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relazione - Osservatorio sull`Immigrazione in Piemonte

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relazione - Osservatorio sull`Immigrazione in Piemonte
PEDAGOGIA INTERCULTURALE
D.SSA NUGARA Rosaria
Perché esista veramente un dentro, bisogna anche che questo si apra verso il fuori e possa
così accoglierlo in sé. Per essere se stessi, è necessario proiettarsi verso ciò che è estraneo,
prolungarsi in esso e per mezzo di esso. Rimanere chiusi nella propria identità equivale a perdersi e
a cessare di esistere. Ci si conosce e ci si costruisce mediante il contatto e lo scambio con l’altro.
Tra le rive dello stesso e dell’altro, l’uomo è un ponte.
Percorso delineato da Jean – Pierre Vernant
Testo scritto in occasione del cinquantenario della nascita del Consiglio d’Europa.
L’impegno della Commissione Europea e del Consiglio d’Europa, sulle tematiche di promozione
del dialogo interculturale si è concretizzato, con la nascita del White Paper on Intercultural
Dialogue, del 2008, con innumerevoli iniziative ed attività di sensibilizzazione nei Paesi
dell’Unione Europea. Sul fronte sanitario, le tematiche educativa sui fenomeni interculturali hanno
riscontrato una frammentarietà di impostazioni metodologiche e di presa di coscienza individuale e
dei vari gruppi professionali.
Codici deontologici, profili professionali, ordinamenti didattici, definiscono l’agire di cura di
professionisti che rispondono ai bisogni di salute,di bambini, adulti ed anziani, nelle sue
declinazioni operative e con peculiarità di interventi per l’area ospedaliera, territoriale dei singoli e
dell’intera collettività.
Susi (1999) scriveva “ Come si è stretto il mondo” che risulta per le nostre professioni sanitarie e
non solo un interrogativo ed allo stesso modo un imperativo per riflettere. Pensare per agire oggi
per fugare i dubbi di un “fare” non corrispondente alle mutate esigenze nella nuova scena di cura.
Risulta determinante riconoscere una difficoltà nell'accessibilità alle cure sanitarie e nella
definizione dei bisogni sanitari espressi o latenti di persone straniere. Barriere culturali e
linguistiche potrebbero essere superate predisponendo idonei spazi di ascolto e di erogazione dei
servizi socio-sanitari, al fine di garantire l'erogazione delle cure essenziali e prioritarie.
“ L’adeguamento dei servizi sanitari alla crescente realtà multietnica, o meglio la loro calibrazione
a una tale realtà, non va posta tanto come problema di qualificazione degli operatori in vista del
trattamento di patologie ignote in Europa o qui da tempo scomparse, quanto, e assai di più, come
esigenza di una progressiva assunzione, da parte degli stessi servizi, di una capacità di correlazione
socio – culturale con utenze nuove e assai eterogenee: in sostanza, dunque sul terreno delle reti e dei
codici di comunicazione, su quello dei differenti orizzonti interpretativi delle malattie, su quello
delle modalità di attesa e di comportamento relative al rapporto medico/paziente, su quello, infine,
di una piena considerazione delle persone, della loro soggettività e delle loro reali condizioni di
esistenza. Il problema fondamentale, sul terreno terapeutico ( e della cosiddetta “prevenzione
secondaria”), è dunque quello di una calibrazione dei servizi sanitari alla realtà socio - culturale
complessa e articolata di una nuova utenza proveniente dai più diversi paesi del pianeta.” ( Seppilli,
2004).
Empatia interculturale: sintesi di un processo di sensibilizzazione delle differenze, una comunione
di mindset e di skillset, che coniuga aspetti teorici, concettuali a modalità pratico-operative,
relazionali, comunicative che riconoscono nell’altro e con l’altro, nell’entrare a contatto
interpersonale occasione di crescita e di maturazione, in chiave interculturale.
Questa posizione concettuale riconosce le differenze culturali, ma non fornisce chiavi interpretative
soggettivamente identificate, non si attribuisce valore di giusto o sbagliato, di vero o falso degli
altrui pensieri, valori e comportamenti, ma una visione delle differenze nel senso positivo del
termine.
Quando possiamo definirci empatici interculturali ?
Occorre superare i confini di sicurezza emotiva della propria cultura e sviluppare nuovi sistemi di
valutazione adattati al contesto e alla situazione, in un “divenire” della propria personalità in una
conversazione continua tra sé e sé, in integrazione strutturando pensieri e valori.
Peter Adler, a questo proposito, utilizza il termine di persona multiculturale.
Nella nuova scena di cura, quotidianamente, le “distanze culturali” tra chi eroga prestazioni
sanitarie e i nuovi utenti non sono definibili a priori, si è ingabbiati in un corredo di
rappresentazioni mentali precostituite riguardanti l’altro, le sue aspettative, necessità e la reale
possibilità di accedere ai servizi.
Riduzione della burocratizzazione,costruzione di percorsi diagnostico-terapeutici semplificati,
possibilità concrete di accessibilità alle cure, comprensione delle procedure proposte del mondo
sanitario, sono alcuni elementi di interconnessione nelle sfide future per la sanità.
La formazione degli operatori deve creare le condizioni per diminuire non solo barriere linguistiche
e culturali, ma modificare l’atteggiamento di chiusura, di inadeguatezza per fornire risposte in
termini clinici, ma anche umane, relazionali e comunicative.
Attenzione all’altro, ma anche costruzione di progetti formativi, non approssimativi, casuali, che
mal rispondono alle reali necessità. Gli operatori sanitari visti nella dimensione operativa, quindi
partecipi attivi, non sull’altro ma con l’altro, per ideare, in maniera creativa ed innovativa, sistemi
sanitari all’avanguardia.
Nel quadro degli interventi complessivi, le indicazioni recenti del Ministero della Salute 1 , affidano
alla formazione degli operatori della salute una funzione strategica imprescindibile per arrestare il
fenomeno delle IVG.
La maggior parte degli operatori sanitari italiani, pur avendo ormai contatti frequenti con l’utenza
straniera, necessita di percorsi formativi specifici per contribuire a superare lacune informative e
relazionali. In particolare in questo settore è fondamentale una formazione alle tematiche
interculturali, in considerazione di quanto aspetti sociali e culturali possano influenzare le scelte
riproduttive.
La formazione permanente del personale è quindi finalizzata a promuovere competenze per:
• stabilire una corretta comunicazione con le donne che si sono rivolte al proprio servizio;
• individuare i loro bisogni di salute (sia sanitari che sociali);
• identificare e gestire correttamente le necessarie procedure amministrative;
• comunicare e collaborare efficacemente con gli altri servizi che erogano prestazioni di
interesse;
• educare alla relazione transculturale.
La responsabilità dei programmi di formazione/aggiornamento è delle Regioni, che potranno
avvalersi di tutte le competenze professionali disponibili nelle istituzioni ed agenzie che si
occupano di assistenza e ricerca su questi temi, quali Università, Organi tecnici centrali, Ordini
professionali di ambito socio-sanitario, Società scientifiche, Organizzazioni sindacali, Associazioni
di volontariato ed altri. Una risorsa potrebbe provenire dai professionisti di origine straniera, che
possono intervenire come formatori, esperti che possono portare la loro esperienza sul campo..
Destinatari dei corsi, con un approccio multidisciplinare, dovrebbero essere gli operatori sanitari,
sociali ed amministrativi operanti nelle Aziende sanitarie (in particolare nei Consultori Familiari e
nei servizi che operano nell’area materno -infantile), nonché operatori attivi in altre strutture
1
www.ministerosalute.it
pubbliche, del privato sociale e del volontariato. I corsi potranno essere attivati per l’intera Azienda
sanitaria o per una sua specifica articolazione (dipartimenti, distretti, servizi/unità operative, etc.).
Occorre pertanto:
• Modificare percezioni erronee relative al fenomeno immigratorio in generale e ad aspetti
specifici connessi alla salute (informazioni sulle caratteristiche quantitative e qualitative del
fenomeno immigratorio in Italia);
• Promuovere una formazione/aggiornamento mirata degli operatori socio-sanitari, attraverso
corsi ad hoc, i cui obiettivi prioritari sono rappresentati da informazione sui temi specifici
nell’area della “salute e migrazione”, con particolare riferimento alla tutela della salute
sessuale e riproduttiva, e quindi alla procreazione cosciente e responsabile, alla prevenzione
dell’interruzione volontaria di gravidanza;
• Promuovere una corretta conoscenza degli operatori sui diritti alla salute e all’accesso ai
servizi (informazioni sulla normativa nazionale e regionale vigenti);
• Superare le difficoltà di comunicazione e di relazione con utenti stranieri tramite la relazione
transculturale.
La Società italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) nel corso dell’VIII Consensus
Conference, di Lampedusa a maggio del 2004, ha elaborato le Linee Guida sulla formazione.
Dalla lettura del documento, è possibile ottenere preziosi e proficui riferimenti per l’elaborazione e
la realizzazione di eventi formativi, per una attenta progettualità specifica, nell’ambito della
medicina interculturale.
La SIMM propone la seguente articolazione del progetto formativo:
A) FASE ELABORAZIONE
• Identificare il livello formativo sulle esigenze locali.
• Curare le tematiche con completezza ed equilibrio.
TEMATICHE CORSI BASE
• Socio -demografico
• Clinico -epidemiologico
• Normativa
• Relazionale
• Organizzazione ed integrazione dei servizi per “percorsi assistenziali”
Nel contesto generale (nazionale e regionale) e locale.
o Nella promozione dei corsi avvalersi di attori istituzionali e non istituzionali (Università,
ASL, Enti Locali, Comunità straniere, terzo settore, altre realtà locali …).
o Individuare come destinatari figure professionali ed operatori appartenenti a diverse aree
di intervento nell’assistenza del paziente straniero. (Personale infermieristico, medico,
ostetrico, psicologi, assistenti sociali, mediatori culturali, volontari … ).
o Privilegiare soluzioni residenziali per conoscersi e condividere esperienze.
o Contenere il numero dei partecipanti per un apprendimento attivo e partecipato.
o Prevedere spazi per interazioni ed interventi.
o Predisporre pre e post test per i momenti valutativi.
o Adattare ed aggiornare il pacchetto per ogni evento.
B) FASE REALIZZAZIONE
• Messaggio con basi scientifiche, rigoroso e con informazioni aggiornate.
• Agganciare contenuti alle proprie esperienze dirette.
• Valorizzare esperienze e testimonianze dei partecipanti.
• Utilizzare approcci e modelli dell’andragogia “centrati sul discente”.
• Promuovere e supportare future iniziative frutto del momento formativo
(es. progetti di ricerca e formazione, gruppi di studio, circoli di qualità, etc.).
Eventi condotti secondo Linee Programmatiche, a garanzia di una precisa ed attenta progettazione,
possono ottenere il patrocinio della SIMM, ad ulteriore conferma del valore formativo delle
iniziative.
Il corso “Mediazione interculturale nei servizi socio-assistenziali e sanitari territoriali” ( di cui sono
venuta a conoscenza durante il mio periodo di studio a Parma) sull’incontro del migrante con le
strutture sanitarie, di durata biennale, promosso Irecoop Emilia Romagna e cofinanziato dal Fondo
Sociale Europeo, si inserisce a pieno titolo nelle iniziative auspicate dalle linee guida proposte dalla
SIMM, sia nella fase di elaborazione che di realizzazione dell’evento.
Sono stati coinvolti studiosi di varie discipline, esperti in tematiche interculturali ed operatori
sanitari, inseriti in differenti aree di lavoro ( Dipartimenti di emergenza, Servizi Materno – infantili,
Servizi formativi …) impegnati in un progetto ambizioso. 2
I professionisti hanno partecipato a seminari di studio per definire linguaggi comuni e modalità di
condivisione delle problematiche, in seguito sono stati attivamente coinvolti; è stato chiesto a
ciascuno di portare la propria esperienza, di condividere con i colleghi inseriti nei gruppi di lavori la
propria realtà professionale, nell’agire quotidiano.
Differenti professionalità dei partecipanti al corso, principalmente infermieri ed ostetriche, che, con
interesse, coinvolgimento, motivazione, hanno espresso dubbi, paure, frustrazioni, nel discutere,
raccontare e raccontarsi. Hanno dichiarato l'intenzione di porre in discussione il proprio operato, in
qualità di professionisti sanitari nel fare, ma anche nel dire, nell’agire quotidiano e nell’ascoltare,
comunicare creando condizioni per meglio curare.
Quale mediazione è possibile nel caleidoscopio culturale tra organizzazioni deputate alla salute, i
suoi professionisti e gli utenti che ad esse si rivolgono?
Il viaggio all’interno delle tematiche interculturali ha permesso di sviluppare un pensiero critico
nelle aree di indagine:
1- PROBLEMATICHE DELL’ UTENZA STRANIERA NELL’INCONTRO CON LE
STRUTTURE SANITARIE.
Da un punto di vista generale, prendersi cura per ciascun professionista sanitario costituisce una
specifica peculiarità e non richiedere particolarità di erogazione di servizi.
I principi di universalità, il diritto alla cura, costituiscono un bagaglio imprescindibile per ciascuno.
In ogni codice deontologico sono espressi chiaramente diritti/dovere legati a salute, malattia, vita,
morte,dolore, eutanasia ed il dibattito etico su questi argomenti acquista una rilevanza quanto mai
attuale nel panorama internazionale odierno e si carica di significati fondamentali.
In qualche misura, si potrebbe affermare che quanto espresso supera qualsiasi necessità di inserire
l’intercultura all’interno di dibattiti accademici e/o professionali. Appare tuttavia una visione
frammentaria del fenomeno interculturale in sanità, infatti i principi universali espressi, vengono
ridisegnati e rimodulati ad ogni incontro con l’altro.
Lo straniero è portatore di una propria worldview (del resto anche l’organizzazione sanitaria
deputata alla sua cura) che guida i pensieri, atteggiamenti, comportamenti. La vita personale è
scandita da eventi condizionati dal proprio bagaglio di esperienze, situazioni, persone, da un sapere
tramandato da generazioni che influenza, limita o arricchisce. Ciascuno è frutto di una cultura non
precostituita, da conoscere evitando rappresentazioni a priori, preconcetti stereotipati.
Il filo interpretativo è di ricercare gli aspetti davvero problematici della presenza degli utenti
stranieri. L’ascolto attivo diventa lo strumento in ogni attività di cura ed elemento quanto mai
imprescindibile per l’utenza straniera.
Ascoltare significa allora dar conto della necessità del singolo immigrato nel favorirne la vicinanza
emotiva, nel tracciare un “ponte” empatico tra organizzazione ed utente straniero, in quella che ho
definita “empatia interculturale”.
2
Ai corsisti è stata attribuita la qualifica di “ Mediatori inter-culturali”
Riconoscere all’altro dignità di persona aiuta a tessere reti comunicative, a migliorare la dimensione
curativa, e costituire un’occasione, una sfida per l’organizzazione che si rigenera curando anche se
stessa.
2- RUOLO
DELLE
PROFESSIONI
DI
AIUTO
NELLA
MEDIAZIONE
INTERCULTURALE.
Il mediatore interculturale (MC) è solitamente un immigrato o comunque una persona che, per
esperienze pluriennali di vita, conosce i codici linguistici e culturali della popolazione migrante.
“Per poter ricoprire adeguatamente il ruolo è necessaria un’esperienza di vita vissuta a cavallo tra
due culture, come ad esempio una migrazione, un matrimonio misto o una permanenza pluriennale
in un Paese da cui provengono i flussi migratori”. 3
“Il mediatore è l’avamposto, la sede privilegiata, in cui le culture diventano meticce, ma è al tempo
stesso un attore fondamentale del progetto di interazione che vede riuniti enti locali,
amministrazioni sanitarie, comunità di immigrati e professionisti della salute e dell'intercultura”. 4
Il MC deve dimostrare di possedere buone capacità umane, relazionali e comunicative, nonché alto
livello di consapevolezza personale e di stabilità emotiva.
“Affinché il mediatore culturale esprima competenza ed equilibrio, deve aver fatto la pace con la
propria cultura e con quella della società di accoglienza; in particolare, deve saper riconoscere la
relatività della propria cultura ed essere in grado di confrontarsi con l’altra, e relazionarsi
correttamente con la persona indipendentemente dal sistema si norme al quale fa riferimento.
Lo strumento che permette al mediatore di svolgere il suo ruolo è il decentramento. Il processo di
decentramento avviene attraverso un lavoro di osservazione, di approfondimento dei significati
culturali delle quotidiane manifestazioni, un lavoro che, soprattutto nella prima fase, ha bisogno di
sedi permanenti di formazione”. 5
Interventi nelle strutture sanitarie presso:
o Ospedali
o Consultori
o Ambulatori (principalmente per l’area materno -infantile)
o Etnopsichiatria
o Tossicodipendenza
Il processo di decentramento culturale in sanità si attua attraverso l’analisi delle difficoltà della
comunicazione tra operatori sanitari e immigrati e nel rimuovere tutte le circostanze che ostacolano
o impediscono il dialogo terapeutico.
Emerge la necessità di cancellare qualsiasi visione stereotipata dell’immigrato, sia nel MC che negli
operatori per comprenderne e gestirne la sua personale complessità culturale.
La formazione continua sul campo garantisce all’operatore adeguatezza degli interventi e
aggiornamento delle procedure, nonché congruenti modalità operative, affinando e specializzando
strumenti interculturali, nello specifico settore di impiego.
Il ruolo del MC, in ambito sanitario, si caratterizza per alcune funzioni specifiche. Le principali
sono rappresentate da interpretariato linguistico – culturale ed informazione all'utenza finalizzate a
consentire concretamente un accesso appropriato ai servizi sanitari.
Gli interventi dei MC devono contribuire a far entrare in contatto l’offerta di salute del Servizio
Sanitario Nazionale, che propone prestazioni sanitarie nell’ambito preventivo, curativo e
riabilitativo e le necessità dell’utente immigrato. Diminuire il gap comunicativo tra paziente
immigrato e l’organizzazione sanitaria significa porre in essere un sistema integrato che vede
3
4
5
www.isfol.it
Baccetti S., La comunicazione interculturale in sanità, Centro Scientifico, Torino, 2001, pag.148.
Belpiede A., Mediazione culturale. Esperienze e percorsi formativi, Utet,Torino, 2002, pag. 38.
coinvolti legislatori, amministratori, personale sanitario nel far conoscere e proporre percorsi di
interventi assistenziali adeguati ai bisogni sanitari.
L’attenzione deve essere posta anche ai bisogni inespressi : la loro mancata espressione non è
sovrapponibile all'assenza. Acquisire consapevolezza della necessità di un intervento sanitario
rappresenta per tutti, principalmente per persone vulnerabili, come sono spesso gli immigrati, il
primo passo per poter progettare modalità di cure. Penso ad esempio al percorso nascita ed alla non
conoscenza di molte giovani donne delle possibilità offerte dai consultori di visite mediche,
controlli ecografici, esami ematochimici, ecc …
Conoscere le possibilità di cura del Paese ospitante non è un fatto scontato.
Vivere ai margini, con ridotte competenze linguistiche, di disagio lavorativo e di inserimento
sociale pregiudicano, spesso di fatto, qualsiasi possibilità di esprimere una domanda di prestazioni
sanitarie, che di conseguenza sono misconosciute, o espresse con rabbia, frustrazione o con
modalità che, di fatto, costituiscono problemi per l’organizzazione sanitaria.
(vedi richieste di cure al Pronto Soccorso per problematiche sanitarie di carattere non urgente).
I pregiudizi e le difficoltà di comprendere l’altro sono da imputare, non solo agli operatori sanitari,
le barriere comunicative sono messe in atto da entrambi i soggetti:
operatore sanitario ed immigrato.
Ma quali sono le caratteristiche e le peculiarità della medicina cosiddetta transculturale e quali le
frontiere della (e) pedagogia interculturale? E’ possibile definirla una medicina delle relazioni,
relazioni con l’altro con un utente sempre più lontano dal nostro modo di essere e di concepire la
vita e la malattia. Le forme comunicative, con uno stratagemma immaginativo, possono essere
suddivise in tipologie di osservazione, che nel passaggio da una modalità all’altra, mantengono una
visione comunque parziale e monoculare.
Ogni tipologia di osservazione (mono culturale, etnocentrico, modernista, cosmopolita,) rappresenta
una forma comunicativa non superiore ad un’altra, ma costituiscono visioni parziali, non
gerarchiche. Nessuna di queste visioni comunicative è significativamente riconducibile agli scambi
interattivi nei processi assistenziali attuali, non è riconducibile nessuno degli sguardi monoculari
nelle complesse e moderne modalità relazionali negli scenari sanitari.
La comprensione dell’interazione richiede una modalità, che Manghi (2006) nelle sue telegrafiche
istruzioni per l’uso definisce sguardo polioculare, in grado di fornire linee di indirizzo per una
lettura attuale delle scene di cura. L’etichetta culturale rappresenta un elemento non esclusivo
accanto dei vissuti individuali delle biografie di vita di ciascun soggetto e di questo dato le pratiche
di mediazione culturale ne devono tener conto a causa dell’unicità e specificità di ciascun individuo.
La salute attraverso la mediazione: finalmente non appannaggio di professionalità altre che si
occupano di aspetti specifici, a cui demandare bisogni e difficoltà relazionali e comunicative del
processo di cura, ma modalità proprie di ciascun professionista che vede in questa modalità le
caratteristiche della cura della persona, in un sapere delle relazioni da costruire e da apprendere
anche nei curriculum formativi.
Le interazioni personali , gli incontri umani, costituiscono una dimensione ricca di significati e di
rappresentazioni precostituite difficilmente riproducibili e codificabili. La lontananza psicologica
dell’altro è modellata e ri- modellata, gli elementi in gioco sono molteplici e non riconducibili ad
etichette culturali e la distanza culturale è varia e non misurabile.
Qual'è il futuro della pedagogia nella definizione operativa delle competenze interculturali?
Il dibattito sulle dimensione comunicativa e relazionale della cura, sull’importanza dell’ascolto nel
percorso di salute di ciascun utente in tal modo è riconosciuto ed espresso da tutti i sistemi sanitari.
Relazionarsi con il paziente, ascoltarlo, dare spazio al suo vissuto emotivo costituiscono aspetti
imprescindibili del processo assistenziale. Notevoli sforzi sono stati effettuati nel tentativo di
erogare prestazioni sanitarie corrispondenti a migliorare trasparenza, partecipazione dei cittadini,
accessibilità e garantire standard di qualità sanitaria e possibilità di misurare la percezione della
qualità in sanità. In questo contesto, che negli ultimi anni ha mobilitato e visto l’intervento e la
partecipazioni di numerosi attori sociali (legislatori, amministratori, figure sanitarie, cittadini) si
collocano le iniziative, ora sporadiche ora integrate della mediazione interculturale nei servizi
sanitari, sempre più volte alla costruzione di un percorso rivolto sia a migranti che autoctoni e
all’acquisizione di competenze continue ed integrate.
La miscellanea di contribuiti provenienti da discipline diverse, in cui ben si colloca la pedagogia
sociale ed interculturale, potrà dare vita ad una rete di saperi e competenze expertise delle
professioni sanitarie.
Project Management, EBN, medicina narrativa ...potranno rappresentare il futuro per progettare:
− Reclutamento degli operatori immigrati per la salute
− Inserimento del personale neo assunto.
− Identificazione di percorsi di cure per persone straniere, principalmente per l'area materno –
infantile, i Dipartimenti di Emergenza, la medicina del lavoro, l'etnopsichiatria, ecc.....
Occuparsi dell'immigrato nelle nostre realtà rappresenta una scelta per alcuni servizi ( rivolti
specificatamente a loro, penso ad oggi nella mia regione ai Centri ISI) ma per i servizi generalisti
potrà rappresentare il futuro, con l'entrata nell'Unione Europea dei neo comunitari ... . Diventa
prioritario per tutti superare la fase dell'emergenza e permettere agli operatori di riconoscersi in una
rete organizzata che tuteli da situazioni di rischio professionale.
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