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GUIDA ALLA TUTELA DI INVENZIONI DISEGNI MODELLI E MARCHI

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GUIDA ALLA TUTELA DI INVENZIONI DISEGNI MODELLI E MARCHI
GUIDA ALLA TUTELA DI
INVENZIONI DISEGNI
MODELLI E MARCHI
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INDICE
INVENZIONI DISEGNI MODELLI
1. CENNI STORICI
2. I DIRITTI DI ESCLUSIVA DEL TITOLARE DI UN BREVETTO
2.1. La protezione contro la contraffazione
2.2. Il trasferimento della tecnologia
2.3. I brevetti di terzi
2.4. Il brevetto come fonte di documentazione tecnica
3. NOZIONE DI BREVETTO
3.1. Limite temporale e limite territoriale
4. BREVETTI PER INVENZIONI INDUSTRIALI
4.1. Concetto di invenzione
4.2. Invenzione e scoperta
4.3. Inventore e titolare
4.4. Novità
4.5. Attività inventiva
4.6. Industrialità
5. BREVETTI PER MODELLI DI UTILITÀ
5.1. Modelli di utilità e invenzioni
6. BREVETTI PER DISEGNI E MODELLI
6.1. Disegni e modelli, marchio di forma e diritto d'autore
7. LA PROCEDURA DI BREVETTAZIONE
7.1. I soggetti del diritto
7.2. La domanda di brevetto
7.3. La descrizione dell'invenzione
7.4. L’esame di validità
7.5. La concessione del brevetto e i casi di nullità
7.6. I requisiti per il mantenimento
7.7 L’importanza delle date
8. LE CONVENZIONI INTERNAZIONALI
8.1. Convenzione d'Unione di Parigi
8.2. Trattato di cooperazione in materia di brevetti
8.3. Convenzione sul brevetto europeo
9. IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
9.1. Le forme di trasferimento
9.2. Concorrenza, licenze e Unione Europea
10. OBIETTIVI DI UNA STRATEGIA BREVETTUALE
11. ISCRIZIONE IN BILANCIO DEI BREVETTI
12. LA TUTELA GIUDIZIARIA DEI BREVETTI
2
12.1.
12.2.
Le misure cautelari
Le sanzioni
13. CONCLUSIONI
14. LEGISLAZIONE
14.1.
Legislazione nazionale in materia di brevetti per invenzioni industriali
14.2.
Legislazione nazionale in materia di modelli industriali
14.3.
Le principali convenzioni internazionali
MARCHI
15. ORIGINI STORICHE
16. IL RUOLO DEL MARCHIO
16.1. Valore economico e significato psicologico
16.2. Protezione del marchio in Italia e all’estero
17. TIPOLOGIA DEI MARCHI
18. TITOLARITÀ
19. REQUISITI DI VALIDITÀ
19.1. Novità
19.2. Liceità
19.3. Verità
19.4. Capacità distintiva
MARCHIO DI FATTO
20. REGISTRAZIONE DEL MARCHIO
20.1. La domanda
20.2. Procedura di concessione e ricorsi
20.3. Il Protocollo di Madrid sulla registrazione Internazionale dei marchi
20.4. Rinnovo
20.5. Cause di estinzione
20.6. Cause di nullità
21. CIRCOLAZIONE E CONTITOLARITÀ
21.1. Nota di trascrizione
21.2. Contratti di cessione e licenza
21.3. Istanza di annotazione
22. MARCHIO INTERNAZIONALE
22.1. Procedura di registrazione
23. MARCHIO COMUNITARIO
24. PRIORITÀ DI DEPOSITI EFFETTUATI ALL'ESTERO
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25. LA TUTELA GIUDIZIARIA DEI MARCHI
25.1. L’azione di contraffazione
25.2. Le misure cautelari
25.3. Le sanzioni
26. ISCRIZIONE IN BILANCIO DEI MARCHI
27. CONCLUSIONI
28. LEGISLAZIONE
28.1. Legislazione nazionale in materia di marchi d’impresa
28.2. Le principali Convenzioni internazionali
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INVENZIONI DISEGNI MODELLI
1. CENNI STORICI
Quando si parla di proprietà industriale ci si riferisce a diritti conferiti da brevetti, modelli, marchi,
diritti ai quali nel corso dei secoli è stata riconosciuta, da quasi tutti gli Stati, una tutela giuridica
sempre più ampia e particolareggiata, divenendo spesso strumento non solo di progresso ed
evoluzione delle nazioni, ma anche di conquista o quantomeno di supremazia delle nazioni più
evolute nei confronti delle altre.
L’Italia ha il merito e il vanto della più lunga tradizione legislativa nel settore della proprietà
industriale.
La “Parte” (legge veneziana del 1474) è la prima legge nella storia a stabilire il diritto dell’inventore
ad ottenere un privilegio per la divulgazione della propria invenzione, ed è sorprendente come
quest’antica legge contenga già tutti i principi delle leggi brevettuali moderne (novità, esclusiva,
limiti territoriali, ecc.).
E’ interessante ricordare che uno dei primi beneficiari di questa legge brevettuale è stato Galileo
Galilei, per un innovativo sistema di pompaggio delle acque ed irrigazione dei campi.
Come successive tappe nella nascita di un diritto delle invenzioni vanno considerate:
♦ Lo “Statute of Monopolies” nel 1623, il quale attribuiva un’esclusiva di sfruttamento
dell’invenzione a favore del primo inventore;
♦ il “Patent Act” americano del 10 aprile 1790, il quale riconosceva agli inventori il diritto di
ottenere una “patente” che attribuiva, per un periodo di 14 anni, la facoltà esclusiva di
fabbricare, usare e vendere l’oggetto dell’invenzione;
♦ la Convenzione d’Unione di Parigi del 20 marzo 1883, che ha evidenziato per la prima volta la
necessità di abbandonare l’applicazione del diritto internazionale privato, inadatto all’apertura
delle economie e allo sviluppo degli scambi internazionali;
♦ il Trattato di Cooperazione in materia di Brevetti (Patent Cooperation Treaty o PCT) del 1970 e
la Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE) del 1978;
♦ gli accordi TRIPs (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights), stipulati nel 1994 da
114 Stati in sede di negoziati GATT che, per bloccare il fenomeno della contraffazione e della
pirateria intellettuale, stabiliscono dei requisiti minimi di protezione della proprietà intellettuale
cui tutti gli Stati devono attenersi.
In generale si può affermare che il moderno sistema internazionale dei brevetti risale alla
Convenzione d’Unione di Parigi del 1883 nella quale viene per la prima volta stabilito il principio
di reciprocità, secondo il quale ciascuno Stato membro dell’Unione deve garantire ai cittadini degli
altri Stati membri la medesima protezione e i medesimi vantaggi concessi ai propri cittadini.
La sempre maggiore integrazione ed internazionalizzazione dei mercati, in cui le imprese si trovano
attualmente ad operare, frutto anche del crescente sviluppo dei mezzi informatici per la
distribuzione di beni e servizi, sta determinando un contesto sempre più uniforme a livello
legislativo e di richieste di mercato.
In tale ambito l’innovazione, intesa quale risultato dell’attività di ricerca e dello sviluppo
tecnologico, sta assumendo un ruolo essenziale nel processo produttivo, in quanto capace di
assicurare, anche in periodi di recessione, il miglioramento delle posizioni di mercato, rispondendo
a nuovi bisogni ed interessi.
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La creatività dell’impresa non può prescindere dall’esistenza di un’adeguata tutela (nazionale,
europea, mondiale), in grado di garantire una adeguata protezione dei risultati, degli investimenti ed
il godimento esclusivo contro le imitazioni e le appropriazioni di terzi.
2. I DIRITTI DI ESCLUSIVA DEL TITOLARE DI UN BREVETTO
I brevetti svolgono, un ruolo importante ed a volte essenziale nell'ambito della ricerca. E, dunque,
bisogna che l'imprenditore e il ricercatore impegnino il tempo e le risorse necessarie per gestire lo
strumento brevettuale, sia per tutelare la propria tecnologia o il suo sfruttamento, sia per utilizzare
al meglio il patrimonio di conoscenze e informazioni rappresentato dalla letteratura brevettuale.
La legge sulle invenzioni dice: "I diritti di brevetto per invenzione industriale consistono nella
facoltà esclusiva di attuare l'invenzione e di trarne profitto nel territorio dello Stato, ....Tale facoltà
esclusiva si estende anche al commercio del prodotto cui l'invenzione si riferisce, ma si esaurisce
una volta che il prodotto stesso sia stato messo in commercio dal titolare del brevetto o con il suo
consenso nel territorio dello Stato. ..."
Il diritto di esclusiva del titolare di un brevetto rappresenta, quindi, una delle caratteristiche
essenziali del sistema brevettuale. Come vedremo, questo diritto è concesso dallo Stato come
ricompensa per la descrizione completa di un’invenzione brevettabile.
Il diritto di esclusiva copre determinati atti e con questo s’intende che ciascuno di questi atti può
essere realizzato legalmente solo dal titolare del brevetto o con la sua autorizzazione. In altre parole
ciascuno di questi atti è protetto dalla legge in favore del titolare del brevetto.
Il brevetto pone il suo titolare in una posizione legale per cui è richiesta una sua autorizzazione per
l'attuazione del brevetto da parte di terzi. Se una società o una persona diversa dal titolare del
brevetto vuole realizzare l'invenzione brevettata, è necessaria l'autorizzazione del titolare; senza
quest’autorizzazione ogni attuazione dell'invenzione è illegale.
Questo diritto del titolare di un brevetto di escludere altri dall’attuazione dell'invenzione brevettata,
è chiamato diritto di esclusiva in quanto permette al titolare di escludere altri dall’attuazione
dell’invenzione brevettata, e perché egli è l'unico autorizzato ad attuare l'invenzione, a meno della
concessione di autorizzazioni a terzi.
Questo diritto di esclusiva ha per il titolare di un brevetto due principali applicazioni pratiche:
♦ la protezione contro la contraffazione;
♦ la possibilità di concedere licenze sul proprio diritto.
2.1. La protezione contro la contraffazione
Il primo aspetto del brevetto è che questo garantisce la protezione contro la contraffazione, che è
una realizzazione dell’invenzione brevettata non autorizzata dal titolare del brevetto.
La ragione principale per cui una ditta o una società desidera ottenere un brevetto è proprio perché
in questo modo è in grado di prevenire l’attuazione dell'invenzione da parte di persone non
autorizzate.
Se il titolare di un’azienda svolge attività di ricerca e decide di sfruttare l'invenzione brevettata per
conto proprio, questo comporta considerevoli investimenti, in particolare per lo sviluppo
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dell'invenzione fino al suo sfruttamento commerciale, per cui il brevetto conferisce la possibilità di
recuperare le spese e dare una remunerazione all’idea e alla capacità progettuale attraverso la
vendita in regime di monopolio del prodotto nel quale si realizza l'invenzione.
Se altri fossero autorizzati ad attuare l'invenzione brevettata senza il consenso del titolare, essi
avrebbero un vantaggio economico ingiustificato in quanto non hanno dovuto sopportare i costi per
il raggiungimento dell'invenzione e per il suo sviluppo industriale né hanno avuto il merito di
concepire e di elaborare una nuova idea.
Il diritto del titolare del brevetto di escludere altri dalla realizzazione dell’invenzione ha quindi
soprattutto lo scopo di permettergli il recupero delle spese e di difendere la propria posizione sul
mercato nei confronti dei concorrenti.
2.2. Il trasferimento della tecnologia
Il secondo aspetto del diritto di esclusiva conferito dal brevetto è la possibilità offerta al titolare del
brevetto di concedere ad altri la possibilità di attuare l'invenzione .
Il titolare di un brevetto ha interesse ad utilizzare questa possibilità se non è in grado, o non ha
intenzione di attuare direttamente l'invenzione (o quantomeno di non attuarla completamente).
Una delle ragioni per attuare lo sfruttamento tramite terzi può consistere nel fatto che lo
sfruttamento dell’invenzione richiede considerevoli investimenti, che il titolare non può o non
intende affrontare.
Un'altra ragione può essere che il titolare non ha il diritto o la possibilità di sfruttare l'invenzione in
un determinato Paese e, quindi, deve cercare altri partners per lo sfruttamento dell'invenzione.
In situazioni particolari il titolare del brevetto può avere interesse a concedere lo sfruttamento di
un’invenzione brevettata, in un ambito limitato, ad esempio per una limitata quantità di prodotti, per
un limitato periodo o per un territorio limitato e non per altro. L’argomento del trasferimento di
tecnologie sarà poi illustrato con maggiore ampiezza nel capitolo 9.
Altri due fattori sono estremamente interessanti in questa materia:
♦ l'esistenza di brevetti di terzi che possano ostacolare la produzione e la commercializzazione dei
propri prodotti;
♦ la ricerca sui brevetti come fonte di documentazione tecnica.
2.3. I brevetti di terzi
Esistono in Italia diverse centinaia di migliaia di brevetti per invenzione, per modello di utilità e
modello ornamentale, che sono in vigore. Considerando l’insieme dei Paesi industrializzati questo
numero raggiunge sicuramente alcune decine di milioni.
Questo vuol dire che, prima di fare qualsiasi investimento, grande o piccolo, in un progetto di
ricerca è sempre opportuno verificare lo stato dell’arte in quello specifico settore per evitare i rischi
di interferire con diritti di terzi.
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2.4. Il brevetto come fonte di documentazione tecnica
Con le più recenti possibilità offerte dalle banche dati brevettuali disponibili on-line, è possibile
ottenere in modo rapido e selettivo una notevole quantità di informazioni.
Alcuni esempi di ricerche, che possono essere effettuate utilizzando la letteratura brevettuale e che
presentano un interesse strategico per l'impresa, sono:
1) accertare lo stato della tecnica in un determinato settore, per verificare se esistono brevetti che
possano ostacolare la fabbricazione o la commercializzazione di un determinato prodotto o
dispositivo, o l'utilizzazione di un determinato processo industriale;
2) accertare lo stato della tecnica per orientare le ricerche e gli studi che s’intendono effettuare in
un determinato settore tecnologico, evitando così di ricercare qualcosa che sia già stato inventato
da altri, oppure di seguire filoni di ricerca che siano già sbarrati dall'esistenza di brevetti di terzi
oppure infine per determinare quali soluzioni possano essere liberamente utilizzate, in quanto
oggetto di brevetti scaduti;
3) accertare in quale direzione si stia muovendo la concorrenza in uno specifico settore; infatti, le
domande di brevetto sono depositate molto prima dell'immissione sul mercato dei relativi
prodotti e quindi un’indagine condotta sulla letteratura brevettuale permette di conoscere con
anticipo quali sono le linee di tendenza seguite dalla concorrenza a livello internazionale
(monitoraggio).
Questi sono solo alcuni esempi di come la documentazione brevettuale sia uno strumento prezioso,
a volte unico, per raggiungere obiettivi anche vitali per una corretta pianificazione della politica e
della strategia di un’impresa.
Questa ricerca si può fare anche nella Camera di Commercio di Lucca, presso l’Ufficio Marchi e
Brevetti, punto PIP (Patent Information Point – Punto Informazione Brevettuale).
3. NOZIONE DI BREVETTO
La parola brevetto deriva dal latino brevis, di corta durata, che nel latino medioevale aveva assunto
il significato di un documento redatto da un notaio per conservarne memoria e provare la
conclusione di un negozio, dando origine al medioevale francese bref ed inglese brief, con il senso
di breve scritto, e infine agli attuali diminutivi brevet, in francese, e brevetto, in italiano.
L’etimologia della traduzione inglese di brevetto, patent, ha privilegiato invece l’altro aspetto
fondamentale di quest’istituto in quanto deriva dal latino patens, participio presente di patere, che
sottolinea il fatto di essere aperto, accessibile al pubblico.
Il brevetto è un documento tecnico-legale, costituito sostanzialmente da una relazione tecnica, nella
quale viene descritto dettagliatamente quanto costituisce oggetto della protezione. Ha lo scopo di
individuare esattamente l’invenzione, di renderne pubblica la descrizione e di consentirne la
riproduzione da parte di qualsiasi terzo interessato. La libera utilizzazione del brevetto da parte di
terzi potrà avvenire comunque solo dopo la scadenza del termine di efficacia previsto per legge.
Il brevetto assicura all’inventore il diritto esclusivo di attuare quanto descritto nel documento e di
disporne per un determinato periodo di tempo, nell’ambito del territorio dello Stato che lo
concede.
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Più in particolare il diritto di esclusiva garantito dal brevetto consiste nel diritto di produrre,
utilizzare, vendere e, in termini più ampi, di trarre in qualsiasi modo profitto da ciò che viene
descritto nel brevetto.
Con il termine brevetto nel linguaggio comune ci si riferisce solitamente al brevetto per invenzione
industriale. In realtà l’ordinamento giuridico italiano prevede altri due tipi di brevetto: il brevetto
per modello di utilità e il brevetto per modelli o disegni ornamentali.
Come vedremo meglio nel seguito l’ invenzione industriale è la soluzione nuova ed originale ad un
problema tecnico, il modello di utilità è una soluzione nuova che conferisce una particolare
efficacia o comodità di impiego a macchine od oggetti già esistenti, il modello o disegno
ornamentale presenta una caratteristica nuova, che conferisce un particolare e distintivo ornamento
ad oggetti industriali.
3.1. Limite temporale e territoriale
Come appena visto, i limiti posti al brevetto sono due: temporale e territoriale.
Il brevetto ha un’efficacia limitata nel tempo:
♦ 10 anni per i modelli di utilità;
♦ 25 anni per i disegni e modelli;
♦ 20 anni per le invenzioni industriali.
La durata del brevetto viene calcolata a partire dalla data di deposito della domanda di brevetto.
Il brevetto, contrariamente a quanto avviene per i marchi, una volta scaduta la sua durata non
può più essere rinnovato. Il limite temporale risponde alla necessità di consentire alla collettività il
libero accesso all'invenzione, alla scadenza del termine di efficacia e quindi di promuovere
comunque lo sviluppo delle attività di ricerca ed il progresso tecnologico
L’unica eccezione a questo principio generale è costituita dai brevetti farmaceutici. Infatti, solo la
durata di brevetti che hanno per oggetto delle invenzioni farmaceutiche può essere prolungata per
un periodo di tempo massimo di cinque anni oltre la normale durata ventennale del brevetto.
Il secondo limite posto al brevetto è il limite territoriale, in quanto il brevetto ha un’efficacia
limitata al territorio dello Stato che lo ha concesso. Pertanto sarà necessario il rilascio di un
corrispondente brevetto da parte delle autorità di ciascuno Stato in cui si desidera beneficiare della
protezione brevettuale.
Allo scopo di semplificare le procedure di deposito delle domande, e di ottenimento dei brevetti
all'estero, l'Italia ha sottoscritto numerose convenzioni internazionali, fra le quali vanno segnalate
per la loro importanza il Trattato di cooperazione in materia di brevetti e la Convenzione sul
brevetto europeo che verranno meglio esaminate nel capitolo 8.
4. BREVETTI PER INVENZIONI INDUSTRIALI
“Possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni, nuove, che implicano un’attività inventiva e
sono atte ad avere un’applicazione industriale” (art.12 Legge Invenzioni – L.I.)
La norma in esame introduce i requisiti di validità dell’invenzione, ulteriormente chiariti dalla
sentenza della Cassazione n.1454/72: «L'invenzione industriale si concreta nella soluzione di un
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problema tecnico non ancora risolto, atto ad avere concrete realizzazioni nel campo industriale e
tale da apportare un progresso rispetto alla tecnica ed alle cognizioni preesistenti».
4.1. Concetto di invenzione
Il legislatore fornisce solo un elenco esemplificativo, e non tassativo, di quanto non può costituire
oggetto di brevetto, dal momento che dei limiti in senso positivo sarebbero solo contrari ai criteri
funzionali ed alla ricettività illimitata del nostro sistema brevettuale.
Perciò non sono considerate come invenzioni nel nostro ordinamento:
♦ le scoperte;
♦ le teorie scientifiche e i metodi matematici;
♦ i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco e per attività commerciali;
♦ i programmi di elaboratori (software);
♦ le presentazioni di informazioni (ad esempio il contenuto di un libro, mentre la sua «forma» è
tutelata dal diritto d'autore).
Sono inoltre esplicitamente esclusi dalla brevettabilità:
♦ i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale;
♦ i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale;
♦ le invenzioni la cui pubblicazione o la cui attuazione sarebbero contrarie all'ordine pubblico o al
buon costume;
♦ le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici per l'ottenimento delle stesse.
Le invenzioni sono in genere classificate in tre categorie principali:
♦ invenzione di prodotto, la quale ha per oggetto un prodotto materiale (ad esempio una nuova
macchina o una parte di questa, una nuova molecola, una nuova composizione chimica, ecc.),
realizzato con procedimenti tecnologici noti, oppure nuovi;
♦ invenzione di procedimento o processo, avente ad oggetto il processo per la fabbricazione di
un prodotto nuovo o già noto;
♦ invenzione di nuovo uso, prevista dall'art.14.4 L.I. il quale non esclude “la brevettabilità di una
sostanza o di una composizione di sostanze già nota nello stato della tecnica, purché in funzione
di una nuova utilizzazione”. In tale ambito si colloca il brevetto di secondo uso farmaceutico,
vale a dire l'uso di una sostanza (o composizione di sostanze) già nota quale medicamento, di
cui si chiede la tutela brevettuale, per la cura di differenti malattie.
4.2. Invenzione e scoperta
La definizione esatta di invenzione è importante perché permette di differenziare l’invenzione dalla
scoperta, la quale, come si è detto, è esclusa dalla brevettabilità.
Abbiamo prima visto che l’invenzione viene solitamente definita come la soluzione di un problema
tecnico.
Una scoperta invece si riferisce alla descrizione o all’interpretazione di un fenomeno o di un
oggetto già esistente in natura. Per esempio la legge della caduta dei gravi o la legge del
movimento del pendolo furono scoperte da Galileo Galilei, ma non inventate.
L’identificazione della struttura elicoidale del DNA è stata una scoperta e non un’invenzione e così
della radioattività e delle onde elettromagnetiche: nessuna di queste grandi scoperte avrebbe potuto
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essere brevettata, mentre hanno potuto essere brevettate le numerosissime soluzione tecniche, le
invenzioni, che utilizzano queste scoperte.
Quindi, sono brevettabili solo quelle invenzioni che, oltre a presentare i requisiti di novità,
attività inventiva e industrialità, non si limitano a dei risultati di natura conoscitiva o ideale,
ma forniscono la soluzione ad un concreto problema tecnico.
4.3. Inventore e titolare del brevetto
La legge sulle invenzioni stabilisce che il diritto al brevetto, cioè il diritto di depositare la domanda
di brevetto, spetta all’autore dell’invenzione ed ai suoi aventi causa.
Le uniche eccezioni previste vanno sotto il nome di “invenzioni dei dipendenti” e sono disciplinate
dagli articoli da 23 a 26 della legge invenzioni.
La ragione di queste eccezioni risiede nel principio che è il datore di lavoro che sopporta i costi e i
rischi della ricerca, perciò ha il diritto di sfruttamento economico dei risultati raggiunti, ed è questa,
come vedremo, la ratio che ispira l’intero sistema di attribuzione del diritto al brevetto.
Al riguardo, la legge invenzioni presenta tre diverse ipotesi.
a) La prima ipotesi, prevede il caso di un’invenzione industriale ottenuta nell’adempimento di un
contratto di lavoro o di impiego in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto
e a tale scopo retribuita. Quindi occorrono due condizioni: che l’invenzione sia ottenuta
nell’adempimento di un contratto di lavoro che preveda l’attività inventiva e che tale attività sia
retribuita. Quest’ultimo requisito deve essere inteso come specificamente retribuita, vale a dire
come un quid aggiuntivo rispetto alla retribuzione normale.
In questa prima ipotesi, i diritti derivanti dall’invenzione spettano al datore di lavoro, mentre
all’inventore spetta solo il diritto morale di essere riconosciuto come autore dell’invenzione.
Un esempio di questo caso può essere quello di un’invenzione conseguita da un dipendente addetto
ad un laboratorio con esclusivo compito di ricerca.
b) La seconda ipotesi prevista è quella in cui non ricorre almeno uno dei due requisiti sopra indicati,
quindi o l’attività inventiva non è prevista dal contratto di lavoro oppure per questa non è
prevista una specifica retribuzione .
Un semplice esempio è quello del dipendente che abbia ottenuto un’invenzione nell’ambito di
un’attività di ricerca, per la quale non gli veniva riconosciuto un compenso ulteriore e specifico.
Oppure, può benissimo capitare che l’attività inventiva non fosse contemplata e nemmeno retribuita
e, quindi, che il dipendente abbia fatto qualcosa in più rispetto a quello che ci si aspettava da lui.
In questa seconda ipotesi i diritti di sfruttamento del brevetto spettano ancora, come nel caso
precedente, al datore di lavoro, ma all’inventore deve essere riconosciuto un’equa ricompensa.
c) Vi è poi la terza e ultima ipotesi, quella di un’invenzione conseguita su iniziativa del
dipendente, senza nessun rapporto con le mansioni regolarmente svolte, anche se avvalendosi dei
mezzi forniti dal datore di lavoro e dell’esperienza acquisita durante il normale lavoro.
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In questo caso il diritto al brevetto spetta al dipendente.
Tuttavia, quando l’invenzione rientri nel campo di attività del datore di lavoro, a quest’ultimo spetta
un diritto di opzione , secondo il quale entro tre mesi può chiedere di acquistare il brevetto, al
prezzo di mercato, corrispondendo, quindi, qualcosa in più dell’equo premio che deve essere
corrisposto nel caso in cui l’attività di ricerca sia invece prevista dal contratto di lavoro.
La legge invenzioni contiene una presunzione , secondo la quale si considera conseguita
nell’esecuzione del rapporto di lavoro l’invenzione per la quale sia stato chiesto un brevetto entro
un anno da quando l’inventore ha lasciato l’azienda o ha cessato il rapporto con la struttura
universitaria.
Un caso particolare è quello in cui l’inventore sia dipendente di una Ente Pubblico. Infatti quando il
rapporto di lavoro intercorre con una università o pubblica amministrazione avente fra i suoi scopi
istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione
brevettabile di cui è autore. In caso di più autori, dipendenti dalle università, delle pubbliche
amministrazioni predette ovvero di altre pubbliche amministrazioni, i diritti derivanti
dall’invenzione appartengono a tutti in parti uguali, salvo diversa pattuizione.
L’inventore presenta la domanda di brevetto e ne dà comunicazione all’amministrazione.
Le università e le pubbliche amministrazioni nell’ambito della loro autonomia, stabiliscono
l’importo massimo del canone, relativo a licenze a terzi per l’uso dell’invenzione, spettante alla
stessa università o alla pubblica amministrazione, ovvero a privati finanziatori della ricerca, nonché
ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci. In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del 50%
dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione. Nel caso in cui le università o le
amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni di cui sopra, alle stesse compete il
30 per cento dei proventi o canoni.
Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del brevetto, qualora l’inventore o i suoi aventi causa
non ne abbiano iniziato lo sfruttamento industriale, a meno che ciò non derivi da cause indipendenti
dalla loro volontà, la pubblica amministrazione di cui l’inventore era dipendente al momento
dell’invenzione acquisisce automaticamente un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare
l’invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi, o di farli sfruttare da terzi, salvo il diritto
spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore.
4.4. Novità
“Un'invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica” (art.14 L.I.). Dove
per stato della tecnica deve intendersi tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio
dello Stato o all’estero prima della data di deposito della domanda di brevetto.
Questo indipendentemente da limiti di tempo e luogo. Vale a dire, ad esempio, che se una certa
invenzione era stata descritta in Russia nel 1917, questa non è più brevettabile in Italia nel 2000. La
divulgazione esclude il brevetto.
Ma quando un’invenzione si può considerare divulgata e quindi non più brevettabile? Quando
questa sia stata resa accessibile ad un numero indeterminato di persone.
Si ha divulgazione anche quando l’invenzione sia descritta in una pubblicazione scientifica, quando
sia esposta in fiere o esposizioni ufficiali, quando venga rivelata durante una conferenza pubblica
oppure quando sia prodotto e messo in vendita l’oggetto in cui si realizza l’invenzione.
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In questo modo il frutto di anni di ricerche viene regalato alla comunità scientifica, e alla
concorrenza, senza che il legittimo inventore possa in alcun modo trarne beneficio. In assenza di
brevetto, e quindi di monopolio, sarà molto difficile ottenere il ritorno degli investimenti effettuati
nell’attività di ricerca e sviluppo.
Inoltre va considerata reale divulgazione la comunicazione dell’invenzione, volontaria o
involontaria, a persone esperte del settore in grado di attuarla in maniera completa. Invece, non si ha
divulgazione se l'invenzione viene trasmessa in maniera incompleta o a persone incompetenti, o se
gli elementi rivelati non sono sufficienti alla sua attuazione da parte di una persona esperta del
ramo.
Ancora, non si ha divulgazione qualora i soggetti destinatari delle informazioni, o di quant’altro
inerente l’invenzione, siano vincolati al segreto sia per obblighi di fedeltà previsti dal codice civile
sia per la sottoscrizione di appositi accordi.
In relazione al requisito della novità è sempre indispensabile svolgere una valutazione della novità
dell’invenzione con sufficiente anticipo nel corso di un progetto di ricerca.
Le consultazioni tramite banche dati internazionali, oggi dotate di un notevole grado di affidabilità e
velocità, possono consentire alle imprese di evitare di stanziare ingenti somme per progetti che
hanno come obiettivo l’ottenimento di invenzioni non brevettabili o, peggio, già brevettate da altri.
Queste ricerche si possono fare presso gli studi specializzati o presso le Camere di Commercio.
4.5. Attività inventiva
“Un'invenzione è considerata come implicante un’attività inventiva, se per una persona esperta del
ramo, essa non risulta in modo evidente dello stato della tecnica” (art.16 L.I.).
E’ proprio il requisito dell’originalità (o attività inventiva), che permette di individuare tra le
invenzioni nuove, quelle meritevoli dell’attribuzione di un diritto esclusivo. Citando un’autorevole
dottrina: “Tale requisito ha la funzione di selezionare tra tutto ciò che è nuovo, ciò che si differenzia
in maniera qualificata dallo stato della tecnica”.
L’originalità segna, dunque, la linea di confine tra ciò che appartiene all’evoluzione normale di ogni
settore, e potrebbe essere realizzato da qualunque operatore, e ciò che è frutto di un’idea che supera
le normali prospettive di evoluzione del settore stesso, non essendo alla portata dei tanti che in esso
operano. Solo in questo secondo caso sorge il diritto alla tutela brevettuale.
Quindi, saranno brevettabili solo quelle invenzioni, che si differenziano dallo stato della tecnica
(cioè da quel patrimonio collettivo di conoscenze che si sviluppa progressivamente con l’apporto
delle piccole innovazioni degli esperti del ramo), in quanto sono frutto di una reale attività creativa,
e non di una semplice applicazione di principi noti e diffusi.
Infatti, l'invenzione brevettabile deve risolvere problemi insoluti (o risolvere in modo nuovo o
migliore problemi già risolti) attraverso uno sforzo inventivo che supera la presumibile capacità dei
contemporanei esperti di settore.
4.6. Industrialità
“Un’invenzione è considerata atta ad avere un’applicazione industriale se il suo oggetto può essere
fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere d’industria, compresa quella agricola” (art.17 L.I.).
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L’industrialità viene definita come possibilità di produzione industriale e artigianale (in quanto tale
requisito individua l’attitudine dell'invenzione a fornire risultati utili ai fini di un'attività produttiva
di beni o servizi) e come possibilità di uso industriale (in quanto tale requisito individua l’attitudine
dell’invenzione ad essere appunto utilizzata in qualsiasi genere d’industria).
Possono essere compresi tra i possibili oggetti di un brevetto un utensile, un dispositivo meccanico,
una macchina, uno strumento, un metodo o un processo di lavorazione industriale.
E’ importante evidenziare che il requisito della industrialità non fa in nessun modo riferimento al
valore economico dell’invenzione, in quanto la validità economica del trovato può variare nel
tempo, ad esempio in funzione del prezzo delle materie prime.
5. BREVETTI PER MODELLI DI UTILITÀ
“Possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire
particolare efficacia, o comodità di applicazione, o di impiego, a macchine, o parti di esse,
strumenti, utensili od oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli consistenti in particolari
conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti...” (art.2 Legge Modelli L.M.).
Questo tipo di brevetto è una particolarità dell’ordinamento italiano e sono pochi gli Stati che
possiedono questo istituto (tra i più importanti vi sono Cina, Germania, Giappone, Portogallo,
Spagna), per cui l’inventore che volesse estendere all’estero un brevetto depositato in Italia come
modello di utilità, dovrebbe limitare tale deposito solo ai Paesi suindicati, oppure estenderlo come
brevetto per invenzione, dove la valutazione dei requisiti di brevettabilità lo consenta.
Dalla lettura dell’articolo appena citato si deduce che la tutela mediante brevetto per modello di
utilità può essere ottenuta per quelle creazioni intellettuali che siano:
♦ oggetti materiali;
♦ nuovi;
♦ in grado di apportare dei vantaggi rispetto agli oggetti preesistenti;
♦ che questi vantaggi siano di natura tecnico-funzionale.
Quanto ai requisiti di brevettabilità per i modelli valgono, con i debiti adattamenti, gli stessi
indicati ed esaminati per le invenzioni.
Il brevetto per modello di utilità tutela, dunque, le nuove forme, idonee a conferire ad un prodotto
industriale vantaggi di natura tecnico-funzionale, e in altre parole quella “particolare efficacia o
comodità di applicazione o di impiego” accennata.
5.1. Modelli di utilità e invenzioni
Dinanzi al problema della distinzione tra brevetto per invenzione e brevetto per modello di utilità,
spesso la giurisprudenza si è espressa nei termini di escludere il brevetto di invenzione in presenza
di un miglioramento di un prodotto già esistente, e nell’ammetterne la sussistenza in caso di nuovo
prodotto.
Nei fatti è difficile indicare quali forme soddisfino i requisiti di brevettabilità per modello e quali
per invenzioni. Tuttavia si può dire che, in linea di massima, restano escluse dalla protezione dei
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modelli di utilità, le invenzioni nel campo della chimica e dell'elettronica, in quanto le ipotesi
riscontrate riguardano solo il campo della meccanica.
Potrebbe darsi che venga presentata una domanda di brevetto per invenzione, mentre si tratta di un
modello di utilità. La Legge 14 febbraio 1987 n. 60 ha risolto tale situazione d’incertezza, e
penalizzante per il richiedente, introducendo l'istituto della conversione del brevetto nullo: «il
brevetto nullo può produrre gli effetti di un diverso brevetto, del quale contenga i requisiti di
validità, e che sarebbe stato voluto dal richiedente, qualora questi ne avesse conosciuto la nullità.
La sentenza che accerta i requisiti per la validità del diverso brevetto dispone la conversione del
brevetto nullo».
Con tale emendamento si consente al titolare di una domanda di brevetto per invenzione, carente dei
requisiti necessari, sulla base del riscontro effettuato dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi
(UIBM), di ottenere la diversa tutela del modello mediante una semplice richiesta, e senza alcuna
formalità. Sarà poi il giudice ordinario ad emettere una sentenza di conversione da brevetto per
invenzione a brevetto per modello.
6. DISEGNI E MODELLI
Possono costituire oggetto di registrazione i disegni e i modelli che siano nuovi ed abbiano carattere
individuale.
Per disegno o modello s’intende l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in
particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura
superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento.
Per prodotto s’intende qualsiasi oggetto industriale o artigianale, compresi tra l’altro i componenti
che devono essere assemblati per formare un prodotto complesso, gli imballaggi, le presentazioni, i
simboli grafici e caratteri tipografici, esclusi i programmi per elaboratore. Prodotto complesso è
quello formato da più componenti che possono essere sostituiti, consentendo lo smontaggio ed un
nuovo montaggio del prodotto.
Un disegno o modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente
alla data di presentazione della domanda di registrazione ovvero, qualora si rivendichi la priorità,
anteriormente alla data di quest’ultima. I disegni o modelli si reputano identici quando le loro
caratteristiche differiscono soltanto per dettagli irrilevanti.
Un disegno o modello ha carattere individuale se l’impressione generale suscitata in tale utilizzatore
da qualsiasi disegno e modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della
domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima della data di quest’ultima.
Il disegno o modello si considera divulgato se è stato reso accessibile al pubblico per effetto di
registrazione o in altro modo, ovvero se è stato esposto, messo in commercio o altrimenti reso
pubblico, a meno che tali eventi non potessero ragionevolmente essere conosciuti dagli ambienti
specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità, nel corso della normale attività
commerciale, prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si
rivendichi la priorità, prima della data di quest’ultima.
Con una stessa domanda può essere richiesta la registrazione fino a 100 disegni e modelli, purchè
destinati ad essere attuati od incorporati in oggetti inseriti nella medesima classe della
classificazione internazionale. formata ai sensi delle disposizioni di cui all’accordo di Locarno
dell’ 8 ottobre 1968, e successive modificazioni, ratificato con legge 22 maggio 1974, n.348.
Non possono costituire oggetto di registrazione come disegni o modelli quelle caratteristiche
dell’aspetto del prodotto che sono determinate unicamente dalla funzione tecnica del prodotto
stesso.
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La durata del titolo è quinquennale ed è prorogabile per quinquenni fino ad un massimo di
venticinque anni.
Inoltre i disegni ed i modelli che presentino di per sé particolare carattere creativo e valore artistico
possono usufruire anche della tutela del diritto d’autore. Questa possibilità che era negata dalle
norme precedenti, comporta un rafforzamento della protezione, in quanto il diritto d’autore si
estingue 70 anni dopo il decesso del titolare del diritto stesso.
La registrazione del disegno o modello è l’unico strumento veramente efficace per potersi garantire
un’esclusiva sui risultati di uno sforzo creativo innovativo a livello estetico, ed è soprattutto l’unico
strumento validamente azionabile contro gli imitatori.
Tenendo conto delle esigenze del settore tessile caratterizzato dall'elevato numero di disegni
prodotti e dalla loro breve utilizzazione, la tassa di concessione per i disegni tessili può essere
pagata annualmente, consentendo al richiedente di abbandonare il proprio brevetto, ormai privo
d’interesse, ed evitando il pagamento di ulteriori tasse di mantenimento.
6.1. Disegni, modelli, marchio di forma e diritto d’autore
“Una forma può essere validamente registrata come marchio solo nel caso in cui essa sia
inconsueta, arbitraria, di mera fantasia (o meglio gratuita, capricciosa), e ad essa siano del tutto
estranei compiti estetici o funzionali, o comunque di utilità particolare”.
Ne consegue l’esclusione dalla possibilità di registrare come marchio una forma presentante un
valore funzionale e/o ornamentale. Difatti, possibili caratteri funzionali o di utilità farebbero
ricadere il marchio sotto la differente tipologia dell'invenzione o del modello di utilità o ancora del
disegno o modello.
Ad esempio la bottiglia tronco conica dell'aperitivo Campari Soda e la storica bottiglia di vetro della
Coca-Cola sono state ritenute brevettabili quali marchi, in quanto la forma è stata definita arbitraria
o di fantasia, piuttosto che connessa a funzioni di ornamento o di utilità.
In sostanza, si è in presenza di un disegno o modello registrabile se l'effetto di una data forma
è essenzialmente estetico. Al contrario se l'effetto principale è quello di distinguerlo da altri
prodotti concorrenti, si avrà un marchio di forma. La distinzione è rilevante in quanto differente è la
protezione che viene accordata dai due istituti: illimitata per il marchio e di 25 anni per il modello
registrato.
7. LA PROCEDURA DI BREVETTAZIONE
7.1. I soggetti del diritto
Secondo la legge invenzioni (L.I.) “Il diritto al brevetto spetta all'inventore e ai suoi aventi causa”.
Pertanto, chiunque può presentare una domanda di brevetto: cittadini italiani, stranieri, individui,
società, associazioni, o enti morali, e anche più individui o società collettivamente.
La L.I. stabilisce un unico divieto: “non possono, né direttamente, né per interposta persona,
chiedere brevetti per invenzioni industriali, o divenire cessionari, gli impiegati addetti all'Ufficio
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Italiano Brevetti e Marchi (UIBM), se non dopo due anni da quando abbiano cessato di
appartenere a tale Ufficio”.
Riguardo alle invenzioni realizzate nell'ambito di un rapporto di lavoro e/o impiego, come già
esaminato in precedenza, va ricordato che:
♦ i diritti di sfruttamento del brevetto e l’inerente titolarità vengono attribuiti al datore di lavoro
(con l’eccezione del ricercatore operante in ambito pubblico);
♦ il diritto morale di essere riconosciuto autore dell'invenzione spetta sempre all'inventore, oltre
all’attribuzione di un equo premio nei casi previsti.
Le persone residenti in Italia possono depositare le proprie domande direttamente all’estero, solo
previa una specifica autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Colui che presenta la domanda si presume titolare del diritto al brevetto. Se la domanda è presentata
da un soggetto diverso dall’avente diritto, quest’ultimo può, attraverso un’azione giudiziaria,
ottenere:
a) che la domanda illegittima venga rigettata;
b) che la domanda di brevetto sia intestata a suo nome;
c) depositare un’identica domanda di brevetto intestata a suo nome, i cui effetti decorrono dalla
data di deposito della precedente.
7.2. La domanda di brevetto
I cittadini italiani e le società con sede legale in Italia, sono obbligati a depositare la prima domanda
di brevetto in Italia, salvo esplicita autorizzazione dell’UIBM, che entro 90 giorni può concedere di
depositare la domanda direttamente all’estero.
Ogni domanda è segreta, vale a dire non è accessibile al pubblico, per un periodo di 18 mesi.
La domanda di brevetto può essere presentata al Servizio brevetti presente presso le Camere di
commercio, oppure inviata direttamente all'UIBM di Roma, mediante plico raccomandato con
ricevuta di ritorno.
La domanda può essere depositata direttamente dall’avente diritto, ma se si sceglie di nominare un
proprio rappresentante, quest’ultimo deve obbligatoriamente essere un consulente in proprietà
industriale, oppure un avvocato od un procuratore, iscritti ai rispettivi albi.
La domanda deve avere ad oggetto una sola invenzione (principio dell’unità della domanda,
previsto per ragioni fiscali) e deve contenere il titolo, il riassunto, la descrizione, le
rivendicazioni e i disegni se necessari.
A seguito della presentazione della domanda, l’Ufficio competente provvede alla redazione di un
verbale dal quale risultano:
1) giorno del deposito;
2) numero di verbale che individua la domanda fino alla concessione del brevetto (che avrà un
diverso numero definitivo);
3) nome e domicilio del richiedente (o del suo eventuale mandatario);
4) titolo dell’invenzione.
Al verbale devono essere allegati:
a) il modulo contenente titolo, riassunto e disegno principale;
b) la descrizione dell'invenzione, con rivendicazioni ed eventuali ulteriori disegni;
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c) la lettera d'incarico, se è stato nominato un mandatario;
d) la designazione dell'inventore;
e) i documenti di priorità, con traduzione in italiano, se la domanda è stata oggetto di un
precedente deposito all'estero;
f) l'autorizzazione o atto di cessione nel caso in cui il titolare della priorità sia diverso dal
richiedente;
g) l'attestazione di versamento all'Ufficio del registro per le tasse sulle concessioni governative;
h) la marca da bollo per l'attestato di brevetto.
7.3. La descrizione dell'invenzione
Le parti più importanti sono la descrizione e le rivendicazioni.
La descrizione è la parte tecnica del testo, necessaria per consentire a terzi di capire l’invenzione.
Nella pratica esistono alcuni criteri cui è bene ispirarsi riguardo alla maniera in cui deve essere
redatta.
Di norma la descrizione dovrebbe iniziare con una parte introduttiva, in cui si illustra lo stato della
tecnica relativo al settore a cui l’invenzione si riferisce, citando anche i problemi e inconvenienti
che accompagnano le soluzioni precedenti e di una parte in cui si descrive dettagliatamente una
forma realizzativa dell’invenzione.
La descrizione è diretta ad un tecnico esperto del ramo per cui il testo deve contenere tutti quei
riferimenti che servano a metterlo sulla giusta strada di interpretazione. Il grado di approfondimento
deve essere tale da consentirgli di realizzare il trovato senza ulteriori ricerche e studi, ma facendo
solo ricorso alle sue normali conoscenze tecniche. Una descrizione che non soddisfa questo
requisito è considerata insufficiente e ciò è motivo di nullità del brevetto.
Deve avere un’intestazione contenente il titolo e il nome del richiedente e deve essere redatta in
duplice copia, scritta a macchina o al computer in colore nero su carta bianca nel formato A4 cm 21
X 30, su una sola facciata, con la stessa spaziatura e marginatura della carta bollata. I fogli, non più
di 25 righe di scrittura, devono essere riuniti in un fascicolo e siglati dal richiedente o dal
mandatario; sull’ultimo foglio gli stessi dovranno apporre le firme.
Le rivendicazioni costituiscono la parte del brevetto che delimita l’ambito della tutela
brevettuale . Con esse dovranno essere evidenziati i punti essenziali e nuovi del trovato che il
richiedente intende proteggere. Dovranno essere redatte in duplice copia, scritte a macchina o al
computer in colore nero su carta bianca nel formato A4 cm 21 X 30, su una sola facciata, con la
stessa spaziatura e marginatura della carta bollata. I fogli, non più di 25 righe di scrittura, devono
essere riuniti in un fascicolo e siglati dal richiedente o dal mandatario; sull’ultimo foglio gli stessi
dovranno apporre le firme.
I disegni devono essere eseguiti a linee di inchiostro nero su fogli di carta bianca resistente e non
brillante, nel formato A4, lasciando un margine di almeno cm.2 su ogni lato. Ogni tavola deve
essere firmata dal richiedente o dal mandatario e numerata progressivamente sia nella prima che
nella seconda copia. I disegni non devono contenere nessuna dicitura ma eventuali numeri di
riferimento per contraddistinguere le varie parti dell’invenzione devono trovare corrispondenza con
quanto specificato nella descrizione.
7.4. L’esame di validità
In Italia il sistema brevettuale è caratterizzato, come in altri Paesi, dall’assenza di un esame
preventivo della novità e originalità dell’invenzione oggetto della domanda di brevetto; ciò
contrariamente a quanto avviene in altri Paesi, quali Germania, USA, Giappone, Olanda, Svezia
(nonché nella procedura riguardante il brevetto Europeo), dove la concessione del brevetto segue un
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esame di merito
dall’Esaminatore.
dell’invenzione
in
relazione
alla
tecnica
preesistente
documentata
Da questa differenza dei sistemi brevettuali deriva la distinzione, adottata nel settore della proprietà
industriale, tra Paesi “con esame”, e conseguenti brevetti “forti”, dai Paesi “senza esame”, e
conseguenti brevetti “deboli”, per i quali cioè non viene effettuato un esame rigoroso.
Il nostro UIBM effettua controlli concernenti:
a) la regolarità formale della domanda (tasse, allegati, ecc.);
b) la corrispondenza del titolo all'oggetto dell'invenzione;
c) verifica che la pubblicazione o attuazione dell'invenzione non siano contrari all'ordine pubblico
o al buon costume;
d) la sussistenza dei requisiti di cui all'art.12 L.I.;
e) il fatto che la domanda riguardi una sola invenzione.
L’UIBM, qualora riscontri delle irregolarità della domanda, comunica i suoi rilievi al richiedente (o
al suo mandatario) mediante lettera raccomandata, assegnando un termine, prorogabile fino ad un
massimo di sei mesi, per la risposta.
7.5. La concessione del brevetto e i casi di nullità
In Italia i tempi per la concessione di un brevetto attualmente sono di circa due o tre anni dal
deposito della domanda.
Il richiedente, durante il procedimento di brevettazione, e cioè fino a che l'UIBM, o la Commissione
dei ricorsi, non si siano pronunciate sulla concessione del brevetto, o sul rigetto della domanda, può
ritirare, modificare o integrare la domanda.
E’ importante però rilevare che il brevetto è nullo se l'oggetto del brevetto si estende oltre il
contenuto della domanda iniziale.
In caso di decisione dell’UIBM di rigetto della domanda, il richiedente può ricorrere entro 30 giorni
dalla data della comunicazione del provvedimento, alla Commissione dei ricorsi, la quale ha
funzioni di controllo e di accertamento sull'attività dell'UIBM. L'Autorità giudiziaria ordinaria
dovrà successivamente stabilire la sussistenza dei requisiti essenziali di validità di un brevetto.
Il Tribunale, in caso di vertenza, può avvalersi di Consulenti Tecnici d'Ufficio (CTU), per accertare
la validità del brevetto impugnato, tenendo conto dello stato della tecnica documentato dalle parti.
La L.I. stabilisce che il brevetto è nullo:
a) se l’invenzione non è brevettabile ai sensi degli articoli 12, 13, 14, 16 e 17;
b) se l'invenzione non è descritta in modo sufficientemente chiaro e completo da consentire a una
persona esperta di attuarla;
c) se l'oggetto del brevetto si estende oltre il contenuto della domanda iniziale;
d) se il titolare non aveva diritto ad ottenerlo e l'inventore si sia riappropriato della domanda
pendente o del brevetto concesso.
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7.6. I requisiti per il mantenimento
A seguito della concessione del brevetto, per mantenere i diritti di esclusiva conseguiti, il titolare
deve provvedere:
a) al pagamento delle tasse annuali;
b) all'attuazione del brevetto.
Il brevetto, dopo il rilascio, decade se non vengono pagate le tasse annuali di rinnovo; difatti ogni
anno occorre pagare una tassa, entro il mese corrispondente a quello di deposito, allo scopo di
mantenere in vita il brevetto per l'anno successivo.
Nella tassa di deposito, e di pubblicazione sono comprese le prime tre annualità (5 per i modelli). Il
pagamento è comunque possibile con una penale nei sei mesi successivi alla scadenza.
E’ prevista una riduzione del 50% delle annualità, successive alla terza, al titolare che offre il
proprio brevetto in licenza non esclusiva. E’ inoltre possibile pagare, in un’unica soluzione, entro
sei mesi dall'avvenuta concessione del brevetto, le annualità successive alla terza.
In difetto del pagamento entro il citato termine il brevetto decade.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, l’onere di attuazione , l’invenzione industriale che
costituisce oggetto del brevetto deve essere attuata entro tre anni dalla concessione del brevetto, e la
sua attuazione non deve essere sospesa per più di tre anni consecutivi.
Qualora il titolare, o i suoi licenziatari, non provvedano entro i termini previsti alla fabbricazione e
vendita dell'invenzione brevettata, può essere concessa licenza obbligatoria dell’invenzione, a
favore di ogni interessato che ne faccia richiesta.
In caso di persistente difetto di attuazione è prevista la decadenza del brevetto.
Va infine segnalata una recente e rilevante modifica al regime delle licenze obbligatorie, la quale
considera l'importazione del prodotto oggetto del brevetto, da un qualsiasi Stato aderente alla World
Trade Organization (WTO), quale ipotesi sufficiente di attuazione di un’invenzione.
Alla scadenza del termine di efficacia previsto dalla legge (ricordiamo in Italia 20 anni dalla data di
deposito della domanda per le invenzioni industriali, 25 per i disegni e modelli, 10 per i modelli di
utilità), il brevetto diventa di pubblico dominio e non può essere rinnovato.
7.7 L’importanza delle date
La durata del brevetto è scandita da quattro date importanti che devono essere sempre tenute
presenti:
a) La data di deposito: è la data più importante perché da questa data partono i diritti del titolare.
Sulla base di questa data viene stabilita la novità dell’invenzione nei confronti di altre
divulgazioni e perché, nel caso di estensione all’estero della domanda, questa data costituisce
anche la data di priorità, vale a dire la data di partenza dei diritti su corrispondenti domande
estere depositate entro i dodici mesi successivi al primo deposito nazionale.
b) La data di pubblicazione : è la data in cui la domanda viene resa accessibile al pubblico e
quindi irrevocabilmente divulgata. E’ importante da tenere presente nel caso in cui si desideri
ritirare la domanda senza che alcuno ne venga a conoscenza per, ad esempio, ridepositare un
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testo diverso e più completo. La legge prevede 90 giorni di segreto assoluto, imposto per ragioni
di difesa nazionale nel corso dei quali il Ministero della Difesa esamina un possibile interesse
dello Stato, e un periodo di ulteriori 15 mesi, cui il titolare, volendo, può rinunciare e anticipare
la pubblicazione, per un totale di 18 mesi. Da questa data decorrono anche gli effetti del
brevetto, vale a dire che può essere azionato contro terzi senza la necessità della notifica della
domanda.
c) La data di concessione : è la data da cui gli effetti del brevetto diventano definitivi. E'
particolarmente importante nei paesi in cui la domanda è esaminata, in quanto da questa data
viene attestato il superamento dell’esame e quindi il possesso dei requisiti di brevettabilità.
d) La data di scadenza : è la data da cui cessano i diritti del monopolio brevettuale e da cui
l’oggetto del brevetto è liberamente utilizzabile da chiunque. L’invenzione diventa di pubblico
dominio.
8. LE CONVENZIONI INTERNAZIONALI
Le imprese o i singoli inventori la cui attività si rivolge ai mercati internazionali, hanno la necessità
di proteggere con un diritto di esclusiva i propri trovati su tutti i territori in cui hanno la possibilità o
l'intenzione di commercializzare i loro prodotti. Ma l'estensione nei Paesi esteri di una domanda di
Brevetto non è ovviamente regolata dalla legislazione brevettuale italiana, che si occupa
esclusivamente dei diritti conferiti dai brevetti per i singoli Stati. In teoria occorrerebbe rivolgersi a
tutti gli Stati, nei quali si ritiene opportuno di tutelare il proprio brevetto, questo procedimento,
però, comporterebbe un onere economico e gestionale molto elevato. Per superare l’ostacolo,
nascono gli accordi fra gli Stati. Infatti, le convenzioni internazionali nel settore della proprietà
industriale mirano proprio a rendere più facile e più economico l'ottenimento di brevetti all'estero,
attraverso la creazione di procedure unificate per la concessione dei brevetti, che garantiscano la
proprietà industriale attraverso una disciplina il più possibile uniforme nei diversi Paesi.
Fra tali convenzioni meritano un particolare cenno la Convenzione istitutiva dell'Unione
internazionale per la protezione della proprietà industriale (Convenzione d'Unione di Parigi), il
Trattato di Cooperazione in materia di Brevetti (Patent Cooperation Treaty - PCT) e la Convenzione
di Monaco sul Brevetto Europeo (CBE).
8.1. Convenzione d'Unione di Parigi
Tale Convenzione, istitutiva dell'Unione internazionale per la protezione della proprietà industriale,
stipulata a Parigi il 20 marzo 1883, ed in vigore in 158 Stati:
a) stabilisce i principi generali comuni per la protezione della proprietà industriale;
b) assicura ai cittadini di ciascun Paese membro dell'Unione parità di trattamento;
c) attribuisce un diritto di priorità al titolare di una domanda di brevetto depositata in uno degli
Stati membri, e consente a tale richiedente di depositare un’analoga domanda anche negli altri
Stati dell’Unione, con effetto, relativamente alla novità dell'invenzione, dalla data del primo
deposito.
8.2. Trattato di cooperazione in materia di brevetti
Il Trattato di cooperazione in materia di brevetti (Patent Cooperation Treaty - PCT), firmato a
Washington il 19 giugno 1970, in vigore in Italia dal 28 marzo 1985, riunisce ad oggi 108 Stati, fra
cui tutti i Paesi europei, gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone, la Cina e tutti i principali Paesi
industrializzati.
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La procedura prevista consente il deposito di un'unica domanda di brevetto internazionale per tutti i
Paesi aderenti designati, con una notevole semplificazione delle procedure e dilazione dei costi.
I vantaggi della procedura PCT sono essenzialmente tre:
1) permette di avere una prima valutazione della brevettabilità dell’invenzione attraverso una
ricerca dello stato dell’arte ed eventualmente un esame preliminare dei requisiti di brevettabilità;
2) permette di effettuare il deposito della domanda in un numero di Paesi molto elevato in un’unica
lingua, che per l’Italia può essere inglese, francese o tedesco, e quindi di affrontare situazioni
d’urgenza;
3) permette di rinviare le spese maggiori relative alla procedura di estensione, fino ad un termine
massimo di 21 oppure 31 mesi dal deposito della domanda di base.
8.3. Convenzione sul brevetto europeo
Questa convenzione ha avuto molto successo ed è largamente utilizzata per merito delle sue
procedure affidabili e relativamente economiche.
La Convenzione sulla concessione di brevetti europei (Convenzione di Monaco o CBE), firmata a
Monaco il 5 ottobre 1973, è attualmente in vigore in 20 Paesi: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca,
Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo,
Monaco, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia.
E’ inoltre possibile chiedere l’estensione del brevetto europeo, con il pagamento di una modica
tassa, ad altri Paesi che non hanno ancora aderito alla CBE che attualmente sono: Albania, Lettonia,
Lituania, Macedonia, Romania, Slovenia.
Essa, risolvendo il problema dei depositi plurimi, introduce una procedura unica per la concessione
di un brevetto europeo, il quale può avere efficacia, sulla base degli interessi del richiedente, in tutti
o parte dei Paesi aderenti, e prevede il deposito di un'unica domanda di brevetto presso l'Ufficio
europeo dei brevetti con sede a Monaco di Baviera.
Il brevetto europeo però non ha carattere unitario, in quanto, una volta concesso dà origine ad un
brevetto nazionale in ciascuno dei Paesi designati nella domanda europea.
Le fasi essenziali per ottenere la concessione di un brevetto europeo sono due:
1) Deposito della domanda.
a) Esame degli aspetti formali.
b) Ricerca dei documenti dello stato dell’arte; dalla data di pubblicazione del rapporto di
ricerca il richiedente ha sei mesi di tempo per decidere se continuare o no la procedura e
quindi chiedere l’esame.
c) Pubblicazione dopo 18 mesi dal deposito della domanda.
2) Esame di merito della domanda.
a) Emissione di una o più azioni ufficiali da parte della divisione di esame.
b) Concessione del brevetto o rigetto della domanda.
Vi è inoltre una terza fase eventuale.
3) Opposizione.
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a) Entro nove mesi dalla data di pubblicazione della concessione, qualsiasi terzo può
depositare un’opposizione alla concessione del brevetto, se ritiene che non siano soddisfatti i
requisiti previsti dalla CBE. L’opposizione viene esaminata da un’apposita divisione di
opposizione.
Infine, perché un brevetto europeo abbia effetto sul territorio degli Stati designati, deve essere
depositata la traduzione del testo del brevetto concesso nella lingua ufficiale di ciascuno Stato
designato.
9. IL TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIE
E’ noto che il principale vantaggio competitivo garantito da un brevetto al suo titolare è quello di
sfruttare direttamente, per un certo periodo di tempo, in regime di monopolio la propria invenzione.
E’ meno noto che vi sono tecnologie di terzi che si possono sfruttare in licenza, spesso con costi
inferiori e risultati più certi di quelli che si potrebbero avere facendo conto solo sulle capacità di
ricerca e sviluppo in possesso dell'azienda.
Un’approfondita ricognizione delle tecnologie brevettate consente inoltre di conoscere più da vicino
l’evoluzione tecnologica del proprio settore, quali sono le tendenze tecnologiche emergenti, dove
stanno investendo maggiormente in ricerca i propri concorrenti e quali opportunità possono
presentarsi.
Le scelte in tema di gestione dei diritti di proprietà industriale, devono considerarsi strategiche in
quanto condizionano la crescita e la competitività dell’impresa.
In un contesto sempre più dominato dalla concorrenza internazionale, nel quale l’innovazione
tecnologica diviene una condizione per la stessa sopravvivenza di un’azienda, le varie possibilità di
acquisizione e cessione di tecnologie devono essere conosciute e sfruttate nel migliore dei modi.
Ad esempio, la piccola impresa che voglia spostare la propria produzione verso settori
tecnologicamente più avanzati, potrà raggiungere questo obiettivo in tempi più brevi e a costi più
contenuti ricorrendo a tecnologie già disponibili, piuttosto che concentrando gli sforzi nella ricerca
di soluzioni originali all’interno della propria struttura.
Dall’altra parte, l’impresa che decida di dare in licenza le proprie tecnologie in Paesi nei quali non
riuscirebbe ad operare, può contare su un ritorno economico aggiuntivo dei propri investimenti,
spostando sul licenziatario tutti i relativi oneri.
9.1. Le forme di trasferimento
Le più comuni forme di trasferimento di tecnologia sono cessione, acquisizione, licensing in e out e
cross licensing.
Le prime due possibilità si spiegano da sole. Vale tuttavia la pena di sottolineare che la cessione di
tecnologie può essere anche parziale, in quanto limitata ad una o più specifiche applicazioni oppure
ad uno o più Paesi.
Il licensing viene di solito utilizzato nei casi in cui il titolare del brevetto non intenda sfruttare
direttamente tutte le opportunità commerciali della sua invenzione. Questo può essere il caso di
inventori singoli, di società con risorse limitate o assorbite da altri progetti ritenuti più strategici,
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oppure da società che non dispongono di presenze significative su alcuni mercati importanti per lo
sfruttamento dell’invenzione, in altre parti del mondo.
Il licenziatario, vale a dire chi è interessato ad acquisire la licenza, potrà essere un partner più forte
finanziariamente o che abbia la possibilità di sfruttare l’invenzione in mercati non accessibili al
titolare del brevetto.
Con il termine licensing-in si intende l’acquisizione di una licenza per lo sfruttamento di una
tecnologia brevettata ed eventualmente del relativo know-how.
Il licensing-out è lo stesso accordo visto dalla parte di chi offre la tecnologia in licenza.
La licenza prevede la concessione dei diritti di fabbricazione e sfruttamento economico del brevetto
dietro pagamento di un corrispettivo da parte del licenziatario che di norma prevede una parte fissa
“una tantum” (la cosiddetta “lump sum”) ed una variabile detta royalty.
Inoltre, di solito, si prevedono una serie di obblighi molto variabili a carico di entrambe la parti. Il
licenziatario, ad esempio, può impegnarsi a perseguire i contraffattori del brevetto, a rendere note al
licenziante le migliorie successivamente applicate al prodotto o al procedimento brevettato, a
mantenere in vita il brevetto stesso pagando le relative tasse. Il licenziante, da parte sua, può
garantire la validità del brevetto ed il fatto che lo stesso non sia anticipato da altri diritti che ne
riducano in tutto o in parte validità.
La licenza può essere esclusiva o meno, relativa ad un prodotto o ad un processo; come per la
cessione, la licenza può inoltre essere limitata sia a livello territoriale sia per quanto riguarda
l’ambito di sfruttamento dei diritti brevettuali.
Per cross-licensing si intende infine lo scambio incrociato di licenze.
Spesso il licensing è l’inizio di una cooperazione tra imprese, a volte anche di dimensioni molto
diverse, che può crescere nel tempo e portare vantaggi reciproci non solo dal punto di vista
tecnologico ma anche di crescita a livello industriale e di mercato.
Sono frequenti i casi nei quali la collaborazione iniziata con un semplice accordo di licenza sfocia
in una joint-venture, vale a dire nella costituzione di una nuova società. Spesso ciò comporta
notevoli vantaggi derivanti dall’integrazione e dal potenziamento delle capacità complementari dei
soci.
Le attività di trasferimento di tecnologie sono complesse e necessitano di competenze specialistiche
intersettoriali. E’ pertanto sempre consigliabile ricorrere all’assistenza di professionisti esperti del
settore che sappiano attivare mirate politiche di marketing e sappiano gestire le fasi complesse della
negoziazione e della contrattualistica.
9.2. Concorrenza, licenze e Unione Europea
Abbiamo visto come uno degli strumenti principali per lo sfruttamento dei diritti derivanti da un
brevetto per invenzione sia quello della concessione di licenze. Appare, dunque, evidente che la
licenza rappresenta un importante strumento per l’ingresso delle imprese in nuovi mercati.
Per tale ragione questo tema è stato affrontato dalle legislazioni europee sotto il profilo della libertà
di concorrenza sul territorio comunitario.
24
Il Trattato di Roma sancisce la libertà di concorrenza all’interno dell’Unione, vietando tutto ciò che
possa pregiudicare il libero commercio tra gli Stati membri e che abbia per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune. In
particolare sono vietati:
♦ gli accordi fra imprese;
♦ le decisioni di associazioni di imprese;
♦ le pratiche concordate.
Tale norma non trova applicazione nel caso in cui le fattispecie elencate contribuiscano a migliorare
la produzione o la distribuzione dei prodotti, o a promuovere il progresso tecnico ed economico, pur
riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva.
Quindi, il legislatore comunitario consente di esentare alcuni tipi di accordi, di per sé restrittivi della
concorrenza - come gli accordi di licenza di brevetto - dalla applicazione del Trattato di Roma.
L’esenzione può essere individuale o per categorie di accordi, sulla base di appositi regolamenti
emessi dalla Commissione e detti, appunto, di esenzione.
L’esenzione individuale avviene attraverso una lunga e complessa procedura amministrativa.
Il contratto deve essere presentato alla Commissione, la quale, ascoltate le parti, deve decidere sulla
possibilità o meno di esenzione dell’accordo.
L’altro sistema per ottenere l’esenzione, questa volta automatica, è quella di predisporre il testo
contrattuale secondo le regole ed i limiti imposti dai Regolamenti di esenzione.
Il Regolamento di esenzione 240/1996, che sostituisce il precedente Regolamento 556/1989, è
diretto, in particolare, alla categoria di accordi di licenza di brevetto e di know-how.
Il Regolamento si compone di una prima parte di definizioni e di una seconda parte comprendente
tre liste di clausole in genere adottate nei contratti di licenza:
♦ White List (lista bianca): clausole ammesse
♦ Grey List (lista grigia): clausole sottoposte ad approvazione dalla Commissione
♦ Black List (lista nera): clausole vietate.
Gli operatori del commercio internazionale devono tenere conto di questa normativa, al fine di non
invalidare totalmente o parzialmente gli accordi di licenza di brevetto, di know-how o misti,
brevetto e know-how.
10. OBIETTIVI DI UNA STRATEGIA BREVETTUALE
Il ricorso alla protezione brevettuale deve proporsi come obiettivo non soltanto la proprietà
esclusiva e assoluta sulla invenzione oggetto del brevetto. E' importante affiancare a questo
obiettivo principale una serie di obiettivi, per così dire complementari, che possono essere riassunti
nei termini seguenti:
1) creare, tramite il deposito di un brevetto, un elemento di contrasto sul cammino dei concorrenti,
con effetto deterrente nei loro confronti;
2) sfruttare i brevetti non direttamente strategici attraverso la concessione di licenze, esclusive o
non esclusive e per territori diversi, sui brevetti stessi;
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3) utilizzare i brevetti come stimolo alla innovazione e alla valorizzazione della ricerca, anche per
un più facile coordinamento dei flussi di tecnologia all'interno dell'azienda o del gruppo di
ricerca;
4) valorizzare i brevetti, così come gli altri titoli di proprietà industriale, come cespite
patrimoniale di bilancio, o almeno a livello di incremento di immagine dell'impresa, e in vista di
un possibile impiego come elemento di scambio in accordi con la concorrenza.
Sempre sul piano delle considerazioni di carattere generale, è in ogni caso necessario che il brevetto
(e quindi la scelta di brevettare) non venga mai considerato come fine a se stesso, ma valutato come
uno strumento di strategia per perseguire i propri fini.
Nella valutazione strategica della opportunità di brevettare entrano in gioco una serie di fattori che
analizziamo brevemente.
1. Un primo criterio da analizzare è quello della libertà di sfruttare l'invenzione .
In effetti, un'invenzione può essere perfettamente brevettabile, quando possiede i requisiti visti in
precedenza, ponendosi tuttavia in un rapporto di dipendenza rispetto a uno o più brevetti anteriori di
terzi. Occorre in altre parole tenere sempre presente il fatto che il brevetto conferisce sì un diritto di
escludere i terzi dallo sfruttamento dell'invenzione, ma non conferisce automaticamente al suo
titolare il diritto di farne uso.
La valutazione della libertà di sfruttamento presuppone che prima sia stata fatta una ricerca volta a
identificare i brevetti anteriori da tenere in debito conto. Queste verifiche saranno tanto più facilitate
quanto maggiore sarà il coordinamento tra l'attività di ricerca e la raccolta e l'aggiornamento della
letteratura brevettuale, e la conseguente disseminazione all'interno delle informazioni così raccolte.
Se non verranno individuati brevetti precedenti rispetto ai quali l'invenzione si pone in rapporto di
dipendenza, l'esito finale sarà senz'altro a favore della brevettazione.
2. Un ulteriore criterio da considerare è quello del valore industriale o tecnico-economico
dell'invenzione , che dovrebbe essere formulato sulla base principalmente dei seguenti elementi:
♦ il grado di originalità tecnica dell'invenzione;
♦ i vantaggi tecnici derivanti dall'applicazione della invenzione a livello di procedimento di
fabbricazione o di prodotto;
♦ i vantaggi economici e commerciali;
♦ i vantaggi sul piano industriale e concorrenziale conseguenti allo sfruttamento dell'invenzione.
3. Un terzo fattore è certamente quello del valore commerciale dell'invenzione , che può essere
determinato con una proiezione del giro d'affari che si prevede di realizzare attraverso lo
sfruttamento dell'invenzione e la commercializzazione del prodotto, e del giro d'affari indiretto
conseguente alla potenziale concessione di licenze.
4. Vi è un'ultima serie di fattori, più o meno rilevanti, da considerare nel determinare il valore
dell'invenzione e, quindi, nel valutare se brevettare o no l'invenzione.
In particolare, devono essere considerati quei fattori derivanti dall'effetto di stimolo all'innovazione
che la brevettazione esercita quando essa intervenga in un quadro armonico della politica di
innovazione, nei confronti del personale addetto alla ricerca e allo sviluppo.
26
Se la brevettazione si traduce anche in riconoscimenti per i ricercatori, ci si può attendere un
incoraggiamento a fare ulteriori invenzioni o quanto meno ad assumere, da parte di tecnici e
ricercatori, un atteggiamento attivo nell'individuare e segnalare elementi suscettibili di
brevettazione.
Infine deve essere ricordato un ultimo fattore.
Abbiamo già affermato che il numero dei brevetti conseguiti non significa necessariamente che il
portafoglio brevettuale così costituito sia di grande valore.
Tuttavia è certo che l'esistenza di un portafoglio brevettuale consistente, quando questo sia il
risultato di una politica brevettuale razionale e ben gestita, contribuisce all'immagine dell’attività
di ricerca nel suo insieme e quando questa debba essere valutata sul mercato, oppure considerata
come possibile partner per accordi e joint-ventures.
Infine, contribuiscono a determinare il valore indiretto del brevetto, possibili vantaggi fiscali,
agevolazioni o quant'altro possa essere conseguito, sulla base della legislazione destinata a favorire
l'innovazione.
Volendo trarre alcune conclusioni da quanto sopra esposto, pare importante riassumere i seguenti
aspetti:
a) Il brevetto, come qualsiasi altro bene, non è un oggetto di cui entrare in possesso e poi
nasconderlo in un cassetto, ma al contrario è uno strumento che va utilizzato per ottenere un
vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti: vantaggio inteso sia come esercizio di
monopolio sul mercato di un certo ritrovato brevettato, sia come sorgente di introiti economici
conseguenti alla concessione di licenze a terzi.
b) Perché questo vantaggio competitivo possa avvenire, bisogna che tutti i soggetti impegnati in
attività di ricerca siano sensibili al problema dell'ottenimento e della difesa dei brevetti; vale a
dire dispongano delle risorse per conoscere il mercato e i concorrenti e posseggano il know-how
tecnico legale per far rispettare i propri diritti da chi li infrange indebitamente.
c) La capacità di impostare una strategia fondata sui brevetti è una possibile fonte di
remunerazione ed è il tipo di strategia che deve divenire appannaggio di tutte le attività di
ricerca innovativa.
d) I cambiamenti in atto a livello mondiale rendono ancora più urgente l'importanza di conoscere,
utilizzare e fare valere con efficacia i diritti che le leggi brevettuali mettono a disposizione.
11. ISCRIZIONE IN BILANCIO DI BREVETTI E MARCHI
Sottolineando l’opportunità di iscrivere in bilancio il valore economico dei brevetti e dei marchi,
occorre distinguere tra la disciplina civilistica e la disciplina fiscale.
11.1. Disciplina Civilistica.
La disciplina civilistica è contenuta negli artt. 2423, 2423 bis, 2424 lett. B) n. 3 e 4, art.2425 lett. B)
n. 10 e art.2426 n 2 e 3 del codice civile.
Il quadro normativo di riferimento chiarisce inizialmente i principi base di redazione del bilancio
(Art.2423 c.c.) e i criteri di valutazione da utilizzare nella stima delle sue poste (2423 bis C.c.).
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Il principio generale relativo alla redazione del bilancio è che questo sia compilato in modo chiaro.
Per tale ragione, a seguito del recepimento della IV Direttiva C.E. in tema di bilanci d’esercizio, è
stato adottato, in via uniforme, per la presentazione del documento, il cd. “Prospetto redatto con il
Metodo Scalare”.
Il principio generale della valutazione delle poste di bilancio (una delle poste da valutare è quella
relativa alla proprietà industriale) è quello della prudenza. Secondo tale criterio le poste devono
essere iscritte al minor valore tra quelli derivanti dall’applicazione dei criteri valutativi.
I valori di bilancio riguardanti i beni di proprietà industriale devono essere iscritti nella sezione
“Attivo dello Stato Patrimoniale” tra le Immobilizzazioni Immateriali alle voci “diritti di brevetto
industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno” e “concessioni, licenze, marchi ed altri
diritti simili” (art.2424 lett. B).
Il Codice Civile all’articolo 2426 indica che le immobilizzazioni immateriali, al pari di quelle
materiali, devono essere valutate al costo.
Ciò pone molteplici problemi di natura interpretativa in relazione a quale tipo di costo debba essere
preso in considerazione nella valutazione dei diritti di brevetto.
La dottrina dominante suggerisce di iscrivere in Bilancio tra le Attività dello Stato Patrimoniale un
valore derivante dal rapporto tra due distinti criteri di valutazione: criterio del costo storico
rivalutato e criterio della royalty attualizzata in modo da ottenere un valore di valutazione
prudenziale.
Per quanto attiene il valore di Ammortamento che deve essere iscritto nel Conto economico, tra i
costi di esercizio, questo deve prudenzialmente derivare dall’effettivo utilizzo che del bene si è
fatto, tenendo conto della vita economica del bene stesso (Art.2426 n. 2) C.c.
11.2. Disciplina Fiscale.
♦ Artt.51,68,81,85 T.U.I.R.(Testo Unico sulle Imposte sul Reddito)
La valutazione di un bene immateriale viene presa in considerazione anche ai fini della normativa
fiscale.
Ai sensi dell’articolo 85 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito, i proventi derivanti dalla
cessione di beni di proprietà industriale rientrano fra i redditi di impresa se l’attività principale
dell’impresa sia quella della predisposizione e vendita di brevetti o marchi.
Se questa non sia la principale attività dell’impresa, si entra nel caso dei redditi diversi assimilabili
a plusvalenze.
Una norma particolare viene dettata in tema di ammortamenti dei cespiti derivanti dall’acquisto di
beni di proprietà industriale. L’ammortamento è ammesso per un valore non superiore ad un terzo
del costo di acquisto o di generazione del bene.
Tale norma sottolinea in modo più marcato la differenza sussistente tra la disciplina civilistica e la
disciplina fiscale del bilancio.
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Ai fini IVA le cessioni di beni di proprietà industriale ricadono nell’ambito di applicazione
dell’imposta, come avviene per tutti gli altri beni, se effettuate sul territorio nazionale.
12. LA TUTELA GIUDIZIARIA DI MARCHI E BREVETTI
Anche l’azione giudiziaria a tutela delle privative sui brevetti viene definita “azione di
contraffazione”; dove per contraffazione si intende l’uso non autorizzato, da parte di terzi,
dell’invenzione brevettata.
Il titolare del brevetto è legittimato attivamente alla proposizione della suindicata azione dinanzi al
giudice ordinario. La competenza per territorio spetta al giudice del domicilio del convenuto. Ove
quest’ultimo non abbia domicilio (o non lo abbia in Italia), al giudice del domicilio dell’attore. Ove
questi non abbia domicilio in Italia, al giudice del foro di Roma.
All’attore (o titolare) è in ogni caso consentito scegliere il foro del luogo in cui si è verificata la
fabbricazione, l’uso, la vendita del prodotto coperto da brevetto o l’uso del procedimento brevettato.
Dal punto di vista processuale va evidenziato che la legge stabilisce una presunzione di validità per
il brevetto, e dunque solleva il titolare, che agisce per contraffazione, dall’onere di provare tale
validità.
Viene spesso criticata in dottrina (non essendo state previste sanzioni penali, in caso di
inosservanza) la regola che permette al giudice di ordinare al contraffattore di “fornire gli elementi
per l’identificazione dei soggetti implicati…” nell’attività di contraffazione.
Copia dell’atto di citazione, in materia di brevetti, deve essere comunicata, a cura dell’attore,
all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Come abbiamo visto il titolare della domanda di brevetto può
avviare il giudizio di contraffazione, il quale giudizio deve essere però sospeso, fino alla decisione
di rilascio del brevetto.
12.1. Le misure cautelari
L’azione di contraffazione può essere preceduta dalle misure cautelari: descrizione, sequestro,
inibitoria. La loro concessione può essere condizionata al versamento di una cauzione a carico del
ricorrente, oltre che all’accertamento del fumus boni iuris e del periculum in mora.
a) La descrizione è rivolta all’acquisizione della prova della contraffazione, soprattutto in relazione
alle invenzioni di procedimento, quando cioè la lesione del diritto non è desumibile dal prodotto
finale.
Essa, eseguita dall’Ufficiale giudiziario con l’ausilio di periti e mezzi tecnici (fotografici), ha lo
scopo di descrivere gli oggetti lesivi delle privative del titolare.
Quanto alla competenza della descrizione, vale una regola differente a quella prevista per sequestro
e inibitoria, per le quali è fissata la competenza del giudice di merito: è, difatti, competente il foro
del luogo in cui viene attuata l’invenzione brevettata (dove, cioè, ha sede l’impresa del
contraffattore).
Essa può riguardare oggetti di terzi. Il decreto, o l’ordinanza, del giudice, col quale viene disposta la
descrizione, fissa il termine perentorio di 30 giorni per l’instaurazione del giudizio di merito. In
caso di mancato inizio del giudizio, il provvedimento ottenuto perde efficacia.
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b) Il sequestro, assimilabile al sequestro giudiziario, ha lo scopo di impedire la circolazione del
prodotto contraffatto, mediante l’affidamento in custodia allo stesso proprietario o al detentore.
Il decreto, o l’ordinanza, del giudice, col quale viene disposto il sequestro, fissa il termine
perentorio di 30 giorni per l’instaurazione del giudizio di merito; in caso di mancato inizio del
giudizio, il provvedimento ottenuto perde efficacia.
c) L’inibitoria cautelare può essere richiesta prima o durante il giudizio di merito, allo scopo di
inibire al contraffattore la fabbricazione, il commercio e l’uso dei prodotti coperti da brevetto.
12.2. Le sanzioni
Le sanzioni previste in caso di accertamento della contraffazione sono essenzialmente l’inibitoria ed
il risarcimento del danno.
a) L’inibitoria, (la quale non prende in considerazione il dolo o la colpa del contraffattore) consiste
nell’ordine di cessare (o non riprendere, qualora interrotto) il comportamento lesivo degli altrui
diritti; l’inosservanza di tale provvedimento è ulteriormente sanzionato dal codice penale.
Ne consegue che i prodotti realizzati con la condotta illecita possono alternativamente, e secondo
quanto può disporre il giudice, essere:
♦ rimossi o distrutti;
♦ assegnati in proprietà al titolare del brevetto;
♦ sequestrati a spese del contraffattore per la durata del brevetto;
♦ aggiudicati al titolare del brevetto mediante il versamento di una somma.
b) Il risarcimento dei danni è, invece, possibile in presenza della colpa del contraffattore e del
danno.
Difficile è la quantificazione del danno derivante dalla contraffazione, tant’è che è prevista la
possibilità di una valutazione in via equitativa.
A ciò si deve aggiungere che è previsto, a seguito dell’ottenimento di una “condanna generica” (la
quale presuppone la prova ontologica del danno) “la rimessione della quantificazione ad un futuro
giudizio”, che l’attore dovrà instaurare.
I criteri seguiti dalla giurisprudenza per la quantificazione del danno sono: il canone di licenza, il
mancato utile netto, ecc.…
Ulteriori sanzioni sono: la pubblicazione della sentenza di contraffazione o del dispositivo a spese
del convenuto; la cd. condanna in futuro, e cioè il pagamento di una somma per l’ipotesi di mancata
cessazione o ripresa della contraffazione.
13. CONCLUSIONI
La tutela dei diritti sulla proprietà intellettuale è diventato uno dei compiti di maggior rilievo della
nuova Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization – WTO).
La protezione a livello internazionale dei risultati connessi alla tecnologia utilizzata, alla creatività
ed all’inventiva è un fattore cruciale per la competitività e lo sviluppo delle imprese nell’ambito
dell’economia mondiale.
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I cosiddetti “Intellectual Property Rights” sono i nuovi strumenti, che consentono la penetrazione
nei mercati esteri e la loro tutela è al centro dei rapporti commerciali internazionali e diplomatici
La WTO svolge in particolare le seguenti funzioni:
♦ emanazione di norme che regolano il commercio e i servizi commerciali
♦ regolazione degli accordi sulla proprietà intellettuale, sotto l’aspetto commerciale (Accordo
TRIPs).
♦ rafforzamento del meccanismo di definizione e risoluzione delle controversie.
L’Accordo TRIPs è fondamentale in questa materia. Esso disciplina le aree dei diritti di proprietà
intellettuale (brevetti, marchi, indicazioni geografiche, diritto d’autore, disegni industriali, progetti
dei circuiti integrati, informazioni riservate, diritti dei paesi confinanti), svolgendo in particolare le
seguenti funzioni:
♦ fissazione di standards minimi di tutela per i Paesi membri;
♦ definizione dei diritti garantiti da questa protezione;
♦ determinazione delle possibili eccezioni all’applicazione delle norme.
In sostanza, tale accordo, che stabilisce un livello di protezione internazionale qualitativamente
uniforme, ha comportato non solo modifiche sostanziali nelle legislazioni dei Paesi in via di
sviluppo, ma anche ulteriori cambiamenti nelle nazioni industrializzate.
Volendo formulare delle previsioni sugli sviluppi futuri della proprietà intellettuale, occorre
individuare i protagonisti dei progressi compiuti e che si stanno compiendo: le grandi industrie dei
Paesi industrializzati e le amministrazioni nazionali di taluni Stati, in primo luogo Stati Uniti,
Germania e Giappone.
Quando parliamo di amministrazioni nazionali ci riferiamo a potenti organismi dotati di vaste
autonomie e potere decisionale: l’USPTO (United States Patent and Trademark Office) con sede a
Washington e l’Ufficio Brevetti di Tokio.
Ulteriore centro di potere di tutto rispetto è considerato anche l’EPO (European Patent Office), in
seguito alla costituzione, all’avvio, ed al notevole successo ottenuto dal brevetto europeo e in vista
anche della futura introduzione del brevetto comunitario, che utilizzerà le medesime strutture e
organizzazione.
Tra i principali protagonisti va elencato sicuramente la “World Intellectual Property Organization”
(WIPO, oppure OMPI in francese) organismo dell’ONU con sede a Ginevra.
Obiettivi statutari dell’OMPI sono:
♦ promuovere la tutela della proprietà intellettuale in tutto il mondo, attraverso la cooperazione fra
gli Stati e, dove appropriato, in cooperazione con altre organizzazioni internazionali.
♦ assicurare la cooperazione a livello amministrativo fra gli stati membri delle varie Unioni o
Convenzioni nel campo della proprietà industriale e del copyright.
Tutti i Trattati di cui abbiamo parlato sono amministrati dall’OMPI, ad esclusione della CBE, della
CBC e dell’OAPI (Organisation Africaine de la Propriété Intellectuelle), che sono delle
Convenzioni regionali.
L’Accordo concluso con le Nazioni Unite abilita l’OMPI come agenzia speciale responsabile per la
promozione dell’attività intellettuale creativa e per facilitare il trasferimento di tecnologia correlato
31
con la proprietà industriale verso i Paesi in via di sviluppo, al fine di accelerarne la crescita
economica, sociale, culturale.
Il sistema internazionale dei brevetti e marchi non ha il solo effetto di raggruppare i Paesi; è anche il
solo strumento che permette uno scambio costante di informazioni sui più recenti progressi della
tecnica registrati in tutto il mondo.
Combinando questi vari protagonisti con la situazione in cui viviamo, in cui si realizzano progressi
rivoluzionari nel campo del trattamento delle informazioni, dei dati, delle telecomunicazioni, della
tecnica in genere, possiamo costatare che una serie di fattori spingono verso un’armonizzazione, a
livello mondiale, delle procedure di deposito e concessione di brevetti.
Tale armonizzazione potrebbe realizzarsi in futuro, anche riguardo agli aspetti amministrativi,
presso l’Ufficio Brevetti Europeo, l’USPTO di Washington e l’Ufficio Brevetti di Tokio.
Così un brevetto concesso dall’Ufficio Europeo dei brevetti potrà servire da base per la concessione
di un brevetto giapponese e viceversa, a condizione che una corrispondente domanda di brevetto
giapponese sia stata depositata.
I vantaggi, che potranno derivare da una collaborazione di questo genere, consisteranno nel fatto
che:
♦ ciascuna delle tre amministrazioni riconoscerà come valido e vincolante il risultato della ricerca
e/o dell’esame compiuto dalle altre due;
♦ il superamento favorevole delle fasi di ricerca e di esame davanti ad una sola delle
amministrazioni sarà sufficiente per ottenere una protezione equivalente nei Paesi o gruppi di
Paesi dove operano le altre due.
Tutto questo si tradurrà in una rilevante economia di tempo e di costi necessari all’ottenimento di
una serie di brevetti internazionali, in un’ottica di maggiore garanzia di tutela dei propri
investimenti.
Il brevetto, infatti, conferisce dei diritti che proteggono le invenzioni e gli investimenti occorrenti
per il loro raggiungimento. Senza tale tutela di carattere monopolistico le imprese non potrebbero
impiegare, nella ricerca e nello sviluppo, i propri capitali, indispensabili per il progresso tecnico.
E’ necessario che il brevetto ed il marchio diventino una componente essenziale della cultura
aziendale e che le stesse imprese realizzino ogni sforzo per inserirsi adeguatamente in un contesto
brevettuale internazionale.
A tal scopo riteniamo consigliabile suggerire alle aziende di dotarsi di una struttura minima con
compiti di valutazione, strategia, coordinamento e controllo, e di operare utilizzando servizi
brevettuali esterni.
La funzione Brevetti e Marchi considerata deve essere collocata all’interno dell’impresa in una
posizione tale che le consenta di collaborare in maniera sinergica con le funzioni Ricerca e
Sviluppo, Marketing, alle dirette dipendenze della Presidenza.
I compiti che vanno ad essa assegnati sono i seguenti:
♦ brevettazione dei risultati delle ricerche;
♦ monitoraggio dell’attività di ricerca dei concorrenti;
♦ sorveglianza di eventuali episodi di contraffazione dei propri marchi;
32
♦ esame della libertà che l’azienda ha di attuare un determinato processo, di usare una determinata
apparecchiatura, di produrre un certo prodotto e di metterlo in commercio senza incorrere in
contraffazione di brevetti di terzi.
Le aziende dovrebbero, inoltre, organizzarsi anche dal punto di vista della documentazione
brevettuale, al fine di disporre di un’efficiente aggiornamento scientifico, di controllare l’attività
brevettuale dei concorrenti e di essere in grado di presentare opposizioni a brevetti di terzi.
Infine, perché l’impresa si inserisca adeguatamente in un contesto brevettuale, è necessario che tutte
le funzioni abbiano ben chiari lo scopo, il significato del brevetto e l’importanza della sua tutela,
quale presupposto essenziale di realizzazione di investimenti e di attività.
33
15.
Legislazione
1
15.1. Legislazione nazionale in materia di brevetti per invenzioni industriali
• Codice Civile
♦ Art.2584 c.c. - diritto di esclusiva
Art.2585 c.c. - oggetto del brevetto
Art.2586 c.c. - brevetto per nuovi metodi o processi di fabbricazione
Art.2587 c.c. - brevetto dipendente da brevetto altrui
Art.2588 c.c. - soggetti del diritto
Art.2589 c.c. - trasferibilità
Art.2590 c.c. - invenzioni del prestatore di lavoro
Art.2591 c.c. - rinvio alle leggi speciali
♦ 29 Giugno 1939, n.1127
Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali.
♦ R.D. 5 Febbraio 1940, n.244
Testo delle disposizioni regolamentari in materia di brevetti per invenzioni industriali.
♦ L. 10 Ottobre 1950, n.842
Disposizioni circa il prolungamento del periodo di validità dei brevetti per invenzioni
industriali.
♦ DPR 30 Giugno 1972, n.540
Semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di brevetti per invenzioni
industriali, modelli e marchi.
♦ D.M. 25 Settembre 1972
Determinazione degli uffici presso i quali debbono essere depositate le domande ed i documenti
concernenti brevetti per invenzioni, modelli e marchi.
♦ 22 Febbraio 1973
Regolamento di esecuzione del DPR 30 Giugno 1972, n. 540, in materia di brevetti per
invenzioni, modelli e marchi d’impresa, revisionato con D.M. 20 Febbraio 1980.
♦ DPR 12 Agosto 1975, n.974
Norme per la protezione delle nuove varietà vegetali in attuazione della delega di cui alla legge
16 Luglio 1974, n. 722
♦ D.M. 22 Ottobre 1976
Norme di esecuzione del DPR 12 Agosto 1975, n. 974
♦ DPR 22 Giugno 1979, n.338
Revisione della legislazione nazionale in materia di brevetti, in applicazione della delega di cui
alla legge 26 Maggio 1978, n. 260.
♦ D.M. 3 Aprile 1981
Formazione dell’Albo dei mandatari abilitati in tema di brevetti e modelli industriali.
♦ D.M. 30 Giugno 1982
Determinazione degli uffici competenti alla ricezione dei depositi delle domande di brevetto
europeo e delle traduzioni di brevetti europei.
♦ L. 21 Dicembre 1984, n.890
Norme di attuazione del Trattato di cooperazione internazionale in materia di brevetti.
♦ DPR 18 Aprile 1994, n.360
Regolamento recante semplificazione del procedimento di concessione di licenza obbligatoria
per uso non esclusivo del brevetto di invenzione
♦ DPR 18 Aprile 1994, n.391
Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di brevetto di nuova varietà
vegetale.
34
♦ D.M. 30 Maggio 1995, n.342
Regolamento recante l’ordinamento della professione di consulente in proprietà industriale e la
formazione del relativo Albo.
♦ D.Lgs. 19 Marzo 1996, n.198
Adeguamento della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni
obbligatorie dell’accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il
commercio - Uruguay Round.
15.2. Legislazione nazionale in materia di modelli industriali
• Codice Civile
♦ Art.2592 c.c.- modello di utilità
Art.2593 c.c.- modelli e disegni ornamentali
Art.2594 c.c. - norme applicabili
♦ 25 Agosto 1940, n.1411
Disposizioni legislative in materia di brevetti per modelli industriali.
♦ R.D. 31 Ottobre 1941, n.1354
Testo delle disposizioni regolamentari in materia di brevetti per modelli industriali di utilità e
ornamentali.
♦ DPR 30 Giugno 1972, n.540
Semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di brevetti per invenzioni
industriali, modelli e marchi.
♦ D.M. 25 Settembre 1972
Determinazione degli uffici presso i quali debbono essere depositate le domande ed i documenti
concernenti brevetti per invenzioni, modelli e marchi.
♦ D.M. 22 Febbraio 1973
Regolamento di esecuzione del DPR 30 Giugno 1972, n. 540, in materia di brevetti per
invenzioni, modelli e marchi d’impresa, revisionato con D.M. 20 Febbraio 1980.
♦ L. 22 Maggio 1974, n.348
Ratifica ed esecuzione dell’accordo che istituisce una classificazione internazionale per disegni
e modelli industriali, firmato a Locarno l’8 Ottobre 1968.
♦ L. 24 Ottobre 1980 n.744
Ratifica ed esecuzione dell’Accordo de L’Aia relativo al deposito dei disegni o modelli
industriali del 6 Novembre 1925, riveduto a Londra il 2 Giugno 1934 e a L’Aia il 28 Novembre
1960, con Protocollo e Regolamento di esecuzione, quale risulta modificato dall’atto
complementare di Stoccolma del 14 Luglio 1967.
♦ L. 14 Febbraio 1987, n.60
Armonizzazione della normativa in materia di brevetti per modelli e disegni industriali con le
disposizioni dell’Accordo dell’Aia del 6 Novembre 1925 e successive revisioni, ratificato con
legge 24 Ottobre 1980, n. 744.
♦ D.M. 19 Luglio 1989, n.320
Regolamento concernente modificazioni al D.M. 22 Febbraio 1973, relativo alle modalità di
presentazione e verbalizzazione delle domande per invenzioni industriali, modelli di utilità e
disegni industriali e ornamentali e marchi nazionali.
♦ D.Lgs. 19 Marzo 1996, n.198
Adeguamento della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni
obbligatorie dell’accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il
commercio - Uruguay Round.
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14.4. Le principali Convenzioni internazionali
♦ Convenzione d’Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale (Parigi 20 Marzo
1883).
♦ Accordo di Madrid sulla registrazione internazionale dei marchi (Madrid 14 Aprile 1891)
♦ Accordo de L’Aia relativo al deposito internazionale dei disegni e dei modelli (L’Aia 6
Novembre 1925)
♦ Convenzione internazionale per la protezione dei ritrovati vegetali -UPOV- (Parigi 2 Dicembre
1961)
♦ Convenzione sulla unificazione di alcuni principi della legislazione in materia di brevetti
d’invenzione (Strasburgo 27 Novembre 1963)
♦ Accordo di Locarno istitutivo di una classificazione internazionale per i disegni e modelli
industriali (Locarno 8 Ottobre 1968)
♦ Trattato di cooperazione in materia di brevetti -PCT- (Washington 19 Giugno 1970), reso
esecutivo con legge 21 Dicembre 1984, n. 890
♦ Accordo di Strasburgo sulla classificazione internazionale dei brevetti (Strasburgo 24 Marzo
1971)
♦ Convenzione sulla concessione di brevetti europei -CBE- (Monaco 5 Ottobre 1973)
♦ Convenzione sul brevetto europeo per il mercato comune -CBC- (Lussemburgo 15 Dicembre
1975)
♦ Trattato di Budapest sul riconoscimento internazionale del deposito di microrganismi
(Budapest 28 Aprile 1977)
♦ Regolamento del Consiglio delle Comunità Europee sul marchio comunitario (20 Dicembre
1993)
♦ Accordo TRIPs sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio
(Marrakech 15 Aprile 1994).
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MARCHI
15. ORIGINI STORICHE
Le origini storiche del marchio si possono collocare nel periodo delle corporazioni (XIII secolo) ma
negli anni successivi e fino al 1700 l’uso del marchio è stato alquanto limitato. Solo intorno alla
metà del XVIII secolo, con l’avvento della rivoluzione industriale e l’affermarsi di una produzione
di serie e di massa, emerge l’importanza del marchio.
Infatti il fenomeno della standardizzazione qualitativa e quantitativa dei prodotti ha sollecitato
l’utilizzo di segni distintivi per orientare il consumatore nelle sue scelte; è pertanto nello sviluppo
della produzione, della distribuzione e del consumo di massa, che il marchio ha acquistato la sua
attuale preminenza economica e commerciale.
Come le persone, anche le imprese acquistano una propria identità e una propria immagine
commerciale, che viene percepita dalla clientela o, più in generale, dal mercato. Questa identità è
comunicata all’esterno dell’impresa mediante l’uso di determinati simboli, che assumono la
funzione di segni di riconoscimento per la clientela grazie al loro uso continuativo nel tempo e alla
loro diffusione mediante attività promozionali e pubblicitarie.
Per marchio d’impresa si intendono proprio tutti i segni che possono essere riprodotti
graficamente, e cioè: parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del
prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o
servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
L’insieme di questi segni, non singolarmente presi, ma tra loro opportunamente combinati,
costituisce il “brand” o “marca” mentre la percezione che la clientela ha di un determinato brand
costituisce la “brand image” o immagine commerciale. In sintesi, il brand viene riconosciuto dai
consumatori per quello che è, vale a dire un segno che nella sua unitarietà contraddistingue
l’immagine commerciale di una certa impresa o di determinate sue attività.
16. IL RUOLO DEL MARCHIO
16.1. Valore economico e significato psicologico
Il marchio, appena viene ideato, non è che una semplice parola, un disegno o un altro segno. Se cioè
si calcolasse il valore commerciale del marchio in questo momento, esso risulterebbe pressoché pari
a zero o, nel caso di marchi elaborati sulla base di progetti grafici, esso sarebbe più o meno pari al
costo sostenuto per l’esecuzione del relativo studio.
Con la pubblicità e l’uso in commercio, il marchio cessa di costituire una semplice espressione
verbale o grafica e acquista un valore economico importantissimo per l’azienda che lo ha adottato.
Esso, infatti, diventa un fattore di produzione di reddito e di potenziali utili per l’impresa.
Naturalmente il valore commerciale del marchio varierà da caso a caso proprio in relazione alla
diversa capacità di produzione di reddito acquisita nel tempo. Ad esempio, si ritiene che il marchio
della Coca Cola, generalmente collocato ai primi posti per valore nel mondo, abbia una capacità di
produrre reddito da calcolare nell’ordine delle migliaia di miliardi di lire.
Questa capacità di produrre reddito è riconducibile al fatto che il marchio è uno strumento in grado
di attivare e di rendere stabili i rapporti tra l’impresa e i propri clienti, in altre parole agisce da
collettore di clientela. Esso, infatti, è un segno di riconoscimento dei prodotti e servizi di
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un’impresa non diversamente da come il nome o una fotografia consente il riconoscimento di una
persona. Se non esistessero i marchi, i prodotti sarebbero anonimi e i consumatori finirebbero per
operare le scelte d’acquisto in modo casuale. Per questo motivo attualmente in Italia si contano oltre
560 mila marchi d’impresa registrati da aziende nazionali ed estere.
Parlare di marchi o di prodotti di marca in un’epoca in cui sul mercato si afferma il principio della
qualità globale assume un significato particolare in quanto il marchio, quale elemento distintivo, è
destinato a svolgere un ruolo centrale nelle relazioni tra produttore, distributore e consumatore.
L’industria di marca non è, infatti, soltanto creatrice di prodotti, ma è altresì costruttrice di ambienti
culturali nonché promotrice di usi e costumi di cui si assume, in particolare, la responsabilità del
valore e della dignità.
Parlare di marchio vuole dire parlare, infatti, di qualcosa che va oltre l’analisi di un semplice nome,
perché assieme al nome si riassume anche la filosofia che lo ha aiutato a nascere, che gli ha dato
l’humus per crescere e affermarsi.
Il “made in Italy” è, ad esempio, un fattore che assicura un’immagine prestigiosa in settori che
consentono la facile riconoscibilità indipendentemente dal marchio specifico del prodotto. Si pensi
per esempio alla moda, alla gioielleria, alle calzature o al design industriale in genere.
Ma al di là di tutto ciò, il marchio è soprattutto un messaggio, nel senso che è portatore di certi
caratteri e qualità che rivelano l’identità del prodotto e dei servizi di un’impresa. Si tratta di un
ruolo molto importante in quanto le marche accrescono l’immagine personale del consumatore
segnalandone il ceto, l’esclusività o il prestigio agli altri. Scegliere un prodotto di marca tutto
sommato è comodo. E’ una scorciatoia per la decisione.
La capacità di trasmettere un messaggio non è presente nel marchio appena ideato, ma si produce
solo in seguito all’uso e alla pubblicità per mezzo delle quali il marchio si carica di significati che
vanno ben al di là della sua semplice espressione letterale o grafica. In questo modo il consumatore
viene guidato dal marchio verso un mondo nel quale si riconosce o nel quale si vuole riconoscere.
La parola che costituisce il marchio viene, infatti, riconosciuta e percepita dal consumatore come un
unico messaggio globale in termini di qualità dei prodotti, affidabilità dell’impresa, appartenenza a
un certo status sociale o stile di vita.
Tra i segni più comunemente utilizzati per costruire un brand si possono citare, tra gli altri: disegni,
simboli, insegne, emblemi, slogan, colori aziendali, particolare arredamento e divise del personale
del punto vendita, nomi e immagini di testimonial del mondo dello spettacolo, della moda, dello
sport, immagini di personaggi di fantasia, design del prodotto con caratteristiche persistenti
(packaging), richiamo ricorrente nella pubblicità a particolari messaggi, e così via.
Si pensi per esempio alla Ferrari, ai suoi marchi, alla consolidata adozione del colore rosso, all’uso
di slogan e messaggi che richiamano il mito e la passione per l’automobilismo sportivo, ai nomi e
all’immagine dei suoi piloti. In altri termini, l’insieme delle percezioni che vengono evocate nel
consumatore e rendono inconfondibile la Ferrari non sono riconducibili solo al suo marchio, ma
sono il risultato della combinazione di questi e altri elementi che ne determinano l’identità e
l’immagine sportiva e commerciale.
Queste considerazioni valgono sostanzialmente per quasi tutti i settori merceologici, dai bulloni, ai
pezzi di ricambio per le auto, ai generi alimentari per finire con l’abbigliamento, settore che forse
più di altri ha costruito e mantiene un sodalizio inscindibile e di successo con il marchio.
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16.2. Protezione del marchio in Italia e all'estero
La protezione legale di un marchio registrato è di 10 anni dalla data di deposito ed è possibile
rinnovarla illimitatamente nel tempo per un uguale periodo, purché la domanda di rinnovo sia
presentata entro i dodici mesi precedenti la data di scadenza del decennio in corso, o nei sei mesi
successivi con l’applicazione di una soprattassa.
In considerazione di questa virtuale immortalità del marchio, e del particolare valore commerciale
che nel tempo può acquisire per l’imprenditore, le disposizioni di legge ne riconoscono la libera
trasferibilità sia essa totale o parziale per alcuni prodotti o servizi.
Per ottenere una protezione all'estero, è possibile procedere tramite una domanda nazionale, vale a
dire attraverso il deposito presso i competenti uffici governativi di ogni nazione, oppure, tramite il
cosiddetto marchio internazionale o ancora tramite il deposito di un marchio comunitario avente
effetto nei Paesi dell’Unione Europea.
17. TIPOLOGIA DEL MARCHIO
“Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i nuovi segni suscettibili
di essere rappresentati graficamente, ... purché siano atti a distinguere i prodotti o servizi di
un’impresa da quello di altre imprese...”. Così recita l'art. 16 della legge sui marchi (L.M.).
Si può notare come in questa definizione possano essere riconosciute diverse categorie di marchio:
a) Marchio di fabbrica, il quale individua i prodotti fabbricati dall’imprenditore.
b) Marchio di commercio, il quale individua i prodotti messi in commercio da un intermediario
professionale.
c) Marchio di servizio, destinato a contraddistinguere un’attività di prestazioni verso terzi, il
quale individua non prodotti, ma servizi offerti al mercato.
Tale distinzione rimane però solo terminologica, non esistendo in pratica alcuna differenza nella
normativa di tutela delle diverse tipologie.
d) Marchio di forma o tridimensionale. Fra i segni che possono costituire oggetto di valido
marchio, la L.M. annovera la forma del prodotto o della sua confezione. La possibilità di
proteggere delle forme, ha modi e requisiti identici a quelli richiesti per le altre tipologie di
marchio. Pertanto, non sarebbe brevettabile, ad esempio, come marchio una forma di
contenitore per aranciate riproducente un’arancia, perché descrittivo del prodotto, e dunque
privo di capacità distintiva. Va inoltre evidenziato che “una forma può essere validamente
registrata come marchio nel solo caso in cui essa sia inconsueta, arbitraria, di mera fantasia (o
meglio gratuita, capricciosa), ed ad essa siano del tutto estranei dei compiti estetici o
funzionali, o comunque di utilità particolare”.
Ne consegue l’esclusione dalla registrabilità di un marchio di forma che presenti un valore
funzionale o ornamentale, anche se allo stesso tempo sia riscontrabile un valore distintivo in
merito alla provenienza del prodotto. Difatti, possibili caratteri funzionali o di utilità farebbero
ricadere il marchio sotto la differente tipologia dell'invenzione o del modello di utilità o ancora
del disegno o modello.
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A tal proposito la bottiglia troncoconica dell'aperitivo Campari Soda, come pure la bottiglia
della Coca Cola, è stata ritenuta registrabile, in quanto si è ritenuto che la sua forma fosse
strettamente connessa ai criteri menzionati di arbitrarietà o fantasia, piuttosto che a funzioni di
ornamento o di utilità.
e) Marchio collettivo. I marchi collettivi non vanno confusi con i cosiddetti marchi individuali.
Mentre questi sono destinati a collegare un prodotto od un servizio ad una determinata impresa,
i marchi collettivi svolgono una funzione di garanzia, in quanto assicurano che il prodotto o il
servizio contrassegnato presenti:
♦ una determinata origine, che sia rilevante per la qualità del prodotto;
♦ una determinata natura, intesa come l'insieme di caratteristiche che un prodotto deve avere
in base alle materie prime utilizzate;
♦ una particolare qualità, come indicata nel regolamento d’uso.
I marchi collettivi possono essere registrati dai soggetti (spesso si tratta di consorzi di tutela),
che svolgono la funzione di garanti della provenienza o della qualità dei prodotti. I garanti,
però, non devono compiere attività d’impresa in proprio, contrassegnando, cioè, propri prodotti
o servizi. I titolari dei marchi collettivi hanno la facoltà di concedere in uso ad imprenditori
diversi i segni distintivi in oggetto.
I regolamenti concernenti l’uso dei marchi collettivi, che devono prevedere norme di controllo
della qualità e le relative sanzioni, devono essere necessariamente allegati alla domanda di
registrazione ed ogni eventuale modifica dev’essere comunicata all’Ufficio Italiano Brevetti
(UIBM).
E’ importante segnalare la sanzione della decadenza del marchio collettivo in caso di un uso
ingannevole, dovuto alla mancanza degli opportuni controlli previsti nel regolamento d’uso.
Un marchio collettivo può consistere anche di segni o indicazioni che nel commercio possano
servire per designare la provenienza geografica dei prodotti e servizi. L’UIBM può rifiutare,
con provvedimento motivato, la registrazione quando i marchi richiesti possano creare
situazioni di ingiustificato privilegio.
Anche per i marchi collettivi esiste la possibilità di utilizzare le medesime formule legali
previste per il marchio “individuale” per la protezione in Europa: deposito di una domanda di
marchio collettivo internazionale; deposito di una domanda di marchio collettivo comunitario.
f) Denominazioni d’origine. Non devono essere confuse con il marchio collettivo, poiché la loro
tutelabilità non dipende dalla registrazione, ma dall’emanazione di una specifica legge, che
definisce tutte le caratteristiche qualitative che i relativi prodotti devono possedere.
Ancora differenti dalle denominazioni di origine sono le indicazioni di provenienza in cui, per
definizione, l’indicazione geografica è utilizzata per segnalare il luogo di origine del prodotto,
normalmente legato a caratteristiche qualitative particolari. La differenza tra quest’istituto e
quello sopra descritto è molto sottile, pertanto, si ritiene che, in mancanza di un atto legislativo
o amministrativo, che definisca una località come denominazione d’origine, si è senz’altro in
presenza di un’indicazione di provenienza.
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18. TITOLARITÀ
Può ottenere una registrazione per marchio d’impresa chi lo utilizzi, o si proponga di utilizzarlo,
nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella prestazione di servizi della propria impresa o di
imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso
Quindi può ottenere una registrazione per marchio d’impresa:
a) un imprenditore (anche non commerciale);
b) una società;
c) enti della pubblica amministrazione, le Amministrazioni dello Stato, delle Regioni, delle
Province e dei Comuni;
d) chi lo utilizzi, o si proponga di utilizzarlo, nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella
prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano
uso con il suo consenso.
La registrazione del marchio è quindi svincolata sia dalla qualifica di imprenditore sia dall’attualità
dell’esercizio dell’impresa.
L'imprenditore straniero può essere titolare di un marchio italiano nei limiti del principio di
reciprocità, a condizione cioè che analoga opportunità sia ottenibile in quello Stato dall'operatore
italiano.
Il titolare di un marchio registrato ha diritto di farne uso per contraddistinguere i propri prodotti o
servizi e di vietarne l’uso da parte di terzi per prodotti o servizi identici o affini.
19. REQUISITI DI VALIDITÀ
La legge sui marchi (L.M.) indica agli articoli 16,17 e 18 i requisiti che consentono il godimento
delle privative di marchio: novità, liceità, verità e capacità distintiva.
19.1. Novità
L’art.16 L.M. stabilisce che non possono essere oggetto di brevettazione per marchio le diciture,
denominazioni e rappresentazioni grafiche o di forma già note all’interno del mercato per prodotti o
servizi identici o affini.
Il principio appena enunciato, in virtù del quale un segno è suscettibile di registrazione solo “se
nuovo”, prevede la nullità del marchio in assenza di tale requisito.
Va comunque menzionato a tal riguardo la possibilità di ottenere la convalida di un marchio,
successivamente adottato, privo del requisito di novità. Lo scopo dell’istituto della convalida,
comune a quello dell’usucapione e della prescrizione, è quello di sanare delle situazioni di fatto,
ristabilendo una situazione di diritto, o meglio di certezza del diritto.
In buona sostanza, l’uso quinquennale di un segno distintivo invalido, tollerato dal titolare del
marchio anteriore attraverso un comportamento omissivo o di acquiescenza, sana il vizio di nullità
su menzionato, precludendo ovviamente la relativa azione di nullità.
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E’ importante ricordare che, a differenza dei brevetti, il carattere della novità del marchio non è
assoluto: vale a dire che può essere validamente registrato un marchio anche in presenza di un
marchio non registrato oppure decaduto.
19.2. Liceità
Secondo l’art.18 L.M. non possono costituire oggetto di registrazione come marchio i segni contrari
alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume, oppure costituiti da stemmi o segni protetti da
convenzioni internazionali.
E’ prevista anche la nullità del marchio nel caso di contrasto sopravvenuto del segno distintivo con
la legge, l’ordine pubblico ed il buon costume.
19.3. Verità
Lo stesso articolo, inoltre, recita che non possono costituire oggetto di valida registrazione i segni
distintivi idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o
sulla qualità dei prodotti o servizi.
L’esclusione dalla brevettabilità dei segni ingannevoli discende dalla valenza semantica dei marchi
e dalla loro relazione con i prodotti per i quali è richiesta la registrazione.
Con tale requisito s’intende evitare la registrazione di “parole, figure o segni contenenti indicazioni
non veritiere sull’origine o sulla qualità dei prodotti o merci, o comunque atti a trarre in inganno
nella scelta di questi ultimi (per esempio Scotchdrink per bevande prodotte in Italia con whisky
scozzese e soda).
19.4. Capacità distintiva
L’art.16 L.M. dispone che possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti
i nuovi segni purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi. In buona sostanza, il marchio, oltre
che non confondibile con altri segni distintivi preesistenti, deve possedere una certa capacità
distintiva.
Questo principio esclude dalla registrabilità:
♦ i segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio;
♦ i segni costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da
indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono.
Il marchio, quindi, deve possedere anche una certa capacità distintiva e cioè, non deve consistere in
una parola, figura o segno di uso generale, una denominazione generica, un’indicazione meramente
descrittiva. Non dovrà trattarsi di vocaboli che costituiscano il nome generico di un determinato tipo
di prodotto o che si configurano come la descrizione dell’individualità o qualità dello stesso.
Ne consegue che ciascun marchio, nella propria realtà commerciale, può essere dotato di una
maggiore (marchio forte) o minore (marchio debole) capacità distintiva, a seconda dell'originalità
della propria composizione grafica o letterale.
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Marchi «deboli» e «forti»
I cosiddetti marchi espressivi, in altre parole quei segni il cui contenuto risulta molto vicino, per
esempio, ad una qualità del prodotto contraddistinto sono stati qualificati in Giurisprudenza come
dei marchi deboli. A questa particolare categoria appartengono in generale, tra gli altri, i marchi
dei prodotti farmaceutici, per i quali la proprietà distintiva, spesso legata alla composizione chimica
o all’attività del farmaco, è ai limiti della percettibilità.
In posizione opposta ai marchi deboli si trovano i cosiddetti marchi forti, nei quali cioè
l’originalità del segno sia particolarmente visibile o, secondo le più moderne tendenze
interpretative, l’originalità si possa riscontrare nell’accostamento di una parola, anche comune, al
prodotto contraddistinto.
La qualifica di marchio forte o debole comporta una diversa tutela, che va dalla protezione più
ampia concessa al segno distintivo forte, contro contraffazioni o riproduzioni anche notevoli, ad una
difesa più limitata di quello debole, che preclude in pratica solo la riproduzione integrale del
marchio.
Ne risulta il fenomeno della “graduabilità” della capacità distintiva, che comporta
conseguenze di notevole importanza.
Da una parte, infatti, tale graduabilità ha effetto al momento della registrazione del marchio, al fine
di riconoscere o no una validità giuridica al segno, e che può anche tradursi in un rifiuto della
concessione della registrazione di un marchio per mancanza del requisito della capacità distintiva.
Dall’altra, invece, essa comporta che le valutazioni dell’esistenza o meno della capacità distintiva
possano essere condotte in un momento successivo alla registrazione, attenendo specificatamente le
condizioni di vitalità del segno anche in tempi successivi alla sua affermazione.
Si può giungere, quindi alla conseguenza estrema della cosiddetta “volgarizzazione”, ovverosia alla
situazione in cui un marchio validamente costituitosi e, in un primo tempo, perfettamente idoneo a
contraddistinguere il prodotto, divenga poi successivamente, a causa di mutamenti della realtà
commerciale in cui opera, inidoneo ad esplicare adeguatamente la sua funzione descrittiva, perché
l’espressione che lo compone è divenuta denominazione generica del prodotto.
20. MARCHIO DI FATTO
I fatti costitutivi del diritto di marchio sono la registrazione o l’uso.
Ai sensi dell’ordinamento vigente, non esistendo l’obbligo della registrazione di un marchio,
l’imprenditore ha la facoltà di non registrare il proprio segno distintivo, dando così origine al
cosiddetto marchio di fatto.
L’uso, come fatto costitutivo del marchio non registrato, si verifica con la semplice apposizione del
segno su prodotti o merci circolanti nel territorio dello Stato oppure con una sua utilizzazione in una
campagna pubblicitaria, le cui dimensioni facciano presupporre una prossima commercializzazione
del prodotto.
Al fine di delimitare la protezione legale accordata al segno (che a differenza del marchio registrato
non è presunta per tutto il territorio nazionale) la portata di tale uso dovrà essere accertata come
locale o generale.
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Il marchio di fatto non gode, quindi, delle presunzioni di validità e delle garanzie processuali legate
alla registrazione.
21. REGISTRAZIONE DEL MARCHIO
21.1. La domanda
I diritti esclusivi di utilizzazione di un marchio sono conferiti con la registrazione. Gli effetti di tale
registrazione decorrono dalla data di deposito della domanda e durano dieci anni.
La domanda di registrazione di marchio deve essere depositata presso l’Ufficio Italiano Brevetti e
Marchi (UIBM) del Ministero dell'Industria o presso le Camere di Commercio.
Il deposito, relativo ad un singolo marchio, deve essere presentato dal titolare del marchio o da un
suo mandatario utilizzando una precisa modulistica.
Nella domanda devono essere indicati:
♦ cognome, nome ed indirizzo del titolare del marchio;
♦ cognome, nome ed indirizzo del suo eventuale mandatario;
♦ in caso di marchio figurativo, l’esemplare del marchio, apposto nello spazio previsto
accompagnato dalla descrizione verbale e dall’eventuale rivendicazione dei colori. In caso di
marchio verbale è riportata la semplice denominazione;
♦ i prodotti o i servizi ai quali il marchio si riferisce sulla base della classificazione internazionale.
Per i marchi collettivi è necessaria la presentazione del regolamento concernente l'uso del marchio, i
controlli previsti e le relative sanzioni.
I documenti non in lingua italiana, tranne quelli in lingua francese, devono essere tradotti. Tale
eventualità riguarda i depositi basati, ai sensi della Convenzione di Parigi, su una precedente
domanda depositata entro i sei mesi precedenti in uno dei Paesi aderenti alla menzionata
Convenzione (priorità).
Qualora sia fatta tale rivendicazione, nella domanda deve essere indicata:
♦ la data;
♦ il numero di deposito o di registrazione;
♦ la copia autentica della domanda o registrazione di base
♦ la relativa traduzione in italiano.
Una domanda rivendicante la priorità può essere richiesta facendo decorrere i termini della stessa
dalla data di presentazione del marchio in un'esposizione o fiera nazionale o internazionale, secondo
il principio di reciprocità. Tal esposizione, comunque, deve essere intervenuta nei sei mesi
antecedenti la data di deposito della domanda di registrazione.
Nella relativa domanda dovranno essere indicati la data della manifestazione e la data della
esposizione del prodotto. Inoltre occorrerà allegare:
♦ certificato legalizzato contenente il nominativo dell'espositore;
♦ la documentazione attestante il trasferimento del diritto se il depositante non è colui che, di
fatto, esponeva;
♦ la descrizione del marchio.
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21.2. Procedura di concessione e ricorsi
Una volta completata la domanda di registrazione del marchio secondo le modalità ed i requisiti di
cui sopra, e depositata presso gli uffici competenti, l’UIBM ne valuta innanzi tutto la regolarità
formale.
In caso di irregolarità od omissioni la domanda viene dichiarata irricevibile, con provvedimento
impugnabile entro 30 giorni dalla comunicazione davanti alla Commissione dei Ricorsi.
Laddove i requisiti formali fossero stati rispettati, l’UIBM prosegue in un’indagine di tipo
sostanziale, per accertare la presenza dei requisiti stabiliti dalla legge, ed in particolare:
♦ la liceità;
♦ l’originalità;
♦ la veridicità.
Ma controlla anche:
♦ che non si sia in presenza di stemmi o segni proibiti dalle Convenzioni Internazionali;
♦ che il marchio non sia descrittivo o costituito da denominazioni geografiche;
♦ che non sia costituito da nomi o ritratti altrui in violazione delle relative disposizioni di legge.
L’UIBM non può tuttavia giudicare in merito alle seguenti condizioni:
♦ se il marchio leda i diritti altrui su invenzioni o opere dell’ingegno;
♦ sul divieto di inserire nel marchio la ditta, l’insegna o la sigla altrui;
♦ in ordine al requisito di novità.
In relazione a tali ultimi divieti si è però sostenuto in dottrina che l’UIBM possa non concedere la
registrazione qualora, per propria conoscenza, rilevi la mancanza di uno dei requisiti citati.
Nel caso di esito negativo dell’esame, l’UIBM deve darne immediata comunicazione al titolare,
fissando un termine, prorogabile al massimo di altri sei mesi, entro il quale l’interessato deve
fornire una risposta.
Qualora le posizioni delle parti dovessero rimanere inalterate, il richiedente ha la facoltà di
presentare ricorso alla Commissione dei Ricorsi, entro 30 giorni dalla comunicazione negativa
definitiva. Il parere della Commissione, che viene espresso in una sentenza motivata, è vincolante
per l’UIBM, che dovrà adeguarsi al suo contenuto. In mancanza di ottemperanza è possibile
presentare ricorso al Consiglio di Stato.
Qualora, invece, la Commissione dei Ricorsi respingesse il ricorso, è possibile impugnare tale
decisione presso la Corte di Cassazione che, nel caso concordi con l’impugnativa, delineerà i
principi cui dovrà attenersi la Commissione nel riesame del ricorso. La decisione finale espressa
dalla Commissione dei Ricorsi in tale ultima eventualità non sarà vincolante per l’UIBM, che potrà
ancora opporsi alla registrazione. Peraltro, nel caso di inottemperanza il richiedente potrà adire il
Consiglio di Stato che, a sua volta, potrà ordinare all’UIBM di concedere la registrazione.
Qualora viceversa la domanda di registrazione soddisfacesse tutti i requisiti formali e sostanziali,
l’UIBM provvederà a rilasciare un attestato, contrassegnato con un numero progressivo, e
dovrebbero procedere alla pubblicazione sul Bollettino dei brevetti per invenzioni, modelli e marchi
(che però non è più pubblicato da tempo).
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21.3. Il Protocollo di Madrid sulla registrazione Internazionale dei marchi
Il Decreto legislativo 8 Ottobre 1999 N. 447 dal titolo “Disposizioni in materia di marchi d’impresa
per l’applicazione del Protocollo di Madrid sulla registrazione Internazionale dei marchi",
pubblicato il 1° dicembre 1999, introduce delle importanti novità alla legislazione nazionale
vigente, e nella regolamentazione relativa ai marchi d’impresa.
In sostanza introduce delle nuove regole in merito, non solo all’ammissibilità in Italia
dell’intervento di terzi nella procedura di registrazione marchi e davanti alla Commissione dei
Ricorsi, ma anche riguardo alla possibilità di esperire un’azione amministrativa di Opposizione per
il titolare di diritti anteriori di marchio.
Un’ulteriore novità che è stata introdotta consiste nell’equiparazione dei marchi internazionali,
designanti l’Italia, ai marchi nazionali per quanto riguarda i requisiti di registrabilità. Questo si
traduce nella possibilità da una parte per l’UIBM di esaminare anche tali marchi (al pari di quelli
nazionali) e dall’altra per le imprese di reagire a livello amministrativo senza adire le più onerose
vie legali.
Tra le novità normative più rilevanti, senza potere in questa sede approfondire, vanno segnalati:
♦ i termini per la presentazione di osservazioni ed opposizioni ai marchi internazionali;
♦ il regime dei rifiuti provvisori;
♦ la procedura per depositare deduzioni per il titolare di un marchio oggetto di rifiuto provvisorio;
♦ il regime dei rifiuti definitivi;
♦ le condizioni per l’ottenimento della conversione di un marchio internazionale (designante
l’Italia) in un marchio nazionale.
Un approfondimento particolare va fatto in merito alle nuove fattispecie relative al deposito delle
osservazioni ed alla procedura di opposizione .
Sulla base di tal emendamento entro sessanta giorni dalla pubblicazione di una domanda di marchio
qualunque interessato (il quale, anche a seguito dell’esperimento di tale procedura non assume la
posizione di parte) può inoltrare all’UIBM delle osservazioni scritte, limitate ai motivi di rigetto
d’ufficio con l’esclusione di quelli inerenti il difetto di novità. Le osservazioni depositate presso
UIBM sono poi comunicate al titolare della domanda, il quale ha a disposizione trenta giorni per
replicare tramite deduzioni.
La nuova procedura di opposizione è probabilmente la più importante, dal momento che introduce
la possibilità per il titolare di un marchio preesistente (il licenziatario esclusivo, nonché i soggetti
legittimati di cui all’art.21 L.M.) di presentare, entro tre mesi dalla pubblicazione di una domanda
di marchio sul “Bollettino (n.b. telematico) dei brevetti per invenzioni e modelli e sui marchi”,
un’opposizione scritta, motivata e documentata, per far valere quelli che secondo lui sono degli
impedimenti alla registrazione del nuovo marchio.
Il titolare della domanda, ricevuta la comunicazione dell’opposizione può, entro i successivi trenta
giorni, replicare presentando le proprie deduzioni ed eccezioni.
Vanno menzionati a tal riguardo:
1) l’impugnabilità davanti alla Commissione Ricorsi del provvedimento che respinge o dichiara
inammissibile un’opposizione (analogamente a quanto avviene per l’impugnabilità del
provvedimento che rifiuta parzialmente o totalmente la registrazione di una domanda) entro
trenta giorni dalla comunicazione di tale decisione;
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2) le varie cause di estinzione della procedura di opposizione: dichiarazione di nullità/decadenza
del marchio (con sentenza passata in giudicato), ritiro dell’opposizione; decisione di rigetto
definitivo (o ritiro) della domanda, difetto di legittimazione nella presentazione di
un’opposizione;
3) le disposizioni finali e transitorie del decreto, le quali (a seguito dell’introduzione della nuova
procedura di opposizione), emendando la Legge Invenzioni, rivedono la composizione della
Commissione Ricorsi (scomposta ora in due sezioni e costituita non più da quattro ma da otto
membri, oltre a Presidente e Vicepresidente).
Un’ulteriore modifica apportata dal decreto legislativo, non certo meno importante, individua, quale
unico soggetto legittimato a proporre l’azione per l’ottenimento della dichiarazione di nullità o
decadenza di un marchio, il titolare di preesistenti privative (escludendo da tale reazione “chiunque
vi abbia interesse”).
21.4. Rinnovo
La domanda di rinnovo deve essere presentata entro la scadenza, dieci anni dal giorno della prima
presentazione (e comunque fino a sei mesi dopo tale periodo, dietro pagamento di una penale).
Nella domanda occorre indicare:
a) il numero di registrazione;
b) la data di scadenza della precedente registrazione;
c) i numeri di eventuali precedenti registrazioni.
L'UIBM, una volta ricevuta la domanda, che non dovrà contenere mutamenti sostanziali in merito
agli elementi distintivi del marchio, provvede al rilascio dell’inerente attestato.
21.5. Cause di estinzione
Cause di estinzione del diritto di marchio sono le seguenti:
a) la scadenza del termine decennale previsto, non seguito dal deposito di una domanda di rinnovo;
b) la rinuncia del titolare;
c) la sopravvenuta contrarietà del segno alla legge, l'ordine pubblico o il buon costume;
d) la volgarizzazione;
e) l'omissione dei controlli in tema di marchi collettivi;
f) la decadenza per mancato uso, prevista per il caso in cui il marchio non sia stato oggetto di un
uso effettivo entro cinque anni dalla registrazione, o se tale utilizzazione è stata sospesa per un
periodo ininterrotto di cinque anni.
21.6. Cause di nullità
Il marchio è nullo:
a) se manca uno dei requisiti previsti dall'art.16 o sussista uno degli impedimenti previsti
dall'art.17;
b) se in contrasto con il disposto dell'art.18 e dell'art.22, comma 2;
c) se in contrasto con il disposto dell'art.21;
d) nel caso dell'art.25, comma 3, lettera b.
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22. CIRCOLAZIONE E CONTITOLARITÀ
Contrariamente a quanto avveniva sotto la normativa precedente, attualmente la circolazione del
marchio ora è libera, vale a dire del tutto svincolata dalla cessione dell’azienda o di un ramo di
questa. E’ un’ulteriore affermazione che il marchio ha acquisito ormai il carattere di bene
autonomo.
Il marchio può essere trasferito per la totalità dei prodotti o servizi per cui è stato registrato o solo
per una parte di essi, a condizione che dal trasferimento parziale non derivi un inganno per il
pubblico, cioè a condizione che i prodotti o servizi presentino gli stessi caratteri che hanno
determinato le scelte dei consumatori verso i prodotti o servizi precedenti.
Il titolare provvede al trasferimento dei diritti inerenti le registrazioni di marchio essenzialmente
attraverso i contratti di cessione e licenza (quest’ultimo non è soggetto a registrazione). Ulteriori
contratti concernenti la circolazione di tali privative vanno considerati: la costituzione di usufrutto,
il conferimento in società, l'eredità e gli atti di esecuzione individuale o concorsuale. I citati
contratti sono soggetti a registrazione tramite nota di trascrizione.
22.1. Nota di trascrizione
La trascrizione in esame ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, in quanto la sua funzione è
quella di rendere legalmente note le annotazioni inserite nel Registro.
L'atto di trascrizione è costituito da:
a) una domanda in carta bollata in duplice originale contenente:
- le generalità del trasferente e del suo eventuale rappresentante;
- le generalità del registrante;
- il numero e la data di registrazione del marchio;
- la giustificazione del trasferimento;
b) un verbale di trascrizione;
c) una lettera d'incarico (se si agisce tramite mandatario);
d) l'attestazione del versamento, eseguito con bollettino sul c/c postale n. 82618000, intestato
all'Ufficio registro tasse concessioni di Roma;
e) un eventuale atto di cessione autenticato da notaio e registrato presso l'Ufficio del Registro, se si
e in presenza di una cessione; o un certificato storico della società ottenuto presso la Camera di
commercio in caso di fusione.
In presenza di documenti non redatti in lingua italiana è necessaria la loro traduzione con relativa
autentica dell'Autorità diplomatica o consolare.
22.2. Contratti di cessione e licenza
Sulla base della disciplina in vigore, che non pone vincoli alla libera trasferibilità dei marchi, il
contratto di cessione è definito come lo strumento tramite il quale il concedente, titolare del
marchio, può trasferire al cessionario, a titolo definitivo ed esclusivo, diritti inerenti privative.
Differente dal contratto di cessione è il contratto di licenza, tramite il quale il licenziante (il quale
continua a mantenere la titolarità sulle privative) autorizza a titolo esclusivo (o non esclusivo) il
licenziatario all’utilizzazione di tale segno distintivo.
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22.3. Istanza di annotazione
Tramite l’istanza di annotazione è assoggettata ad un regime di pubblicità qualsiasi notizia inerente
la denominazione o indirizzo della società.
Questo atto è composto da:
a) una domanda in bollo, con relativa copia, nella quale vanno inserite le medesime indicazioni
previste per la trascrizione;
b) un verbale delle «varie»;
c) una lettera d'incarico, se è presente un mandatario;
d) l'attestazione del versamento della tassa relativa all'Ufficio registro tasse concessioni di Roma;
e) i documenti inerenti l'oggetto che si intende annotare.
23. MARCHIO INTERNAZIONALE
L'Accordo di Madrid ha introdotto la procedura della registrazione internazionale dei marchi.
Questa procedura permette di proteggere un marchio in uno o più dei Paesi aderenti a tale Accordo,
tramite un singolo deposito, compilato in una sola lingua, e presso un unico ente: l’Organizzazione
Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI).
I Paesi ad oggi aderenti all'Accordo sono i seguenti: Albania, Algeria, Armenia, Austria,
Azerbajian, Benelux, Bulgaria, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Cina, Cuba, Egitto, Francia,
Italia, Kenya, Lesotho, Croazia, Slovenia, Ucraina, Kazahstan, Lettonia, Liberia, Liechtenstein,
Marocco, Mozambico, Portogallo, Principato di Monaco, Germania, Repubblica Popolare
Democratica di Corea, Romania, Sierra Leone, Spagna, Sudan, Svizzera, Swaziland, Ungheria,
Federazione Russa, Bielorussia, Repubblica Mongola, Vietnam, Macedonia, Moldavia,
Tadzhikistan, Uzbekistan, Bosnia-Erzegovina, Kirgizistan, Jugoslavia, Polonia e San Marino.
23.1. Procedura di registrazione
Il marchio internazionale poggia su una domanda di marchio nazionale. Prima di procedere al
deposito di una domanda di marchio internazionale, pertanto, per i cittadini italiani occorre essere
titolari di una domanda di marchio italiano.
La domanda di registrazione internazionale va presentata all'ufficio dell'OMPI con sede a Ginevra,
tramite l'Amministrazione nazionale del richiedente (in Italia tramite l'UIBM).
Sono necessari i seguenti documenti:
a) modulo di domanda MI/1 redatto in triplice originale indicante:
- le generalità del richiedente;
- le generalità dell'eventuale mandatario;
- il numero e le date del deposito nazionale di base e, se avvenuto entro i sei mesi precedenti,
l'indicazione di rivendicazione della priorità;
- un esemplare del marchio per ogni modulo, da applicarsi nell'apposito spazio (identico alla
domanda di base);
- la descrizione dei prodotti rivendicati, secondo l'identica formulazione utilizzata nella domanda
di base;
- la designazione dei Paesi di interesse;
- l'indicazione della modalità di pagamento prescelta;
- l'ammontare totale delle tasse secondo le classi di prodotti e i Paesi rivendicati;
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b) una domanda in carta bollata con la quale, una volta indicate le generalità del richiedente e
dell'eventuale mandatario, si chiede al Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato
la registrazione internazionale del marchio ivi citato, per i prodotti e i Paesi d'interesse;
c) un verbale di deposito;
d) una lettera d'incarico;
e) l'attestato del versamento con bollettino intestato all'Ufficio registro tasse e concessioni di
Roma.
L’OMPI, a seguito dell’inoltro della domanda, assegna al marchio un numero di registrazione,
mentre la procedura di concessione è invece assoggettata alle modalità previste da ogni singolo
Stato designato.
I rifiuti di registrazione, per i quali è prevista la replica, devono essere comunicati all’OMPI entro
12 mesi dalla data di registrazione internazionale. In assenza di tali rifiuti la protezione del marchio
si intende accettata, salvo eventuali procedure di nullità o decadenza presentate davanti alle autorità
nazionali competenti.
24. MARCHIO COMUNITARIO
Il regolamento Ce 40/94 del 20 dicembre 1993, modificato in parte del regolamento n. 3288/94 del
22 dicembre 1994, ed ufficialmente operativo dal 1° aprile 1996, ha istituito il Marchio
comunitario.
L’Ufficio per l'Armonizzazione nel Mercato Interno (UAMI), con sede ad Alicante (Spagna), è
l'ufficio atto a ricevere le domande di marchi comunitari e a rilasciare l’inerente concessione.
Le lingue ufficiali previste per l’adozione di tale strumento di deposito sono italiano, inglese,
francese, tedesco e spagnolo.
Con un marchio comunitario è possibile ottenere la protezione legale di un segno distintivo,
per dieci anni a partire dalla data di deposito della domanda, automaticamente in tutti i
quindici Paesi aderenti all’Unione Europea (UE), mediante il deposito di un'unica domanda.
Di tale procedura vanno evidenziati alcuni rischi. Secondo il regolamento attualmente vigente,
infatti, se a seguito dell’esame la domanda di marchio non fosse accettata per qualunque motivo (ad
esempio la preesistenza di un marchio nazionale in uno dei Paesi aderenti), quest’ultima sarebbe
rigettata per tutti i paesi dell’UE ed il titolare del marchio sarebbe costretto ad attivare una
procedura di conversione, vale a dire a presentare delle singole domande in ciascun paese con un
evidente incremento dei costi.
Per la titolarità del marchio Comunitario, va inoltre, segnalata l’assenza di limitazioni di
cittadinanza, residenza o eventuale sede della società in ambito UE, in quanto estesa alla totalità dei
soggetti interessati.
25. PRIORITÀ DI DEPOSITI EFFETTUATI ALL'ESTERO
Il titolare di una domanda nazionale può estendere all’estero la propria richiesta di registrazione
rivendicando la priorità, e cioè facendo decorrere i propri diritti dalla data di deposito della
domanda italiana, nel rispetto del limite temporale di sei mesi.
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Tale rivendicazione è valida sia ai fini di un'estensione all'estero, in uno dei Paesi aderenti alla
Convenzione di Unione di Parigi, sia ai fini di una registrazione internazionale o di un marchio
comunitario.
Il titolare, in presenza di tale richiesta, dovrà pertanto allegare alla domanda:
♦ un documento bollato contenente la riproduzione del marchio (identico a quello del precedente
deposito);
♦ l'elenco dei prodotti;
♦ le generalità del richiedente;
♦ la data e il numero di deposito o registrazione.
26. LA TUTELA GIUDIZIARIA DI MARCHI E BREVETTI
26.1. L'azione di contraffazione
L’azione giudiziaria a tutela dei marchi viene definita “azione di contraffazione”; dal momento che,
appunto, per contraffazione si intende violazione, da parte di terzi, dei diritti esclusivi su tali segni
distintivi.
Se il marchio è stato registrato in Italia, legittimati alla inerente proposizione dinanzi all’Autorità
giudiziaria Italiana (cui spetta la giurisdizione, indipendentemente da cittadinanza, domicilio o
residenza delle parti) sono: il titolare del marchio ed il suo licenziatario esclusivo (generalmente si
ammette l’intervento del licenziatario non esclusivo, o del distributore, nel giudizio già promosso
dal titolare).
L'azione giudiziaria va promossa contro gli autori del comportamento illecito: fabbricante (che ha
apposto il marchio), rivenditore, eventuale licenziatario.
Il titolare del marchio (ed il licenziatario) hanno la legittimazione attiva ad agire anche nel caso in
cui il segno distintivo, oggetto della domanda, non sia stato ancora registrato. Però, siccome il
rilascio della registrazione costituisce una condizione necessaria per l'emissione della sentenza, è
possibile fare istanza all'UIBM per accelerare l'iter di registrazione, allegando l'atto introduttivo di
giudizio.
Esempi di uso illecito del marchio:
a) l'utilizzazione del marchio altrui in funzione ornamentale o nell'ambito della cosiddetta
pubblicità «per agganciamento»;
b) l'utilizzazione del segno nella corrispondenza;
c) l’apposizione del segno altrui su prodotti destinati all'esportazione.
Quanto alla competenza va detto che essa appartiene al giudice del domicilio del convenuto. Ma se
quest’ultimo non abbia residenza, dimora o domicilio, spetta al giudice del domicilio dell’attore; e
se questi non abbia domicilio, residenza o dimora in Italia, al giudice del foro di Roma.
In alternativa a tale impostazione, la legge prevede la competenza del giudice del luogo in cui si è
verificata la contraffazione, dove cioè i prodotti e/o servizi del produttore, recanti il marchio
contraffatto, sono stati messi in vendita dal distributore o rivenditore, o comunque, reclamizzati (cd.
fenomeno del forum shopping, o competenza diffusa a tutti i fori del Paese).
Una copia dell’atto di citazione deve essere comunicata (prima della decisione), a cura dell’attore,
all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi; in caso contrario la causa instaurata dovrà ritenersi
51
improcedibile (non essendo state previste a tal proposito ulteriori sanzioni).
26.2. Le misure cautelari
L’azione in esame può essere preceduta dalle misure cautelari previste: descrizione, sequestro,
inibitoria.
Lo scopo di tali provvedimenti, quali strumenti anticipatori della decisione finale, è strettamente
connessa alle lungaggini processuali, e dunque al tempo necessario a far valere in via ordinaria il
diritto leso.
Le misure individuate dagli articoli citati non sono applicabili al caso del marchio di fatto, per il
quale è previsto il provvedimento di cui all'art.700 del codice di procedura civile.
a) La descrizione , assimilabile all’accertamento tecnico preventivo, è rivolta all’acquisizione della
prova della contraffazione. Essa può riguardare gli oggetti (anche di terzi, provenienti dal
contraffattore, e non per uso personale), gli strumenti necessari per la loro produzione, ulteriori
elementi di prova.
Tale misura cautelare è generalmente ammessa nei casi di prodotti non ancora in vendita, in
un’esposizione, e di valore tale da renderne gravoso l’acquisto, e viene svolta, entro 30 giorni dalla
pronuncia, dall’ufficiale giudiziario, con l’ausilio di periti e mezzi tecnici.
La descrizione (prima dell’instaurazione del giudizio di merito) va richiesta al giudice competente
della causa di merito, il quale provvede, previa o meno comparizione delle parti, dopo aver
accertato la sussistenza del fumus bonus iuris e periculum in mora.
Il decreto (o l’ordinanza) del giudice, col quale viene disposta la descrizione, fissa il termine
perentorio di 30 giorni per l’instaurazione del giudizio di merito; in caso di mancato inizio del
giudizio, il provvedimento ottenuto perde efficacia. Inoltre, la descrizione su oggetti di terzi perde
efficacia, qualora non vengano notificati verbale, ricorso e provvedimento entro 30 giorni decorrenti
dall’avvenuto completamento della stessa.
b) Il sequestro, è anch’esso rivolto all’acquisizione della prova della contraffazione analogamente
alla descrizione.
Può riguardare gli oggetti (anche di terzi, provenienti dal contraffattore, e non per uso personale),
gli strumenti necessari per la loro produzione, ulteriori elementi di prova. E’ eseguito dall’Ufficiale
giudiziario entro 30 giorni dalla pronuncia e va richiesto al giudice competente per il merito.
L’ordinanza di accoglimento dell’istanza fissa il termine perentorio di 30 giorni per l’instaurazione
del giudizio di merito, dietro il versamento di una cauzione; in caso di mancato inizio del giudizio,
il provvedimento ottenuto perde efficacia.
Anche per il sequestro su oggetti di terzi è previsto un onere di notifica del verbale, ricorso e
provvedimento analogamente a quanto avviene per la descrizione.
c)
L’inibitoria cautelare può essere richiesta prima o durante il giudizio di merito, allo scopo
di bloccare (inibire appunto) la fabbricazione, il commercio, l’uso di prodotti o servizi recanti il
marchio contraffatto. La competenza e la procedura inerente tale misura cautelare è identica a
quella della descrizione e del sequestro.
52
26.3 Le sanzioni
Ritornando all’azione di contraffazione, dobbiamo introdurre le principali sanzioni, previste dalla
legge, in caso di accertamento della lesione delle privative del titolare: l’inibitoria ed il risarcimento
del danno (oltre ovviamente alla distruzione “delle parole, figure o segni con i quali tale
contraffazione o lesione è stata commessa”, del prodotto, dei mezzi necessari per l’inerente
produzione, la pubblicazione sui giornali della sentenza o dispositivo).
a) L’inibitoria, la quale non prende in considerazione il dolo o la colpa del contraffattore, consiste
nell’ordine di cessare (o non riprendere, qualora interrotto) il comportamento lesivo degli altrui
diritti; l’inosservanza di tale provvedimento è ulteriormente sanzionato dal codice penale e
dall’eventuale fissazione di una “somma dovuta per ogni violazione o inosservanza futura”
f) Il risarcimento dei danni è, invece, subordinato alla presenza della colpa o del dolo, presenza
che dovrebbe essere appunto provata dall’attore, nonostante la mediazione della presunzione di
colpa generalmente ammessa, e scaturente dal regime di pubblicità dei marchi
registrati.Difficile da individuare è invece il danno derivante dalla contraffazione: in caso di
diretta concorrenza con i prodotti del contraffattore esso dovrebbe consistere, secondo
l’orientamento prevalente, nel mancato utile del titolare per le mancate vendite, riscontrabile
sulla base dell’utile realizzato dal contraffattore (verificabile dalle scritture contabili), o secondo
una cifra equivalente ad un canone di licenza (royalty).
Più ardua diviene l’applicazione di tali principi nel caso di prodotti affini e proprio in virtù di
tali difficoltà la legge marchi prevede la possibilità di una liquidazione del danno in via
equitativa.
Come accennato, sanzioni accessorie possono essere:
c) ordine di distruzione, solo per marchi registrati e può applicarsi anche a beni di terzi;
d) pubblicazione della sentenza;
e) condanna in futuro, possibile solo per i marchi registrati. Si tratta di una somma dovuta dal
soccombente per ogni successiva ripetizione dell'illecito o per ogni ritardo nella cessazione
dell'attività illecita.
Il giudice penale, a sua volta, può applicare le disposizioni del codice penale.
27. ISCRIZIONE IN BILANCIO DEI MARCHI
Disciplina Civilistica.
Il quadro normativo di riferimento contenuto negli articoli del codice civile 2423 e 2423 bis,
chiarisce inizialmente i principi base di redazione del bilancio ed i criteri di valutazione da
utilizzare nella stima delle sue poste.
Il principio generale relativo alla redazione del bilancio è che questo sia compilato in modo chiaro.
Per tale ragione, a seguito del recepimento della IV Direttiva C.E. in tema di bilanci d’esercizio, è
stato adottato, in via uniforme, per la presentazione del documento, il cd. “Prospetto redatto con il
Metodo Scalare”.
Il principio generale della valutazione delle poste di bilancio (una delle poste da valutare è quella
relativa alla proprietà industriale) è quello della prudenza. Secondo tale criterio le poste devono
essere iscritte al minor valore tra quelli derivanti dall’applicazione dei criteri valutativi.
53
I valori di bilancio riguardanti i beni di proprietà industriale devono essere iscritti nella sezione
Attivo dello Stato Patrimoniale tra le Immobilizzazioni Immateriali alle voci “diritti di brevetto
industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno” e “concessioni, licenze, marchi ed altri
diritti simili” art.2424 lett. B). Il Codice Civile all’articolo 2426 ci indica che le immobilizzazioni
immateriali, al pari di quelle materiali, devono essere valutate al costo.
Ciò pone molteplici problemi di natura interpretativa in relazione a quale tipo di costo debba essere
preso in considerazione nella valutazione dei diritti di brevetto e di marchio.
La dottrina dominante suggerisce di iscrivere in Bilancio tra le Attività dello Stato Patrimoniale un
valore derivante dal rapporto tra due distinti criteri di valutazione: criterio del costo storico
rivalutato e criterio della royalty attualizzata in modo da ottenere un valore di valutazione
prudenziale.
Per quanto attiene l’iscrizione del valore di Ammortamento nel Conto economico tra i costi di
esercizio questo deve prudenzialmente derivare dall’effettivo utilizzo che del bene si è fatto tenendo
conto della vita economica del bene stesso (Art.2426 n. 2) C.c.
Disciplina Fiscale.
La valutazione di un bene immateriale viene considerata anche ai fini della normativa fiscale.
Ai sensi dell’articolo 85 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito i proventi derivanti dalla
cessione di beni di proprietà industriale rientrano fra i redditi di impresa se l’attività principale
dell’impresa sia quella della predisposizione e vendita di brevetti o marchi.
Se questa non fosse la principale attività dell’impresa si entrerebbe nel caso dei redditi diversi
assimilabili a plusvalenze.
Una norma particolare viene qui dettata in tema di ammortamenti dei cespiti derivanti da beni di
proprietà industriale. L’ammortamento è, infatti, ammesso per un valore non superiore ad un terzo
del costo di acquisto o di generazione del bene.
Tale norma sottolinea in modo più marcato la differenza sussistente tra la disciplina civilistica e la
disciplina fiscale del bilancio.
Ai fini IVA le cessioni di beni di proprietà industriale ricadono nell’ambito di applicazione
dell’imposta se effettuate, come avviene per tutti gli altri beni sul territorio nazionale.
28. CONCLUSIONI
La tutela dei diritti sulla proprietà intellettuale è diventato uno dei compiti di maggior rilievo della
nuova Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization – WTO), la cui
istituzione è stata sancita da nuove norme a conclusione dei negoziati di Marrakech dell’Accordo
GATT.
La protezione a livello internazionale dei risultati connessi alla tecnologia utilizzata, alla creatività
ed all’inventiva è un fattore cruciale per la competitività delle imprese nel commercio nell’ambito
dell’economia mondiale.
54
I cosiddetti “Intellectual Property Rights” sono i nuovi strumenti della penetrazione sui mercati
esteri e la loro tutela è al centro dei rapporti commerciali internazionali e diplomatici
La WTO suindicata svolge in particolare le seguenti funzioni:
♦ emanazione di norme che regolano il commercio e i servizi commerciali.
♦ regolazione degli accordi sulla proprietà intellettuale, sotto l'aspetto commerciale (Accordo
TRIPs).
♦ rafforzamento del meccanismo di definizione e risoluzione delle controversie.
L’Accordo TRIPs disciplina le aree dei diritti di proprietà intellettuale (brevetti, marchi, indicazioni
geografiche, diritto d’autore, disegni industriali, progetti dei circuiti integrati, informazioni
riservate, diritti dei paesi confinanti), svolgendo in particolare le seguenti funzioni:
♦ fissazione di standards minimi di tutela per i Paesi membri;
♦ definizione dei diritti garantiti da questa protezione;
♦ determinazione delle possibili eccezioni all’applicazione delle norme.
Nel nuovo contesto internazionale è necessario che i brevetti e i marchi diventino una
componente essenziale della cultura aziendale.
A tal scopo riteniamo consigliabile suggerire alle aziende di operare, quando non abbiano una
struttura interna, utilizzando servizi brevettuali esterni con una vasta e collauda esperienza, come
pure le strutture messe a disposizione dalle Camere di Commercio.
Le aziende dovrebbero, inoltre, organizzarsi anche dal punto di vista della documentazione
brevettuale, al fine di disporre di un’efficiente aggiornamento scientifico, di controllare l’attività
brevettuale dei concorrenti e di essere in grado di presentare opposizioni a brevetti di terzi. Questo
attualmente è possibile anche per mezzo delle Banche dati, che operano presso i Centri PIP delle
Camere di Commercio di Lucca.
55
29.
Legislazione
29.1. Legislazione nazionale in materia di marchi d’impresa
• Codice Civile
Art.2569 c.c. - diritto di esclusività
Art.2570 c.c. - marchi collettivi
Art.2571 c.c. – preuso
Art.2572 c.c. - divieto di soppressione del marchio
Art.2573 c.c. - Trasferimento del marchio
Art.2574 c.c. - Leggi speciali
• Codice Penale
Art.343 c.p. - contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o
di prodotti industriali.
Art.474 c.p. - Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi
Art.475 c.p. - Pena accessoria
Art.514 c.p. - Frodi contro le industrie nazionali
Art.515 c.p. - Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine
Art.517 c.p. - Vendita di prodotti industriali con segni mendaci
♦ 21 Giugno 1942, n. 929
Testo delle disposizioni legislative in materia di marchi d’impresa, revisionato e modificato con
D.lgs. 4 Dicembre 1992, n. 480.
♦ DPR 8 Maggio 1948, n. 795
Testo delle disposizioni regolamentari in materia di marchi registrati
♦ DPR 30 Giugno 1972, n. 540
Semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di brevetti per invenzioni
industriali, modelli e marchi.
♦ 25 Settembre 1972
Determinazione degli uffici presso i quali devono essere depositate le domande ed i
documenti concernenti brevetti per invenzioni, modelli e marchi.
♦ 22 Febbraio 1973
Regolamento di esecuzione del DPR 30 Giugno 1972, n. 540, in materia di brevetti per
invenzioni, modelli e marchi d’impresa, revisionato con D.M. 20 Febbraio 1980.
♦ 19 Luglio 1989, n. 320
Regolamento concernente modificazioni al D.M. 22 Febbraio 1973, relativo alle modalità di
presentazione e verbalizzazione delle domande per invenzioni industriali, modelli di utilità e
disegni industriali e ornamentali e marchi nazionali.
♦ D.Lgs. 4 Dicembre 1992, n. 480
Attuazione della Direttiva n. 89/104/CEE del Consiglio Direttivo del 21 Dicembre 1998,
recante il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa.
♦ D.Lgs. 19 Marzo 1996, n.198
Adeguamento della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni
obbligatorie dell’accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il
commercio - Uruguay Round.
56
29.2. Le principali Convenzioni internazionali
♦ Accordo di Madrid sulla registrazione internazionale dei marchi (Madrid 14 Aprile 1891)
♦ Regolamento del Consiglio delle Comunità Europee sul marchio comunitario (20 Dicembre
1993)
♦ Accordo TRIPs sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio
(Marrakech 15 Aprile 1994).
Ringraziamento:
la CCIAA di Lucca ringrazia vivamente per la realizzazione di questa Guida la società Notarbartolo & Gervasi Spa ,
una delle più qualificate società europee di consulenza in materia di proprietà intellettuale.
Essa opera con più di 40 professionisti nelle sedi di Milano, Firenze, Roma e Padova.
Un particolare ringraziamento va anche ai funzionari camerali dr. Francesco Fenudi e dr. Maido Niccolai, che hanno
curato la pubblicazione.
57
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