ed igienico-sanitari, di
attrezzature tecnico-didattiche e di personale direttivo, docente, amministrativo ed ausiliario;
- strutture aziendali;
- altre strutture idonee allo svolgimento di attività formative.
Il titolo IV della legge tratta della Formazione professionale degli artigiani e degli apprendisti e
stabilisce appunto che la Regione provveda ad attuare iniziative formative nel settore dell'artigianato,
per promuovere lo sviluppo della professionalità dei lavoratori e l'inserimento dei giovani nelle attività
lavorative del comparto.
In particolare la attività formative comprendono:
a) corsi di qualificazione di base per i giovani di età inferiore ai 25 anni;
b) corsi teorici per apprendisti;
c) attività di formazione imprenditoriale e di riqualificazione, aggiornamento e perfezionamento di
imprenditori artigiani.
Il titolo V invece riguarda le autorizzazioni allo svolgimento di corsi privati non finanziati. L'art. 39
infatti prevede che nell'ambito della libertà di insegnamento prevista dalla Costituzione e nel rispetto
delle normative fissate dalla legge per la organizzazione e la gestione delle attività formative, i gestori
privati, le scuole pubbliche, gli enti pubblici e le imprese possono richiedere l'autorizzazione allo
svolgimento di corsi di formazione professionali conformi a quelli previsti dalla stessa legge, senza
alcuna spesa da parte della Regione. I requisiti necessari per ottenere l'autorizzazione sono:
a) l'idoneità delle strutture e delle attrezzature da destinare in modo esclusivo alla attività didattiche, in
relazione alla tipologia delle attività formative, ed alle norme antinfortunistiche e igienico-sanitarie;
b) la conformità dei corsi, per i quali si chiede l'autorizzazione, per quanto attiene il numero minimo
19 delle ore, i profili professionali, i requisiti di ammissione degli allievi, agli indirizzi di progettazione
didattica;
c) la conformità dei requisiti professionali del personale docente a quelli previsti per l'ammissione
all'insegnamento nelle attività di formazione professionale convenzionata;
d) l'applicazione al personale dei contratti collettivi di lavoro di categoria;
e) la presenza di un direttore, responsabile didattico dei corsi, con adeguato titolo di studio.
L'autorizzazione allo svolgimento dei corsi è rilasciata con deliberazione della Giunta regionale, su
proposta delle province e della città metropolitana, previo accertamento dei requisiti di cui all' art. 39
ed è valida per tre anni dalla data di rilascio. Il rinnovo dell'autorizzazione deve essere richiesto.
L'autorizzazione può essere rilasciata per una o più qualifiche professionali da specificarsi
singolarmente ma non da diritto nè costituisce titolo per l'ottenimento dei contributi regionali. Inoltre
l'autorizzazione viene revocata con provvedimento motivato della Giunta regionale, qualora vengano a
mancare i requisiti e le condizioni previsti dalla presente legge, oppure nel caso di inattività per almeno
un anno.
Con la legge regionale n. 38/98 viene istituita presso la Regione la Commissione regionale di
concertazione per il lavoro, denominata Commissione regionale, con il compito di proposta,
valutazione e verifica delle linee programmatiche e delle politiche regionali per il lavoro, per la
formazione professionale e per l'istruzione e in particolare esprime parere obbligatorio sulle proposte
dei piani regionali concernenti le politiche attive per il lavoro, dei piani regionali concernenti la
formazione professionale e l'istruzione, nonché sulla proposta di programma annuale di attività
dell'Agenzia Lazio Lavoro
La stessa legge inoltre prevede l'istituzione di un Comitato istituzionale regionale al quale è affidato il
compito di realizzare l'integrazione tra le politiche attive per il lavoro, le politiche per la formazione
professionale e per l'istruzione.
Infine la legge predispone l'Osservatorio regionale delle politiche per il lavoro, per la formazione e per
l'istruzione, ossia un servizio a supporto delle attività della Regione e degli enti locali in relazione alle
funzioni di programmazione e di valutazione in materia di istruzione, formazione e politiche per il
lavoro.
Con il dgr 361 del 13/07/2012 la Regione Lazio recepisce l'Accordo Stato-Regioni e Province
Autonome del 21 dicembre 2011 sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto da parte del datore
di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione e delibera di di approvare lo standard formativo per
lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi di
FXLDOFLWDWRDFFRUGRHLQILQHGLULFRQRVFHUHYDOLGLLFRUVLGLIRUPD]LRQHUHDOL]]DWLLQFRQIRUPLWjDOO¶DUW
3 del DM 16 gennaio 1997, nel periodo transitorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore del citato
accordo ed erogati da soJJHWWLDXWRUL]]DWLDOODGDWDGLHQWUDWDLQYLJRUH GHOO¶DFFRUGRPHGHVLPR
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