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le comunicazioni di massa teorie e modelli prof .ssa lucia martiniello

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le comunicazioni di massa teorie e modelli prof .ssa lucia martiniello
LEZIONE
“LE COMUNICAZIONI DI MASSA:
TEORIE E MODELLI”
PROF.SSA LUCIA MARTINIELLO
Indice
1. Le comunicazioni di massa ----------------------------------------------------------------------- 3 2. Le teorie dei media --------------------------------------------------------------------------------- 8 2.1 Teoria ipodermica e ricerca amministrativa ------------------------------------------------ 8 2.2 Il modello di Lasswell ----------------------------------------------------------------------- 10 2.3 La teoria degli effetti limitati: l’approccio empirico e psicologico -------------------- 12 2.4 L’approccio empirico - sociologico: il flusso della comunicazione a due fasi (two-
stepflow of communication)------------------------------------------------------------------------------- 16 Bibliografia --------------------------------------------------------------------------------------------- 18 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è
severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1. Le comunicazioni di massa
Il ruolo di fondamentale importanza rivestito dalle comunicazioni di massa nella società
contemporanea è sotto gli occhi di tutti. Tanto i cosiddetti media tradizionali – giornali, radio,
cinema, televisione – quanto le nuove tecnologie della comunicazione rappresentano fattori
decisivi nelle dinamiche e nei mutamenti economici, sociali e culturali del nostro tempo.
Tutto ciò è spesso oggetto di discorsi superficiali o non sufficientemente fondati e
rappresenta il rischio specifico delle comunicazioni di massa e di coloro che si identificano in una
visione apocalittica o integrata 1 delle tecnologie della comunicazione.
Si ricordi a tale proposito che Neil Postman definisce gli apocalittici e gli integrati «profeti
con un solo occhio» 2 ; essi adottano la prospettiva ristretta del senso comune, non rendendosi
conto che «ciascuna tecnologia è al tempo stesso un danno e una benedizione» 3 .
Lasciando da parte tanto gli entusiasmi quanto i catastrofismi, egualmente inadatti a
scendere sotto la superficie dei fenomeni, questo percorso intende esaminare la matrice teoricoscientifica della Comunicazione di Massa.
Si tenterà di fornire risposte adeguate a tre domande principali:
1. Che cosa sono le comunicazioni di massa?
2. Che cosa dicono le principali teorie dei media?
3. Quali regole di funzionamento muovono i media principali, come ad esempio la radio,
la televisione ed i new media?
Per rispondere al primo quesito, è necessario approfondire il peculiare quadro
comunicativo proprio delle comunicazioni di massa.
Una prima caratteristica dei mass media è che essi instaurano una relazione del tipo
uno/molti tra emittente e ricettori. Per relazione uno/molti si intende che nelle comunicazioni di
massa un soggetto (l’emittente) è in relazione con molteplici interlocutori (i destinatari).
1
Cfr. Umberto Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano 2001.
2
Neil Postman, Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 1993, p.12.
3
Ivi.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è
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Per comprendere tale evoluzione socio-culturale, è utile confrontare il quadro
comunicativo dell’oralità da un lato e della scrittura prima dell’invenzione della stampa a caratteri
mobili dall’altro, che segna la nascita delle comunicazioni di massa.
Durante la fase dell’oralità primaria o esclusiva, l’individuo affida alla propria memoria un
sapere ritmico e formulaico, attribuendo un ruolo preminente all’udito. In tali culture, la
conoscenza è articolata in pensieri paratattici facilmente memorizzabili. Il rituale e la reiterazione
coinvolgono la collettività, concretizzando i contenuti in una dimensione mitica 4 .
Nel caso della comunicazione orale, siamo di fronte a una relazione uno/pochi vincolata
alla coesistenza nello spazio e alla simultaneità nel tempo.
Il numero di coloro che possono essere raggiunti dalla comunicazione è limitato
dall’ascolto del messaggio da parte dei destinatari, poiché deve avvenire sia nel medesimo spazio,
che nel medesimo tempo dell’enunciazione.
La tecnologia della scrittura, le cui prime testimonianze risalgono al 3500 a.C., svincola la
fruizione del messaggio dal luogo e dal tempo della sua espressione, ma continua a configurarsi
come una relazione uno/pochi poiché l’epistola, il manoscritto, il codice possono passare di mano
in mano, ma la scarsa alfabetizzazione e la lunghezza dei tempi di copiatura manuale fanno di essi
dei prodotti culturali circolanti entro cerchie molto ristrette; essi possono sì essere letti ad alta
voce, ma in tal modo si perpetua una relazione del tipo uno/pochi.
Con la cultura chirografica, la funzione preminente della memoria tende a decadere, in
quanto la parola scritta diventa un’affidabile depositaria di conoscenza. La scrittura attenua
l’identificazione e privilegia l’oggettività del pensiero analitico, ma il sapere si sviluppa ancora in
forme corali: la lettura è sostanzialmente un’attività svolta ad alta voce, in cui un individuo colto
– appositamente allenato a controllare il proprio corpo – tramanda la conoscenza ad una cerchia
molto ristretta e selezionata di adepti 5 .
L’atto di nascita delle CDM è concordemente fissato nel 1456, quando l’invenzione della
stampa a caratteri mobili da parte di Gutenberg consentì di aprire ad un pubblico potenzialmente
4
Cfr. Walter J. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, trad. it. Di Alessandra Calanchi, Il Mulino,
Bologna 1986.
5
Cfr. Eric A. Havelock, La Musa impara a scrivere. Riflessioni sull’oralità e l’alfabetizzazione dall’antichità al giorno
d’oggi, trad. it. Di Mario Carpitella, Laterza, Bari 1987.
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illimitato i vantaggi della scrittura, grazie alla quale il messaggio si svincola dallo spazio e dal
tempo della sua enunciazione.
L’invenzione della stampa innescò una vera e propria rivoluzione nel mondo della
comunicazione di massa, definendo la più radicale trasformazione delle condizioni della vita
intellettuale nella storia della civiltà occidentale6 . Secondo McLuhan, tali profondi cambiamenti
hanno sovvertito la trasmissione e la conservazione delle informazioni, determinando la nascita
dell’uomo tipografico 7 .
La stampa a caratteri mobili, con la possibilità di riprodurre un numero potenzialmente
illimitato di copie identiche del medesimo messaggio, rende possibile per la prima volta una
relazione comunicativa del tipo uno/molti, uno dei tratti definitori dei media. Nel momento in cui
la lettura diventa una performance silenziosa ed estensiva, si trasforma in attività di massa.
Il tipo di relazione reso possibile dalla stampa a caratteri mobili – ed ulteriormente
potenziato dalla radio, dal cinema, dalla televisione – è alla radice di due tratti caratterizzanti delle
società moderne:
•
da un lato la visibilità su scala globale di ogni individuo o evento;
•
dall’altro lato l’ampliamento dell’esperienza individuale verso spazi, tempi e
persone presenti oltre il raggio d’azione del corpo.
Si pensi per il primo punto, ad esempio, all’importanza di tali dinamiche per la vita
politica, sia in termini di guadagno come in termini di possibile perdita d’immagine da parte dei
governanti.
Dall’altro lato, i mezzi di comunicazione di massa dischiudono ai loro pubblici spazi,
tempi e individui altrimenti non esperibili, dando vita alle cosiddette forme di storicità mediata,
mondo mediato e socialità mediata (o relazioni parasociali).
L’altro tratto definitorio della comunicazione di massa è la sua monodirezionalità:
nonostante i tentativi periodicamente messi in atto per rendere “interattivi” i media tradizionali, il
6
Cfr. Elisabeth L. Eisenstein, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento, trad. it. di Davide
Panzieri, Il Mulino, Bologna 1986, p. 72.
7
Marshall McLuhan, La Galassia Gutemberg. Nascita dell’uomo tipografico, trad. it. di Stefano Rizzo, Armando
Editore, Roma 1976.
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flusso delle informazioni segue nei media un’unica direzione, dall’uno ai molti, dall’emittente ai
destinatari. Per questo motivo, piuttosto che di comunicazione, che pare implicare la
bidirezionalità del flusso, parrebbe più adeguato parlare per i media tradizionali di trasmissione o
diffusione.
In questa prospettiva, allora, è opportuno evidenziare che i new media hanno determinato
una graduale evoluzione della “one way communication”, ovvero il superamento della
comunicazione monodirezionale attraverso l’interattività e l’immersione in ambienti di
convergenza ipermediale.
La cultura dei media elettrici ed elettronici affonda le proprie radice nella seconda metà
dell’Ottocento, segnando la definitiva scomparsa della cultura tipografica. Con l’invenzione del
telegrafo ottico ad opera di Claude Chappe è possibile inviare informazioni in codice a lunga
distanza ed in tempi brevissimi. Decade la relazione univoca tra strada e parola: il messaggio
viaggia più rapidamente del messaggero.
Come sostiene McLuhan, «con il telegrafo, l’informazione si stacca da materie solide
come la pietra ed il papiro, nello stesso modo in cui il denaro si era precedentemente staccato
dalle pelli, dai lingotti e dai metalli per diventare carta. Il termine comunicazione è stato
ampiamente usato con riferimento alle strade, ai ponti, alle rotte navali, ai fiumi e ai canali, prima
di trasformarsi con l’era elettronica in movimento di informazione» 8 .
In definitiva, con il telegrafo l’uomo compie il proprio inconsapevole ingresso in un
«nuovo mondo fatto di subitaneità» 9 , in cui il tempo e lo spazio si moltiplicano in dimensioni
personalizzate, plurali ed elastiche. Il sensorio dell’individuo si ri-orienta attraverso nuovi
orizzonti di significato e la realtà assume i caratteri inediti della precarietà cognitiva,
dell’emozione spettacolarizzata e dell’intrattenimento culturale di massa.
A tal proposito, Jean-François Lyotard utilizza l’espressione «condizione postmoderna» 10
come categoria interpretativa per scomporre la società contemporanea, mentre Omar Calabrese
8
Mashall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, trad. it. di Ettore Capriolo, Garzanti, Milano 1967, p. 95.
9
Mashall McLuhan, Il medium è il messaggio, trad. it. Raffaele Petrillo, Feltrinelli, Milano 1968, p. 63.
10
Jean-François Lyotard, La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 1981.
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parla di «età neobarocca» 11 in riferimento alla proliferazione incontrollata di immagini e al
caotico diluvio di informazioni.
Con l’invenzione del telegrafo, le informazione – che con il libro stampato erano oggetto
attente disamine interpretative – viaggiano ad una rapidità tale da suscitare una sensazione di
impotenza nel pubblico, accanto ad una progressiva perdita di identità, rilevanza e coerenza. Se il
libro si dimostra un contenitore adatto alla metabolizzazione del pensiero analitico e razionale, i
mezzi di comunicazione di massa elettrici ed elettronici hanno determinato un accumulo
incontrollato di messaggi non richiesti, superficiali e discordanti.
Con l’avvento delle tecnologie digitali, la cultura mediatica si rinnova nuovamente,
incidendo sugli stili di consumo e sulla rappresentazione/percezione delle merci. La
dematerializzazione dei beni 12 si è definitivamente espressa attraverso lo scambio di connotati
simbolici, supportati integralmente dal bit.
L’information and communication society altera le dinamiche di realizzazione,
trasmissione e diffusione della conoscenza. Il processo di globalizzazione impone un
ripensamento dei rapporti sociali e dell’organizzazione del lavoro. Il processo di innovazione
tecnologica è di natura non-lineare né causale: le nuove tecnologie sostituiscono le vecchie a
partire da usi sociali consolidati, facilmente attivabili.
Con l’avvento dei prodotti digitali e lo sviluppo di nuove forme personalizzate di
comunicazione, le società avanzate si avviano verso la fine della comunicazione di massa – intesa
come un flusso uno/molti di messaggi, gestiti da un’autorità centrale e fruiti da un pubblico
passivo ed etero diretto – per avviarsi verso nuove forme di «comunicazione sociale» 13 di tipo
molti/molti.
I media digitali esprimono le potenzialità della multimedialità, dell’interattività e della
personalizzazione, meccanismi che propongono molteplici percorsi di fruizione, pienamente
rispondenti alle esigenze di ciascun utente, secondo una logica comunitaria di tipo pull.
11
Omar Calabrese, L’età neobarocca, Laterza, Bari 1992.
12
Cfr. Jean Baudrillard, Il sogno della merce, a cura di V. Codeluppi, Lupetti & Co., Milano 1987.
13
Michele Sorice, Le comunicazioni di massa. Storia, teorie, tecniche, Editori Riuniti, Roma 2000, p. 330.
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2. Le teorie dei media
Intorno ai media si sono confrontate molteplici prospettive teoriche; la comunicazione, in
particolare, ha costituito l’oggetto di indagine di studiosi provenienti da ambiti disciplinari
eterogenei e diversificati. Non è un caso che le ricerche sui media abbiano coinvolto da sempre
numerose figure professionali come ad esempio sociologi, semiologi, psicologi, filosofi,
informatici, biologi, ingegneri e giuristi. Proprio per questa ragione, l’oggetto di studio delle
scienze della comunicazione è apparso molto spesso sfuggente ed indefinito.
Al fine di individuare gli snodi più significativi del quadro teorico-scientifico delle CDM,
è utile procedere individuando i principali paradigmi di ricerca affermatisi dall’inizio degli studi
massmediologici sino all’assestamento della disciplina, che può essere datato intorno agli anni
Settanta del Novecento.
Tale prospettiva storica evidenzia una progressiva consapevolezza dei fattori in gioco nelle
comunicazioni di massa, partendo dai semplificati modelli comunicativi e sociologici degli esordi,
per giungere alla complessità dei modelli contemporanei.
Iniziamo con la teoria ipodermica e la sua revisione nell’ambito della “ricerca
amministrativa” statunitense degli anni Quaranta e Cinquanta.
2.1 Teoria ipodermica e ricerca amministrativa
La corrente dominante negli studi sulle CDM è rappresentata dalla cosiddetta Mass
Communication Research. Tale corrente di studi raccoglie approcci disciplinari notevolmente
eterogenei, accomunati dall’attenzione sugli effetti della comunicazione sui destinatari dei
messaggi mediali.
In particolare, la teoria ipodermica rappresenta il paradigma teorico dominante negli Stati
Uniti tra gli anni Venti e Trenta del Novecento. Paradossalmente, tuttavia, non esiste un vero e
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proprio manifesto della teoria dell’ago ipodermico, ma essa si sviluppa attraverso un corpus
alquanto ristretto di assunti pressoché universalmente condivisi dai pionieri della comunicazione
di massa.
Nel 1927 Harold D. Lasswell pubblica il saggio Propaganda Techniques in The World
War, che per la prima volta affronta la prima guerra mondiale in una prospettiva
massmediologica. Nonostante un apparente semplicismo, l’opera di Lasswell si avvale di molti
referenti culturali: dalla psicologia delle folle mutuata da Gustave Le Bon, al comportamentismo
di Watson 14 , alle teorie sul condizionamento di Pavlov 15 .
Lo studio di Lasswell si incentra su ciò che egli definisce «la gestione statale
dell’opinione» 16 , che costituisce a suo avviso la peculiarità del conflitto bellico rispetto ai
precedenti. In una società di massa, come quella primo novecentesca, la propaganda si rivela uno
strumento in grado di omologare milioni di individui, indispensabile per dominare lo scenario
politico.
Per Lasswell il processo di comunicazione svolge tre fondamentali funzioni sociali:
•
la vigilanza sull’ambiente;
•
la mediazione fra le componenti sociali;
•
la trasmissione dell’eredità sociale.
La comunicazione è, dunque, un processo funzionale alle esigenze di equilibrio sociale e di
controllo della massa.
La teoria ipodermica sostiene che i messaggi dei media penetrino senza mediazioni e in
modo identico su tutto il pubblico. Per questa ragione viene anche definita bullett theory, in quanto i
messaggi della comunicazione si comportano come un proiettile o come un ago ipodermico,
inoculati violentemente nella coscienza dei destinatari.
14
Il comportamentismo nasce ufficialmente nel 1913 con la pubblicazione, da parte di John B. Watson, dell’articolo
Psycology as the Behaviorist Views It. Il testo in italiano è disponibile in John B. Watson, La psicologia dal punto di
vista comportamentista, a cura di Paolo Meazzini, Il Mulino, Bologna 1976.
15
Cfr. Ivan P. Pavlov, I riflessi condizionati, trad. it. di Caterina Balducci, Newton e Compton, Roma 2006.
16
Harold D. Lasswell, Propaganda Techniques in The World War, New York 1927.
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A monte di tale assunto, tuttavia, stanno alcuni presupposti profondamente radicati negli
indirizzi culturali dominanti negli anni di elaborazione della teoria, diffusa a partire dagli anni
Venti del Novecento.
I due presupposti principali rappresentano
•
il quadro per così dire “sociologico” della teoria ipodermica;
•
il quadro comunicativo.
Da un lato, la teoria ipodermica si nutre delle suggestioni provenienti dalle teorie della
società di massa, che descrivono la condizione di isolamento e atomizzazione degli individui nelle
società moderne. Dall’altro lato, tale teoria è fondata su un modello comunicativo di stampo
behaviorista.
Sintetizzando le due correnti di pensiero, la teoria ipodermica descrive gli effetti delle
comunicazioni di massa sul loro pubblico come necessari e identici per tutti, poiché né i fattori
psicologici né le relazioni sociali sono ritenuti elementi significativi di mediazione tra il
messaggio e la coscienza del recettore, che si troverebbe a rispondere in modo meccanico e
isolato agli stimoli provenienti dai messaggi.
2.2 Il modello di Lasswell
Il nome di Lasswell è legato al primo modello lineare e schematico della comunicazione,
elaborato fin dagli anni Trenta e proposto nel 1948. Tale modello rappresenta la sistemazione
organica della teoria ipodermica e, allo stesso tempo, ne fornisce una premessa per il
superamento.
Per Lasswell, ogni atto di comunicazione implica la risposta alle seguenti domande:
•
chi
•
cosa
•
attraverso quale canale
•
a chi
•
con quale effetto
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Questi cinque quesiti sembrano definire il processo di comunicazione ed i filoni di
sperimentazione ad esso correlati.
Il modello considera il processo comunicativo come una sorta di attività unidirezionale e
trasmissiva, in cui l’emittente gioca un ruolo di primo piano rispetto ad un destinatario
fondamentalmente passivo. L’assenza di feedback evidenzia la trasmissioni unintenzionale del
messaggio, per nulla influenzato dalla decodifica del ricevente.
MODELLO DI LASSWELL E FILONI DI RICERCA
Chi dice?
Analisi degli emittenti
Che cosa?
Content analysis
Attraverso quale canale?
Analisi dei mezzi tecnici
A chi?
Analisi dell’audience
Con quale effetto?
Analisi degli effetti della comunicazione
Dunque, per Lasswell, la caratteristica saliente della comunicazione di massa è
l’asimmetria dei ruoli: l’iniziativa della comunicazione è sempre dell’emittente, che riveste un
ruolo attivo, mentre gli effetti si ripercuotono sulla massa passiva che reagisce comportandosi in
modo conforme alla volontà del comunicatore.
Inoltre, ogni atto comunicativo è intenzionalmente mirato a produrre specifici effetti, per
cui la Mass Communication Research deve concentrarsi sull’analisi del contenuto dei messaggi
per misurare gli effetti dei media sul pubblico. L’analisi degli effetti privilegia quelli più
agevolmente misurabili, quali ad esempio il cambiamento di opinione, i comportamenti manifesti,
gli atteggiamenti indotti dai media.
Nel modello di Lasswell non si fa riferimento al contesto comunicativo: esso sottende una
concezione della società di massa come un aggregato di individui atomizzati. Non si considerano,
quindi, le relazioni interpersonali, l’appartenenza degli individui a gruppi sociali, ecc.
Nonostante questi limiti, in questo modello già si pone la premessa per il superamento
della teoria ipodermica. La misurazione degli effetti della comunicazione di massa porta alla
conclusione che essi non sono diretti ma mediati, influenzati cioè da una serie variabili. Emerge
lentamente la necessità di selezionare e differenziare il pubblico per ottenere gli effetti desiderati
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(ad esempio, nella pubblicità commerciale), necessità che porta gradualmente al superamento del
concetto di massa e alla revisione del modello comportamentista S → R.
Secondo questo modello, il comportamento manifesto di ciascun soggetto è analizzabile
attraverso la correlazione tra gli stimoli ambientali e le risposte individuali, in considerazione
dell’organismo come una black box, ovvero come una scatola nera impenetrabile se non
attraverso l’osservazione obiettiva.
Trasponendo questo concetto, mutuato dalla psicologia comportamentista, nell’ambito
delle scienze della comunicazione ed in particolare della mass communication research, è
possibile prevedere e controllare il comportamento manifesto del pubblico mediante la
manipolazione dell’informazione. In tal senso, il messaggio è uno stimolo elaborato ad hoc, al
fine di suscitare una reazione attesa nella massa degli utenti.
2.3 La teoria degli effetti limitati: l’approccio empirico e psicologico
L’approccio empirico-psicologico rappresenta il passo decisivo verso il superamento della
teoria ipodermica e il rifiuto del modello della comunicazione della psicologia comportamentista. Il
processo di comunicazione non è più inteso come un rapporto di tipo meccanico, per cui ad un
messaggio (causa) segue necessariamente una certa risposta (effetto), ma come un processo
complesso determinato da una serie di variabili che non dipendono solo dall’emittente.
In sintesi, secondo un modello cognitivista del processo di comunicazione, tra lo stimolo e la
risposta bisogna inserire i processi psicologici (o variabili intervenienti) del soggetto che riceve il
messaggio:
STIMOLO
PROCESSI PSICOLOGICI
variabili intervenienti
RISPOSTA
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L’approccio empirico-sperimentale studia gli effetti dei media in situazioni di “campagna”
(elettorale o pubblicitaria), per questo motivo le ricerche condotte in questo ambito sono
prevalentemente di tipo amministrativo. Si tratta, inoltre, di ricerche volte a produrre dati utili per
potenziare gli effetti dei media attraverso l’analisi dei fattori psicologici dell’audience. Tra i fattori
relativi all’audience sono particolarmente importanti:
•
il grado di interesse;
•
l’esposizione selettiva;
•
l’attenzione selettiva;
•
la percezione selettiva;
•
la memorizzazione selettiva.
Le differenze cognitive producono veri e propri stili di fruizione, determinando un’azione
selettiva e filtrata verso i mezzi di comunicazione di massa.
In particolare, la percezione selettiva rende possibile una differente costruzione di senso del
medesimo messaggio da parte di individui diversi. Infine, i contenuti mediali sono memorizzati da
ciascun utente in modo personale e dinamico ed i comportamenti concreti sono strettamente
connessi alle diverse modalità di approccio al messaggio.
Dalle ricerche amministrative, emerge che non tutti i membri del pubblico sono ugualmente
interessati ad acquisire informazioni. Questa variabile mette in crisi il concetto di massa come
aggregato di individui atomizzati esposti ai messaggi dei media in modo acritico.
Gli individui si espongono ai programmi che ritengono più utili o interessanti, tenderanno ad
evitare, invece, i messaggi difformi alle loro attitudini, ai loro valori, ai loro interessi. Non tutti gli
individui, inoltre, prestano attenzione a tutti i messaggi provenienti dai media.
Le teorie degli effetti limitati, contrariamente alla teoria ipodermica, si fondano sull’idea che
l’individuo che si espone ad un messaggio mediatico non è una tabula rasa sulla quale incidere
liberamente un messaggio rigoroso ed asettico.
Fondate sul paradigma cognitivo della psicologia, le teorie degli effetti limitati ripongono una
notevole attenzione alle variabili intervenienti, intese come componenti necessarie al
funzionamento del sistema-individuo. La risposta del pubblico non sarebbe, dunque, guidata dalla
volontà dominante dell’emittente, bensì da uno specifico atteggiamento. Questo significa che gli
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individui presentano differenze apprezzabili nella struttura cognitiva, giustificando in tal modo
risposte discordanti ad un medesimo messaggio mediale.
La percezione è selettiva nel senso che il destinatario non è indifeso nei confronti del
messaggio ma lo interpreta, confermandosi come soggetto attivo dello scambio comunicativo. A
causa di queste variabili difficilmente prevedibili e controllabili, il contenuto di un messaggio può
essere interpretato anche in modo radicalmente difforme rispetto all’intenzione del comunicatore. Si
parla in questi casi infatti di decodifica aberrante.
Altri esempi di distorsione del contenuto del messaggio rispetto alle reali intenzione
dell’emittente sono l’effetto di assimilazione (il messaggio viene percepito come più prossimo alle
proprie opinioni di quanto realmente sia) e l’effetto di contrasto (la distanza tra la propria opinione e
il contenuto del messaggio viene percepita come più radicale di quanto realmente sia).
Non tutti i messaggi sono memorizzati, di solito sono ricordati più facilmente i messaggi dal
contenuto più prossimo alla cultura, alle aspettative, alle attitudini del soggetto esposto (il
cosiddetto Effetto Bartlett, che prende il nome dallo studioso che analizzò questo fenomeno nel
1932) e rimossi quelli più difformi.
Occorre, infine, tenere conto anche del cosiddetto effetto latente (sleeper effect): l’efficacia
persuasoria del messaggio si può manifestare anche dopo un certo lasso di tempo dall’esposizione.
Oltre ai fattori relativi all’audience, l’approccio empirico-sperimentale ha anche analizzato i
fattori relativi al messaggio, tra i quali rientrano:
•
la credibilità della fonte;
•
l’ordine degli argomenti;
•
la completezza degli argomenti;
•
l’esplicitazione delle conclusioni.
Alle ricerche sugli effetti dei mass media si affianca ben presto l’analisi sul consumo, che si
sofferma soprattutto sul contenuto, sulle caratteristiche degli ascoltatori e sulle gratificazioni.
In questo contesto, è particolarmente significativo uno studio di Lazarfeld sul ruolo della
radio nella formazione delle idee del pubblico. La radio (ma è il caso dei mass media in generale)
ha due importanti effetti sull’audience: un effetto preselettivo (seleziona il suo pubblico) e un
effetto successivo (influenza solo il pubblico precedentemente selezionato).
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Le teorie degli effetti limitati – definite anche teorie dell’influenza selettiva – comprendono
molteplici approcci teorici, che possono essere schematicamente ordinati nel seguente modo:
LE TEORIE DEGLI EFFETTI LIMITATI
Teoria delle differenze individuali
Teoria dell’apprendimento
Analisi degli istinti e degli atteggiamenti
Psicografie e segmentazione
Teoria della differenziazione sociale
Ricerca Empirica e analisi delle subculture
Teoria degli usi e gratificazioni
Studi di Laswell e Lazarsfeld
Teoria delle relazioni sociali
Two-step flow of communication
In conclusione si può affermare che le teorie degli effetti limitati si organizzano intorno ad
alcuni punti chiave:
• le differenti strutture cognitive sono il risultato di un apprendimento individuale e
sociale;
• le società complesse sviluppano subculture, ovvero ambienti sociali entro i quali si
condividono opinioni, atteggiamenti e modelli di azione, che determinano lo stesso
orientamento ai media;
• nelle società complesse le relazioni familiari/amicali hanno una funzione di selezione
nella scelta e fruizione dei mezzi di comunicazione di massa 17 .
17
Michele Sorice, Le comunicazioni di massa: storia, teorie, tecniche, Editori Riuniti, Roma 2000.
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2.4 L’approccio empirico - sociologico: il flusso della comunicazione
a due fasi (two-stepflow of communication)
La crisi del modello ipodermico si accompagna anche alla considerazione dei fattori sociali in
gioco nel processo di comunicazione di massa. Non solo il contenuto del messaggio, ma anche il
contesto sociale agisce sulla reazione del pubblico. Gli effetti della comunicazione di massa non
sono diretti ma mediati, oltre che dai processi interpretativi individuali, anche dalle dinamiche
sociali.
Uno studio di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet 18 sugli effetti della campagna presidenziale
americana del 1940, condotto nello stato dell’Ohio, ha dimostrato che il rapporto tra emittente e
destinatario non è sempre diretto ma è mediato da particolari figure, i leader d’opinione, che,
considerati competenti per alcune materie, interpretano e diffondono il messaggio proveniente dai
media.
18
Paul Felix Lazarsfeld, Bernard Berelson e Jean-Louis Gaudet, The people’s choice: How the Voter Makes un his
Mind in A Presidential Compaign, Colombia University Press, New York 1948.
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Il flusso della comunicazione è a due fasi: una fase avviene tramite i media e un’altra è
interpersonale. Ciò dimostra che gli effetti dei media dipendono anche dal contesto sociale e dalle
relazioni interpersonali.
Lo studio ha inoltre, dimostrato che solo il 5% degli elettori è stato “direttamente” influenzato
dai media; per cui possiamo dire che gli effetti dei media sono attenuati dalle appartenenze di
gruppo (rapporti orizzontali) e dall’influenza dei leader d’opinione (rapporti verticali).
Il movimento dagli effetti forti (apocalitticamente denunciati dai seguaci della teoria
ipodermica) al paradigma degli effetti deboli, che si affaccia con queste teorie, è quasi fisiologico.
Dagli anni Settanta del Novecento in poi, si ritornerà a parlare di effetti forti, sottolineando gli
effetti a lungo termine e il ruolo dei media nella costruzione sociale dell’immagine del mondo.
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