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leggi lo speciale di guida al diritto
anno II
Numero 6
giugno 2012
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Focus o
Concorso in magistratura/2:
la soluzione del tema di penale
L’ipotesi di svolgimento della “traccia”
e la giurisprudenza di riferimento
di Andrea Nocera
w ww. g u i d a a ldiritto.ilsole24ore .com
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L’IPOTESI DI SVOLGIMENTO
SOMMARIO
Terrorismo, lo Stato alza la guardia anticipando la tutela penale
La traccia
Anticipazione della tutela nei delitti di terrorismo ed eversione
Ipotesi di svolgimento
di Andrea Nocera
1. Il principio di offensività
2. Principio di offensività e bene giuridico
3. Delitti di attentato e forme associative nei reati con finalità di terrorismo
ed eversione
4. L’associazione con finalità di terrorismo ed eversione
5. L’elemento soggettivo doloso nei delitti di attentato e nelle ipotesi associative
di sovversione del terrorismo. Configurabilità del tentativo
A PAGINA 4
Sufficiente la programmazione degli atti
per integrare la fattispecie criminale
 Scatta il reato anche senza violenza immediata
(Cassazione penale, sez. VI, 20 gennaio 2010, n. 20146)
 Il progetto di una azione violenta è sempre necessario
(Cassazione penale, sez. VI, 8 maggio 2009)
 Non è necessaria la realizzazione degli atti
(Cassazione penale, sez. II, 25 maggio 2006)
 Il proposito criminale deve essere concreto
(Cassazione penale, sezione I, 11 maggio 2000)
 La semplice adesione psicologica non integra la fattispecie
(Cassazione penale, sez. VI, 26 maggio 2009, n. 33425)
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 Il carattere rudimentale dell’associazione non scagiona
(Cassazione penale, sez. II, 31 marzo 2009, n. 18581)
 L’attacco kamikaze in un luogo affollato ha natura terroristica
(Cassazione penale, sez. V, 18 luglio 2008, n. 75)
 La morte dei civili anche se collaterale integra sempre il reato
(Cassazione penale, sez. V, 11 giugno 2008, n. 31389)
 La fattispecie ha ad oggetto attività prodromiche all’esecuzione
(Cassazione penale, sez. I, 10 luglio 2007, n. 34989)
 Sufficienti gli atti preparatori se idonei
(Cassazione penale, sez. I, 10 maggio 1993)
 La componente del dolo specifico
(Cassazione penale, sez. I, 28 novembre 1987, Othmann)
 La finalità terroristica deve essere immediata e diretta
(Cassazione penale, sez. I, 18 dicembre 1985, Fioravanti e altro)
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L’IPOTESI DI SVOLGIMENTO
Terrorismo, lo Stato alza la guardia
anticipando la tutela penale
LA TRACCIA DI PENALE
Anticipazione della tutela nei delitti di terrorismo ed eversione
di Andrea Nocera
Ipotesi di svolgimento
1. Il principio di offensività
Il principio di offensività del reato, quale connotato qualificativo delle fattispecie penali incriminatrici, si
sostanzia nella necessità che la condotta astrattamente prevista come reato sia concretamente lesiva di un
interesse soggettivo, presentandosi quale momento necessario per la sussistenza del reato. Come tale, si
pone in posizione complementare rispetto al principio di materialità del fatto di reato, concorrendo
con questo a delimitare la sfera del penalmente rilevante. Estranei all'applicazione delle fattispecie penali
si presentano infatti le ipotesi in cui l'intenzione dell'agente non si sia esternata in una condotta percepibile (principio di materialità) e quelle in cui tale condotta non sia concretamente offensiva di beni-interessi
concreti.
In un diritto penale oggettivo e realistico fondato sul principio di legalità, il principio di offensività ha ad
oggetto il fatto di reato tipizzato, come fatto offensivo tipico, elemento costitutivo della fattispecie di reato, per la sussistenza del quale occorre che non solo sia posta in essere una condotta integrante gli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie, ma anche che la stessa sia ricostruita in senso di offensività concreta del bene-interesse tutelato.
La qualificazione del carattere di offensività della condotta quale elemento strutturale necessario della fattispecie incriminatrice è espresso dagli artt. 25 e 27 Cost., ove viene operata una differenziazione di disciplina tra le pene e le misure di sicurezza, queste ultime non connesse nella loro applicazione al principio di offensività della condotta, ma alla pericolosità del soggetto agente. L’offesa al bene protetto costituisce così elemento strutturale del reato.
Il principio di necessaria offensività viene, quindi, ad essere elevato a rango di principio costituzionale
attraverso la valutazione integrata e complementare di una pluralità di principi generali, quali quello della
personalità dell'illecito, della funzione della sanzione, del diritto penale quale ordinamento di tutela di be© RIPRODUZIONE RISERVATA
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ni-interessi di emergenza costituzionale. Come tale, non è solo espresso dalla formulazione generale
dell'articolo 49 co. 2 c.p., ma nelle singole norme che lo compongono, e strumentalmente connesso con il
principio di materialità dell'illecito penale, nel senso di richiedere che la fattispecie concretamente posta
in essere non sia solo pienamente corrispondente alla fattispecie astratta tipizzata, ma sia anche lesiva materialmente dei beni-interessi oggetto di tutela della norma penale violata.
2. Principio di offensività e bene giuridico
L'analisi strutturale della fattispecie di reato, quale fattispecie offensiva tipica, non potrà prescindere dalla
individuazione e selezione dei beni-interessi la cui lesione comporti l'applicazione di sanzioni penali. Sul
punto può certamente condividersi l'orientamento, ormai costante, della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui le sanzioni penali sono poste a tutela di beni costituzionalmente rilevanti o garantiti e, comunque, di beni-interessi strumentali o necessariamente implicati da quelli costituzionalmente significativi. Tali beni-interessi costituiscono l'oggetto giuridico del reato, elemento terminale della offensività della condotta tipizzata, il bene interesse, individuale o collettivo, tutelato (in via preventiva) ed offeso dalla condotta materiale di reato. L’oggetto giuridico esprime una relazione o rapporto di utilità e
vantaggio di un soggetto verso un bene (es. valori spirituali, quali la riservatezza, onorabilità, pietas per
i defunti).
L'oggettività giuridica costituisce, dunque, il presupposto materiale dell’offesa, che può presentarsi sia
come lesione attuale del bene-interesse tutelato dalla norma, sia come lesione eventuale, semplice messa
in pericolo del bene stesso. Il principio di offensività è soddisfatto, invero, anche nella previsione di una
cd. tutela anticipata di taluni beni-interessi che, per la loro rilevanza, giustificano un avanzamento della
soglia di punibilità delle condotte di reato, nel senso della previsione di una lesività potenziale e non attuata, di mera minaccia del bene tutelato.
Il principio di offensività deve modularsi, sin dalla formulazione della fattispecie astratta di reato, in ragione del bene-interesse tutelato, potendosi prospettare casi di formulazione di fattispecie penali incriminatrici apparentemente esclusive dell’elemento strutturale dell’offensività, come nel caso delle condotte
di attentato, in forma semplice o associata, previste nei reati commessi per finalità di terrorismo od eversione, in ragione del rango primario dei beni interessi protetti, che giustificano la predisposizione di forme
di tutela anticipata od estesa.
In tali delitti l’anticipazione della tutela avviene attraverso la previsione di una particolare forma di manifestazione della condotta criminosa, strutturalmente analoga alla fattispecie del tentativo, caratterizzata da
attività dirette alla realizzazione di un fatto penalmente illecito, elevate dal legislatore nell'ambito del
penalmente rilevante, indipendentemente dal raggiungimento effettivo dell'intento lesivo.
Tale particolare tecnica di formulazione – che trova la propria ratio nella necessità di assicurare un più
ampia tutela a beni interessi di primaria rilevanza, quali quelli connessi alla personalità dello Stato – non
deroga al principio di offensività. L’articolo 49 comma 2 codice penale, nella sua interpretazione di norma sistemica, infatti, svolge una funzione di collegamento in termini di necessità tra la punibilità del
soggetto ed il concreto verificarsi di una offesa o messa in pericolo del bene-interesse tutelato. Il fatto
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punibile è quello conforme alla fattispecie incriminatrice e al contempo offensivo dell'interesse tutelato
dalla norma.
Il possibile scarto tra tipicità ed offensività deriva dalla sinteticità con cui vengono disegnate le fattispecie
di attentato, in cui fatti (rectius, condotte) non ancora rilevanti alla stregua del delitto tentato integrano gli estremi della fattispecie astratta, prescindendo dalla configurazione di un danno effettivo per il bene interesse tutelato, previsto al più come elemento aggravatore del delitto. Tale opzione normativa si
manifesta, come detto, per le tipologie di delitti contro la personalità dello Stato, in primis nei delitti con
finalità di terrorismo ed eversione.
Tali fattispecie delittuose, pur collocate dal legislatore nel titolo dei delitti contro la personalità dello Stato, assumono natura di delitti politici, per la stretta correlazione tra valori penalmente tutelati e assetto
politico costituzionale. La personalità dello Stato (Stato come soggetto di rapporti politici), quale bene interesse tutelato, si sposta da una dimensione antropomorfica, certamente poco compatibile con il dettato
costituzionale per la sua indefinibilità ed astrattezza, ad una funzionale, rappresentata da tutti quegli interessi fondamentali politici, riconducibili alla difesa della personalità giuridica e sociale dello Stato, dalla
saldezza e prosperità economica ai migliori assetti sociali, al prestigio politico dello Stato in un determinato momento storico.
L’anticipazione (ed estensione) della tutela penale di tali primari valori ed interessi di rango costituzionale è ancor più accentuata dalla previsione di fattispecie incriminatrici di condotte associative (artt. 270274 codice penale) finalizzate all’attuazione di un metodo violento di lotta, anche in forma di mero attentato, contro ordinamenti politici od economici o di eversione dell’ordine democratico.
3. Delitti di attentato e forme associative nei reati con finalità di terrorismo
ed eversione
Le ipotesi di attentato sono state configurate dal legislatore del 1930 con riferimento ad un complesso di
figure delittuose finalizzate alla repressione del dissenso politico ed ideologico. Tali fattispecie si connotano per un alto tasso di indeterminatezza, ancor più evidente per le fattispecie associative, per le quali la
punibilità si fonda sulla mera attività di diffusione delle idee, di affermazione teorica degli obbiettivi che
ne costituiscono il programma sovversivo od eversivo, prescindendo da qualsivoglia valutazione circa la
sua effettiva realizzazione.
La tecnica di costruzione delle fattispecie di attentato si snoda attraverso l’introduzione di concetti indeterminati che sfumano i contorni del modello legale. Il recupero di una dimensione di reale offensività,
che elimina tendenze applicative in funzione repressiva del dissenso politico, si attua attraverso
l’intervento ermeneutico che privilegi un’interpretazione che fornisce contorni netti al modello legale.
Così, in riferimento all’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 280 codice penale, che punisce le condotte di
attentato alla vita od incolumità di una persona per finalità di terrorismo od eversione, l’individuazione
dei requisiti minimi del fatto “attentante” avviene proprio attraverso l’interpretazione del requisito della
idoneità, quale concreta possibilità di raggiungimento del fine (non astratta e mera potenzialità causale),
fondata e ragionevole capacità del fatto a produrre la lesione del bene.
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La forma del delitto di attentato esprime una più ampia soglia di punibilità rispetto alla fattispecie tentata
di cui all’articolo 56 codice penale, in quanto le generiche formule utilizzate dal legislatore ("chiunque
commette un fatto diretto a..."; "chiunque attenta a") includono anche gli atti preparatori dell'azione esecutiva.
La formulazione della previsione incriminatrice in termini di pura idoneità causale, ha portato la dottrina
e la giurisprudenza a tener distinte sotto il profilo ricostruttivo tali ipotesi di attentato dalla forma del delitto tentato, in quanto modelli di reato finalizzati a reprimere anche atti preparatori antecedenti alla
soglia di punibilità del tentativo.
Per tale motivo, evidenziando il profilo dell’offensività delle condotte di attentato, tali ipotesi sono definite “a consumazione anticipata”, in quanto prospettanti fattispecie già perfette in presenza di un atto diretto
al raggiungimento dello scopo.
Rispetto allo schema del tentativo di cui all’articolo 56 codice penale nel delitto di attentato il requisito
della idoneità degli atti non è elemento strutturale, integrandosi la fattispecie incriminatrice nella non
equivocità della direzione oggettiva degli atti posti in essere. In tal modo il delitto di attentato si colloca in
una fase intermedia tra gli atti preparatori (non punibili) e gli atti costituenti tentativo punibile.
Nondimeno, fornire rilevanza alle attività meramente preparatorie ha in concreto l’effetto di accentuare il
ruolo delle componenti soggettive dell’illecito penale, attraverso una interpretazione del concetto di direzione alla luce della finalità illecita perseguita.
Una prospettazione soggettiva dell’elemento della direzione degli atti corre il rischio di essere illiberale,
per la connotazione politica delle fattispecie di delitto configurate come attentato.
Per tale motivo, lo schema strutturale dell'attentato è stato arricchito nell’interpretazione giurisprudenziale
con il richiamato requisito della idoneità dell'azione, previsto in via generale dall'articolo 49 comma 2
codice penale.[1]
L’interpretazione oggettivistica dell’elemento della direzione degli atti richiede quindi che il fatto posto in
essere dall’agente si specifichi in un serio inizio di attacco contro gli interessi tutelati, espressione di messa in esecuzione di un progetto – passaggio dalla fase di programmazione a quello pur iniziale di esecuzione – causalmente efficiente alla lesione al bene interesse tutelato.
Il concetto di attentato, quindi, nella interpretazione G. diviene attività causalmente idonea, analogamente alla ricostruzione del delitto tentato, non prevedendo il codice alcuna deroga espressa alla estensione generale della previsione di cui all'articolo 49 comma 2 c.p. Le fattispecie di attentato così interpretate
sono compiutamente definite dl legislatore sia nel momento volitivo che in quello della idoneità causale
del fatto materiale realizzato.
[1] Cassazione penale, sez. I, 10/05/1993, secondo cui “nel delitto di attentato per finalità di terrorismo ed eversione non è determinante la antica e normativamente superata distinzione tra atti preparatori e atti esecutivi, richiedendosi anche per l'attentato, così come per il tentativo punibile, che gli atti, pur se meramente preparatori, siano tuttavia tali da dimostrarsi, in linea di
fatto, come idonei ed inequivocabilmente diretti alla realizzazione di quello che, in assenza della specifica previsione, sarebbe
il reato consumato”.
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La norma incriminatrice dell'attentato deve essere integrata nella sua ricostruzione interpretativa dalle
norme generali del codice, e sotto il profilo della idoneità dall'articolo 49 comma 2 codice penale, nell'elemento soggettivo. Così che, ove la norma incriminatrice di attentato punisce i "fatti diretti a..." deve intendersi nel senso di "atti idonei diretti a...", rappresentando il "fatto" la pura azione e quindi gli atti costituenti suoi segmenti strutturali.
Il requisito della direzionalità degli atti, richiama il concetto di univocità nell'azione di tentativo idoneo, quale direzionalità che presuppone che l'azione di attentato sia entrata nella sua fase esecutiva o immediatamente prossima a questa.
Si pensi, ad esempio, ai delitti di cui agli artt. 280 (Attentato per finalità terroristiche o di eversione) e
280-bis codice penale (Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi). Le condotte tipiche sono espresse in forma di attentato. Le norme incriminatrici richiedono unicamente la direzione oggettiva del
fatto storico realizzato agli obiettivi indicati, con una capacità di involgere anche atti preparatori. Come detto, la direzione degli atti deve essere valutata in termini oggettivi, in ragione delle condizioni storiche ed ambientali, e sostanziarsi in un serio inizio di attacco contro l’interesse primario tutelato, quale
messa in esecuzione del progetto con passaggio da una fase meramente preparatoria ad una fase esecutiva.
In dottrina si è ritenuto di poter perequare le due ipotesi, reinterpretando le condotte di attentato nella direzione dell’idoneità degli atti posti in essere[2]. In realtà, nel delitto di attentato non è richiesto che la
condotta debba essere idonea alla realizzazione degli obiettivi indicati dalla norma. Il requisito
dell’idoneità, propugnato dalla dottrina sulla base della necessaria offensività della condotta ex articolo
49, 2° comma, nel senso della corrispondenza tra offensività ed antigiuridicità), nella giurisprudenza si
qualifica quale “non impossibilità” a realizzare l’effetto di menomazione della personalità interna dello
Stato, valutandosi anche elementi esterni imprevisti o eventuali che rendano possibile un processo che
conduca a tale effetto. In tal senso la condotta di attentato si manifesterà nell’intrapreso attacco contro il
bene della vita e dell’integrità fisica, qualificandosi in termini di reato di pericolo, nella specie del pericolo presunto.
La giurisprudenza ritiene che, per la configurabilità del reato, non sia necessaria la prossimità o concretezza del pericolo, in quanto la norma intende assicurare una tutela anticipata dell’assetto democratico
e pluralistico dello Stato. La condotta, però, dovrà presentare un’idoneità oggettiva rispetto alla produzione dell’evento lesivo diretto alla vita o all’incolumità fisica della vittima, nel senso che dovrà apparire
idonea a mettere in pericolo tali beni-interessi. Non è consentito, pertanto, distinguere tra atti preparatori
ed atti esecutivi, poiché gli atti, anche nelle ipotesi di attentato, pur se meramente preparatori, devono essere tali da risultare idonei ed inequivocabilmente diretti a realizzare il reato consumato[3]
[2] Fiandaca-Musco, Diritto penale, parte speciale, ed. Zanichelli
[3] Cass. pen., I, 19 ottobre 1988, secondo cui il pericolo è la conseguenza di una più o meno concatenata serie di azioni umane, ognuna delle quali concorre alla realizzazione della condotta tipica, sempre che risulti idonea alla finalità specifica – terrorismo od eversione -, anche tenendo conto del concorso di fattori eventuali, da ricomprendersi nella previsione dell’evento di
pericolo – e non di danno – della fattispecie incriminatrice.
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Per l’ipotesi di cui all’articolo 280 codice penale il richiamo a condotte lesive di beni comuni, in assenza
di interpretazione della condotta tipica in termini di pericolo concreto, comporta il rischio di rendere penalmente rilevanti anche condotte (atti preparatori) che non assumono rilevanza penale, neanche tentata,
in relazione alle singole norme incriminatrici. Infatti, la condotta punita consiste nell'attentare alla vita o
incolumità personale, così inglobando in linea di principio anche le condotte aggressive minori di tali beni, quali le percosse. La dottrina[4] propende per escludere la rilevanza di tali atti in termini di attentato,
qualificandosi come inidonei a costituire attività lesiva del bene interesse tutelato della salvaguardia
dell’ordine politico-costituzionale[5].
L’equiparazione delitto di attentato – tentativo consente di superare le problematiche connesse alla genericità ed insufficiente determinatezza delle formulazioni incriminatrici (tipicità), oltre a soddisfare il principio di offensività.
Del resto, con la legge 24 febbraio 2006, n. 85, recante modifiche al codice penale in tema di reati di opinione, nel riformulare la fattispecie di cui all’articolo 241 codice penale (Attentati contro l’integrità,
l’indipendenza e l’unità dello Stato) è stato positivizzato l'orientamento costante della giurisprudenza[6]
che tende ad equiparare la condotta tentata e di attentato sul piano della idoneità dell'azione. La nuova formulazione della norma richiede che gli atti violenti, costituenti la condotta tipica del reato, siano diretti ed idonei, impedendo in tal modo di far regredire la soglia di punibilità della fattispecie alla fase dei
meri atti preparatori. Il concorso degli elementi di univocità ed idoneità degli atti e la realizzazione di un
pericolo concreto per il bene-interesse tutelato ancorano la fattispecie al principio di offensività.
In ogni caso, la condotta di attentato deve determinare una situazione di concreto pericolo, come probabile verificazione dell’evento lesivo secondo le regole dell’esperienza. La definizione delle ipotesi di attentato come reati di pericolo è diretta espressione del costante indirizzo giurisprudenziale della Suprema
Corte che, come visto, qualifica tali delitti come ipotesi di pericolo concreto, attraverso il riferimento alla idoneità dell'azione, che implica la tensione verso un evento naturalistico o una situazione di effettivo
pericolo per il bene giuridico tutelato.
La ricostruzione di tali fattispecie in termini di pericolo circoscrive l'area delle condotte punibili in quelle
concretamente esecutive dell'azione. Ad esso, quale ulteriore argine ad una deriva interpretativa contraria
ai principi della nostra Costituzione, si aggiunge l’adattamento compiuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza nella individuazione dell’oggettività giuridica dei delitti di associazione con finalità sovversive e di
terrorismo.
[4] Fiandaca-Musco, op. cit.,
[5] Cass. pen., sez. I. 18 dicembre 1985, Fioravanti ed altro. Caratteristica indispensabile dei delitti di attentato, previsti dall'articolo 280 c.p., è la finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, che deve improntare l'azione astrattamente ipotizzata nel precetto e che costituisce, perciò, il connotato distintivo del reato. Pertanto, poiché tale finalità si sostanzia nel
proposito di far valere, attraverso gli atti di violenza compiuti, istanze politiche destabilizzanti ne deriva che, perché possa ritenersi sussistente la finalità medesima, è necessario che l'affermazione delle istanze politiche costituisca oggetto immediato e
diretto dell'intenzione dell'agente.
[6] Cass., Sez. Unite, 18 marzo 1970, n. 1
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La ridefinizione, o meglio specificazione, in sede interpretativa del bene interesse tutelato consente di
individuare la concreta offensività delle condotte. Il generico riferimento alla personalità dello Stato (internazionale o interna) trova una sua concreta specificazione nel valore supremo della tutela dell’ordine
pubblico e della salvaguardia del metodo costituzionale democratico, inteso quale ordine costituzionale e rispetto delle forme istituzionali che ne realizzano i contenuti, posti in pericolo da condotte di violenza.
Il semplice fatto di promuovere, costituire o organizzare le associazioni di cui agli artt. 270 (Associazioni
sovversive) e 270bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione
dell’ordine democratico) è punito proprio per gli scopi che con tali attività i soggetti associati o partecipanti si prefiggono.
4. L’associazione con finalità di terrorismo ed eversione
La fattispecie di cui all’articolo 270 bis codice penale ha la sua ratio originaria nell’esigenza di fornire un
argine agli attacchi terroristici attraverso uno strumento operativo più adeguato di quello delle associazioni sovversive di cui all’articolo 270 codice penale, reprimendo tutte le attività svolte in forma associata
finalizzate, mediante violenza, al compimento di atti di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico.
Con la legge 31 luglio 2005 n. 155 è stata introdotta nel nostro ordinamento una definizione normativa di
attività con finalità di terrorismo (articolo 270-sexies codice penale), adeguando la legislazione interna a
quella internazionale.
Il concetto di associazione, comune ad una serie di fattispecie penali, individua una struttura stabilmente organizzata, fondata sul duplice presupposto del perseguimento di uno scopo comune tra gli associati
e della volontà di far parte dell’organismo associativo, accettandone le regole e condividendone gli
scopi. Elemento qualificante della fattispecie è lo scopo della struttura associativa. La norma riferisce il
vincolo associativo ad un programma indefinito di reati, aventi come scopo il sovvertimento dell’ordine
democratico e la lotta politica attuati mediante violenza ovvero la creazione di un clima sociale di panico
diffuso, e non esige né un numero indeterminato di adepti, né la consistenza dei mezzi idonei alla realizzazione dei fini, né un concreto pericolo per lo Stato, derivando questo in via presuntiva dalla previsione
incriminatrice.
Nella definizione delle condotte con finalità di terrorismo di cui all’articolo 270-sexies codice penale
sono state recepite le linee indicate dalla giurisprudenza, quali il ricorso alla violenza come metodo sistematico oggetto del programma associativo, lo scopo di destabilizzazione o distruzione dei fondamenti
del sistema democratico, il perseguimento o il raggiungimento di fini latamente politici (…destabilizzare
o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di
un’organizzazione internazionale). Proprio attraverso il richiamo alla definizione di terrrorismo
dell’articolo 270-sexies codice penale la Corte di cassazione[7] ha rimodulato la portata della disposizione
incriminatrice di cui all’articolo 270-bis codice penale in ragione dei trattati internazionali in materia. In
particolare, la Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, stipulata a
[7] Cass., sez. I, udienza dell’11 ottobre 2006 – Deposito del 17 gennaio 2007, n. 1072
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New York l’8 dicembre 1999 e ratificata dall’Italia con la legge 14 gennaio 2003, n. 7, ritiene configurabile la finalità di terrorismo anche quando le condotte siano compiute in conflitti armati – qualificati tali
dal diritto internazionale anche se riguardanti guerre civili interne – e siano rivolte, oltre che contro i civili, contro persone non impegnate nelle ostilità, con esclusione soltanto delle azioni dirette contro i combattenti, che restano invece soggette alla disciplina del diritto internazionale umanitario. In questo modo
si prospetta una formulazione aperta della nuova norma di cui all’articolo 270sexies, che rinvia, quanto
alla definizione delle condotte terroristiche o commesse con finalità di terrorismo, agli strumenti internazionali vincolanti per l’Italia e si introduce un meccanismo idoneo ad assicurare automaticamente
l’armonizzazione degli ordinamenti degli Stati facenti parte della comunità internazionale in vista di una
comune azione di repressione del fenomeno del terrorismo transnazionale[8].
Il delitto di cui all’articolo 270-bis è di pericolo presunto, e per la sua configurabilità è sufficiente
l’esistenza di una struttura organizzata, con un programma comune fra i partecipanti, finalizzato a sovvertire violentemente l’ordinamento dello Stato e accompagnato da progetti – anche se non specificati nei
particolari – concreti e attuali di consumazione di atti di violenza; in presenza di tali elementi, non è necessario che il programma criminoso sia materialmente iniziato[9].
La condotta con finalità eversiva dell’ordine democratico ricorre quando il programma associativo preveda lo sconvolgimento dell’assetto costituzionale, con particolare riferimento ai principi contenuti nei
primi articoli della Costituzione repubblicana. In tal modo, nell’interpretazione conservativa proposta dalla giurisprudenza, si differenzia dalla finalità sovversiva, in cui gli associati mostrino un intento di soppressione degli ordinamenti politici ed economici.
I concetti di terrorismo ed eversione sono tra loro complementari, ma non coincidenti, riferendosi il primo
all'effetto intimidatorio nell'opinione pubblica mediante atti violenti, eventualmente politico, il secondo
nel sovvertimento violento dell'ordine democratico, necessariamente politico.
Il programma di violenza è comune ai concetti di terrorismo ed eversione, che si caratterizzano per il
metodo violento di lotta, ma nel caso dell’attività terroristica la condotta violenta è improntata alla realizzazione di condizioni di vita sociale contrassegnate da panico e disordine. La direzione di tali condotte
di violenza non è contro singole persone, ma contro quello che queste rappresentano, ovvero contro persone comuni, mirando ad incutere terrore per scuotere la fiducia nell’ordinamento costituito10. Un’attività
di terrore può senz’altro prescindere da una finalità eversiva, come nel caso in cui l’obiettivo siano
[8] Cass., I, 15 giugno 2006, n. 30824, e, più di recente, Cassazione penale, sez. V, 18 luglio 2008, n. 75. La questione, nella
specie, riguardava la riconducibilità alla norma da ultimo citata di quelle azioni suicide commesse da kamikaze nel contesto di
un conflitto armato che, se pur dirette contro obiettivi militari, producevano gravi danni alla popolazione civile. Secondo la
Corte possono qualificarsi come atto terroristico anche quelle azioni dirette contro un obiettivo militare “quando le peculiari e
concrete situazioni fattuali facciano apparire certe ed inevitabili le gravi conseguenze in danno alla vita e all’incolumità fisica
della popolazione civile, contribuendo a diffondere nella collettività paura e panico”.
[9] Cass., sez. II, 25 maggio 2006, n. 24994, ma anche Cassazione penale, sez. VI, 26 maggio 2009, n. 33425. Il delitto di associazione con finalità di terrorismo, previsto dall'articolo 270 bis codice penale, è un reato di pericolo presunto, per la cui configurabilità occorre l'esistenza di una struttura organizzata, che deve presentare un grado di effettività tale da rendere almeno
possibile l'attuazione del progetto criminoso.
[10] Cass., sez. I, 5 novembre 1987
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L’IPOTESI DI SVOLGIMENTO
semplici interessi economici, ovvero l’influenzare o mutare scelte di politica estera del governo, senza
che ciò comprometta la struttura ordinamentale interna dello Stato. Del pari, la finalità eversiva potrà essere perseguita senza ricorrere alla diffusione del terrore tra la popolazione, mediante condotte di violenza prive di tale effetto diffuso[11]. Eversione si identifica nel fine, più diretto, di sovvertire l’ordinamento
costituzionale e travolgere l’assetto democratico, disarticolandone le strutture ed impedendone il funzionamento12.
L’articolo 270-bis codice penale è, dunque, una norma a più fattispecie incriminatrici, tra loro autonome.
Ciò anche alla luce della riformulazione con Dl 18 ottbre 2001 n. 438, con cui si è operata una equiparazione alla finalità di terrorismo cd. interno delle ipotesi in cui la condotta tipica sia posta in essere in
pregiudizio di uno Stato estero o di organismi internazionali (comma 3), così ampliando lo spettro applicativo della norma[13].
Lo scopo delle associazioni qui punite, quindi, è un programma di violenza strumentale, consistente
nell’espressione di energie psichiche o fisiche di costringimento di persone (attentati, aggressioni, violenze) o di violenza su cose (danneggiamenti, sabotaggi)[14].
5. L’elemento soggettivo doloso nei delitti di attentato e nelle ipotesi associative
di sovversione del terrorismo. Configurabilità del tentativo
Un ulteriore elemento di argine al distacco tra tipicità e offensività nelle ipotesi di delitti commessi con finalità di terrorismo ed eversione è costituito dall’elemento soggettivo. La sua individuazione, qualificante in
termine di dolo specifico, orienta l'interprete nell’individuazione della condotta tipizzata, in quanto l'atteggiamento psicologico dell'agente deve essere estrinsecato nelle concrete modalità attuative dell'attività terroristica o eversiva, ivi compresi gli eventuali eventi lesivi oggetto di circostanze aggravanti.
[11] De Francesco, Commento alla legge 6 febbraio 1980 n. 15, in Leg. Pen., 1981.
[12] Cass., sez. I, 5 novembre 1987.
[13] La scelta ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale della norma sotto il profilo della carenza di tassatività della fattispecie, non essendo indicato il profilo giuridico cui fare riferimento per ritenere sussistente l’elemento oggettivo indicato. Tali
dubbi sono stati superati dalla giurisprudenza nella proiezione delle condotte sul piano dell’attività violenta programmata, tesa
a limitare la funzionalità dell’ordine democratico e costituzionale, ovvero a seminare panico ed incertezza nelle popolazioni
anche straniere. Le indicazioni fornite dalla norma oggi vengono interpretate nel senso dell’incriminazione di associazioni che
assumono l’idea della violenza come connotato della loro ideologia eversiva.
[14] La giurisprudenza di legittimità ha in effetti più volte ribadito che la programmazione di atti di violenza come metodo di
lotta politica finalizzata all'eversione dell'ordinamento costituzionale (o al terrorismo) è un elemento imprescindibile ai fini
della integrazione della fattispecie criminosa di cui si discute (ex plurimis, Sez. 6, 8 maggio 2009, Scherillo; Sez. 2, 31 marzo
2009, Frediani; Sez. 1, 22 aprile 2008, Di Nuoci; Id., 11 ottobre 2006, Boujahia; Id., 15 giugno 2006, Tartag); avendosi avuto
peraltro cura di rimarcare che, trattandosi di reato di pericolo presunto, non occorre che gli atti di violenza programmati siano
effettivamente realizzati (tra le tante, Sez. 2, 25 maggio 2006, Bouhrama), pur richiedendosi che il proposito di commissione di
tali atti sia connotato da concretezza e attualità (v. ad esempio Sez. 1, 11 maggio 2000, Paiano).
Del resto, la configurabilità del reato di cui all'articolo 270 bis c.p. non può essere esclusa per il solo fatto che il perseguimento
delle finalità eversive non preveda, nell'immediato, il ricorso ad atti di violenza, quando il compimento di tali atti rientri comunque nel programma dell'associazione, da realizzarsi una volta che quest'ultima abbia conseguito, a giudizio dei suoi dirigenti, la relativa capacità (Cassazione penale, sez. VI, 20/01/2010, n. 20146).
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L’IPOTESI DI SVOLGIMENTO
Nei delitti di attentato l’elemento doloso è di solito generico, quale coscienza e volontà di compiere
un'azione idonea a ledere il bene giuridico protetto. Come nel tentativo, anche in tale ipotesi il dolo è dolo
di proiezione, verso il compimento di un risultato ulteriore, la cui verificazione generalmente ha la natura
di evento aggravante della condotta. Non sussiste specificità nel dolo in quanto l'elemento volontaristico
investe i soli elementi costitutivi della fattispecie, non si proietta per uno scopo ulteriore, esterno all'azione posta in essere. Il dolo investe il risultato cui tende la condotta, risultato pienamente aderente allo sviluppo della pianificazione oggettiva.
Nell’ipotesi di attentato con finalità di terrorismo o eversione (articolo 280 codice penale), di contro,
l’elemento soggettivo che sorregge la condotta è il dolo specifico, consistente nella finalità di terrorismo od eversione, cui si associa la coscienza e volontà di compiere l’attentato alla vita o all’incolumità
fisica di terzi[15]. Tali finalità emergono in relazione a qualsiasi condotta di violenza, attuata anche nella
mera forma di attentato alla vita ed incolumità fisica, compiuta nei confronti di terzi al fine di procurare lo
sconvolgimento dell’assetto costituzionale ovvero influenzare le scelte di organi costituzionali mediante
condotte di violenza o di terrore.
Il delitto è a forma libera, caratterizzato dalla condotta di attentato, e si consuma col compimento di atti
diretti a porre in pericolo l’altrui vita od incolumità personale. Il tentativo è ritenuto non ammissibile, per
l’anticipazione della tutela penale espressa dalla norma incriminatrice.
Anche nelle ipotesi di associazione con finalità di terrorismo o di eversione l’elemento soggettivo caratterizzante i delitti è il dolo specifico, consistente nella coscienza e volontà di aderire alle idee e di far parte dell’associazione, nonché di condividere lo scopo eversivo o terroristico oggetto del programma. Il delitto ha natura permanente e si consuma nel momento della costituzione del vincolo associativo, per i
capi, promotori od organizzatori, ovvero al momento dell’adesione all’organizzazione già preesistente per
i singoli partecipi.
Il tentativo viene ritenuto non ammissibile, in funzione della ricostruzione della fattispecie in termini di
pericolo astratto, per l’anticipazione della tutela penale espressa dalla norma incriminatrice.
Nota dell’autore
“L'elaborato costituisce una delle possibili, e parimenti plausibili, ipotesi di sviluppo della traccia
assegnata. È frutto dei convincimenti personali dell'autore, che ha svolto il tema con la tecnica ed i
limiti propri di un elaborato concorsuale. Non costituisce, ovviamente, parametro di valutazione o
giudizio degli elaborati consegnati in occasione delle prove concorsuali"
[15] Cassazione penale, sez. I, 28 novembre 1987, Othmann. Il delitto di attentato per finalità terroristiche o di eversione, previsto dall'articolo 280 c.p., richiede che alla volontà di attentare alla vita o all'incolumità di una persona si aggiunga il dolo
specifico di agire nell'ambito di ideologie che abbiano carattere terroristico od eversivo dell'ordine costituito. (Nella fattispecie
si è ritenuto che l'uso di armi contro persone inermi, dette a bersaglio solo perché appartenenti a determinate categorie o nazionalità, costituisca azione terroristica).
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LE MASSIME DI RIFERIMENTO
Sufficiente la programmazione degli atti
per integrare la fattispecie criminale
LE MASSIME DELLA CASSAZIONE
Scatta il reato anche senza violenza immediata
La configurabilità del reato di cui all'articolo 270 bis c.p. non può essere esclusa per il solo fatto che il
perseguimento delle finalità eversive non preveda, nell'immediato, il ricorso ad atti di violenza, quando il
compimento di tali atti rientri comunque nel programma dell'associazione, da realizzarsi una volta che
quest'ultima abbia conseguito, a giudizio dei suoi dirigenti, la relativa capacità.
(Cassazione penale, sez. VI, 20 gennaio 2010, n. 20146)
Il progetto di una azione violenta è sempre necessario
La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che la programmazione di atti di violenza come metodo di lotta politica finalizzata all'eversione dell'ordinamento costituzionale (o al terrorismo) è un elemento imprescindibile ai fini della integrazione della fattispecie criminosa in esame.
(Cassazione penale, sez. VI, 8 maggio 2009; sez. II, 31 marzo 2009; Sez. I, 22 aprile 2008; Id., 11 ottobre
2006; Id., 15 giugno 2006)
Non è necessaria la realizzazione degli atti
Trattandosi di reato di pericolo presunto, non occorre che gli atti di violenza programmati siano effettivamente realizzati.
(Cassazione penale, sez. II, 25 maggio 2006)
Il proposito criminale deve essere concreto
Si richiede che il proposito di commissione di tali atti sia connotato da concretezza e attualità.
(Cassazione penale, sezione I, 11 maggio 2000)
La semplice adesione psicologica non integra la fattispecie
Il delitto di associazione con finalità di terrorismo, previsto dall'articolo 270 bis c.p., è un reato di pericolo presunto, per la cui configurabilità occorre l'esistenza di una struttura organizzata, che deve presentare
un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l'attuazione del progetto criminoso. La prova della
partecipazione all'associazione terroristica non può essere desunta dal solo riferimento all'adesione psico© RIPRODUZIONE RISERVATA
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LE MASSIME DI RIFERIMENTO
logica o ideologica al programma criminale e a tal fine si richiede un concreto passaggio all'azione dei
membri del gruppo, sotto forma di attività preparatorie rispetto all'esecuzione dei reati fine, oppure all'assunzione di un ruolo concreto nell'organigramma criminale. Una cellula organizzativa di carattere militare-religioso, con sede in Italia, è qualificabile come associazione terroristica non per il fatto di essere una
diramazione di organizzazioni incluse nelle liste di gruppi terroristici stilati da organismi internazionali,
ma sulla base della valutazione complessiva delle concrete risultanze delle indagini svolte nel procedimento in corso e in quelli collegati. Ai fini di cui all'articolo 270 bis c.p. viene in rilievo una interpretazione più ampia di "fatto notorio", in quanto quest'ultimo, nella odierna società sempre più integrata e
transnazionale, non può più essere valutato in un ristretto ambito nazionale e comporta la necessità di
considerare fatti eclatanti che coinvolgono il nostro e altri paesi e che, per la loro rilevanza, sono da considerare di comune conoscenza. (Fattispecie in cui il giudice ha ritenuta provata l'appartenenza al Gruppo
salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc) di due soggetti facenti parte di una cellula operante
nel napoletano ed avente rapporti con analoghe cellule stanziate nel territorio italiano e all'estero, costituenti diramazioni dell'anzidetto Gspc).
(Cassazione penale, sez. VI, 26 maggio 2009, n. 33425)
Il carattere rudimentale dell’associazione non scagiona
Il reato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico è integrato anche in caso di organizzazione associativa di tipo rudimentale che sia però capace di porre in essere numerosi atti di violenza contro enti ed istituzioni, idonei a condizionarne il funzionamento.
(Nel caso di specie, si trattava dell'organizzazione sovversiva chiamata "Cellule di offensiva rivoluzionaria" - C.O.R. - che mirava a compiere atti violenti con fini di eversione dell'ordine democratico, che aveva
iniziato ad attuare tale programma commettendo gravi reati in diverse parti del paese e per un congruo periodo, che si richiamava alle Brigate Rosse, e che minacciava gravemente politici, magistrati, forze
dell'ordine, giornalisti, imprenditori).
(Cassazione penale, sez. II, 31 marzo 2009, n. 18581)
L’attacco kamikaze in un luogo affollato ha natura terroristica
Ai fini della configurabilità del reato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale e con
riguardo a condotte anteriori all'introduzione dell'articolo 270 sexies codice penale, rivestono natura terroristica, pur se indirizzati contro obiettivi militari nel corso di un conflitto armato, gli attentati dinamitardi
e le azioni dei "kamikaze" compiuti in luoghi affollati dalla popolazione civile, risultando estranea alla
normativa vigente la distinzione tra terrorismo e guerriglia. (Fattispecie relativa all'organizzazione transnazionale "Ansar Al Islam"; in motivazione, la S.C. ha richiamato la Convenzione internazionale per la
repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York l'8 dicembre 1999 e ratificata dall'Italia
con L. 14 gennaio 2003 n. 7).
(Cassazione penale, sez. V, 18 luglio 2008, n. 75)
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LE MASSIME DI RIFERIMENTO
La morte dei civili anche se collaterale integra sempre il reato
In tema di associazione con finalità di terrorismo internazionale, riveste natura di atto terroristico l'atto di
violenza che, ancorché rivolto contro il nemico armato, abbia come conseguenza "collaterale" inevitabile
e prevista la morte o la causazione di gravi lesioni a civili, terzi rispetto ai soggetti attivi e non identificabili come avversari di questi; in mancanza di reati-fine effettivamente portati ad esecuzione o non ancora
portati ad esecuzione, la natura terroristica dell'associazione deve essere dedotta dalle condotte preparatorie e dalla concreta predisposizione dei mezzi utilizzati per metterle in atto.
(Cassazione penale, sez. V, 11 giugno 2008, n. 31389)
La fattispecie ha ad oggetto attività prodromiche all’esecuzione
Il reato associativo previsto dall'articolo 270 bis c.p. rientra nell'ambito dei delitti di pericolo presunto, o a
consumazione anticipata, caratterizzati dall'anticipazione della soglia di punibilità nel momento stesso
della costituzione di un'organizzazione di persone e di mezzi, volta a realizzare un programma di violenze
e aggressioni per finalità di terrorismo, onde la fattispecie punitiva ha a oggetto attività meramente prodromiche e preparatorie antecedenti all'inizio di esecuzione delle programmate condotte violente. Peraltro, se ai fini della sussistenza del reato non è necessario il compimento degli atti criminosi costituenti espressione del programma criminoso e strumentali alla particolare finalità perseguita, è necessario che la
struttura organizzativa presenti un grado di "effettività" tale da rendere almeno possibile l'attuazione del
progetto criminoso e da giustificare, quindi, la valutazione legale di pericolosità, correlata alla idoneità
della struttura alla realizzazione della serie indeterminata di reati per il cui compimento l'associazione
stessa è stata costituita. Diversamente opinando, l'anticipazione della repressione penale finirebbe con il
sanzionare la semplice adesione ad un'astratta ideologia e si finirebbe per reprimere idee, piuttosto che
fatti (piuttosto, nell'ipotesi di accordo non concretizzatosi in un'organizzazione adeguata al piano terroristico, potrebbe ravvisarsi il reato di cui all'articolo 304 c.p., che, attraverso l'articolo 302 c.p., richiama
anche l'articolo 270 bis c.p.)
(Cassazione penale, sez. I, 10 luglio 2007, n. 34989)
Sufficienti gli atti preparatori se idonei
In tema di attentato per finalità terroristiche o di eversione (articolo 280 c.p., aggiunto dall'articolo 2 legge 6 febbraio 1980, n. 15), caratterizzandosi la detta figura di reato essenzialmente per la presenza delle
summenzionate finalità, e non per le caratteristiche obiettive delle condotte in cui essa può estrinsecarsi
(le quali non si differenziano apprezzabilmente, nella previsione normativa, da quelle che, altrimenti, renderebbero configurabili altre e più comuni ipotesi di reato, quali le lesioni volontarie o l'omicidio, tentati
o consumati), ne deriva che, al pari di quanto si verifica con riguardo alle comuni figure di delitto tentato,
anche nel delitto di attentato non è determinante la antica e normativamente superata distinzione tra atti
preparatori e atti esecutivi, richiedendosi anche per l'attentato, così come per il tentativo punibile, che gli
atti, pur se meramente preparatori, siano tuttavia tali da dimostrarsi, in linea di fatto, come idonei ed ine© RIPRODUZIONE RISERVATA
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LE MASSIME DI RIFERIMENTO
quivocabilmente diretti alla realizzazione di quello che, in assenza della specifica previsione, sarebbe il
reato consumato.
(Cassazione penale, sez. I, 10 maggio 1993)
La componente del dolo specifico
Il delitto di attentato per finalità terroristiche o di eversione, previsto dall'articolo 280 c.p., richiede che
alla volontà di attentare alla vita o all'incolumità di una persona si aggiunga il dolo specifico di agire
nell'ambito di ideologie che abbiano carattere terroristico od eversivo dell'ordine costituito. (Nella fattispecie si è ritenuto che l'uso di armi contro persone inermi, dette a bersaglio solo perché appartenenti a
determinate categorie o nazionalità, costituisca azione terroristica).
(Cassazione penale, sez. I, 28 novembre 1987)
La finalità terroristica deve essere immediata e diretta
Caratteristica indispensabile dei delitti di attentato, previsti dall'articolo 280 c.p., è la finalità di terrorismo
o di eversione dell'ordine democratico, che deve improntare l'azione astrattamente ipotizzata nel precetto
e che costituisce, perciò, il connotato distintivo del reato. Pertanto, poiché tale finalità si sostanzia nel
proposito di far valere, attraverso gli atti di violenza compiuti, istanze politiche destabilizzanti ne deriva
che, perché possa ritenersi sussistente la finalità medesima, è necessario che l'affermazione delle istanze
politiche costituisca oggetto immediato e diretto dell'intenzione dell'agente. (Nella specie è stata esclusa
la ricorrenza di detta finalità, poiché il fine perseguito dagli imputati nel cagionare la morte dei due carabinieri fu unicamente quello di impedire che fosse ostacolato od escluso il recupero di armi e comunque
di assicurarsi l'impunità dei reati relativi alle armi).
(Cassazione penale, sez. I, 18 dicembre 1985)
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