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Stando a quanto dichiarato dallo stesso Barbaro in un passo della

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Stando a quanto dichiarato dallo stesso Barbaro in un passo della
BARBARO E VITRUVIO
S
tando a quanto dichiarato dallo stesso Barbaro in un
passo della prima edizione del commentario vitruviano
(1556), la gestazione dell’opera ebbe inizio nove anni prima. Proprio nel 1547 viene pubblicata a Venezia la celebre
lettera di Claudio Tolomei ad Agostino Landi, dove si reclama apertamente una nuova traduzione del monumentale
e complesso testo, e Barbaro è in grado di cogliere l’invito.
Sono probabilmente da far risalire ai primi anni di lavoro
sull’opera i due manoscritti in mostra [Cat. 17, 20], dove è
possibile individuare la mano di Barbaro disegnatore.
All’inizio degli anni cinquanta egli viene senza dubbio
considerato dai suoi contemporanei un esperto di architettura e arti figurative: nel 1552 Giuseppe Porta Salviati, pittore che in anni seguenti sarà impegnato nella decorazione
di Palazzo Ducale e della Libreria di San Marco, dedica a
Barbaro la Regola di far perfettamente col compasso la voluta
et del capitello ionico et d’ogn’altra sorte [Cat. 18]. La dedi- Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, 95 D 9:
catoria si chiude con il riconoscimento del fatto che “Vostra Vitruvius Pollio, I dieci libri dell’architettura
[con traduzione e commento di Daniele Barbaro],
Signoria Reverendissima oltra la cognitione che ha di varie Venezia, Francesco Marcolini, 1556, c. A2v.
scienze, ha molta notitia, et piglia incredibile dilettatione
delle cose che appartengono all’Architettura”.
Nel 1556 viene pubblicato, presso Francesco Marcolini, I dieci libri dell’Architettura di Vitruvio tradotti e commentati da Monsignor Barbaro eletto Patriarca d’Aquileggia [Cat. 19]. Si tratta di un prodotto
editoriale complesso, di grande formato, riccamente illustrato dai disegni di Andrea Palladio.
Esattamente dieci anni dopo, Barbaro riceve la dedica dei primi cinque libri del trattato di Serlio da
parte dell’editore, Francesco de’ Franceschi. Sul finire della dedicatoria, nella quale viene ribadita l’autorità riconosciuta a Barbaro di esperto nel campo dell’architettura, si accenna a una futura collaborazione: sarà infatti proprio de’ Franceschi a pubblicare, nel 1567, la seconda edizione del commentario
vitruviano [Cat. 21-22], una volta giunto al termine il privilegio di stampa decennale che era stato ottenuto per l’edizione marcoliniana. La seconda edizione, in formato ridotto rispetto alla prima, esce
in due versioni: in volgare e in latino, quest’ultima chiaramente rivolta a un pubblico internazionale.
Non si tratta di una mera traduzione dell’edizione in volgare, ma di una nuova edizione a tutto tondo,
con un maggior numero di illustrazioni e un testo ampliato e aggiornato.
Anche a Venezia le accademie e i singoli personaggi di spicco ebbero imprese proprie. Io volo al ciel
per riposarmi in Dio recita il motto dell’Accademia Veneta, che trovò sede nel Vestibolo della Libreria,
tra il 1558 e il 1561 [Cat. 13-15]. Daniele Barbaro scelse per impresa un fuoco sovrastato da una stella,
accompagnato dal motto Volentes, o Deus adiuvat volentes [Cat. 16, 6].
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