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L`argomento EPR e le disuguaglianze di Bell

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L`argomento EPR e le disuguaglianze di Bell
Facoltà di Scienze Matematiche , Fisiche e Naturali
Corso di Laurea Triennale in Fisica
Tesi di Laurea Triennale in Fisica
L'argomento EPR e le disuguaglianze di Bell
Realismo , Località e Completezza in Meccanica
Quantistica
Relatore:
Laureando:
Prof. Vittorio Lubicz
Vincenzo Cacchio
Matricola 439150
Anno Accademico 2012/2013
Indice
Introduzione..............................................................................................................................1
1 L'argomento di Einstein , Podolsky e Rosen......................................................................8
1.1 Due fondamentali assunti iniziali e l'ipotesi di località...........................................8
1.2 Due possibili alternative........................................................................................11
1.3 Einstein,Podolsky e Rosen : la teoria quantistica è incompleta........................... 12
1.4 La reazione di Bohr e della Scuola di Copenaghen all’argomento EPR..............16
2 La disuguaglianza di Bell..................................................................................................21
2.1 La versione di Bohm dell’argomento EPR...........................................................21
2.2 L’entanglement quantistico..................................................................................25
2.3 Le previsioni della Meccanica Quantistica per misure congiunte di spin............29
2.4 Le teorie a variabili nascoste e la disuguaglianza di Bell.....................................33
2.4.1 La Meccanica Quantistica non può essere completata con variabili
nascoste locali....................................................................................38
3 Le disuguaglianze di Bell sperimentalmente testabili...................................................41
3.1 La disuguaglianza CHSH debole.........................................................................42
3.1.1 Alcune precisazioni...............................................................................42
3.1.2 La derivazione della disuguaglianza.....................................................45
3.2 Le ipotesi aggiuntive , ovvero le disuguaglianze di Bell forti.............................49
3.2.1 Le disuguaglianze CH74.......................................................................50
3.2.1.1 La disuguaglianza CH74 debole e le teorie probabilistiche
a variabili nascoste locali......................................................50
3.2.1.2 L’assunzione CH o “no enhancement assumption” : la
disuguaglianza CH74 forte.....................................................55
3.2.1.3 Derivazione della disuguaglianza CHSH dalla
disuguaglianza CH74.............................................................57
3.2.2 L'assunzione CH...................................................................................59
3.2.3 L'assunzione GR e la disuguaglianza CHSH forte ................................63
3.2.4 Una breve riflessione sulle ipotesi aggiuntive.......................................65
4 Gli esperimenti sulle disuguaglianze di Bell...................................................................66
4.1 Considerazioni generali riguardo un esperimento sensibile................................66
4.2 Gli esperimenti di Alain Aspect...........................................................................69
4.2.1 La sorgente a cascata atomica del calcio...............................................69
4.2.2 Le proprietà dei due fotoni emessi........................................................71
4.2.3 Esperimento con polarizzatori a un canale............................................73
4.2.3.1 Le previsioni della Meccanica Quantistica per 𝑆 : 𝑆𝑀𝑄 ..........75
4.2.3.2 I risultati sperimentali : 𝑆𝑒𝑥𝑝 ...................................................79
4.2.4 Esperimento con polarizzatori a due canali...........................................81
4.2.4.1 Le previsioni della Meccanica Quantistica per ∆ : ∆𝑀𝑄 ..........82
4.2.4.2 I risultati sperimentali : ∆𝑒𝑥𝑝 ...................................................87
4.2.5 Esperimento a disposizione variabile....................................................88
4.3 Cosa ci insegnano i tre esperimenti di Aspect………………………………......91
4.4 “Loopholes” negli esperimenti ottici di Bell........................................................91
Conclusioni............................................................................................................................95
Appendice A L'invarianza rotazionale dello stato di singoletto di spin.........................96
Appendice B Correlazioni classiche per misure congiunte di spin….............................99
Appendice C L'argomento di Hardy……………………………………………………103
Appendice D Una disuguaglianza di Bell per spazi di Hilbert 𝟑 ⊗ 𝟑...........................107
A.D.1 Le previsioni della Meccanica Quantistica...................................................107
A.D.2 Le previsioni del realismo locale..................................................................109
Appendice E Entanglement e violazione delle disuguaglianze di Bell..........................112
A.E.1 La disuguaglianza di Bell e i vettori di stato fattorizzabili............................112
A.5.2 La disuguaglianza di Bell e i vettori di stato entangled.................................114
Bibliografia………………………………………………………………………………..117
Introduzione
Nel suo classico trattato sui fondamenti della meccanica quantistica,“I Principi della Meccanica Quantistica”[1], Dirac espone i seguenti fondamentali enunciati:
•
misurando una variabile dinamica reale si ottiene sempre come risultato un suo auto
valore (p.49);
•
se la misura di un’osservabile ξ viene eseguita un gran numero di volte mentre il sistema si trova nello stato corrispondente a |𝑥〉, la media di tutti i risultati ottenuti sarà
•
⟨𝑥|ξ|𝑥⟩ (p.63);
una misura costringe sempre il sistema a porsi in un autostato della variabile dinamica
che si misura (pp.48-49).
Abbiamo evidenziato i termini facenti riferimento all’atto del misurare per sottolineare come
la teoria quantistica riguardi “fondamentalmente i risultati di “misure”, e perciò presupponga,oltre al “sistema” (o oggetto), anche un “misuratore” (o soggetto)”[2]. In questo senso ,
come afferma Heisenberg, “se si può parlare di un’immagine della natura propria della
scienza esatta del nostro tempo, non si tratta più propriamente di un’immagine della natura,
ma di una immagine del nostro rapporto con la natura” [3].
A questo riguardo il fisico e matematico tedesco Pascual Jordan, discepolo e collaboratore di
Bohr, giunse addirittura a dichiarare che le osservazioni non solo disturbano ciò che deve essere misurato ma addirittura lo producono. Ad esempio, in una misura di posizione eseguita
con il microscopio a raggi gamma, “l’elettrone viene forzato a prendere una decisione . Noi
lo costringiamo ad assumere una posizione definita; in precedenza esso non era in generale ,
né qui né là ; non aveva ancora preso una decisione circa una definita posizione … Se , con
un altro esperimento, si misura la velocità dell’elettrone questo significa: l’elettrone viene
costretto a decidere di assumere qualche valore esattamente definito per la velocità … noi
stessi produciamo il risultato della misura”[4].
A differenza della meccanica classica , della relatività generale e della teoria di Maxwell la
Meccanica Quantistica respinge dunque espressamente l'assunto realistico secondo cui i risultati delle misure effettuate su di un oggetto rappresentino proprietà (dell’oggetto) preesistenti
le misure stesse.
1
Nel pensiero di Einstein, convinto realista, vi è al contrario l’idea di una realtà esterna indipendente dall’osservatore; nel suo lavoro “Quantum mechanics and reality” del 1948 [5] lo
scienziato di Ulm scrive:
“[…] i concetti della fisica si riferiscono a un universo esterno reale ossia, le rappresentazioni degli oggetti stabilite dalla fisica aspirano a un’esistenza reale indipendente dai soggetti della percezione.”
Nei fondamentali enunciati di Dirac così come nel brano di Jordan riportato, oltre al concetto
di soggettività , “che avrebbe potuto disturbare un teorico dell’Ottocento”[2], emerge il carattere fondamentalmente indeterministico della teoria quantistica ; infatti nella Meccanica
Quantistica si registra la compresenza di una descrizione deterministica dei sistemi fisici inosservati, data dall’equazione d’onda di Schroedinger, e di una descrizione probabilistica,
applicabile quando si effettui una misurazione su tali sistemi , sintetizzabile nell’ultima delle
tre proposizioni enunciate inizialmente più nota come “collasso delle funzione d’onda”. A
questo proposito il grande matematico J.Von Neumann scrive [6] :
“[…]Sebbene si creda, dopo aver specificato la funzione d’onda 𝜑 , di conoscere lo stato
completamente , sui valori delle quantità fisiche coinvolte si possono fare solo asserzioni statistiche. D’altra parte , questo carattere statistico è limitato a proposizioni sui valori delle
quantità fisiche , mentre gli stati precedenti e successivi possono essere calcolati causalmente
da 𝜑𝑡0 = 𝜑 ,dove 𝜑𝑡0 indica la funzione d’onda al tempo 𝑡0 . Ed è l’equazione di Schrodinger
dipendente dal tempo che lo rende possibile[…]”.
In fisica classica , partendo dal presupposto che i processi fisici siano in sé stessi determinati,
la probabilità si configura come epistemica, ovvero accidentale, legata all’ignoranza delle
condizioni precise in cui un fenomeno complesso ha luogo, e dunque in linea di principio eludibile ; al contrario la probabilità nella descrizione quantistica dei processi fisici si configura
come non epistemica ovvero non imputabile ad una mancanza di informazioni circa le condizioni al contorno di un processo che, se fosse disponibile, ci consentirebbe di trasformare le
asserzioni probabilistiche in asserzioni certe. In altri termini la natura, secondo la Meccanica
Quantistica, è caratterizzata da un intrinseco indeterminismo .
2
Einstein, che pure aveva fornito essenziali contributi alla nuova teoria quantistica, mantenne
verso di essa, causa il suo carattere anti realista ed indeterministico, un atteggiamento critico
sintetizzabile nel seguente passo contenuto in una lettera a Max Born del Dicembre 1926 [7]:
“La meccanica quantistica è degna di ogni rispetto ma una voce interiore mi dice che non è
ancora la soluzione giusta. E’ una teoria che ci dice molte cose , ma non ci fa penetrare più a
fondo i segreti del gran Vecchio . In ogni caso , sono convinto che questi non gioca a dadi
con il mondo”
e ancora nel 1955, quattordici giorni prima di morire, Einstein scrisse [8]:
“Siamo molto lontani dal possedere una base concettuale della fisica alla quale poterci in
qualche modo affidare”
Questa conclusione di sostanziale inaffidabilità dei fondamenti della fisica moderna era condivisa da altri grandi fisici , come Schrödinger, che muovendosi lungo la stessa linea di pensiero di Einstein, riferendosi all’indeterminismo della teoria quantistica afferma [9]:
“Se veramente dovremo continuare ad avere a che fare con questi maledetti salti quantici ,
devo rammaricarmi di essermi lasciato coinvolgere nell’elaborazione della teoria quantistica”
Tuttavia Einstein non vide mai nell’indeterminismo un carattere definitivo ed ineludibile della
teoria quantistica tanto da dichiararsi fermamente convinto che il carattere essenzialmente
statistico della teoria quantistica contemporanea fosse esclusivamente da ascriversi al fatto
che la teoria operasse una descrizione incompleta dei sistemi fisici. Ad Einstein infatti “sembra più naturale pensare che una formulazione adeguata delle leggi dell’universo comporti
l’uso di tutti gli elementi concettuali necessari per una descrizione completa”. Inoltre , secondo il padre della Relatività , “non può certo meravigliare che, usando una descrizione incompleta, da questa descrizione si possano ottenere (essenzialmente) solo affermazioni di carattere statistico”. Infatti , “se dovesse essere possibile avvicinarsi ad una descrizione completa, le leggi dovrebbero probabilmente rappresentare altrettante relazioni fra tutti gli elementi concettuali di questa descrizione, le quali non avrebbero in sé nulla a che fare con la
statistica”[10].
3
La questione dell’incompletezza della teoria quantistica venne affrontata approfonditamente
da Albert Einstein, coadiuvato da due giovani collaboratori, Boris Podolski e Nathan Rosen ,
in quell’articolo del 1935 intitolato “Può la descrizione quantistica della realtà essere considerata completa ?”, ribattezzato anche “argomento EPR” dalle iniziali dei cognomi dei tre
autori , che costituisce una vera e propria pietra miliare nel percorso verso una maggiore
comprensione dei fondamenti della fisica moderna . Evidenziando quel particolare fenomeno
quantistico che è l’entanglement , che verrà descritto successivamente da Schrödinger come
“il tratto distintivo della meccanica quantistica” , EPR mostrano come un’accettazione acritica dei principi della Meccanica Quantistica non possa che condurre ad un inevitabile quanto
sconcertante , per l’epoca , abbandono della località dei fenomeni fisici ; tuttavia secondo
Einstein , in assenza di una descrizione fisica locale “non sarebbe possibile un pensiero fisico
nel senso per noi abituale”[5] . Di qui la necessità di un completamento deterministico della
teoria quantistica per mezzo di quelle variabili nascoste locali che sole avrebbero potuto restaurare nella fisica il realismo e la località . In una tale prospettiva inoltre le probabilità
quantistiche acquisirebbero un carattere epistemico in quanto l' indeterminismo nascerebbe
unicamente dall’incapacità umana di avere accesso a quei gradi di libertà addizionali di difficile rivelazione sperimentale (le variabili nascoste locali), noti i quali la descrizione fisica dei
fenomeni sarebbe totalmente deterministica . In questo senso, in presenza di una descrizione
fisica completa, “la teoria quantistica statistica verrebbe ad assumere […] una posizione approssimativamente analoga a quella della meccanica statistica nello schema della fisica classica”.
Per quasi un trentennio la discussione relativa ad un possibile completamento della Meccanica
Quantistica proseguì senza sostanziali novità fino a quando nel 1964 il fisico irlandese John
Stuart Bell giunse a formulare una disuguaglianza, detta di Bell , verificata da ogni teoria realistica e locale ma violata dalle previsioni della Meccanica Quantistica in certe situazioni .
In sintesi il lavoro di Bell può essere riassunto affermando che la Meccanica Quantistica non
può essere completata per mezzo di variabili nascoste locali ; tuttavia esso non contiene affermazioni riguardanti la validità della teoria quantistica o delle teorie a variabili nascoste locali . Restava dunque da stabilire quale delle due teorie fosse corretta. Apparentemente le innumerevoli conferme sperimentali della Meccanica Quantistica potrebbero essere viste , unitamente al lavoro di Bell, come una sostanziale smentita delle teorie a variabili nascoste loca-
4
li. Ma solo apparentemente, perché tali conferme non sono in grado di discriminare tra la
Meccanica Quantistica e le teorie a variabili nascoste locali le cui previsione divergono, generando dunque un conflitto tra le due teorie, soltanto in un ristretto numero di situazioni sperimentali . Queste situazioni si verificano , tipicamente , quando si effettuano misurazioni di
correlazione di osservabili relative a particelle in uno stato entangled.
Dunque la questione poteva essere risolta soltanto a livello sperimentale, osservando attentamente le misure delle correlazioni tra particelle entangled . A questo proposito furono pubblicate , nel 1969 da Clauser , Horne , Shimony e Holt e nel 1974 da Clauser e Horne , versioni
delle disuguaglianze di Bell che ben si adattavano agli esperimenti reali, in cui gli apparati
sono caratterizzati da imperfezioni ed inefficienze .
Dopo una prima serie di esperimenti pioneristici, all'inizio degli anni Ottanta l’abile fisico
sperimentale Alain Aspect realizzò, utilizzando coppie di fotoni entangled prodotte in una cascata atomica del calcio, tre tipologie di esperimenti, via via più sofisticati, i cui risultati, chiari e netti, violavano le disuguaglianze di Bell e si mostravano in perfetto accordo con le previsioni quantomeccaniche.
L'esame dei risultati sperimentali ha portato dunque alla conclusione che la visione del mondo
determinista, realista e locale della fisica classica non può essere mantenuta alla luce delle conoscenze attuali.
Struttura della Tesi
In questa tesi si affronta la questione della legittimità del realismo locale einsteiniano in Meccanica Quantistica .
Nel primo capitolo viene esposto l’argomento EPR analizzando il punto di vista del realismo
locale e le sue fondamenta, ovvero il criterio di realtà e il principio di località; vengono inoltre
presentate e discusse le critiche mosse dalla Scuola di Copenaghen alle argomentazioni avanzate da Einstein, Podolsky e Rosen .
Nel secondo capitolo seguendo la versione di Bohm dell’argomento EPR , formulata in termini di spin , giungeremo a derivare la disuguaglianza di Bell del 1964; mostreremo come le teorie a variabili nascoste locali, esposte nei loro tratti essenziali, e di cui la disuguaglianza rap-
5
presenta un’emanazione, non siano in grado di replicare totalmente le previsioni della Meccanica Quantistica. Nel capitolo viene approfondito il fenomeno dell’entanglement facendo riferimento allo stato entangled di singoletto di spin .
Nel terzo capitolo operiamo la distinzione tra le disuguaglianze di Bell deboli , basate come la
disuguaglianza originaria di Bell sul realismo locale puro e semplice, e le disuguaglianze di
Bell forti , sperimentalmente testabili a differenza delle prime in quanto ricavate grazie a delle
ipotesi aggiuntive che tengono conto delle imperfezioni dell’apparato sperimentale. Vengono
quindi esposte e derivate le disuguaglianze CHSH debole, CH74 debole, CH74 forte e CHSH
forte. La derivazione delle disuguaglianze CH74 ci fornirà l’occasione per presentare le teorie
stocastiche a variabili nascoste locali .
La conoscenza delle disuguaglianze di Bell forti ci permetterà di analizzare quantitativamente
gli esperimenti di Aspect, esposti ed approfonditi nel quarto capitolo insieme ai più recenti e
famosi esperimenti sulla correlazione quantistica condotti da Wheis e Zeilinger .
Nell’Appendice A viene dimostrata l’invarianza rotazionale dello stato entangled di singoletto. Nell’Appendice B le correlazione osservate in misure congiunte di spin condotte su due
particelle entangled vengono inquadrate in un modello classico. Nell’ Appendice C viene esposto l’originale argomento di Hardy che dimostra, senza l’uso di disuguaglianze,
l’impossibilità di un completamento della Meccanica Quantistica per mezzo di variabili nascoste locali. Nell’Appendice D viene presentata una disuguaglianza di Bell per spazi di Hilbert 3 ⊗ 3 (la disuguaglianza originale di Bell e le disuguaglianza CHSH si riferiscono a
spazi di Hilbert 2 ⊗ 2 ). Nell’Appendice E viene dimostrata l’interessante equivalenza, per
un sistema di due particelle, tra gli stati entangled e gli stati quantistici che violano la disuguaglianza di Bell.
6
Figura 1. Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen nel loro sottile argomento, detto argomento EPR , mirano a dimostrare , con riferimento ad un sistema di due particelle entangled , la sostanziale incompletezza della teoria quantistica.
Figura 2. John Stewart Bell ( 28 Giugno 1928 -1 Ottobre 1990 ). Fisico noto per la disuguaglianza
che porta il suo nome , considerata del premio Nobel Josephson come "il più importante recente
contributo alla scienza".
7
Capitolo I
L’argomento di Einstein , Podolsky e Rosen
Nel 1935 Einstein, Podolsky e Rosen pubblicano un articolo [11], dal titolo emblematico
“Può la descrizione quantistica della realtà essere considerata completa ?” volto a dimostrare l’incompletezza del formalismo quantistico.
1.1 Due fondamentali assunti iniziali e l’ipotesi di località
L’articolo si apre con la seguente richiesta filosofica, che impegna la scienza sulla portata conoscitiva dei propri apparati concettuali:
“Ogni esame serio di una teoria fisica deve tenere conto della distinzione tra la realtà oggettiva , che è indipendente da ogni teoria, e i concetti fisici con i quali la teoria opera. Questi
concetti sono intesi corrispondere alla realtà oggettiva e mediante questi concetti ci formiamo un’immagine di questa realtà”
La lettura dell’incipit, che esprime tra l’altro la ferma convinzione di Einstein nell’esistenza di
una realtà oggettiva, ci porta a formulare due importanti domande.
La prima: quando una quantità fisica è parte della realtà oggettiva, ovvero quando è possibile
associare ad una quantità fisica un elemento di realtà ?
Gli autori rispondo enunciando il seguente criterio, detto “criterio di realtà”,atto a riconoscere
quelle situazioni in cui ci si trova ad avere a che fare con una qualche realtà oggettiva:
“Se ,senza disturbare in nessun modo un sistema, possiamo prevedere con certezza, cioè con
probabilità unitaria, il valore di una quantità fisica , allora esiste un elemento di realtà corrispondente a questa quantità fisica”
Questo criterio, “pur lungi dall’esaurire tutti i modi possibili di riconoscere una realtà fisica,
costituisce almeno uno di questi modi , ogni qual volta si presentino le condizioni da esso poste”. Esso costituisce dunque una condizione di realtà non necessaria ma solo sufficiente e si
accorda tanto con le idee classiche di realtà quanto con quelle della Meccanica Quantistica .
8
Il criterio di realtà generalissimo permette dunque di individuare quegli oggetti reali , cioè esistenti indipendentemente dalle nostre osservazioni e dai nostri strumenti, che costituiscono
quell’ “universo esterno reale”a cui, secondo Einstein, “i concetti della fisica” devono riferirsi.
Il realismo einsteniano è allora fatto di “generalissimi elementi di realtà” riconoscibili grazie
al criterio di realtà di Einstein, Podolsky e Rosen (da questo punto in poi semplicemente
EPR).
Per terminare la risposta alla prima domanda osserviamo come , contrariamente alla centralità
del termine “misura” presente nelle tre proposizioni di Dirac riportate nell’introduzione,
l’elemento di realtà presenti le seguenti caratteristiche [12]:
•
è pensato esistente anche in assenza di un atto di misura concretamente effettuato.
•
E’ pensato associato all’oggetto misurato e non all’apparato misuratore.
•
E considerato la causa del risultato (esattamente predetto) della misura, qualora essa
venga concretamente effettuata.
La seconda domanda : quando possiamo pensare che le immagini descritte dai concetti della
teoria siano in grado di riflettere la struttura del mondo esterno?
A questa seconda domanda EPR rispondono affermando che chiedere ad una teoria di fornire
una buona immagine della realtà oggettiva equivale a sottoporre la teoria stessa a controlli severi per verificare se essa rispetti o meno la seguente condizione , detta “condizione di completezza” :
“Una teoria fisica è completa se e solo se ogni elemento di realtà fisica ha una controparte
nella teoria”
Sulla base di tale condizione EPR dettano i criteri per l’accettazione di una teoria . Affinché
una teoria possa essere accettata, affermano EPR , non è sufficiente che i suoi calcoli relativi
ai fatti di Natura siano in buon accordo con le osservazioni e le misure; questo ci può dire
qualcosa sulla sua correttezza ma anche per i tre autori la Meccanica Quantistica è una teoria
corretta . E’ infatti necessario secondo EPR che una teoria fisica , oltre ad essere corretta , verifichi la condizione di completezza appena citata.
9
Gli autori inoltre , come vedremo , basano la loro intera argomentazione sull’intuitiva assunzione di località:
“Se al tempo della misura due sistemi non interagiscono più , nessun reale cambiamento può
avvenire sul secondo sistema in conseguenza di qualcosa che può essere fatto sul primo sistema”
che può essere anche posta nella seguente forma :
dati due oggetti fisici esiste una loro distanza relativa al di sopra della quale la loro interazione reciproca diventa trascurabile,
dove la propagazione dell’ interazione, in accordo con l’idea dell’esistenza di una freccia del
tempo, è intesa avvenire dal passato verso il futuro e mai viceversa.
Il postulato di località traduce il pensiero di Einstein [5] secondo cui
“[…]appare essenziale il fatto che in un dato istante gli oggetti considerati dalla fisica reclamino un’esistenza singola autonoma in quanto “collocati in regioni distinte dello spazio”.
Fuori dall’ipotesi di una simile esistenza autonoma dei singoli oggetti spazialmente separati
–ipotesi che deriva in primo luogo dalla riflessione quotidiana– non sarebbe possibile un
pensiero fisico nel senso per noi abituale”.
Il realismo applicato secondo il criterio di realtà di EPR e la località nel senso appena specificato, inglobante l’esistenza di una freccia del tempo, costituiscono il naturale punto di vista
del realismo locale .
Il realismo locale può essere globalmente enunciato dicendo che le cose del mondo esistono
indipendentemente dagli esseri umani e dalle loro osservazioni e, allo stesso tempo, indipendentemente le une dalle altre; infatti se le cose esistono indipendentemente da noi, così come
prescritto dal realismo einsteiniano, allora esse debbono anche esistere indipendentemente le
une dalle altre : anche noi sperimentatori ed osservatori siamo infatti, con i nostri corpi, “cose” del mondo, senza con questo voler negare in alcun modo il valore assoluto della persona
umana .
10
1.2 Due possibili alternative
Il principio di indeterminazione preclude la possibilità di una conoscenza esatta e simultanea
di due grandezze fisiche rappresentate da operatori non commutanti : soltanto una tra due osservabili non compatibili, quali ad esempio possono essere la posizione e l’impulso di una
particella , può essere infatti determinata ad un certo istante con assoluta precisione.
Una domanda sorge a questo punto come inevitabile : a cosa è dovuta questa impossibilità ?
In altri termini : perché mai non è permessa , in linea di principio , una conoscenza esatta e
simultanea di tutte le entità fisiche che costituiscono ed animano il mondo che ci circonda ?
E’ tale impossibilità da ascrivere a difetti o a mancanze della teoria , la Meccanica Quantistica, per mezzo della quale descriviamo la realtà ? Oppure la natura presenta degli oggettivi ed
ineliminabili limiti alla conoscenza , limiti del tutto indipendenti dal soggetto che la indaga ?
Giungiamo in tal modo , seguendo EPR , alla seguente disgiunzione logica concernente la realtà fisica : o
1)la descrizione quantomeccanica della realtà offerta dalla funzione d’onda non è completa ,
ovvero la Meccanica Quantistica è una teoria incompleta ,
oppure
2)grandezze fisiche corrispondenti ad operatori non commutanti non godono di realtà simultanea .
Per definizione di disgiunzione logica le due precedenti affermazioni non possono avere entrambe valore di falsità e dunque la non veridicità dell’una implica la verità dell’altra ; infatti,
se le due grandezze non compatibili avessero valori ben definiti (negazione della affermazione 2), ipotizzando la teoria quantistica completa (negazione della affermazione 1), questi (i
valori delle due osservabili) dovrebbero far parte delle informazioni contenute nella funzione
d'onda . Ma poiché questo non avviene o le osservabili non possono presentare nel contempo
valori definiti, ossia le due grandezze non sono contemporaneamente reali, oppure la funzione
d'onda, non venendo a configurarsi a tal punto come la massima fonte di informazione circa
un sistema fisico (mancando dei valori esatti delle due osservabili ), offre una descrizione incompleta della realtà.
11
D’altro canto le affermazioni appena riportate sono mutuamente esclusive in quanto rappresentano due concezioni opposte riguardo ad aspetti fondamentali della Meccanica Quantistica.
L’alternativa 2) rappresenta ciò che la Meccanica Quantistica stessa afferma . L’alternativa 1)
sintetizza il pensiero di Einstein riguardo la teoria, un pensiero volto a dimostrare l’ incompletezza della stessa. Al contrario, osservano EPR, la Meccanica Quantistica “assume invece che
la funzione d’onda contenga una descrizione completa della realtà fisica del sistema nello
stato cui essa corrisponde” . A prima vista ( soltanto a prima vista ! ), affermano EPR , “questa assunzione è assolutamente ragionevole , perché l’informazione che si può ottenere da
una funzione d’onda sembra (sembra ! ) corrispondere esattamente a ciò che può essere misurato senza alterare lo stato del sistema .Tuttavia , come mostreremo nel paragrafo seguente
seguendo il ragionamento di EPR, questa assunzione , insieme al criterio di realtà dato sopra e
al postulato di località , non può che portare ad una contraddizione.
1.3 Einstein,Podolsky e Rosen : la teoria quantistica è incompleta
Gli autori considerano (vedi anche [13]) due sistemi, 𝐼 e 𝐼𝐼 , descritti rispettivamente dalle va-
riabili 𝑥1 e 𝑥2 , che hanno interagito da 𝑡 = 0 a 𝑡 = 𝑇. Dopo questo tempo di interazione EPR
suppongono che non vi sia più alcuna interazione tra le parti. Assumendo noti gli stati dei due
sistemi prima di 𝑡 = 0 risulta possibile calcolare , con l’aiuto dell’equazione di Schrödinger,
lo stato del sistema composto 𝐼 + 𝐼𝐼 ad ogni istante successivo . Per 𝑡 > 𝑇 lo stato del sistema
composto può essere descritto dalla funzione d’onda
∞
𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) = � 𝜓𝑛 (𝑥2 ) ∙ 𝑢𝑛 (𝑥1 )
𝑛=1
1)
dove {𝑢𝑛 (𝑥1 )} e {𝑎𝑛 } sono rispettivamente le autofunzioni e gli autovalori dell’operatore 𝑨,
rappresentante l’osservabile 𝒜 del sistema 𝐼. I termini 𝜓𝑛 (𝑥2 ) possono immaginarsi come i
coefficienti dello sviluppo di 𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) rispetto alle funzioni ortogonali {𝑢𝑛 (𝑥1 )}.
Osserviamo come , in base alla 1) , non sia possibile calcolare lo stato in cui ciascuno dei due
sistemi si trova dopo l’interazione . Questo , in accordo con la Meccanica Quantistica , può
essere fatto solo con l’aiuto di ulteriori misurazioni . Supponiamo ad esempio di eseguire una
misura di 𝒜 sul sistema 𝐼 e di trovare il valore 𝑎𝑘 . Allora secondo la Meccanica Quantistica ,
applicando il processo noto come la riduzione del pacchetto d’onde, si deve dedurre che il
12
primo sistema collassa nello stato 𝑢𝑘 (𝑥1 ) e il secondo , di conseguenza , precipita nello stato
𝜓𝑘 (𝑥2 ) . Dunque , dopo la misura la 1) si riduce al solo fattore 𝜓𝑘 (𝑥2 ) ∙ 𝑢𝑘 (𝑥1 ).
Lo sviluppo 1) è determinato ovviamente dalla scelta dell’osservabile 𝒜 . Adottando ad e-
sempio una nuova osservabile В , con autovalori {𝑏𝑠 } e autofunzioni {𝑣𝑠 (𝑥1 )}, otteniamo per
la 𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) la diversa espressione:
∞
𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) = � 𝜑𝑠 (𝑥2 ) ∙ 𝑣𝑠 (𝑥1 )
𝑠=1
con i nuovi coefficienti 𝜑𝑠 (𝑥2 ) per l’espansione .
Chiaramente in caso di spettro continuo la 1) sarà sostituita da :
𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) = �
+∞
−∞
dove la 𝑦 denota gli autovalori continui di 𝑨.
𝜓𝑦 (𝑥2 ) ∙ 𝑢𝑦 (𝑥1 )𝑑𝑦
2)
Gli autori suppongono quindi che il sistema totale 𝐼 + 𝐼𝐼 consista in una coppia di particelle ,
la particella 1 e la particella 2 , preparate nello stato:
𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) =
+∞ 2𝜋𝑖∙(𝑥 −𝑥 +𝑥 )∙𝑝
1
2
0
ℎ
� 𝑒
𝑑𝑝
−∞
3)
dove 𝑥0 è una costante arbitraria. I singoli stati delle due particelle sono al contrario comple-
tamente indeterminati .
Assumere , come fatto inizialmente da EPR , che per 𝑡 > 𝑇 non vi sia più alcuna interazione
tra le due particelle significa di fatto svolgere le misure di posizione ed impulso che ci appre-
stiamo a descrivere in condizioni di località . In regime di località gli elementi di realtà fisica
posseduti oggettivamente da un sistema non possono venire influenzati istantaneamente a distanza , ovvero , nel nostro caso , una misura condotta su una particella non potrà creare o
modificare proprietà dell’altra .
Possiamo esprimere la 3) nelle due seguenti formulazioni matematiche , del tutto equivalenti.
La prima:
13
𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) =
+∞ −2𝜋𝑖∙(𝑥 −𝑥 )∙𝑝
2
0
ℎ
� 𝑒
−∞
∙𝑒
2𝜋𝑖∙(𝑥1 )∙𝑝
ℎ
𝑑𝑝
4)
avendo semplicemente scritto l’integrando della 3) come prodotto di due esponenziali .
La seconda :
+∞
𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) = � ��
−∞
+∞
+∞
−∞
𝑒
�
2𝜋𝑖∙(𝑥−𝑥2 +𝑥0 )∙𝑝
�
ℎ
∙ 𝑑𝑝� ∙ 𝛿(𝑥1 − 𝑥)𝑑𝑥
= ℎ � 𝛿(𝑥 − 𝑥2 + 𝑥0 ) ∙ 𝛿(𝑥1 − 𝑥)𝑑𝑥
5)
−∞
Confrontando la 2) , scritta ponendo 𝑦 = 𝑝 , con la 4) si ha
𝑢𝑝 (𝑥1 ) = 𝑒
𝜓𝑝 (𝑥2 ) = 𝑒
2𝜋𝑖∙(𝑥1 )∙𝑝
ℎ
−2𝜋𝑖∙(𝑥2 −𝑥0 )∙𝑝
ℎ
ℎ
𝜕
Osserviamo che 𝑢𝑝 (𝑥1 ) è proprio l’autofunzione dell’operatore impulso 𝑃1 = 2𝜋𝑖 𝜕𝑥 della
particella 1 corrispondente all’autovalore 𝑝1 = 𝑝 mentre 𝜓𝑝 (𝑥2 ) è l’autofunzione
ℎ
𝜕
1
dell’operatore impulso 𝑃2 = 2𝜋𝑖 𝜕𝑥 della particella 2 corrispondente all’autovalore 𝑝2 = −𝑝.
2
Dunque una misura dell’impulso sulla particella 1 con risultato 𝑝1 = 𝑝 , causando il collasso
della funzione d’onda 4) del sistema totale nello stato
𝜓𝑝 (𝑥2 ) ∙ 𝑢𝑝 (𝑥1 )
ci permette di predire con certezza , senza disturbare in alcun modo il sistema “particella 2”, il
valore della quantità fisica impulso della particella 2. Infatti la suddetta misurazione sulla particella 1, e questo è il punto centrale dell’ analisi EPR , non può avere alcun effetto sulla par-
ticella 2 o meglio , non disturba in alcun modo la particella 2 , avendo escluso per ipotesi , data la condizione di località in cui abbiamo deciso inizialmente di svolgere l’esperimento , ogni
interazione reciproca tra 1 e 2 . Allora , in accordo con il criterio di realtà, 𝑝2 = −𝑝 è un elemento di realtà fisica della particella 2.
14
Confrontando invece la 5) con la 2) , ora scritta con 𝑦 = 𝑥 , otteniamo :
𝑢𝑥 (𝑥1 ) = 𝛿(𝑥1 − 𝑥)
𝜓𝑥 (𝑥2 ) = ℎ𝛿(𝑥 − 𝑥2 + 𝑥0 )
dove 𝑢𝑥 (𝑥1 ) non è altro che l’autofunzione dell’operatore posizione 𝑋1 relativo alla particella
1 corrispondente all’autovalore 𝑥1 = 𝑥 mentre 𝜓𝑥 (𝑥2 ) è l’autofunzione dell’operatore posizione 𝑋2 della particella 2 corrispondente all’autovalore 𝑥2 = 𝑥 + 𝑥0 .
Pertanto se da una misurazione della posizione della particella 1 otteniamo il valore 𝑥 la funzione d’onda 5) del sistema composto si riduce al solo fattore
𝜓𝑥 (𝑥2 ) ∙ 𝑢𝑥 (𝑥1 )
ed è quindi possibile inferire con certezza che la particella 2 , senza che sia stata disturbata in
alcun modo dalla localizzazione della 1 , trovandoci in regime di località , sarà trovata nella
posizione 𝑥 + 𝑥0 . Allora , in accordo con il criterio di realtà , 𝑥2 = 𝑥 + 𝑥0 è un elemento di
realtà fisica della particella 2.
La cosa importante qui è che la particella 2 non può sapere in anticipo quale decisione pren-
deremo noi misuratori , se cioè andremo a misurare la posizione o la quantità di moto della 1 .
Stando al criterio di realtà dunque tanto la posizione che la quantità di moto della 2 sono reali,
e lo sono contemporaneamente perché tutte e due le grandezze devono in qualche modo sussistere nella particella 2 già prima della misurazione effettiva , essendo entrambe evocabili u-
gualmente e spontaneamente senza la necessità, o addirittura la possibilità , di una interazione
con 1.
In sintesi abbiamo dunque dimostrato che grandezze fisiche non compatibili , come lo sono la
posizione e l’impulso della particella 2 essendo
godono di realtà simultanea .
𝑃𝑋 − 𝑋𝑃 =
ℎ
,
2𝜋𝑖
In precedenza avevamo dimostrato la seguente disgiunzione logica : o
15
1) la descrizione quantomeccanica della realtà offerta dalla funzione d’onda non è completa ,
ovvero la Meccanica Quantistica è una teoria incompleta , oppure
2) grandezze fisiche corrispondenti ad operatori non commutanti non godono di realtà simultanea .
E’ evidente a questo punto come la pretesa di completezza della teoria quantistica sia foriera
di contraddizione : continuare a ritenere completa la descrizione quantomeccanica della realtà
data dalla funzione d’onda , ovvero negare la 1) , non può che condurre alla conferma
dell’alternativa 2) . Infatti, come abbiamo osservato in precedenza, per definizione di di-
sgiunzione logica le due precedenti affermazioni non possono avere entrambe valore di falsità
e dunque la falsità della 1) implica la verità della 2) .Tuttavia abbiamo appena dimostrato che
due quantità fisiche con operatori non commutanti possono avere realtà simultanea. Al fine di
risolvere la contraddizione “siamo quindi forzati a concludere che la descrizione quantomeccanica della realtà fisica offerta dalla funzione d’onda non è completa”.
In sintesi , seguendo il ragionamento di EPR , il punto di vista della Meccanica Quantistica
deve essere ritenuto incompleto , ovvero la teoria quantistica non si dimostra in grado di attribuire una controparte formale a tutti gli elementi di realtà fisica.
1.4 La reazione di Bohr e della Scuola di Copenaghen all’argomento
EPR
Il lavoro di Einstein , Podolsky e Rosen suscitò un acceso dibattito nel quale intervennero tutti
i più grandi fisici dell’epoca.
L’intervento più importante fu senza’altro quello di Niels Bohr, la cui replica all’argomento
EPR venne pubblicata pochi mesi dopo il lavoro di Einstein, Podolsky e Rosen. L’articolo
[14] del fisico danese, intitolato provocatoriamente “Can Quantum –Mechanical Description
of Physical Reality be Considered complete ?”, conteneva, in un linguaggio considerato dai
più oscuro e contorto, la seguente tesi : il paradosso scompare se si ammette che il criterio di
realtà di Einstein è sbagliato o, più precisamente, non applicabile ai sistemi microscopici.
Mentre per Einstein gli oggetti microscopici esistono nello spazio e nel tempo anche se non
sono osservati, per Bohr sono reali i soli atti di misura ed ogni riferimento ad una realtà ele-
16
mentare non osservata deve essere bandito dal ragionamento scientifico [31]. Cerchiamo di
analizzare in dettaglio la posizione di Bohr partendo dal famoso principio di complementarità.
Il principio di complementarità, enunciato dallo stesso Bohr nel Congresso internazionale dei
Fisici del 1927, postula l’impossibilità di una descrizione contemporaneamente spaziotemporale e causale dei fenomeni atomici. Come spiega Bohr [15]
“secondo l’essenza stessa della teoria quantistica noi ci dobbiamo accontentare di considerare la rappresentazione spazio-temporale e il postulato di causalità , la cui unione è caratteristica delle teorie fisiche classiche , come tratti complementari ma vicendevolmente esclusivi
della descrizione del contenuto dell’esperienza”
Con “rappresentazione spazio temporale” Bohr intende la descrizione della posizione della
particella in tempi determinati , con “descrizione che soddisfa il postulato della causalità” la
descrizione tramite grandezze per le quali valgono le leggi di conservazione, come energia e
impulso. In tal modo, la complementarità tra la descrizione spazio-temporale e il postulato di
causalità si riduce alla complementarità tra posizione ( o tempo ) e impulso (o energia ) [16] .
Mostriamo come la descrizione causale e la descrizione spazio-temporale risultino mutuamente incompatibili nella descrizione quantistica dei fenomeni microscopici considerando misure
di posizione ed impulso su di una particella libera.
L’esatta localizzazione della particella può essere ottenuta soltanto misurando la posizione
senza alcuna indeterminazione. Una misura esatta della posizione, come sappiamo, porta al
collasso della funzione d’onda nella delta di Dirac la quale può essere espressa come sovrapposizione lineare di tutte le possibili onde piane aventi coefficienti dello stesso modulo:
𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒,𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑥0
𝛹(𝑥) �⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯� 𝛿(𝑥 − 𝑥0 ) =
1 +∞ 2𝜋𝑖∙(𝑥− 𝑥0)∙𝑝
ℎ
� 𝑒
∙ 𝑑𝑝
2𝜋 −∞
La nostra conoscenza dell’impulso del sistema, precedente all’atto di misura, va così persa e
di certo non vi può essere evidenza della conservazione della quantità di moto se non vi è alcunché di noto circa la quantità di moto stessa. In definitiva la localizzazione nello spazio ,
ovvero la descrizione spaziale, conduce all’abbandono della descrizione causale.
Simmetricamente la descrizione causale , ottenuta per mezzo della misura esatta dell’impulso
lascia completamente indefinita la coordinata della particella e dunque ci costringe a rinuncia17
re ad una possibile descrizione spaziale ; infatti data l’esatta definizione dell’impulso , la funzione d’onda della particella collassa in un’onda piana:
𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙′ 𝑖𝑚𝑝𝑢𝑙𝑠𝑜 ,𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑝0
𝛹(𝑥) �⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯� 𝑒
2𝜋𝑖 ∙𝑝0 ∙𝑥
ℎ
In definitiva secondo l’interpretazione ortodossa della teoria quantistica il principio di causalità risulta in conflitto con l’idea di una rappresentazione spazio-temporale, dunque con uno dei
principi fondamentali del realismo.
Non potendo ottenere una descrizione causale e spazio temporale di qualsivoglia fenomeno
quantistico è bene, afferma Bohr, che lo sperimentatore limiti la sua attenzione esclusivamente agli atti di osservazione. Dunque non si è autorizzati a concludere alcunché riguardo ciò
che realmente avviene negli intervalli tra due osservazioni . Il processo di misura si configura
in tal modo come l’unico criterio atto a determinare gli elementi di realtà fisica : una particella
non possiede una certa proprietà finché questa non viene misurata.
Il nuovo criterio di realtà, sostitutivo di quello einsteiniano, smonta totalmente le tesi sostenute da EPR : la posizione e l’impulso non godono, in base all’esperienza, di realtà simultanea e
dunque non si è autorizzati a concludere alcunché circa l’incompletezza della teoria quantistica.
Le parole di Heisenberg [17] a questo riguardo sono particolarmente illuminanti:
“Qualsiasi tipo di conoscenza , scientifica o meno , dipende dal nostro linguaggio. Le parole
di questo linguaggio rappresentano i concetti della vita quotidiana , che nel linguaggio scientifico della fisica possono venire affinati in base ai concetti della fisica. Tali concetti sono gli
unici strumenti per una non ambigua comunicazione intorno agli eventi , intorno
all’organizzazione degli esperimenti e ai loro risultati. Se si chiede perciò al fisico atomico di
fornire una descrizione di ciò che realmente accade nei suoi esperimenti, le parole “descrizione” , “realmente” ed “accade” possono soltanto riferirsi ai concetti della vita quotidiana
o della fisica classica. Non appena il fisico abbandonasse questa base (i concetti della moderna fisica quantistica ) perderebbe i mezzi per una comunicazione non ambigua e non potrebbe proseguire nella sua scienza. Perciò, qualsiasi affermazione su ciò che è realmente
accaduto è un’affermazione espressa nei termini dei concetti classici , per sua natura incompleta rispetto ai particolari degli eventi atomici implicati. La richiesta di descrivere ciò che
18
accade nel processo teoretico quantico fra due successive osservazioni è una contraddizione
in adiecto , giacché la parola descrivere si riferisce all’uso dei concetti classici , mentre questi concetti non possono venire applicati allo spazio che intercorre fra le osservazioni; possono soltanto venire applicati nei punti di osservazione.”
Secondo i critici dell’ortodossia quantistica , anche se le predizioni della Scuola di Copenaghen intorno alla probabilità degli eventi fossero assolutamente esatte, questa interpretazione
non descrive ciò che realmente avviene indipendentemente dalle osservazioni e negli intervalli fra queste, non potendo seguire l’evento nel suo sviluppo causale e spazio temporale. Tuttavia tra due rilevazioni, e su questo non c’è dubbio , qualcosa deve avvenire e finché questo
qualche cosa non venga descritto il compito della fisica, che non si può esaurire soltanto
all’atto di osservazione, non è completo. Significativo è il seguente passo di Einstein [18],
tratto da “Replica alle osservazioni dei vari autori” :
“Ciò che non mi soddisfa in questa teoria, in linea di principio, è il suo atteggiamento verso
ciò che mi sembra essere lo scopo programmatico della fisica stessa: la descrizione completa
di ogni situazione reale (individuale) che si suppone possa esistere indipendentemente da ogni atto di osservazione o di verifica.”
Il fisico, secondo la critica di Einstein, deve postulare che oggetto della sua scienza è un mondo non fatto da lui e che sarebbe presente, essenzialmente invariato, anche se egli non fosse lì.
Concludiamo osservando come la richiesta di località risultasse assolutamente irrinunciabile
non solo per EPR ma persino per i loro "oppositori" : Bohr nel suo articolo di risposta ad EPR
non prese mai in considerazione la possibilità di abbandonare questa richiesta . Comprendiamo dunque la ragione della vaghezza e dell'oscurità della "filosofica" replica di Bohr ad Einstein : nessuno senza rinunciare alla località , ovvero ad una convinzione così profondamente
radicata da sembrare autoevidente, avrebbe mai potuto attaccare frontalmente e con successo
le argomentazioni di EPR . Il dibattito degli anni seguenti ha mostrato come il principio di località non è così naturale come sembrerebbe a prima vista : grazie al fondamentale lavoro di
Bell del 1964 che stabilisce l’incompatibilità della teoria quantistica con una descrizione basata sui principi di realtà e località, e agli esperimenti sulle disuguaglianze di Bell realizzati fin
dai primi anni settanta, i cui risultati hanno confermato la validità della Meccanica Quantisti-
19
ca, al giorno d'oggi , “la non località , un mostrum scientifico secondo l'esperienza e l'intuizione umana , è ormai una proprietà generalmente accettata del mondo quantistico” [19].
20
Capitolo II
La disuguaglianza di Bell
2.1 La versione di Bohm dell’argomento EPR
Presentiamo ora una variante dell’argomento EPR proposta nel 1951 da David Bohm , in termini di stati discreti, nell’opera Quantum theory [20]. Mentre EPR studiano un sistema quantistico considerando le osservabili posizione ed impulso Bohm lo analizza dal punto di vista
delle sue variabili di spin ; questo approccio all’argomento EPR sarà dunque matematicamente più snello dato che lo spazio di spin è uno spazio finito .
Consideriamo un sistema quantistico instabile elettricamente neutro e con spin totale nullo il
quale, decadendo, si frammenta in due distinte particelle di spin 1⁄2, supponiamo un elettrone e un positrone.
In seguito al processo di disintegrazione , che ipotizziamo caratterizzato dalla conservazione
dello spin totale, l’elettrone e il positrone viaggiano lungo l’asse y in opposte direzioni verso
due apparati rivelatori di Stern-Gerlach dove trovano ad attenderle due sperimentatori , rispettivamente Alice e Bob (figura 3).
Figura 3 . Rappresentazione schematica dell'esperimento concettuale di EPR nella versione di
Bohm.
La funzione d’onda del sistema costituito dalle due particelle è :
𝛹(𝑥1 , 𝑥2 ) = 𝜓𝑒 (𝑦𝑒 ) ∙ 𝜓𝑝 �𝑦𝑝 � ∙ 𝜒
1)
21
dove 𝜓𝑒 (𝑦𝑒 ) e 𝜓𝑝 (𝑦𝑝 ) sono rispettivamente le funzioni d’onda spaziali dell’elettrone e del positrone mentre
|𝜒〉 =
1
√2
∙ �|𝒛 +〉𝑒 |𝒛 −〉𝑝 − |𝒛 −〉𝑒 |𝒛 +〉𝑝 �
2)
è lo stato di singoletto di spin associato allo spin totale nullo. I kets |𝒛 +〉 𝑒 |𝒛 −〉 sono i due
autostati della matrice di Pauli 𝝈𝒛 associata alla componente z dello spin, con autovalori ri-
spettivamente +1 e −1.
Oltre che per ragioni legate al formalismo matematico , quella di Bohm rappresenta una versione più soddisfacente del’argomento EPR per le ragioni che seguono.
L’esempio di Einstein , Podolsky e Rosen del 1935 non è privo di difetti formali ; infatti , come osserva Max Jammer [13]:
•
lo stato utilizzato non è una soluzione stazionaria dell'equazione di Schrodinger dipendente dal tempo, e dunque conserva la sua forma soltanto per un dato istante.
•
la sua funzione d’onda è basata su onde piane e pertanto le particelle non sono perfettamente localizzate in regioni separate dello spazio ma possono essere presenti ovunque con probabilità costante.
Al contrario , per quel che concerne la variante proposta da Bohm,
•
la parte spaziale della 1) include la dipendenza temporale , mentre la sua parte di spin,
oggetto del nostro studio , è indipendente dal tempo e mantiene quindi la sua forma
durante il moto delle particelle.
•
Le funzioni 𝜓𝑒 (𝑦𝑒 ) 𝑒 𝜓𝑝 �𝑦𝑝 � si considerano da un certo istante in poi diverse da zero
solo in due piccole regioni disgiunte e ben separate dello spazio. Le due particelle dopo quel tempo saranno ben localizzate e lontane l’una dall’altra , e sarà possibile trascurare qualsiasi effetto conosciuto della loro reciproca interazione.
Poniamo adesso che Alice e Bob siano arbitrariamente distanti l’una dall’altro ed intendano
effettuare misure simultanee dello spin una volta che le particelle abbiano cessato di interagire.
22
Continuando a muoverci lungo il solco tracciato da Einstein supponiamo l’inesistenza di influenze che si propaghino istantaneamente o a distanza . Considerando la nostra situazione
sperimentale possiamo dunque così riformulare il postulato di località einsteiniano :
nessun reale cambiamento può avvenire sullo stato di spin del positrone (dell’elettrone)in
conseguenza di misure di spin effettuate sull’elettrone (sul positrone)
Osserviamo che il fatto che lo spin totale debba essere necessariamente uguale a zero fa sì che
la misura dell’orientazione dello spin dell’elettrone permetta di risalire immediatamente allo
stato di spin del positrone .
Supponiamo ad esempio che Alice misuri la componente z dello spin dell’elettrone ed ottenga
ħ
il risultato +1 (in unità 2); allora lo stato 2) collassa nello stato |𝒛� +〉𝑒 |𝒛� −〉𝑝 e Bob , senza
disturbare in alcun modo il positrone, può predire con certezza il valore −1 per la quantità
fisica 𝝈 ∙ 𝒛� del positrone;
ħ
Essendoci posti in condizioni di località il valore −1 (in unità 2) per la componente z dello
spin del positrone non potrà essere stato creato o influenzato a distanza: dobbiamo necessariamente dedurre, escludendo qualsiasi fantomatica azione a distanza , che il valore dello spin
del positrone era determinato prima ancora che venisse effettuata la misura sull’elettrone.
Potendo escludere anche un eventuale disturbo proveniente dall’elettrone, Bob potrà dunque
attribuire alla quantità fisica 𝝈 ∙ 𝒛� l’elemento di realtà −1.
Naturalmente un siffatto ragionamento può applicarsi a qualunque altro orientamento diverso
da 𝒛�: la simmetria rotazionale, legata alla simmetria sferica dello stato di momento angolare
totale nullo, dello stato di singoletto , permette infatti di predire con certezza l’esito di una seconda misura per qualsiasi coppia di direzioni parallele. Come dimostrato nell’Appendice A
infatti , la simmetria rotazionale dello stato di singoletto consiste nella seguente relazione:
|𝜒〉 =
1
√2
�|𝒛 +〉𝑒 |𝒛 −〉𝑝 − |𝒛 −〉𝑒 |𝒛 +〉𝑝 � =
1
√2
� +〉𝑒 |𝒏
� −〉𝑝 − |𝒏
� −〉𝑒 |𝒏
� +〉𝑝 )
(|𝒏
� +〉 e |𝒏
� −〉 rappresentano gli autostati , rispettivamente di autovalori +1 e −1,
dove |𝒏
�.
dell’osservabile 𝝈 ∙ 𝒏
23
I valori dello spin del positrone devono dunque essere predeterminati lungo qualunque direzione dello spazio, in disaccordo con le proprietà quantistiche degli operatori di Pauli non
commutanti lungo direzioni non parallele.
In particolare il positrone possiederà simultaneamente come elementi di realtà fisica le componenti 𝑥 , 𝑦 𝑒 𝑧 dello spin.
In definitiva abbiamo dimostrato, seguendo EPR, che grandezze fisiche non compatibili corrispondenti ad operatori non commutanti , come le componenti di spin 𝑥 , 𝑦 𝑒 𝑧 del positrone,
essendo
�𝝈𝒙 , 𝝈𝒚 � ≠ 0 , [𝝈𝒙 , 𝝈𝒛 ] ≠ 0, �𝝈𝒚 , 𝝈𝒛 � ≠ 0
godono di realtà simultanea.
Ritornando alla disgiunzione logica enunciata da EPR, l’affermazione :
“grandezze fisiche corrispondenti ad operatori non commutanti non godono di realtà simultanea”
è dunque nuovamente negata e di conseguenza l’alternativa ,
“la descrizione quantomeccanica della realtà offerta dalla funzione d’onda non è completa ,
ovvero la meccanica quantistica è una teoria incompleta”
risulta essere vera .
Per riassumere, pur di respingere l’ipotesi che le misure effettuate sull’elettrone abbiano un
effetto istantaneo sul positrone, creando a distanza il valore del suo spin, siamo costretti ad affermare, seguendo Einstein, che i due sistemi, l’elettrone e il positrone, possiedano ben definite proprietà indipendentemente dalle osservazioni. Ma allora poiché il vettore di stato 2) non
descrive le proprietà fisiche trovate, oggettivamente possedute dai sistemi individuali,
(l’elettrone e il positrone), la Meccanica Quantistica non soddisfa il criterio di completezza di
una teoria fisica, secondo il quale ogni elemento di realtà deve avere una controparte nella
teoria.
L’apparente paradosso, quale che sia la sua formulazione, in termini di spin o in termini di
posizione ed impulso, nasce dall’assunzione contemporanea di tre ipotesi:
24
•
Il principio di realtà.
•
Il principio di località
•
La completezza della Meccanica Quantistica.
Lasciando cadere almeno una di queste ipotesi il paradosso si risolve.Einstein, Podolsky e
Rosen considerando le prime due ipotesi naturali ed evidenti non possono che giungere a sostenere la sostanziale incompletezza della Meccanica Quantistica.
2.2 L’entanglement quantistico
In questa sezione vogliamo esporre , con riferimento alla versione di Bohm dell’argomento
EPR , la natura non locale della teoria quantistica. Lo faremo introducendo il concetto di entanglement , termine introdotto da Schrodinger [21] per descrivere
“il tratto più caratteristico dell’intero formalismo , quello che segna la sua più radicale divergenza da ogni concezione classica”
Come mostrato di seguito , la più notevole proprietà dello stato di singoletto è proprio il suo
essere entangled, ovvero non esprimibile come prodotto di due stati.
Vogliamo dunque dimostrare che un sistema costituito dalle particelle 1 e 2 , nello stato quantistico, generalizzazione dello stato di singoletto ,
|𝝋〉 = 𝑥 |𝒖〉1 |𝒗〉2 + 𝑦|𝒖′ 〉1 |𝒗′ 〉2
1)
non è esprimibile come semplice prodotto di stati ; la coppia |𝒖〉1, |𝒖′ 〉1 è una base ortonor-
male nello spazio degli stati della particella 1 , e |𝒗〉2 , |𝒗′ 〉2 è l’analoga base per gli stati della
particella 2. 𝑥 e 𝑦 sono due generici numeri complessi che verificano la relazione
|𝑥|2 + |𝑦|2 = 1
2)
Procediamo per assurdo : supponiamo cioè che |𝝋〉 sia fattorizzabile nel prodotto di due gene-
rici stati |𝒌〉1 , |𝒘〉2delle particelle 1 e 2:
|𝝋〉 = |𝒌〉1 |𝒘〉2
3)
Lo stato sopra considerato viene detto fattorizzato , proprio perché è il prodotto dello stato di
una particella per quello dell’altra particella; le sue proprietà risultano ovvie: ciascuna delle
25
due particelle si comporta in modo del tutto indipendente dall’altra se assoggettata a un generico test ,come può essere ad esempio quello della misura dello spin . Con riferimento ai due
costituenti il prodotto in questione può venir pensato ,seguendo Roger Penrose ,come
l’equivalente quantistico della congiunzione “e” , nel senso che i due sistemi 1 e 2 sono si-
multaneamente presenti e lo stato 3) è un singolo stato quantistico che corrisponde al fatto
che le particella 1 è nello stato definito dal ket |𝒌〉 e la particella 2 nello stato definito dal ket
|𝒘〉. In uno stato fattorizzato del tipo 3) le particelle possiedono dunque ben determinate proprietà ; ad esempio , se fosse |𝒌〉1 = |𝒛 +〉 , |𝒘〉2 = |𝒙 +〉 lo stato 3) descriverebbe la situazione per cui (la componente 𝑧 dello spin della particella 1 è up) e (la componente 𝑥 dello
spin della particella 2 è up).
Nelle due basi precedentemente introdotte , i ket |𝒌〉1 𝑒 |𝒘〉2 assumeranno le seguenti generali
espressioni :
|𝒌〉1 = 𝑠|𝒖〉1 + 𝑡|𝒖′ 〉1
|𝒘〉2 = 𝑝|𝒗〉2 + 𝑞 |𝒗′ 〉2
dove le coppie di coefficienti 𝑠 , 𝑡 , 𝑝 e 𝑞 verificano la 2).
4)
5)
Inserendo la 4) e la 5) nella 3) otteniamo :
|𝝋〉 = |𝒌〉1 |𝒘〉2 = (𝑠|𝒖〉1 + 𝑡|𝒖′ 〉1 )(𝑝|𝒗〉2 + 𝑞 |𝒗′ 〉2 )
= 𝑠𝑝|𝒖〉1 |𝒗〉2 + 𝑠𝑞|𝒖〉1 |𝒗′ 〉2 + 𝑡𝑝|𝒖′ 〉1 |𝒗〉2 + 𝑡𝑞 |𝒖′ 〉1 |𝒗′ 〉2
Dal confronto della 1) con la 6) ,
6)
𝑥 |𝒖〉1 |𝒗〉2 + 𝑦|𝒖′ 〉1 |𝒗′ 〉2 = 𝑠𝑝|𝒖〉1 |𝒗〉2 + 𝑠𝑞|𝒖〉1 |𝒗′ 〉2 + 𝑡𝑝|𝒖′ 〉1 |𝒗〉2 + 𝑡𝑞 |𝒖′ 〉1 |𝒗′ 〉2
deve necessariamente essere :
𝑠𝑞 = 𝑡𝑝 = 0
Ma tale relazione implica che si realizzi almeno una delle due condizioni:
𝑥 = 𝑠𝑝 = 0 , 𝑦 = 𝑡𝑞 = 0
in contraddizione con le nostre ipotesi iniziali.
26
Pertanto lo stato 1) , e dunque anche lo stato di singoletto , non è in alcun modo fattorizzabile
nel prodotto di due stati : non è quindi possibile attribuire ai sottosistemi componenti un vet-
tore di stato e quindi valori definiti delle osservabili , anche quando essi non fossero più interagenti.
Questa è l’essenza dell’entanglement : la perdita (nel caso più generale) di qualsiasi proprietà
dei costituenti entangled ; l’invarianza rotazionale dello stato di singoletto (dimostrata
nell’Appendice A) incarna , matematicamente , la totale perdita di individualità delle particelle nello stato entangled di singoletto da noi studiato ; infatti essendo ,
|𝜒〉 =
1
√2
� +〉𝑒 |𝒏
� −〉𝑝 − |𝒏
� −〉𝑒 |𝒏
� +〉𝑝 )
∙ (|𝒏
7)
le probabilità di trovare l’elettrone (o il positrone) nello stato up o down in un processo di misura lungo una qualsiasi direzione arbitraria risultano sempre entrambe uguali a 1⁄2. Allora
nello stato di singoletto , come è evidente dalla 7), non sono definite , come detto , le proprietà di ogni singolo sottosistema ma è definita una proprietà della coppia , ossia del sistema
globale : la proprietà secondo cui gli spin delle due particelle sono orientati nella stessa direzione.
A questo proposito Erwin Schrodinger considerando due sistemi che hanno interagito in passato , quali sono il nostro protone e il nostro elettrone originati dalla disintegrazione di un sistema quantistico instabile , scrive [21] :
"quando due sistemi , dei quali conosciamo gli stati sulla base della loro rispettiva rappresentazione , subiscono una interazione fisica temporanea dovuta a forze note che agiscono tra
di loro , e quando , dopo un certo periodo di mutua interazione , i sistemi si separano nuovamente ,non possiamo più descriverli come prima dell'interazione , cioè dotando ognuno di loro di una propria rappresentazione . Non chiamerei questo un ma il tratto distintivo della
meccanica quantistica" .
Dunque nello stato 7 ) , gli stati dell’elettrone e del positrone sono collegati , intrecciati tra loro a tal punto che non è più possibile separarli ; a tal proposito si parla infatti anche di non se-
parabilità delle due particelle o “non separabilità quantistica”, ovvero anche quando
l’elettrone e il positrone , i costituenti del sistema ,sono lontanissimi e non interagiscono in
27
alcun modo, non possono essere concepiti come parti separate del sistema cui appartengono ;
dunque, un qualsiasi atto compiuto sull’elettrone, come può essere una misura, farà sentire
sempre i suoi effetti sul positrone.
Per tornare alla versione di Bohm del paradosso EPR , il carattere entangled dello stato di singoletto significa che l’improvvisa assunzione da parte del positrone di una proprietà quantistica – l’orientazione dello spin (e cioè esattamente l’orientazione opposta rispetto all’elettrone)
–avviene istantaneamente, ovvero nel momento stesso in cui viene effettuata la misura
sull’elettrone , a prescindere dalla distanza che separa il positrone dall’elettrone e unicamente
come conseguenza della misura effettuata sull’elettrone.
In definitiva, la Meccanica Quantistica è esplicitamente non locale, ovvero ammette quelle
fantomatiche azioni a distanza che Einstein, con il suo postulato di località, aveva cercato di
respingere.
A questo riguardo Einstein nel 1949, riassumendo la versione del paradosso EPR secondo
l’interpretazione di Copenaghen, scriverà infatti :
“Se i sistemi parziali A e B formano un sistema totale che è descritto dalla sua funzione 𝜑,
cioè dalla 𝜑𝐴𝐵 , non c'è ragione di attribuire un'esistenza reciprocamente indipendente (stato
di realtà) ai sistemi parziali A e B considerati separatamente, neppure se i sistemi parziali
sono separati spazialmente l'uno dall'altro nel momento particolare che viene considerato.
Dire che, in quest'ultimo caso, la reale situazione di B non possa essere (direttamente) influenzata, da nessuna operazione di misura compiuta su A è quindi, nel quadro della teoria
quantistica, un'affermazione infondata e (come dimostra il paradosso) inaccettabile.”
Come vedremo in seguito , secondo il realismo locale l’entanglement quantistico è soltanto un
fenomeno apparente : l’elettrone e il positrone non assumono spontaneamente e casualmente i
loro valori di spin nell’istante stesso della misura ma li possiedono, con orientazioni opposte ,
già dal momento della loro separazione nella sorgente. Di conseguenza, non si pone affatto la
domanda su come il positrone,attraverso chissà quale misterioso canale quantistico, riesca a
ottenere l’informazione sull’orientazione dello spin dell’ elettrone,indipendentemente dalla
distanza che li separa e soprattutto,senza il minimo ritardo temporale.
28
2.3 Le previsioni della Meccanica Quantistica per misure congiunte
di spin
In questa sezione esponiamo le previsioni statistiche della Meccanica Quantistica per i risultati delle misure congiunte di spin eseguite da Alice e Bob . Nella sezione successiva , dopo aver descritto i tratti principali di una teoria a variabili nascoste , ricaveremo una disuguaglianza che si basa sui principi delle teorie realistiche e locali e rappresenta dunque una previsione
delle teorie a variabili nascoste locali . Tale disuguaglianza , nota come disuguaglianza di
Bell, ci consentirà dunque di confrontare le predizioni della teoria quantistica , che adesso andremo a ricavare , con quelle del realismo locale permettendoci di stabilire , di fatto , se sia
possibile o meno completare la Meccanica Quantistica per mezzo di parametri nascosti locali
così come auspicato da Einstein.
Supponiamo che Alice compia le misure di spin sull’elettrone lungo la direzione �𝒂⃗ avente
�⃗ , il cui versore 𝒃
� forma con
� , mentre Bob sul positrone lungo la direzione , 𝒃
come versore 𝒂
� , qui preso come versore di riferimento, gli angoli polare ed azimutale 𝛽 𝑒𝑑 𝛼. Esprimeremo
𝒂
� , |𝒃
� +〉 𝑒 |𝒃
� −〉, in termini della base costituita dagli autostati
dunque gli autospinori di 𝝈 ∙ 𝒃
� che indicheremo rispettivamente con |𝒂
� +〉 𝑒 |𝒂
� −〉. Le equazioni 4) e 5)
up e down di 𝝈 ∙ 𝒂
ricavate nell’Appendice A ci consentono di scrivere le seguenti relazioni
𝛽
𝛽
� +〉 = cos � � |𝒂
� +〉 + 𝑒 𝑖𝜶 sin � � |𝒂
� −〉
|𝒃
2
2
𝛽
𝛽
� −〉 = sin � � |𝒂
� +〉 − 𝑒 𝑖𝜶 cos � � |𝒂
� −〉
|𝒃
2
2
1)
2)
Data la sua invarianza rotazionale , lo stato quantistico di singoletto che descrive le coppie elettrone-protone prodotte dalla sorgente può essere così scritto
ħ
|𝜒〉 =
1
√2
� +〉𝑒 |𝒂
� −〉𝑒 |𝒂
� −〉𝑝 − |𝒂
� +〉𝑝
(|𝒂
Ragionando in unità 2 , indichiamo con 𝐴 = ±1 il risultato ottenuto da Alice nella misura di
� , componente dello spin 𝑺𝑒 dell’elettrone lungo la direzione descritta dal vettore unita𝑺𝑒 ∙ 𝒂
29
� , componente dello spin
� , con 𝐵 = ±1 il risultato ottenuto da Bob nella misura di 𝑺𝑝 ∙ 𝒃
rio 𝒂
�.
𝑺𝑝 del positrone lungo la direzione descritta dal vettore unitario 𝒃
�⃗ indicano le orientazioni
Figura 4. L'esperimento concettuale di EPR nella versione di Bohm ; �𝒂⃗ e 𝒃
dei magneti degli apparecchi di Stern-Gerlach con cui rispettivamente Alice e Bob vanno ad effettuare le misure di spin.
Le previsioni statistiche per i risultati delle misure sono sintetizzate in una grandezza , la funzione di correlazione 𝐸 , definita come il valore di aspettazione del prodotto dei risultati delle
misure di spin condotte sulle due particelle . Indicata con 𝑃(𝐴+, 𝐵 +) la probabilità congiunta di rilevare il risultato +1 per l’elettrone e il risultato +1 per il positrone , con 𝑃(𝐴+, 𝐵 −)
la probabilità congiunta di ottenere il risultato +1 per l’elettrone e il risultato −1 per il posi-
trone e così via per i due restanti possibili esiti , la funzione di correlazione può essere dunque
così espressa:
� � = 𝑃(𝐴+, 𝐵 +) + 𝑃(𝐴−, 𝐵 −) − 𝑃(𝐴+, 𝐵 −) − 𝑃(𝐴−, 𝐵 +)
�, 𝒃
𝐸�𝒂
Determiniamo 𝑃(𝐴+, 𝐵 +) .
3)
𝑃(𝐴+, 𝐵 +) sarà data dal prodotto tra 𝑃(𝐴 +),la probabilità che Alice ottenga +1, e
𝑃(𝐵 + |𝐴 +) , la probabilità , condizionata al risultato positivo di Alice ,che anche Bob ottenga +1 :
𝑃(𝐴+, 𝐵 +) = 𝑃(𝐴 +) ∙ 𝑃(𝐵 + |𝐴 +)
La probabilità condizionata 𝑃(𝐵 + |𝐴 +) traduce matematicamente gli effetti , non locali ,
che una misura condotta sull’elettrone ha sul positrone . A prescindere dalla distanza che se-
para le due particelle la misura dello spin dell’elettrone condizionerà istantaneamente lo stato
del positrone.
30
Secondo la Meccanica Quantistica una generica componente dello spin dell’elettrone assumerà un valore concreto , up o down , soltanto nell’istante della sua misurazione ; il risultato del
processo di misura ,non essendo predeterminato , è casuale e può essere dunque previsto solo
probabilisticamente . Nello stato di singoletto in cui si trovano le due particelle , si ha , evidentemente :
𝑃(𝐴 −) = 𝑃(𝐴 +) =
1
2
La misura effettuata da Alice porta alla distruzione dello stato entangled di singoletto . Si assiste infatti , dato il risultato positivo ottenuto da Alice , al seguente collasso del vettore di stato :
1
√2
𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑖𝑛 𝑑𝑖 𝑒 ,𝑒𝑠𝑖𝑡𝑜+1
� +〉𝑒 |𝒂
� −〉𝑒 |𝒂
� −〉𝑝 − |𝒂
� +〉𝑝 �⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯� |𝒂
� +〉𝑒 |𝒂
� −〉𝑝
(|𝒂
Bob andrà ad eseguire la sua misura sul sistema composto ora descritto dallo stato fattorizzato
�,
� +〉𝑒 |𝒂
� −〉𝑝 . Dunque ,la probabilità che il positrone possegga spin up lungo la direzione 𝒃
|𝒂
ovvero che anche Bob , come Alice, ottenga risultato positivo è data da :
� + �𝒂
� −��
𝑃(𝐵 + |𝐴 +) = ��𝒃
Sostituendo la 1) nella 4) si ha :
In definitiva ,
2
4)
𝛽 2
𝑃(𝐵 + |𝐴 +) = � sin �
2
𝑃(𝐴+, 𝐵 +) = 𝑃(𝐴 +) ∙ 𝑃(𝐵 + |𝐴 +) =
1
𝛽 2
� sin �
2
2
5)
Seguendo lo stesso ragionamento possiamo calcolare 𝑃(𝐴+, 𝐵 −) = 𝑃(𝐴 +) ∙ 𝑃(𝐵 − |𝐴 +).
E’:
Dunque:
𝛽 2
2
�
� −�� = � cos �
𝑃(𝐵 − |𝐴 +) = ��𝒃 − �𝒂
2
31
1
𝛽 2
𝑃(𝐴+, 𝐵 −) = 𝑃(𝐴 +) ∙ 𝑃(𝐵 − |𝐴 +) = � cos �
2
2
6)
Data la simmetria del modello , è
1
𝛽 2
𝑃(𝐴−, 𝐵 −) = � sin �
2
2
1
𝛽 2
𝑃(𝐴−, 𝐵 +) = � cos �
2
2
7)
8)
Sostituendo la 5) , la 6) , la 7) e la 8) nella 3) otteniamo infine la funzione di correlazione
cercata:
𝛽 2
𝛽 2
� � = � sin � − � cos � = − cos 𝛽 = − 𝒂
�
�, 𝒃
�∙𝒃
𝐸�𝒂
2
2
Osserviamo in particolare come , se l’asse della misura di Bob è allineato con quello di Alice,
si ha
�, 𝒂
�) = −1
𝐸(𝒂
9)
ovvero , Bob otterrà sempre come risultato della sua misura un valore opposto rispetto a quello di Alice.
La Meccanica Quantistica spiega le forti correlazioni , descritte dalla 9), che legano i risultati
ottenuti da Alice e Bob ricorrendo a quello scambio di informazioni non locale tra le due particelle che è il tratto distintivo dell’entanglement quantistico: quando Alice e Bob effettuano
le misure lungo il medesimo asse il positrone, nell’istante stesso in cui viene effettuata la misura dell’orientazione dello spin dell’elettrone, assume istantaneamente il valore dello spin
opposto, a prescindere dalla distanza che separa le due particelle , e unicamente in conseguenza della misura effettuata sull’elettrone. Si parla a questo proposito di correlazioni quantistiche.
Il realismo locale offre al contrario una spiegazione classica delle correlazioni osservate , basata sulle leggi di conservazione : per una serie di leggi di conservazione le proprietà delle
due particelle sono determinate da quelle dell’oggetto iniziale, dalla cui frammentazione hanno avuto origine ; in questo senso, secondo il realismo locale, si dice che le particelle sono tra
32
loro correlate. E’ infatti partendo dalle leggi di conservazione dell’energia , della quantità di
moto , del momento angolare, etc. che si può risalire , da una serie di misure effettuate soltanto sull’elettrone , alle proprietà del positrone. Le correlazioni sono dunque stabilite alla sorgente , ossia da un oggetto che determina una specifica “simmetria” tra le due particelle.
Nell’esperimento concettuale di Bohm una volta noto lo spin dell’elettrone , grazie alla conservazione del momento angolare totale , siamo in grado , come detto , di risalire al valore
dello spin del positrone senza effettuare alcuna misura. Infatti poiché il sistema iniziale è caratterizzato da un momento angolare totale nullo se effettuiamo le misure congiunte di spin
lungo il medesimo asse , dal risultato
derivare il valore −
ħ
2
ħ
2
per una misura dello spin dell’elettrone non può che
per lo spin del positrone .
Nell’Appendice B esponiamo un modello , proposto da Asher Peres [22] , che spiega classicamente le correlazioni che caratterizzano i risultati delle misure congiunte di spin effettuate
sull’elettrone e sul positrone.
La questione sembra essere ragionevole , intuitiva , ma presuppone che determinate informazioni vengano acquisite dalle particelle , e dallo stato che le descrive , prima che esse vengano
espulse in direzioni opposte. Le artefici di tali completamenti di informazione quantistica sono le variabili nascoste che ci apprestiamo a descrivere.
2.4 Le teorie a variabili nascoste e la disuguaglianza di Bell
Molti fisici si sono sentiti a disagio con l’interpretazione quantistica delle misure di correlazione di spin , manifestamente non locale; la posizione di costoro è ben riassunta nel principio
di località di Einstein , che applicato al nostro esempio diventa:
la reale situazione fattuale del positrone è indipendente da quanto accade all’elettrone ,
quando esso è spazialmente separato dal primo
Come abbiamo visto , Einstein , considerando come irrinunciabili quelle ipotesi di realismo e
località negate dalla teoria quantistica , giunse a dichiarare incompleta la Meccanica Quantistica auspicandone conseguentemente il suo completamento per mezzo di variabili nascoste
(locali).
33
Poiché completezza della meccanica quantistica significa indeterminismo , con le teorie a variabili nascoste si sarebbe recuperata anche una visione del mondo essenzialmente determinista.
In generale ,le proprietà da attribuire ad un qualsiasi modello locale a variabili nascoste sono :
•
Esiste una famiglia di parametri , in linea di principio non conoscibili esattamente , da
qui il nome di variabili nascoste, la cui conoscenza permette di prevedere in modo deterministico l’evoluzione del sistema.
•
Le variabili nascoste 𝜆 possiedono una distribuzione di probabilità 𝜌(𝜆) che deve ri-
produrre i risultati quantomeccanici.
•
Esiste una regola che stabilisce la corrispondenza tra il valore assunto dalla variabile
nascosta e il valore delle osservabile misurata.
•
Esiste una regola che stabilisce la distribuzione statistica delle variabili nascoste dopo
ogni misura.
Al contrario della Meccanica Quantistica le teorie a variabili nascoste sostengono che
l’orientazione dello spin che si ottiene dalla misurazione è una proprietà reale e oggettiva ,
una caratteristica costante del sistema , preesistente la misurazione. Lo spin è infatti determinato ben prima che la misurazione avvenga dalle variabili nascoste che ,in quanto nascoste,
non sono tuttavia direttamente misurabili. In questo senso il collasso della funzione d’onda è
un fenomeno puramente apparente dovuto all’ignoranza delle variabili nascoste : il probabilismo quantistico ,ritenuto un carattere non accidentale della realtà microscopica , scomparirebbe una volta che fosse noto l’intero set di variabili nascoste.
Come già abbiamo avuto modo di osservare , in quest’ottica si può comprendere come , secondo ogni teoria a variabili nascoste locali , anche l’entanglement quantistico sia soltanto un
fenomeno apparente : l’elettrone e il positrone non assumono spontaneamente e casualmente i
loro valori di spin nell’istante stesso della misura; infatti la componente dello spin delle particelle lungo una qualsiasi direzione è con certezza ed univocamente determinata dalle variabili nascoste in ogni istante .
Dunque in una teoria a variabili nascoste locali non si pone affatto la domanda su come il positrone possa assumere valore “up” per 𝑆𝑧 , in conseguenza di un esito ”down” per una misura
34
di 𝑆𝑧 condotta sull’elettrone , senza il minimo ritardo temporale e a prescindere dalla distanza
che separa le due particelle.
Per queste ragioni le teorie a variabili nascoste locali vengono anche dette teorie locali e realistiche. Esse infatti assumono da un lato la validità del principio di località , negando dunque
quelle azioni istantanee a distanza previste dalla teoria quantistica e dall’altro ammettono la
correttezza del realismo secondo cui i sistemi possiedono ben definite proprietà indipendentemente dalle osservazioni eseguite. In questo senso esse si contrappongono alla Meccanica
Quantistica , teoria non locale e non realistica.
Supponiamo a questo punto che sia possibile una descrizione completa dello stato per mezzo
di parametri nascosti 𝜆; non è rilevante , ai fini del risultato che siamo interessati ad ottenere ,
se 𝜆 rappresenti una singola variabile o un insieme di variabili ,o persino un insieme di fun-
zioni , o se essi siano di tipo continuo o discreto .Possiamo dunque rappresentare collettivamente i parametri nascosti con il singolo parametro continuo 𝜆.
In termini dei parametri nascosti 𝜆, ragionando in unità
ħ
2
, il risultato 𝐴 = ±1 della misura di
� , componente dello spin 𝑺𝑒 dell’elettrone lungo la direzione descritta dal vettore unita𝑺𝑒 ∙ 𝒂
� , viene così espresso:
rio 𝒂
�, 𝜆)
𝐴 = 𝐴(𝒂
1)
E’ questa un’espressione deterministica nel senso che , una volta noto 𝜆 , il valore
� , preesistente alla misura in ogni teoria realistica , è univocamente dedell’osservabile 𝑺𝑒 ∙ 𝒂
terminato e dunque il risultato stesso della misura può essere stabilito con certezza prima di
compiere l’osservazione.
� , componente dello spin 𝑺𝑝 del
Analogamente per il risultato 𝐵 = ±1 della misura di 𝑺𝑝 ∙ 𝒃
� , si ha:
positrone lungo la direzione descritta dal vettore unitario 𝒃
� , 𝜆�
𝐵 = 𝐵� 𝒃
2)
� né 𝐵dipende
La 1) e la 2) sono inoltre espressioni locali , nel senso che né 𝐴 dipende da 𝒃
� ; in altri termini il risultato della misura dello spin dell’elettrone (positrone) non viene
da 𝒂
35
affatto influenzato dall’orientazione del magnete dell’apparecchio di Stern-Gerlach con cui si
effettua la misura sul positrone (elettrone).
Se 𝜌(𝜆)è la distribuzione di probabilità di 𝜆 normalizzata ad uno sul dominio 𝛤 dei parametri
nascosti ,
� 𝑑𝜆 ∙ 𝜌(𝜆) = 1
𝛤
allora la funzione di correlazione , definita come il valore di aspettazione del prodotto dei risultati delle misure di spin delle due particelle , può essere ora così espressa :
� � = � 𝐴(𝒂
� , 𝜆� ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑑𝜆
�, 𝒃
�, 𝜆) ∙ 𝐵� 𝒃
𝐸�𝒂
La conservazione del momento angolare totale di spin del sistema implica poi :
� , 𝜆� = −𝐵� 𝒃
� , 𝜆�
𝐴� 𝒃
così che la 3) può essere così riscritta:
3)
4)
� � = − � 𝐴(𝒂
� , 𝜆� ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑑𝜆
�, 𝒃
�, 𝜆) ∙ 𝐴� 𝒃
𝐸�𝒂
𝛤
Introducendo ora una nuova orientazione 𝒄� vale la seguente uguaglianza:
� � − 𝐸(𝒂
� , 𝜆� − 𝐴( 𝒄�, 𝜆)� ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑑𝜆
�, 𝒃
�, 𝒄�) = − � 𝐴(𝒂
�, 𝜆) ∙ �𝐴� 𝒃
𝐸�𝒂
𝛤
che , essendo
5)
2
possiamo anche riscrivere come :
� , 𝜆� = 1
𝐴� 𝒃
2
� � − 𝐸(𝒂
� , 𝜆� ∙ �𝐴� 𝒃
� , 𝜆� − 𝐴( 𝒄�, 𝜆)�
�, 𝒃
�, 𝒄�) = − � 𝑑𝜆 ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝐴(𝒂
�, 𝜆) ∙ 𝐴� 𝒃
𝐸�𝒂
𝛤
36
� , 𝜆� ∙ �1 − 𝐴� 𝒃
� , 𝜆� ∙ 𝐴( 𝒄�, 𝜆)� ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑑𝜆
�, 𝜆) ∙ 𝐴� 𝒃
= − � 𝐴(𝒂
Notando che
6)
𝛤
� , 𝜆� ∙ 𝐴( 𝒄�, 𝜆) ≥ 0
1 − 𝐴� 𝒃
possiamo sovrastimare l’integrando della 6) ponendo
� , 𝜆� = 1
�, 𝜆) ∙ 𝐴� 𝒃
𝐴(𝒂
per giungere alla seguente disuguaglianza:
� , 𝜆� ∙ 𝐴( 𝒄�, 𝜆)� ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑑𝜆
� � − 𝐸(𝒂
�, 𝒃
�, 𝒄�)� ≤ � �1 − 𝐴� 𝒃
� 𝐸�𝒂
7)
𝛤
Concentriamoci sul secondo membro della 7) : per la conservazione del momento angolare
totale di spin espressa nella forma,
𝐴( 𝒄�, 𝜆) = −𝐵( 𝒄�, 𝜆)
si ha , per l’integrale a secondo membro della 7):
8)
� , 𝜆� ∙ 𝐴( 𝒄�, 𝜆)� ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑑𝜆 = 1 + � 𝐴� 𝒃
� , 𝜆� ∙ 𝐵( 𝒄�, 𝜆) ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑑𝜆 = 1 + 𝐸�𝒃
� , 𝒄��
� �1 − 𝐴� 𝒃
𝛤
𝛤
La disuguaglianza 7) può essere allora riscritta in termini dei soli coefficienti di correlazione
come
� � − 𝐸(𝒂
� , 𝒄��
�, 𝒃
�, 𝒄�)� ≤ 1 + 𝐸�𝒃
� 𝐸�𝒂
9)
La 9) è la disuguaglianza esposta da J.S.Bell nell’articolo del 1964 “On the Einstein Podolsky Rosen Paradox” [23].
Osserviamo come le relazioni 4) e 8) , grazie alle quali abbiamo derivato la 9) ed indicanti le
forti correlazioni descritte nella precedente sezione , sottintendano il criterio di realtà einsteiniano ; infatti , esse ci dicono che , quando effettuiamo le misure congiunte di spin lungo il
� ( è questa proprio la situazione descritta nel Gedankenexperimedesimo e generico asse 𝒏
37
ment di Bohm ), per la legge di conservazione del momento angolare , il risultato +1(−1) ot-
tenuto per l’elettrone permette di attribuire al positrone l’elemento di realtà −1(+1) relati-
� e viceversa .
vamente alla quantità fisica 𝝈 ∙ 𝒏
La disuguaglianza di Bell si fonda sul criterio di realtà e sulle ipotesi di località e determinismo e rappresenta dunque una previsione delle teorie a variabili nascoste locali .
2.4.1 La Meccanica Quantistica non può essere completata con variabili nascoste locali
Il confronto scontro tra Einstein e Bohr, combattuto a colpi di esperimenti ideali e discussioni
di natura esclusivamente teorica e filosofica , può finalmente essere tradotto nel linguaggio
quantitativo della matematica grazie alla disuguaglianza di Bell : sostituendo nella 9) le fun-
zioni di correlazione quantistiche 𝐸𝑀𝑄 calcolate nel paragrafo “Le previsioni della Meccanica
Quantistica per misure congiunte di spin” seguendo i principi dell’Interpretazione di Cope-
naghen possiamo stabilire infatti se le predizioni statistiche della Meccanica Quantistica risultino o meno compatibili con il realismo locale di cui la disuguaglianza è espressione. Aveva� � il seguente risultato :
�, 𝒃
mo trovato per 𝐸𝑀𝑄 �𝒂
� �=−𝒂
�
�, 𝒃
�∙𝒃
𝐸𝑀𝑄 �𝒂
Le funzioni di correlazione che compaiono nella 9) possono dunque essere così espresse seguendo la Meccanica Quantistica :
� � = −𝒂
� , 𝐸𝑀𝑄 (𝒂
� , 𝒄�� = −𝒃
� ∙ 𝒄�
�, 𝒃
�∙𝒃
�, 𝒄�) = −𝒂
� ∙ 𝒄� , 𝐸𝑀𝑄 �𝒃
𝐸𝑀𝑄 �𝒂
Sostituendo le relazioni 10) nella 9) otteniamo
10)
� )� ≤ (1 − 𝒃
� ∙ 𝒄�)
� ∙ (𝒄� − 𝒃
�𝒂
� (𝒂
� = 0) e scegliendo oppor� e la direzione 𝒃
�∙𝒃
Imponendo l’ortogonalità tra la direzione 𝒂
tunamente la direzione 𝒄�,
per 0 ≤ 𝜑 ≤
𝜋
2
�
� + cos 𝜑 𝒃
𝒄� = sin 𝜑𝒂
giungiamo ad una contraddizione :
38
|sin 𝜑| = sin 𝜑 ≤ (1 − cos 𝜑)
11)
𝝅
Figura 5. Rappresentazione grafica , nell’intervallo 𝟎 ≤ 𝝋 ≤ , delle funzioni 𝒔𝒊𝒏𝝋 e 𝒄𝒐𝒔 𝝋 che en𝟐
trano nei due membri della(8) .
𝜋
La figura 5 mostra infatti come la disuguaglianza 11) sia soddisfatta, per 0 ≤ 𝜑 ≤ 2, in due
soli punti.
Siamo riusciti in definitiva ad individuare, grazie alla disuguaglianza di Bell , una situazione
fisica nella quale esiste una differenza quantitativa tra le previsioni della Meccanica Quantistica e quelle delle teorie a variabili nascoste locali : basandoci inizialmente sui principi di realtà e località formulati da EPR siamo giunti ad una relazione di disuguaglianza che esprime
un’ incompatibilità tra l’esistente teoria dei quanti e le “ragionevoli” idee di realismo e località.
E’ bene sottolineare che la disuguaglianza di Bell non esclude affatto l’esistenza di variabili
nascoste locali; semplicemente dimostra che queste, violando in alcuni casi le previsioni della
Meccanica Quantistica , non possono essere considerate come il completamento della teoria
quantomeccanica.
Infatti ,come lo stesso Einstein ribadì nei primi passi dell’articolo “Can Quantum-Mechanical
Description of Physical Reality Be Considered Complete ?”, il banco di prova di ogni teoria
resta sempre e comunque l’ esperienza umana la quale , nelle scienze fisiche , acquista la forma dell’esperimento. Soltanto l’esecuzione di un esperimento reale sulle correlazioni tra particelle entangled ci permetterà di stabilire quale tra due teorie alternative di per sé completa-
39
mente consistenti, come lo sono la Meccanica Quantistica e quella a variabili nascoste locali,
presenti il più alto grado di accordo con l’esperienza.
La disuguaglianza di Bell, ed è questa la sua grande importanza , permette di decidere per
quale teoria optare per mezzo di una verifica quantitativa : infatti qualunque esperimento in
cui si osservino correlazioni che violino il limite fissato dalla disuguaglianza di Bell dovrà interpretarsi come impossibilità per una teoria a variabili nascoste locali di descrivere il mondo
microscopico.
Riassumiamo il percorso fin qui svolto: fino al 1964 si poteva pensare che le teorie a variabili
nascoste locali potevano essere formulate in modo tale da riprodurre le predizioni della Meccanica Quantistica , così come specificato nel paragrafo precedente al secondo dei quattro
punti caratterizzanti una qualsiasi teoria a variabili nascoste locali. Tuttavia , Bell mostrò che
le correlazioni previste da un qualsiasi modello locale a variabili nascoste sono limitate da disuguaglianze che sono violate dalle previsioni quantistiche. Più precisamente, anche se una
teoria a variabili nascoste locali è in grado di riprodurre alcune delle correlazioni quantistiche
previste ,essa comunque non è in grado di riprodurre le previsioni quantistiche per tutte le
possibili configurazioni dell’apparato di misura , come d’altronde mostra in modo evidente la
figura 5 .
Nell’Appendice C mostriamo, seguendo l’interessante ed originale lavoro risalente al 1993
del fisico inglese L. Hardy , “Nonlocality for two particles without inequalities for almost all
entangled states" [24] (rielaborato in [25]), come sia possibile giungere a stabilire
l’impossibilità di un completamento deterministico della Meccanica Quantistica per mezzo di
variabili nascoste locali anche senza l’utilizzo della disuguaglianza di Bell.
40
Capitolo III
Le disuguaglianze di Bell sperimentalmente testabli
Come abbiamo visto nel secondo capitolo , nel 1964 John S. Bell interviene da protagonista
nel dibattito sulla incompletezza della Meccanica Quantistica e sul suo possibile completa-
mento per mezzo di variabili nascoste locali. Bell prende sul serio l’argomentazione EPR e
completa la Meccanica Quantistica con parametri supplementari assegnati alle due particelle
di spin 1⁄2 all’atto della loro preparazione iniziale nello stato entangled di singoletto e posse-
duti da ciascuna particella dopo la separazione. Bell mostra che è possibile spiegare le corre-
lazioni tra i risultati delle misure compiute sulle due particelle se si suppone che il risultato di
una misura su una particella dipenda solamente dai parametri aggiuntivi ad essa associati e
dalla preparazione dell’apparato sperimentale utilizzato. Sennonché poche righe di calcoli sono sufficienti a Bell per mostrare che le correlazioni previste da un qualsiasi modello locale a
variabili nascoste sono limitate dalla disuguaglianza
|𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑐)| ≤ 1 + 𝐸(𝑏, 𝑐)
ricavata nel capitolo precedente , che è invece violata dalle previsioni quantistiche.
Negli anni successivi al lavoro di Bell furono dedotte altre relazioni di disuguaglianza, espressioni anch’esse del realismo locale, e note generalmente come disuguaglianze di Bell .
Le disuguaglianze di Bell possono suddividersi in due categorie:
•
Disuguaglianze deboli : sono conseguenza, al pari della disuguaglianza originaria di
Bell , del realismo locale puro e semplice. Vengono violate dalle previsioni della Meccanica Quantistica soltanto in presenza di un apparato sperimentale perfetto , ma possono essere compatibili con tali previsioni per gli esperimenti effettuati con strumenti
reali , caratterizzati da inefficienze. Appartiene a questa categoria la disuguaglianza
CHSH debole discussa nella sezione 1e la disuguaglianza CH74 debole discussa nella
•
sezione 2.
Disuguaglianze forti : basate sul realismo locale vengono dedotte grazie
all’intervento essenziale di ipotesi addizionali ad hoc che tengono conto della reale situazione sperimentale. Sperimentalmente testabili, sono state violate in tutti gli espe41
rimenti condotti fino ad oggi, risultati in accordo con previsioni della Meccanica
Quantistica. Appartengono a questa seconda classe le disuguaglianze CHSH forte e
CH74 forte discusse nella sezione 2 .
3.1 La disuguaglianza CHSH debole
In questa sezione presentiamo la disuguaglianza CHSH debole, generalizzazione della disuguaglianza di Bell , formulata come la prima partendo unicamente dalle ipotesi di realismo e
località . La disuguaglianza CHSH debole, da adesso in poi semplicemente disuguaglianza
CHSH , è così detta perché fu ricavata nella sua versione originaria nel 1969 da Clauser,
Horne , Shimony e Holt (da cui CHSH ) ed esposta nell’articolo “Proposed experiment to test
local hidden variable theories” [26].
3.1.1 Alcune precisazioni
Prima di passare alla derivazione della disuguaglianza ci soffermiamo ( vedi anche [27] )sui
concetti di grandezza fisica dicotomica, esperimento a due canali e funzione di correlazione,
solo in parte affrontati in precedenza e fondamentali per comprende a fondo lo svolgimento
del discorso .
•
Grandezza fisica dicotomica. Con questa espressione si intende una quantità misurabile che può assumere soltanto due valori, +1 e −1. In pratica ogni grandezza misura-
bile può essere resa dicotomica mediante un’opportuna ridefinizione. Possiamo per esempio stabilire che “l’altezza dicotomica” di una persona vale +1 o −1 a seconda
che la sua altezza normale sia maggiore o uguale di 1.75𝑐𝑚. Nella Meccanica Quan-
tistica esistono delle grandezze misurabili che sono già dicotomiche per loro stessa natura e che dunque non necessitano di una ridefinizione. La proiezione dello spin
dell’elettrone lungo una direzione qualsiasi è dicotomica (in unità ħ/2), così come la
proiezione della polarizzazione del fotone lungo la direzione del moto . Poiché la
maggior parte degli esperimenti sulle disuguaglianze di Bell riguarda misure di polarizzazione di fotoni considereremo principalmente, nella nostra analisi , come gran� . La
dezza dicotomica, la polarizzazione di un fotone lungo una generica direzione 𝒏
sua misura offrirà risultato +1 nel caso in cui il fotone sia dotato di polarizzazione parallela alla direzione assegnata, −1 in caso di polarizzazione ortogonale.
42
•
Esperimento di tipo EPR “a due canali”. In un esperimento ideale di tipo EPR una
sorgente 𝑆 produce coppie di particelle (𝛼 e 𝛽) di natura qualsiasi che si propagano in
direzioni opposte rispettivamente verso gli analizzatori 𝐼 𝑒 𝐼𝐼 , capaci di misurare os-
servabili dicotomiche sulle rispettive particelle , seguiti da rivelatori per il conteggio
delle particelle. L’analizzatore 𝐼 può misurare , a nostra scelta , venendo regolato , una
tra le due grandezze fisiche dicotomiche 𝑎 e 𝑎′ ; l’apparato 𝐼𝐼 una tra 𝑏 e 𝑏 ′ . Nel caso
per noi interessante di misure di polarizzazione la sorgente 𝑆 è una cascata atomica
che produce coppie di fotoni entangled (𝛼, 𝛽) . I fotoni 𝛼 e 𝛽 si propagano in direzioni
opposte rispettivamente verso gli analizzatori di polarizzazione (polarizzatori) 𝐼 𝑒 𝐼𝐼,
cui decidiamo di far compiere misure rispettivamente lungo le direzioni di polarizzazione 𝑎 , 𝑎′ e 𝑏 , 𝑏 ′ (omettiamo per semplicità la notazione vettoriale). Consideriamo la
configurazione in cui il polarizzatore 𝐼 possiede orientazione 𝑎 e il polarizzatore 𝐼𝐼 o-
rientazione 𝑏. Allora la misura della polarizzazione di 𝛼 darà risultato +1 nel caso in
cui il fotone sia dotato di polarizzazione parallela alla direzione 𝑎, −1 in caso di polarizzazione ortogonale. La misura della polarizzazione di 𝛽 darà risultato +1 nel caso
in cui il fotone sia dotato di polarizzazione parallela alla direzione 𝑏, −1 in caso di po-
larizzazione ortogonale. Indicheremo con 𝐴 = ±1 il risultato della misura effettuata su
𝛼, con 𝐵 = ±1 il risultato della misura effettuata su 𝛽 . Ogni polarizzatore può dun-
que essere visto come seguito da due canali , il canale + e il canale − , da cui il nome
dell’apparato, detto non a caso “a due canali” (figura 6). La rivelazione delle particel-
le, e dunque la determinazione dei risultati delle misure, è affidata ai fotomoltiplicato-
ri, caratterizzati, nel caso ideale, da efficienza unitaria .
Figura 6. Schema dell'apparato sperimentale a due canali per esperimenti condotti con coppie di
fotoni entangled .
43
Così ogni coppia di fotoni 𝛼 e 𝛽 dà luogo a una tra le coppie di segni∶ (+, +), (+, −),
(−, +), (− −), dove il primo segno è quello registrato da 𝛼 e il secondo quello regi-
strato da 𝛽. Sperimentalmente occorre che la misura sia fatta su diverse coppie (𝛼, 𝛽)
per ottenere una buona conoscenza delle proprietà medie dei risultati. Scopo
dell’esperimento è la misura della funzione di correlazione definita nel punto seguente.
•
Funzione di correlazione : è così chiamata la media del prodotto dei risultati ottenuti
dai due apparati su molte ripetizioni degli atti di misura. Per la funzione di correlazione, già considerata nel capitolo precedente, adottiamo il simbolo
𝐸(𝑥, 𝑦)
dove 𝑥 = 𝑎, 𝑎′ e 𝑦 = 𝑏, 𝑏 ′ rappresentano, nel nostro caso, le direzioni lungo le quali
andiamo a misurare rispettivamente la polarizzazione di 𝛼 e 𝛽 . Per esempio, posto
𝑥 = 𝑎 e 𝑦 = 𝑏, si possono trovare su diverse coppie di fotoni (𝛼 e 𝛽) i seguenti risul-
tati:
(+, −), (+, −), (−, −), (−, +), (+, +), …
Le precedenti coppie di segni danno rispettivamente i prodotti
−1, −1, +1, −1, +1, …
Se la frequenza su molte ripetizioni delle misure è la stessa che nelle prime cinque misure (tre volte −1, due volte +1), si avrà per la funzione di correlazione 𝐸(𝑎, 𝑏) il valore :
𝐸(𝑎, 𝑏) =
[3(−1) + 2(+1)]
= 0.2
5
Per sua stessa definizione la funzione di correlazione non potrà mai uscire
•
dall’intervallo numerico [−1, +1].
Quantità misurabile ∆ di Bell. Così si chiama una particolare combinazione lineare di
quattro funzioni di correlazione la cui esatta definizione è la seguente:
44
∆= 𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )
Nel paragrafo seguente , ricavando ∆ seguendo le ipotesi di realismo e località , giungeremo
alla disuguaglianza CHSH :
−2 ≤ ∆≤ 2
che rappresenta dunque una predizione delle teorie a variabili nascoste locali.
1)
Come vedremo nel prossimo capitolo esistono delle situazioni in cui la Meccanica Quantistica
predice che la grandezza ∆ debba assumere il valore 2√2 , con una violazione della disugua-
glianza CHSH del 40% circa . Avremo dunque un altro esempio in cui la teoria quantistica, le
cui previsioni sono verificate sperimentalmente come dimostrano gli esperimenti condotti da
A. Aspect esposti nel capitolo 4, risulta incompatibile con il realismo locale.
3.1.2 La derivazione della disuguaglianza
Presentiamo qui la derivazione della disuguaglianza CHSH data da Bell nel 1971 [28], più
generale e di più semplice esposizione rispetto alla derivazione originale di Clauser, Horne,
Shimony e Holt.
Come già visto nel capitolo precedente , il realismo locale viene matematicamente tradotto
supponendo che i risultati delle misure condotte su 𝛼 e 𝛽, rispettivamente 𝐴 = ±1 e 𝐵 = ±1,
vengano descritti da funzioni deterministiche del tipo
𝐴 = 𝐴(𝑎, 𝜆)
dove con 𝜆 indichiamo le variabili nascoste.
𝐵 = 𝐵(𝑏, 𝜆)
2)
Le 2) sono espressioni locali; infatti , in accordo con l’ipotesi di località, il risultato 𝐴(𝑎, 𝜆)
della misura eseguita sul fotone 𝛼 dal polarizzatore 𝐼 lungo la direzione di polarizzazione 𝑎
non è in alcun modo influenzata da quanto avviene in prossimità del polarizzatore 𝐼𝐼 di configurazione 𝑏 e viceversa. In altri termini non si hanno dipendenze del tipo
𝐴 = 𝐴(𝑎, 𝑏, 𝜆) , 𝐵 = 𝐵(𝑏, 𝑎, 𝜆)
che implicherebbero una dipendenza istantanea di quanto osservato su una particella da ciò
che avviene sull’altra.
45
Le espressioni 2) ci dicono inoltre, verificando in tal modo l’ipotesi di realismo , che i risultati delle misure, ovvero le proprietà di polarizzazione dei due fotoni, preesistono alla misura
stessa , data la dipendenza di 𝐴 e 𝐵 da 𝜆 . In 𝜆 è racchiusa infatti la storia e dunque le proprie-
tà delle due particelle; proprietà che traggono la loro origine nella passata interazione di 𝛼 e 𝛽
a livello della sorgente 𝑆.
Seguendo le assunzioni del realismo locale il coefficiente di correlazione 𝐸(𝑎, 𝑏) è ottenuto
mediando 𝐴(𝑎, 𝜆) ∙ 𝐵(𝑏, 𝜆) sullo spettro 𝛤 delle variabili nascoste 𝜆:
𝐸(𝑎, 𝑏) = � 𝐴(𝑎, 𝜆)𝐵(𝑏, 𝜆)𝜌(𝜆)𝑑𝜆
𝛤
con 𝜌(𝜆) funzione di distribuzione normalizzata delle variabili nascoste.
Sfruttando le proprietà di monotonia e positività dell’integrale scriviamo la seguente relazione
di disuguaglianza :
|𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ )| = �� [𝐴(𝑎, 𝜆)𝐵(𝑏, 𝜆) − 𝐴(𝑎, 𝜆)𝐵(𝑏 ′ , 𝜆)]𝜌(𝜆)𝑑𝜆�
𝛤
≤ � |𝐴(𝑎, 𝜆)𝐵(𝑏, 𝜆) − 𝐴(𝑎, 𝜆)𝐵(𝑏 ′ , 𝜆)|𝜌(𝜆)𝑑𝜆
𝛤
= � |𝐴(𝑎, 𝜆)| ∙ |𝐵(𝑏, 𝜆) − 𝐵(𝑏 ′ , 𝜆)|𝜌(𝜆)𝑑𝜆
𝛤
= � |𝐵(𝑏, 𝜆) − 𝐵(𝑏 ′ , 𝜆)|𝜌(𝜆)𝑑𝜆
essendo |𝐴(𝑎, 𝜆)| = 1.
𝛤
In modo del tutto analogo si ottiene :
|𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )| ≤ � |𝐵(𝑏, 𝜆) + 𝐵(𝑏 ′ , 𝜆)|𝜌(𝜆)𝑑𝜆
𝛤
46
Sommando le due disuguaglianze ottenute ricaviamo ,
|𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ )| + |𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )|
≤ � [|𝐵(𝑏, 𝜆) − 𝐵(𝑏 ′ , 𝜆)| + |𝐵(𝑏, 𝜆) + 𝐵(𝑏 ′ , 𝜆)|]𝜌(𝜆)𝑑𝜆 ≤ 2 � 𝑑𝜆 ∙ 𝜌(𝜆)
𝛤
ossia la versione della disuguaglianza CHSH dedotta da Bell nel 1971:
𝛤
|𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ )| + |𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )| ≤ 2
3)
avendo sfruttato nell’ultima minorazione la proprietà secondo cui due numeri reali 𝑥 e 𝑦 tali
che |𝑥| ≤ 1 e |𝑦| ≤ 1, quali sono 𝐵(𝑏, 𝜆) e 𝐵(𝑏 ′ , 𝜆), soddisfano la relazione |𝑥 − 𝑦| +
|𝑥 + 𝑦| ≤ 2.
La disuguaglianza trovata è assolutamente generale e può essere applicata a coppie di galassie, a coppie di stelle, a coppie di oggetti atomici, una volta che siano state definite le grandezze fisiche dicotomiche per l’oggetto considerato.
Ovviamente la 3) si può applicare anche a coppie di particelle di spin 1⁄2 ; a questo riguardo
osserviamo come nella derivazione della disuguaglianza CHSH non siano intervenute espressioni del tipo
� , 𝜆) = −𝐵( 𝒏
� , 𝜆)
𝐴( 𝒏
4)
indicanti le forti correlazioni osservate in un esperimento ideale ed utilizzate per ricavare la
disuguaglianza di Bell del 1964 . Bell aveva infatti dedotto la sua disuguaglianza immagi-
nando una situazione fisica ideale, assumendo come valida la possibilità di una totale correlazione tra le osservabili, assunzione difficile se non impossibile da soddisfare sperimentalmente . In generale le correlazioni quantistiche vengono notevolmente “diluite” in presenza di un
apparato non ideale : una qualsiasi sorgente d’errore tende infatti a nascondere le correlazioni
e non ad esaltarle. La disuguaglianza CHSH, a differenza della disuguaglianza originaria di
Bell , continua a valere anche in queste situazioni.
Come evidenziato nel precedente capitolo le relazioni 4) sottintendono il criterio di realtà einsteiniano . Dunque il criterio di realtà , alla base della disuguaglianza originaria di Bell, non
47
figura tra le ipotesi della disuguaglianza CHSH . In questo senso la disuguaglianza CHSH costituisce una generalizzazione della disuguaglianza di Bell del 1964.
Mostriamo, a questo punto, come derivare la disuguaglianza del 1964 dalla disuguaglianza
CHSH .
Ponendo 𝑎′ = 𝑏 ′ e assumendo 𝐸(𝑏 ′ , 𝑏 ′ ) = −1 (che indica totale correlazione : come abbiamo
osservato nel capitolo precedente , quando misuriamo la stessa componente dello spin sulle
due particelle il prodotto dei risultati ottenuti è −1 ) l’equazione 3) fornisce
|𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ )| ≤ 1 + 𝐸(𝑏 ′ , 𝑏)
che è proprio la disuguaglianza derivata da Bell nel 1964 .
5)
Introducendo la quantità ∆ di Bell,
∆(𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏 ′ ) = 𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )
la disuguaglianza CHSH può anche essere posta nella forma
ossia :
|∆(𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏 ′ )| ≤ |𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ )| + |𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )| ≤ 2
−2 ≤ ∆(𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏 ′ ) ≤ 2
che è la versione originale della disuguaglianza CHSH ricavata da Clauser , Horne , Shimony
e Holt nel 1969 .
Tanto la disuguaglianza CHSH che la disuguaglianza originaria del 1964 si riferiscono a spazi
di Hilbert 2 ⊗ 2; nell’Appendice D viene esposta, come interessante esempio, una disugua-
glianza di Bell per spazi di Hilbert 3 ⊗ 3 considerando due particelle di spin 1 nello stato entangled di singoletto [29].
Tuttavia , a causa delle inefficienze dell’apparato sperimentale , come ad esempio, negli esperimenti condotti con coppie di fotoni entangled , la bassa efficienza dei fotomoltiplicatori utilizzati, i coefficienti di correlazione che compaiono nella 3) e nella 5) non risultano essere
sperimentalmente misurabili . Infatti per determinare 𝐸(𝑎, 𝑏) è necessario che tutte le coppie
48
di particelle emesse dalla sorgente vengano rivelate mentre nella realtà sperimentale si è ben
lontani dal raggiungere questo risultato .
Nello schema sperimentale a due canali , precedentemente descritto , i fotoni 𝛼 e 𝛽 della coppia devono essere rivelati contemporaneamente da due distinti fotomoltiplicatori; ora la pro-
babilità che ambedue siano rivelati è pari al prodotto delle probabilità che ciascuno sia rivelato, cioè delle efficienze dei fotomoltiplicatori. Se ciascun fotomoltiplicatore ha efficienza 0.1
( negli esperimenti condotti negli anni settanta ed ottanta su coppie di fotoni entangled
l’efficienza dei fotomoltiplicatori era compresa tra 0.1 ÷ 0.2 per le lunghezze d’onda
d’interesse) ,ovvero se vi è una probabilità pari a 1⁄10 che un fotone una volta giunto al fotomoltiplicatore venga rivelato, la probabilità di rivelare congiuntamente i due fotoni della
coppia è pari a 0.1 × 0.1 = 0.01; cioè su cento coppie emesse dalla sorgente soltanto una sarà
effettivamente rivelata .
E’ evidente come non sia possibile ignorare la perdita di informazione dovuta al non rivelare
il 99% delle coppie. Come risalire dunque dalle proprietà misurate sulle coppie rivelate alle
proprietà dell’insieme delle coppie di partenza ? Come vedremo nel prossimo paragrafo si è
cercato di colmare la perdita di informazione causata dall’inefficienza dei rivelatori formulando delle ipotesi ad hoc dette, non a caso, ipotesi aggiuntive. La questione della legittimità delle ipotesi aggiuntive, considerate arbitrarie dai fisici sostenitori del realismo locale, è affrontata nell’ultima sezione di questo capitolo.
3.2 Le ipotesi aggiuntive , ovvero le disuguaglianze di Bell forti
Le ipotesi aggiuntive, che riguardano principalmente il comportamento degli analizzatori di
polarizzazione e le efficienze finite dei rivelatori, consentono di ricavare disuguaglianze sperimentalmente testabili, le cosiddette disuguaglianze di Bell forti .
Sostanzialmente tali ipotesi aggiuntive affermano che il sottoinsieme dei fotoni (e quindi delle
coppie) rivelati sia un’immagine “fedele” dell’insieme dei fotoni generati dalla sorgente .
I primi a proporre una di tali ipotesi aggiuntive furono nel 1969 Clauser, Horne, Shimony e
Holt ( assunzione CHSH ); nel 1974 Clauser e Horne ne formularono una diversa (assunzione
CH ), seguiti nel 1981 da Garuccio e Rapisarda ( assunzione GR ).
49
Al fine di una maggiore chiarezza espositiva presenteremo inizialmente l’assunzione CH e la
disuguaglianza CH74 forte che da essa deriva ; in un secondo momento l’assunzione CHSH .
Come vedremo le due precedenti ipotesi aggiuntive ci condurranno, seguendo percorsi molto
differenti, agli stessi e identici risultati .
Infine l’assunzione GR ci permetterà di giungere a ricavare la versione forte della disuguaglianza CHSH per esperimenti a due canali.
3.2.1 Le disuguaglianze CH74
Le disuguaglianze CH74 sono presentate da John F. Clauser e Michael A. Horne nell’articolo
“Experimental consequences of objective local theories” [30], pubblicato il 15 Luglio del
1974 sulla rivista “Physical Review”.
Le disuguaglianze CH74 vengono derivate nell’ambito delle teorie probabilistiche a variabili
nascoste locali, descritte ed approfondite nel paragrafo seguente, lasciando cadere
quell’ipotesi di determinismo che caratterizza le teorie a variabili nascoste locali oggetto fino
a questo momento del nostro studio , dette teorie deterministiche a variabili nascoste locali.
Come vedremo le disuguaglianze CH74 costituiscono una generalizzazione della disuguaglianza CHSH, a sua volta generalizzazione della disuguaglianza originaria di Bell, e sono
quindi dette non a caso “disuguaglianze di Bell generalizzate”; è infatti possibile derivare
matematicamente, come mostreremo, la disuguaglianza CHSH dalle disuguaglianze CH74.
Deriveremo in un primo momento la versione debole della disuguaglianza CH74 ; in un secondo momento, l’assunzione CH, detta anche no enhancement assumption, enunciata da
Clauser e Horne , ci permetterà di giungere ad una disuguaglianza sperimentalmente testabile
ovvero alla disuguaglianza CH74 forte.
3.2.1.1 La disuguaglianza CH74 debole e le teorie probabilistiche a
variabili nascoste
Clauser e Horne considerano due particelle , che si propagano una nella direzione delle zeta
positive, l’altra nella direzione delle zeta negative, prodotte da una sorgente equidistante da
due apparati di misura. Ciascun apparato è costituito da un analizzatore e da un detector;
50
l’analizzatore, che ha la funzione di filtro per le particelle, è descritto da un parametro regolabile, 𝑎 nel caso dell’ analizzatore 𝐼 e 𝑏 nel caso dell’ analizzatore 𝐼𝐼. Nella figura 7 𝑎 e 𝑏 sono gli angoli che specificano l’orientazione degli analizzatori , descrivendo ad esempio nel
caso di polarizzatori la direzione di polarizzazione (dell’asse ottico), nel caso di apparecchi di
Stern – Gerlach la direzione del gradiente del campo magnetico. I detector permettono il conteggio delle particelle.
Figura 7. Lo schema sperimentale considerato da Clauser e Horn per la derivazione delle disuguaglianze CH74 .
In esperimenti condotti con coppie di fotoni, nel precedente schema sperimentale, i polarizzatori sono detti a canale singolo perché trasmettono la luce polarizzata parallelamente all’asse
ottico bloccando quella ortogonale. Osserviamo come l’apparato sperimentale considerato da
Clauser e Horne per derivare la disuguaglianza CH74 sia più semplice rispetto a quello a due
canali di CHSH. Sarà proprio questa la ragione che ci permetterà di ricavare nella sezione
3.2.1.3 la disuguaglianza CHSH dalla disuguaglianza CH74.
Sia 𝑁 il numero totale di coppie di particelle emesse dalla sorgente in un periodo di raccolta
dati. Indichiamo con 𝑁1 (𝑎) il numero di particelle rivelate dal detector 𝐼 con l’analizzatore 𝐼
orientato secondo 𝑎, con 𝑁2 (𝑏) il numero di particelle rivelate dal detector 𝐼𝐼 con
l’analizzatore 𝐼𝐼 descritto dal parametro 𝑏 e con 𝑁12 (𝑎, 𝑏) il numero di volte in cui tanto il
detector 𝐼 che il detector 𝐼𝐼 effettuano un conteggio (conteggi simultanei).
Per ogni coppia emessa dalla sorgente indichiamo con 𝑝1 (𝑎) la probabilità che il detector 𝐼
effettui un conteggio, con 𝑝2 (𝑏) la probabilità che il detector 𝐼𝐼 effettui un conteggio e con
𝑝12 (𝑎, 𝑏) la probabilità di rivelare entrambe le particelle . Allora , per 𝑁 sufficientemente
grande si ha :
51
𝑝1 (𝑎) =
𝑝2 (𝑏) =
𝑝12 (𝑎, 𝑏) =
𝑁1 (𝑎)
𝑁
1.1)
𝑁12 (𝑎, 𝑏)
𝑁
1.3)
𝑁2 (𝑏)
𝑁
1.2)
Sperimentalmente le quantità 𝑁1 (𝑎) , 𝑁2 (𝑏) , 𝑁12 (𝑎, 𝑏) vengono determinate per mezzo dei
conteggi registrati dai detector. Al contrario 𝑁, il numero di coppie di particelle prodotte dalla
sorgente, è di difficile determinazione sperimentale. Come vedremo Clauser e Horne aggirano
questa difficoltà derivando disuguaglianze che possono essere testate anche senza conoscere
𝑁.
Presentiamo adesso un modello probabilistico a variabili nascoste . Supponiamo che la coppia
di particelle, in seguito all’emissione dalla sorgente e prima dell’interazione con gli apparati
di misura, si trovi in uno stato descritto da 𝜆 . Nel modello presentato da Clauser e Horne non
è essenziale che 𝜆 offra una descrizione completa dello stato delle due particelle; in altri ter-
mini non è indispensabile che 𝜆, al contrario di quel che avviene nella formulazione deterministica delle teorie a variabili nascoste, seguita ad esempio per derivare la disuguaglianza ori-
ginaria di Bell e la disuguaglianza CHSH, permetta di determinare con certezza l’esito di una
qualsiasi misura .
L’unica richiesta che avanziamo è che 𝜆 permetta di determinare almeno, insieme al parametro che descrive l’analizzatore (𝑎 o 𝑏 ), le probabilità di rivelazione delle particelle.
Indichiamo allora con 𝑝1 (𝜆, 𝑎) e 𝑝2 (𝜆, 𝑏) le probabilità , predette dal realismo locale, che ri-
spettivamente il detector 𝐼 e il detector 𝐼𝐼 effettuino un conteggio quando la sorgente emette
una coppia di particelle. Tuttavia , poiché 𝜆 può variare da coppia a coppia, occorre mediare
𝑝1 (𝜆, 𝑎) e 𝑝2 (𝜆, 𝑏) sullo spazio 𝛤 degli stati 𝜆 . Detta dunque 𝜌(𝜆) la funzione di distribuzione normalizzata degli stati 𝜆 possiamo così scrivere le relazioni 1.1) e 1.2) in termini di 𝜆:
𝑝1 (𝑎) = � 𝑑𝜆 ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑝1 (𝜆, 𝑎)
𝛤
52
𝑝2 (𝑏) = � 𝑑𝜆 ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑝2 (𝜆, 𝑏)
𝛤
Osserviamo come tanto 𝑝1 (𝜆, 𝑎) che 𝑝2 (𝜆, 𝑏) siano espressioni locali: infatti , in accordo con
l’ipotesi di località, la probabilità che il detector 𝐼 (𝐼𝐼) effettui un conteggio dipende unica-
mente dal parametro 𝑎 (𝑏) che descrive l’analizzatore 𝐼 (𝐼𝐼) e non è in alcun modo influenzata
da quanto avviene in prossimità dell’analizzatore 𝐼𝐼 (𝐼) di configurazione 𝑏 (𝑎).
Spiegare localmente le correlazioni tra le due particelle equivale, nel linguaggio della probabilità, a poter fattorizzare la probabilità di rivelamento congiunto 𝑝12 (𝜆, 𝑎, 𝑏) nel prodotto dei
due fattori indipendenti 𝑝1 (𝜆, 𝑎) e 𝑝2 (𝜆, 𝑏):
𝑝12 (𝜆, 𝑎, 𝑏) = 𝑝1 (𝜆, 𝑎) ∙ 𝑝2 (𝜆, 𝑏)
2)
ovvero “la probabilità di ottenere una coppia di risultati in una misura congiunta ai due estremi dell’apparato è semplicemente il prodotto delle probabilità di ottenere ciascuno di essi
indipendentemente dal fatto che l’altra misura venga eseguita o no” [31] . Come abbiamo infatti visto nel paragrafo Le previsioni della Meccanica Quantistica per misure congiunte di
spin, la non località prevista ed accettata dalla teoria quantistica si manifesta per mezzo di
probabilità condizionate : le azioni compiute su una particella condizionano , a prescindere
dalla distanza che separa le due particelle, l’altra particella . Mediando la 2) sull’insieme degli
stati 𝛤 otteniamo:
𝑝12 (𝑎, 𝑏) = � 𝑑𝜆 ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑝12 (𝜆, 𝑎, 𝑏) = � 𝑑𝜆 ∙ 𝜌(𝜆) ∙ 𝑝1 (𝜆, 𝑎) ∙ 𝑝2 (𝜆, 𝑏)
𝛤
𝛤
Prima di proseguire osserviamo, seguendo Ghirardi [31], che “anche se non si è fatta alcuna
assunzione di determinismo non lo si è neppure escluso . Infatti , il determinismo richiede
che, specificato completamente lo stato del sistema , tutte le osservabili abbiano un valore
preciso . Esso può quindi venire incorporato nello schema semplicemente assumendo che tutte le funzioni in esame (vale a dire le probabilità di ottenere un certo risultato) possano assumere solo i valori 1 (esito certo) oppure 0 (esito impossibile)” .
Il seguente teorema , che chiameremo Teorema CH, enunciato e dimostrato da Clauser e Horne nell’articolo, ci permetterà di derivare le disuguaglianze CH74 .
53
Teorema CH
Se i sei valori 𝑥1 , 𝑥2 , 𝑦1 , 𝑦2 , 𝑋 𝑒 𝑌 soddisfano le seguenti quattro relazioni
0 ≤ 𝑥1 ≤ 𝑋,
0 ≤ 𝑥2 ≤ 𝑋,
0 ≤ 𝑦1 ≤ 𝑌,
0 ≤ 𝑦2 ≤ 𝑌,
allora la funzione
𝑈 = 𝑥1 ∙ 𝑦1 − 𝑥1 ∙ 𝑦2 + 𝑥2 ∙ 𝑦1 + 𝑥2 ∙ 𝑦2 − 𝑌 ∙ 𝑥2 − 𝑋 ∙ 𝑦1
verifica le disuguaglianze:
−𝑋𝑌 ≤ 𝑈 ≤ 0 .
Dette 𝑎, 𝑎′ e 𝑏, 𝑏 ′ possibili disposizioni rispettivamente del primo e del secondo analizzatore,
valgono le seguenti ovvie disuguaglianze
0 ≤ 𝑝1 (𝜆, 𝑎) ≤ 1 , 0 ≤ 𝑝1 (𝜆, 𝑎′ ) ≤ 1 , 0 ≤ 𝑝2 (𝜆, 𝑏) ≤ 1 , 0 ≤ 𝑝2 (𝜆, 𝑏 ′ ) ≤ 1
Dunque, ponendo
𝑥1 = 𝑝1 (𝜆, 𝑎) , 𝑥2 = 𝑝1 (𝜆, 𝑎′ ) , 𝑦1 = 𝑝2 (𝜆, 𝑏) , 𝑦2 = 𝑝2 (𝜆, 𝑏 ′ ) , 𝑋 = 𝑌 = 1
possiamo scrivere la disuguaglianza :
−1 ≤ 𝑝1 (𝜆, 𝑎) ∙ 𝑝2 (𝜆, 𝑏) − 𝑝1 (𝜆, 𝑎) ∙ 𝑝2 (𝜆, 𝑏 ′ ) + 𝑝1 (𝜆, 𝑎′ ) ∙ 𝑝2 (𝜆, 𝑏) + 𝑝1 (𝜆, 𝑎′ ) ∙ 𝑝2 (𝜆, 𝑏 ′ )
− 𝑝1 (𝜆, 𝑎′ ) − 𝑝2 (𝜆, 𝑏) ≤ 0
che tenendo conto della 2), moltiplicando per 𝜌(𝜆) ed integrando successivamente su 𝜆 di-
venta :
−1 ≤ 𝑝12 (𝑎, 𝑏) − 𝑝12 (𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏 ′ ) − 𝑝1 (𝑎′ ) − 𝑝2 (𝑏) ≤ 0
La 3) è la disuguaglianza CH74 debole .
3)
54
Osserviamo come la disuguaglianza di sinistra implica, per essere applicata, la conoscenza di
𝑁, quantità che, come è già stato detto, è di norma non misurata . La disuguaglianza di destra,
che può essere così riscritta,
𝑝12 (𝑎, 𝑏) − 𝑝12 (𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏 ′ )
≤1
𝑝1 (𝑎′ ) + 𝑝2 (𝑏)
3.1)
è invece indipendente da 𝑁 in quanto espressa in termini di un rapporto di probabilità.
3.2.1.2. L’assunzione CH o “no enhancement assumption” : la
disuguaglianza CH74 forte
Per ottenere una disuguaglianza sperimentalmente testabile è necessario introdurre un’ipotesi
aggiuntiva capace di “colmare” la perdita di informazione , causata dall’inefficienza dei
detector , dovuta al non rivelare la gran parte delle coppie emesse dalla sorgente .
Cerchiamo di approfondire la questione riferendoci ad esperimenti sulla correlazione quantistica eseguiti con coppie di fotoni entangled in cui gli analizzatori sono dei polarizzatori e i
detector dei fotomoltiplicatori.
Come abbiamo già avuto modo di osservare i fotomoltiplicatori (degli anni ’70 ed ’80) sono
caratterizzati da un’efficienza compresa tra 0.1 e 0.2 . Dunque le probabilità 𝑝1 e 𝑝2 saranno
dell’ordine di 0.1 mentre le probabilità 𝑝12 addirittura dell’ordine di 0.01. E’ evidente come ,
per questi valori , risulti estremamente arduo giungere ad una qualsiasi violazione della disuguaglianza 3) (così come della disuguaglianza 3.1) ).
Inoltre, nella realtà sperimentale, i fasci di fotoni sottoposti all’azione del filtro polarizzatore
vedono diminuire generalmente la propria intensità; infatti i fotoni possono essere assorbiti
dai polarizzatori vedendo dunque diminuire, in ultima analisi, la probabilità di essere rivelati
dal fotomoltiplicatore .
Nella disuguaglianza CH74 forte che andremo a ricavare , Clauser e Horne considerano questo aspetto enunciando la cosiddetta “no enhancement assumption”:
“la probabilità che il detector effettui un conteggio in assenza del polarizzatore è maggiore o
uguale della probabilità che quel conteggio venga effettuato in presenza di un polarizzatore”
55
Indicando con 𝑝1 (𝜆, ∞) la probabilità che il detector 𝐼 effettui un conteggio in assenza del po-
larizzatore (da questo momento in poi il simbolo ∞ indicherà sempre la mancanza di filtri
polarizzatori) , traduciamo la precedente , ragionevole assunzione ponendo:
0 ≤ 𝑝1 (𝜆, 𝑎) ≤ 𝑝1 (𝜆, ∞) ≤ 1
4)
0 ≤ 𝑝1 (𝜆, 𝑎′ ) ≤ 𝑝1 (𝜆, ∞) ≤ 1
5)
Tenendo conto delle reali condizioni sperimentali anche per le direzioni di polarizzazione
𝑎′ , 𝑏 , 𝑏 ′ otteniamo
0 ≤ 𝑝2 (𝜆, 𝑏) ≤ 𝑝2 (𝜆, ∞) ≤ 1
0 ≤ 𝑝2 (𝜆, 𝑏 ′ ) ≤ 𝑝2 (𝜆, ∞) ≤ 1
6)
7)
Il Teorema CH allora , unito alle relazioni 4), 5), 6) 𝑒 7) ci conduce moltiplicando per 𝜌(𝜆)
ed integrando successivamente su 𝜆 alla seguente relazione :
−𝑝12 (∞, ∞) ≤ 𝑝12 (𝑎, 𝑏) − 𝑝12 (𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏 ′ ) − 𝑝12 (𝑎′ , ∞) − 𝑝2 (∞, 𝑏) ≤ 0
Dividendo il tutto per 𝑝12 (∞, ∞) e ponendo
𝑆(𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏 ′ ) =
𝑝12 (𝑎, 𝑏) − 𝑝12 (𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏 ′ ) − 𝑝12 (𝑎′ , ∞) − 𝑝12 (∞, 𝑏)
𝑝12 (∞, ∞)
8)
9)
otteniamo infine la disuguaglianza CH74 forte:
−1 ≤ 𝑆(𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏 ′ ) ≤ 0
10)
Nel seguito, quando parleremo della disuguaglianza CH74 lo faremo sempre riferendoci a
questa sua seconda forma, sperimentalmente testabile . Nella 10), a differenza della 3), com-
paiono soltanto probabilità di rivelamento congiunto. Inoltre , essendo 𝑆 un rapporto di pro-
babilità, la disuguaglianza CH74 forte non richiede, per essere applicata, la conoscenza di 𝑁,
numero delle coppie di fotoni entangled prodotte dalla sorgente : moltiplicando il numeratore
e il denominatore della quantità 𝑆 per 𝑁 possiamo esprimere la 10) in termini dei conteggi
effettuati dai fotomoltiplicatori nelle varie configurazioni :
𝑁12 (𝑎, 𝑏) − 𝑁12 (𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝑁12 (𝑎′ , 𝑏) + 𝑁12 (𝑎′ , 𝑏 ′ ) − 𝑁12 (𝑎′ , ∞) − 𝑁12 (∞, 𝑏)
−1 ≤ 𝑆 =
≤0
𝑁12 (∞, ∞)
56
Possiamo anche esprimere la 10) in termini dei rate di coincidenze 𝑅 ottenuti per via sperimentale :
𝑅12 (𝑎, 𝑏) − 𝑅12 (𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝑅12 (𝑎′ , 𝑏) + 𝑅12 (𝑎′ , 𝑏 ′ ) − 𝑅12 (𝑎′ , ∞) − 𝑅12 (∞ , 𝑏)
−1 ≤ 𝑆 =
≤0
𝑅12 (∞, ∞)
E’ questa, come vedremo, l’espressione che incontreremo quando, nel capitolo quarto, andremo ad esporre i risultati degli esperimenti di Aspect .
Sempre nel capitolo quarto mostreremo che i valori previsti dalla Meccanica Quantistica per
la quantità 𝑆 possono violare, per certe orientazioni dei polarizzatori, la disuguaglianza CH74
che, ricordiamo, è stata derivata senza l’ipotesi di determinismo. Il determinismo dunque non
costituisce una condizione necessaria per giungere ad un conflitto tra le teorie a variabili nascoste locali e la Meccanica Quantistica.
3.2.1.3 Derivazione della disuguaglianza CHSH dalla disuguaglianza
CH74
La disuguaglianza CH74 trova largo impiego nella configurazione sperimentale “ad un solo
canale”, adottata da Clauser e Horne per derivare le disuguaglianze CH74 e riportata nella figura 8 per esperimenti condotti con coppie di fotoni entangled.
Figura 8. Due fotoni entangled 𝜶 e 𝜷 , emessi simultaneamente da una sorgente , interagiscono
con i rispettivi polarizzatori orientati secondo a e b per poi essere eventualmente rivelati dai rispettivi fotomoltiplicatori.
Tuttavia la disuguaglianza CH74 può essere facilmente generalizzata ed applicata con successo anche al caso di apparati di misura “a due canali”.
Ad esempio , in un esperimento con strumenti di misura a due canali (indicati rispettivamente
con + e −) la disuguaglianza 3) si trasforma in un set di 4 disuguaglianze del tipo
57
𝑗𝑘
𝑗𝑘
𝑗𝑘
𝑗𝑘
𝑗
−1 ≤ 𝑝12 (𝑎, 𝑏) − 𝑝12 (𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏) + 𝑝12 (𝑎′ , 𝑏 ′ ) − 𝑝1 (𝑎′ ) − 𝑝2𝑘 (𝑏) ≤ 0
dove gli indici 𝑗 = ±1 𝑒 𝑘 = ±1 indicano i canali rispettivamente del primo e del secondo
11)
apparato. Avremo dunque una disuguaglianza per ciascuna delle quattro coppie
(+, +), (+, −), (−, +) e (−, −)che descrivono con il primo termine il canale considerato nel
𝑗𝑘
primo apparato , con il secondo termine il canale considerato nel secondo apparato. 𝑝12 (𝑎, 𝑏)
indicherà dunque la probabilità congiunta di ottenere il risultato 𝑗 per la prima particella uti-
lizzando un analizzatore descritto dal parametro 𝑎, il risultato 𝑘 per la seconda particella utilizzando un analizzatore descritto dal parametro 𝑏.
Mostriamo a questo punto come derivare la disuguaglianza CHSH partendo dalle quattro disuguaglianze del tipo 11).
Si moltiplicano per −1 le due disuguaglianze per cui è 𝑗 ≠ 𝑖 :
−+ (𝑎,
−+ (𝑎, ′ )
−+ (𝑎 ′
−+ (𝑎 ′ ′ )
0 ≤ −𝑝12
, 𝑏) − 𝑝12
, 𝑏 + 𝑝1− (𝑎′ ) + 𝑝2+ (𝑏) ≤ 1
𝑏) + 𝑝12
𝑏 − 𝑝12
12)
+− (𝑎,
+− (𝑎, ′ )
+− (𝑎 ′
+− (𝑎 ′ ′ )
0 ≤ −𝑝12
𝑏) + 𝑝12
𝑏 − 𝑝12
, 𝑏) − 𝑝12
, 𝑏 + 𝑝1+ (𝑎′ ) + 𝑝2− (𝑏) ≤ 1 13)
e si considerano le due disuguaglianze con 𝑗 = 𝑖 :
−− (𝑎,
−− (𝑎, ′ )
−− (𝑎 ′
−− (𝑎 ′ ′ )
−1 ≤ 𝑝12
𝑏) − 𝑝12
𝑏 + 𝑝12
, 𝑏) + 𝑝12
, 𝑏 − 𝑝1− (𝑎′ ) − 𝑝2− (𝑏) ≤ 0
14)
++ (𝑎,
++ (𝑎, ′ )
++ (𝑎 ′ ′ )
−− (𝑎 ′
−1 ≤ 𝑝12
𝑏) − 𝑝12
𝑏 + 𝑝12
, 𝑏) + 𝑝12
, 𝑏 − 𝑝1+ (𝑎′ ) − 𝑝2+ (𝑏) ≤ 0 15)
Osservando che la funzione di correlazione 𝐸(𝑎, 𝑏) può essere così definita :
++ (𝑎,
+− (𝑎,
−+ (𝑎,
−− (𝑎,
𝐸(𝑎, 𝑏) = 𝑝12
𝑏) − 𝑝12
𝑏) − 𝑝12
𝑏) + 𝑝12
𝑏)
sommando le quattro disuguaglianze 12), 13), 14) e 15) si ottiene :
−2 ≤ 𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎 , 𝑏 ′ ) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ ) ≤ 2
che è proprio la disuguaglianza CHSH.
Per concludere , l’esposizione delle disuguaglianze CHSH e CH74 ci ha permesso di familiarizzare con due differenti formulazioni delle teorie a variabili nascoste locali : la formulazione
deterministica , seguita per ricavare la disuguaglianza CHSH e la formulazione probabilistica,
su cui ci siamo basati per ottenere le disuguaglianze CH74.
58
Nell’approccio deterministico il risultato di ogni singolo atto di misura è completamente determinato dalle variabili nascoste , indicate con 𝜆 ; nel secondo approccio , probabilistico , 𝜆
ha il “semplice” compito di determinare almeno la probabilità che in una misura si ottenga un
certo risultato.
Per un più approfondito confronto tra le teorie deterministiche a variabili nascoste locali e le
teorie probabilistiche a variabili nascoste locali si rimanda all’interessante articolo “A Comparison Between Deterministc and Probabilistic Local Hidden-Variable Theories” di A. Garuccio e V.A.Rapisarda [32].
3.2.2 L’assunzione CHSH
Mostriamo adesso come l’assunzione CHSH , esposta da CHSH nell’articolo “Proposed experiment to test local hidden variable theories” [26] ci permetta di ottenere , seguendo un
modello deterministico delle teorie a variabili nascoste locali , lo stesso risultato ricavato con
la no – enhancement assumption .
Applichiamo la disuguaglianza CHSH ad un esperimento con polarizzatori ad un solo canale .
Siano 𝛼 e 𝛽 i fotoni emessi dalla sorgente .
�) = +1 il passaggio del fotone 𝛼 attraverso un polaIn questa situazione descriviamo con 𝐴(𝒂
�, con 𝐴(𝒂
�) = −1 un suo mancato passaggio ; con
rizzatore con asse ottico orientato lungo 𝒂
� � = +1 il passaggio del fotone 𝛽 attraverso un polarizzatore con asse ottico orientato
𝐵�𝒃
� , con 𝐵�𝒃
� � = −1 un suo mancato passaggio . Continuando ad indicare con il simbolo
lungo 𝒃
∞ l’assenza del filtro polarizzatore si ha :
𝐴(∞) = 𝐵(∞) = 1
ovvero in assenza di polarizzatore il fotone continua indisturbato il suo percorso verso il
detector , cioè verso il fotomoltiplicatore .
� � costituisce una “emergence cor�, 𝒃
Negli esperimenti con polarizzatori ad un solo canale 𝐸�𝒂
relation function” , ovvero una funzione di correlazione di emergenza del fotone dal filtro polarizzatore . E’:
� � = 𝑃�𝒂
� +� + 𝑃�𝒂
� −� − 𝑃�𝒂
� −� − 𝑃�𝒂
� +�
�, 𝒃
�+, 𝒃
�−, 𝒃
�+, 𝒃
�−, 𝒃
𝐸�𝒂
1)
59
� −� è la probabilità congiunta che il fotone 𝛼 venga trasmesso
� +, 𝒃
dove , ad esempio , 𝑃�𝒂
� e il fotone 𝛽 non attraversi il polarizzatore con asattraverso il polarizzatore con asse ottico 𝒂
� . Naturalmente vale:
se ottico 𝒃
Inoltre:
� +� + 𝑃�𝒂
� −� + 𝑃�𝒂
� −� + 𝑃�𝒂
� +� = 1
� +, 𝒃
�−, 𝒃
�+, 𝒃
�−, 𝒃
𝑃�𝒂
� +� + 𝑃�𝒂
� −�
�+, ∞) = 𝑃�𝒂
�+, 𝒃
�+, 𝒃
𝑃(𝒂
� +� = 𝑃�𝒂
� +� + 𝑃�𝒂
� +�
�+, 𝒃
�−, 𝒃
𝑃�∞, 𝒃
2)
3)
4)
�+, ∞) rappresenta la probabilità congiunta che il fotone 𝛼 venga tradove ad esempio 𝑃(𝒂
� e il fotone 𝛽 transiti in assenza del filtro
smesso attraverso il polarizzatore con asse ottico 𝒂
polarizzatore .
Infine certamente i due fotoni verranno trasmessi quando i filtri polarizzatori sono entrambi
rimossi , ovvero :
𝑃(∞, ∞) = 1
Considerando la 2) , la 3) e la 4) possiamo riscrivere la 1) come :
� � = 4𝑃�𝒂
� +� − 2𝑃(𝒂
� +� + 1
�, 𝒃
�+, 𝒃
�+, ∞) − 2𝑃�∞, 𝒃
𝐸�𝒂
5)
Il membro a destra della 5) non è tuttavia sperimentalmente misurabile . Infatti per determinare se un fotone è stato trasmesso o meno attraverso il suo filtro polarizzatore è necessario un
fotomoltiplicatore ; tuttavia i fotomoltiplicatori sono caratterizzati da una bassa efficienza ,
compresa tipicamente tra il 10% e il 20% . Dunque un fotone , pur passando attraverso il fil-
tro polarizzatore , potrebbe essere non rivelato. Allora una funzione di correlazione misurabile deve includere unicamente le probabilità congiunte di trasmissione e rivelazione dei due fotoni e non , come avviene nella 5) , probabilità di sola trasmissione che suppongono polariz-
zatori perfettamente efficienti. Il problema è risolto enunciando la seguente assunzione ad hoc
concernente il processo di trasmissione-rivelazione , detta assunzione CHSH:
60
“Se due fotoni di una coppia emergono dai rispettivi polarizzatori , la probabilità congiunta
della loro rivelazione da parte dei fotomoltiplicatori è indipendente dall’orientazione dei polarizzatori ”
Sia 𝜔0 la probabilità di rivelare entrambi i fotoni , una volta che questi abbiano oltrepassato i
rispettivi polarizzatori , descritta nella precedente assunzione ; indichiamo con 𝜔 la probabili-
tà di trasmissione e rivelazione (la probabilità di trasmissione è descritta dalle 𝑃 ). La precedente assunzione può essere allora tradotta matematicamente con le seguenti relazioni :
� � = 𝜔0 ∙ 𝑃�𝒂
� +�
�, 𝒃
�+, 𝒃
𝜔�𝒂
�, ∞) = 𝜔0 ∙ 𝑃(𝒂
�+, ∞)
𝜔(𝒂
6)
� � = 𝜔0 ∙ 𝑃�∞, 𝒃
� +�
𝜔�∞, 𝒃
𝜔(∞, ∞) = 𝜔0 ∙ 𝑃(∞, ∞)
Come detto , sperimentalmente si determinano i rate 𝑅 di rivelazione ; detto 𝑁0 il numero di
coppie di fotoni che , in un secondo , entrano in contatto con gli apparati di misura si ha :
� � = 𝑁0 ∙ 𝜔�𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑅�𝒂
�, ∞) = 𝑁0 ∙ 𝜔(𝒂
�, ∞)
𝑅(𝒂
7)
� � = 𝑁0 ∙ 𝜔�∞, 𝒃
��
𝑅�∞, 𝒃
𝑅(∞, ∞) = 𝑁0 ∙ 𝜔0
Le relazioni 6) e 7) permettono di riscrivere la 5) come quantità sperimentalmente testabile :
�� = 4
�, 𝒃
𝐸�𝒂
��
��
�, 𝒃
𝑅�𝒂
�, ∞)
𝑅�∞, 𝒃
𝑅(𝒂
−2
−2
+1
𝑅(∞, ∞)
𝑅(∞, ∞)
𝑅(∞, ∞)
Inserendo le espressioni del tipo 8) nella disuguaglianza CHSH ,
8)
� � − 𝐸�𝒂
� � + 𝐸�𝒂�′ , 𝒃�′ � ≤ 2
�, 𝒃
�, 𝒃�′ � + 𝐸�𝒂�′ , 𝒃
−2 ≤ 𝐸�𝒂
otteniamo una disuguaglianza sperimentalmente testabile , la seguente
61
−1 ≤
� � 𝑅�𝒂
� � 𝑅�𝒂�′ , 𝒃�′ � 𝑅�𝒂�′ , ∞� 𝑅�∞, 𝒃
��
�, 𝒃
�, 𝒃�′ � 𝑅�𝒂�′ , 𝒃
𝑅�𝒂
−
+
+
−
−
≤0
𝑅(∞, ∞) 𝑅(∞, ∞) 𝑅(∞, ∞) 𝑅(∞, ∞) 𝑅(∞, ∞) 𝑅(∞, ∞)
9)
che è proprio la disuguaglianza CH74 forte ricavata nel paragrafo precedente.
La simmetria cilindrica che caratterizza gli esperimenti condotti con coppie di fotoni entangled (per maggiori approfondimenti si rimanda a [40] ) permette di riscrivere la 9) nel seguente modo :
−1 ≤
′ 𝒃��
′ 𝒃′ ��
� �� 𝑅��𝒂𝒃
�′ �� 𝑅��𝒂�
�
𝑅��𝒂𝒃
𝑅��𝒂
𝑅1 𝑅2
−
+
+
−
−
≤0
𝑅0 𝑅0
𝑅0
𝑅0
𝑅0
𝑅0
10)
� � si è indicato l’angolo formato dalla direzione 𝒂
� e si è inoltre
� con la direzione 𝒃
dove con �𝒂𝒃
posto
� � , 𝑅0 = 𝑅(∞, ∞)
𝑅1 = 𝑅�𝒂�′ , ∞� , 𝑅2 = 𝑅�∞, 𝒃
�.
con 𝑅1 e 𝑅2 quantità costanti al variare rispettivamente di 𝒂�′ e 𝒃
Come vedremo nel capitolo quarto “l’invarianza rotazionale” dei termini che compaiono nella
10) è effettivamente confermata dalle previsioni della Meccanica Quantistica e dai risultati
sperimentali .
62
3.2.3 L’assunzione GR e la disuguaglianza CHSH forte
Una disuguaglianza sperimentalmente testabile per esperimenti con polarizzatori a due canali
venne presentata da A. Garuccio e V.A. Rapisarda nell’articolo “Bell's Inequalities and the
Four-Coincidence Experiment” [33] pubblicato il primo Ottobre 1981 sulla rivista Il Nuovo
Cimento .
In un esperimento a due canali ciascun apparato di misura è costituito da un polarizzatore , ad
esempio un cristallo birifrangente (rappresentato schematicamente in figura 9 ),
Figura 9
seguito da due fotomoltiplicatori posti lungo le direzioni del raggio ordinario e straordinario
uscenti dal polarizzatore. In un esperimento teorico ogni fotone che arriva all’apparato si polarizza lungo uno dei due raggi fino ad essere rivelato da un fotomoltiplicatore che produce un
segnale elettrico ( figura 10 ).
Figura 10
� per il
Come mostrato nella figura l’orientazione del polarizzatore è data dall’asse ottico , 𝒂
� per il polarizzatore 𝐼𝐼 .
polarizzatore 𝐼 , 𝒃
Garuccio e Rapisarda , partendo dalla seguente assunzione , detta assunzione GR :
63
“per un esperimento con polarizzatori a due canali la somma della probabilità di trasmissione e rivelazione del fotone sul raggio ordinario con la probabilità di trasmissione e rivelazione del fotone sul raggio straordinario non dipende dall’orientazione dell’asse ottico del polarizzatore”
ottengono la disuguaglianza, detta CHSH forte ,
con
� � − 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂
� � + 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂�′ , 𝒃�′ � ≤ 2
�, 𝒃
�, 𝒃�′ � + 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂�′ , 𝒃
−2 ≤ 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂
�� =
�, 𝒃
𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂
1)
� � + 𝑅−− �𝒂
� � − 𝑅+− �𝒂
� � − 𝑅−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑅++ �𝒂
� � + 𝑅−− �𝒂
� � + 𝑅+− �𝒂
� � + 𝑅−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑅++ �𝒂
2)
coefficiente di correlazione sperimentale.
Cerchiamo di comprendere almeno qualitativamente il significato dell’ espressione 2).
L’ipotesi secondo cui l’insieme delle coppie realmente rivelate costituisca un’immagine fedele di tutte le coppie emesse può essere tradotta supponendo che i rate di coincidenze sperimentali 𝑅𝑖𝑗 , con 𝑖, 𝑗 ∈ {+, −}, misurati soltanto per le coppie rivelate, siano rappresentativi dei
rate di coincidenze ideali (che potrebbero essere misurati soltanto con polarizzatori perfetta� � + 𝑃−− �𝒂
� � + 𝑃+− �𝒂
�� +
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
mente efficienti ) corrispondenti a 𝑃𝑖𝑗 ; essendo 𝑃++ �𝒂
� � = 1, quanto affermato può essere matematicamente espresso ponendo :
�, 𝒃
𝑃−+ �𝒂
�� =
�, 𝒃
𝑃𝑖𝑗 �𝒂
=
��
�, 𝒃
𝑃𝑖𝑗 �𝒂
� � + 𝑃−− �𝒂
� � + 𝑃+− �𝒂
� � + 𝑃−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑃++ �𝒂
��
�, 𝒃
𝑅𝑖𝑗 �𝒂
� � + 𝑅−− �𝒂
� � + 𝑅+− �𝒂
� � + 𝑅−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑅++ �𝒂
3)
Inserendo le 3) nell’espressione del coefficiente di correlazione ,
� � = 𝑃++ �𝒂
� � + 𝑃−− �𝒂
� � − 𝑃+− �𝒂
� � − 𝑃−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝐸�𝒂
si ottiene proprio la 2).
64
Incontreremo nuovamente la disuguaglianza 1) nel prossimo capitolo quando descriveremo il
primo esperimento effettuato con polarizzatori a due canali realizzato da Aspect nel 1982
[38].
3.2.4 Una breve riflessione sulle ipotesi aggiuntive
Concludiamo il capitolo osservando che le ipotesi aggiuntive formulate per porre rimedio alla
inefficienza dei rivelatori non sono controllabili scientificamente e non se ne può quindi valutare la fondatezza . E’ opportuno a questo punto considerare l’opinione che Augusto Garuccio, in “Il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen : due modelli di realtà fisica a confronto”
[34] , ha a proposito delle ipotesi addizionali :
“In fisica (come nelle altre scienze sperimentali) è un procedimento del tutto corretto e frequente l’assumere valide - in una prima fase dell’indagine sperimentale su di una nuova problematica - alcune ipotesi che semplificano il problema (nel nostro caso eliminando
l’imperfezione degli strumenti) e che permettono di interpretare i dati sperimentali: in un secondo momento , però , anche tali ipotesi devono essere sottoposte al vaglio dell’indagine
scientifica.
Sfortunatamente le ipotesi aggiuntive formulate per poter interpretare i dati sperimentali non
sono , allo stato attuale, né eliminabili (ci vorrebbero dei fotomoltiplicatori perfetti) , né verificabili sperimentalmente.
Questo era ben noto agli autori che le hanno proposte; infatti Clauser , Holt , Shimony , Horne in una nota del loro lavoro del 1969 , dopo aver ammesso la difficoltà di verificare la loro
ipotesi aggiuntiva sperimentalmente , scrissero: «A causa delle difficoltà di una verificare
sperimentale , l’assunzione potrebbe essere impugnata da un avvocato delle teorie a variabili
nascoste nel caso in cui il risultato dell’esperimento proposto fosse a favore della Meccanica
Quantistica »”.
Tuttavia lo straordinario accordo , descritto nel capitolo 4 , tra le previsioni della Meccanica
Quantistica e i risultati degli esperimenti sulle disuguaglianze di Bell induce a ritenere valide
e legittime le ipotesi aggiuntive .
65
Capitolo IV
Gli esperimenti sulle disuguaglianze di Bell
4.1 Considerazioni generali riguardo un esperimento sensibile
Esponiamo due importanti condizioni che , secondo la Meccanica Quantistica , ogni esperimento sensibile volto a stabilire l’esistenza o meno delle variabili nascoste locali deve soddisfare al fine di ottenere una possibile violazione della disuguaglianza di Bell :
1) le misure di correlazione devono essere condotte su due sottosistemi descritti da uno
stato quantistico non fattorizzabile o “entangled” , quale è lo stato di singoletto per due
particelle di spin ½ , o lo stato analogo per due fotoni. Come dimostreremo
nell’Appendice E (seguendo [35] ), sussiste infatti l’equivalenza , per un sistema costituito da due particelle , tra “gli stati quantistici che violano la disuguaglianza di Bell” e
gli stati entangled .
2) Per ciascun sottosistema (l’elettrone e il positrone nell’esperimento ideale di Bohm e i
due fotoni nella sua variante ottica ), deve essere possibile scegliere la grandezza che
si intende misurare tra almeno due osservabili non commutanti ( come 𝑆𝑧 ed 𝑆𝑥 per
due particelle nello stato di singoletto di spin ) .
Come abbiamo visto alla base di ogni disuguaglianza di Bell vi è il postulato di località . Questa ipotesi molto ragionevole afferma che dati due oggetti fisici esiste una loro distanza relativa al di sopra della quale la loro interazione reciproca diventa trascurabile . Detti 𝐴 𝑒 𝐵 i
risultati delle misure effettuate rispettivamente sul primo e sul secondo sottosistema , avevamo tradotto matematicamente questa condizione ponendo
𝐴 = 𝐴(𝑎, 𝜆)
,
𝐵 = 𝐵(𝑏, 𝜆)
essendo 𝑎 e 𝑏 i parametri che descrivono rispettivamente il primo e il secondo apparato di misura e 𝜆 il set di variabili nascoste.
Come far sì , praticamente , che il nostro esperimento si svolga in condizioni di località ? A
questa domanda risponde proprio Bell nel suo articolo [23] del 1964 che , seguendo le proposte [36] che Bohm e Aharonov avevano già avanzato nel 1957 , enuncia le due seguenti con-
66
dizioni , dette condizioni di Bell , fondamentali per tradurre nella realtà sperimentale la condizione di località:
1) le misure , intese come eventi nello spazio tempo , devono essere causalmente disconnesse , ovvero avere separazione space-like ; i due eventi non si possono cioè influenzare mediante segnali che si propaghino a velocità inferiore o uguale a quella della luce .
2) Le scelte delle quantità misurate su entrambi i sottosistemi separati devono essere casuali e disconnesse spazio-temporalmente. Le “scelte” , nel caso di esperimenti con fotoni , consistono nella scelta , di volta in volta , dell’orientazione dei due polarizzatori,
ovvero nella scelta delle componenti di polarizzazione lineare da misurare sui due fotoni .
Si noti come il primo punto riguardi “le misure” , il secondo “le scelte delle quantità misurate”.
E’ opportuno soffermarsi sulla spiegazione della seconda condizione , meno ovvia della prima, prendendo sempre in considerazione misure di polarizzazione .
Distinguiamo tra la configurazione sperimentale in cui i polarizzatori sono tenuti fissi per
l’intera durata di un periodo di raccolta dati e la configurazione in cui le disposizioni , ovvero
le orientazioni dei due polarizzatori , vengono cambiate di coppia in coppia , durante il volo
delle particelle.
Nel caso di esperimenti con polarizzatori statici , per citare J.Bell “la disposizione degli strumenti è fatta sufficientemente in anticipo da consentire loro di raggiungere un qualche mutuo
rapporto mediante scambio di segnali con velocità minore o uguale a quella della luce” [23].
Nella prima configurazione dunque la condizione di località , non essendo realizzata nella
pratica , deve essere presa soltanto come ragionevole assunzione . In altri termini , tornando al
formalismo introdotto in precedenza, in questo primo caso, lo schema sperimentale adottato
non impedisce , di fatto , dipendenze del tipo
𝐴 = 𝐴(𝑎, 𝑏, 𝜆) ,
𝐵 = 𝐵(𝑏, 𝑎, 𝜆)
Nel secondo schema sperimentale , detto “timing-experiment” , le orientazioni degli apparati
di misura , cioè dei polarizzatori , vengono modificate casualmente e con ritardo durante il vo-
67
lo delle particelle e dunque le misure vengono effettivamente svolte in condizioni di località ;
in questo secondo caso allora le relazioni
𝐴 = 𝐴(𝑎, 𝜆) ,
𝐵 = 𝐵(𝑏, 𝜆)
non risultano arbitrarie o semplicemente “ragionevoli” ma perfettamente descriventi la realtà
sperimentale.
Il secondo schema sperimentale soddisfa pienamente le due richieste avanzate da Bell e fu realizzato per la prima volta , seppur parzialmente , da Alain Aspect e colleghi nel 1982 [42].
Nella tabella 1 sono riportati i risultati degli esperimenti condotti negli anni settanta ed ottanta
su coppie di fotoni ottici.
Tabella 1
Come si vede tutti gli esperimenti , tranne uno , sembrano confermare la Meccanica Quantistica e quindi rigettare il realismo locale : dovremmo quindi concludere che non esiste la realtà fisica ( nel senso datogli da Einstein) o che , se esiste, non è verificato il principio di località . Tuttavia al termine di questo capitolo mostreremo come una lettura più attenta dei dati
sperimentali non renda questa conclusione inevitabile e definitiva .
Negli anni ottanta Aspect e i suoi collaboratori hanno realizzato gli esperimenti che più si avvicinano al caso ideale immaginato da Bell . Il loro lavoro offre un’ottima panoramica degli
esperimenti finalizzati alla verifica delle disuguaglianze di Bell e sarà oggetto del nostro studio nei paragrafi successivi .
68
4.2 Gli esperimenti di Alain Aspect
Alain Aspect e collaboratori , che eseguirono nei primi anni ottanta i lavori ( ben descritti in
[37] ) più importanti e completi per verificare le disuguaglianze di Bell , cercarono di creare
apparati sperimentali più complessi rispetto a quelli utilizzati fino a quel momento e realizzarono una serie di tre importanti tipologie di esperimenti : la prima coinvolgeva uno schema
con polarizzatori a canale singolo , la seconda prevedeva l’utilizzo di polarizzatori cubici a
due canali ed infine la terza mirava , per la prima volta , a soddisfare le due richieste di Bell
esposte in precedenza . Occorre tuttavia precisare che soltanto nel terzo esperimento Aspect e
colleghi riuscirono a soddisfare , seppure parzialmente , le due condizioni di Bell. Nei tre esperimenti venne utilizzata sempre la stessa sorgente che ora descriveremo .
4.2.1 La sorgente a cascata atomica del calcio
Aspect costruì una sorgente ad alta efficienza , molto stabile e ben controllata costituita da
una cascata radiativa di atomi di calcio .
Figura 11. L’eccitazione a due fotoni della cascata radiativa degli atomi di calcio impiegata da Alain
Aspect nei suoi esperimenti
Come mostrato nella figura 11 gli atomi di calcio sono eccitati dallo stato fondamentale
4𝑠 2 1𝑆0 al livello energetico superiore 4𝑝2 1𝑆0 mediante l’assorbimento di due fotoni 𝜈𝐾 𝑒 𝜈𝐷
di lunghezze d’onda rispettivamente 406 𝑛𝑚 e 581𝑛𝑚 . La cascata atomica è una conseguenza della diseccitazione degli atomi di calcio che avviene attraverso un livello intermedio ,
4𝑝2 1𝑆0 → 4𝑠4𝑝1 𝑃1 → 4𝑠 2 1𝑆0
con l’emissione di due fotoni entangled 𝜈1 𝑒 𝜈2 , di lunghezze d’onda 551.3 𝑛𝑚 e 422.7 𝑛𝑚
rispettivamente , fortemente correlati nella polarizzazione .
69
Questa cascata risulta particolarmente adeguata per esperimenti di conteggi di coincidenze in
quanto la vita media 𝜏 del livello intermedio 4𝑠4𝑝 1𝑃1 è piuttosto breve (𝜏 = 5𝑛𝑠).
Sperimentalmente l ’eccitazione della cascata atomica viene effettuata facendo uso di un laser
al kripton (𝜆𝐾 = 406.7 𝑛𝑚) e di un dye laser (𝜆𝐷 = 581𝑛𝑚) aventi polarizzazioni parallele ;
il fascio atomico di calcio è irradiato perpendicolarmente dai due fasci laser , focalizzati verso
la regione di interazione , approssimativamente pari ad un cilindro lungo 1 𝑚𝑚 (diametro del
fascio atomico) e con un diametro di 1 𝜇𝑚 (pari a quello dei fasci laser). Utilizzando solo
40 𝑚𝑊 per ogni laser Aspect ottenne una velocità di cascata di 4 ∙ 107 coppie di fotoni al
secondo.
Invocando la conservazione della parità e del momento angolare è possibile mostrare che la
parte di polarizzazione del vettore di stato che descrive la coppia (𝜈1 , 𝜈2 ) può essere scritta ,
�〉, |𝒚
�〉}, come :
utilizzando la base di polarizzazione lineare {|𝒙
|𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 =
1
√2
�〉 |𝒙
�〉 + |𝒚
�〉|𝒚
�〉 )
( |𝒙
1)
I due fotoni della coppia (𝜈1 , 𝜈2 ) generati dalla sorgente 𝑆 si propagano dunque in direzioni
opposte lungo l’asse 𝒛 ( figura 12 ).
Figura 12
Ciascuno dei due fasci di fotoni è quindi raccolto da lenti asferiche a grande apertura , seguite
da un insieme di lenti per la collimazione propria e dai polarizzatori . Infine i fotomoltiplicatori alimentano l’elettronica del conteggio delle coincidenze.
70
4.2.2 Le proprietà dei due fotoni emessi
Come abbiamo visto nel capitolo 2 , due particelle entangled , designate con 1 e 2 , sono descritte da un vettore di stato del tipo
|𝝋〉 = 𝑥 |𝒖〉1 |𝒑〉2 + 𝑦|𝒖′ 〉1 |𝒑′ 〉2
2)
dove la coppia |𝒖〉1, |𝒖′ 〉1 è una base ortonormale nello spazio degli stati della particella 1 , e
|𝒑〉2 , |𝒑′ 〉2 è l’analoga base per gli stati della particella 2. 𝑥 e 𝑦 sono due generici numeri
complessi che verificano la relazione
|𝑥|2 + |𝑦|2 = 1
Confrontando lo stato 1) con lo stato 2) è evidente come i due fotoni 𝜈1 𝑒 𝜈2 emessi dalla
sorgente S siano uno stato entangled.
Questo stato , descrivibile unicamente nella sua globalità in quanto entangled , non può essere
dunque fattorizzato nel prodotto di due generici stati |𝒌〉1 , |𝒘〉2 descriventi rispettivamente
𝜈1 𝑒 𝜈2 :
|𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 ≠ |𝒌〉1 |𝒘〉2
Allora ciascuno dei due fotoni nello stato 1) ,non può essere descritto individualmente per
mezzo di una funzione d’onda . Poiché nell’interpretazione di Copenaghen la funzione d’onda
fornisce una descrizione completa dello stato di un sistema fisico individuale , rappresentando
la massima fonte di informazione circa il sistema fisico stesso , segue che i due fotoni non
possiedono alcuna proprietà individuale . In particolare non possiamo assegnare alcuna osservabile di polarizzazione a ciascuno dei due fotoni.
Quanto sostenuto in precedenza qualitativamente può essere tradotto quantitativamente mostrando che lo stato 1) è un invariante rotazionale , ovvero che |𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 assume la stessa
espressione formale a prescindere dalla base (del piano di polarizzazione 𝑥𝑦) di vettori di polarizzazione scelta.
�〉, |𝒚
�〉} il vettore di polarizzazione nella generica direzione 𝒏
� , |𝒏
� 〉:
Scriviamo nella base {|𝒙
� 〉 = cos 𝜃 |𝒙
�〉 + sin 𝜃 |𝒚
�〉
|𝒏
71
� 〉:
e il vettore ad esso ortogonale , |𝒏┴
� 〉 = −sin 𝜃 |𝒙
�〉 + cos 𝜃 |𝒚
�〉
|𝒏┴
� 〉 , che costituiscono una base nel piano di polarizzazione 𝑥𝑦, rappresenta� 〉 e |𝒏┴
I due ket |𝒏
�.
� ed 𝒏┴
no gli stati in cui il fotone è polarizzato linearmente rispettivamente nella direzione 𝒏
� 〉} una base possiamo esprimere |𝒙
� 〉:
� 〉, |𝒏┴
�〉 𝑒 |𝒚
�〉 in funzione di |𝒏
� 〉 e |𝒏┴
Essendo {|𝒏
�〉
�〉 = cos 𝜃 |𝒏
� 〉 −sin 𝜃|𝒏┴
|𝒙
�〉
� 〉 + cos 𝜃|𝒏┴
|𝑦�〉 = sin 𝜃 |𝒏
Sostituendo la 3) e la 4) nella 1) otteniamo:
|𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 =
1
√2
�〉 |𝒙
�〉 + |𝒚
�〉|𝒚
�〉 ) =
( |𝒙
1
√2
3)
4)
� 〉|𝒏┴
� 〉)
� 〉|𝒏
� 〉 + |𝒏┴
(|𝒏
Il fatto che lo stato 1) assuma esattamente la stessa forma a prescindere della base scelta fa sì
che nessuno dei due fotoni si trovi in un ben definito stato di polarizzazione ; ciascuno dei
due fotoni ha quindi probabilità 1⁄2 di superare un test di polarizzazione lungo una qualsiasi
direzione .
Passiamo adesso all’esposizione dei tre esperimenti . Per ciascuno esperimento descriviamo
inizialmente l’apparato sperimentale, quindi determiniamo le previsioni della Meccanica
Quantistica ed infine esponiamo i risultati sperimentali ottenuti da Aspect.
72
4.2.3 Esperimento con polarizzatori a un canale
L’apparato del primo esperimento , i cui risultati sono esposti nell’articolo “Experimental
Tests of Realistic Local Theories via Bell’s Theorem” pubblicato il 17 Agosto 1981 sulla rivista “Physical Review Letters” [38], è riportato nella figura 13.
Figura 13 . Schema dell'apparato del primo esperimento con relativa elettronica.
L’esperimento è stato effettuato focalizzando il segnale fluorescente emesso dalla cascata atomica tramite lenti a grande apertura (𝑓 = 40𝑚𝑚, 𝑑𝑖𝑎𝑚𝑒𝑡𝑟𝑜 = 50𝑚𝑚) seguite da un in-
sieme di lenti per la collimazione propria , verso i due polarizzatori , 𝐼 e 𝐼𝐼 , a pila di piatti , a
un canale , composti da dieci lastre ottiche piane di vetro inclinate all’angolo di Brewster. I
polarizzatori sono detti a canale singolo perché trasmettono la luce polarizzata parallelamente
all’asse ottico , bloccando quella ortogonale . I coefficienti di trasmissione massimi ∈𝑖𝑀 e mi-
nimi ∈𝑖𝑚 dei due polarizzatori (𝑖 = 1,2) per la luce polarizzata parallelamente o perpendico-
larmente all’asse del polarizzatore furono misurati e trovati pari a :
∈1𝑀 = 0.971 ± 0.005, ∈1𝑚 = 0.029 ± 0.005 , ∈2𝑀 = 0.968 ± 0.005 e ∈2𝑚 = 0.028 ± 0.005
Tutti gli elementi ottici consecutivi erano completamente antiriflettenti e i filtri di selezione
sui due canali , di vetro colorato , evitavano la riflessione dei fotoni verso la sorgente o l’altro
canale. Seguono i fotomoltiplicatori , P.M.1 e P.M.2 , che alimentano l’elettronica del conteggio , che comprende un convertitore tempo-ampiezza (indicato in figura con T.A.C.) e un analizzatore multicanale (M.C.A.) che permette di determinare il tempo di ritardo tra le rivelazioni dei due fotoni . Lo spettro di ritardo presenta tipicamente , come mostrato nella figura 14,
73
un background piatto , che spiega le coincidenze accidentali , causate cioè da fotoni emessi da
atomi di calcio differenti e un picco , attorno al ritardo nullo , che tiene conto delle vere coincidenze , prodotte cioè da fotoni entangled emessi dallo stesso atomo di calcio ; il segnale delle vere coincidenze presenta un decadimento esponenziale con costante di tempo 𝜏𝑟 = 5 𝑛𝑠 ,
che corrisponde al tempo di vita media del livello intermedio 4𝑠4𝑝1 𝑃1 .
Figura 14 . Lo spettro di ritardo descrive il numero di coppie rivelate in funzione del ritardo tra le
rivelazioni dei due fotoni.
Inoltre un circuito a coincidenze standard con una finestra di coincidenza a 19 𝑛𝑠 monitorizza
il tasso di coincidenze attorno al ritardo nullo , mentre un canale a coincidenze ritardate monitorizza le coincidenze accidentali , ovvero il tasso accidentale . Il tasso di coincidenze vere ,
ottenuto dalla sottrazione delle due quantità , fu trovato proprio uguale al segnale del picco
dello spettro di ritardo .
In un esperimento con polarizzatori monocanale sussiste la disuguaglianza di Bell generaliz� e 𝒂�′ ,e due direziozata : scelte due direzioni per l’asse di polarizzazione del polarizzatore 𝐼, 𝒂
� e 𝒃�′ , Aspect determina sperimentalmenni per l’asse di polarizzazione del polarizzatore 𝐼𝐼 , 𝒃
te i rate di coincidenza 𝑅 da inserire nella disuguaglianza CH74:
−1 ≤ 𝑆 =
� � − 𝑅�𝒂
� � + 𝑅�𝒂�′ , 𝒃�′ � − 𝑅�𝒂�′ , ∞� − 𝑅�∞, 𝒃�′ �
�, 𝒃
�, 𝒃�′ � + 𝑅�𝒂�′ , 𝒃
𝑅�𝒂
≤0
𝑅0
1)
� � è il rate di coincidenze con il polarizzatore 𝐼 nell’orientazione 𝒂
�, 𝒃
� e il polarizzatodove 𝑅�𝒂
� , 𝑅�𝒂�′ , ∞� è il tasso di coincidenza con il polarizzatore 𝐼 orientato
re 𝐼𝐼 nell’orientazione 𝒃
74
lungo 𝒂�′ e il polarizzatore 𝐼𝐼 rimosso , e 𝑅0 = 𝑅(∞, ∞) è il tasso di coincidenza con i due po-
larizzatori rimossi.
Sia +1 il risultato che si ottiene quando il fotone passa attraverso il filtro polarizzatore , 0
quando il fotone non passa. In questo schema sperimentale si rivelano dunque solo i + ; i rate
𝑅 che compaiono nella 1) sono quindi tutti del tipo 𝑅++ . Possiamo adesso comprendere il significato fisico delle misure effettuate con uno o entrambi i polarizzatori rimossi
dall’apparato: quando una coppia è stata emessa , se non si ottiene un conteggio a uno dei fotomoltiplicatori non c’è modo di sapere se il fotone in questione “è stata perso” dal rivelatore
causa sua inefficienza oppure è stato bloccato dal polarizzatore ( solo l’ultimo caso corrisponde a un risultato , il risultato 0 ) . Le misurazioni condotte con uno o entrambi i polarizzatori
rimossi permettono in qualche modo di recuperare le informazioni perse ; infatti, non a caso ,
sono dette misure ausiliarie . Tuttavia le misure ausiliarie possono essere responsabili di possibili errori sistematici , causa il continuo cambiamento della configurazione sperimentale necessario per ottenerle , consistente nel montaggio e nella rimozione dei polarizzatori . Questo
problema come vedremo verrà risolto allorché Aspect effettuerà un esperimento a due canali ,
studiato mediante la disuguaglianza CHSH .
4.2.3.1 Le previsioni della Meccanica Quantistica per S : 𝑆𝑀𝑄
1
�〉 = � � , che descrive lo stato di poScegliamo come stati di base di polarizzazione lineare |𝒙
0
0
�〉 = � � che descrive lo stato di polarizzazione lungo
larizzazione lungo l’asse delle 𝑥 , e |𝒚
1
l’asse delle 𝑦 . Allora la parte di polarizzazione del vettore di stato descrivente la coppia
(𝜈1 , 𝜈2 ) emessa dalla sorgente è :
|𝜓〉 =
1
1
1
0
0
�� � ⊗ � � + � � ⊗ � ��
0
0
1
1
√2
cos 𝛾
�〉, |𝒚
�〉} il vettore � sin 𝛾 � rappresenta un fotone polarizzato nella direzione 𝒏
� deNella base {|𝒙
finita dall’angolo 𝛾 rispetto all’asse delle 𝑥 ( il fotone si propaga nella direzione delle 𝑧 )
mentre l’operatore corrispondente alla misura della polarizzazione del fotone lungo la dire�è:
zione 𝒏
75
(cos 𝛾)2
𝑄(𝛾) = �
cos 𝛾 sin 𝛾
cos 𝛾 sin 𝛾
�
(sin 𝛾)2
cos 𝛾
Si può facilmente verificare come il vettore � sin 𝛾 � sia autostato di 𝑄(𝛾) con autovalore +1 ,
−sin 𝛾
�,
mentre il vettore �
� , rappresentante un fotone dotato di polarizzazione ortogonale a 𝒏
cos 𝛾
sia un autostato di 𝑄(𝛾) con autovalore 0.
� ) , il valore di aspettazione del prodotto dei risultati che si ottengono con il
�, 𝒃
Dunque 𝐸𝑀𝑄 (𝒂
� definita dall’angolo 𝛼 e il polarizzatore 𝐼𝐼
polarizzatore 𝐼 nell’orientazione 𝒂
� descritta dall’angolo 𝛽 , è :
nell’orientazione 𝒃
1
� � = 𝐸𝑀𝑄 �� �
�, 𝒃
𝐸𝑀𝑄 �𝒂
𝒂𝒃′ �� = 𝐸(𝜑) = ⟨𝜓|𝑄(𝛼) ⊗ 𝑄(𝛽)|𝜓⟩ = (1 + cos 2𝜑)
4
2)
con 𝜑 = |𝛼 − 𝛽| = � �
𝒂𝒃′ � angolo relativo tra le due direzioni di polarizzazione .
E’ 𝐸𝑀𝑄 (∞, ∞) = 1 , ovvero quando i due polarizzatori sono rimossi , entrambi i fotoni passa-
no con probabilità unitaria.
Avendo a disposizione come risultati +1 e 0 , 𝐸(𝜑) , il valore di aspettazione del prodotto dei
risultati ottenuti per i due fotoni , sarà proprio pari alla percentuale delle coppie in cui entrambi i fotoni attraversano il polarizzatore ; dunque:
𝐸𝑀𝑄 (𝜑)
𝑅(𝜑)
1
�
� =
= (1 + cos 2𝜑)
𝑅0 𝑄𝑀 𝐸𝑀𝑄 (∞, ∞) 4
3)
Come abbiamo visto nel paragrafo 3.2.2 , considerando la simmetria cilindrica in cui si svolge
l’esperimento la disuguaglianza CH74 1) può essere così riscritta :
−1 ≤
′ 𝒃��
′ 𝒃′ ��
� �� 𝑅��𝒂𝒃
�′ �� 𝑅��𝒂�
�
𝑅��𝒂𝒃
𝑅��𝒂
𝑅1 𝑅2
−
+
+
−
−
≤0
𝑅0
𝑅0
𝑅0
𝑅0
𝑅0 𝑅0
1.1)
�.
con 𝑅1 = 𝑅�𝒂�′ , ∞�e 𝑅2 = 𝑅�∞, 𝒃�′ � quantità costanti al variare rispettivamente di 𝒂�′ e 𝒃
La forma delle previsioni quantistiche 3) ,confermate tra l’altro dai dati sperimentali , giustifica l’ipotesi di simmetria cilindrica avanzata .
76
Si dimostra che la disuguaglianza CH74 è massimamente violata dalle predizioni della Meccanica Quantistica per i due seguenti set di orientazioni :
� �=��
� 𝒂𝒃
𝒂′ 𝒃′ � = � �
𝒃𝒂′ � =
′ 𝒃′ � = � �
� �=�𝒂
�
� 𝒂𝒃
𝒃𝒂′ � =
𝜋
,
8
��
𝒂𝒃′ � =
3𝜋
8
4)
3𝜋
9𝜋
, ��
𝒂𝒃′ � =
8
8
5)
La dimostrazione è sostanzialmente identica a quella che daremo per un esperimento a due
canali utilizzando la disuguaglianza CHSH .
Per il set di orientazioni 4) la 1.1) diventa :
3𝜋
𝑅 � 8 � 𝑅1 𝑅2
−
−
−
≤0
𝑅0 𝑅0
𝑅0
6)
3𝜋
𝜋
3𝑅 � 8 � 𝑅 �8� 𝑅1 𝑅2
−
−
−
≤0
−1 ≤
𝑅0
𝑅0
𝑅0 𝑅0
7)
−1 ≤
𝜋
3𝑅 � 8 �
𝑅0
mentre per il set di orientazioni 5) si ha :
𝜋
9𝜋
essendo 𝑅 �8 � = 𝑅 � 8 � per la 3) .
Sottraendo la 7) dalla 6) e dividendo tutto per 4 si ottiene la disuguaglianza:
𝜋
3𝜋
𝑅 �8� − 𝑅 � 8 �
𝛿=�
𝑅0
�≤
1
4
8)
detta disuguaglianza di Freedman [39] , che ha il vantaggio rispetto alla 1) di non includere i
termini 𝑅�𝒂�′ , ∞� , 𝑅�∞, 𝒃�′ � necessari per le raccolte dati ausiliarie .
Sostituendo nella 8) le predizioni della Meccanica Quantistica 3) si ottiene per la quantità 𝛿 il
valore:
𝛿𝑄𝑀 =
√2 1
≥
4
4
che viola in modo evidente la disuguaglianza di Freedman .
9)
77
Il risultato 3) è valido in un esperimento ideale in cui non si tiene conto degli effetti delle lenti
sul fascio di fotoni , e si suppongono i polarizzatori privi di imperfezioni , ovvero con ∈𝑖𝑀 = 1
e ∈𝑖𝑚 = 0 (𝑖 = 1,2).
Nella realtà sperimentale ,per una cascata atomica (𝑱 = 0) → (𝑱 = 1) → (𝑱 = 0) , quale è
quella utilizzata da Aspect, si può mostrare [40] che:
1
1
𝑒𝑥𝑝
𝐸𝑀𝑄 (𝜑) = (∈1𝑀 +∈1𝑚 )(∈2𝑀 +∈2𝑚 ) + (∈1𝑀 −∈1𝑚 )(∈2𝑀 −∈2𝑚 )𝐹(𝜃) cos 2𝜑
4
4
10)
dove 𝐹(𝜃) tiene conto del fatto che la luce proveniente dalla sorgente deve essere raccolta in
angoli solidi finiti , grandi il più possibile ( figura 15 ).
Figura 15. Configurazione realistica con angoli solidi finiti
La figura 16 mostra 𝐹(𝜃) per una cascata di terra alcalina (𝑱 = 0) → (𝑱 = 1) → (𝑱 = 0)
(senza struttura iperfine),
Figura 16
Negli tre esperimenti di Aspect si è posto 𝜃 = 32° , da cui 𝐹(𝜃) = 0.984.
Come si può osservare , sostituendo nella 10) ∈𝑖𝑀 = 1 , ∈𝑖𝑚 = 0 e 𝐹(𝜃) = 1 si ottiene la 2).
Dunque:
78
�
𝑒𝑥𝑝
𝑒𝑥𝑝
𝐸𝑀𝑄 (𝜑)
1
𝑅(𝜑)
1
�
= 𝑒𝑥𝑝
= = (∈1𝑀 +∈1𝑚 )(∈2𝑀 +∈2𝑚 ) + (∈1𝑀 −∈1𝑚 )(∈2𝑀 −∈2𝑚 )𝐹(𝜃) cos 2𝜑
4
𝑅0 𝑄𝑀
4
𝐸𝑀𝑄 (∞, ∞)
11)
Si può inoltre mostrare che
�
𝑅𝑖 𝑒𝑥𝑝 1 𝑖
�
= �∈ +∈𝑖 �
𝑅0 𝑄𝑀 2 𝑀 𝑚
𝑖 = 1,2
12)
Le 12) confermano l’ipotesi, avanzata in precedenza, secondo cui 𝑅1 e 𝑅2 sono quantità co-
stanti .
Per il set di orientazioni 4), sostituendo i valori dei coefficienti di trasmissione esposti in
4.2.3 e di 𝐹(𝜃) nelle 11) e nelle 12) possiamo ottenere il valore previsto dalla Meccanica
Quantistica per la quantità 𝑆 che compare nella 1):
𝑒𝑥𝑝
𝑆𝑄𝑀 = 0.118 ± 0.005
13)
che viola la disuguaglianza CH74 , mentre inserendo le 11) nella 8) si ottiene per la quantità
𝛿 il valore:
𝑒𝑥𝑝
𝛿𝑄𝑀 = 5.8 × 10−2 ± 0.2 × 10−2
che viola ancora la disuguaglianza di Freedman .
14)
4.2.3.2 I risultati sperimentali : 𝑆𝑒𝑥𝑝
La quantità 𝑆 misurata da Aspect per le orientazioni 4) ha fornito il risultato:
𝑆𝑒𝑥𝑝 = 0.126 ± 0.014
che viola la disuguaglianza CH74 di 9 deviazioni standard , ed è in buono accordo con le previsioni quantomeccaniche 13) . Sperimentalmente per la quantità 𝛿 si è trovato il valore :
𝛿𝑒𝑥𝑝 = 5.72 × 10−2 ± 0.43 × 10−2
che viola la disuguaglianza di Freedman per più di 13 deviazioni standard ed è in perfetto ac-
cordo con le previsioni della Meccanica Quantistica 14) .
79
L’accordo tra i risultati sperimentali e le previsioni quantomeccaniche è stato verificato , come mostra la figura 17 , su un campo completo di orientazioni , a 360°.
Figura 17. Rate di coincidenze normalizzato in funzione dell'orientazione relativa dei polarizzatori.
La curva continua non è un adattamento ai dati , ma la previsione della Meccanica Quantistica.
Per soddisfare la prima delle condizioni di Bell esposte in questo capitolo le stesse misurazioni furono ripetute con i polarizzatori spostati ciascuno di 6.5 𝑚 dalla sorgente , distanza alla
quale gli eventi di rivelazione avevano separazione space-like . Non furono osservate variazioni nei risultati sperimentali.
Per concludere l’esperimento non solo mostrò un ottimo accordo tra le predizioni della teoria
quantistica e i dati sperimentali ma mise anche in evidenza come la distanza tra i polarizzatori
non avesse alcun effetto sulle misure di correlazione , dimostrando in tal modo l’esistenza di
interazioni a distanza istantanee.
80
4.2.4 Esperimento con polarizzatori a due canali
Il 12 Luglio 1982 furono pubblicati sulla rivista Physical Review Letters con l’ articolo “Experimental Realization of Einstein – Podolsky – Rosen - Bohm Gedankenexperiment : A New
Violation of Bell’s Inequalities” [41] i risultati del secondo esperimento di Aspect , capace di
riprodurre , in maniera molto più vicina rispetto agli esperimenti precedenti , lo schema del
Gedankenexperiment di Bohm.
Questo fu possibile grazie all’impiego di polarizzatori a doppio canale . Essi infatti , producevano il risultato +1 o −1 a seconda che il fotone incidente fosse polarizzato parallelamente o
perpendicolarmente rispetto all’asse ottico del polarizzatore . Era dunque possibile misurare
� � , dove 𝒂
� indicano le orientazioni degli as�, 𝒃
�e𝒃
tutti i rate di coincidenze necessari 𝑅±1±1 �𝒂
si ottici dei due polarizzatori e ±1 i possibili risultati delle misure , senza ricorrere a misura-
zioni ausiliarie .
L’apparato sperimentale utilizzato è riportato nella figura 18.
Figura 18 . Apparato del secondo esperimento.
I polarizzatori erano cubi polarizzanti , costituiti da due prismi tenuti insieme da sottili pelli� , o rispetcole di materiale dielettrico , che trasmettevano una polarizzazione ( parallela ad 𝒂
� ) attraverso l’ipotenusa attiva , mentre ne riflettevano la componente ortogonativamente a 𝒃
le. Tale separatore a polarizzazione , e i due corrispondenti fotomoltiplicatori , erano montati
su un meccanismo ruotabile detto polarimetro.
I coefficienti di trasmissione e riflessione alla luce parallela (‖) o perpendicolare (⊥)dei due
‖
‖
polarizzatori furono misurati , ottenendo i risultati : 𝑇1 = 0.950, 𝑇1⊥ = 0.007 e 𝑇2 = 0.930,
𝑇2⊥ = 0.007 .
81
� � venivano determinati sottraendo ai tassi di
�, 𝒃
I quattro rate di coincidenze reali 𝑅±1±1 �𝒂
coincidenze totali , ottenuti grazie a un modulo elettronico di coincidenza quadrupla che includeva quattro circuiti di coincidenza , uno per ogni possibile coppia di risultati , i tassi di
coincidenze accidentali , ricavati dai conteggi singoli effettuati con dei moduli aggiuntivi indicati con il termine “Singles” nella figura 18 .
4.2.4.1 Le previsioni della Meccanica Quantistica per ∆ : ∆𝑀𝑄
Vogliamo determinare le previsioni della Meccanica Quantistica per la quantità ∆ di Bell
� , 𝒃�′ � = 𝐸�𝒂
� � − 𝐸�𝒂
� � + 𝐸�𝒂�′ , 𝒃�′ �
�, 𝒃
�, 𝒃�′ � + 𝐸�𝒂�′ , 𝒃
�, 𝒂�′ , 𝒃
∆𝑀𝑄 �𝒂
1)
� � è la funzione di correlazione così defini�, 𝒃
che entra nella disuguaglianza CHSH , dove 𝐸�𝒂
ta
� � = 𝑃++ �𝒂
� � + 𝑃−− �𝒂
� � − 𝑃+− �𝒂
� � − 𝑃−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝐸�𝒂
2)
̂ �, ovvero la probabilità di ottenere il risultato
Secondo la Meccanica Quantistica , 𝑃++ �𝐚�, 𝐛
� (sul fotone 𝜈2 ) è data da :
� (sul fotone 𝜈1 ), e +1 lungo 𝒃
+1 lungo 𝒂
2
�� = ��〈𝒃
�|〈𝒂
�, 𝒃
� |�(|𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉)�
𝑃++ �𝒂
3)
Tenendo presente la proprietà di simmetria rotazionale rispetto all’asse 𝑧 dello stato quantistico |𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 possiamo scrivere :
|𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 =
1
√2
� 〉|𝒂┴
�〉)
�〉 |𝒂
�〉 + |𝒂┴
( |𝒂
4)
Poiché |𝒂〉 è ortogonale a |𝒂┴〉 soltanto il primo termine della 2) contribuisce al prodotto
interno della 1) ; dunque :
�� =
�, 𝒃
𝑃++ �𝒂
1
1
1
2
� �𝒂
��� = ∙ (𝑐𝑜𝑠 𝜎)2 = (1 + 𝑐𝑜𝑠 2𝜎)
��𝒃
2
2
4
� angolo compreso tra 𝒂
� . Osserviamo come questo sia proprio il risultato ot�e𝒃
con 𝜎 = 𝒂𝒃
tenuto in precedenza per le previsioni quantistiche in un esperimento con polarizzatori ad un
solo canale .
82
Ragionando similmente si determinano le probabilità dei risultati (+1, −1), (−1, +1) e
(−1, −1). Si trova :
� � = 𝑃−− �𝒂
�� =
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑃++ �𝒂
� � = 𝑃−+ �𝒂
�� =
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑃+− �𝒂
1
∙ (𝑐𝑜𝑠𝜎)2
2
1
∙ (𝑠𝑖𝑛𝜎)2
2
5)
6)
� � diventa , tenendo conto delle relazio�, 𝒃
Il coefficiente di correlazione di polarizzazione 𝐸�𝒂
ni 5) ed 6) :
��
� � = (𝑐𝑜𝑠 𝜎)2 − (𝑠𝑖𝑛 𝜎)2 = 𝑐𝑜𝑠 2𝜎 = 𝑐𝑜𝑠�2 𝒂𝒃
�, 𝒃
𝐸�𝒂
7)
La 7) spiega le forti correlazioni che legano i risultati delle misure effettuate su 𝜈1 𝑒 𝜈2 . In� = 𝜎 = 0 , si avrebbe 𝐸 = 1 il che significa totale correlazione.
fatti , nel caso 𝒂𝒃
�=𝒏
� = 0 , non facciamo altro che effettuare le
�=𝒃
� e quindi , 𝒂𝒃
Effettivamente quando è 𝒂
misure di polarizzazione dei due fotoni lungo la medesima direzione : lo stato |𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 ,
che per la sua invarianza rotazionale può essere espresso nella forma
|𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 =
1
√2
� 〉|𝒏┴
� 〉 ),
� 〉 |𝒏
� 〉 + |𝒏┴
( |𝒏
� subisce il
in seguito alla misurazione effettuata con esito positivo sul fotone 𝜈1 lungo l’asse 𝒏
seguente collasso:
|𝜓(𝜈1 , 𝜈2 )〉 =
1
√2
𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎 𝑝𝑜𝑙𝑎𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑙𝑢𝑛𝑔𝑜 𝒏
� 𝑠𝑢 𝜈1 , 𝑒𝑠𝑖𝑡𝑜+1
� 〉|𝒏┴
� 〉 ) �⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯� |𝒏
� 〉 |𝒏
� 〉 + |𝒏┴
� 〉|𝒏
�〉
( |𝒏
e a questo punto una misura di polarizzazione compiuta sul fotone 𝜈2 fornirebbe con certezza
il risultato +1 ; da cui 𝐸 = 1.
La 7) ci permette di ricavare ∆𝑀𝑄 , il valore previsto dalla Meccanica Quantistica per la 1):
′ 𝒃′ �
� , 𝒃�′ � = 𝑐𝑜𝑠�2 𝒂𝒃
� � − 𝑐𝑜𝑠�2 �
�
�, 𝒂�′ , 𝒃
∆𝑀𝑄 �𝒂
𝒂𝒃′ � + 𝑐𝑜𝑠�2 �
𝒃𝒂′ � + 𝑐𝑜𝑠�2 𝒂
8)
′ 𝒃′ si registra il mas�,�
�′ e 𝒂
�
Ci chiediamo adesso : per quali valori degli angoli 𝒂𝒃
𝒂𝒃′ , 𝒃𝒂
simo conflitto tra le previsioni della Meccanica Quantistica e le predizioni delle teorie a va-
�,�
riabili nascoste ? In altri termini : per quali valori degli angoli 𝒂𝒃
𝒂𝒃′ , �
𝒃𝒂′ e �
𝒂′ 𝒃′ ∆𝑀𝑄
83
viola massimamente la disuguaglianza CHSH ? E’ infatti in corrispondenza di tali angoli che
Aspect andrà ad effettuare le sue misure.
Per scoprirlo andiamo alla ricerca dei punti stazionari di ∆𝑀𝑄 .
Decidiamo , per nostra comodità , di porre
�
� +�
𝒂𝒃′ = 𝒂𝒃
𝒃𝒂′ + �
𝒂′ 𝒃′
Figura 19
� ,�
∆𝑀𝑄 è così funzione di tre variabili indipendenti : 𝒂𝒃
𝒃𝒂′ e �
𝒂′ 𝒃′ .Uguagliando le tre derivate parziali di ∆𝑀𝑄 a zero:
𝜕∆𝑀𝑄
𝜕∆𝑀𝑄
� + 2 𝑠𝑖𝑛 2 �
= −2 𝑠𝑖𝑛 2 𝒂𝒃
𝒂𝒃′ = 0 ,
= −2 𝑠𝑖𝑛 2 �
𝒃𝒂′ + 2 𝑠𝑖𝑛 2 �
𝒂𝒃′ = 0 ,
�
𝜕 𝒂𝒃
𝜕�
𝒃𝒂′
otteniamo la relazione :
𝜕∆𝑀𝑄
′ 𝒃′ + 2 𝑠𝑖𝑛 2 �
�
= −2 𝑠𝑖𝑛 2 𝒂
𝒂𝒃′ = 0
′
′
�
𝜕𝒂 𝒃
′ 𝒃′ = γ
� =�
�
𝒂𝒃
𝒃𝒂′ = 𝒂
Da cui
′ 𝒃′ � = sin 6γ = sin 2 𝒂𝒃
� +�
�
� = sin 2γ
sin 2 �
𝒂𝒃′ = sin 2� 𝒂𝒃
𝒃𝒂′ + 𝒂
L’equazione
𝜋
𝜋
sin 6γ = sin 2γ
ammette come soluzioni 𝛾 = 8 + 𝑛 4 , corrispondenti ai punti stazionari di
∆𝑀𝑄 (γ) = 3𝑐𝑜𝑠(2γ) − 𝑐𝑜𝑠(6γ)
9)
84
Tra questi punti si verifica che ∆𝑀𝑄 registra il suo massimo assoluto, ∆𝑀𝐴𝑋
𝑀𝑄 , quando γ =
γ=
7𝜋
8
, il suo minimo assoluto , ∆𝑀𝐼𝑁
𝑀𝑄 , per γ =
Sostituendo γ =
𝜋
8
3𝜋
8
eγ=
5𝜋
8
.
𝜋
8
e
= 22,5° nella 9) determiniamo il valore numerico di ∆𝑀𝐴𝑋
𝑀𝑄 :
∆𝑀𝐴𝑋
𝑀𝑄 = ∆𝑀𝑄 (22,5°) = 3𝑐𝑜𝑠(45°) − 𝑐𝑜𝑠(145°) = 2√2
Questa predizione della Meccanica Quantistica è in palese disaccordo con la disuguaglianza
CHSH essendo evidentemente
Sostituendo invece γ =
3𝜋
8
∆𝑀𝐴𝑋
𝑀𝑄 = 2√2 ≥ 2
= 67,5° nella 9) calcoliamo il valore numerico di ∆𝑀𝐼𝑁
𝑀𝑄 :
∆𝑀𝐼𝑁
𝑀𝑄 = ∆𝑀𝑄 (67.5°) = 3𝑐𝑜𝑠(135°) − 𝑐𝑜𝑠(45°) = −2√2
anche esso in evidente disaccordo con le previsioni delle teorie a variabili nascoste locali:
� ∆𝑀𝐼𝑁
𝑀𝑄 � = 2√2 ≥ 2
In definitiva , al fine di rendere massimo il conflitto tra MQ e realismo locale , è necessario
� , 𝒃�′ verifichino le seguenti relazioni angolari
�, 𝒂�′ , 𝒃
che le direzioni di polarizzazione 𝒂
� =�
𝒂𝒃
𝒃𝒂′ = �
𝒂′ 𝒃′ = 22,5°
�
𝒂𝒃′ = 67,5°
10)
Figura 20
Alternativamente :
� =�
𝒂𝒃
𝒃𝒂′ = �
𝒂′ 𝒃′ = 67,5°
85
�
𝒂𝒃′ = 202,5°
Figura 21
Tenendo conto delle reali condizioni in cui si svolge l’esperimento la 7) diventa:
� � = 𝐸(𝜎) = 𝐹(𝜃 = 32°) ∙
�, 𝒃
𝐸�𝒂
‖
‖
�𝑇1 − 𝑇1⊥ � ∙ �𝑇2 − 𝑇2⊥ �
‖
‖
�𝑇1 + 𝑇1⊥ � ∙ �𝑇2 + 𝑇2⊥ �
∙ 𝑐𝑜𝑠 2𝜎
11)
che differisce dal coefficiente di correlazione teorico ricavato nel precedente paragrafo per il
fattore :
𝐹(𝜃 = 32°) ∙
‖
‖
�𝑇1 − 𝑇1⊥ � ∙ �𝑇2 − 𝑇2⊥ �
‖
‖
�𝑇1 + 𝑇1⊥ � ∙ �𝑇2 + 𝑇2⊥ �
12)
con 𝐹(𝜃 = 32°) = 0.984. Il fattore 12) è dunque minore dell’unità . In generale ,le ineffi-
cienze sperimentali porteranno sempre ad una diminuzione del valore della funzione di correlazione generando un’inevitabile attenuazione del conflitto tra le previsioni della MQ e quelle
delle teorie a variabili nascoste locali.
‖
‖
Osserviamo come per 𝑇1 = 𝑇2 = 1 e 𝑇1⊥ = 𝑇2⊥ = 0 , situazione corrispondente a polarizzatori
ideali , la 11) coincida con la 7).
Tenendo conto , secondo le 11) ,delle efficienze reali dei polarizzatori , ricaviamo le previ-
sioni della Meccanica Quantistica per il set di orientazioni 10) , in corrispondenza del quale
Aspect effettuerà le sue misure:
𝑒𝑥𝑝
∆𝑀𝑄 = 2.7 ± 0.05
12)
86
𝑒𝑥𝑝
Osserviamo che il valore di ∆𝑀𝑄 è inferiore , come anticipato , al valore 2√2 ≅ 2.83 previsto
per una situazione ideale.
4.2.4.2 I risultati sperimentali : ∆𝑒𝑥𝑝
Sperimentalmente , in un esperimento a due canali , come discusso nel paragrafo 3.2.3 , viene
testata la disuguaglianza CHSH forte :
con
� � − 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂
� � + 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂�′ , 𝒃�′ � ≤ 2
�, 𝒃
�, 𝒃�′ � + 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂�′ , 𝒃
−2 ≤ ∆𝑒𝑥𝑝 = 𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂
�� =
�, 𝒃
𝐸𝑒𝑥𝑝 �𝒂
� � + 𝑅−− �𝒂
� � − 𝑅+− �𝒂
� � − 𝑅−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑅++ �𝒂
� � + 𝑅−− �𝒂
� � + 𝑅+− �𝒂
� � + 𝑅−+ �𝒂
��
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
�, 𝒃
𝑅++ �𝒂
13)
Grazie ai polarizzatori a due canali Aspect e colleghi furono in grado di misurare in un singo� � . Fu allora
�, 𝒃
lo periodo di presa dati di durata 100𝑠 i quattro tassi di coincidenza 𝑅±1,±1 �𝒂
� � e �𝒂�′ , 𝒃�′ �
�, 𝒃�′ � , �𝒂�′ , 𝒃
sufficiente ripetere la stessa procedura per le altre configurazioni �𝒂
per poter testare direttamente la disuguaglianza CHSH.
L’esperimento , effettuato in corrispondenza dell’insieme di orientazioni 10) , ha fornito il risultato :
∆𝑒𝑥𝑝 = 2.697 ± 0.015
che viola la disuguaglianza CHSH ( |∆| ≤ 2) per più di quaranta deviazioni standard ed è in
eccellente accordo con le previsioni della Meccanica Quantistica corrispondenti al risultato
12) .
Furono effettuate anche misurazioni della 13) in varie orientazioni , per un confronto diretto
con le previsioni della Meccanica Quantistica , sintetizzate nella 8) . L’accordo , come mostra
la figura 22 , è chiaramente eccellente.
87
Figura 22 . Esperimento con polarizzatori a due canali . E' qui graficato il coefficiente di correlazione come funzione dell'angolo relativo tra i due polarizzatori . La curva tratteggiata non è un adattamento ai dati , ma è la previsione quantomeccanica per l’esperimento reale . Per polarizzatori ideali , la curva raggiungerebbe i valori ±𝟏 .
4.2.5 Esperimento a disposizione variabile
Il terzo esperimento , descritto nell’articolo “Experimental Test of Bell’s Inequalities Using
Time-Varying Analyzers” [42] pubblicato sulla rivista Physical Review Letters il 20 Dicem-
bre 1982 , costituì un assoluto progresso verso la realizzazione del “timing experiment”, di un
esperimento cioè in cui le orientazioni degli apparati di misura , ovvero dei polarizzatori , fossero modificate casualmente e con ritardo durante il tempo di volo delle due particelle. Infatti,
fino a quel momento , erano stati effettuati sempre e solo esperimenti con polarizzatori tenuti
fissi per l’intera durata di un periodo di raccolta dati.
Riportiamo in figura 23 l’apparato sperimentale realizzato da Aspect .
Figura 23 . Apparato dell'esperimento a disposizione variabile . I commutatori acusto – ottici
𝑪𝟏 e 𝑪𝟐 , pilotati da generatori quasi periodici che funzionano in modo completamente scorrelato,
effettuano una commutazione ogni 𝟏𝟎 𝒏𝒔.
88
Rispetto agli esperimenti precedenti , ciascun polarizzatore è sostituito da un’apparecchiatura
costituita da un dispositivo di commutazione , 𝐶1 sul lato 𝐼 e 𝐶2 sul lato 𝐼𝐼 , seguito da due
� e 𝒃�′ sul lato
� e 𝒂�′ sul lato 𝐼 , 𝒃
polarizzatori a canale singolo in due orientazioni differenti : 𝒂
𝐼𝐼. Il commutatore ottico è in grado di dirigere rapidamente la luce incidente da un polarizza-
tore all’altro ; ogni apparecchio è pertanto equivalente a un polarizzatore variabile commutato
tra due orientazioni. La commutazione della luce è effettuata dall’interazione acusto - ottica
della luce con un’onda stazionaria ultrasonica nell’acqua ; ad una frequenza acustica di
25 𝑀ℎ𝑧 , la frequenza di commutazione è 50 𝑀ℎ𝑧 ; di conseguenza ogni 10 𝑛𝑠 si verifica un
cambiamento di orientazione del polarizzatore variabile equivalente. Poiché la somma di questo intervallo (10 𝑛𝑠) e del tempo di vita media del livello intermedio della cascata (5 𝑛𝑠) è
piccola rispetto ad 𝐿⁄𝑐 = 40 𝑛𝑠 , dove 𝐿 = 12 𝑚 è la distanza tra i due commutatori e 𝑐 è la
velocità della luce , la rivelazione di un evento su un lato ed il corrispondente cambio di o-
rientazione sull’altro lato risultano causalmente disconnessi . La seconda condizione imposta
da Bell era pertanto parzialmente soddisfatta ; parzialmente poiché le commutazioni non erano veramente casuali , essendo i commutatori acusto – ottici pilotati da generatori quasi periodici ; tuttavia i generatori ai due lati funzionavano in modo completamente scorrelato .
In queste condizioni sperimentali è possibile applicare la disuguaglianza
−1 ≤ 𝑆 =
��
��
�, 𝒃�′ �
�, 𝒃
𝑅�𝒂
𝑅�𝒂
𝑅�𝒂�′ , 𝒃
𝑅�𝒂�′ , 𝒃�′ � 𝑅�𝒂�′ , ∞� 𝑅�∞, 𝒃�′ �
−
+
+
−
−
≤ 0 1)
𝑅(∞, ∞) 𝑅(∞, ∞′ ) 𝑅(∞′ , ∞) 𝑅(∞′ , ∞′ ) 𝑅(∞′ , ∞) 𝑅(∞, ∞)
Un processo di misura totale , che durava tipicamente 12000 𝑠 , era costituito da:
•
un periodo di 4000 𝑠 con i quattro polarizzatori montati per misurare le quattro rate di
•
� �, 𝑅�𝒂
� � e 𝑅�𝒂�′ , 𝒃�′ � ;
�, 𝒃
�, 𝒃�′ �, 𝑅�𝒂�′ , 𝒃
coincidenze 𝑅�𝒂
•
𝑅(∞, ∞), 𝑅(∞, ∞′ ), 𝑅(∞′ , ∞) e 𝑅(∞′ , ∞′ ) ;
un periodo di 4000 𝑠 con tutti i polarizzatori rimossi per determinare
un periodo di 4000 𝑠 con un polarizzatore rimosso su ciascun lato per ottenere i due
rate 𝑅�𝒂�′ , ∞� e 𝑅�∞, 𝒃�′ �.
Furono effettuati in totale due processi di misura in corrispondenza del set di orientazioni ottimale
′ 𝒃′ = 22,5
�
� =�
𝒂𝒃
𝒃𝒂′ = 𝒂
, �
𝒂𝒃′ = 67,5°
89
ottenendo per la quantità 𝑆, mediando sulle due serie di misure effettuate , il seguente valore:
𝑆𝑒𝑥𝑝 = 0.101 ± 0.020
che viola la disuguaglianza 1) di cinque deviazioni standard ed è in buon accordo , per gli an-
golo solidi utilizzati per la raccolta della luce e per le caratteristiche dei polarizzatori in gioco,
con le previsioni quantomeccaniche:
𝑆𝑄𝑀 = 0.112
Un altro periodo di presa dati fu effettuato con differenti orientazioni al fine di stabilire un
confronto diretto con la Meccanica Quantistica ; la figura 24 mostra un accordo eccellente tra
dati sperimentali e previsioni quantomeccaniche.
Figura 24 . Esperimento a disposizione variabile . E' qui graficato il tasso di coincidenza normalizzato come funzione delle orientazioni relative dei polarizzatori . La curva tratteggiata non è un adattamento ai dati ma è la previsione della Meccanica Quantistica per l’esperimento reale .
90
4.3 Cosa ci insegnano i tre esperimenti di Aspect
L’eccellente accordo presentato dai risultati ottenuti da Aspect con le previsioni della Meccanica Quantistica ha portato a considerare l’entanglement come un fenomeno non descrivibile
in termini del realismo locale; come afferma lo stesso Aspect in [2] “l’entanglement non può
essere compreso alla stregua di normali correlazioni la cui interpretazione si basi
sull’esistenza di proprietà in comune che si originano da una comune preparazione e che rimangono associate a ciascun singolo oggetto dopo la separazione, come componenti della loro realtà fisica”. Infatti un coppia di particelle entangled deve essere vista come un sistema
globale singolo che non può essere suddiviso in sottosistemi con proprietà ben definite, in
quanto descritto da un vettore di stato non fattorizzabile .
La conferma sperimentale dell’entanglement quantistico si traduce nella conferma del carattere non locale della realtà così come previsto dalla teoria quantistica : due particelle entangled
in quanto inestricabilmente “intrecciate” non possono essere pensate come due oggetti singoli
persino quando sono lontane l’una dall’altra e possono quindi presentare influenze reciproche
superluminali .
E’ opportuno sottolineare a questo punto come la Meccanica Quantistica pur violando la località non risulti violare la causalità; in altri termini non è possibile usare la non località per inviare informazioni a velocità superiori a quella della luce : sono dunque impossibili comunicazioni superluminali. Possiamo facilmente comprendere questo aspetto tornando a considerare l’argomento EPR nella versione formulata da Bohm . Supponiamo che Alice e Bob si mettano d’accordo nel misurare 𝑆𝑧 ; non c'è alcun modo per Alice di trasmettere un messaggio
(cioè un’informazione) a Bob tramite misure di spin in quanto è del tutto impossibile per lei
influire sul risultato che otterrà : ha sempre il 50% di probabilità di ottenere "up" e il 50% di
ottenere "down" . Bob , come noto , senza chiedere nulla ad Alice , sa perfettamente cosa ottiene la sua compagna d’esperimento ; tuttavia Bob osserva solamente una sequenza casuale
di "up" e di "down", "up" e "down" che , come abbiamo appena visto , non scaturiscono di
certo dalla volontà di Alice . Alice e Bob dunque non possono affatto comunicare.
4.4 “Loopholes” negli esperimenti ottici di Bell
Le ipotesi aggiuntive , né eliminabili né verificabili , alla base delle disuguaglianze sperimentalmente testabili e le difficoltà incontrate nella realizzazione di un esperimento capace di
91
soddisfare in pieno le richieste avanzate da Bell , hanno tuttavia spinto molti scienziati a mettere in discussione i risultati degli esperimenti fino ad oggi svolti .
In generale , gli esperimenti sulle disuguaglianze di Bell , progettati per verificare se il mondo
reale ubbidisca o meno al realismo locale , sono afflitti da una serie di “falle” , in inglese “loopholes” che distorcerebbero , a giudizio dei critici , i risultati sperimentali in favore della
Meccanica Quantistica . Come abbiamo avuto modo di comprendere in questi ultimi due capitoli , vi sono tre loopholes principali :
1) il “locality loophole” . Sorge quando le misure effettuate sulle due particelle non sono
causalmente disconnesse , ovvero quando i due apparati di misura non sono separati
da una distanza di tipo spazio.
2) Il “freedom of choice loophole” . Sorge quando le scelte delle osservabili da misurare ,
su entrambe le particelle , non sono casuali e disconnesse spazio-temporalmente.
3) Il “fair sampling loophole” . Causato dall’inefficienza dei rivelatori , consiste
nell’impossibilità di effettuare le misure su tutte le coppie emesse dalla sorgente.
Ad oggi non è stato ancora effettuato un “loophole-free Bell test” , ovvero un esperimento capace di “chiudere” simultaneamente i tre loopholes , ma soltanto esperimenti in cui sono state
“tappate” al più due delle tre principali “falle” :
•
nel 1998 Wheis et al. effettuarono un ingegnoso esperimento , descritto nell’articolo
“Violation of Bell’s inequality under strict Einstein locality conditions” [43], che “ha
tappato” le prime due falle ; la scelta dell’ osservabile da misurare era fatta utilizzando un processo quantistico che generava la casualità . Il test violava la disuguaglianza
CHSH di oltre 30 deviazioni standard : si ottenne infatti il risultato: ∆𝑒𝑥𝑝 = 2.73 ±
0.02 . Tuttavia l’esperimento non “chiudeva” il “fair sampling loophole” ; al termine
dell’articolo Wheis et al. scrivono infatti: “[…]ammettiamo che le interpretazioni realistiche locali , per quanto improbabili , sono ancora possibili. Sebbene diverse osservazioni statistiche dicano il contrario , dobbiamo infatti accettare che il campione delle coppie (di fotoni) registrate non sia un fedele rappresentante dell’intero insieme
delle coppie emesse. Condividendo il giudizio di Bell circa la possibilità di una tale
posizione , siamo d’accordo sul fatto che un esperimento definitivo dovrebbe essere
92
caratterizzato da una più alta efficienza del processo di raccolta e rivelazione (dei fo•
toni) che nel nostro esperimento era del 5 %.”.
Nel 2010 Zeilinger et al. hanno effettuato un esperimento , descritto nell’articolo
“Violation of local realism with freedom of choice” [44], tra due delle Isole Canarie ,
La Palma e Tenerife , distanti 144 𝑘𝑚 .Come mostrato in figura 25 la sorgente di fo-
toni entangled era situata a La Palma . Per ciascuna coppia emessa un fotone era rivelato a La Palma e l’altro a Tenerife . Anche in questo esperimento venne utilizzato un
processo quantistico per generare la casualità ; vennero in tal modo “chiusi” il “locality loophole” e il “freedom of choice loophole”. Il test violava la disuguaglianza
CHSH di 16 deviazioni standard: si ottenne infatti il risultato : ∆𝑒𝑥𝑝 = 2.37 ± 0.02 .
Figura 25 . Disposizione geografica dell’apparato sperimentale impiegato da Zeilinger
nell’esperimento condotto nel 2010 tra le isole di La Palma e Tenerife . Siano , come al solito , Alice
e Bob i nostri due osservatori . La sorgente delle coppie di fotoni entangled è posta sull’isola di La
Palma . Un fotone è inviato ad Alice , che si trova in prossimità della sorgente . Un generatore
quantistico di numeri casuali (QRGN), situato a 𝟏. 𝟐 𝑲𝒎 dalla sorgente , invia bit casuali al polarizzatore di Alice per cambiarne l’orientazione , in modo casuale , durante “il volo dei fotoni”. L’altro
fotone , guidato da un telescopio trasmittente , è inviato a Bob che , situato sull’isola di Tenerife
con il suo polarizzatore dotato del relativo QRNG , dista 𝟏𝟒𝟒 𝑲𝒎 dalla sorgente.
•
Infine nel 2013 Zeilinger et al. effettuano un esperimento , descritto nell’articolo “Bell
violation using entangled photons without the fair-sampling assumption” [45], in cui
93
vennero rivelate il 75% delle coppie emesse violando di oltre 69 deviazioni standard
la disuguaglianza di Eberhard [46], chiudendo in tal modo , per la prima volta , il “fair
sampling loophole” . La disuguaglianza di Eberhard , derivata circa venti anni fa da
Philippe Eberhard , richiede infatti , per essere impiegata , che soltanto il 67% delle
coppie emesse vengano rivelate . Tuttavia per raggiungere una tale efficienza di rivelazione è stato necessario situare i due apparati di misura a distanza ravvicinata lasciando aperti in tal modo il “locality loophole” e il “freedom of choice loophole”.
Scrivono infatti gli autori al termine dell’articolo : “Per giungere a realizzare un loophole-free Bell test sarà necessario introdurre una separazione space-like al fine di
evitare qualsiasi reciproca influenza tra i rivelatori , le scelte delle osservabili da misurare e gli eventi di emissione dei fotoni . Ciò richiederà generatori rapidi di numeri
casuali , un’ottima sincronizzazione temporale (degli eventi) e un guadagno in efficienza (dei rivelatori) per compensare le perdite (di efficienza) causate
dall’aumentata distanza (tra i rivelatori) . Non riteniamo che ciò sia irrealizzabile.”.
94
Conclusioni
Le violazioni sperimentali delle disuguaglianze di Bell dimostrano che, nonostante tutti gli
sforzi di Einstein, la visione del mondo realista e locale che ha caratterizzato la scienza fino ai
primi anni del XX secolo non può essere più mantenuta. L’esame dei risultati dei fondamentali esperimenti di Aspect, Wheis e Zeilinger, peraltro in perfetto accordo con le previsioni della Meccanica Quantistica, la cui validità dunque, a scapito dei suoi detrattori, ha subito impressionanti conferme, ha di fatto smentito l’esistenza di teorie a variabili nascoste locali.
Questo significa che in una qualunque teoria fisica, alla luce delle conoscenze attuali, almeno
uno tra il principio di realtà e il principio di località deve cadere. Dunque il prezzo da pagare
per il completamento della Meccanica Quantistica è l’accettazione della non località. Del resto lo stesso Bell al termine del suo fondamentale lavoro del 1964 [23] afferma:
“In una teoria in cui per determinare i risultati di singole misure vengano aggiunti nuovi parametri alla meccanica quantistica, senza cambiare le predizioni statistiche, deve essere presente un meccanismo mediante il quale la preparazione di uno strumento di misura possa influenzare la lettura di un altro strumento, per quanto lontano”.
Osserviamo a questo punto come, tanto i lavori teorici di Bell che gli esperimenti presentati e
discussi in questa tesi, non permettano di concludere alcunché circa le teorie a variabili nascoste non locali. Una Meccanica Quantistica realistica e non locale con variabili nascoste fu in
effetti sviluppata nei primi anni cinquanta dal fisico David Bohm; è la cosiddetta “Interpretazione causale della Meccanica Quantistica” o più semplicemente meccanica bohmiana, che
fornisce previsioni probabilistiche identiche a quelle fornite dalla Meccanica Quantistica; in
questo senso la meccanica bohmiana, che presenta una dinamica realistica e deterministica,
non è stata fino ad oggi contraddetta essendo, come la Meccanica Quantistica, completamente
in accordo con gli esiti degli esperimenti. Fu anche grazie al lavoro di Bohm del 1952 che
Bell derivò la sua disuguaglianza; come riporta Ghirardi [28], nel 1963, durante un suo congedo dal CERN negli USA, Bell cogliendo il carattere fondamentalmente non locale della teoria di Bohm si domandò se la non località fosse un elemento accidentale legato allo specifico
modello di Bohm oppure avesse un significato più profondo. Non riuscendo ad elaborare un
95
modello locale “alla Bohm”, cioè deterministico e in accordo con le previsioni quantomeccaniche, Bell si chiese se fosse stato possibile dimostrare, in linea del tutto generale,
l’impossibilità , per un qualsiasi schema locale, di render conto delle correlazioni quantistiche
giungendo in tal modo alla derivazione della sua famosa disuguaglianza del 1964 .
Tuttavia la meccanica bohmiana, classificata da Pauli, Rosenfeld e Heisenberg come metafisica , e verso cui lo stesso Einstein non mancò di esprimere le sue riserve, viene ad oggi respinta dalla maggior parte dei fisici.
96
Appendice A
L’invarianza rotazionale dello stato di singoletto
ħ
Siano |𝒛, ±〉 gli autostati di 𝑺𝒛 di autovalori , in unità 2 , ±1 . Dimostriamo (seguendo anche
[47] ) che lo stato di singoletto,
|𝜒〉 =
1
√2
�|𝒛 +〉𝑒 |𝒛 −〉𝑝 − |𝒛 −〉𝑒 |𝒛 +〉𝑝 �
1)
è un invariante rotazionale , ovvero assume esattamente la stessa forma allorché è espresso in
� +〉 e |𝒏
� −〉 di una generica componente 𝑺 ∙ 𝒏
� dello spin:
termini della base di spinori |𝒏
|𝜒〉 =
1
√2
� −〉𝑒 |𝒏
� +〉𝑒 |𝒏
� −〉𝑝 − |𝒏
� +〉𝑝 )
(|𝒏
� con autovalore +1; dobbiamo quindi coA tal fine andiamo alla ricerca dell’autostato di 𝝈 ∙ 𝒏
� +〉 tale che:
struire |𝒏
� )|𝒏
� +〉 = |𝒏
� +〉
(𝝈 ∙ 𝒏
Per semplicità di notazione , da questo punto in poi, indicheremo |𝒛� +〉 e |𝒛� −〉 rispettivamen-
te con | +〉 e | −〉.
� , 𝜑) l’operatore di rotazione di un certo angolo 𝜑 attorno al generico asse
Indichiamo con 𝐷(𝒂
�:
definito dal versore 𝒂
� , 𝜑) = 𝑒
𝐷(𝒂
�𝜑
−𝑖𝝈∙𝒂
2
𝜑
𝜑
� sin � �
= 𝟏 cos � � − 𝑖𝝈 ∙ 𝒂
2
2
Il versore �𝒏 sia caratterizzato dall’ angolo polare 𝛽 ad dall’angolo azimutale 𝛼 .
Il vettore di stato
� +〉 = �𝑛𝑥 , 𝑛𝑦 , 𝑛𝑧 � = (cos 𝛼 sin 𝛽 , sin 𝛼 sin 𝛽 , cos 𝛽)
|𝒏
1
si ottiene dunque, come mostrato in figura 26 , ruotando | +〉 = � � dapprima attorno all’asse
0
𝑦 di un angolo 𝛽 e susseguentemente di un angolo 𝛼 rispetto all’asse 𝑧.
97
�.
Figura 26 . Costruzione di un autospinore di 𝝈 ∙ 𝒏
Nel linguaggio degli spinori di Pauli questa sequenza di operazioni è equivalente ad applicare
1
�, 𝛽) a � � e successivamente 𝐷( 𝒛�, 𝛼) :
𝐷( 𝒚
0
1
� +〉 = 𝐷( 𝒛�, 𝛼)𝐷( 𝒚
�, 𝛽) � �
|𝒏
0
Otteniamo :
𝛼
𝛼
𝛽
𝛽
1
� +〉 = �𝟏cos � � − 𝑖𝝈𝒛 sin � �� �𝟏cos � � − 𝑖 𝝈𝒚 sin � �� � �
|𝒏
0
2
2
2
2
𝛼 −𝑖𝜶
cos � � 𝑒 2
2
�
𝛽 𝑖𝜶
sin � � 𝑒 2
2
𝛽 −𝑖𝜶
−sin � � 𝑒 2
1
2
�� �
𝑖𝜶
𝛽
0
cos � � 𝑒 2
2
� caratterizzata dagli angoli polare ad azimutale
Dunque lo stato con spin up nella direzione 𝒏
𝛽 𝑒𝑑 𝛼 rispettivamente è:
𝛽
� +〉 = cos � � 𝑒
|𝒏
2
che a meno di un fattore di fase diventa:
−𝑖𝜶
2
𝛽
𝑖𝜶
| +〉 + sin � 2 � 𝑒 2 | −〉 ,
𝛽
𝛽
� +〉 = cos � � | +〉 + 𝑒 𝑖𝜶 sin � � | −〉
|𝒏
2
2
2)
98
� −〉 , sostituendo nella 2)
Per quello con spin down, |𝒏
𝛽 →𝜋−𝛽𝑒𝛼 →𝜋+𝛼
otteniamo
𝛽
𝛽
� −〉 = sin � � 𝑒 −𝑖𝜶 | +〉 − cos � � | −〉
|𝒏
2
2
3)
Invertendo le relazioni 2) e 3) esprimiamo ora gli autostati della matrice di Pauli 𝝈𝒛 associata
�:
alla componente z dello spin in funzione degli autospinori di 𝝈 ∙ 𝒏
𝛽
𝛽
� +〉 + sin � � 𝑒 𝑖𝜶 |𝒏
� −〉
| +〉 = cos � � |𝒏
2
2
𝛽
𝛽
� +〉 − cos � � |𝒏
� −〉
| −〉 = sin � � 𝑒 −𝑖𝜶 |𝒏
2
2
Sostituendo infine la 4) e la 5) nella 1) otteniamo:
|𝜒〉 =
1
√2
�|𝒛 +〉𝑒 |𝒛 −〉𝑝 − |𝒛 −〉𝑒 |𝒛 +〉𝑝 � =
1
√2
4)
5)
� +〉𝑒 |𝒏
� −〉𝑝 − |𝒏
� −〉𝑒 |𝒏
� +〉𝑝 )
(|𝒏
che dimostra la simmetria rotazionale dello stato di singoletto di spin.
99
Appendice B
Correlazioni Classiche per misure congiunte di spin
In questa appendice vogliamo determinare, seguendo il modello classico [22], un’ espressione
per la funzione di correlazione nel caso di misure congiunte di spin condotte su una coppia di
particelle entangled.
Consideriamo, come per il gedankenexperiment di Bohm, un sistema quantistico instabile elettricamente neutro con spin totale nullo il quale, decadendo, si frammenta in un elettrone e
in un positrone.
Come abbiamo visto per misure congiunte di spin la Meccanica Quantistica prevede delle correlazioni espresse come :
� � = −𝑐𝑜𝑠 𝒂𝒃
� = − cos𝜃 = − 𝒂
�
�, 𝒃
�∙𝒃
𝐸𝑀𝑄 �𝒂
1)
� avevamo indicato le orientazioni dei magneti degli apparecchi di Stern�e𝒃
dove con 𝒂
Gerlach con cui Alice e Bob effettuano le misure di spin rispettivamente sull’elettrone e sul
� . La Meccanica Quantistica spiega le correlazioni
�e𝒃
positrone e con 𝜃 l’angolo formato da 𝒂
osservate ricorrendo ad uno scambio di informazioni fra le due particelle che si dimostra essere non locale, in quanto le due particelle entangled presentano delle correlazioni indipendentemente dalla distanza che le separa.
Secondo le teorie realistiche e locali le correlazioni sono invece stabilite “alla fonte”; questo
significa che ciascuna particella, fin da quando viene emessa dalla sorgente, “sa” già come
dovrà reagire quando incontrerà un apparecchio di misura : il risultato 𝐴 di una misura
� per
� per l’elettrone ed il risultato 𝐵 della misura dell’osservabile 𝑺𝒑 ∙ 𝒃
dell’osservabile 𝑺𝒆 ∙ 𝒂
il positrone costituiscono infatti delle proprietà reali ed oggettive preesistenti alla misurazione; inoltre le misure effettuate sul positrone non dipendono da quelle effettuate sull’elettrone
in quanto si ritiene valido il principio di località. In questo quadro elettrone e positrone possiedono in ogni istante, fin dalla loro emissione, valori di spin ben determinati ed opposti.
�. Nel modello che
Si consideri una sfera unitaria avente un piano equatoriale ortogonale ad 𝒂
� è concorde con 𝒂
� (spin up), 𝐴 = −1 se 𝝈𝒆 ∙ 𝒂
� punta
consideriamo si avrà 𝐴 = +1 se 𝝈𝒆 ∙ 𝒂
100
� (spin down). Analogamente, un secondo
nell’emisfero opposto rispetto a quello indicato da 𝒂
� , determina le regioni dove 𝐵 = ±1. Tale piani equatoriali
piano equatoriale, ortogonale a 𝒃
suddividono dunque la sfera in quattro settori nei quali si alternano i segni del prodotto 𝐴 ∙ 𝐵 (
figura 27 ).
Figura 27 . La sfera è suddivisa in quattro settori nei quali si alternano i segni del prodotto
� sono ortogonali rispettivamente a due piani equatoriali
�e𝒃
𝑨 ∙ 𝑩. I vettori unitari 𝒂
della sfera.
Considerando che nella zona grigia , di estensione angolare 2𝜃 , 𝐴 ∙ 𝐵 = +1 e in quella bianca, di estensione angolare 2𝜋 − 2𝜃, 𝐴 ∙ 𝐵 = −1 si ha
� � = 〈𝐴 ∙ 𝐵〉𝐶𝐿 = �(+1)
�, 𝒃
𝐸𝐶𝐿 �𝒂
�
2𝜃
2(𝜋 − 𝜃)
2𝜃
2 𝒂𝒃
+ (−1)
�=
−1=
−1
2𝜋
2𝜋
𝜋
𝜋
2)
che esprime la correlazione classica che interviene in un’esperienza del tipo Stern-Gerlach sul
1
sistema di particelle di spin 2. Osserviamo come la 2) soddisfi le proprietà
�, 𝒂
�) = −1
𝐸𝐶𝐿 (𝒂
� � = 0 𝑠𝑒 𝒂
�=𝟎
�, 𝒃
�∙𝒃
𝐸𝐶𝐿 �𝒂
Confrontando i risultati ottenuti in 1) e in 2) ci accorgiamo, osservando la figura 28, che, in
questo modello, la correlazione quantistica è sempre più forte di quella classica eccetto nei casi in cui entrambi valgono 0 oppure ±1.
101
Figura 28 . Confronto , per una coppia di particelle di spin 𝟏⁄𝟐 , tra la correlazione quantistica , descritta dalla funzione “ − 𝒄𝒐𝒔 𝜽” , rappresentata dalla linea continua , e la correlazione classica , in
linea tratteggiata , in funzione dell’angolo 𝜽 .
Contrariamente a quello che ci si poteva aspettare, i fenomeni quantistici, nonostante
l’indeterminismo che li caratterizza, risultano dunque essere più “disciplinati” rispetto a quelli
descritti classicamente.
E’ interessante a questo punto verificare che una teoria locale, quale è la fisica classica, soddisfa le disuguaglianze di Bell; vogliamo dunque verificare se le previsioni per misure congiunte di spin, inquadrate in uno schema classico, rispettino o meno la disuguaglianza CHSH.
Per misure congiunte di spin il massimo conflitto tra Meccanica Quantistica e Realismo Locale si verifica effettuando le misurazioni nelle seguenti orientazioni degli apparati di misura:
per le quali si ha
′𝒃 = 𝒂
′ 𝒃′ = 𝜑 =
� = 𝒂�
�
𝒂𝒃
𝜋
3𝜋
�′ = 3𝜑 =
, 𝒂𝒃
4
4
�� − 𝐸𝑀𝑄 �𝒂
�� + 𝐸𝑀𝑄 �𝒂�′ , 𝒃�′ �� = �−
�, 𝒃
� , 𝒃�′ � + 𝐸𝑀𝑄 �𝒂�′ , 𝒃
�𝐸𝑀𝑄 �𝒂
√2 √2 √2 √2
−
−
− � = 2√2 ≥ 2
2
2
2
2
Utilizzando le correlazioni classiche per le medesime orientazioni si ha:
� � = 𝐸𝐶𝐿 �𝒂�′ , 𝒃
� � = 𝐸𝐶𝐿 �𝒂�′ , 𝒃�′ � =
�, 𝒃
𝐸𝐶𝐿 �𝒂
e dunque
2 𝜋
1
2 3𝜋
1
�, 𝒃�′ � = ∙
∙ − 1 = − , 𝐸𝐶𝐿 �𝒂
−1=
2
2
𝜋 4
𝜋 4
102
1 1 1 1
� � − 𝐸𝐶𝐿 �𝒂
� � + 𝐸𝐶𝐿 �𝒂�′ , 𝒃�′ �� = �− − − − � = 2 ≤ 2
�, 𝒃
�, 𝒃�′ � + 𝐸𝐶𝐿 �𝒂�′ , 𝒃
�𝐸𝐶𝐿 �𝒂
2 2 2 2
indipendentemente dal particolare valore di 𝜑.
La disuguaglianza CHSH è rispettata; è questa una conferma tangibile, quantitativa del carattere realistico e locale del modello adottato.
103
Appendice C
L’argomento di Hardy
La strada percorsa per giungere ad escludere ogni possibile completamento della Meccanica
Quantistica per mezzo di variabili nascoste locali è stata costellata, come testimoniano le pagine precedenti, da un intenso uso di disuguaglianze, dette di Bell anche se trovate da altri autori.
In questa appendice presentiamo l’argomento di Hardy, esposto da Lucien Hardy nell’articolo
“Nonlocality for two particles without inequalities for almost all entangled states" [24] e rielaborato in [25], che esclude dagli orizzonti della teoria quantistica ogni modello a variabili
nascoste locali senza il minimo accenno a qualsivoglia disuguaglianza .
Per giungere a mostrare come ogni ipotesi di realismo imposta alla teoria quantistica sia portatrice di contraddizioni logiche, Hardy considera un sistema bipartito costituito da due particelle di spin 1⁄2 descritto dalla stato |𝜓𝐻 〉 , detto stato di Hardy:
|𝜓𝐻 〉 = 𝑁(𝜃)[2𝑐𝑜𝑠𝜃|𝒛+, 𝒛 +〉 + (𝑐𝑜𝑠𝜃 + 𝑠𝑖𝑛𝜃)(|𝒛+, 𝒛 −〉 + |𝒛−, 𝒛 +〉) + 2𝑠𝑖𝑛𝜃 |𝒛−, 𝒛 −〉]
dove
|𝒛 +〉 e |𝒛 −〉
sono i due autostati della matrice di Pauli 𝝈𝒛 di autovalori rispettivamente +1 e −1, mentre
𝑁(𝜃) è la costante di normalizzazione,
𝑁(𝜃) =
con 𝜃 parametro arbitrario.
1
�2 ∙ (3 + 2𝑠𝑖𝑛𝜃 ∙ 𝑐𝑜𝑠𝜃)
Un semplice calcolo mostra che
⟨𝒛−, 𝒛 − |𝜓𝐻 ⟩ = 2 ∙ 𝑁(𝜃) ∙ 𝑠𝑖𝑛𝜃
⟨𝒙+, 𝒛 − |𝜓𝐻 ⟩ =
𝑁(𝜃)
√2
∙ (3𝑠𝑖𝑛𝜃 + 𝑐𝑜𝑠𝜃)
104
⟨𝒛−, 𝒙 + |𝜓𝐻 ⟩ =
𝑁(𝜃)
√2
∙ (3𝑠𝑖𝑛𝜃 + 𝑐𝑜𝑠𝜃)
⟨𝒙−, 𝒙 − |𝜓𝐻 ⟩ = 0
dove
|𝒙 +〉 =
1
√2
(|𝒛 +〉 + |𝒛 −〉) 𝑒 |𝒙 −〉 =
sono i due autostati della matrice di Pauli 𝝈𝒙 .
In particolare, ponendo 𝜃 = −𝑎𝑟𝑐𝑡𝑎𝑛 1⁄3, si ottiene:
1
√2
(|𝒛 +〉 − |𝒛 −〉)
1
12
1)
|⟨𝒛−, 𝒙 + |𝜓𝐻 ⟩|2 = 0
3)
|⟨𝒛−, 𝒛 − |𝜓𝐻 ⟩|2 =
|⟨𝒙+, 𝒛 − |𝜓𝐻 ⟩|2 = 0
|⟨𝒙−, 𝒙 − |𝜓𝐻 ⟩|2 = 0
2)
4)
Le 1) − 4) rappresentano le probabilità che, a seguito di misure congiunte di spin effettuate
su un ensemble di coppie di particelle tutte identicamente preparate nello stato |𝜓𝐻 〉, lo stato
|𝜓𝐻 〉 collassi rispettivamente negli stati |𝒛−, 𝒛 −〉, |𝒙+, 𝒛 −〉, |𝒛−, 𝒙 +〉, |𝒙−, 𝒙 −〉 .
Come visto in precedenza, una teoria a variabili nascoste locali (che indichiamo qui con 𝜆 )
verifica il realismo locale ed è caratterizzata da una funzione di distribuzione dei parametri
nascosti 𝜌(𝜆) che deve riprodurre i risultati statistici della Meccanica Quantistica. Dunque, i
risultati quantistici 1) − 4) sono i risultati che, per un ensemble di coppie di particelle tutte
identicamente preparate nello stato |𝜓𝐻 〉, ogni teoria a variabili nascoste locali dovrà replicare.
Tuttavia occorre sottolineare che mentre il probabilismo quantistico , conseguenza
dell’indeterminismo, ha carattere epistemico, il probabilismo che caratterizza la teoria quantistica a seguito di un completamento per mezzo di variabili nascoste è di natura non epistemica
ed è imputabile unicamente all’ignoranza di quei parametri (detti non a caso nascosti) che,
una volta noti , priverebbero la teoria del suo carattere statistico.
105
Vogliamo adesso mostrare, considerando lo stato di Hardy e le proposizioni 1) − 4), che ogni ipotesi di realismo imposta alla teoria quantistica dà luogo a contraddizioni logiche.
Si supponga di avere una sorgente che emette coppie di particelle preparate nello stato |𝜓𝐻 〉 .
Le due particelle si propagano liberamente in direzioni opposte ( figura 29 ); una, che chia-
meremo A , verso un'osservatrice di nome Alice e l'altra, che chiameremo B, verso un osservatore di nome Bob.
Figura 29 . La sorgente EPR emette le due particelle A e B in direzioni opposte .
Alice e Bob effettuano misure simultanee di spin sulle due particelle per mezzo di magneti di
Stern-Gerlach.
Conduciamo l’analisi dell’esperimento supponendo valide le posizioni del realismo locale.
Ipotizziamo dunque la correttezza del realismo einsteiniano , consistente in generalissimi elementi di realtà riconoscibili grazie al criterio di realtà di EPR, e la validità dell’ipotesi di località.
Effettueremo le misure in condizioni di località : ciò significa che un qualsivoglia evento che
interessa la particella A non può influire in alcun modo sulla particella B.
La 2) ci dice che una misura della componente 𝑧 dello spin della particella B con risultato
𝝈𝒛 = −1 ci permette di predire con certezza , senza disturbare in alcun modo il sistema “par-
ticella A”, data la condizione di località imposta, il valore −1 per l’osservabile 𝝈𝒙 della parti-
cella A . Allora , in accordo con il criterio di realtà enunciato da EPR , 𝝈𝒙 = −1 è un elemen-
to di realtà fisica per la particella A.
Analogamente la 3) ci dice che una misura della componente 𝑧 dello spin della particella A
con risultato 𝝈𝒛 = −1 ci permette di predire con certezza , senza disturbare in alcun modo il
sistema “particella B”, data la condizione di località imposta, il valore −1 per l’osservabile 𝝈𝒙
106
della particella B . Allora , per il criterio di realtà enunciato da EPR , 𝝈𝒙 = −1 è un elemento
di realtà fisica per la particella B.
Prendiamo ora in considerazione quel dodicesimo di casi , previsti dalla 1) , in cui le due particelle hanno entrambe 𝝈𝒛 = −1. Le considerazioni appena svolte ci dicono allora che
𝝈𝒙 = −1 costituisce per entrambe le particelle un elemento di realtà fisica. In altri termini , in
quel dodicesimo di casi previsto dalla 1) si deve avere:
|⟨𝒙−, 𝒙 − |𝜓𝐻 ⟩|2 = 1
Ma questa conclusione è in contraddizione con la proprietà 4) ottenuta dal calcolo quantistico
e confermabile con l’esperimento secondo cui
|⟨𝒙−, 𝒙 − |𝜓𝐻 ⟩|2 = 0
In sintesi la nostra analisi ci ha portato a concludere che 𝝈𝒙 = −1 costituisce per entrambe le
particelle un elemento di realtà fisica ; e gli elementi di realtà preesistono alle misurazioni offrendoci quindi un quadro (un’informazione) sullo stato del sistema antecedente alle misure
stesse; tuttavia tale informazione , concernente elementi di realtà fisica , è , come abbiamo
avuto modo di osservare ,incoerente e contraddittoria.
Segue che un’interpretazione logicamente coerente dello stato di un sistema quantistico in
termini di elementi di realtà è impossibile.
In breve la teoria quantistica è sì predittiva ma non realistica e coerente allo stesso tempo. Realismo e coerenza logica sono mutuamente esclusive nel mondo quantistico.
107
Appendice D
Una disuguaglianza di Bell per spazi di Hilbert 3 ⊗ 3
La disuguaglianza di Bell del 1964 e la disuguaglianza CHSH riguardano spazi di Hilbert
2 ⊗ 2: si riferiscono cioè a due sottosistemi di dimensione 2; nei casi da noi studiati a coppie
di particelle entangled di spin 1⁄2. Vogliamo adesso ricavare, seguendo il lavoro di Xiao-
Hua Wu et al. ,“A new Bell inequality for two spin-1 particle system”[29], una disuguaglianza
di Bell per spazi di Hilbert 3 ⊗ 3 considerando due particelle di spin 1 nello stato entangled
di singoletto.
Mostreremo come le previsioni quantistiche per misure congiunte di spin, che andremo a determinare in una prima fase, non rispettino la suddetta disuguaglianza, che deriveremo in un
secondo momento seguendo le teorie probabilistiche a variabili nascoste locali.
A.D.1 Le previsioni della Meccanica Quantistica
Lo stato di singoletto per due particelle di spin 1 è :
|𝛹〉 =
1
√3
(|𝒛, 1〉|𝒛, −1〉 − |𝒛, 0〉|𝒛, 0〉 + |𝒛, −1〉|𝒛, 1〉)
1)
dove |𝒛, 𝑗〉 sono gli autovettori di 𝑆𝑧 , operatore di spin lungo l’asse 𝑧 , relativi agli autovalori
𝑗 = −1,0, +1.
Indichiamo con 𝑆(𝜃) l’operatore che descrive la componente dello spin lungo la direzione in-
dicata da 𝜃, dove 𝜃 è l’angolo formato dalla direzione considerata con l’asse positivo delle 𝑧.
Per semplicità considereremo soltanto direzioni appartenenti al piano 𝑥 − 𝑧 .
Vogliamo misurare simultaneamente la componente dello spin della particella 1 lungo la direzione indicata da 𝛼 e la componente dello spin della particella 2 lungo la direzione definita
da 𝛽 .
La relazione che lega gli autovettori |𝜽, 𝑖〉 di 𝑆(𝜃) agli autovettori |𝒛, 𝑗〉 di 𝑆𝑧 è :
108
1
|𝜽, 𝑖〉 = � 𝐷𝑖+2,𝑗+2 (𝜃)|𝒛, 𝑗〉
2)
𝑗=−1
con 𝑖, 𝑗 = −1,0, +1, dove |𝜽, 𝑖〉 è l’autovettore dell’operatore 𝑆(𝜃) relativo all’autovalore 𝑖 e
𝐷(𝜃) è la matrice di rotazione rispetto all’asse 𝑦 :
1 + cos 𝜃
2
⎛
sin 𝜃
𝐷(𝜃) = ⎜
⎜
⎜ √2
1 − cos 𝜃
2
⎝
sin 𝜃
√2
cos 𝜃
sin 𝜃
√2
1 − cos 𝜃
2
⎞
1 − cos 𝜃 ⎟
−
⎟
√2 ⎟
1 + cos 𝜃
2
⎠
Tenendo conto della 2) la 1), in termini degli autovettori di 𝑆(𝛼) e 𝑆(𝛽), diventa:
1
√3
��sin
𝛼−𝛽 2
1
𝛼−𝛽 2
� |𝜶, 1〉|𝜷, 1〉 −
sin(𝛼 − 𝛽)|𝜶, 1〉|𝜷, 0〉 + �cos
� |𝜶, 1〉|𝜷, −1〉
2
2
√2
+
1
√2
sin(𝛼 − 𝛽)|𝜶, 0〉|𝜷, 1〉 − cos(𝛼 − 𝛽) |𝜶, 0〉|𝜷, 0〉
𝛼−𝛽 2
−
sin(𝛼 − 𝛽) |𝜶, 0〉|𝜷, −1〉 + �cos
� |𝜶, −1〉|𝜷, 1〉
2
√2
+
1
1
√2
sin(𝛼 − 𝛽) |𝜶, −1〉|𝜷, 0〉
𝛼−𝛽 2
+ �sin
� |𝜶, −1〉|𝜷, −1〉�
2
3)
La probabilità , secondo la Meccanica Quantistica, di ottenere il risultato 𝑚1 lungo 𝛼 per la
particella 1 ed il risultato 𝑚2 lungo 𝛽 per la particella 2 con, 𝑚1 , 𝑚2 = −1,0, +1, è data da:
𝑃𝑚1 𝑚2 (𝛼, 𝛽) = |〈𝛹|(|𝜶, 𝑚1 〉|𝜷, 𝑚2 〉)|2
4)
Utilizzando la 4) possiamo ottenere le seguenti relazioni ,
𝑃1,1
1
𝛼−𝛽 4
= �sin
�
3
2
𝑃0,0 + 𝑃0,−1 + 𝑃−1,0 + 𝑃−1,−1 =
5)
1
𝛼−𝛽 4
�1 + �sin
� �
3
2
6)
109
che, come vedremo, ci permetteranno di giungere a dimostrare nuovamente, una volta ricavata
la disuguaglianza di Bell per spazi di Hilbert 3 ⊗ 3, l’incompatibilità tra le teorie a variabili
nascoste locali e la Meccanica Quantistica .
A.D.2 Le previsioni del realismo locale
In una teoria probabilistica a variabili nascoste locali 𝜆 ha il compito di determinare almeno la
probabilità degli esiti di una qualsiasi misura .
Indichiamo quindi con 𝑝𝑚1 (𝛼, 𝜆) la probabilità, predetta dal realismo locale, di ottenere il ri-
sultato 𝑚1 lungo 𝛼 per la particella 1 e con 𝑞𝑚2 (𝛽, 𝜆) la probabilità di ottenere il risultato 𝑚2
lungo 𝛽 per la particella 2 .
Valgono le seguenti relazioni:
0 ≤ 𝑝1 (𝛼, 𝜆) + 𝑝0 (𝛼, 𝜆) + 𝑝−1 (𝛼, 𝜆) ≤ 1
0 ≤ 𝑞1 (𝛽, 𝜆) + 𝑞0 (𝛽, 𝜆) + 𝑞−1 (𝛽, 𝜆) ≤ 1
7)
8)
Come già scritto a proposito della disuguaglianza CH74 spiegare localmente le correlazioni
tra le due particelle equivale, nel linguaggio della probabilità, a poter fattorizzare la probabilità di rivelamento congiunto 𝑃𝑚1 ,𝑚2 (𝜆, 𝛼, 𝛽) nel prodotto dei due fattori indipendenti 𝑝𝑚1 (𝛼, 𝜆)
e 𝑞𝑚2 (𝛽, 𝜆) :
𝑃𝑚1 ,𝑚2 (𝜆, 𝛼, 𝛽) = 𝑝𝑚1 (𝛼, 𝜆)𝑞𝑚2 (𝛽, 𝜆)
Mediando la 9) sull’insieme 𝛤 dei parametri 𝜆 si ottiene :
9)
� 𝑃𝑚1 ,𝑚2 (𝜆, 𝛼, 𝛽) 𝜌(𝜆)𝑑𝜆 = � 𝑝𝑚1 (𝛼, 𝜆)𝑞𝑚2 (𝛽, 𝜆)𝜌(𝜆)𝑑𝜆 = 𝑃𝑚1 ,𝑚2 (𝛼, 𝛽)
𝛤
𝛤
Torniamo adesso ad enunciare il “teorema CH”, che abbiamo incontrato per ricavare la disuguaglianza CH74 :
Se i sei numeri reali 𝑥, 𝑥 ′ , 𝑦, 𝑦 ′ , 𝑋 𝑒 𝑌 soddisfano le seguenti relazioni
0 ≤ 𝑥, 𝑥 ′ ≤ 𝑋,
110
0 ≤ 𝑦, 𝑦 ′ ≤ 𝑌,
allora la funzione
𝑈 = 𝑥 ∙ 𝑦 − 𝑥 ∙ 𝑦′ + 𝑥′ ∙ 𝑦 + 𝑥′ ∙ 𝑦′ − 𝑌 ∙ 𝑥′ − 𝑋 ∙ 𝑦
verifica le disuguaglianze
−𝑋𝑌 ≤ 𝑈 ≤ 0
Dette 𝛼 ′ e 𝛽 ′ nuove orientazioni lungo cui effettuare le misure di spin rispettivamente sulle
particelle 1 e 2, ponendo
𝑥 = 𝑝1 (𝛼, 𝜆) , 𝑥 ′ = 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) , 𝑦 = 𝑞1 (𝛽, 𝜆) , 𝑦 ′ = 𝑞1 (𝛽 ′ , 𝜆)
per 𝑋 = 𝑌 = 1 ( è 0 ≤ 𝑝𝑚1 (𝛼, 𝜆), 𝑞𝑚2 (𝛽, 𝜆) ≤ 1) possiamo scrivere:
−1 ≤ 𝑝1 (𝛼, 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽, 𝜆) − 𝑝1 (𝛼, 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽 ′ , 𝜆) + 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽, 𝜆) + 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽 ′ , 𝜆)
− 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) − 𝑞1 (𝛽, 𝜆) ≤ 0
da cui, essendo 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ≤ 1, 𝑞1 (𝛽, 𝜆) ≤ 1, si ottiene la seguente disuguaglianza:
𝑝1 (𝛼, 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽, 𝜆) − 𝑝1 (𝛼, 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽′ , 𝜆) + 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽, 𝜆) + 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽 ′ , 𝜆) ≤ 2
Dalle relazioni 7) ed 8) scritte per 𝛼 ′ e 𝛽,
10)
𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ≤ 1 − 𝑝0 (𝛼 ′ , 𝜆) − 𝑝−1 (𝛼 ′ , 𝜆)
si ha
𝑞1 (𝛽, 𝜆) ≤ 1 − 𝑞0 (𝛽, 𝜆) − 𝑞−1 (𝛽, 𝜆)
𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽, 𝜆) ≤ �1 − 𝑝0 (𝛼 ′ , 𝜆) − 𝑝−1 (𝛼 ′ , 𝜆)� ∙ �1 − 𝑞0 (𝛽, 𝜆) − 𝑞−1 (𝛽, 𝜆)�
≤ 1 + �𝑝0 (𝛼 ′ , 𝜆) + 𝑝−1 (𝛼 ′ , 𝜆)� ∙ �𝑞0 (𝛽, 𝜆) + 𝑞−1 (𝛽, 𝜆)�
Considerando la 10) e la 11) giungiamo alla disuguaglianza
11)
𝑝1 (𝛼, 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽, 𝜆) − 𝑝1 (𝛼, 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽 ′ , 𝜆) + 𝑝1 (𝛼 ′ , 𝜆) ∙ 𝑞1 (𝛽 ′ , 𝜆)
+ �𝑝0 (𝛼 ′ , 𝜆) + 𝑝−1 (𝛼 ′ , 𝜆)� ∙ �𝑞0 (𝛽, 𝜆) + 𝑞−1 (𝛽, 𝜆)� ≤ 1
111
che integrata sull’insieme delle variabili nascoste 𝛤 diventa:
𝑆 = 𝑃1,1 (𝛼, 𝛽) − 𝑃1,1 (𝛼, 𝛽 ′ ) + 𝑃1,1 (𝛼 ′ , 𝛽 ′ ) + 𝑃0,0 (𝛼 ′ , 𝛽) + 𝑃0,−1 (𝛼 ′ , 𝛽) + 𝑃−1,0 (𝛼 ′ , 𝛽)
+ 𝑃−1,−1(𝛼 ′ , 𝛽) ≤ 1
12)
La 12) è una disuguaglianza di Bell per uno spazio di Hilbert 3 ⊗ 3 ed è dunque verificata da
tutte le teorie a variabili nascoste locali.
Possiamo adesso mostrare l’impossibilità di un completamento della Meccanica Quantistica
per mezzo di variabili nascoste locali : sostituendo le relazioni 5) e 6) nella 12) per
si ottiene la relazione
𝛼 = 0° , 𝛼 ′ = 2𝛽 , 𝛽 ′ = 3𝛽 , 𝛽 = 147.7°
che viola in modo evidente la 12).
𝑆 = 1.12 ≤ 1
112
Appendice E
Entanglement e violazione delle disuguaglianze di Bell
In questa appendice dimostreremo ( seguendo [35] ), per un sistema costituito da due particelle, l’equivalenza tra “gli stati quantistici che violano la disuguaglianza di Bell” e gli stati entangled.
La nostra dimostrazione si articolerà in due fasi : dimostreremo in un primo momento che gli
stati quantistici fattorizzabili soddisfano necessariamente le disuguaglianze di Bell; in un secondo che ogni stato entangled può sempre portare, una volte scelta un’ opportuna coppia di
osservabili da misurare (che , come dimostreremo, è sempre possibile trovare ), ad una violazione delle disuguaglianze di Bell .
A.E.1 La disuguaglianza di Bell e i vettori di stato fattorizzabili
Mostriamo come primo passo della nostra dimostrazione che una miscela di vettori di stato
fattorizzabili soddisfa sempre le disuguaglianze di Bell
Consideriamo un ensemble E di 𝑁 coppie di particelle (𝛼, 𝛽) descritte per una percentuale pari a 𝑛𝑘 /𝑁 dal vettore di stato fattorizzabile |𝛹𝑘 〉|𝛷𝑘 〉 così che nell’ensemble E si abbiano
𝑛1 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 |𝛹1 〉|𝛷1 〉
𝑛2 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 |𝛹2 〉|𝛷2 〉
1)
.
.
𝑛𝑘 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 |𝛹𝑘 〉|𝛷𝑘 〉
.
dove |𝛹𝑘 〉 descrive lo stato di 𝛼 e |𝛷𝑘 〉 quello di 𝛽, con ∑𝑘 𝑛𝑘 = 𝑁.
Supponiamo che 𝒜 e ϐ ,osservabili dicotomiche da misurare rispettivamente su 𝛼 e 𝛽, siano
descritte rispettivamente dagli operatori 𝐴(𝑎) e 𝐵(𝑏), cosicché l’operatore associato a misure
113
congiunte di 𝒜 e ϐ risulti 𝐴(𝑎) ⊗ 𝐵(𝑏). Allora la funzione di correlazione prevista dalla
Meccanica Quantistica è data dalla media del precedente operatore sulla miscela 1):
𝐸(𝑎, 𝑏) = � 𝑝𝑘 ⟨𝛷𝑘 𝛹𝑘 |𝐴(𝑎) ⊗ 𝐵(𝑏)|𝛹𝑘 𝛷𝑘 ⟩ = � 𝑝𝑘 ⟨𝛹𝑘 |𝐴(𝑎)|𝛹𝑘 ⟩⟨𝛷𝑘 |𝐵(𝑏)|𝛷𝑘 ⟩
𝑘
𝑘
con 𝑝𝑘 = 𝑛𝑘 /𝑁 , ∑𝑘 𝑝𝑘 = 1 .
Le quattro funzioni di correlazione che figurano nella disuguaglianza CHSH possono dunque
essere così scritte
𝐴�𝑘� �𝐵��𝑘�
𝐸(𝑎, 𝑏) = � 𝑝𝑘 ��
𝑘
2)
𝐸(𝑎, 𝑏 ′ ) = � 𝑝𝑘 �𝐴��𝑘� �𝐵��𝑘�′
𝑘
𝐸(𝑎′ , 𝑏) = � 𝑝𝑘 �𝐴��′𝑘� �𝐵��𝑘�
𝑘
𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ ) = � 𝑝𝑘 �𝐴��′𝑘� �𝐵��𝑘�′
𝑘
con
��
𝐴��𝑘 = ⟨𝛹𝑘 |𝐴(𝑎)|𝛹𝑘 ⟩ , ����
𝐴′𝑘 = ⟨𝛹𝑘 |𝐴(𝑎′ )|𝛹𝑘 ⟩ 𝑒 �𝐵��𝑘� = ⟨𝛷𝑘 |𝐵(𝑏)|𝛷𝑘 ⟩ , �𝐵��𝑘�′ = ⟨𝛷𝑘 |𝐵(𝑏 ′ )|𝛷𝑘 ⟩ 3)
Essendo le 3) valori di aspettazione di osservabili con autovalori ±1 (abbiamo scelto osservabili dicotomiche) si ha, per ogni 𝑘:
����′ � ≤ 1 ;
���𝑘�| ≤ 1 ; �𝐴
|𝐴
𝑘
����′ � ≤ 1 .
���𝑘�| ≤ 1 ; �𝐵
|𝐵
𝑘
4)
Le funzioni di correlazione trovate al punto 2) verificano la seguente disuguaglianza:
���𝑘� �𝐵��𝑘� − �𝐴��𝑘��𝐵��𝑘�′ + ����
|𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )| = � 𝑝𝑘 � 𝐴
𝐴′𝑘 �𝐵��𝑘� + ����
𝐴′𝑘 �𝐵��𝑘�′ � ≤
𝑘
���′��𝐵��𝑘� + �𝐴��′��𝐵���′ �� = � 𝑝𝑘 (|𝐵𝑘 − 𝐵𝑘′ | + |𝐵𝑘 + 𝐵𝑘′ |) ≤ 2
����𝑘 �𝐵��𝑘� − ��
≤ � 𝑝𝑘 ��𝐴
𝐴�𝑘��𝐵��𝑘�′ � + �𝐴
𝑘
𝑘 𝑘
𝑘
𝑘
114
avendo sfruttato nell’ultima minorazione la proprietà secondo cui due numeri reali 𝑥 e 𝑦 tali
che |𝑥| ≤ 1 e |𝑦| ≤ 1, quali sono per la 4) 𝐵𝑘 e 𝐵𝑘′ , soddisfano la relazione
|𝑥 − 𝑦| + |𝑥 + 𝑦| ≤ 2
Dunque una miscela di vettori di stato fattorizzabili soddisfa la seguente disuguaglianza,
|𝐸(𝑎, 𝑏) − 𝐸(𝑎, 𝑏 ′ ) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏) + 𝐸(𝑎′ , 𝑏 ′ )| ≤ 2
che è proprio la disuguaglianza CHSH.
A.E.2 La disuguaglianza di Bell e i vettori di stato entangled
Come secondo passo della nostra dimostrazione mostriamo come per uno stato quantistico entangled sia sempre possibile scegliere delle osservabili in modo tale che la disuguaglianza di
Bell risulti violata dalle predizioni quantomeccaniche.
Per la decomposizione di Schmidt per ogni vettore si stato |𝜂〉 ∈ 𝐻𝐴 ⊗ 𝐻𝐵 , descrivente ad e-
sempio due particelle entangled 𝐴 e 𝐵 , con 𝐻𝐴 e 𝐻𝐵 spazi di Hilbert associati rispettivamente
ad 𝐴 e 𝐵, è sempre possibile trovare le basi ortonormali {|𝜈1 〉, … , |𝜈𝑛 〉} ∈ 𝐻𝐴 e
{|𝛾1 〉, … , |𝛾𝑚 〉} ∈ 𝐻𝐵 in modo tale da poter scrivere |𝜂〉 come ( assumendo 𝑛 ≥ 𝑚 ):
𝑚
|𝜂〉 = � �𝜌𝑖 |𝜈𝑖 〉|𝛾𝑖 〉
essendo le 𝜌𝑖 quantità reali non negative.
1)
𝑖=1
Al fine di mostrare che è sempre possibile trovare delle osservabili in modo tale che la disuguaglianza di Bell risulti violata per ogni stato del tipo 1), consideriamo coppie di osservabili
dicotomiche (con autovalori ±1) non commutanti: 𝐷𝐴 , 𝐷𝐴′ per 𝐴 e 𝐷𝐵 , 𝐷𝐵′ per 𝐵 così definite:
essendo
𝐷𝐴 = 2𝑃𝐴 − 1 , 𝐷𝐴′ = 2𝑃𝐴′ − 1
𝐷𝐵 = 2𝑃𝐵 − 1 , 𝐷𝐵′ = 2𝑃𝐵′ − 1
𝑃𝐴 = |𝜈1 〉〈𝜈1 |
𝑃𝐵 = |𝛾1 〉〈𝛾1|
2)
3)
115
𝑃𝐴′ = [𝛼1 |𝜈1 〉 + 𝛼2 |𝜈2 〉][𝛼1∗ 〈𝜈1 | + 𝛼2∗ 〈𝜈2 |]
𝑃𝐵′ = [𝛽1 |𝛾1 〉 + 𝛽2 |𝛾2 〉][𝛽1∗ 〈𝛾1 | + 𝛽2∗ 〈𝛾2 |]
operatori di proiezione con |𝛼1 |2 + |𝛼2 |2 = 1 = |𝛽1 |2 + |𝛽2 |2.
𝐷𝐴 , 𝐷𝐴′ ,𝐷𝐵 , 𝐷𝐵′ sono per costruzione dei riflettori e possiedono quindi come autovalori ±1.
Per semplicità le osservabili considerate sono state scelte definite su un sottospazio bidimensionale dello spazio di Hilbert contenente |𝜂〉.
Poiché nella 1), per definizione di stato entangled , vi devono essere almeno due coefficienti
diversi da zero, possiamo supporre 𝜌1 e 𝜌2 diversi da zero senza perdere affatto in generalità.
Partendo dalle equazioni, 1), 2) e 3) è possibile ottenere i seguenti risultati:
⟨𝜂|𝐷𝐴 ⊗ 𝐷𝐵 |𝜂⟩ = 1
⟨𝜂|𝐷𝐴′ ⊗ 𝐷𝐵 |𝜂⟩ = (1 − 𝛴) + 𝛴 ∙ ∆𝛼
4)
⟨𝜂|𝐷𝐴 ⊗ 𝐷𝐵′ |𝜂⟩ = (1 − 𝛴) + 𝛴 ∙ ∆𝛽
con
⟨𝜂|𝐷𝐴′ ⊗ 𝐷𝐵′ |𝜂⟩ = (1 − 𝛴) + 𝛴 ∙ ∆𝛼 ∙ ∆𝛽 + ��𝛴2 − ∆𝜌2 �(1 − ∆𝛼 2 )(1 − ∆𝛽 2 ) cos�𝜑𝛼 + 𝜑𝛽 �
𝛴 = 𝜌1 + 𝜌2 , ∆𝜌 = 𝜌1 − 𝜌2 , ∆𝛼 = |𝛼1 |2 − |𝛼2 |2 , ∆𝛽 = |𝛽1 |2 − |𝛽2 |2
e 𝜑𝛼 , 𝜑𝛽 fasi relative di 𝛼1 , 𝛼2 e di 𝛽1 , 𝛽2 rispettivamente.
5)
Inserendo le 4) nella disuguaglianza CHSH si ha:
−2 ≤ 〈𝐷𝐴 ⊗ 𝐷𝐵 〉 − 〈𝐷𝐴′ ⊗ 𝐷𝐵 〉 + 〈𝐷𝐴 ⊗ 𝐷𝐵′ 〉 + 〈𝐷𝐴′ ⊗ 𝐷𝐵′ 〉 ≤ 2
Una condizione che porta alla violazione della disuguaglianza CHSH è (tale condizione si ricava sostituendo le 4) nella disuguaglianza CHSH e negando la minorazione a due):
1 − (1 − 𝛴) − 𝛴 ∙ ∆𝛼 + (1 − 𝛴) + 𝛴 ∙ ∆𝛽 + (1 − 𝛴) + 𝛴 ∙ ∆𝛼 ∙ ∆𝛽 +
+�(𝛴 2 − ∆𝜌2 )(1 − ∆𝛼 2 )(1 − ∆𝛽 2 ) cos�𝜑𝛼 + 𝜑𝛽 � > 2
116
che , con un po’ di algebra diventa:
cos�𝜑𝛼 + 𝜑𝛽 � >
𝛴
∙
1 + ∆𝛼
∙
1 − ∆𝛽
6)
�(𝛴 2 − ∆𝜌2 ) �(1 − ∆𝛼 2 ) �(1 − ∆𝛽 2 )
Data l’arbitrarietà di 𝑃𝐴′ e 𝑃𝐵′ e quindi di 𝜑𝛼 e 𝜑𝛽 , possiamo scegliere 𝜑𝛼 e 𝜑𝛽 in modo tale
che risulti:
cos�𝜑𝛼 + 𝜑𝛽 � = 1
Tenendo presente la 7) ed elevando al quadrato la 6) otteniamo:
∆𝜌2
1 + ∆𝛼 1 − ∆𝛽
∙
1− 2 >
𝛴
1 − ∆𝛼 1 + ∆𝛽
7)
8)
Essendo 𝜌1 e 𝜌2 numeri reali positivi non nulli risulta , per la 5), ∆𝜌2 < 𝛴 2 e la condizione 8)
può essere facilmente soddisfatta scegliendo appropriatamente ∆𝛼 e ∆𝛽 negli intervalli:
−1 ≤ ∆𝛼 ≤ 1 , −1 ≤ ∆𝛽 ≤ 1
Ad esempio, se ∆𝜌2 = 0 la 8) è verificata assumendo −∆𝛼 = ∆𝛽 = 1⁄2 ; se risulta ∆𝜌2 ≠ 0,
ponendo ∆𝛼 = 0 e ∆𝛽 = ∆𝜌2 /𝛴 2 la 8) diventa
∆𝜌2 1 − ∆𝜌2 /𝛴 2
1− 2 >
𝛴
1 + ∆𝜌2 /𝛴 2
che è chiaramente sempre soddisfatta. E’ dunque sempre possibile verificare la 6) che ricor-
diamo essere una condizione che, se soddisfatta, porta alla violazione della disuguaglianza di
Bell.
I due risultati ottenuti ci permettono di affermare dunque che condizione necessaria e sufficiente affinché le disuguaglianze di Bell vengano violate è che le due particelle, prodotte da
una sorgente alla EPR, si trovino in uno stato entangled .
Lo stato entangled, con le sue implicazioni, affrontate nel capitolo secondo, costituisce infatti
la più radicale rottura con quelle idee classiche di realismo e località che sono alla base della
derivazione di qualsivoglia disuguaglianza di Bell .
117
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