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do accuratamente la vegetazione e
in particolare i fiori. Naturalmente, in
serra, in coincidenza con i lanci di ausiliari o di bombi, è opportuno evitare
qualsiasi tipo di trattamento.
La buona pratica fitoiatrica in serricoltura deve considerare anche l’impiego dei limitatori naturali. Attualmente uno dei più apprezzati nella lotta al
tripide americano è l’antocoride Orius
laevigatus (Fieber), emittero molto diffuso anche in natura che però non può
essere impiegato prima della metà di
marzo, essendo soggetto a diapausa
invernale. È consigliabile perciò utilizzare i prodotti tradizionali nella fase iniziale della coltura, rimandando i lanci
dell’orius alla seconda parte del ciclo.
Tale pratica mette a riparo anche dai
rischi di eventuali ritardi di efficacia dovuti ai tempi assai più lunghi richiesti da
questo tipo di lotta rispetto a quella
chimica. Misure preventive da non trascurare sono inoltre:
• la distruzione dei residui colturali infestati;
• l’eliminazione dalle serre e dall’ambiente limitrofo delle infestanti che
a fine ciclo possono continuare ad ospitare il tisanottero (soprattutto ornamentali, parietaria e crucifere);
• la disinfestazione del terreno (con
metodi fisici);
• l’utilizzo di materiale vivaistico indenne.
Rincoti
Insetti con apparato boccale pungente-succhiante. Sono divisi in due
sottordini facilmente distinguibili per la
diversa conformazione delle ali anteriori: negli Eterotteri, coriacee con la
sola parte terminale membranosa, e
negli Omotteri completamente membranose (le ali posteriori sono membranose in ambedue i gruppi). In questi insetti dall’uovo fuoriesce una nea-
nide (priva di ali ma somigliante già all’adulto) e da questa, in seguito a mute,
si ha una ninfa (con monconi alari) e
infine l’adulto. Ai rincoti appartengono specie di grande interesse agrario,
sia per i danni prodotti dalla loro attività trofica, sia per la difficoltà di contenerne le infestazioni.
Eterotteri
Pentatomidi
Nezara viridula (L.) è forse la più
comune e nota delle ‘cimici’ perché
ubiquitaria e capace di danneggiare un
gran numero di piante (fig. 19).
La sua puntura sui frutti (dovuta
sia all’adulto che alle forme giovanili) trasmette odore e sapore sgradevoli, oltre a provocare tacche necrotiche e blocco della maturazione dell’area colpita.
11
19
FIG. 19
ADULTO DI
NEZARA VIRIDULA
Le uova sono deposte a gruppi di
12 (due file parallele di 6 elementi); ha
una sola generazione l’anno e sverna
allo stadio di adulto.
Contro le cimici non vengono quasi mai effettuati trattamenti specifici
perché la loro diffusione viene contenuta dai trattamenti contro gli afidi.
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20
FIG. 20
OVATURA DI
NEZARA VIRIDULA
FIG. 21
ADULTI DI AELIA
ROSTRATA
FIG. 22
ADULTO DI
CALOCORIS
NORVEGICUS
Le uova sono deposte in caratteristiche placche di 60-80 o più elementi, incollate sulle foglie della pianta ospite (fig. 20), e le forme giovanili impiegano circa 30 giorni per raggiungere la
maturità (passando attraverso cinque
mute). Ha due generazioni l’anno con
svernamento da adulto (riparato sotto
vegetali secchi o nelle anfrattuosità del
suolo e dei muri). Nel comprensorio di
Rotonda (PZ) si rinviene con frequenza su pomodoro e melanzana rossa
soprattutto in settembre. Le punture
sui frutti possono favorire lo sviluppo
di alterazioni dovute a batteri.
Pur vivendo assiduamente sulle graminacee, l’Aelia rostrata Boheman può
attaccare anche alcune piante ortive e
tra queste il peperone e il pomodoro,
sulle cui bacche provoca i tipici danni da “cimiciato” ricordati a proposito
della nezara.
L’elia è riconoscibile dalle altre cimici da orto per il corpo giallastro assai slanciato, percorso da strisce longitudinali grigio-brune (fig. 21).
Miridi
Tra i miridi più spesso segnalati per
danni a piante ortive (ed in particolare
a fagiolo e peperone) vi è sicuramente il Calocoris norvegicus (Gmelin) (fig.
22). Le sue punture possono produrre ingiallimenti, disseccamenti e malformazioni alle parti verdi; le prime
neanidi, giallognole, di questo eterottero si rinvengono già a fine inverno
(febbraio-marzo), mentre una seconda generazione (attiva nei mesi estivi,
fino a settembre-ottobre) dà le uova
svernanti.
Danni simili possono essere provocati anche dai Lygus (pratensis L. e
rugulipennis Poppius), eterotteri dalle
forme più tozze del genere precedente (fig. 23); anch’essi sono bivoltini, ma
a svernare sono gli adulti della seconda generazione, riparati tra le screpolature del suolo e sotto le foglie secche.
Raramente i danni causati dai miridi
giustificano interventi insetticidi specifici. Questi insetti, infatti, sono solitamente controllati dai prodotti chimici
22
11
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21
28
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23
utilizzati contro fitofagi più pericolosi
(es. afidi, lepidotteri, ecc.).
Omotteri
Aleirodidi
Piccoli omotteri (ca 1 mm) con le
ali tipicamente rivestite di cera bianca
(sono infatti noti come mosche bianche), spesso rinvenibili in gran numero sulla pagina inferiore delle foglie. Producono, per sottrazione di linfa, ingiallimenti e, nei casi più gravi, anche caduta.
Negli aleirodi, dall’uovo fuoriesce
una prima neanide mobile che muta
poi in tre successivi stadi neanidali fissati al vegetale (fig. 24). Nell’involucro
dell’ultima neanide (la quarta, trasformata così in pupario) si ha la formazione della subpupa e quindi dell’adul24
11
to (fig. 25). Oltre ad essere possibili
vettori di virus e batteri, con l’abbondante melata favoriscono lo sviluppo
di fumaggini. Il danno, dovuto agli stadi giovanili dell’insetto e all’adulto, si
riflette sulla qualità del prodotto che
viene sensibilmente deprezzato.
Trialeurodes vaporariorum (Westwood) è assai diffuso sia nelle serre,
dove compie molte generazioni che si
susseguono ogni 3-4 settimane, che in
pieno campo (soprattutto nelle zone
più calde della Basilicata).
All’aperto il ciclo dura da 3 a 8 settimane e lo svernamento avviene nei
pupari, mentre in ambiente protetto l’insetto può passare l’inverno anche allo stadio immaginale. Il trialeurode attacca tutte le ortive e rappresenta uno dei maggiori problemi da affrontare in serricoltura anche perché è
vettore di pericolose virosi (es. TOCV,
TICV).
Bemisia tabaci (Gennadius) si rinviene sulle ortive più disparate, dalle
solanacee alle leguminose, alle cucurbitacee, e attacca anche piante ornamentali. Sverna con pupari negli ambienti freddi oppure con adulti, pupari e neanidi in quelli miti e nelle serre
riscaldate.
La specie, più diffusa nelle regioni
meridionali, non sembra in grado di
sopravvivere ai rigori invernali in Basilicata ma riesce a svernare nelle strutture serricole. B. tabaci è particolarmente temuta su pomodoro per la ca25
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FIG. 23
ADULTI DI
LYGUS PRATENSIS
FIG. 24-25
COLONIA DI
ALEIRODIDI
(FORME GIOVANILI
E ADULTE) SU
MELANZANA
29
pacità di trasmettere la malattia nota
come accartocciamento fogliare giallo, causata dal virus TYLCSV (ceppo
Sardinia) da solo o in infezione mista
con il TYLCV.
Gli aleirodidi, se non ben contenuti, possono moltiplicarsi rapidamente,
specie in ambiente protetto. La lotta
è resa generalmente difficile dall’elevato numero di generazioni (i cui stadi di
sviluppo tendono a sovrapporsi), dalla
conseguente capacità di acquisire resistenza alle sostanze attive e dalla presenza della secrezione cerosa che, assieme alla melata, protegge le forme
giovanili.
Grande importanza nella difesa assume, quindi, un’adeguata bagnatura
delle foglie, soprattutto della pagina inferiore.
Oltre ai fosforganici e ai piretroidi, prodotti efficaci sono i sistemici pimetrozine e i neonicotinoidi acetamiprid, thiamethoxam, thiacloprid e
imidacloprid, che possono essere anche miscelati con un regolatore di crescita (buprofezin, azadiractina, pyriproxifen, ecc.), per migliorarne l’azione verso le forme giovanili del fitofago.
Grazie alle sue elevate proprietà sistemiche, il thiamethoxam può essere
impiegato anche per via radicale, distribuendo il prodotto attraverso gli
impianti di irrigazione o trattando direttamente il terreno (preferibilmente
non oltre trenta giorni dal trapianto),
modalità che fornisce una protezione
più duratura.
Particolarmente selettivo verso gli
artropodi ausiliari e gli impollinatori è
il pyriproxyfen, ovolarvicida specifico contro mosche bianche e cocciniglie, da applicare alla comparsa dei
primissimi adulti (rilevati con le opportune trappole gialle adesive) e ripetendo il trattamento a distanza di
dieci giorni.
A fine ciclo l’eliminazione e la distruzione in campo dei residui della coltu30
ra (soprattutto delle parti attaccate) e
delle piante infestanti (parietaria, ortica, Sonchus, Conyza, Malva, Solanum),
possibili siti di svernamento e diffusione di questi fitofagi, sono utili per ridurre il potenziale d’infestazione.
In serricoltura la disinfestazione degli ambienti mediante solforazione prima del trapianto è alla base di un’efficace strategia di lotta.
Anche l’uso di rete ombreggiante
bianca, utilizzata per schermare le aperture delle serre, aiuta a contenere le
infestazioni di aleirodi, sebbene i risultati migliori si ottengano abbinando al
telo di polietilene fotoselettivo delle
reti anti-insetto a maglie non troppo
fitte (16 x 10 fili/cm2) alle porte, per
evitare l’eccessivo riscaldamento dell’ambiente di coltivazione.
In coltura protetta (a temperature
non inferiori ai 18° C) si può sfruttare
l’attività del braconide Encarsia formosa (Gahan), che depone le uova nel
corpo delle forme immature dell’aleirode (i pupari parassitizzati sono riconoscibili per il colore nero), nonché di
alcuni predatori come il Macrolophus
caliginosus Wagner e il Nesidiocoris tenuis (Reuter).
Per le colture in sistema biologico,
ai predetti ausiliari possono essere associati trattamenti con il fungo entomopatogeno Beauveria bassiana (Balsamo) Vuillemin.
In pieno campo o in serre prive di
rete antinsetto, la pacciamatura con
teli gialli (che hanno una certa azione repellente verso l’insetto) e la copertura della coltura con “tessuto non
tessuto” nelle prime fasi di crescita
possono contribuire al contenimento
della bemisia.
Afidi
Conosciuti come pidocchi delle
piante, gli afidi danneggiano le colture sia direttamente, sottraendo grandi quantità di linfa, che indirettamen-
te, attraverso la trasmissione di virosi (tabella 1).
Sulle solanacee in Basilicata possono rinvenirsi con maggiore frequenza colonie delle seguenti specie: Myzus
persicae (Sulzer), Aphis gossypii Glover,
Macrosiphum euphorbiae (Thomas),
Aphis fabae Scopoli e Aulacorthum solani (Kaltenbach) (figg. 26-29).
I loro caratteri distintivi sono sintetizzati qui di seguito.
26
11
Myzus persicae
Lunghezza del corpo: 1,5-2,5 mm.
Forma attera giallo-verdastra o rossiccia; alata con capo e torace nericci
e addome verde scuro o giallo-rossiccio con una caratteristica grossa macchia dorsale bruna a contorni irregolari. Antenne lunghe quanto il corpo.
Sifoni appena rigonfi nella metà apicale. Codicola subtriangolare.
27
11
FIG. 26-27
COLONIA DI
MACROSIPHUM
EUPHORBIAE
SU FOGLIA DI
PEPERONE (26)
E ALATA MENTRE
PARTORISCE (27)
Tabella 1 • Specie di afidi segnalate come potenziali vettori di virosi delle solanacee
Mosaico
del cetriolo
(CMV)
Virus Y della
patata (PVY)
Acyrthosiphon pisum
NP
NP
Aphis craccivora
NP
NP
Aphis fabae
NP
NP
NP
Aphis gossypii
NP
NP
NP
AFIDI
Aphis spiraecola
Aulacorthum solani
Virus Y della
patata, ceppo
necrotico (PVYn)
Maculatura
anulare
(TRSV)
Mosaico
dell’erba
medica (AMV)
NP
NP
NP
NP
Hyperomyzus lactucae
NP
NP
NP
Hyalopterus pruni
NP
Macrosiphum euphorbiae
NP
NP
Myzus persicae
NP
NP
NP
NP
NP
NP
NP = trasmesso in maniera non persistente
31
FIG. 28-29
MYZUS PERSICAE
SU FOGLIA
DI PEPERONE:
COLONIA DI
FORME ATTERE (28),
FORMA ALATA (29)
28
11
29
11
Macrosiphum euphorbiae
Lunghezza del corpo: 2,5-4 mm.
Forma attera giallo-verdastro, verde
o rosa-rossiccio; alata con capo e torace giallo-bruni. Antenne lunghe quanto il corpo. Sifoni sottili e assai lunghi,
scuriti nella porzione apicale. Codicola
molto lunga, appuntita.
Aulacorthum solani
Lunghezza del corpo: 2-3 mm.
Forma attera giallo o giallo-verdognolo con capo e torace spesso imbruniti; la forma alata ha l’addome con
serie di macchie laterali e fasce trasversali scure più o meno irregolari.
Antenne lunghe quanto il corpo. Sifoni lunghi e sottili, apicalmente anneriti.
Codicola triangolare tozza.
32
Aphis fabae
Lunghezza del corpo: 1,5-2,5 mm,
Forma attera nero-opaco, sull’addome sono spesso evidenti macchie
bianche di cera, più o meno allungate
trasversalmente. Antenne lunghe circa
la metà del corpo. Sifoni brevi. Codicola breve e arrotondata.
Aphis gossypii
Lunghezza del corpo: 1-2 mm.
Forma attera dal bluastro scuro
al bruno-rossiccio fino al nero-verdastro; forme giovani gialle con sifoni neri brevissimi. Antenne molto più
corte del corpo. Sifoni bruno-nerastri,
come la codicola; questa è discretamente lunga e ad apice arrotondato.
Tra questi omotteri alcuni presentano un ciclo riproduttivo eterogamico annuale (caratterizzato cioè da una
serie di generazioni partenogenetiche
durante il periodo primaverile-estivo e
da una generazione anfigonica autunnale con diapausa invernale allo stato di uovo), altri hanno invece un ciclo incompleto (analociclo) e si riproducono partenogeneticamente tutto
l’anno. In alcuni casi (es. M. persicae)
si possono avere entrambi i tipi di riproduzione.
Le due specie più frequenti, M. persicae e M. euphorbiae, presentano un
comportamento detto dioico avente
cioè due ospiti ben diversi durante il
ciclo: oltre che sulle tante erbacee infatti, M. persicae forma colonie anche
sul pesco e M. euphorbiae sulla rosa.
L’attacco può avvenire in ogni fase
della coltivazione: le colonie di afidi si
formano sulle foglie e sugli altri organi
della pianta, provocando accartocciamenti, deperimento vegetativo, aborto dei fiori e deformazione delle bacche. Alla loro continua attività trofica
è dovuta l’abbondante emissione di
melata, spesso seguita dallo sviluppo
di fumaggine.
Di solito le prime forme alate giungono sulle piante in primavera e la popolazione afidica tende ad aumentare
tra giugno e luglio, in corrispondenza
della fase di crescita.
In piena estate il livello d’infestazione generalmente decresce per effetto
delle alte temperature, della mancanza
di piogge e della migrazione verso altri
ospiti. In serra gli afidi compaiono precocemente e il più delle volte le colonie hanno origine da femmine partenogenetiche. Gli afidi delle solanacee sono in gran parte segnalati come
potenziali vettori di virus (CMV, AMV,
PVY, BWYV, ecc.) per queste piante,
quasi tutti però trasmessi in maniera
non persistente.
Questi fitomizi, anche se presenti
con popolazioni poco numerose sulle colture, possono causare danni notevoli, potendo inoculare il virus con
semplici punture di assaggio (anche ad
opera di pochi individui).
È tuttavia indubbio che le specie
più abbondanti hanno un ruolo epidemiologico maggiore.
La lotta agli afidi va condotta tenendo conto di alcuni criteri generali,
che in alcuni casi sono in grado di contenere le infestazioni:
• la presenza degli antagonisti naturali (coccinelle, sirfidi, miridi, cecidomidi, crisopidi, imenotteri parassitoidi, ecc.) va comunque sempre salvaguardata con l’uso di insetticidi selettivi;
• i trattamenti sono più efficaci quando la densità di popolazione dell’afide
è bassa;
• una soglia d’intervento orientativa può essere rappresentata anche
solo dall’1% di piante infestate (dato
che i danni possono derivare dalle virosi trasmesse);
• l’alternanza degli insetticidi impiegati è necessaria per ostacolare l’insorgere di resistenza negli afidi;
• i trattamenti fogliari con aficidi
(thiamethoxam, imidacloprid, acetamiprid, thiacloprid, pimetrozine, fluvalinate e altri piretroidi, azadiractina, piretro naturale, ecc.) devono bagnare la vegetazione fino a gocciolamento altrimenti non è possibile
escludere la trasmissione dei virus
persistenti;
• nelle zone regolarmente soggette
ad attacchi afidici è consigliabile trattare le piante qualche giorno prima
della messa a dimora con un prodotto
di lunga durata (es. azinfos-metile), in
modo da proteggere la coltura durante la prima fase di sviluppo in campo,
oppure somministrare un insetticida ad
azione sistemica (thiamethoxam) con
l’adacquamento localizzato al trapianto. Questo prodotto, grazie all’elevata
sistemia e facilità ad essere assorbito
dall’apparato radicale, si presta molto bene all’impiego per applicazioni al
terreno, permettendo di proteggere le
colture dagli insetti terricoli e fogliari
per lunghi periodi;
• la capacità degli afidi di trasmettere virosi è massima su piante nella fase di attecchimento, quindi queste vanno protette soprattutto subito dopo la messa a dimora (in questo
caso il monitoraggio dei voli con opportuni mezzi di cattura, come le bacinelle gialle tipo Möericke, consente di intervenire tempestivamente alla
prima comparsa delle forme alate);
• le piantine di semenzaio attaccate dagli afidi non vanno trapiantate ma
prontamente distrutte per ridurre il rischio di diffondere le virosi in pieno
campo;
• le piante colpite da virosi in campo vanno immediatamente eliminate;
• l’eliminazione delle piante infestanti che fungono da serbatoi dei virus è sempre opportuna.
In coltura protetta si può ricorrere
all’uso di predatori quali il coccinellide Hippodamia convergens Guérin o di
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parassitoidi come i vari braconidi afidini (es. Aphidius spp.). ●
Coleotteri
Insetti con apparato boccale masticatore. Hanno le ali anteriori coriacee,
trasformate in una sorta di astuccio rigido che, oltre a ricoprire le due ali
posteriori (membranose), racchiudono più o meno completamente buona
parte del corpo.
Hanno tipico ciclo olometabolo:
dall’uovo fuoriesce la larva, individuo
assai vorace e totalmente diverso dall’adulto, che dopo varie mute si trasforma in pupa (stadio inattivo ed immobile) e poi in adulto.
Scarabeoidei
Questo gruppo comprende un certo numero di famiglie (un tempo tutte
racchiuse negli scarabeidi) di cui fanno parte coleotteri tozzi, con antenne a ventaglio e regime alimentare assai vario.
Le loro larve (lunghe alcuni centimetri, corpulente e ripiegate a C, fornite di grosso capo), comunemente
definite di tipo melolontoide possono
saltuariamente infestare i campi di ortive e danneggiarne le radici (fig. 30).
Le melolonte, note come ‘maggiolini’, si distinguono dagli altri scarabeoidei simili per le grosse dimensioni (2530 mm), lo scutello lucido (non ricoFIG. 30
LARVE DI
MAGGIOLINI
FIG. 31
ADULTO DI
MELOLONTHA
PECTORALIS
34
30
11
perto di villosità) e il pronoto decisamente “trasverso” (molto più largo
che lungo).
In Basilicata, come nel resto dell’Italia meridionale la specie più frequente è Melolontha pectoralis Megere (fig.
31), il cui maschio si distingue dalla
femmina per il lungo processo a scalpello all’apice dell’addome.
In rari casi questa specie può moltiplicarsi a tal punto da fare danni agli
apparati radicali di diverse colture, anche ortive.
Gli adulti compaiono ad aprile-maggio e le larve derivanti dalle ovature di
questi impiegano ben tre anni per raggiungere la maturità. Nel corso dello
sviluppo le larve risalgono o discendono nel suolo secondo le temperature stagionali, finendo poi per impuparsi in una cella terrosa (cella che conterrà l’adulto neoformato e svernante
in attesa di fuoriuscire nella primavera
successiva).
Le Anoxia, di colore beige o castano (spesso a bande longitudinali chiare
e scure alternate), sono per grossezza
e aspetto assai somiglianti ai maggiolini
ma si distinguono facilmente da questi
per la forma del pronoto, decisamen31
11
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