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cultur templi - notiziario della cavalleria angelica ss

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cultur templi - notiziario della cavalleria angelica ss
2012
N° 2
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
INDICE
Auguri
La voce del Gran Maestro
Il Cavaliere e la spada
Regola dei poveri Cavalieri di Cristo
Attenti ai preventivi
Pensieri in libertà
Umiltà e superbia
Parole di gioia
Sangrillà il paese dei sogni
Messaggio di speranza
Lasciamoci andare all’amore
L’angolo della salute
Ricette della casa
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Notiziario redatto in proprio dalla C.A.S.M.A.P. – Viene distribuito gratuitamente
a tutti gli associati e simpatizzanti della stessa.
Nota di redazione
Gli articoli inviati devono essere possibilmente propri, se venissero utilizzate fonti esterne queste non devono essere soggette a copy right e queste devono essere sempre citate.
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N° 2
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
Auguri
Il vostro CULTUR TEMPLI si augura che abbiate potuto trascorrere una
Pasqua veramente di pace e di amore.
Il Cristo Risorto (non dobbiamo mai temere che il mondo ci possa criticare
perché ci sentiamo Cristiani e abbiamo il coraggio di dirlo) doni a voi e alle vostre famiglie tanta serenità, pace, amore e forza per riuscire ad affrontare le prove, purtroppo ineluttabili, che la vita ci riserva; ricordiamoci sempre che non siamo soli Lui è sempre con noi, e quando il dolore ci
prova chiediamogli che ci dia la forza di dirgli, come Lui disse nel Getsemani “Padre fa che passi questo calice amaro, ma sia fatto come Tu vuoi e
non come voglio io.”
Tanti cari auguri.
Il vostro Cultur Templi
Abituati a dare il «buongiorno» alla vita che si rinnova ogni mattina. Osserva lo
splendore della luce, la bellezza del cielo. Guarda dentro di te e sorridi felice,
perché tutto ciò è in te e nella natura attorno a te. Eleva ogni giorno ilo tuo
pensiero, sintonizza il tuo cuore, colmalo della più pura allegria e di’: “Grazie
Signore!”
S.J Nobre
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
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N° 2
La voce del Gran Maestro Generale
Carissimi lettori, Fratelli e Sorelle, è con
grande gioia che usciamo con il numero
due. Apprezzamenti per la crescita e per la
visibilità, grazie ai contributi e al tempo dedicato da tutti coloro che si dedicano alla
formazione e redazione di questo meraviglioso giornalino..
Desideriamo trattare moltissimi argomenti,
alcuni dato la loro lunghezza usciranno a
puntate, ancora una volta mi permetto far
notare con quanta umiltà e fraternità ci si
confronta nella pianificazione, nella sollecitudine di chi cura il coordinamento affinché
tutto funzioni alla perfezione e ci permetta
di uscire regolarmente.
Colgo l’occasione per comunicare il grande
Evento del 2° Capitolo Templare che si è
tenuto il 24 e 25 marzo 2012 nella buona
terra di San Gregorio da Sassola, presso il
Santuario Madonna Nuova, Convento degli
Agostiniani Scalzi il cui Priore Padre Giovanni Foschi, quale nostro Cappellano Regionale del Lazio ci ha onorato con la celebrazione della Santa Messa domenicale cui
ha fatto seguito lo svolgimento del Capitolo,
in cui sono stati investiti alcune Dame e
Cavalieri, sono stati elevati dei fratelli e delle sorelle al grado di Commandeur e sono
stati conferiti altri gradi ed incarichi.
L’Assemblea Generale è’ stata l’opportunità
di convivere insieme fratelli e sorelle, di
condividere pensieri e idee, di aver potuto
confrontarci e pianificare i miglioramenti in
atto dell’Ordine. Si è avuta l’occasione di
parlare, anche di un evento in programma
presso il Castello di Genazzano Roma, con
la realizzazione di un CONVEGNO, prece-
duto da una mostra d’arte e altre iniziative
per raccolta fondi ecc...
Invito tutti a prepararvi per l’avvicinarsi della Pentecoste, affinché si possa ritrovare in
noi la forza, la spiritualità, la fratellanza,
l’umiltà, la serenità, la pace dell’anima, per
proseguire il nostro cammino nella totale
semplicità dei Poveri Cavalieri di Cristo, di
cui noi percorriamo le loro orme, i loro ideali, lo spirito Cavalleresco deve trionfare su
noi stessi per poter poi trasmetterlo ai nuovi
fratelli e sorelle che si avvicinano per condividere il nostro cammino, noi dobbiamo
essere pronti ad accoglierli, come nella parabola, il padre accoglie il ritorno del figlio
che si era allontanato, e lo festeggia nonostante avesse lasciato la famiglia per vivere
un’altra realtà. Cosa voglio dire con queste
parole? Voglio dire che noi dobbiamo sempre essere aperti a coloro che bussano alla
nostra porta, che non dobbiamo giudicare il
passato di quello che uno ha fatto o non ha
fatto, ma dobbiamo essere sempre felici di
accogliere nuove persone che si presentano con cuore umile e sereno, desiderosi di
conoscere una nuova strada da percorrere,
per affiancarli nella nuova convivenza con
noi. Dobbiamo saperli accogliere senza
remore o discriminazioni, perché nessuno
di noi deve mancare in superbia e sentirsi
migliore dell’altro, siamo tutti fratelli e sorelle, dobbiamo saper festeggiare, con il cuore e non solo con l’apparenza, coloro che
hanno bussato e dobbiamo saper dare loro
tutte le opportunità affinché possano crescere nella fede, nella gioia, nella serenità,
nella convivialità più fraterna possibile. Augurando a tutti gioia,
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
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pace e serenità, mi congedo con il nostro
bellissimo motto che, dobbiamo sempre ricordarci perché è anche un richiamo ad
una vita veramente cristiana
NON NOBIS DOMINE, NON NOBIS, SED
NOMINI TUO DA GLORIAM
Il Gran Maestro Generale
IL CAVALIERE E LA SPADA
della Cavalleria Angelica che si è impegnato/a, sotto la protezione di due Patroni come San Michele Arcangelo e San Pio da
Petralcina, a vivere e a diffondere l’ideale
evangelico non lo sono, non lo possono
essere, perché se lo fossero quel cavaliere
o quella dama sarebbero cavaliere o dama
solo di nome perché non avrebbero capito
assolutamente nulla dello spirito della nostra Associazione. Allora quale sono i mali
che dobbiamo combattere, ovviamente non
sono mali che si combattono con la spada
o lo stiletto perché essi sono solo il simbolo
che ci devono ricordare ogni giorno, ogni
momento a quale dovere noi ci siamo consacrati, i mali che noi dobbiamo combattere
e che come è stato accennato più sopra ci
circondano e permeano la vita sociale sono
l’egoismo, la superbia, la superficialità,
l’edonismo sfrenato, la non sincerità, la
mancanza di ideali, chiaramente da questi
derivano tante conseguenze negative come, ad esempio, sfruttamento dei più deboli, prevaricazioni, ecc, ecc e chi più ne ha
più ne metta..
Ma come dobbiamo combattere queste
nuove battaglie, questi nuovi nemici, dannosi e pericolosi come e forse più dei nemici materiali, non certamente con battaglie
clamorose e cruente, non siamo degli utopisti, ma in un modo normale e pur efficace: con il nostro modo di vivere da cristiani,
di persone che fanno il proprio dovere con
coscienza, di persone che vedono negli altri, soprattutto nei più deboli, colui che morì
e risorse, colui che dovrebbe informare tut-
Nell’abbigliamento
dei Cavalieri un articolo importante è
la spada. Per gli antichi cavalieri il portare la spada aveva
un significato, dato
che serviva per
combattere gli infedeli, per difendere i
pellegrini che si recavano al Santo Sepolcro, per tutelare i
deboli e gli indifesi, ma cosa significa il portare la spada ai nostri tempi? Oggi combattere contro degli avversari con un armamento simile è per lo meno anacronistico e
puerile, allora perché portare la spada?
Contro chi dobbiamo combattere visto che i
nemici di una volta non esistono più? Allora
perché?
La risposta a questo quesito la dobbiamo
ricercare nella simbologia, ossia dobbiamo
capire se c’è un ancora un nemico da combattere e se c’è quale è.
Ovviamente il nemico esiste ed è un nemico subdolo e terribile esso è il male. Questo nemico subdolo e terribile ci circonda,
convive con noi ogni giorno, ogni minuto, è
un nemico che se non si è forti e non si è
preparati può entrare in noi e possederci:
Sono parole dure e che possono sembrare
strane o per lo meno sorpassate a un non
credente, ma ad un cavaliere o a una dama
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
to il nostro modo di pensare e di essere,
ossia il Cristo morto e risorto che la croce
formata dall’elsa delle nostre armi ci deve
ricordare ogni istante; si ogni istante perché
dobbiamo sempre ricordarci che si è Cava
lieri o Dame sempre e non solo quando ci
si ritrova per i Capitoli o per i raduni dove si
sfila con mantelli, collari, ecc. ecc.
Il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra
non è facile, bisogna prepararsi giorno do-
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po giorno, formando il nostro interiore alla
luce dei principi che ci vengono richiesti dai
nostri statuti, se noi deviamo da questi o, in
taluni casi ce ne “freghiamo”, allora dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che
non siamo un Cavaliere o una Dama, ma
che siamo persone che perseguono altri
scopi o principi altrettanto, magari anche di
più, importanti e degni, ma che non sono i
principi cui noi ci vogliamo ispirare.
mojana renato
REGOLA DEI POVERI CAVALIERI DI CRISTO E DEL TEMPIO
DI SALOMONE
Per
conoscere
l’Ordine dei Cavalieri del Tempio, dal
quale facciamo discendere i nostri
Statuti, non è possibile non andare a
vedere e studiare la
Regola originaria,
se no non possiamo capire la spiritualità che permeava la vita dei Poveri cavalieri di Cristo e da dove
ricavavano la forza per compiere le loro
imprese. Potrebbe sembrare anacronistico
ai nostri giorni quel modo di pensare e vivere, ma se andiamo all’essenza della Regola
vediamo che il suo spirito è attuabile, anzi
per noi direi necessario, il riuscire ad applicarlo.
Data la sua lunghezza lo leggeremo in più
puntate.
Prologo
La nostra parola si dirige anzitutto a tutti
coloro che disprezzano di seguire la propria
volontà e desiderano servire con purezza e
coraggio nella cavalleria del vero e sommo
Sovrano, così da preferire di indossare
l’illustre armatura dell’obbedienza compiendo il proprio dovere con assidua diligenza e con perseveranza sì che possano
pervenire infine allo scopo.
Esortiamo pertanto voi che siete stati fino
ad ora nella cavalleria del secolo, della
quale non fu ragione il Cristo, ma solo
l’umano interesse, ad affrettarvi per essere
uniti in eterno al numero di quelli che il Signore ha scelto dalla massa dei peccatori e
che ha ordinato per la sua libera misericordia a difesa della santa Chiesa.
Innanzi tutto chiunque tu sia, cavaliere di
Cristo che scegli un modo di vita così santo, occorre che applichi nella tua professione una pura attenzione ed una ferma perseveranza; essa è riconosciuta da Dio tanto degna, santa e sublime che se viene osservata con perseveranza, darà in merito la
fortuna di essere parte dei cavalieri che
dettero per Cristo le loro anime.
In questa professione infatti rifiorì e risplendette l’Ordine della Cavalleria, che, rifiutato
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
l’amore della giustizia, non difendeva più
come doveva essere suo compito, i poveri
e la Chiesa, ma gareggiava in rapine, spoliazioni ed assassini .
Dunque bene operò con noi il Signore e
salvatore nostro Gesù Cristo, inviandoci
dalla Città Santa (di Gerusalemme) in
Francia e in Borgogna i suoi amici, che per
la nostra salvezza e per la diffusione della
vera fede non cessano di offrire a Dio in
grato sacrificio le loro anime.
Noi dunque con gioia e con fraterna pietà e
per le preghiere del Maestro Ugo, da cui
prese avvio il suddetto Ordine con
l’ispirazione dello Spirito Santo, nell’anno
1128 dall’incarnazione del Figlio di Dio e
nel nono dalla fondazione dell’Ordine, il
giorno di S. Ilario (13 gennaio) riunitici dalle
diverse province ultramontane a Troyes
sotto la guida di Dio, ascoltammo dalla
bocca dello stesso Maestro Ugo la struttura
la regola di quest’Ordine partitamente nei
suoi articoli, e secondo la conoscenza della
nostra povera scienza ciò che ci sembra irragionevole o che nel presente Concilio
non fu riferito o riportato in modo da esser
ricordato, approvammo all’unanimità seguendo il consiglio dell’assemblea, non per
leggerezza ma secondo prudenza per la
previdenza e discrezione del nostro venerabile Papa Onorio e dell’illustre Patriarca
di Gerusalemme Stefano, che non ignora i
bisogni delle regioni d’Oriente così come
dei poveri guerrieri di Cristo
Ordunque, (poiché) i numerosi Padri che
intervennero al Concilio per monito divino
hanno riconosciuto l’autorità delle nostre
parole non dobbiamo passare in silenzio (i
nomi) di costoro, i quali giudicarono e dissero la verità.
Io, Giovanni di Michele, per ordine del
Concilio e del venerando Abate (Bernardo)
di Chiaravalle, a cui spettava questo incari-
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co meritai per grazia di Dio di essere l’umile
scrivano di queste pagine.
Nomi dei Padri presenti al Concilio di
Troyes
Il primo era Matteo vescovo di Albano, per
grazia di Dio Legato di Santa Romana
Chiesa; il secondo Rinaldo arcivescovo di
Reims; il terzo Enrico arcivescovo di Sens.
Venivano poi i loro coadiutori, Goffredo di
Lèves arcivescovo di Chartres, Josselin
vescovo di Soissons, il vescovo di Auxerre
, il vescovo di Meaux , il vescovo di Chalons , il vescovo di Laon , il vescovo di Beauvais , Raimondo abate di Vezelay, che
poi fu eletto arcivescovo di Lione e legato
della Chiesa di Roma, l’abate di Cîteaux ,
l’abate di Pontigny , l’abate delle Tre Fontane , l’abate di S. Stefano di Dijon , l’abate
di Saint Denis ; a Reims, l’abate di Molesme e il sopra nominato Bernardo abate di
Clairvaux le sentenze del quale approvarono apertamente.
Vi erano anche il Maestro Aubry di Reims,
il maestro Fouchier e molti altri, i cui nomi
sarebbero troppi a dirsi.
Ed inoltre ci sembra giusto che siano riportati come testimoni ed amanti della verità
anche alcuni che non erano tra gli eruditi: il
conte Thibaud , il conte di Nevers , e André
Baudement. Questi parteciparono in tal
modo al concilio; con cura particolare esaminavano ciò che loro paresse buono, disapprovando quello che non trovavano
giudizievole.
Né mancò invero lo stesso fratel Ugo, Maestro di Cavalleria, il quale aveva condotto
con sé alcuni dei suoi: fratel Godefroy, fratel Rolando, fratel Geofroy Bissot, fratel
Payns di Montdidier, fratel Archambaud di
Saint Amand .
Il Maestro Ugo con i suoi discepoli fece conoscere ai Padri secondo quello che ricor7
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
dava, il modo in cui iniziò l’osservanza della
Regola nel piccolo Ordine primitivo, secondo ciò che è detto: «Ego principium qui et
loquor vobis ».
Piacque dunque al Concilio che ciò che era
stato preso diligentemente in esame con
accurata considerazione delle divine scritture venisse affidato allo scritto per la provvidenza del Papa di Roma del Patriarca di
Gerusalemme, non senza l’assenso del
Capitolo dei poveri Cavalieri del Tempio
che sono in Gerusalemme, affinché non
andasse perduto e fosse conservato senza
diminuzioni; con diritto cammino possano
giungere a quell’eccellente Creatore per cui
combattono, la cui dolcezza supera tanto
quella del miele che comparato a Lui questo è amaro quanto l’assenzio, e possano
combattere (per Lui) per tutti i secoli infiniti.
Amen.
QUI COMINCIA LA REGOLA DEI
POVERI CAVALIERI DELLA SANTA CITTÀ’
1 – Come si debba ascoltare l’Ufficio divino. Voi che rinunziate alla vostra volontà,
ed i cavalieri non professi che per la
salvezza della loro anima servono insieme
a voi il sommo Re con cavalli ed armi,
prendete il proposito di recitare integralmente con puro e devoto desiderio il Mattutino e tutto l’intero Ufficio, secondo quanto
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è statuito canonicamente e per consuetudine dal clero regolare della Santa Città . Ciò
soprattutto, venerabili fratelli, dovete fare
poiché prometteste di sprezzare per sempre questo mondo tempestoso, non curando la vita del secolo e rifiutando i tormenti
(che dà) il corpo; rifocillati e saziati del cibo
divino, istruiti e confermati nei comandamenti del Signore, dopo la consumazione
del Mistero divino nessuno sia timoroso del
combattimento ma pronto a ricevere la corona (della vittoria).
22 – Quanti Pater noster si debbano dire
se non è possibile seguire l’Ufficio.
D’altra parte se un fratello sia lontano per le
necessità della cristianità d’Oriente, il che
non dubitiamo potrà spesso accadere, e
per tale assenza non possa ascoltare
l’Ufficio, (dirà) per il mattutino tredici Pater
e per ciascuna ora sette, ma per i vespri riteniamo giusto ed unanimemente affermiamo che ne debba dir nove. Infatti costoro, in tal maniera occupati in un lavoro salutare (per l’anima loro), non possono seguire
l’ora spettante all’Ufficio. Ma, qualora lo
possano, non tralascino di adempiere
l’Ufficio nell’ora stabilita.
3 – Ciò che debba farsi per i fratelli defunti. Quando uno dei fratelli professi paga
alla morte, che non perdona nessuno, ciò
che è impossibile sottrarle, vi comandiamo
di offrire in purezza di sentimenti a Cristo
l’ufficio dovuto e la messa solenne per la
sua anima insieme coi cappellani ed i chierici che servono a tempo determinato con
voi in carità il Sommo Sacerdote.
Invece i fratelli presenti che vegliano pregando per la salvezza del fratello defunto
dicano cento Pater fino al settimo giorno,
dal giorno in cui fu annunciato il decesso
fino a quello ora indicato, e il numero di
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
cento sia perfettamente osservato con zelo
fraterno.
E inoltre preghiamo per la divina misericordia e comandiamo per l’autorità spirituale
(che abbiamo) che ogni giorno per quaranta giorni sia dato ad un povero quella quantità di cibo e bevanda che invece si dava e
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si doveva al fratello (defunto) per il sostentamento della sua vita.
Proibiamo assolutamente tutte le altre offerte che la volontaria povertà dei poveri
cavalieri di Cristo era solita tributare indiscriminatamente al Signore per la morte dei
fratelli, nella solennità di Pasqua e in altre
feste (continua)
L’orientamento deL ConCiLio di troyes, neLL’attaCCo deL
documento di congedo che funge da Incipit della Regola
dei Templari
1° - Ci rivolgiamo a
tutti coloro che disprezzano perseguire interessi personali e aspirano
con animo puro a
mettersi al servizio del
sommo e vero re,
tanto da desiderare intensamente di rivestire
la nobilissima armatura
dell’obbedienza e da
renderla efficace con la
perseveranza. Esortiamo dunque coloro che
finora hanno militato
come cavaliere secolari
non in nome di Cristo, ma solamente per
gratificazione umana, affinché non esitino
ad entrare perpetuamente a fare parte dell’unità di coloro che Dio, per la sua pietà
gratuita, ha scelto nella massa della perdizione e ha preposto alla difesa della santa
Chiesa.
2°- Chiunque tu sia, o cavaliere di Cristo, è necessario che, scegliendo di abbracciare un genere di vita così santo, tu anteponga a tutto nella tua professione pura diligenza e ferma perseveranza, virtù riconosciute da Dio tanto degne, sante e sublimi
che, se le praticherai, meriterai di appartenere alla schiera dei martiri che hanno
dato la vita per Cristo. Proprio con questo orientamento è ritornata a rivivere la cavalleria che, accantonata la sete di giustizia, propria della sua funzione, non svolgeva più il suo compito, cioè quello di difendere i poveri e le comunità inermi, ma si
batteva per rapinare, spogliare, uccidere…
Queste parole scritte nel 1127 sembrano scritte per noi del secondo millennio
che vogliamo seguire nuovamente i principi della cavalleria di Cristo. E’ ve9
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
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ro che non ci sono più le crociate per la liberazione del Santo Sepolcro dalle
mani degli “infedeli”, ma esiste sempre ed è molto più virulenta la lotta per
la conservazione e la diffusione del buono e del vero, cosa che noi ci siamo
impegnati a fare, come previsto dai nostri statuti.
ATTENTI A I PREVENTIVI
Perugino, Ultima Cena, particolare (1495 c.a.) Firenze, Convento di S. Onofrio delle Contesse.
Pur essendo cieco, in quanto non ha saputo vedere, il suo sguardo mi impressiona
perché reca con se la solitudine di chi ha
sbagliato e cerca disperatamente la nostra
comprensione che non avrà mai.
Non ha neppure saputo capire, ne vedere,
l’immensa concessione a lui data.
“Chiamati a se i dodici discepoli, diede loro
il potere di scacciare gli spiriti immondi e di
guarire ogni sorta di malattie e d’infermità”
(Matteo 10.4)
In effetti il suo ruolo era di altro genere. Lo
dichiara esplicitamente Giovanni e secondo
alcuni lo specifica il suo stesso appellativo
che potrebbe derivare dal persiano Isk Arioth, ovvero "colui che serve" oppure "colui
che sa". Uno specialista.Per Giovanni teneva la cassa; insomma, l’amministratore
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
delle sostanze economiche degli apostoli.
<“Perché questo olio profumato non si è
venduto per trecento denari per poi darli ai
poveri?”> Questo egli disse perché era ladro e siccome teneva la cassa prendeva
quello che ci mettevano dentro” (Giovanni
14.4-6)
In quella occasione la sua cecità appare
assoluta se vogliamo ridurre tutto ad una
scelta economica; ma è proprio questa
scelta che non capisco e vorrei approfondire.
Che razza di cassiere è?
Come è possibile che qualche giorno dopo
quel fatto accaduto a Betania vende Gesù
per 40 sicli di argento quando si era interessato in una valutazione economica di
trecento denari?
Vendere un uomo per una cifra appena sufficiente per comprare un orto?
Sovviene una citazione di Adam Smith
1759:
“La mancanza di attenzione per il proprio
interesse è l’origine di un disprezzo sociale
ben meritato”.
Si tratta di ingordigia? Di un’influenza demoniaca? o piuttosto l’errore di chi scambia
il vantaggio dell’uovo di oggi per la gallina
di domani.
Si pensa che non si tratti di un’influenza
maligna in quanto giuda era già “fur-ti-vo”
(che proviene da refurtiva, da furto) e in
quanto Giovanni esplicitamente lo dichiara.
Notturno, silenzioso, insomma che fa le
cose di nascosto quindi impossedibile dal
demonio.
Anzi, in quanto così cieco e incomprensibilmente sciocco nel suo agire appare eticamente disprezzabile anche dal demonio,
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se vogliamo riconoscere un etica al male.
Si pensa all’ingordigia dettata dalla animalità economica come solitamente oggi vogliamo definire quelle persone che nel
mondo degli affari hanno quel istinto animale che li conduce a rovinare tanto per ot
tenere poco;…. così come la faina in un
pollaio.
Pare il mastro al quale affidiamo un lavoro
e quello non sapendo valutare il suo valore
e lavoro perché incapace e svogliato ci
rende un preventivo basso sapendo che
realizzerà ancora di meno.
A Betania non ha visto il vantaggio proprio
in quello spreco di unguento.
Non ha visto il cambiamento di regime economico.
Ha continuato a pensare che il denaro raccolto, oltre che essere una sua fonte di illecito guadagno personale, (perché era ladro
e siccome teneva la cassa prendeva quello
che ci mettevano dentro) avesse funzione
cogente nella quotidianità apostolica mentre gli sforzi economici andavano “sprecati” (come l’unguento) nella diffusione evangelica del credo.
Nella gallina di domani insomma.
Facciamo così anche noi (e per questo Perugino lo fa fissare nei nostri occhi di spettatori) quando rinunciando a Dio ci accontentiamo di 40 sicli di argento rappresentati
oggi dalla superbia, sufficienza o potere, e
poi magari dopo tutta una vita, ci ritroviamo
a guardare gli altri come il giuda del Perugino.
Gli uomini che non vedono, che sbagliano i
preventivi, vengono semplicemente sostituiti come Giuda. “ Bisogna che uno divenga insieme a noi testimone della resurre11
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
zione. Ne furono proposti due, Giuseppe
detto Barsabba e Mattia. Gettarono quindi
le sorti su di loro e la sorte cadde su Mattia
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N° 2
che fu associato agli undici apostoli. (Atti
Apostoli 1.15)
Federico Frola
PENSIERI IN LIBERTA’
concetti così alti
ed eterei che mi
sfuggono in ogni
momento.
Poi,
quando penso di
averli raggiunti e
fatti miei , ci ritorno e mi dicono
un’altra cosa.
Per fortuna incontro Uomini che mi spiegano con un sorriso il loro significato e li trovo
di una semplicità stupefacente.
Nei preparativi di una bellissima festa; una
canonica fasciata di legno, confusione di
persone e cose, un Cerimoniere affaccendato, un Superiore riprendeva Alti Dignitari,
un amico preoccupato per un paio di guanti.
Mi si è parato davanti, piccolo, molto anziano e sorridente. Piedi scalzi, veste nera
e occhi verdi di un dodicenne.
Mi sono sentito nudo, mi è entrato dagli occhi fino al mio animo.
Mi ha spiegato con allegria molte cose che
io ci metto un secolo a pensarle.
Niente dotte citazioni, solo un sorriso.
Mi ha fatto capire anche il significato di una
parola letta in un bellissimo articolo su un
quotidiano di qualche giorno fa.
Ho capito il significato della parola greca
nepioi.
Nepioi: bambini; i figli; i figli degli animali;
gli indifesi; gli stolti; gli inesperti; coloro che
mancano di discernimento e non comprendono né la realtà, né la volontà degli dei, né
i segni del destino.
Nepios è il pio che sta sotto la protezione di
Dio Gesù è nepios: (pare sia stata l’unica
volta che abbia parlato di se stesso)
“venite a me, voi tutti che siete affaticati e
gravati e io vi ristorerò.” “Prendete su di voi
il mio giogo e imparate da me, perché io
sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime.
Perché il mio giogo è soave e il mio peso
leggero.”
Al crollo del tempio un rabbi ebbe a dire:
“Dal giorno in cui fu distrutto il tempio la
profezia venne tolta ai profeti e data ai folli
e ai bambini”
Così questo giogo rovescia la filosofia. Nepios sta al disopra, la razionalità al disotto;
e la sapienza tecnica, quella degli intelligenti, non potrà mai ribaltare.
Bella esperienza (almeno io ho capito così).
Federico Frola
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
2012
N° 2
Umiltà e superbia
 Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più
di un uomo generoso.
 Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai
grazia davanti al Signore.
 Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio
rivela i suoi segreti.
 Non cercare cose troppo difficili per te e non scrutare cose grandi per te.
 La presunzione ha fatto smarrire molti e le cattive illusioni hanno fuorviato i loro pensieri.
 Un cuore ostinato alla fine cadrà nel male, chi ama il pericolo
in esso si perderà.
 Per la misera condizione del
superbo non c’è rimedio, perché
in lui è radicata la pianta del male.
 Chi ricambia il bene provvede
all’avvenire, al tempo della caduta avrà sostegno.
(Siracide 3, 17 e seg.)
Se sarai superbo la tua vita
non potrà essere che un deserto arido e senz’acqua.
Solo con l’amore e l’umiltà,
che sono l’acqua della vita,
potrai tornare a rifiorire.
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N° 2
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
PAROLE DI GIOIA
Scrivi sul tuo cuore che ogni giorno è il migliore
giorno dell'anno.
Il vivere è gioia che basta alla vita.
Emily Dickinson (1830-1886)
La vera gioia genera serenità.
Seneca (c. 4 a.C.-65 d.C.)
Gli esseri di un pianeta senza fiori penserebbero che noi siamo pazzi di gioia perché abbiamo
a portata di mano distese di petali colorati.
Iris Murdoch (1919-1999)
E' poi cosa così piccola l'aver gioito del sole,
aver vissuto la luce della primavera, aver amato, aver pensato, aver agito?
Matthew Arnold
Mi sono addormentato e ho sognato che la vita
era gioia; mi sono svegliato e ho capito che la
vita è dovere: mi sono impegnato e ho compreso
che il dovere è gioia.
Rabindranath Tagore (1861-1941)
La prova più evidente e il segno di vera saggezza è una costante e naturale allegrezza.
Michel De Montaigne (1533-1592)
La felicità è interiore e non esteriore, perché
non dipende da ciò che si ha, ma da ciò che si è.
Sii felice della vita perché ti dona l'opportunità
di amare, lavorare, giocare e guardare le stelle.
Henry Van Dyke (1852-1933)
Chi trattiene per sé una gioia le impedisce di
diffondersi; ma chi la diffonde vive nell'alba
dell'eternità.
William Blake (1757-1827)
I momenti di felicità che viviamo ci trovano
impreparati. Non siamo noi ad afferrarli, ma
loro a catturare noi.
Ashley Montagu (1905-1999)
Amo vivere la bellezza di una viola del pensiero, la canzone di un piccolo di colore, il sorriso
del mio amante, il bagliore del colore rosa nel
cielo notturno. Lotto per la vita e per la ricerca
della felicità, lotto per riempire la mia casa di
gioia.
Stephanie Byrd
Se potessi scegliere i panorami, i suoni, le fragranze che vorrei vedere, ascoltare e annusare,
fra tutte le delizie del mondo, nell'ultimo giorno di esistenza sulla terra, credo che sceglierei
questo: la pura ed eterea melodia di un passero
che canta all'alba, il profumo dei pini nella calura del mezzogiorno, il richiamo solitario dei
gabbiani, la vista di una libellula che luccica al
sole, il verso lontano di un tordo eremita in un
bosco al calar della sera. E, la più spirituale e
commovente delle visioni, la bianca cattedrale
formata da un cumulo di nubi che ondeggia serenamente nell'azzurro del cielo.
Edwin Way Teale (1899-1980)
Rosanna Franca Enzo
Non dobbiamo giudicare e dobbiamo avere fiduci a nella
imperscrutabile misericordia di Dio.
( Edith Ste in )
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ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
2012
N° 2
Se perdiamo il piacere di sognare un po’ perdiamo anche il gusto di sorprenderci e perdiamo la capacità di gustare le cose semplici.
Proviamo a tornare bambini con questa bella fiaba
“SANGRILLA” il Paese dei sogni
In un giorno di cui non si sa bene quale!
Ad un’ora non ben identificata: in tutto il
mondo un piccolo gruppo di persone si apprestò a lasciare il proprio paese alla ricerca di libertà, giustizia, amore e con questo
spirito coraggioso cominciò il loro cammino
verso il paese dei sogni! Ad un certo momento questi gruppi di persone si incontrarono in questo cammino della speranza e
decisero di restare
uniti e di proseguire
quel viaggio desiderato da tutti.
Infine, dopo tanto
camminare trovarono
un’isola meravigliosa,
grandissima fatta apposta per ospitare tutti
loro venuti da tanto
lontano. L’isola era stupenda c’erano tante
casette sia in colina che sul mare, tutto
sembrava irreale tanto era bello, ognuno di
loro pensava la stessa cosa, pur parlando
una lingua diversa capivano tutti e
all’unisono che quella era “l’isola” per loro,
per vivere in armonia e serenità. Così avvenne, tutti si misero a lavorare e a produrre per la comunità. Ognuno di loro prese
posto nella abitazione che più gli confaceva, in collina o al mare. Tutti lavoravano
secondo le proprie mansioni, c’erano i pescatori che pescavano il pesce che veniva
distribuito a tutti, c’erano quelli che faceva
no il pane, che coltivavano la terra e così
via.Tutti si muovevano all’unisono seguendo un solo desiderio: vivere in fratellanza e
giustizia. Quando c’era qualche problema
affiggevano un bando sui muri dell’isola
dove stabilivano un incontro per discutere e
trovare un accordo, così tutto filava liscio
come l’olio. Le porte delle case erano sempre aperte per tutti, i bambini frequentavano la scuola ed imparavano ad amare la
natura e a rispettarla
in tutti i sensi, gli animali vivevano in libertà ed erano utili
all’uomo secondo il
momento. Vivevano
nella preghiera perché aiutava a far crescere l’anima ed il
corpo. La domenica
facevano gran festa nell’isola canti e balli,
c’erano banchetti con ogni ben di Dio di
leccornie che le donne preparavano con
amore e i bambini erano meravigliosi pur
parlando una lingua diversa si capivano su
tutto ed erano spensierati e felici, inventavano giochi diversi e molteplici, tutti i giorni
erano diversi e nuovi per loro! Non si sapeva come facessero a trovare quella fantasia
che non li annoiava mai! Era un mondo bellissimo che si era creato in quell’isola, nessuno mai si lamentava e nessuno desiderava niente di più di quello che aveva.
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N° 2
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
Decisero di dare un nome all’isola, la
chiamarono “Sangrilla”: furono i bambini a
decidere quel nome strano, perché tutto lì
consentiva di vivere come in un paese incantato.
Un bel giorno però videro apparire
all’orizzonte una grossa nave, i bambini
che stavano giocando a costruire castelli di
sabbia si fermarono i botto! Tutti corsero
verso il mare anche quelli che vivevano in
collina presero a scendere precipitosamente, pensando che qualcuno volesse violare
la loro “felicità” venendo da chissà da dove
con chissà quali propositi. Infatti gli uomini di
quella nave scesero e
vollero esplorare tutti
l’isola “mari e monti” e
rimasero meravigliati da
tanto lavoro e benessere
che c’era per tutti, anche
se non c’era la tecnologia avanzata che si erano lasciati dietro! Gli
uomini della nave imposero loro di andarsene perché quella era un’isola che sarebbe servita per altri progetti che avevano per
fare denaro.
Allora tutti gli abitanti dell’isola senza dire
una parola si guardarono negli occhi e
con coraggio organizzarono una grande fe-
sta con canti, balli e preghiere. Le donne
prepararono le cose più buone delle loro
terre di origine e i bambini fecero ghirlande
per ornarsi i capelli, ognuno di loro costruì
la propria bandiera e formarono un grande
cerchio attorno a quegli uomini che volevano mandarli via da quella isola, cantarono
canzoncine nella loro lingua e sbandierarono le loro bandiere come se fossero
un’arma.
Quello fu il giorno del miracolo, le campane della chiesa sul monte presero a suonare forte, in cielo comparve un arcobaleno
dai mille colori come le
loro bandierine, gli occhi
di tutti si velarono di lacrime perché l’amore aveva vinto su tutto, gli
uomini della nave colpiti
a morte “nel cuore” se ne
andarono con le spalle
curve, avevano capito
che senza fare nessuna guerra quella gente aveva vinto. Perché quell’isola se l’erano
scelta e se l’erano meritata; perché loro
amavano vivere nell’amore e nella fraternità guidati dall’amore verso Dio che li avrebbe aiutati nel loro cammino.
Gli anni insegnano cose che i giorni non con oscono .
Ralph Waldo Emerson
Non vi è giorno più sprecato di quello in cui non
abbiamo riso
Charles Field
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N° 2
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ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
Non solo prosa, ma anche un po’ di poesia
MESSAGGIO DI SPERANZA:
LE 4 CANDELE.
Triste, triste, la terza candela a sua
volta disse:
“IO SONO L’AMORE.
Non ho la forza di conti-
Quattro candele bruciando si consumavano lentamente.
Il luogo era talmente silenzioso che si
poteva ascoltare la loro conversazione.
La prima diceva:
”IO SONO LA PACE,
ma gli uomini non mi vogliono: penso proprio che non
mi resti altro da fare che
spegnermi”. Così fu, e a poco a poco, la candela si lasciò spegnere
completamente.
La seconda disse:
“IO SONO LA FEDE.
Purtroppo non servo a nulla. Gli uomini non ne vogliono sapere di me, non
ha senso che resti accesa”.
Appena finito di parlare una leggera
brezza soffiò su di lei e si spense.
nuare a rimaner accesa.
Gli uomini non comprendono la mia importanza.
Troppe volte preferiscono odiare”.
E senza attendere oltre la candela si
lasciò spegnere.
Un bambino in quel
momento entro nella
stanza e vide le tre
candele spente.
“Ma che cosa fate?
Voi dovete rimanere accese: io ho paura del buio!” E, così dicendo, scoppiò
in lacrime.
Allora la quarta candela, impietositasi
disse:
“Non temere, non piangere:
finché: io sarò accesa, potremo sempre riaccendere
le altre tre candele:
IO SONO LA SPERANZA”.
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N° 2
CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
Con gli occhi lucidi e
no di noi possa essere lo strumento,
gonfi di lacrime, il
come quel bimbo,
bimbo prese la candela
capace in ogni momento di riaccendere
della speranza e riac-
con
cese tutte le altre.
la SPERANZA, la FEDE, la
Che non si spenga mai la speranza
PACE, l’AMORE
dentro al nostro cuore… e che ciascu-
flora figoli
Non misuriamo la vita degli uomini dalla sua lunga o
p i ù b r e v e d u r a t a , m a d e l l’ u s o c h e e s s i h a n n o f a t t o d e l
tempo della loro esistenza .
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N° 2
LASCIAMOCI ANDARE ALL’AMORE
In un mondo in
cui molto spesso
assistiamo a situazioni familiari
dove l’amore e la
comprensione
tra i due coniugi
e tra loro ed i figli
sembrano essere travolti e soffocati
dall’indifferenza, dal rancore, dall’incapacità
di ascoltare mi ha colpito profondamente la
lettera pastorale che l’Arcivescovo di Firenze, il card. Ennio Antonelli, ha scritto per i
fedeli della sua diocesi a proposito
dell’amore nelle famiglie.
Essa è un vero decalogo per le famiglie, è
come se con questa lettera indirizzata alle
stesse, che sono la cellula primaria della
nostra società, la Chiesa rivolgesse il suo
occhio affettuoso e laico ai coniugi e dicesse: “ Cari sposi recuperate l’amore che vi
ha unito, fatelo con l’aiuto di Dio, ma non
dimenticate anche i piccoli gesti quotidiani
che possono ridare forza e vita alla vostra
coppia, non fatevi soffocare dai problemi
pratici o dall’angoscia per un futuro incerto,
ma lasciatevi andare all’amore ed alla tenerezza per chi divide con voi la propria vita e
che forse da troppo tempo state trascurando”.
Leggiamo assieme i passi principali:
“… Le persone umane, create ad immagine
di Dio, sono diverse le une dalle altre, ma
possono vivere e svilupparsi solo nella comunicazione e nello scambio incessante tra
loro. Ognuna di esse è un soggetto singolo
ed irripetibile, ma costitutivamente in relazione con le altre. L’amore è energia unificante nel rispetto delle differenze. In esso il
desiderio di essere felici si armonizza con
la gioia di rendere felici gli altri; la valorizzazione del tu attraverso l’io. E’ bello che io
ci sia, è bello che tu ci sia, è bello essere
insieme, è bello crescere insieme.
Amare è rinunciare alla chiusura in se stessi, alla falsa autosufficienza individualista,
al possesso esclusivo. Esige sacrificio e
sofferenza per aprirsi alla gioia della comunione e della condivisione. Occorre donare
se stessi per ritrovarsi più perfettamente insieme agli altri, perdere la vita per acquistarla di nuovo.
…L’amore non è mai perfetto, tuttavia costituisce un meraviglioso anticipo del paradiso.
…La famiglia è il luogo privilegiato
dell’amore e della vita perché è un intreccio
strettissimo di relazioni tra sessi diversi:
marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle, a cui si aggiungono nonni e parenti. In
essa, prima e più che altrove ogni persona
si sperimenta come soggetto in relazione
con gli altri e trova le più grandi gioie e le
più grandi sofferenze. Anche in mezzo alla
tribolazione l’amore reciproco è consolazione, mentre l’amore non corrisposto è dolore anche in mezzo alla prosperità.
Nell’amore di coppia dovrebbero rientrare
tutte le componenti della persona: corpo,
affettività, intelligenza, volontà, comportamento, apertura alla società, alla Chiesa, a
Dio. Oggi però è diffusa una mentalità che
riduce l’amore a soddisfazione dell’istinto,
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sensazione ed emozione piacevole, benessere sentimentale. Conta ciò che si sente,
ciò che è spontaneo, gratificante, senza richiedere impegno e tantomeno sacrificio.
Un tale amore merita piuttosto di essere
chiamato coincidenza di egoismi ed è volubile, effimero, soggetto a delusioni tanto più
cocenti quanto più era stato caricato di attese. L’amore vero invece è integrazione
progressiva di tutte le energie vitali. Non è
qualcosa da consumare, ma qualcosa da
costruire giorno per giorno, con convinzione, generosità e tenacia.
Le principali linee di impegno possono essere indicate in una specie di decalogo della famiglia:
1. I coniugi vedano all’origine del loro matrimonio una vocazione da parte di Dio; riconoscano la sua sapienza che ha voluto la
profonda differenza tra l’uomo e la donna in
vista della loro reciproca integrazione; si
considerino consegnati l’uno all’altro come
un dono prezioso ed insostituibile.
2. Gli sposi si rivolgano spesso a Gesù
che è il modello e la sorgente del vero amore e ha detto “Io sono la vite e voi i tralci… senza me non potete fare nulla”; trovino qualche momento anche per la preghiera in famiglia e per la condivisione di qualche esperienza di fede vissuta.
3. Per costruire progressivamente un bel
rapporto di coppia, è necessario seguire la
logica della gratuità e del dono di sé, respingendo le tentazioni del proprio interesse immediato e non tenendo il calcolo del
dare e dell’avere.
4. Cercare di individuare i bisogni ed i ragionevoli desideri dell’altro e soddisfarli con
prontezza, sapendo che i servizi concreti
sviluppano sentimenti positivi sia in chi li
compie sia in chi li riceve.
5. Trovare interessi comuni, uscendo a
volte insieme in società, e coltivare il colloquio quotidiano per comunicare pensieri,
sentimenti, desideri, frustrazioni, esperienze e, situazioni di lavoro, fatti avvenuti, pe-
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N° 2
rò con discrezione e senza essere invadenti ed asfissianti.
6. Rendersi amabili curando il proprio aspetto esteriore e soprattutto esprimendo
rispetto e tenerezza verso l’altro mediante
parole di apprezzamento e di gratitudine,
sorrisi e sguardi, carezze e gesti di affetto,
regali appropriati.
7. Rispettare l’altro nella sua alterità, con i
suoi punti di vista, le sue preferenze, i suoi
difetti, senza stare a lamentarsi e a ridire su
ogni cosa. Gestire in modo intelligente le
tensioni ed i conflitti. Essere disponibili a
chiedere e a concedere il perdono.
8. Ricordando che amare, più che a guardarsi l’un l’altro, significa guardare insieme
nella stessa direzione, occorre essere generosamente aperti all’accoglienza dei figli:
in essi l’amore di coppia dei genitori si prolunga, si fa persona, si proietta verso un futuro pieno di speranza.
9. Aver cura dei figli dedicando loro energie e tempo, in modo che si sentano amati
e sviluppino in se stessi sentimenti di fiducia nella vita e di autostima. Educarli e lasciarsi educare da loro. Dialogare e stare
volentieri insieme; trattarli con amorevolezza, ma anche con coerenza e fermezza,
facendo osservare regole ragionevoli; sostenerli con il necessario aiuto e gratificarli
con lodi, incoraggiamenti, carezze, abbracci, doni, ma ricordare che anch’essi hanno
bisogno di donare, rendersi utili, servire,
costruire, essere creativi.
10. Aprire
la famiglia
alla preziosa presenza dei nonni accanto
ai
nipoti,
all’amicizia,
al vicinato,
alla generosità verso
i poveri”.
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Non sono cose facili da attuare, il nostro
egoismo tende sempre a prevalere e pertanto siamo portati a vedere solo noi stessi
ed il nostro benessere, ma se vogliamo che
il nostro matrimonio sia veramente una cosa solida e duratura, che ci trasformi veramente in due corpi ed un’anima sola, non
certamente come indicano tante canzonette melense e sdolcinate, ma come un edificio con solide basi, costruito sulla roccia e
non sulla sabbia, dobbiamo ricordarci che
esso va costruito giorno dopo giorno, va
continuamente rinnovato con tanti piccoli
gesti, sapendo che l’amore non è una cosa
effimera che deve essere consumata rapidamente nella camera da letto, come siamo purtroppo abituati a leggere nei rotocalchi scandalistici, ma è un sapersi donare
l’un l’altro, è un sapersi sostenere e comprendere, giorno per giorno, sia nei momenti belli sia nei momenti bui e dolorosi
della vita, è un saper rinunciare a ciò che
può ledere o addirittura spezzare quella
promessa, che avrebbe dovuto essere cosciente di quanto si andava incontro, che ci
si è scambiati il giorno del matrimonio in cui
ci si impegnava ad amarci e sostenerci nella buona e nella cattiva sorte per tutta la vita, sì per tutta la vita non per un giorno, un
mese o qualche anno.
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Se quando si è davanti al Prete od al Sindaco ci si rendesse conto di cosa è vera mente il matrimonio e si è veramente pronti
a donarsi l’un l’altro quante separazioni in
meno ci sarebbero, quanti dolori e sconquassi in meno si recherebbero ai figli, che
vengono coinvolti nelle situazioni dolorose
della separazione e che segnano negativamente e profondamente la loro vita, le
cui conseguenze nefaste e dolorose sono
quotidianamente sotto i nostri occhi e che
leggiamo nelle cronache nere dei giornali.
E’ importante ricordarsi che i figli non hanno chiesto loro di essere messi al mondo,
ma siamo noi che li abbiamo desiderati e
voluti e che pertanto non solo è nostro dovere ed obbligo crescerli, mantenerli, educarli, guidarli e prepararli alla vita, ma ciò
deve essere anche nostra gioia e coinvolgimento.
In una società che è sempre più individualista ed in cui si tende ad emarginare sempre di più come cose inutili ed ingombranti
gli anziani è necessario che la famiglia recuperi l’importanza dei nonni, non solo come aiuto materiale, ma e soprattutto come
fonte di esperienza e saggezza cui poter
attingere nei momenti opportuni.
Roberto Mojana
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
L’ANGOLO DELLA SALUTE
di Nicola Giusto
VINOTERAPIA: storia
e razionale
La vinoterapia nasce in
Francia nel 1999 nella
zona di Bordeaux, cui
fanno seguito altre zone
sia in Francia, sia in Italia, nelle quali sono proposte cure estetiche a base di vino. Tutto
ciò è il risultato di molte osservazioni fatte
in anni precedenti a numerosi ricercatori
che hanno proposto l’uso della vite, dell’uva
e del vino, quali ingredienti principali di
prodotti cosmetici, bagni e fanghi.
Ippocrate fu il primo a studiare il vino in
maniera scientifica sintetizzando così il suo
pensiero: “ Il vino è cosa meravigliosamente appropriata all’uomo sia in salute, sia in
malattia, purché assunto nella giusta dose
a seconda la costituzione individuale”. Egli
inoltre prescrisse il vino come antisettico
per la cura di piaghe e ferite.
Celso continuò a dare grande importanza
all’uso terapeutico del vino prescrivendolo
anche nei disturbi intestinali, nei dolori articolari e nelle tonsilliti. Particolarmente degne di attenzione sono alcune sue pomate
oftalmiche ed otologiche a base di vino.
Galeno, in seguito, sistematizzò, in molti
volumi, le conoscenze mediche dell’epoca.
Fece grande uso di vino a scopo terapeutico e seguendo le sue prescrizioni le ferite
dei gladiatori non fecero mai infezione.
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Grande testimone dell’uso del vino
nell’antica Roma fu Plinio il Vecchio che
nella sua opera “Naturalis Historia” racconta come le proprietà di un vino eccellente, il
Pucinum, fossero molto apprezzate da Giulia
Augusta,
seconda
moglie
dell’Imperatore Augusto, la quale assicurava di aver raggiunto l’età di ottantasei anni
proprio in virtù di questo vino, l’unico che
avesse mai bevuto.
Nella stessa opera viene descritto come il
liquido emesso dalle ferite delle potature
della vite unito ad olio e frizionato a lungo
sulle parti pelose del corpo abbia l’effetto di
una crema depilatoria, così come le vinacce tritate assieme al sale sono utili nelle infiammazioni del seno. Ed ancora come il
succo dell’uva lambrusca sia un valido detergente per la pelle del viso.
Anche l’aceto diventa per Plinio un medicamento: bevuto caldo toglie la nausea ed
il singhiozzo; assunto con acqua giova ai
sofferenti di stomaco; applicato sulle ferite
da morsi di cani e su punture di insetti presenta un valido effetto terapeutico.
Il Rinascimento ha rivisitato ed ampliato
l’uso del vino oltre che come alimento
complementare anche per uso esterno.
Famose le osservazioni di Caterina Sforza che esalta per l’emollienza della pelle il
vino di malva e di borragine o di fiori di fave. Consiglia poi un’emulsione di vino bianco, olio d’oliva e rossi di uva come antirughe. Anche Caterina de Medici, sposa del
Re di Francia Enrico II, era solita ravvivare
la propria bellezza ed il proprio colorito lavandosi il viso prima con acqua calda e poi
col vino rosso.
Negli ultimi venticinque anni il vino è stato
studiato con grande impegno scientifico,
analizzandone la composizione oltre la
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
componente alcolica e verificandone gli effetti sull’organismo umano.
I componenti del vino sono più di seicento
e rappresentano una miniera di sostanze
antinvecchiamento in generale ed in particolare protettrici dell’invecchiamento cutaneo. Oltre l’acqua, rappresentata per
l’ottantacinque per cento, troviamo etanolo,
glicerolo, glicidi, acido tartarico, molico, citrico, lattico, succininico, acetico, tannini,
antocioni, fenoli, flavoni, stilboni, sostanze
azotate, resveratiolo, carnitina, minerali
(potassio, calcio, bromo, ferro, rame, magnesio, silicio, zinco), sostanze aromatiche…
Il vino viene utilizzato in numerose preparazioni e trattamenti estetici. Nella cosiddet-
ta “vinoterapia” vengono proposti bagni,
fanghi, peeling, maschere, massaggi a base di vino, uva e vinaccioli.
L’uso del vino è da considerarsi quindi bivalente:

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come alimento complementare che
deve essere ben inserito nella dieta giornaliera per evitare che il suo supporto non
squilibri l’introito calorico totale e la sua
componente alcolica non sia fonte di danno
se assunta in eccesso.
 il principale ingrediente di numerose
preparazioni cosmetiche e bagni per mantenere in buona salute la pelle.
In tale ottica la competenza medica ed in
particolare del medico di medicina estetica
è indispensabile per seguire con compe-
tenza e professionalità questo affascinante
cammino nel mondo del vino, che non consente improvvisazioni culturali o facili percorsi alternativi.
Già Ovidio ai suoi tempi affermava: ”Non
c’è cosa che possa far bene e che al tempo
stesso non possa anche essere dannosa”.
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
ANGELICA SS. MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO
RICETTE DELLA CASA
E’ primavera, vogliamo un
piatto tradizionale?
ecco una ricetta semplice e saporita:
ABBACCHIO O AGNELLO O
CAPRETTO
ALLA CACCIATORA.
Carne (cosciotto o spalla) g. 1000 circa
Acciughe salate
n° 3
Strutto
1 cucchiaio
Farina bianca
1 cucchiaio
Aglio
1 spicchio
Rosmarino
1 rametto
Salvia
3 foglie
Sale
secondo i gusti
Pepe
secondo i gusti
Aceto
½ bicchiere
Acqua
½ bicchiere
.
Tagliare la carne a pezzi, lavarla, asciugarla, metterla in padella con lo strutto e farla rosolare.
A rosolatura avvenuta aggiungere il sale e
il pepe e continuando a rimescolare con
un cucchiaio di legno aggiungere l’aglio, la
salvia ed il rosmarino che avremo precedentemente tritati.
Cuocere ancora per 5 minuti e spolverizzare il tutto con la farina, continuare la
cottura per altri 2 minuti poi aggiungere
l’aceto e l’acqua. Coprire e lasciare cuocere per altri 15 minuti circa.
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Nel frattempo saranno state lavate ben
bene le acciughe e schiacciate con un
cucchiaio del sugo di cottura.
Mettere la poltiglia di acciughe in una padella e fare insaporire il tutto per circa 1
minuto.
Versare la carne sul piatto di
portata e versarvi sopra la
salsa che dovrebbe essere
piuttosto densa.
E… buon appetito.
E dopo esserci satollati con
la carne alla cacciatora un
digestivo non stona e quindi… ecco la ricetta del
LIMONCELLO DELLA NONNA
Alcool
Acqua
Zucchero
Foglie di limone vecchie
Bucce
limoni
litri 1,0
litri 1,4
Kg. 1,4
n° 14.
quelle di 4
Attenzione le bucce dovranno essere state
preventivamente depurate di tutta la parte
bianca.
Mettere il tutto in infusione per 8 giorni rimescolando il tutto ogni giorno.
Al termine del periodo di infusione filtrare il
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CULTUR TEMPLI - NOTIZIARIO DELLA CAVALLERIA
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liquido e metterlo nelle bottiglie.
Lasciare riposare il tutto per almeno 20
giorni.
N.B. Se si vuole variare il gusto è possibile
aggiungere all’infuso delle bustine di Vaniglia in funzione dei gusti
Vivere spensierato senza spensieratezza,
essere allegro senza sfrenatezza,
avere coraggio senza superbia,
mostrar fiducia e gioiosa rassegnazione senza fatalismo:
questa è l’arte della vita .
Theodor Fontane
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N° 2
Fratelli e Sorelle, come un corpo umano necessita di cibo per vivere, così anche un giornalino necessita di notizie per continuare ad
esistere, orbene noi siamo parecchi, ma pochi hanno deciso di collaborare fattivamente, e questi io ringrazio sentitamente, ma gli
altri… Siamo a pregarvi di voler attivarvi per inviare del materiale
che possa interessare tutti, non necessariamente di carattere cavalleresco, ma anche di carattere culturale, novellistico, di attualità, di informazione scientifica, ecc.
Il materiale, in formato word perché se no non può essere utilizzato, va inviato a:
[email protected]
Grazie e un triplice abbraccio a tutti.
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