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Avv. Fabio Boscariol De Roberto 1. Attività inventiva

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Avv. Fabio Boscariol De Roberto 1. Attività inventiva
Avv. Fabio Boscariol De Roberto
1. Attività inventiva: considerazioni generali.
Come è stato efficacemente sottolineato in dottrina, l’invenzione
consiste in una combinazione di idee quando un principio o regola di
combinazione (ancora) non esiste; viceversa non vi sarebbe alcuna
invenzione quando la regola di combinazione esiste già. Un esempio
banale potrà chiarire quanto sopra: due numeri possono sempre essere
sommati tra di loro, poiché il principio che regola l’addizione è noto; in
tal caso poco importa se nello specifico questi due numeri non erano mai
stati sommati prima, cosicché l’operazione è nuova: essa comunque non
è inventiva. Vi è dunque invenzione solo quando sia possibile individuare
un procedimento che avanzi solo mediante intuizione, e cioè quando solo
a posteriori esso potrà apparire come ovvio. L’invenzione dunque si
concretizza per l’uso del c.d. pensiero laterale, in virtù del quale la
mente umana percepisce la direzione verso la quale dirigersi.
Lo psicologo e studioso dei meccanismi di formazione del pensiero
Edward De Bono, ritiene che il pensiero razionale, ossia "verticale",
abbia il difetto di non cercare nuove interpretazioni della realtà e, quindi,
di non propiziare l'invenzione, ma solo l'elaborazione successiva di
un'invenzione già fatta. Il pensiero che può portare alla creazione è
appunto il pensiero "laterale" che tiene conto della molteplicità di punti
di vista da cui si può considerare un problema.
Tale ricostruzione, indubbiamente suggestiva, sembra essere condivisa
dalla giurisprudenza la quale tende a far coincidere l’invenzione con un
principio innovativo, ossia un’idea caratterizzata da un ben preciso
contenuto, che deve consentire il superamento di un problema, o di
un’esigenza, ancora non risolto.
Ogni
attività
umana
conferisce
a
chi,
avendone
una
naturale
predisposizione, la esercita con continuità, una particolare forma mentis
che consente di percepire le cose da un particolare punto di vista, quasi
come se l’inventore potesse essere considerato una sorta di vero e
proprio osservatore privilegiato. Appare dunque attuale l’affermazione
secondo cui il tecnico individuerebbe nell’invenzione un contributo ed un
incitamento al progresso tecnico, quest’ultimo concretizzandosi per il
tramite di frequenti discontinuità o scatti. Per il tramite dell’invenzione
una persona di particolare capacità di sintesi riesce a percepire, in forma
chiara e precisa, il problema ed a trovarne una soluzione pratica
utilizzando e perfezionando i mezzi a disposizione della scienza e della
tecnica. La definizione pertanto comunemente accettata è quella di
identificare un’invenzione in un’entità derivata da procedimenti in cui
l’intervento dell’uomo sia essenziale e che rappresenti una soluzione
riproducibile ad un problema tecnico.
2. La prospettiva europea dell’inventive step ed analisi ex post.
Il requisito dell’originalità è stato ampiamente commentato dalla nostra
migliore
dottrina,
anche
alla
luce
dei
più
recenti
orientamenti
giurisprudenziali, e delle decisioni prese in seno all’Ufficio Europeo dei
Brevetti.
2
La prassi dell’Ufficio Europeo dei Brevetti e delle giurisdizioni nazionali,
per valutare la sussistenza del requisito, è quella di seguire quello che
viene
chiamato
problem-solution
approach,
ossia
l’approccio
che
attribuisce al problema oggettivo risolto dal brevetto rilievo centrale.
Secondo il punto 11.5 delle Guidelines dell’Ufficio Europeo dei Brevetti,
il problem solution approach si snoda in tre passaggi principali e cioè: 1)
l’individuazione dell’anteriorità più prossima al trovato brevettato, e cioè
il punto di partenza più promettente al fine di conseguire il trovato; 2)
l’individuazione del problema tecnico affrontato dal trovato brevettato; e
3) la valutazione circa il fatto se, partendo dall’anteriorità più prossima e
dalla considerazione del problema tecnico, il trovato oggetto della
privativa sarebbe risultato ovvio per la persona esperta del ramo.
In maniera maggiormente analitica, il primo passo è quello di individuare
la closest prior art, ossia tutti quei documenti di arte nota, anteriori alla
data di deposito del brevetto o della priorità ivi rivendicata, utili per
delineare lo stato dell’arte esistente sino a qual momento.
Il passo successivo è quello di individuare il problema tecnico oggettivo,
partendo dai risultati raggiunti sino al deposito del brevetto e ponendoli a
confronto con i risultati raggiunti dall’invenzione. L’individuazione del
problema tecnico è un passo assai delicato, in quanto deve essere
limitato alla prior art, proprio per evitare l’individuazione a posteriori di
un problema tecnico in realtà non esistente. Ragionare in altri termini
significherebbe ammettere una inaccettabile analisi ex post. In sintesi
deve essere evitato il ragionamento del “senno del poi” considerato dalle
decisioni dell’EPO “estremamente pericoloso tanto che l’esaminatore se
ne dovrebbe ben guardare”. Una volta individuato il problema tecnico
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oggettivo, occorre ricostruire la persona esperta del ramo (man skilled in
the art): quest’ultimo è il metro del giudizio di non ovvietà. Quanto alla
specifica questione circa la definizione della persona esperta del ramo,
richiedere che l'insegnamento sia non evidente per un tecnico addetto
alla ricerca e sviluppo ha come effetto l'innalzamento del livello di
altezza inventiva. Diversa, ma coerente con la ricostruzione del sistema,
è la definizione di tecnico esperto che tende a far coincidere tale figura
con quella del tecnico medio del ramo. Sembra dunque corretta la
definizione adottata di “person skilled in the art” come figura astratta e
ipotetica provvista di una conoscenza che comprende tutto quello che
ricade sotto la definizione di “state of the art” in base all’art. 54 della
Convenzione sul Brevetto Europeo, secondo il quale lo stato dell’arte
deve essere considerato come comprendente ogni cosa resa disponibile
al pubblico attraverso una descrizione scritta o orale, attraverso l’uso, o
in ogni altro modo, prima della data di deposito della domanda di
brevetto europeo; la “person skilled in the art” è una persona di ordinarie
capacità, la quale ha accesso allo stato dell’arte e alle conoscenze
generali del settore e ha anche la capacità di eseguire lavori di routine.
È importante sottolineare nuovamente come il giudizio di cui si discute
deve essere fatto spogliandosi idealmente di tutte le conoscenze
acquisite dopo la data di deposito di brevetto o della priorità ivi
rivendicata. Il giudizio ex post, inammissibile, comporta infatti un errato
inquadramento del problema. È “ovvio” che le rivendicazioni, se lette ed
interpretate ex post appaiono scontate e prive di originalità. La dottrina
più attenta non ha infatti mancato di osservare come “per evitare il
rischio, parimenti già segnalato, di inaccettabili ex post facto analysis
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che, godendo del beneficio della conoscenza del trovato, ritengono a
posteriori ovvio fare sulla base della tecnica anteriore ciò che, prima del
conseguimento dell’invenzione, ovvio non era affatto: rischio che […]
costituiva l’altra fondamentale debolezza dell’impostazione basata sulla
considerazione del normale divenire del settore” (GALLI-BOGNI, Il requisito
di
brevettabilità
dell’attività
inventiva,
in
GALLI-GAMBINO,
Codice
commentato della proprietà industriale ed intellettuale, Torino 2011).
Questi, in sintesi, i passi maggiormente significativi per la ricostruzione
del principio di cui si discute, vero è proprio cardine per la verifica
dell’inventive
step,
ai
quali
possono
essere
aggiunti
dei
criteri
meramente presuntivi per agevolare il giudizio di non ovvietà. Infatti
considerazioni che spesso sono portate all’attenzione dell’esaminatore
EPO per confermare l’altezza inventiva del trovato sono: i) la necessità di
combinare parecchi documenti per arrivare all’invenzione, alcuni dei quali
in campo non strettamente correlato con quello a cui l’invenzione
appartiene; ii) l’invenzione rivendicata mostra un inaspettato vantaggio;
iii)
l’invenzione
sorprendentemente
supera
un
pregiudizio
tecnico
generale che ha finora portato la persona esperta del ramo lontano
dall’invenzione. Probabilmente un criterio assolutamente oggettivo non
esiste, ma, forse, i passaggi sopra delineati, se applicati correttamente,
potranno dare maggiore sicurezza e dunque autorevolezza all’odierno
sistema brevettuale.
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3. Inventive step e fasi della ricerca.
L'invenzione, come sopra affermato, è originale se il tecnico capace e
competente in quel determinato ramo non è in grado di concretarla in
base alla normale applicazione delle cognizioni già possedute.
Al contrario, l'ovvietà richiede la prova che il tecnico medio, sulla base dei
percorsi e dei metodi di ricerca normalmente seguiti, ossia della normale
"logica della ricerca", avrebbe ottenuto il trovato deducendolo in maniera
evidente dallo stato della tecnica (Tribunale di Milano, 7 luglio 2012,
sentenza n. 10997/2011). Con particolare attenzione al settore del
farmaco, la nascita, o meglio la scoperta, di una nuova molecola, passa
attraverso una (lunga) serie di step che si caratterizza per tempi
notevolmente lunghi e ingenti finanziamenti. I costi per l’introduzione di
un farmaco innovatore sono stimati in circa 0,8-1,2 miliardi di dollari e i
tempi di sviluppo, incluse le sperimentazioni cliniche e l’approvazione
normativa, sono spesso superiori ai dieci anni. In ogni caso, una volta
individuato il principio attivo, vi è una fase di sperimantezione in vitro
volta a verificare, su colture umane, l’azione del farmaco. Solo in caso di
esito positivo, vi è la successiva sperimentazione animale. Questa non
serve a stabilire se un farmaco funzionerà o meno sull'uomo, bensì “a
verificare quale effetto abbia su di un essere vivente, su un organismo
complesso,
costituito
profondamente
da
differenziati
tessuti,
e
organi,
strettamente
sistemi
ed
interconnessi
apparati
tramite
meccanismi biochimici e molecolari altamente selettivi. Nessun modello
matematico, neppure il più sofisticato, e nessun modello meccanico,
neppure frutto della più avanzata bio-ingegneria, è in grado di vicariare le
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funzioni ed il comportamento in vivo di un organismo vivente e
complesso. Gli effetti del farmaco sull'uomo possono essere verificati solo
dalla sperimentazione umana, su gruppi di pazienti arruolati previo
consenso informato” (Tribunale di Milano, 7 luglio 2012, sentenza n.
10997/2011).
Se quanto sopra rappresenta l’iter “normale” dello sviluppo della ricerca in
ambito farmacologico, esso necessariamente costituisce il metro di
paragone per verificare, caso per caso, se il tecnico medio avrebbe
dovuto (“would”) svolgere quella ben precisa attività di ricerca e
sperimentazione per giungere alla soluzione rivendicata nel brevetto.
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