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DOTTRINA
SOMMARIO:
F. Amatucci, Frodi carosello e “consapevolezza” del cessionario IVA (Carousel
frauds and “knowledge” of transferees in VAT system)
R. Cordeiro Guerra, I limiti alla potestà impositiva ultraterritoriale (The limits
to extraterritorial exercise of taxing power)
E. Della Valle, Transfer price: l’esimente relativa alla rettifica del valore normale (Transfer price: the justification in normal value adjustments)
V. Ficari, La “fiscalità” dell’acqua tra “federalismo” fiscale e privatizzazione della disciplina e della gestione (The “tax regime” of water between fiscal “federalism” and privatisation of its discipline and management)
A. Giovannini, Fondato pericolo per la riscossione ed esazione straordinaria
nell’accertamento esecutivo (Founded danger for tax collection and extraordinary exaction in the executive assessment)
C.M. López Espadafor, Situación actual de la prohibición de confiscatoriedad en
materia tributaria: la experiencia española en el contexto de la Unión Europea
(Situazione attuale del divieto di confiscatorietà in materia tributaria: l’esperienza spagnola nel contesto dell’Unione Europea – Current state of the
prohibition of confiscatory taxes: the Spanish experience in the context of European Union)
G. Marini, Note in tema di rilevanza ai fini dell’imposizione sui redditi del
maggior valore dell’avviamento definito in sede di imposta di registro (Some
notes on the relevance for income taxation of the increased value of goodwill as
determined for stamp duty tax purposes)
Fabrizio Amatucci
Fabrizio Amatucci
FRODI CAROSELLO E “CONSAPEVOLEZZA”
DEL CESSIONARIO IVA
CAROUSEL FRAUDS AND “KNOWLEDGE”
OF TRANSFEREES IN VAT SYSTEM
Abstract
L’Amministrazione finanziaria sempre più spesso effettua accertamenti in materia di IVA nei confronti di società cessionarie definite “società-filtro” o “buffers”
presupponendo che tali soggetti che abbiano intrattenuto rapporti con società
definite “cartiere”, hanno partecipato ad una frode carosello finalizzata all’evasione delle imposte e realizzata mediante l’impiego di fatture per operazioni soggettivamene inesistenti.
Per tale ragione l’Agenzia delle Entrate rifiuta di concedere a tali soggetti la detraibilità dell’IVA relativa a tali operazioni. La fittizietà dell’operazione si desume
dal fatto che i soggetti passivi sono diversi da quelli che realmente hanno posto
in essere le operazioni imponibili. Per dimostrare il coinvolgimento del cessionario nella frode carosello sarebbe necessario accertare la consapevolezza della partecipazione di quest’ultimo ad un’attività illecita. L’Agenzia delle Entrate e il giudice tributario hanno una competenza e strumenti a disposizione limitati per verificare tale conoscenza del cessionario relativa alle altrui precedenti attività fraudolente.
La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, uniformandosi agli orientamenti della Corte di Giustizia UE, considera correttamente la consapevolezza,
non come un stato soggettivo del contribuente, ma come una idoneità a conoscere l’illiceità delle operazioni poste in essere da altri soggetti sulla base degli
strumenti (giuridici) disponibili nel sistema fiscale in cui opera.
Parole chiave: consapevolezza, detraibilità, frode, affidamento, indeducibilità,
IVA
Tax authorities frequently carry out VAT assessments towards transferees (i.e. com-
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panies which receive the goods) defined “filters” or “buffers”, considering that, having
entertained commercial relationships with “missing traders” companies, they are part
of a carousel fraud aimed at evading taxes and realised with fictitious invoices for
non-existent companies. For these reasons, tax authorities deny traders involved in
carousel frauds the right to deduct the input VAT. The fictitiousness of the operation
shall be implied from the fact that taxpayers involved are different from those which
effectively supply and receive the goods. In order to prove the involvement of the transferee in the carousel fraud, it is necessary to demonstrate its consciousness in participating in such unlawful operation. Tax authorities and tax courts have limited competence and instruments aimed at verifying transferee’s acknowledgement concerning
previous fraudulent operations.
Recent case law of the Supreme Court, which aligns to CJEU’s decisions, correctly considers that such acknowledgement is not a subjective status of the taxpayer, but an objective capacity to know the unlawfulness of operations carried out by other companies
exploiting legal instruments offered by the national tax system.
Keywords: knowledge, deducibility, fraud, VAT, legitimate, expectation
SOMMARIO:
1. Il variegato quadro normativo in materia di frodi carosello. – 2. L’utilizzo degli artt. 60 bis e
14, comma 4 bis, nell’ambito dell’accertamento analitico induttivo. – 3. Elementi in base ai
quali è possibile dimostrare il coinvolgimento da parte del cessionario nella frode carosello. – 4.
Ripartizione dell’onere della prova. – 5. Tutela dell’affidamento ed impossibile valutazione
dell’elemento psicologico che caratterizza la consapevolezza. – 6. Indeducibilità dei costi e illegittima estensione dell’art. 14, comma 4 bis, L. n. 537/1993 ai fini dell’indetraibilità dell’IVA.
1. Il variegato quadro normativo in materia di frodi carosello
Sempre più spesso l’Agenzia delle Entrate opera induttivamente per dimostrare che alcune società cessionarie (definite società filtro o buffers in
quanto creano un filtro idoneo ad occultare la connessione tra cartiera e cessionario reale) che abbiano intrattenuto rapporti commerciali con società
cartiere o missing trader, siano coinvolte “all’interno di un carosello fiscale”,
finalizzato all’evasione delle imposte e realizzato mediante l’impiego di fatture per operazioni soggettivamene inesistenti ed indebite dichiarazioni di intento. Ciò al fine di disconoscere la detraibilità dell’IVA e l’indeducibilità dei
costi relativi a tali operazioni. La società cartiera, vendendo ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato in quanto non gravata da IVA, attira una
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serie di altri soggetti che acquistano solitamente sottocosto le merci e le introducono nel mercato interno alimentando la distorsione alla concorrenza 1.
Si sconvolge in tal modo la logica del mercato in quanto, invece di aumentare
i costi per il legittimo guadagno dell’intermediario, si abbassano artificiosamente a danno dell’erario. Tale valutazione è effettuata dagli accertatori su di
una serie di elementi come la mancanza di strutture idonee allo svolgimento
di attività della cedente o cartiera, la mancanza di dipendenti di quest’ultima,
la vendita di beni al di sotto del valore di mercato ecc. L’operazione viene
considerata in tali casi dal punto di vista sanzionatorio ai fini IVA soggettivamente insistente 2 e rientrante tra i reati previsti dagli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n.
74/2000. Talvolta si è ipotizzato il delitto di truffa aggravata ai danni dello
Stato sensi dell’art. 640 c.p., comma 2 3-4. In altri casi ancora, oltre al reato
connesso alla partecipazione alla frode carosello, si contesta quello di omesso
versamento IVA ex art. 10 ter, D.Lgs. n. 74/2000 da parte di quei soggetti facenti parte della filiera fraudolenta che rispondono di concorso 5.
1
Attraverso la vendita sottocosto il prezzo ottenuto consente agli operatori economici
coinvolti comunque di aggredire il mercato a svantaggio di quelli onesti che non fanno parte
della filiera del marcato fraudolento per i quali il gioco delle regole del mercato diventa impari.
Per un quadro ricostruttivi delle problematiche inerenti le frodi carosello v. TOMA, La frode
carosello nell’IVA (parte I), in Dir. prat. trib., 2010, 1385 e Parte II, Dir. prat. trib., 2011, 836.
2
Nelle “operazioni soggettivamente inesistenti”, una prestazione od una cessione è stata
compiuta, esiste, e tale “esistenza” contribuisce a distinguerle dalle “operazioni oggettivamente inesistenti”; ciò che cambia rispetto ad una “inesistenza oggettiva” è l’insieme dei protagonisti dell’operazioni, laddove figurano in fattura soggetti che, in luogo di altri, o non
hanno eseguito l’operazione, o non l’hanno ricevuta. La riunificazione tra i due tipi di “operazioni inesistenti”, avviene alla fine sul versante dei “vantaggi” ottenuti dal compimento di tali
pratiche, principalmente riconnessi (ma altri se ne potrebbero enumerare) all’esercizio “abusivo” del diritto di detrazione dell’IVA ed alla conseguente deduzione di costi ai fini delle imposte dirette. V. LOVISOLO, Operazioni soggettivamente inesistenti ed, “inerenza soggettiva”: la
Cassazione ribadisce la propria “giurisprudenza del disvalore”, in GT-Riv. giur. trib., n. 5, 2010,
p. 419, LOGOZZO, IVA e fatturazione per operazioni inesistenti, in Riv. dir. trib., 2011, 288; ARDITO, Emissione di fatture per operazioni inesistenti e Iva, in Rass. trib., 2006, 642.
3
Controverso è il rapporto tra i reati di truffa aggravata e frode fiscale. V., in proposito,
Cass. sez. un. pen., 19 gennaio 2011, n. 1235 che ha considerato speciali tali ultime due
norme e dunque rispetto al delitto di truffa aggravata previsto dall’art. 640 c.p. L’elemento
specializzante sarebbe secondo l’orientamento delle sez. un. rappresentato dall’utilizzazione in dichiarazione ovvero dall’emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti.
4
COALOA, Frodi carosello le sezioni unite escludono il concorso tra i reati, in Riv. dir. trib.,
2011, II, 79, ARDITO, Le sez. un. escludono il concorso tra frode fiscale e truffa aggravata, in
Rass. trib., 2011, 541.
5
CARACCIOLO, Omissioni e frodi nella fase di riscossione delle imposte, in Riv. dir. trib.,
2011, III, 68.
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L’ipotesi di fittizietà soggettiva si caratterizza per il fatto che la vendita è
riferibile a soggetti diversi da quelli che l’hanno realmente posta in essere.
La falsità ideologica in tali casi, seppure riferita ad una transazione realmente effettuata, riguarda dunque diversi contraenti. Tuttavia essa presupporrebbe l’effettività dell’acquisto dei beni nella disponibilità patrimoniale dell’impresa che ha utilizzato le fatture false e la simulazione soggettiva ossia la
provenienza della merce da ditta o soggetti diversi da quelli figuranti sulle
fatture 6. Tale simulazione non può prescindere da alcuni elementi fondamentali caratterizzanti le frodi carosello e rilevabili in sede penale come la
consapevolezza e la connivenza del soggetto terzo cessionario coinvolto in
tali operazioni. L’identificazione di questi ultimi elementi risulta particolarmente complessa in sede di verifica e di accertamento fiscale (da parte
della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate) ed in sede valutativa
da parte del giudice tributario considerati i limitati poteri e competenze di
tali organi, da un lato, e l’inammissibilità di alcune prove nelle diverse fasi
procedimentale e processual-tributaria dall’altro.
La procedura ai fini accertativi, volta al recupero dell’IVA non versata
anche nei confronti del terzo cessionario acquirente, pur seguendo gli ordinari parametri dell’accertamento analitico induttivo, si basa essenzialmente sull’art. 60 bis D.P.R. n. 633/1972 che è stato emanato secondo
quanto disposto dall’art. 21, par. 3, VI Direttiva IVA 7 a seguito dell’invito
della Commissione UE rivolto agli Stati membri a introdurre forme di responsabilità solidale per l’imposta evasa dal venditore al cessionario e consentire il coinvolgimento di quest’ultimo nelle frodi carosello 8. Esso prevede, attraverso una presunzione legale relativa in generale, una solidarietà
tra cedente e cessionario IVA in caso di mancato versamento dell’imposta
relativa a cessioni a prezzi inferiori al valore normale. Tale norma è tuttavia applicabile ad una serie di situazioni anche diverse dalla frode carosello
6
In tal senso Cass., sez. trib., 17 dicembre 2008, n. 29467 e Cass., sez. trib., 24 luglio
2009 (11 giugno 2009), n. 17377.
È evidente dunque che l’elemento probatorio a sostegno dell’interposizione fittizia di
un diverso soggetto nell’operazione di cessione di beni è indispensabile a dimostrare l’esistenza del reato.
7
Tale norma comunitaria che prevede la possibilità per gli Stati membri di considerare
un soggetto responsabile per il pagamento in solido con un altro, va attuata in osservanza
dei principi di proporzionalità e certezza del diritto. V. in tal senso Conclusioni Avv. Gen.
Causa Corte di Giustizia 11 maggio 2006, causa C 384/04.
8
DE GIROLAMO, L’evoluzione della giurisprudenza comunitaria in tema di responsabilità
del cessionario nelle frodi iva, in Il Fisco, 2007, p. 4571.
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7
in cui la frode può anche essere del tutto assente.
Sebbene la lotta a tali operazioni appare il motivo ispiratore dell’art. 60
bis, quest’ultima disposizione non fa alcun riferimento a fattispecie intracomunitarie e alla riconducibilità anche indiretta del fenomeno fraudolento
interno a tale tipologia, né richiede la sussistenza di elementi soggettivi o
oggettivi o di fattispecie criminose da cui soltanto essa emergerebbe 9.
In tale contesto merita particolare attenzione l’art. 14, comma 4 bis, della
L. 24 dicembre 1993, n. 537 in materia di tassazione di proventi illeciti operante ai fini della imposte dirette ed in base al quale non sarebbe consentita
a soggetti terzi acquirenti da società cartiere la deduzione dei costi e delle
spese riconducibili a fatti qualificabili come reato, ma che si ritiene in grado
di operare anche ai fini dell’indetraibilità IVA nelle frodi carosello 10.
Altra norma considerata di riferimento in tale contesto, è l’art. 21, comma 7, D.P.R. n. 633/1972 che prevede l’obbligo di versamento per intero
dell’imposta da parte del soggetto che ha emesso fattura per operazioni inesistenti. Da tale norma, anche se non espressamente previsto, scaturirebbe il
divieto di recupero di rimborso e di detrazione dell’IVA versata da parte del
cessionario destinatario della fattura 11. Tale interpretazione estensiva delle
disposizioni esaminate che presuppongono la dimostrazione dell’inesistenza dell’operazione (Cass. n. 10505/2008), non sembra tuttavia tenere conto
della loro diversa ratio rispetto all’art. 60 bis 12 e del fatto che esse in ogni ca9
MONDINI, La nuova responsabilità solidale del cessionario IVA e la sua compatibilità con
il diritto comunitario, in Rass. trib., 2005, p. 755.
10
V. Cass. 17 novembre 2006, n. 24471, 19 luglio 2006, n. 16504, 11 settembre 2003,
n. 1335 ove è stato affermato che l’art. 14, comma 4 bis rappresenta una norma di principio
generale valida sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA.
11
La Cass. nella sent. n. 12353 del 10 giugno 2005 ha affermato che «se viene emessa
fattura per operazioni inesistenti l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura – da un lato incide direttamente sul soggetto
emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base dell’applicazione del solo
principio di cartolarità, e, dall’altro, incide indirettamente, in combinato disposto con gli
artt. 19, primo comma, e 26, terzo comma, dello stesso d.P.R., anche sul destinatario della
fattura medesima, il quale non può esercitare il diritto alla detrazione o alla variazione
dell’imposta in totale carenza del suo presupposto, e cioè dell’acquisto (o dell’importazione) di beni e servizi nell’esercizio dell’impresa, arte o professione». V. FICARI, Indetraibilità
dell’imposta ed operazioni oggettivamente inesistenti, in Rass. trib., 2001, p. 222, il quale esamina l’art. 21, comma 7, D.P.R. n. 622/1972 e l’interpretazione giurisprudenziale sul disconoscimento della detrazione IVA. Cass. 19 ottobre 2007, n. 21953 condiziona la ricostruzione induttiva ex art. 54, D.P.R. n. 633/1972 in tali casi all’esibizione di prova dell’inesistenza di alcune operazioni.
12
La Cass., nella sent. n. 13482 del 26 maggio 2008 chiarisce che lo scopo specifico
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so sembrano più garantire la coerenza del sistema IVA essendo riferibili alle
operazioni oggettivamente inesistenti in cui si è in presenza di una fittizia
cessione di beni o prestazione di servizi.
Tali ultime norme esaminate operanti in fase di accertamento nei confronti di soggetti terzi rispetto agli autori del reato come le società c.d. filtro,
non prevedono espressamente l’indetraibilità dell’IVA, da parte del cessionario, né consentono di qualificare frodi le operazioni definite carosello
perché prescindono completamente dagli elementi del reato e dalla connivenza tra cedente e cessionario. Le norme sanzionatorie penali esaminate
previste dal D.Lgs. n. 74/2000 risultano in ogni caso inadeguate ai fini del
contrasto del fenomeno in esame ed è dubbio se il carattere criminale di tali
operazioni possa provocare automaticamente la indetraibilità del IVA in capo ad altro soggetto 13.
2. L’utilizzo degli artt. 60 bis e 14, comma 4 bis, nell’ambito dell’accertamento analitico induttivo
Uno dei maggiori problemi procedurali in fase di accertamento delle
frodi carosello riguarda la possibilità di operare unicamente sulla base di alcune disposizioni esaminate come l’art. 60 bis, D.P.R. n. 600/1973 e l’art.
14, comma 4 bis, L. n. 537/1992 che consentono l’utilizzo di presunzioni
legali ai fini della determinazione del coinvolgimento di soggetti terzi nella
attività fraudolenta, pur essendo l’accertamento analitico-induttivo basato
su presunzioni semplici ex art. 2697 c.c. ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett.
d) e 54 I comma 2, D.P.R. n. 633/1972 14. Né l’art. 32, D.P.R. n. 600/1973,
comma 1, n. 2), né l’art. 51 comma 1 n. 2), D.P.R. n. 633/1972 prevedono
in tali casi la possibilità per l’Ufficio di porre a base degli accertamenti (sindell’art. 21, comma 7, infatti, in presenza di talune patologiche fattispecie, è di ricondurre a
coerenza il sistema impositivo dell’IVA, fondato sui principi della rivalsa e della detrazione
(artt. 18 e 19), secondo cui, siccome l’emissione della fattura legittima il suo destinatario ad
un credito d’imposta nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, è necessario che il soggetto che la emette sia debitore, nei confronti della stessa, della corrispondente imposta.
13
DE SIENA, Operazioni soggettivamente inesistenti e detraibilità IVA, in Rass. trib., 2007,
p. 211, rileva come il vincolo di causalità necessaria che genera la indetraibilità IVA in capo
al soggetto del documento ideologicamente falso determina l’applicazione di una sanzione
impropria difficilmente compatibile con il principio di legalità.
14
La sentenza della Cass. n. 21953/2007 condiziona la ricostruzione induttiva ex art. 54,
D.P.R. n. 633/1972 in tali casi all’esibizione di prova dell’inesistenza di alcune operazioni.
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9
tetico, analitico e induttivo) i dati ed elementi individuati attraverso presunzioni legali se il contribuente non fornisce prova contraria.
Con riferimento all’utilizzo dell’art. 60 bis nelle frodi carosello, va osservato che tale norma non può consentire all’A.F. di riconoscere implicitamente
il carattere fraudolento dell’operazione effettuata tra cartiera e società filtro a
prescindere da qualsiasi altro accertamento, sollevando l’Agenzia delle Entrate dall’onere di provare gli elementi costitutivi della frode. Attraverso un
solo indizio come quello del prezzo inferiore al mercato, si presume che il
cessionario sia consapevole e compartecipe all’evasione posta in essere da un
altro soggetto e si nega la detraibilità dell’IVA. In tal modo si va dunque ben
oltre la responsabilità solidale perché non si chiede il pagamento in via solidale, ma si comprime a fini sanzionatori il diritto alla detrazione.
La giurisprudenza tuttavia considera in proposito necessario l’utilizzo da
parte dell’Ufficio accertatore di validi elementi di prova per affermare che vi
sia stata emissione di fatture per operazioni inesistenti 15-16 ed anche la Corte
di giustizia UE in diverse sentenze attribuisce, come si esaminerà, rilevanza
all’inaffidabilità del cedente 17 e alla consapevolezza del cessionario. In tali
casi si ricorre al principio della buona fede e dell’affidamento, escludendo
dal coinvolgimento il contribuente diligente che non sapeva e non poteva
conoscere la natura fraudolenta delle operazioni precedentemente poste in
essere dal cedente.
Tali orientamenti giurisprudenziali inducono a farci ritenere che l’art. 60
bis da solo non è in grado di semplificare l’attività accertativa dell’Ag. Entrate
e non consente di integrare i presupposti di gravità, precisione e concordanza
tipici delle presunzioni legali 18. Tale norma è dunque insufficiente a dimo15
In proposito, va considerato che la giurisprudenza di merito tende ad utilizzare
una serie di elementi diversi da quelli indicati dall’art. 60 bis e ritiene mancanti gli elementi probatori ai sensi dell’art. 2697 c.c. Inoltre, in assenza di prova contraria, «non
possono riconoscersi addebitabili a carico della società acquirente/cessionaria responsabilità ad essa non imputabili, a causa di violazioni eventualmente accertate in riferimento ad irregolarità commesse da parte del cedente» (CTR Lazio, sez. VI, 30 marzo
2010, n. 37).
Inoltre si è affermato che la produzione del solo p.v.c. non può ritenersi sufficiente a
provare né la frode carosello né la partecipazione consapevole di una s.p.a. alla frode stessa
(CTR Venezia, sez. XXIV, 19 febbraio 2010 n. 1419).
16
V. Cass. n. 17377/2009 e n. 6943 del 25 marzo 2011. V. oltre par. 5.
17
Ad es. mancanza di partita iva., mancanza di mezzi patrimoniali sufficienti, frequente
cambio di forma commerciale oltre al prezzo inferiore a quello di mercato (MARELLO, Oggettività dell’operazione Iva e buona fede del soggetto passivo, in Riv. dir. fin., 2008).
18
Ciò è stato affermato con riguardo agli studi di settore ove la Suprema Corte, nel-
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strare l’esistenza di elementi costitutivi del coinvolgimento in attività fraudolente del cessionario. È pertanto quanto mai opportuno che l’Ufficio operi in
presenza di frodi carosello nel pieno rispetto degli artt. 39, comma 1, lett. d) e
54, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 19 che consentono l’utilizzo di una pluralità
di elementi indiziari e di presunzioni dotate di gravità, precisione e concordanza, tra cui anche l’antieconomicità o vendita al di sotto del valore normale
introdotta dall’art. 60 bis, necessaria a rendere più verosimile il coinvolgimento del cessionario e la realizzazione di un indebito vantaggio.
La Legge Finanziaria per l’anno 2005, nell’introdurre il principio di solidarietà per il pagamento dell’IVA, ai sensi dell’art. 60 bis, D.P.R. n.
633/1972, al fine di rispettare il principio di proporzionalità, ha comunque
previsto la sua esclusione in caso di dimostrazione della vendita al valore
normale. Ed infatti, dopo aver previsto che «in caso di mancato versamento
dell’imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del
presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento della predetta imposta» ha stabilito che, «l’obbligato solidale di cui al comma 2 può tuttavia
documentalmente dimostrare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o
sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso
con il mancato pagamento dell’imposta».
La ratio di tale ultima disposizione è quella di evitare, attraverso l’inversione dell’onere della prova a carico del cessionario nel rispetto della proporzionalità 20, di addossare in capo a quest’ultimo, il mancato versamento
dell’IVA da parte del cedente attraverso arbitrari disconoscimenti del diritto
di detrazione IVA, trattandosi solitamente di soggetto del tutto estraneo a
frodi intracomunitarie e di tentare di rendere il parametro dell’antieconomil’ord. n. 15905 depositata il 6 luglio 2010 e con la sent. n. 16055 del 7 luglio 2010, ha affermato che tali indici devono essere qualificati mere presunzioni semplici.
19
Il richiamo a tale tipo di presunzioni è ben evidenziato nella sentenza della Cass. 25
marzo 2011 n. 6943 ove è affermato che l’accertamento non è sorretto da presunzioni gravi, precise e concordanti secondo gli artt. 39, D.P.R. n. 600/1973 e 54, D.P.R. n. 633/1972
giacché non è dato comprendere in quale modo debba desumersi il ruolo della società filtro per acquisti in nero. In altra sentenza (Cass. 23 febbraio 2010, n. 4306) inoltre si considerano le presunzioni basate su deduzioni logiche dotate di ragionevole probabilità.
20
MONDINI, La nuova responsabilità solidale, cit., p. 258, in proposito osserva che la
mancanza di convenienza economica viene elevata attraverso l’art. 60 bis a fulcro del meccanismo presuntivo per consentire di presumere che la frode esiste e che il cessionario ne
era consapevole. Emerge l’irrazionalità e la sproporzione della norma.
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cità maggiormente condivisibile e legittimo costituzionalmente.
L’art. 14, comma 4 bis, L. n. 537/1993 sulla indeducibilità dei costi documentata da fatture soggettivamente inesistenti presenta difficoltà relativamente all’identificazione del momento in cui è rilevabile l’illiceità dell’operazione. In tale caso l’onere di fornire la prova che l’operazione non è stata mai posta in essere può, secondo parte della giurisprudenza della Cassazione, essere adempiuto dall’Ufficio accertatore anche ricorrendo a presunzioni gravi, precise e concordanti non ostandovi il divieto di doppia presunzione il quale attiene alla correlazione di due presunzioni semplici e non
può ritenersi violato se da un fatto noto si risalga ad uno ignoto che costituisce base per una presunzione legale 21.
Tale ultimo orientamento che non collega la verifica dell’illiceità su cui si
fonda la presunzione legale ad una fase investigativa rilevante extratributaria
come quella che avviene in sede civile o penale, non appare condivisibile e
risulta in contrasto con il principio di proporzionalità.
Pur non giungendo alla conclusione che è necessario condizionare l’accertamento tributario a quello penale per dimostrare la natura illecita delle
operazioni poste in essere in quanto ciò vanificherebbe il senso di disposizioni come l’art. 14 in materia di tassazione dei proventi illeciti, sembra tuttavia necessario stabilire con maggiore precisione possibile gli elementi dotati di un elevato grado di attendibilità in base ai quali si può qualificare reato la partecipazione all’operazione fraudolenta da parte del cessionario e disconoscere la detraibilità dell’IVA e la deducibilità dei costi sostenuti.
In ogni caso, da quanto esaminato, è possibile ritenere che le presunzioni legali stabilite dagli artt. 60 bis e 14, comma 4 bis da sole non possono essere considerate sufficienti ai fini della dimostrazione del coinvolgimento di soggetti terzi nelle frodi carosello e della loro consapevolezza e
che la sussistenza dei requisiti dell’antieconomicità o dell’illiceità dell’operazione contemplati da tali norme, rappresentano ai fini probatori soltanto
dei meri indizi.
3. Elementi in base ai quali è possibile dimostrare il coinvolgimento da parte
del cessionario nella frode carosello
L’insufficienza probatoria, ai fini del coinvolgimento di un soggetto terzo
nelle frodi IVA degli elementi previsti attraverso presunzioni legali della nor21
V. Cass. 18 febbraio 2008, n. 1023 e Cass. 20 maggio 2011, n. 11231.
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me esaminate nel par. precedente, si evince chiaramente dall’esame della recente giurisprudenza.
Talvolta lo stesso Ufficio accertatore si serve di elementi indiziari e probatori ulteriori non sempre necessari a dimostrare la compartecipazione della
c.d. società filtro nell’operazione fraudolenta.
Va osservato in proposito che non può sorgere l’automatica corresponsabilità della cessionaria nella frode qualora quest’ultima abbia svolto in totale buona fede – il ruolo di semplice acquirente (nelle operazioni contestate dall’ufficio) di merci da società cartiere intrattenendo con queste ultime
rapporti commerciali, ma che forse è l’entità o l’esclusività di tali rapporti
che dovrebbe assumere maggiore rilevanza nel quadro degli elementi indiziari 22.
Per quanto riguarda la correttezza e regolarità degli adempimenti contabili del cedente, il mancato pagamento delle imposte o le irregolarità contabili da parte delle società cartiere non dovrebbe essere considerato quale
elemento utile ai fini probatori per dimostrare la fittizietà dell’operazione
intercorsa con la società acquirente, giacché, in caso contrario, il contribuente cessionario verrebbe gravato da obblighi investigativi fiscali senza
avere alcun potere d’indagine e strumenti idonei a tale scopo 23. D’altra parte, è difficile negare che non è semplice per una società acquirente avere
contezza dell’effettività dei versamenti e del rispetto degli adempimenti
contabili da parte di altre società cedenti.
Allo stesso modo sono ritenuti spesso determinanti dall’A.F. ai fini della
sussistenza della fittizietà dell’operazione e della consapevolezza della frode
altre circostanze, altri elementi quali la inesistenza di strutture adeguate o ad
es. la solvibilità del cedente, unitamente all’assenza di dipendenti o la confessione da parte dell’emittente 24, anche se talvolta risulta non facile dimostrare la conoscenza di alcuni di tali elementi indiziari da parte del cessionario.
Particolare rilevanza assumono invece le dichiarazioni rese da vari sog22
La CTR Veneto con sent. n. 36 del 3 giugno 2008, in tal senso ha affermato che la
frequenza con cui una ditta ha intessuto rapporti con altri soggetti che si astenevano dal
versamento dell’IVA va valutata come indizio di una scelta volta ad ottenere vantaggi derivante dalla possibilità di ottenere i medesimi nelle frodi carosello.
23
V. in tal senso Corte di Giustizia 3 marzo 2004, causa C-395/02.
24
È stato inoltre chiarito in giurisprudenza, difatti, che «la prova della inesistenza soggettiva o oggettiva delle operazioni fatturate può essere ricavata da elementi di fatto di vario tipo
(come la mancata copertura finanziaria, la confessione dell’utilizzatore o dell’emittente, la
manifesta non genuinità della fattura e così via)…» (v. Cass. 17 dicembre 2010, n. 25617).
Fabrizio Amatucci
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getti sul coinvolgimento del terzo nelle frodi in fase di verifica della Guardia
di Finanza o di altro organo di controllo e la sentenza passata in giudicato in
sede penale 25 che rappresentano elementi significativi per consentire all’Agenzia delle Entrate di contestare fondatamente le risultanze delle fatture e
di invertire a carico del contribuente l’onere probatorio 26.
Non vi è dubbio infatti che a tal fine, i dati provenienti da verbali nell’ambito di indagini svolte dalla PG rappresentano prove presuntive e non un
semplice indizio ai fini accertativi fiscali 27.
Nel processo tributario il giudice può tuttavia legittimamente fondare il
proprio convincimento sulle prove acquisite nel giudizio penale le quali possono, quantomeno, costituire fonte legittima di prova presuntiva, anche nel caso
in cui questo sia stato definito con una pronuncia non avente efficacia di “giudicato opponibile”. È necessario tuttavia procedere ad una propria ed autonoma
valutazione della condotta delle parti e del materiale acquisito agli atti28, secon25
Sulle dichiarazioni e informazioni acquisite nel processo penale v. Cass. 15 maggio
2000, n. 6215 e Cass. 7 settembre 2001, n. 11512.
Diverso è il vincolo, derivante dal giudicato penale che è circoscritto da numerosi limiti
riguardando soltanto i fatti materiali che devono essere gli stessi da cui dipende il riconoscimento del diritto o interesse cui si controverte. Infine deve trattarsi di fatti rispetto a cui
la legge civile non pone limitazione di prova. Tale vincolo, derivante dal giudicato penale
come osservato da TESAURO, La prova nel processo tributario, in Riv. dir. fin., 2000, 73, 91,
vale solo nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile costituito
nel giudizio penale.
26
V. Cass. 21 maggio 2010, n. 12554. La giurisprudenza di merito (CTR Lombardia,
sent. 1° febbraio 2011 n. 16) ha ritenuto necessaria l’esibizione in sede processuale del
p.v.c. della Guardia di Finanza al quale rinviava per relationem l’avviso di accertamento, del
cui contenuto, altrimenti, non se ne può, dunque, tener conto. Ciò vale anche con riguardo alla copia delle dichiarazioni rese sulla vicenda da terzi in sede di indagini penali, dalle
quali dovrebbe desumersi (a dire dell’Ufficio) la frode fiscale cui avrebbe partecipato la
società terza.
27
Le dichiarazioni del terzo raccolte dalla polizia tributaria e trasfuse nel processo verbale di constatazione, nel concorso di particolari circostanze, ed in particolare qualora abbiano valore confessorio, possono costituire una prova presuntiva, ai sensi dell’art. 2729
c.c., idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica, da parte dell’amministrazione finanziaria (Cass. 5 maggio 2011, n. 9876).
28
Nella sentenza della Cass. 24 maggio 2005, n. 10945, è affermato che nessuna automatica autorità di cosa giudicata può più attribuirsi nel separato giudizio tributario alla
sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione
finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente. Pertanto, il giudice
tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di
reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatri-
14
DOTTRINA
RTDT - n. 1/2012
do la regole proprie della distribuzione dell’onere della prova nel giudizio
tributario.
Tali ulteriori elementi rilevanti per l’A.F. determinano un ampliamento
degli strumenti probatori che si riflette sull’equa ripartizione dell’onere della
prova con conseguente disparità di trattamento nei confronti del cessionario che dovrebbe a sua volta, in relazione alle dichiarazioni di terzi in fase
procedurale e processuale, poter dimostrare la inconsapevolezza e la estraneità alla frode derivante dal fatto che non sapeva e non avrebbe potuto sapere dell’esistenza del meccanismo di frode. Su tale punto risultano interessanti le considerazioni svolte dalla giurisprudenza della Cassazione sulla incolpevole ignoranza riconducibile alla situazione giuridica oggettiva che verranno successivamente esaminate nel par. 5.
Uno dei pochi elementi giuridicamente certi in tale contesto è rappresentato come esaminato dalla antieconomicità (acquisto sottocosto) prevista dall’art. 60 bis, D.P.R. n. 600/1973 che, oltre ad avallare la consapevolezza del cessionario (Cass. n. 867/2001) attraverso presunzione legale relativa, inverte l’onere della prova su tale ultimo soggetto passivo il quale dovrà
dimostrare l’estraneità alla frode carosello, provando che i prezzi indicati a
corrispettivo delle cessioni effettuate nei suoi confronti, non contestati, non
erano inferiori al valore normale di mercato.
Infine, mentre non sempre è considerata rilevante, ai fini della inconsapevolezza e della mancanza di falsità ideologica del cessionario su cui è ribaltato l’onere della prova, la dimostrazione dell’effettività dell’operazione
attraverso la prova della sussistenza di rapporti economici tra le società desumibile dal ricevimento o della consegna della merce e dal versamento del
corrispettivo 29, è ritenuto sufficiente ai fini dell’affidamento e dunque del
ce del singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.),
deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad
operare.
29
Con. sent. n. 6620 del 19 marzo 2009, la Corte di Cassazione ha considerato la rilevanza della buona fede sganciata dalla dimostrazione della reale effettuazione delle operazioni. In tal senso Cass. 24 luglio 2009, n. 17377 ove tali elementi sono considerati inconcludenti e 30 gennaio 2007, n. 1950. In quest’ultima sentenza venivano richiesti riscontri
precisi sul proprio stato soggettivo in ordine all’altruità della fatturazione che non si esauriscano nella prova dell’avvenuta consegna della merce e del pagamento dell’IVA.
Viene affermato dalla Cassazione in tali sentenze che il cessionario ha l’onere di provare di non avere avuto consapevolezza della falsità ideologica della fattura rilasciata a fronte
dell’operazione e tale prova non può essere validamente fornita soltanto dimostrando che
la merce è stata effettivamente ricevuta e ne è stato versato il corrispettivo, trattandosi di
Fabrizio Amatucci
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mancato coinvolgimento questa volta del cedente nella frode IVA posta in
essere dal cessionario, l’emissione di apposita “dichiarazione d’intento” da
parte dell’esportatore (art. 1, comma 1, lett. c) delle cessioni effettuate nei
confronti degli esportatori abituali (c.d. esportazioni indirette), prevista
dall’art. 8, comma 1, lett. c), D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Il soggetto cedente, una volta riscontratane la conformità alle disposizioni di legge, non è infatti tenuto ad eseguire alcun altro controllo, rimanendo totalmente a carico di chi emette tale dichiarazione la responsabilità, anche penale, derivante da un’eventuale falsità. Ne consegue che,
quando la dichiarazione stessa esista e non sia ideologicamente falsa o,
comunque, il cedente non sia consapevole di tale falsità (cioè non abbia la
consapevolezza che l’operazione non è destinata realmente all’esportazione, ma ha una destinazione nazionale), l’operazione deve ritenersi non
imponibile, a prescindere dalla prova dell’effettiva avvenuta esportazione
della merce 30.
circostanze non concludenti, la prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione
soggettivamente inesistente e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per
sé a dimostrare l’estraneità alla frode.
È stato in oltre affermato che il meccanismo dell’operazione e gli scopi che la stessa si
propone (acquisizione di materiali a prezzi più contenuti al fine di praticare prezzi di vendita più bassi, con alterazione a proprio favore del libero mercato) fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale, con la conseguenza che, in applicazione del relativo principio sancito dall’art. 17 della Direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, l’IVA assolta dal medesimo beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile ai sensi dell’art.
19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, anche se le predette operazioni siano state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell’intera documentazione contabile, sembrino perfettamente regolari (si veda anche Cass. n. 867/2010 e n. 30055/2008). V. in tal
senso anche Cass. 29 luglio 2011, n. 16663.
30
V. Cass. 27 ottobre 2010, n. 21956. Sulla dichiarazione si è affermato (CTP Treviso,
sent. n. 142/2006) che il “soggetto dichiarante”, titolare di impresa commerciale, è personalmente ed esclusivamente responsabile di quanto dichiara in relazione al possesso dei
requisiti soggetti e oggettivi per poter usufruire della non imponibilità iva sui beni destinati
all’esportazione; “lettere di intento”, non veridiche o mendaci, che attestino lo “status” di
“esportatore abituale”, escludono, comunque, anche in via di coobbligazione solidale,
qualsiasi ipotesi di recupero Iva da parte dell’Amministrazione finanziaria in capo al cedente, tenuto al solo controllo delle procedure formali, amministrative, cartolari delle dichiarazioni stesse e non già alla verifica della sussistenza o meno dei presupposti che legittimano il contenuto dei documenti ricevuti.
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