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Ricominciamo dall`evangelizzazione

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Ricominciamo dall`evangelizzazione
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LaVita
30
Anno 117
dal 1897
G I O R N A L E
C A T T O L I C O
7 SETTEMBRE 2014
T O S C A N O
e1,10
1,10
e
Ricominciamo
dall’evangelizzazione
N
ell’ultima festività dei santi Pietro e
Paolo, la Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato i nuovi Orientamenti per l’annuncio e la catechesi
in Italia, dal titolo Incontriamo
Gesù. Non si tratta di una sostituzione, caso mai una conferma e un aggiornamento,
del Documento di base che, pubblicato nel 1970 ha
retto vittoriosamente al tempo e ha ispirato le diverse composizioni dei catechismi in uso nel nostro
paese per tutte le età della vita. Un ottimo documento, questo, che ha soltanto bisogno di essere
attentamente e continuamente riletto per poterlo
fedelmente applicare nel proprio servizio pastorale
di ministro ordinato, di insegnante, di catechista, di
cristiano. Un buon documento anche quello che è
stato pubblicato ora, a cinquanta anni dal concilio
Vaticano II e a quarantacinque dal documento di
base. La comunità cristiana vivente in Italia ne deve
prendere atto per farne propri gli insegnamenti
fondamentali contenuti nel testo, forse un po’ troppo analitico e per questo non sempre incisivo e di
facile lettura.
Ne rileviamo anzitutto l’ottima definizione della nuova evangelizzazione ripresa da un discorso
dell’ottobre 2013, rivolto da papa Francesco ai
responsabili centrali della nuova evangelizzazione. “La nuova evangelizzazione è un movimento
rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso
profondo della vita. Questo dinamismo fa parte
della grande missione di Cristo di portare la vita nel
mondo, l’amore del Padre all’umanità. Il Figlio di
Dio è ‘uscito’ dalla sua condizione divina ed è venuto incontro a noi. La chiesa è all’interno di questo
movimento, ogni cristiano è chiamato ad andare
incontro agli altri, a dialogare con quelli che non
la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra
fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché
tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine
e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a
tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza. Nessuno è escluso dalla speranza della
vita, dall’amore di Dio”.
La chiesa esiste per evangelizzare, ripete il documento, solo per questo. Una chiesa che non evangelizza non è una chiesa nel senso vero del termine.
La parola d’ordine di papa Francesco è quella di
“uscire”: uscire dal tempio, da se stessi, dalle proprie fila, dai propri raduni, dalle proprie comunità,
dai propri pensieri e dalle proprie preoccupazioni.
Un impegno di tutti, senza eccezioni di sorta, anche
se ognuno lo deve vivere nella sue forme proprie
e particolari. Naturalmente questo presuppone
chiarezza di idee, vita esemplare personale e comunitaria, capacità di dialogo e di comunicazione,
raccordo con la comunità di appartenenza. Non
tutti potranno essere specialisti in questo contatto con i lontani e gli assenti, con coloro che hanno
abbandonato, forse per colpa nostra, la chiesa di
cui facevano parte nel passato. Dobbiamo spingerci
senza false paure fino alle periferie estreme della
società, della vita, della fede. L’evangelizzazione, ci
dice il papa, è un “movimento”, un andare, un camminare, un mettersi accanto, come fece un giorno il
divin pellegrino con i due viandanti sulla strada di
Emmaus. Nessuna sosta è concessa, nessuna pausa,
Beato Angelico, Il discorso della montagna, Museo San Marco - Firenze
nessun rallentamento. Un impegno del singolo e, più
ancora, dell’intera comunità, la quale della fede,
che intende comunicare agli altri, vive quotidianamente nella gioia e nella speranza. Solo una comunità esemplarmente evangelica potrà richiamare
l’attenzione dell’uomo di oggi, che moltiplica la sua
insofferenza nei riguardi della chiesa e le obiezioni
di una società ormai profondamente laicizzata e secolarizzata. Se l’evangelizzazione ha sempre incontrato grandi difficoltà, queste oggi si sono fatte più
consistenti e più convinte. Dobbiamo ridirci continuamente, senza mai stancarci, che non esiste una
evangelizzazione a basso prezzo. I nostri fallimenti
del passato sono lì, sempre pronti a dimostrarcelo.
L’IMPEGNO
RESPONSABILE
DEL CATECHISTA
Da “Incontriamo Gesù”,
il documento della
Conferenza Episcopale
Italiana sull’annuncio e la
catechesi, abbiamo estratto
le indicazioni che riguardano
il ministero dei catechisti
Quattro densi capitoli dedicati dal documento
a questa urgenza, che ci sollecita e salutarmente ci
perseguita ormai da tempo. Un richiamo alla serietà
della vita, una sollecitazione per tutti a misurare
severamente le proprie responsabilità. Noi siamo la
generazione della nuova evangelizzazione. La storia
futura, la nostra coscienza, soprattutto colui che ci
ha mandato ci chiederanno conto del nostro operato. Tanto il risultato positivo quanto il fallimento
sono alle porte. Tutto dipende da noi, dalla nostra
volontà. L’indispensabile e preveniente grazia di Dio
(su questo non c’è il minimo dubbio) è già da sempre
sopra di noi.
Giordano Frosini
NO A CRISTIANI
ANNACQUATI
La denuncia di Papa
Francesco per la scarsa
fede di molti cristiani che
sembrano più acqua che vino
RICORDO
DI MONS.
PAGINA 2 SIMONE
SCATIZZI
A QUATTRO
ANNI
DALLA
MORTE
PAGINA 4
L’EUROPA CAMBIA
DIRIGENZA
Fra le nuove
figure di
spicco
emerge
il nostro
ministro
degli esteri,
Federica Mogherini
PAGINA 13
VENTI DI GUERRA
pagina 7
In Ucraina e in Irak
continuano gli scontri con
molti morti e feriti, la tregua
in Palestina lascia però bene
sperare
PAGINA 15
2
primo piano
n. 30 7 Settembre 2014
CEI: ORIENTAMENTI PER L’ANNUNCIO
E LA CATECHESI IN ITALIA
Il catechista,
un credente
autentico
Dal Concilio Vaticano II i contributi volti a specificare il ministero
ecclesiale del catechista sono stati
molteplici: il Direttorio generale
per la catechesi afferma che egli «è
intrinsecamente un mediatore che
facilita la comunicazione tra le persone e il mistero di Dio e dei soggetti
tra loro e con la comunità». La nota
dell’Ucn, La Formazione dei catechisti per l’Iniziazione cristiana dei
fanciulli e dei ragazzi (2006) afferma
che è «una persona trasformata dalla
fede che, per questo, rende ragione
della propria speranza instaurando
con coloro che iniziano il cammino
un rapporto di maternità/paternità
nella fede dentro un’esperienza
comune di fraternità».
In generale, il catechista è un
credente che si colloca dentro il
progetto amorevole di Dio e si
rende disponibile a seguirlo; come
testimone di fede, egli:
- vive la risposta alla chiamata
dentro una comunità, con la quale è
unito in modo vitale, che lo convoca
e lo invia ad annunciare l’amore di
Dio;
- è capace di un’identità relazionale, in grado di realizzare sinergie
con gli altri agenti dell’educazione;
- svolge il compito specifico di
promuovere itinerari organici e progressivi per favorire la maturazione
globale della fede in un determinato
gruppo di interlocutori;
- con una certa competenza pastorale, elabora, verifica e confronta
costantemente la sua azione educativa nel gruppo dei catechisti e con
i presbiteri della comunità;
- armonizza i linguaggi della
fede -narrativo, biblico, teologico,
simbolico-liturgico, simbolico-esperienziale, estetico, argomentativoper impostare un’azione catechistica
che tenga conto del soggetto nella
integralità della sua capacità di apprendimento e di comunicazione;
- si pone in ascolto degli stimoli
e delle provocazioni che provengono
dall’ambiente culturale in cui si trova
a vivere.
Uomo e donna
della memoria
Il catechista è persona della
memoria e della sintesi: dottrina e
vita, annuncio e dialogo, accoglienza
e testimonianza di fede trovano in
lui una vera esperienza di carità:
«Chi è il catechista? È colui che
custodisce e alimenta la memoria di
Dio; la custodisce in se stesso e la
sa risvegliare negli altri. (...) La fede
contiene proprio la memoria della
storia di Dio con noi, la memoria
dell’incontro con Dio che si muove
per primo, che crea e salva, che ci
trasforma; la fede è memoria della
sua Parola che scalda il cuore, delle
sue azioni di salvezza con cui ci dona
vita, ci purifica, ci cura, ci nutre. Il
catechista è proprio un cristiano che
mette questa memoria al servizio
dell’annuncio; non per farsi vedere,
non per parlare di sé, ma per parlare
di Dio, del suo amore, della sua fedeltà. Parlare e trasmettere tutto quello
che Dio ha rivelato, cioè la dottrina
nella sua totalità, senza tagliare né
aggiungere. (...) Il catechista allora è
un cristiano che porta in sé la me-
Vita
La
Il difficile
ministero
del catechista
moria di Dio, si lascia guidare dalla
memoria di Dio in tutta la sua vita, e
la sa risvegliare nel cuore degli altri».
In tal senso il catechista è colui e colei
che aiuta la persona a discernere e ad
accogliere la propria vocazione come
progetto di vita.
Maria
nella Visitazione
Maria, appena ricevuto l’annuncio
dall’angelo si mette in cammino verso
Elisabetta per comunicare il dono di
Dio che porta in grembo. Il dialogo
con la cugina avviene nel segno della
gioia del riconoscimento che «grandi cose ha fatto il Signore». L’una
e l’altra si istruiscono circa il dono
che Dio ha operato in loro e -tramite loro- all’umanità.Tale dovrebbe
essere il tono che accompagna ogni
comunicazione della fede: l’evangelizzatore-catechista, analogamente a
Maria, canta il proprio «Magnificat»,
vedendo realizzarsi giorno per giorno
il progetto di Dio in quanti è chiamato ad accompagnare: «Lei ha sentito
qualcosa e “se ne andò in fretta”. È
bello pensare questo della Madonna,
della nostra Madre, che va in fretta,
perché ha questo dentro: aiutare. (...)
È andata ad aiutare! E la Madonna è
sempre così. È la nostra Madre, che
sempre viene in fretta quando noi
abbiamo bisogno».
La
ministerialità
dei catechisti
Testimoni, educatori,
accompagnatori
Nell’insieme dei termini che concorrono a individuare la fisionomia
del catechista nella realtà italiana
attuale, sembrano avere un maggiore
consenso quelli di accompagnatore e
di educatore. C’è tuttavia una pluralità di situazioni e di mansioni per chi è
chiamato a svolgere questo servizio
nel contesto della nuova evangelizzazione. Da ciò consegue che le
sue competenze quale testimone,
maestro ed educatore -così come
sono state delineate, per esempio,
nei documenti dell’Ucn che trattano
della sua formazione- vanno ampliate
includendo quelle oggi richieste nel
contesto inedito della nuova evangelizzazione.
La conoscenza della dottrina, un
cammino autentico di spiritualità e
la fedeltà ecclesiale sono qualità essenziali, eppure da sole non bastano
per delineare l’identità dei catechisti:
essi necessitano di vera esperienza
missionaria per saper incontrare
tante situazioni e illuminare con una
parola di fede e di piena maturità
umana, condizioni che permettono
di gestire ogni relazione con equilibrio e saggezza. Sinteticamente
si può dire che, nell’ambito di una
Chiesa che si fa compagna di viaggio
dei contemporanei, il catechista e la
catechista evangelizzano narrando
la propria esperienza nella fede della
comunità ecclesiale. Essi favoriscono
l’apertura del cuore alla Parola di
Dio, ne stimolano l’apprendimento,
ne accompagnano l’interiorizzazione,
ne mediano la personalizzazione,
sostengono e accompagnano la maturazione della risposta di fede. In tale
senso i catechisti sono evangelizzatori, perché chiamati ad annunciare la
Parola che li plasma, e sono educatori
perché il loro ministero si declina
nell’accompagnare l’interiorizzazione
della parola annunciata, nella vita dei
soggetti. Per questo ha un rilievo
nodale la formazione pastorale nella
chiesa e in specie a livello di annuncio
e catechesi: alla formazione vanno riservate le migliori energie in termini
di dedizione, competenze e risorse.
Scelti
con discernimento
I catechisti non si dispongono
da soli al servizio del vangelo, ma
rispondono liberamente a una vocazione, i cui elementi specifici sono:
una consapevole decisione per Gesù
Cristo, da consolidare in un cammino
di fede permanente; l’appartenenza
responsabile alla chiesa, in spirito
di comunione e di complementarità
con gli altri ministeri; la capacità di
favorire la progressiva integrazione
tra la fede e la vita dei catechizzandi.
Viene così sottolineata la delicatezza della scelta delle persone per
questo ruolo. Del resto, anche se
ogni «cristiano è, per sua natura, un
catechista» (Db, n. 183), l’esercizio
del servizio catechistico è una voca-
zione cui non ci si può mai sentire
del tutto adeguati; si tratta, piuttosto,
di un dono che richiede di essere
coltivato con responsabilità spirituale
e pastorale.
Un discernimento in ordine a
tale chiamata e al tipo di servizio
all’evangelizzazione, è pertanto
indispensabile: questo compito, ordinariamente, è affidato ai presbiteri,
che insieme alla comunità sono chi
amati a «riconoscere e promuovere
nei fedeli i doni dello spirito anche in
riferimento al servizio della parola». I
parroci e i loro collaboratori dovranno suscitare disponibilità a servizio
dell’annuncio e della catechesi da
parte di coppie di sposi, laici e laiche
adulti e giovani, e proponendo loro
anzitutto una valida e integrale formazione cristiana di base.
Sempre ai responsabili delle
comunità parrocchiali e delle aggregazioni ecclesiali va riconosciuto il
compito di discernere sulla maturazione dei catechisti già all’opera e
sul proseguimento del loro ministero.
Quanti fra loro, per età avanzata
o per varie situazioni di vita, non
possono più svolgere il ministero,
possono comunque sostenere con
la preghiera e la cordialità umana le
attività di evangelizzazione in cui si
impegna la comunità.
Mandati
dal vescovo
Il servizio catechistico nasce da
una risposta libera ad una chiamata
vissuta all’interno della comunità
ecclesiale: «il catechista è consacrato
e inviato da Cristo» per mezzo della
chiesa. Nel dire il suo «sì», il catechista e la catechista aprono la vita a
una particolare esperienza di grazia
che vivifica e sostiene il loro servizio
educativo, radicato nella vocazione
all’annunzio universale della salvezza
ricevuta nel battesimo; infatti, «in
virtù del battesimo ricevuto, ogni
membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cf. Mt.
28,19). Ciascun battezzato, qualunque
sia la sua funzione nella Chiesa e il
grado di istruzione della sua fede, è
un soggetto attivo di evangelizzazione
e sarebbe inadeguato pensare ad uno
schema di evangelizzazione portato
avanti da attori qualificati in cui il
resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni».
La ministerialità del servizio catechistico, espressa dal mandato che
il vescovo conferisce ai catechisti,
apre al riconoscimento di una grazia
particolare, la quale sostiene il loro
servizio, come sottolinea lo stesso
rito di benedizione dei catechisti:
L’azione pastorale della chiesa ha
bisogno della cooperazione di molti,
perché le comunità e i singoli fedeli
possano giungere alla maturità della
fede e l’annunzino costantemente
con la celebrazione, con l’impegno
formativo e con la testimonianza
della vita.Tale cooperazione viene offerta da quanti si dedicano al servizio
della catechesi, sia nella prima iniziazione sia nella successiva istruzione
e formazione, condividendo con gli
altri ciò che essi stessi, illuminati
dalla parola di Dio e dal magistero
della chiesa, hanno imparato a vivere
e a celebrare. Per questi nostri cooperatori benediciamo ora il Signore,
implorando su di essi la luce e la
forza dello spirito Santo di cui hanno
bisogno per il compimento del loro
servizio ecclesiale.
Il mandato esprime dunque l’appartenenza responsabile del catechista alla propria comunità diocesana,
perché manifesta la sua corresponsabilità nella missione di annunciare il
vangelo e di educare e accompagnare
nella fede. Esso è anche il segno del
riconoscimento di questa specifica
vocazione e un titolo fecondo per il
coordinamento dell’azione educativa
in seno alla chiesa.
Si invitano pertanto le diocesi a
dare rilievo al mandato del vescovo
ai catechisti: non sia occasionale, ma per coloro che vengono segnalati dai
parroci e scelti dopo un prezioso tirocinio - si prevedano opportuni corsi di formazione e di aggiornamento
in vista di un costante e fruttuoso
impegno nella catechesi. Si intende
così raccomandare con più evidenza
alle comunità cristiane l’importanza
di scegliere bene le persone adatte
a svolgere tale ministero e di qualificarle adeguatamente, sia prima che
assumano tale incarico, sia mentre
svolgono tale servizio per l’edificazione della comunità ecclesiale.
Vita
La
7 Settembre 2014
cultura
n. 30
IL RACCONTO
Un’incantata
pena di giovinezza
P
rima di cominciare, nel
prendere carta e penna,
il vecchio, (in vena di
confidenze) formulò un
pensiero di gratitudine, tale e quale
l’antica invocazione alle muse:“grazie
alla lettera tua, amico Emilio, troverò
il modo di raccontare a mia volta di
un ragazzo cui il richiamare certi
ricordi faceva male, come di cose
carissime rimaste gelosamente in
una scatola chiusa: su i suoi anni
cinquanta, innamorati e desolati, gli
anni della sua nutriente incantata
pena di giovinezza.
Gli “anni cinquanta” appunto,
furono alacri per tutti. La gente portava addosso ancora, incisi, nel corpo
e nell’abito, (di un rattoppato e liso
“dopoguerra”) i tratti della miseria,
di dolori domestici, di umiliazioni
e sacrifici, del bisogno indefinito.
Mancava di tutto nel nuovo che si
preparava, ma a nostra depurazione
avemmo, dall’opulenza degli “americani”, il micidiale insetticida denominato “Ddt” che annientò anche
le domestiche mosche.
Il ragazzo aveva preso a lavorare
a Prato, ma dal suo andirivieni tra
casa e il lanificio avvertiva che altro
non ci avrebbe ricavato (oltre la paga
sindacale), se non l’apprendimento
dell’umanità, dal caleidoscopio della
compagine operaia, la tensione,
derivata dal cottimo tirato a “spola
cambiata al volo”, lo sradicamento e
la solitudine del pendolare col treno.
Forse questo piatto quotidiano
del giovane fu il pretesto alla bizzarria della sorte nel congegnargli
un altro dei suoi singolari artifici,
meglio sarebbe dire ghiribizzo, o
arbitrio: (”ma sant’iddio!, avrebbe
poi esclamato a cose compiute)
coll’imprevedibile mossa che, ad un
tiro di fionda dalla fabbrica dove il
ragazzo ogni giorno bazzicava, era
stato avviato un laboratorio per la
produzione di scatolame di latta
(non esistevano a quel tempo le
materie plastiche di G. Natta, la cui
bonanima non ha alcuna colpa del
degrado del mondo) per conto di
di Giorgio Cinotti
un imprenditore pratese, il quale per
procurarsi i tecnici capaci di attuare
quella produzione, era andato a cercarli, oltre Pistoia, a Campotizzoro,
perché di quei contenitori per colori
e altri suoi prodotti chimici aveva una
necessità da matti
I tecnici ingaggiati erano due
fratelli: l’uno M., dipendente della
Smi, espertissimo di macchine e della tecnologia dello stampaggio, che
avrebbe dato la sua assistenza, l’altro
G., un mediocre sul lavoro ma un
abile paroliere e navigato trafficone
che sapeva come filare a perfezione,
sia con donne che con gli uomini,
conquistandoli alla sua “causa”.
G. con la propria famigliola si
sarebbe trasferito a Prato ed avrebbe
gestito il macchinario e la produzione
del laboratorio. Quest’ultima perso-
na (della quale il ragazzo era del tutto
ignaro), neanche lontanamente poteva immaginare di andare a prepararsi
a Prato, un impatto imprevisto col
proprio figlio naturale, nel ragazzo di
cui il vecchio racconta. È ciò che avvenne, propiziato dai sussurri amicali
(c’è sempre qualcuno che sa tutto e
di più), ma in modo occulto e segreto,
in strada, studiando il soggetto, prima
che la fabbrichetta della latta venisse
trasferita in nuova sede a Firenze.
Da Firenze, però, (costà un tarlo
doveva aver lavorato assai) un giorno d’improvviso venne a Pistoia la
moglie di G. per trascinarsi dietro
il ragazzo dandogli a credere, ma
non era vero:”il tuo babbo ti vuole”;
e lui spaesato e frastornato dalla
nuova realtà, nella quale d’un colpo
si trovò immerso, cercò di orientarsi
a tutt’altro mondo del suo ristretto
circolo, adattandosi alla sua mutata
situazione, ospite “in prova” in quella
“famigliola”
Guardandosi attorno il ragazzo
cominciò a considerare, fra cento
altri motivi d’interesse e scoperte
(come innamorarsi di Firenze),le
diversissime filosofie dell’“essere”
fra M. e G., le quali, in separate
sfere d’azione, non avrebbero forse
conseguito effetti “più di tanto”, ma
affiancate e collaboranti, soprattutto
lubrificate col fiume di denaro del
magnate pratese, facevan faville.
Tant’è che l’officina che era stata
l’attrezzeria degli stampi di foggiatura della latta(che continuava alla
grande),cominciò a sfornare anche
macchine operatrici, ideate da M,
che poste in vendita andavano a ruba,
e venivano esposte con successo
ulteriore alla fiera Bimu di Milano, o
ad Hannover, dove lo stand intestato
a G. esponeva macchine non sue, a
suo nome e ragione, con efficace e
veritiero. Slogan: “sette operazioni
in una”.
E la testa bianca di nonno Penky,
(Capofficina a vita nella Smi di
Campotizzoro), nel frastuono del
vasto e cupo padiglione espositivo,
vestito a festa, composto nel suo
nuovo trenchcoat impeccabilmente
distinto, celebrava serioso una sua
grande personale apoteosi, senza
tanto domandarsi a chi più, tra M.
e G. attribuire degli esiti conseguiti
il merito.
Il ragazzo, col suo lavoricchio a
Prato, nella sua assoluta impreparazione anche scolastica, si scoprì
nudo allo splendere della virtù di
M., venuta ai suoi occhi per la prima
volta,quale persona schiva e semplice
dedita allo studio e lavoro,aliena di
ogni contrasto e lucro, cedevole,
sempre in fiuto di innovazione e
semplificazione. Ne rimase conquistato e sorpreso nel considerare che
M. era in sostanza un autodidatta,
senza altro bagaglio d’istruzione se
non un modesto corso aziendale;
scelse subito la sua realtà: logorata,
meritata e sensibile, l’assunse a
suo riferimento ideale, l’avrebbe
inseguita con volontà e speranza
saldate, pronto sì, a prove anonime
personali che avrebbe affrontato in
una religiosa connessione con la sua
povertà originaria.
Un giorno, di brutto, G. fece chiaro al ragazzo che di riconoscimento
di paternità, o di beni futuri, non si
aspettasse altro che niente; il ragazzo
incassò senza fiatare, ma dentro di sé
trasalì il massimo di disprezzo per la
persona: “E te, chi ti ha mai cercato?”
Poi, soltanto molto tempo dopo
seppe che suo padre, nel contempo,
l’aveva combinata grossa: il ragioniere
del socio finanziatore s’era accorto
dal conteggio delle spese comparate
dell’officina, che il numero di macchine ch’erano state effettivamente
costruite e vendute era il doppio di
quello dichiarato, insomma G. era
stato colto con la bocca e le dita
sporche del vasetto della marmellata.
Ne venne fuori un drastico rime-
3
scolamento delle carte della società
dello scatolame di latta, ma l’officina
di costruzioni meccaniche sarebbe
stata ricostituita con nuova ragione
sociale e capitale. Chiese allora il
ragazzo al babbo:“aiutami ad entrare
nell’alchimia della meccanica, farò di
tutto pur di riuscire”.
Gli rispose: “vieni in officina,
qui a Firenze”. Poi gli assegnò una
morsa al banco, con un gran pezzo
di ferro da limare, forse pensando:
“così ti passa”.
L’impegno gravoso che da qualche tempo reiterava, lo vedeva
stanco e depresso alla fermata solita
del bus sulla via Pistoiese, dove il
traffico a quell’ora intensificava ed
alcune delle macchine in transito
avevan già i fari accesi: dopo il turno
al lanificio, un veloce pasto in mensa
ferrovieri e il resto del giorno a dar
di lima; non era esattamente ciò che
avrebbe desiderato.
Il bus puntuale alla fermata, con
uno sbuffo d’aria compressa aprì le
portiere. Salì il ragazzo e s’approssimò al sedile, lasciandosi cadere all’indietro sospinto dall’inerzia che la
ripartenza del mezzo gli dava. Si mise
a guardare assorto attraverso i vetri
anteriori del veicolo e s’accorse d’un
tratto del gran rossore d’un vasto e
bel tramonto che gli si prospettava
all’orizzonte dell’aperta campagna, e
che si rifrangeva rosso oro sui metalli
del bus cromati, mentre pensava alla
povertà degli esiti alle sue fatiche e
questi squallidi suoi rientri a casa.
La radio frattanto inondò l’interno del bus, al disopra del vibrare
del motore, della bella voce del
quintetto dei “I Platters” sul motivo
“Smoke gets in your Eyes” il cui ritmo
si faceva serrato come una marcia di
vittoria, via via che un gorgheggiato:
“Ooooooohh!” Scandiva il fraseggio:
“when your heart’s on fire-you must
realize”, diceva la bella voce.
Il ragazzo decise che non sarebbe
più tornato in quell’officina, intanto il
canto terminava sulle parole:“Oooooooh! So, I smile and say:When a lovely
flame dies….smoke gets in…”.
Ma la sua “lovely flame” restò
durevole, tutt’altro che estinta.
Trent’anni trascorsero lavorando al
tecnigrafo, e un giorno meditando
esclamò: “ma sant’iddio…”.
Poeti
Contemporanei
Gaza
Nubi di fumo
Grida disperate
Dolore
Lacrime
Mani protese
Uomini di gesso
muti
e occhi di vetro.
Silenzio di morte
Vento di guerra.
Sete di giustizia.
Sulla terra bruciata
non voleranno più le farfalle
e un giorno là a Gaza
nasceranno rose
con steli di lacrime.
Nell’ombra un volto
è il Signore che piange
per l’odio e la violenza.
E’ il Signore che piange
per un’ inutile guerra.
Lalla Calderoni
4
attualità ecclesiale
È triste se “si sono
consegnati allo
spirito del mondo”
LA DOMENICA DEL PAPA
No a “cristiani
annacquati”
di Fabio Zavattaro
C
osa vuol dire essere
discepoli di Cristo? È la
domanda di fondo delle
letture della domenica,
a partire dal grido di Geremia “quando parlo, devo gridare, devo
urlare: violenza, oppressione - perché la parola di Dio è contro l’ingiustizia, la violenza, l’oppressione”;
una parola, per il profeta, che causa
in lui “vergogna” e “scherno tutto
il giorno”. Ma dalla quale non può
allontanarsi. Paolo scrive ai romani:
“Non conformatevi alla mentalità
di questo secolo, ma trasformatevi
rinnovando la vostra mente”.
Abbiamo così già due strade: il
“no” a ingiustizia, violenza, oppressione; e l’invito a non conformarsi
alla mentalità del mondo. Chi vuole
seguire Gesù percorre un cammino
che passa attraverso l’esperienza
del rifiuto, della contraddizione: “Se
qualcuno vuol venire dietro di me,
rinneghi se stesso, prenda la sua
croce e mi segua”. Rinnegare è dire
no all’egoismo che ci fa ragionare
con il metro della convenienza e
non con quello dell’affidamento
totale. È il messaggio che ci viene,
ad esempio, dai martiri, ricordava
Francesco nel recente viaggio in
Corea: spesso sperimentiamo “che
la nostra fede viene messa alla
prova dal mondo, e in moltissimi
modi ci viene chiesto di scendere a
compromessi sulla fede, di diluire le
esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo”.
Proprio in Corea un amico mi confidava di aver detto al Papa: chissà
se avrei il coraggio di non calpestare il crocifisso come hanno fatto
questi martiri coreani. Essi, dice
Francesco a Seoul, “ci provocano a
domandarci se vi sia qualcosa per
cui saremmo disposti a morire”.
“In effetti, noi cristiani viviamo
nel mondo, pienamente inseriti
nella realtà sociale e culturale del
nostro tempo, ed è giusto così; ma
questo comporta il rischio che diventiamo ‘mondani’, il rischio che ‘il
sale perda il sapore’, come direbbe
Gesù”, afferma all’Angelus il Papa. Il
rischio cioè di essere “cristiani annacquati” - cristiani “di pasticceria”,
belle torte, disse il 4 ottobre 2013
ad Assisi - un cristiano che ha perso “la carica di novità che gli viene
dal Signore e dallo Spirito Santo. Invece dovrebbe essere il contrario:
quando nei cristiani rimane viva la
forza del Vangelo, essa può trasformare ‘i criteri di giudizio, i valori
determinanti, i punti d’interesse, le
linee di pensiero, le fonti ispiratrici
e i modelli di vita’”.
Seguire Gesù significa, dunque,
avere la capacità di un cambiamento, una conversione di prospettive.
In Matteo leggiamo le parole di
Gesù sulla sua sofferenza, morte e
resurrezione a Gerusalemme e la
risposta di Pietro: “Questo non ti
accadrà mai”. Ecco il contrasto tra
Gesù, che si affida totalmente al Padre, e Pietro - “senza accorgersene
fa la parte di satana, il tentatore”,
dice Francesco - che risponde secondo la logica degli uomini; per lui
è impensabile che Cristo possa fare
Vita
La
n. 30 7 Settembre 2014
una fine così ignobile.
La prospettiva del Signore non
coniuga verbi quali perdere, rinunciare, ma salvare, trovare, vivere.
Papa Francesco, all’Angelus, ripete
il suo no a “cristiani annacquati,
che sembrano vino allungato, e non
si sa se sono cristiani o mondani,
come il vino allungato non si sa
se è vino o acqua”. È triste, dice
“
La celebrazione eucaristica può essere percorsa
dall’inizio alla fine, rito
dopo rito, e letta nella
prospettiva della misericordia”.
Lo ha affermato monsignor Nunzio Galantino, segretario generale
della Cei, nella relazione per la
65esima Settimana liturgica nazionale. La chiesa che celebra ha
il compito di offrire e di attuare
la misericordia nella sua prassi: sia
verso l’esterno sia al suo interno.
“Suo dovere è, insomma, promuovere una cultura della misericordia già a partire dalla sua prassi
concreta”.
Tutto comincia con la celebrazione eucaristica, che è epifania della
chiesa-misericordia, incarnazione
della misericordia di Dio Padre.
Prosegue poi nell’azione sociale
e caritativa con l’attenzione verso gli ultimi. Risulta importante
verificare quella attività particolare della chiesa che è la sua vita
liturgica, il momento in cui essa
agisce come assemblea convocata e radunata per il culto. Infatti
“l’assemblea liturgica, nel suo stile
e nel suo modo di essere e di
fare, è segno di ciò che la chiesa
è e fa”. Monsignor Galantino ha
invitato a svolgere una riflessione
teologico-liturgica sulla misericordia, prendendo in considerazione
l’assemblea liturgica e, in particolare, l’assemblea eucaristica così
da verificare quali stili e atteggiamenti di misericordia siano attuati
nel suo celebrare. È importante
il Papa, trovare cristiani “che non
sono più il sale della terra”, che
hanno perso il sapore del sale e
“si sono consegnati allo spirito del
mondo, cioè sono diventati mondani”. Rinnovarsi, dunque, attingendo
linfa dal Vangelo; di qui l’invito, che
ripete, a “portare sempre il Vangelo
con voi: un piccolo Vangelo, in tasca,
nella borsa, e leggerne durante il
giorno un passo”.Vangelo, eucaristia
e preghiera sono doni del Signore
per “conformarci non al mondo
ma a Cristo”. E seguirlo perdendo
la propria vita, per ritrovarla. Perderla, afferma Francesco, nel senso
di donarla, “offrirla per amore e
nell’amore”, per riceverla “nuovamente purificata, liberata dall’egoismo e dall’ipoteca della morte, pie-
na di eternità”. Come hanno fatto i
martiri, ieri, ma anche oggi, in molte
parti del mondo. La via di Dio non
è di potere, ma di debolezza - lo
scandalo della croce - una via che
sceglie la povertà dell’uomo, il suo
fallimento, la sua umiliazione, per
trasformarli in luogo di vita, per redimerli attraverso la compassione,
il perdono.
LA CHIESA E LA SUA PRASSI
La misericordia di Dio
nel motore della liturgia
Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei,
ha invitato a svolgere una riflessione teologico-liturgica,
prendendo in considerazione l’assemblea eucaristica così
da verificare quali stili e atteggiamenti di misericordia
siano attuati nel suo celebrare
di Marco Doldi
precisare che nella celebrazione
eucaristica si annuncia e si comunica, principalmente, la misericordia di Dio per gli uomini. Questa
precede quella che poi la chiesa
annuncia e attua. L’assemblea liturgica si pone in atteggiamento di
accoglienza, che non è pura passività. Infatti, essa celebra secondo
un atteggiamento di misericordia.
Paradossalmente, potrebbe esserci un’assemblea liturgica non
cristiana, nel senso che il suo stile
celebrativo non corrisponde al
Vangelo della misericordia. È dunque fondamentale come si celebra.
A titolo di esempio, Galantino ha
preso in considerazione alcune
sequenze rituali. Nella professione
di fede si ricordano le azioni della
misericordia di Dio per gli uomini.
Il credo contiene non solo ciò che
Dio è, ma soprattutto ciò che Dio
fa per la salvezza. A questa iniziativa l’assemblea risponde con due
gesti liturgici, che sono autentici
atti di misericordia: la preghiera
dei fedeli e la presentazione dei
doni all’altare, l’offerta della preghiera e l’offerta della carità. Nella
prima si presentano al Padre le
necessità universali, quelle della
chiesa e quelle del mondo, quelle
di tutti, ma specialmente dei poveri e dei sofferenti. E, poi, la raccolta dei doni, che vengono offerti
per la carità. Talvolta, all’offertorio
sono portati tanti doni “simbolici”,
che richiamano momenti della vita
di coloro che partecipano e pochi
doni “reali”, che vanno a beneficio
dei poveri e dei bisognosi. Eppure,
“questa è la finalità della presentazione dei doni: portare le offerte
che saranno consacrate ed esprimere la carità nei confronti di chi
ha bisogno”. Questo gesto rituale
antichissimo nella Messa è segno
della misericordia dei cristiani
che si fa dono verso i fratelli nella
necessità.
Anche la preghiera eucaristica è
sotto il segno della misericordia. Il
celebrante con le parole “rendiamo grazie al Signore, nostro Dio”
introduce la narrazione della misericordia di Dio che si attua nella
storia della salvezza. E il racconto
dell’istituzione dell’Eucaristia con
le parole della consacrazione rende viva e attuale la presenza del
Signore Gesù nell’offerta del pane
e del vino trasformati nel suo
corpo e sangue, donati come nutrimento. E, poi, le grandi intercessioni affinché la misericordia del
Padre continui ad essere riversata
oggi sulla chiesa e sul mondo, a
beneficio dei vivi e dei defunti.
Vita
La
7 Settembre 2014
Monsignor Nunzio Galantino,
segretario generale della Cei, ha
delineato l’identikit: non sono
“supereroi”, ma gente che “giorno
per giorno porta avanti la carretta”.
E ancora: parroci di periferia
che vogliono vivere fino in fondo
quello che leggono nel Vangelo,
senza “troppi sotterfugi o giri di
parole”. Sacerdoti che “mostrano
con i fatti che si può fare i preti
diversamente
e la gente lo capisce”
attualità ecclesiale
n. 30
UN MONDO CHE CAMBIA
L’Italia è piena di preti
che stanno “sulla strada”
e danno fastidio
di M. Michela Nicolais
L
a straordinarietà dell’ordinario. Quella
di una Chiesa che “interferisce” con la
vita degli uomini. Fino al punto da creare fastidio. Da diventare ingombrante
non solo per chi percorre con pervicacia i
sentieri del malaffare, ma anche per la schiera sempre ben nutrita - dei cosiddetti benpensanti,
pronti a puntare il dito nella direzione di chi
sceglie la strada come “maestra” di uno stile
di compagnia, di empatia, di condivisione delle
sorti di chi abita il nostro tempo. Soprattutto di
chi vive ai margini e “in periferia”, a qualunque
latitudine.
Che cosa hanno in comune don Luigi
Ciotti e i “curas villeros”, i preti delle periferie
di Buenos Aires che il cardinale Bergoglio ha
scelto come avamposti della missione? Ce lo
spiega un libro di Silvina Premat, “Preti alla
fine del mondo”, appena uscito per i tipi della
Emi, e del quale monsignor Nunzio Galantino,
segretario generale della Cei, ha dato una
lettura sapienziale, individuandone il filo rosso
nell’identikit del sacerdote che ne viene fuori.
“L’impegno dei preti villeros è straordinario,
al di là dei risultati, per la normalità e semplicità
con cui si presenta e racconta”, scrive il fondatore di Libera nella prefazione al volume. “Per
la morte di padre Carlos, per i suoi assassini
materiali, per quelli che furono gli ideologi
della sua morte, per i silenzi complici di gran
parte della società e per le volte che, come
membri della Chiesa, non abbiamo avuto il
coraggio di denunciare il suo assassino, Signore
abbi pietà”. A parlare così, il 9 ottobre 1999,
giorno in cui i resti di padre Carlos Murgica,
L
a colletta di questa domenica ci fa
chiedere a Dio di essere “sensibili
alla sorte di ogni fratello secondo il
comandamento dell’amore, compendio di tutta la legge”. “No man is an island”, è
il titolo di un saggio di Thomas Merton (1955)
che cita il poeta inglese John Donne (Devotions
Upon Emergent Occasions, 1624): «No man is
an island entire of itself; every man is a piece of
the continent, a part of the main; if a clod be
washed away by the sea, Europe is the less […];
any man’s death diminishes me, because I am
involved in mankind. And therefore never send
to know for whom the bell tolls; it tolls for thee.
[Nessun uomo è un’isola, completa in se stessa;
ogni uomo è un pezzo del continente, una parte
del tutto: se una zolla viene portata via dal mare,
l’Europa ne viene diminuita […]; la morte di ogni
uomo diminuisce anche me, perché sono coinvolto
nell’umanità, E perciò non mandare mai a chiedere per chi suona la campana [a morto]: essa
suona per te». Merton così commenta: «Quello
che faccio viene dunque fatto per gli altri, con loro
e da loro: quello che essi fanno è fatto in me, da
me e per me. Ma ad ognuno di noi rimane la
responsabilità della parte che egli ha nella vita
dell’intero corpo».
Vale, dunque, per ognuno di noi il monito di Dio
a Ezechiele (prima lettura, Ez 33,7-9): «Io ti
ho posto come sentinella per la casa d’Israele.
Quando sentirai dalla mia bocca una parola,
tu dovrai avvertirli da parte mia». È davvero
grande la nostra responsabilità e non è da poco
ciò a cui andiamo incontro se non accettiamo di
5
ucciso l’11 maggio del 1974 davanti alla chiesa
dove aveva appena finito di celebrare la messa,
vengono trasferiti dal cimitero della Recoleta
nella cappella di Villa 31, dove aveva operato, è
Jorge Mario Bergoglio, che aveva collocato le
“periferie” al centro del suo impegno pastorale
poco dopo essere stato eletto arcivescovo e le
ha confermate una volta salito al soglio pontificio. Il libro di Silvina Premat comincia con le
minacce di morte a padre Pepe Di Paola, a cui
il cardinale Bergoglio ha affidato la responsabilità di coordinare il primo nucleo di “curas
villeros” e a scriverne nell’introduzione - per
una singolare coincidenza che risulta difficile
attribuire al caso - è proprio il fondatore di
Libera, di recente minacciato di morte dal
boss mafioso Totò Riina. Monsignor Galantino
definisce queste minacce “preoccupanti”, e non
“farneticanti” come vorrebbe qualcuno. E poi
spiega come i preti delle periferie non sono
“supereroi”, ma gente che “giorno per giorno
porta avanti la carretta”: in Argentina, in Brasile,
in Africa, in Italia…
Sì, anche l’Italia: perché l’Italia è “piena di
preti” e di vescovi che, come i “curas villeros”,
stanno “sulla strada” ma spesso “danno fastidio”. Di parroci di periferia che vogliono vivere
fino in fondo quello che leggono nel Vangelo,
senza “troppi sotterfugi o giri di parole”. Preti
che danno fastidio, “perché mostrano con i
fatti che si può fare i preti diversamente e
la gente lo capisce”. Attenzione, però, a non
cadere nel pericolo opposto: ingrossare le
fila di coloro che “battono le mani” ai preti di
periferia mettendoli volutamente in contrasto
con “gli altri”. I preti “di strada” non sono “altri”
La Parola e le parole
XXIII Domenica
del Tempo ordinario anno a
assumercela: «Se io dico al malvagio: “Malvagio,
tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio
desista dalla sua condotta, egli, il malvagio,
morirà per la sua iniquità, ma della sua morte
io domanderò conto a te». Nessuno di noi può,
dunque, “chiamarsi fuori”, sentendosi in diritto di
dire come Caino: «Sono forse io il custode di mio
fratello?» (Gen 4,9). La sofferenza di tanti nostri
fratelli che vediamo martoriati da eventi bellici o
da dissesti naturali o sociali -poco importa dove
o perché- deve essere anche la nostra sofferenza.
Non possiamo permetterci di esserne osservatori
indifferenti, come di esperienze che non ci riguardano. Ma, potrei tentare di giustificarmi, cosa ci
posso fare io, se non ho mezzi o autorità per
intervenire? La fede mi risponde che posso fare
tantissimo. Per esempio, in genere siamo portati
a sottovalutare la potenza della preghiera di intercessione, che è sempre nelle nostre possibilità
e che forse non utilizziamo come prima risposta
ad una sofferenza di cui veniamo a conoscenza.
La preghiera -insegna Gesù- non è l’ultimo dei
rimedi, quando sono esaurite tutte le altre risorse, ma il primo ed il più importante. Quel «la
messe è abbondante, ma sono pochi gli operai:
pregate dunque il signore della messe, perché
mandi operai nella sua messe» (Mt 9,37-38), vale
anche per ogni altro caso di necessità. Ognuno,
poi, ha poi altre possibilità, a seconda delle sua
posizione. Mai dobbiamo commettere l’errore di
sottovalutarci e, come conseguena, stare sempre
nascosti e zitti qualunque cosa accada.
L’apostolo Paolo (seconda lettura, Rm 13,8-10),
con il suo lapidario «Non siate debitori di nulla
a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché
chi ama l’altro ha adempiuto la Legge», ci toglie
l’illusione, caso mai ce la fossimo erroneamente
fatta, che si possa essere perfetti davanti a Dio
seguendo una via alternativa all’amore verso il
prossimo, come quella delle osservanze formali o
delle malintese pratiche di culto che Gesù rimproverava ai farisei: «“Trascurando il comandamento
di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”.
E diceva loro: “Siete veramente abili nel rifiutare
il comandamento di Dio per osservare la vostra
tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e
tua madre, e: Chi maledice il padre o la madre
sia messo a morte.Voi invece dite:‘Se uno dichiara
al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti
è korbàn, cioè offerta a Dio’, non gli consentite
di fare più nulla per il padre o la madre. Così
annullate la parola di Dio con la tradizione che
avete tramandato voi. E di cose simili ne fate
molte”». (Mc 7, 8-13).
L’apostolo Paolo ripete quello che Gesù aveva
risposto (Mt 22, 34-40) ad un dottore della
rispetto a quelli che celebrano l’Eucaristia o
amministrano i sacramenti, ai sacerdoti che
guidano le processioni o danno la benedizione
al loro popolo. È la preghiera la fonte da cui
parte tutto, è proprio perché pregano che i
preti - tutti i preti - sono quello che sono e
fanno quel che fanno.
No, allora, a preti malati di burocrazia. Perché la burocrazia, ha spiegato il segretario della
Cei, non è solo quella delle carte, ma è anche
quella della testa e del cuore. E per capire ciò
che alberga nel cuore di Papa Francesco basta
osservare lo speciale rapporto che Bergoglio
aveva, già da cardinale, con i suoi villeros: solo
così arriviamo pienamente a comprendere
che espressioni divenute ormai familiari del
lessico papale - la Chiesa in uscita, la cultura
dello scarto, le periferie esistenziali, i pastori
con l’odore delle pecore - non sono slogan.
Per Papa Francesco, la Chiesa in uscita “non è
solo una Chiesa che esce e va a dare, ma è una
Chiesa che esce e va a imparare qualcosa. Se
non va a imparare, non è una Chiesa in uscita,
ma una nuova forma di colonizzazione”. “In
quelle strade e periferie sono andato sempre
a imparare, mai a insegnare”, scrive don Ciotti
tracciando un bilancio dei 50 anni del Gruppo
Abele.“Abbiamo accettato di vivere nelle villas,
di conoscerne e amarne gli abitanti come se
fossimo nati in mezzo a loro, di attraversare
le loro stesse difficoltà condividendone la vita
quotidiana”, la lezione di padre Pepe Di Paola,
che il 3 aprile 2009 presentò un documento
di denuncia contro il traffico di droga nelle
villas. I narcos risposero minacciando di morte
il sacerdote che, nel febbraio 2011, si trasferì
in una parrocchia di campagna a circa 1.200
chilometri da Buenos Aires. Ma alla fine del
2012 padre Pepe è ritornato nelle sue villas.
Legge che lo aveva interrogato per metterlo alla
prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande
comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore
tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande
e primo comandamento. Il secondo poi è simile
a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso.
Da questi due comandamenti dipendono tutta la
Legge e i Profeti». Ecco come Paolo riafferma lo
stesso concetto: «“Non commetterai adulterio, non
ucciderai, non ruberai, non desidererai”, e qualsiasi
altro comandamento, si ricapitola in questa parola:
“Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Il “farsi tutt’uno” con i fratelli ha anche, nella
assicurazione di Gesù (lettura evangelica, Mt 18,
15-20), due ulteriori vantaggi. Prima di tutto la
certezza che il Padre ci concederà le grazie che,
uniti assieme, gli chiediamo, il che dovrebbe rafforzarci nella convinzione che davvero è molto ciò che
così noi possiamo fare: «In verità io vi dico ancora:
se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo
per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è
nei cieli gliela concederà». Quando, cioè, vogliamo
davvero qualcosa dal Padre, basta che ne facciamo
oggetto di richiesta comune, non necessariamente
stando nello stesso posto. Secondo vantaggio di
questa solidarietà con i fratelli: «Dove sono due
o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a
loro», ovverosia ogni volta che facciamo comunità
con i fratelli -il numero non importa, perché basta
che uno solo si unisca a noi- possiamo essere sicuri
che c’è sempre, automaticamente, un importante
fratello in più da contare: Gesù.
mons. Umberto Pineschi
P
adre Raimondo Maccanti
nacque il 21 marzo 1876
a Poggio a Caiano, allora
frazione del Comune di Carmignano, da Giuseppe ed Elisa Ferrari.
Si chiamò Egidio, nome che cambiò in
quello di Raimondo alla sua vestizione
religiosa di domenicano, che avvenne nel
gennaio 1893 in S. Domenico di Fiesole.
Prima di arrivare al tanto desiderato
sacerdozio, trascorse l’adolescenza a
Vignole, nella piana di Pistoia, dove si era
trasferito con la famiglia. Ancor giovane,
si lanciò in una attività di apostolato instancabile fra Siena e Firenze. Il suo zelo
e il suo entusiasmo nella predicazione
e nelle opere di carità lo resero molto
amato non solo tra i suoi fedeli.
Nel maggio 1915, con l’entrata in
guerra dell’Italia, partì come volontario
per il fronte francese con l’intento di
aiutare i soldati in continuo pericolo
di morte e di perdizione. Perché come
scrive Giuseppe Ungaretti in una breve
poesia che rappresenta il simbolo della
condizione dei soldati nella Prima guerra
mondiale: «Si sta come d’autunno sugli
alberi le foglie».
Il 1° giugno 1915, in viaggio per
il fronte, scriveva alla madre: «Viaggio
con altri tre ufficiali e ci facciamo tanta
compagnia! Io sono sempre più allegro e
contento perché so di andare a compiere
una grandiosa missione».
Quale fosse questa «grandiosa missione» lo descrive padre Raimondo in
più luoghi delle sue lettere. Poco prima
di raggiungere il fronte scriveva a padre
Lorenzo Ceccarelli, allora suo priore in
S. Marco a Firenze: «Parto con gioia, con
entusiasmo, non per un sentimento di
vana gloria, ma nell’unico intento di esser
di conforto e di aiuto spirituale ai soldati
che verranno affidati alle mie cure. Parto
al grido di: viva l’Italia!».
E così scriveva ancora in una tra le
sue prime lettere dalla trincea: «se io mi
trovo qui, è stato, sì, perché io prevedevo
che sarei stato chiamato, come sono
stati chiamati quelli della mia classe:
ma soprattutto è stato per il desiderio
di salvare delle anime, per sostenere
con la mia parola e col mio esempio i
soldati d’Italia […]. Non so quello che il
buon Dio abbia disposto di me; ma non
mi nascondo le grandi, le immense difficoltà alle quali dovrò andare incontro per
adempiere fedelmente il mio ministero.
Non mi esporrò certo inutilmente a far
l’eroe, ma non tralascerò nulla di quello
che si richiede da me. Se ci dovrò rimetter
n. 30 7 Settembre 2014
PADRE RAIMONDO MACCANTI
di Luigi Corsetti
la vita, son pronto anche a questo».
E che a questo suo ideale tenesse
fede, ce ne assicura l’appello che padre
Raimondo ne fa al giudizio di Dio, nella
lettera che, con mente serena e con
cuore saldo, aveva scritto per la madre,
come testamento, fino dal 1916: «Muoio
contento, tranquillo, sereno perché so
di morire per una gran causa: la grandezza, la gloria, l’indipendenza della
mia patria, a cui ho cercato di servire
col sostenere più sotto il fuoco nemico,
coloro che combattevano. So che molti
hanno apprezzato questo mio agire,
ma tu, cara mammina, non li ascoltare,
ASSOCIAZIONE POZZO
DI GIACOBBE
18 giovani
raccontano
il loro
servizio civile
Mercoledì 27 agosto al Parco Verde di Olmi
è stata vissuta un’emozionante serata
nella quale i 18 giovani in Servizio Civile
Regionale del “Pozzo di Giacobbe” e della
Cooperativa “Gemma”. Presenti anche l’assessore al Welfare Stefano Lomi, il direttore
della Caritas diocesana Marcello Suppressa
e il referente di Libera Pistoia Alessandra
Pastore che con i loro interventi hanno sottolineato l’importanza di “sporcarsi le mani”
,“provare a mettersi in gioco” e basandosi
sulle esperienze vissute hanno condiviso
che “sicuramente quest’anno resterà dentro i vostri cuori”. Queste le parole riprese
negli interventi anche dei presidente delle
due realtà quarratine Emiliano Innocenti e
Rossano Ciottoli; anche loro figli del servizio
civile come obiettori di coscienza..
I giovani si sono raccontati in un video, nel
quale le foto dei 6 progetti, nei quali sono
inseriti, si sono alternate e nel quale è stato
possibile vedere l’unione nata tra di loro.
Inoltre hanno preparato un libretto con la
descrizione dei progetti, di aneddoti e di
ciò che l’esperienza ha lasciato loro ed un
calendario. Questo per lasciare la propria
testimonianza a chi come loro sceglierà
Lettere in redazione
Omelie
e polemiche
Ultimamente mi è capitato di non
andare a messa la domenica nella
mia parrocchia. Mi accorgo di un’importante carenza qualitativa di preti,
le omelie sono molto scarse, in qualche caso veramente imbarazzanti.
Poca preparazione poco aggiornamento e il Concilio Vaticano II spesso
sconosciuto. Purtroppo ultimamente
con la dipartita del vescovo non posso non notare, soprattutto purtroppo
dalla stampa, un preoccupante e
desolante panorama di polemica.
Polemica spesso più di spessore
individualistico che somigliano più
a bisticci. Non voglio di proposito
entrare nel merito delle polemiche;
credo infatti che nella curia pistoiese
vi siano strumenti di discussione e
Vita
La
Lettere dal fronte
della grande guerra
0
6
approfondimento. Affronto invece la
questione dei toni davvero eccessivi,
quanto inconcludenti per tutta la
comunità pistoiese;sconforta francamente l’incapacità di risolvere le
questioni senza siparietti personali
a beneficio di una vera discussione.
Emerge in negativo una modalità
che male si addice a figure che
invece dovrebbero mostrare una naturale predisposizione al confronto.
La chiesa è popolo in cammino. Chi
sa criticare la chiesa ha a cuore la
chiesa; ma attenti: dentro la chiesa,
e soprattutto senza perdere di vista
la missione autentica e profetica
della chiesa stessa. La nostra diocesi,
ripeto, purtroppo non è messa bene
come qualità di preti; mi auguro
davvero che il nuovo vescovo che
verrà abbia capacità e energie per
migliorare la situazione.
Massimo Alby
e vai superba di aver dato un tuo figlio
all’Italia. A te deve bastare il sapere che
non furono né la vanità, né l’ambizione
quelle che mi spinsero ad abbandonare
il silenzio e la quiete della mia cella, ma
unicamente l’amore alle anime e alla
mia patria. Il giorno in cui le coscienze
saranno completamente rivelate, allora
si vedrà che non fui un disamorato della
vita regolare, né della mia mammina.
Allora si comprenderà il mio agire e mi
sarà resa quella giustizia che era dovuta
all’opera mia».
Padre Maccanti fu aggregato nel
1917 al 3° reggimento bersaglieri come
cappellano militare assimilato al grado di
tenente e in un secondo momento al 51°
reggimento fanteria della brigata “Alpi”;
si distinse più volte in valorose azioni di
soccorso ai feriti che condusse di persona
incurante dei continui cannoneggiamenti.
Questo suo eroico comportamento gli
valse la decorazione di medaglia di bronzo nel marzo 1917, e medaglia d’argento
e croce al merito nel luglio 1918.
Morì, colpito da schegge di granata
durante un bombardamento nemico,
il 18 settembre 1918, sul fronte della
Marna nei pressi di Bligny al ritorno da
una delle sue azioni di soccorso.
Le Associazioni
“questa esperienza che ti cambia davvero
la vita”. Il servizio civile infatti serve a far
crescere ognuno personalmente; sempre e
comunque all’interno di un gruppo di altre
persone con il quale confrontarsi. Infatti la
particolarità di questa esperienza è proprio
quella che ognuno nella sua unicità ha un
ruolo che condiviso con gli altri diventa
qualcosa di speciale. Non sono mancate le
lacrime ma quello che rimane è l’impegno
forte che tutti vogliono portare avanti nel
mondo del sociale.
Alessio Frangioni
CITTADINANZAATTIVA
Vivi la città!
Giovedì 18 Settembre ore 17, Impianti sportivi Mollungo
V Edizione Sport in gioco
(Bambini e ragazzi dai 5 ai 13 anni).A
seguire merenda insieme a: Giovani
Rossoneri, Green sport
Domenica 21 Settembre ore 17,
Arboretum Mollungo
Passeggiata nel giardino pubblico tra fiori, alberi e bonsai... un esperto eseguirà trattamenti dimostrativi coinvolti Pro
Loco e Golf Club di Quarrata
Venerdì 26 Settembre ore 21,15,
Ferruccia Circolo Mcl La Tranquillona (g.c.)
Riforme istituzionali: verso
quale democrazia? Federica Fratoni, presidente Provincia di Pistoia
[email protected]
MISERICORDIA
DI VALDIBRANA
Inaugurata
la nuova
ambulanza
Il 23 luglio “Sirene” per le strade a
Valdibrana per festeggiare l’arrivo di
una nuova ambulanza dopo 12 anni
di attività sul territorio.
Nel pomeriggio sul piazzale antistante
la sede si sono radunati tutti i volontari
per salutare il mezzo arrivato grazie al
determinate contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia,
ma anche grazie al sostegno dei nostri
soci ed alla preziosa disponibilità ed
il tempo “donati” dai volontari in tutti
questi anni di servizio.
Questo mezzo è in ricordo del nostro
confratello Andrea Gorini uno dei cofondatori della nostra piccola realtà.
A festeggiare con noi questo grosso
traguardo sono arrivate ben 20 Misericordie della provincia di Pistoia ed
anche gli amici della Misericordia di
Montemurlo.
Molte le personalità presenti: Luca
Iozzelli per la Fondazione Cassa di
Risparmio Pistoia e Pescia, Elena Becheri
assessore del Comune di Pistoia, Sergio
Fedi, presidente della Misericordia di
Pistoia, Il segretario di Pistoia soccorso
Alessandro Vannucchi e il direttore della
Misericordia di Pistoia Riccardo Fantacci.
Oggi lo ricordano due targhe: una
posta in piazza San Marco a Firenze al
convento dei Domenicani, e l’altra posta
alla ex scuola media di Poggio a Caiano.
L’amministrazione comunale poggese
decise inoltre di onorare la sua memoria
dedicandogli, nei primissimi anni settanta,
una via del paese.
Dopo la Messa il presidente della sezione Giovanni Beragnoli ha ringraziato tutti gli intervenuti ed in particolare coloro
che hanno contribuito a realizzare questa nuova ambulanza, inoltre a rivolto un
ringraziamento particolare alla famiglia
di Andrea Gorini che è stato fra coloro
che hanno voluto creare questa piccola
realtà. Successivamente è intervenuto il
presidente della Misericordia di Pistoia
e del coordinamento provinciale Sergio
Fedi che ha sottolineato l’importanza
di questa pur piccola associazione
nel territorio in cui opera rinnovando
il ringraziamento ai volontari ed alla
Fondazione Caript.
È intervenuto anche Luca Iozzelli il quale ha detto che la Fondazione ha rilevato
la necessità di questa Misericordia di
rinnovare un strumento così importante e indispensabile per continuare
la propria “mission” nel modo migliore
a salvaguardia delle vite, per questo è
stato ritenuto opportuno contribuire
alla realizzazione del nuovo mezzo di
soccorso.
Infine ha preso la parola l’assessore
Elena Becheri, la quale ringraziando i
volontari delle associazioni intervenute ha evidenziato l’importanza delle
Misericordie nel territorio pistoiese ed
in particolare nelle zone periferiche e
collinari dove l’attività è più impegnativa
e pertanto maggiormente apprezzabile.
Infine si è proceduto alla benedizione
della nuova autoambulanza con il
taglio del nastro da parte della moglie
di Andrea Gorini e dell’assessore Elena
Becheri.
M.V
“Picasso e la modernità
spagnola”
di Alessandro Orlando
A
Firenze nelle sale di Palazzo Strozzi dal 20 settembre al 25 gennaio 2015
sarà visitabile una mostra
su uno dei più grandi maestri di
pittura del secolo scorso: Pablo
Picasso. L’artista che sicuramente
è annoverabile tra i più influenti
dell’epoca moderna viene ricordato con una nutrita selezione di
opere, una novantina, che illustrano
l’influenza avuta su altri grandi
artisti spagnoli quali, ad esempio:
Julio González, Juan Gris, Maria
Blanchard, Joan Miró, Salvador Dalí.
Da evidenziare che sono esposti
fuori dal territorio spagnolo, per
la prima volta e in un numero così
elevato, anche le incisioni e i disegni
preparatori del celeberrimo dipinto Guernica. Inoltre tra le opere
esposte, sarà possibile ammirare
capolavori celebri come la “Testa di
cavallo”, “Il pittore e la modella”, il
“Ritratto di Dora Maar” mentre di
Mirò, una delle prime opere dell’artista che risale all’epoca della sua
formazione , il famoso quadro dal
titolo “Siurana-el Camì”. La mostra
nata dalla collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi e il Museo
Nacional Centro de Arte Reina So-
fia di Madrid porta il titolo “Picasso
e la modernità spagnola” ed è uno
degli eventi più attesi dell’autunno
fiorentino.
Pistoia
Sette
N.
30
7 SETTEMBRE 2014
A QUATTRO ANNI DALLA MORTE
“
Il cercatore di Dio
Chiunque abbia viaggiato
molto si è sempre necessariamente trovato di
fronte agli orizzonti ultimi
e questo può essere accaduto anche
a chi non ha viaggiato molto, ma che
ha tuttavia una grande capacità di
osservazione. Di fronte alla persona,
in lontananza, si ergono paesaggi vari,
mare, colline, monti che si spingono e
si fondono in un immenso semicerchio: comunque un orizzonte oltre
il quale lo sguardo non va. E questo
può essere preso come esempio
e simbolo della vita umana, cioè in
definitiva non c’è possibilità di vivere
senza toccare il senso ultimo della
vita: appunto, l’orizzonte ultimo.”
E don Simone questo orizzonte
lo aveva intravisto davvero e ne parlava con serenità e tranquillità sicuro
che oltre quell’orizzonte avrebbe
trovato quel mare di luce dove ogni
orizzonte viene azzerato. Un mare
che ti avvolge e non ti travolge, un
mare calmo e mai impetuoso, un
mare che non ti toglie il respiro ma ti
fa vivere una vita eterna tra le braccia
del Padre, quel Padre che tanto lui
ha cercato.
Sembra ieri e sono già trascorsi
4 anni da quando don Simone ha
raggiunto la casa del Padre.
Quattro anni di assenza che ci
hanno fatto capire quanto fosse
importante la sua presenza per la
diocesi e per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di condividere
con lui anche solo pochi metri di
strada. Tante cose sono accadute
e, di molte, sicuramente lui non ne
sarebbe stato contento perché lui
ha sofferto e amato tanto questa
diocesi. Non si è risparmiato mai e
sempre ha avuto una parola buona
per tutti. Ha amato i suoi preti
incondizionatamente e anche se talvolta ha dovuto prendere dolorose
decisioni che possono aver turbato o
scontentato qualcuno, lo ha sempre
fatto con rispetto e con carità cristiana tenedo sempre conto il bene
della persona. È sempre stato leale e
mai ha portato rancore a nessuno,
nonostante la sua pelle fosse segnata
da molte cicatrici, cercando sempre,
anche in questi casi, di recuperare la
relazione. E poi, come si evidenzia nel
suo ultimo libro, un ricercatore della
bellezza nella sua più alta accezione.
La bellezza che ti apre le porte al
Mistero e alla contemplazione di Dio.
Arrivare a Dio attraverso la bellezza
e in sintesi: partire da se stessi sviluppando il senso della bellezza non
interiore ma esteriore poiché una
volta che hai assunto il criterio della
bellezza sei inevitabilmente attratto
dalle cose belle e buone. Anche nel
sociale, nelle relazioni interpersonali
si ricerca il bello. E a questo prosito
cito volentieri alcune riflessioni di
Giorgio Mazzanti vice presidente
della fondazione banche di Pistoia e
Vignole estratte dalla sua prentezione al libro”Orizzonti ultimi”.
“... Questo sentirsi ogni giorno,
parlare di tutto quello che era il mondo oggi, le problematiche dell’uomo,
della famiglia, del suo modo pacato
di far sentire come muoversi, come
affrontare i problemi, come aiutare
i più deboli, quel suo modo di porsi
familiarmente come un padre di
famiglia con tutti, la sua estrema
intelligenza, mi faceva sentire a mio
agio come se lo avessi conosciuto a
fondo da sempre e come se fosse
uno di noi.
...Con quanto amore si prendeva
cura di tutto, con quale attenzione
riusciva ad osservare ogni piccola
cosa,insegnando anche a noi, allo
stesso tempo, a fare altrettanto, affinché non ci dimenticassimo come
tutto il creato sia bellissimo e non
banale, e quindi come sia nostra
responsabilità rispettarlo e averne
cura.”
“Cercatore di Dio”. Questa è la
definizione più bella che mi viene in
mente per identificare don Simone
uomo, sacerdote, vescovo e padre di
tutti noi. E lo ha davvero cercato in
ogni luogo e in ogni modo percorrendo meticolosamente quella via
che Gesù ha tracciato per ognuno
di noi.
È stato ricordato sabato 30 agosto in cattedrale con una messa in
suffragio e mi auguro però che non
sia solo un appuntamento annuale
come tanti altri ma che la sua eredità
spirituale ci accompagni e ci indichi
la strada, che lui ha gia percorso, per
tutti i giorni della nostra vita.
Franca e Guido Sardi
CHIESA DELLA MADONNA DEL SOCCORSO
Riapertura al pubblico dopo i lavori
di restauro
È
stata riaperta al pubblico
dopo i recenti lavori di
restauro la chiesa della
Madonna del Soccorso in
via di San Bartolomeo, angolo vicolo
Borgo Bambini.
La cerimonia di inaugurazione si
è svolta il 22 agosto come prologo
alle manifestazioni religiose e ludiche,
all’annuale Festa di San Bartolomeo.
Il monumento, da tempo chiuso
al pubblico, è stato riaperto col contributo dato dalla Fondazione Cassa
di risparmio di Pistoia e Pescia, della
Confederazione Episcopale Italiana
In occasione della festa di San Bartolomeo
(Cei) e del Comune di Pistoia.
Il restauro della chiesa, voluto dal
parroco don Luca Carlesi e curato
dall’architetto Francesco Cecchi, si
è concentrato principalmente sul
consolidamento statico del tetto
sorretto da capriate lignee e sulle
volte seicentesche, notevolmente
degradate. Nell’ambito dei lavori
sono state recuperate e valorizzare
le componenti d’arredo lapideo della
facciata romanica su vicolo Borgo
Bambini e del portale d’ingresso
laterale, sulla via di san Bartolomeo
di epoca seicentesca con frontone
curvilineo e stemma della famiglia
Cancellieri. L’interno della chiesa
è stato recuperato nella sua veste
seicentesca con i restaurati portali
in pietra serena, l’altar maggiore del
1656 con colonne corinzie e capitelli
floreali sormontati da trabeazione e
medaglione lapideo centrale.
Nella specchiatura centrale
dell’altar maggiore l’opera della
restauratrice Lidia Gallucci ha permesso di apprezzare nella sua veste
originaria l’affresco della Madonna
del Soccorso di autore ed epoca
ignota, traslata nella chiesa di Santa
Liberata nel 1936 che da allora si
chiamerà Santa Maria del Soccorso,
perché appunto contiene l’affresco
della Madonna che allatta il Santo
Bambino, proveniente dallo scomparso convento dei Gesuiti, e poi
portato in una piccola cappella al
Ceppo ed essere infine posto nella
chiesa oggi restaurata.
Per la chiesa della Madonna del
soccorso è in programma un calendario di eventi che verrà reso noto
prossimamente.
Daniela Raspollini
IN VISTA DEL SINODO
DEI VESCOVI
Famiglie
pellegrine
a Pompei
Appuntamento il 13
settembre per una grande
“preghiera corale”
S
i svolgerà il 13 settembre a
Pompei il 7° Pellegrinaggio
Nazionale delle famiglie
per la famiglia dal tema
“Maschio e femmina Dio
li creò (Gen 5,1) la famiglia dinanzi
alla volontà di Dio”, promosso dal
Rinnovamento nello Spirito Santo in collaborazione con l’Ufficio
nazionale per la pastorale della
famiglia della Cei e il Forum delle
associazioni familiari e con il patrocinio del Pontificio consiglio per la
famiglia.
La famiglia cristiana oggi attraversa
una profonda crisi spirituale. Per
combatterla il Rinnovamento nello spirito Santo ripropone la più
potente “arma spirituale” di cui il
Cristianesimo da sempre dispone:
la preghiera e l’unità nella fede. Ed è
questo lo spirito che animerà il settimo pellegrinaggio Nazionale delle
famiglie per la famiglia.
Il pellegrinaggio si svolgerà sotto lo
sguardo della Madonna di Pompei:
sarà un corale gesto di preghiera
nel quale genitori e figli, nonni e
nipoti, giovani e anziani testimonieranno la bellezza della vita e la gioia
di essere famiglia.
Da tutta Italia tante famiglie si
metteranno in cammino unite nella
preghiera verso Pompei. Sarà così
una forte testimonianza di tante
persone che non hanno smesso di
credere nell’amore.
Il Papa in un suo incontri con le famiglie ha ribadito l’importanza della
preghiera in famiglia. ”Per pregare in
famiglia ci vuole semplicità! E pregare insieme il rosario in famiglia è
molto bello, dà forza” ha affermato.
Questo è il programma del pellegrinaggio, cui aderisce anche l’Ufficio
pastorale della famiglia diocesano:
13 settembre ore 6.30, partenza
parcheggio Cellini Pistoia, pranzo
al sacco
ore 13: arrivo a Scafati
ore 14: accoglienza preghiera animata e testimonianze
ore 16: inizio pellegrinaggio con recita del Rosario
ore 18: arrivo a Pompei atto di
affidamento e benedizione delle
famiglie
ore 19: Messa presieduta da monsignor Vincenzo Paglia
ore 20.30: congedo cena e pernottamento in Hotel
Per info: tel. 333.3611458
8
comunità ecclesiale
CHIESA SS. ANNUNZIATA
Parrocchia Spirito Santo
Il saluto a padre Filippo
S
i è svolta alla fine di luglio
all’interno del chiostro
della SS. Annunziata la
cerimonia di Saluto per il
parroco padre Filippo Maria Canigiani. Dopo 48 anni di importante
e prestigiosi Servizio e i suoi 89
anni anagrafici lascia per ritirarsi in
un’altra comunità.
E’ stato un pomeriggio pieno di
emozioni per il parroco, che ha avuto modo di rivedere molte persone
che durante il suo servizio lo avevano conosciuto, e che appena hanno
saputo di questo appuntamento
non hanno esitato a partecipare
provenendo anche da città anche
molto lontane.
Parroco dal 1966, insegnate di
religione all’Istituto tecnico commerciale Filippo Pacini dal 1967 al
1978.
Molti suoi ex alunni lo ricordano
come persona molto all’avanguardia
per i tempi in cui si viveva, dove riusciva a trattare argomenti all’epoca
scottanti, attraverso strumenti come
cineforum e disco-forum cercando
di coinvolgere e dare parola a tutti in
una condivisione e comunione che è
stata apprezzata in quegli anni anche
da studenti in piena contestazione
sessantottina.
Gli stessi metodi sono stati
usati all’interno della propria comunità mettendo in risalto i principi
generale del Concilio vaticano II.
Ha fatto conoscere lo spirito dei
Servi di Maria congregazione a cui
lui apparteneva, creando ogni ramo
della famiglia Servitana. Amico di due
grandi poeti di “amore” contemporanei, Davide Maria Turoldo e Davide
Maria Montagna.
Le parole per esprimere un
ringraziamento sarebbero molte,
ma preferiamo comportarsi come
padre Filippo, servizio riservatezza
e mai apparire, dunque grazie da
parte di tutti.
Come sicuramente avete appreso dai giornali la chiesa negli ultimi
anni ha subito gravi danni strutturali
in particolare sul tetto, chiuderla
sarebbe un vero e proprio danno,
sia per l’importanza storica sia per
le anime della comunità. Capiamo
che le carenze delle vocazioni sono
causa principale per cui il vescovo si
troverà a fare delle scelte. Ci auguriamo però che la curia e le istituzioni
importanti pistoiesi prendano a cura
questa criticità per riconsegnare a
Pistoia una delle chiese più antiche,
con uno dei chiostri più importanti e
storici della città. Per Quanto riguarda la parrocchia, vogliamo informare
che grazie all’intervento dell’amministratore diocesano, monsignor
Paolo Palazzi ci possiamo rivolgere a
Giordano Favillini c/o la parrocchia
di San Paolo per certificati di batte-
“
La parrocchia dello Spirito Santo organizza un pellegrinaggio in Terrasanta
dall’8 al 15 marzo. Data la forte richiesta di partecipare a questo gruppo,
sono aperte le preiscrizioni che prevedono un acconto di euro 250.00 che
può essere rimborsato fino a 90 giorni prima della data di partenza. Il pellegrinaggio si svolge sotto le insegne del Patriarcato Latino di Gerusalemme.
INFO: Travel & Consulting tel. 393 9412874; parrocchia: tel. 0573 28392.
Un sabato dedicato alla parola
Sabato 6 settembre la parrocchia di Valdibure e gli “Amici di don Ferrero” in
collaborazione con la Fraternità di Romena, organizzano “Un sabato dedicato
alla parola” a Valdibure sul tema “La fraternità spezzata. Caino e Abele”.
Questo il programma: ritrovo alla pieve di Valdibure alle 10 e trasferimento
in auto alla riserva naturale del parco dell’Acquerino per camminata biblica
da ponte dei Rigoli o rifugio/casa forestale a Monachino, la Pieve. Meditazione
con don Luca Buccheri, parrocchia dell’invisibile. Presentazione di padre Paul
Devreux parroco di Valdibure e Immacolata. Pranzo al sacco.
INFO: Barbara Melani 329 8854411.
PARROCCHIA DI SAN SEBASTIANO
Festa Madonna della Cintola
simi e matrimoni, per i funerali c/o
la chiesa della Misericordia. Grazie
a don Luca Carlesi e don Roberto
Breschi, sarà mantenuto il servizio
per la celebrazione della messa della
domenica alle 9 c/o il chiostro, e
che all’interno è attiva una piccola
comunità di preghiera e organizzativa, nell’attesa dell’arrivo del nuovo
vescovo che deciderà che cosa fare.
Luca Biagini, componente
comunità Ss. Annunziata
I miracoli eucaristici
nel mondo
Forse la risposta è che, dopo 20
secoli dalla venuta di Cristo, non ci
siamo ancora fatti l’idea della “reale
presenza di Gesù”. Siamo tanto
immersi nei “sensi” che tutto ciò
che ne sfugge lo chiamiamo “ideale”
e allora la maggior parte di noi vive
l’eucaristia come un “simbolo”.
Ci sono tante chiese, tantissimi
tabernacoli, ostie consacrate a milioni ma sembra che Gesù sia là e
noi qua, due vite parallele che non si
incontrano mai. Non si può far finta
di niente, Dio è lì, nel tabernacolo.
È realmente presente, Gesù non
scherza, l’eucaristia è una realtà
terribilmente seria.
Chiunque ne comprende lo
spirito non può non ordinare la sua
vita ad essa.
Approfondire lo studio sull’eucaristia, tramite la mostra, porta alla sua
scoperta, per molti aspetti sensazionale e ci facilita ad instaurare questo
rapporto di amicizia che per ognuno
di noi può diventare insostituibile,
speciale ed unico. I miracoli eucaristici rientrano in questo “studio” ed
il Signore li ha suscitati per aiutarci
ad avvicinarsi a lui.
Com’è possibile, sapendo che
Dio è presente realmente nel santissimo sacramento non “vivere”
solo che per questo incontro con
lui nell’eucaristia e non desiderare
che anche gli altri scoprano questo
tesoro?
La mostra offre, attraverso
un’ampia rassegna fotografica, la
possibilità di “visitare virtualmente” i
luoghi sparsi nel mondo dove si sono
Pellegrinaggio in Terrasanta
PARROCCHIA DI VALDIBURE
PARROCCHIA SANT’ANGIOLO-BOTTEGONE
I miracoli eucaristici nel
mondo” è il titolo della
mostra religiosa itinerante
che si terrà presso la parrocchia di Sant’Angelo a Bottegone.
L’inaugurazione della mostra è
inserita all’interno di una giornata
dedicata all’eucaristia, domenica 14
settembre.
L’incontro inizia alle 11 con la
Messa celebrata da fra Roberto
Viglino, dell’ordine dei predicatori
domenicani di Bologna e prosegue
con un pranzo conviviale. Alle 15
catechesi di fra Roberto Viglino con
apertura e presentazione della mostra.Alle 17 l’adorazione eucaristica.
La mostra fotografica rimarrà
aperta dalle 21 alle 23 per tutta la
durata della festa parrocchiale.
La mostra, organizzata dal gruppo “Apostoli della pace” di san
Michele Arcangelo di Bottegone è
scaturita dalla volontà di indurre
il visitatore a riflettere sul valore
dell’eucaristia, elemento fondante
della nostra religione e pertanto
poter evidenziare l’esistenza di Dio,
la divinità di Gesù e la presenza reale
di Gesù nel santissimo sacramento.
Il gruppo apostoli della pace nel
percorso di fede che sta effettuando
si è posto diverse domande fondamentali nella vita di un cristiano.
In particolare: perchè per andare
a trovare Gesù eucaristia non ci sono
folle nelle chiese? Perché dopo la
prima Comunione e la Cresima tanti
giovani smettono di frequentare la
messa? Perché tanti abbandonano la
chiesa e si rivolgono altrove?
Vita
La
n. 30 7 Settembre 2014
verificati questi miracoli eucaristici.
La mostra permette di vedere con i
propri occhi tante reliquie e questo
può aiutarci a rafforzare e mettere in
discussione la propria corrispondenza all’immenso dono che il Signore ci
dona nell’eucaristia.
In un mondo dove è reale il
rischio di disperdersi e perdere di
vista i cardini fondamentali della
nostra fede è necessario recuperare
il senso del soprannaturale e l’immensa ricchezza che il Signore ci ha
lasciato istituendo i sacramenti. Basti
pensare alle parole di Gesù “Io sono
con voi tutti i giorni fino alla fine del
mondo” (Mt 28,20). Questa è una
realtà incredibile! Dio nel suo corpo,
anima e divinità è presente in tutti i
tabernacoli del mondo e basta semplicemente scendere sotto casa, nella
chiesa più vicina, per incontrarlo.
È con la consapevolezza che
l’eucaristia rende costantemente
presente in mezzo a noi il Cristo
risorto che avviene il vero prodigio:
porre l’eucaristia al centro della
nostra esistenza.
La mostra si articola in pannelli
che raccontano la storia del miracolo
e del santuario quale monumento di
storia e di arte che li contiene.
Questo il programma della giornata:
ore 11: Celebrazione eucaristica
ore 12,30: pranzo comunitario
ore 15: presentazione e visita
mostra “I miracoli eucaristici
ore 17: Adorazione eucaristica
Laura Ciani
La festa della Madonna della Cintola a San Sebastiano è iniziata il 28 agosto
e si concluderà il 7 settembre. Prossimi incontri:
sabato 6 settembre ore 18: Messa prefestiva
domenica 7 settembre ore 7,30-10-17: Messa; ore 18: processione per
le vie del paese con la partecipazione della Filarmonica Vittorio Bellini di
Monsummano.
Si ricorda che dal lunedì al sabato la Messa sarà celebrata alle 18. Il parroco
riceve per le confessioni ogni giorno prima della Messa.
PARROCCHIA DI BADIA A PACCIANA
XXXIX Festa storica
di Badia a Pacciana
La XXXIX Festa storica di Badia a Pacciana a Badia a Pacciana è in programma
dal 6 al 14 settembre. Prossimi incontri:
sabato 6 settembre ore 8: Messa di apertura della festa
domenica 7 settembre ore 11: Messa per i portatori di handicap e famiglie.
Segue pranzo offerto dal comitato organizzatore.
Domenica 14 settembre ore 10,30: Messa solenne
PARROCCHIA DI SAN BIAGIO IN CASCHERI
Festa parrocchiale della Madonna
Domenica 7 settembre ore 9-11-19: Messa; ore 15.30 Festa dei nonni (Pomeriggio con la “3a età” giochi, conversazione, dolci, musica e tanta allegria)
8-9-10-11/9 ore 21 Rosario nei giardim attigui alla chiesa
Venerdì 12/9 ore 21 Serata della memoria (messa per tutti i parrocchiani
defunti, con particolare menzione per quelli deceduti nell’ultima annata).
Sabato 13/9 ore 15.30 Festa del bambini pomeriggio animato con giochi,
scenette, canti dal gruppo giovani; ore 21 Canti popolari proposti dal Coro
Polifonico San Biagio
Domenica 14/9: ore 9-11-19 Messa; ore 12: Benedizione delle automobili
ore 12.45 Pranzo comunitario (su prenotazione): ore 21 “Processione aux
flambeaux”.
Per tutto il periodo della Festa nei locali parrocchiali è aperta la Fiera di
beneficenza e sarà allestito un mercatino.
Per tutto il mese di settembre sono aperte le iscrizioni ai vari corsi di catechismo parrocchiale, che avranno inizio domenica 5 ottobre.
INFO: tel. 0573.34982 - cell 340.5366025
PARROCCHIA DELLA VERGINE
Fratelli, sorelle! Buonasera...
La parrocchia della Vergine, in collaborazione con l’associazione culturale “I
narranti” organizza la seconda rassegna teatrale amatoriale “Fratelli, sorelle!
Buonasera...” che avrà luogo dall’autunno 2014 alla primavera 2015 presso i
locali parrocchiali “Giovanni Paolo II” con cadenza quindicinale, in serate da
stabilirsi, ed è rivolta a compagnie amatoriali.
Ricordo di Ligure Leporatti
L
a signorina Ligure Leporatti ci ha lasciati il
giorno 21 agosto dopo
avere combattuto contro
il male impietoso che l’aveva colpita,
sorretta da una fede profonda ed
incrollabile, sempre pronta a confrontarsi con la parola di Dio.
La sua vita, oltre al lavoro artigianale per qualificate ditte di confezioni, è stata dedicata alla famiglia,
ai fratelli Alfiero e Renato, deceduti
da tempo, e a don Mario, con il quale
ha trascorso gli ultimi anni in maniera
onesta e leale nei propri confronti e
verso gli altri.
È stata come una madre amorevole e dolce esempio di correttezza
morale e spirituale.
Noi possiamo ricordarLa, ricordare solo che è andata via, oppure
accarezzare il suo ricordo e lasciarlo
vivere ancora.
Vita
La
7 Settembre 2014
L’angolo della famiglia
Ufficio Pastorale con la famiglia
La famiglia, società
naturale fondata
sul matrimonio
L’
comunità ecclesiale
n. 30
art. 29 della Costituzione italiana dice testualmente: “La
Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato
sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti
stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
Questo articolo non si presta a dubbi e interpretazioni varie; la famiglia
è una società naturale fondata sul matrimonio. Sono parole chiare che
non permettono discussioni, almeno fino a quando la Costituzione è così
formulata, anche perché nei successivi articoli 30 e 31, qualora ci fossero
dei dubbi, si chiarisce il ruolo dei genitori verso i figli. Quindi la famiglia è
formata da due genitori, un uomo e una donna e dagli eventuali figli.
Tutto questo ci fa essere molto lontani da altre culture in cui si parla
di poligamia, di poliandria, di omogenitorialità, di monogenitorialità, di
poliginia, di poliginandria, e così via. In questo quadro giunge una notizia
positiva dall’Onu riunito a Ginevra per la sua ventiseiesima sessione. Il
Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite ha approvato il 25 giugno
con 26 sì, 14 no e 6 astensioni una risoluzione per la “Protezione della
famiglia”. Nel documento si riafferma che “la famiglia è l’elemento naturale
e fondamentale della società e che essa ha diritto alla protezione della
società e dello Stato. Il consiglio dei diritti umani dell’Onu, comprende
47 membri, eletti con voto segreto dall’assemblea generale: 13 dell’Africa,
13 dell’Asia, 8 dell’America latina e Caraibi, 6 dell’Europa orientale, 7
dell’Europa occidentale e altri Stati. È stata una risoluzione dal cammino
difficile che è stata presentata da 28 Stati membri dell’assemblea dell’Onu.
Infatti per diversi mesi si cercava da varie parti di ‘ammorbidirne’ il testo
con l’intenzione di includervi la citazione di tipi di unione diversi da
quello della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e tesa alla
procreazione dei figli. Tentativi ‘aperturisti’ falliti. La presentazione è stata
fatta dal rappresentante dell’Egitto, e sono intervenuti altri stati: la Sierra
Leone ha evidenziato: “la famiglia è importante per promuovere un ordine
sociale giusto”; la Costa d’Avorio ha sottolineato: “una delle priorità
del governo ivoriano è stata quella di ricostruire l’unità delle famiglie”;
l’Uruguay ha presentato un emendamento pro-altri tipi di unione respinto
su sollecitazione della Russia; la Gran Bretagna è intervenuta per evitare di
“imporre un modello unico di famiglia”, sostenuta da Stati Uniti, Germania,
Francia, Brasile, Cile, Irlanda, Austria, Argentina; in difesa della risoluzione
hanno preso la parola India,Vietnam, Algeria, Arabia Saudita.
Poi il voto finale del Consiglio: 26 gli Stati per la risoluzione a favore della
famiglia (Africa del Sud, Algeria, Arabia Saudita, Benin, Botswana, Burkina
Faso, Cina, Congo, Costa d’Avorio, Emirati arabi uniti, Etiopia, Federazione
russa, Gabon, India, Indonesia, Kazakhistan, Kenia, Kuweit, Maldive, Marocco,
Namibia, Pakistan, Filippine, Sierra Leone, Venezuela e Vietnam), 14 gli
Stati contrari alla risoluzione a favore della famiglia (Germania, Austria,
Cile, Estonia, Stati Uniti, Francia, Irlanda, Italia, Giappone, Montenegro,
Repubblica di Corea, Repubblica ceca, Romania, Gran Bretagna), 6 gli
astenuti (Argentina, Brasile, Costa Rica, Ex-Repubblica jugoslava di
Macedonia, Messico, Perù).
In sintesi: per il sì si sono pronunciati tutti i Paesi africani e il blocco arabo;
gran parte degli Stati asiatici; uno Stato latino-americano, (Venezuela),
la Russia, il Kazakhistan. Per il ‘no’ quasi tutti gli Stati europei, gli Stati
Uniti; due asiatici (Corea e Giappone), uno Stato latino-americano, il Cile.
Astenuti: 5 stati latino-americani e l’europea Macedonia.
Interessante, no? Da una parte in sostanza Africa, Paesi arabi, larga parte
dell’Asia e Russia. Dall’altra Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea. In
mezzo l’America latina. La risoluzione è passata nonostante l’avversione
del fior fiore del ‘progressismo’ statunitense ed europeo (anche dell’Italia).
L’Europa, culla della cultura che ha nella famiglia il fondamento della sua
storia passata e presente, è stata messa in minoranza da alcuni stati che
nel pensare comune vivono una famiglia “diversa”. Questo lascia molto
pensare. Stiamo forse perdendo i fondamenti della nostra storia e cultura?
Leggiamo il testo per vedere cosa c’è di tanto scandaloso per il nostro
buon senso:
“Il Consiglio dei diritti umani, riafferma gli obiettivi e i principi della Carta delle
Nazioni Unite, ispirandosi alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (…).
Riafferma che incombe in primo luogo agli Stati di promuovere e proteggere i
diritti dell’uomo e le libertà fondamentali di tutti gli esseri umani, in particolare
delle donne, dei bambini e degli anziani, (…) È cosciente che spetta alla famiglia
in primo luogo allevare e proteggere i bambini e che essi, per poter raggiungere
una completa e armoniosa maturazione della loro personalità, devono crescere
in un quadro familiare e in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione, (…)
Convinto che la famiglia, unità fondamentale della società e ambiente naturale
per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei bambini,
deve ricevere la protezione e l’assistenza di cui ha bisogno per poter assumere
in pieno il suo ruolo nella comunità, (…) Riafferma che la famiglia è l’elemento
naturale e fondamentale della società e che essa ha diritto alla protezione
della società e dello Stato”. Questo il testo. Chissà che cosa conteneva di
‘politicamente scorretto’ per non votarlo?
A QUATTRO ANNI DALLA MORTE
9
Una memoria
di don Patrizio Guidi
D
opo 4 anni abbiamo
voluto fare memoria
di don Patrizio fra le
rocce e il vento di cui si
è nutrito il suo spirito. Siamo saliti
sul Pisanino per riascoltare la sua
voce in purezza; lo abbiamo fatto
sulla vetta, noi soli, con l’ausilio di
moderne tecnologie, riproducendo
l’audio di una vecchia cassetta con
la sua voce registrata.
“V domenica del tempo ordinario, anno C”; durata 18 minuti. Sulla
vetta del Pisanino, circondati dalla
nebbia e dal sinistro rumore della
roccia spaccata nelle cave di marmo, abbiamo ascoltato un’omelia.
Non vogliamo però raccontare
quanto abbiamo provato –le emozioni– né fare poesia, tantomeno
retorica, su questo momento.
Certo, la scena avrebbe colpito
chiunque si fosse trovato a raggiungere la vetta in quelle ore; ma
ancor più, siamo sicuri, avrebbero
colpito la voce e le parole. Per il
loro contenuto, mai banale (non
capivi mai dove ti avrebbe condotto quel giorno); per il loro stile, mai
ammiccante né accattivante (non
si lasciava vincere dalla tentazione
dello ‘spettacolo’); per il loro tono,
mai clericale (la parola era sempre
ripulita dalla patina del sacro).
Mentre ascoltavamo, sentivamo
quanto fosse autentica quella frase
incisa sulla sua lapide: “né una parola mai per mestiere / non un assenso
per comoda quiete”.
Solo un’omelia: 18 minuti densi
di cuore e di mente, spaesanti, nutrienti, capaci di aprire squarci nella
patina dell’abitudine e agitare lo
stagno del pensiero.
Ci siamo ritrovati a pensare
che non era l’eccezionalità del
luogo a rendere suggestive quelle
parole; osiamo credere che non
era neppure la nostalgia che, lo
confessiamo, ci è stata compagna
durante le 3 ore di ascesa al monte, lungo le pareti di roccia, mentre
il vento mutava continuamente le
condizioni del paesaggio. No, non
era il luogo a rendere eccezionali
le parole. Semmai il contrario.
Era solo un’omelia, eppure…
Ogni domenica, in ogni parrocchia
del mondo cattolico, qualcuno si
assume il compito di far risuona-
re la Parola, interpretando la vita
alla sua luce e interpellandola con
la vita concreta degli uomini. Ma,
francamente, quante di queste sono
soltanto occasioni sprecate? Quante omelie di puro mestiere? Quante riflessioni che non servono una
vera liturgia della comunità?
“L’omelia non è stare a leggere
come da lontano la Parola, quasi
per misurarla meglio così com’è, in
distanza asettica. Dov’è quella passione partecipativa che è lo specifico
dell’incarnazione; la Parola eterna che
si contaminava di tempo; il Dio che
gioiva nello sposarsi con la creatura?
Dov’è quella commozione divina che
leggiamo nelle tante pagine dell’Antico
come del Nuovo Testamento? Dov’è la
pienezza umana di Gesù, il suo sommesso esistere, il suo scarno parlare
con i deboli, i cercatori di speranza,
tutti i capaci di meraviglia interiore e i
disposti all’ascolto?”
Noi, in questa omelia di roccia
e vento, che nasceva dalla fatica di
interpretare il presente dell’uomo,
abbiamo ritrovato intero quell’uomo che abbiamo conosciuto e che
ha lasciato nel nostro giardino la
gobba più grande. Quelle parole
erano tutt’uno con la sua vita; vi
sentivamo la fatica come se nascessero da un’arrampicata sulla roccia
e ci svelavano pezzi di verità come
fa il vento quando spazza via la
nebbia, quella nebbia sempre pronta a rioccupare lo spazio appena
il soffio si attenua. Ci sembrava di
vedere il percorso di quelle parole:
partivano da un luogo alto, dal Mistero della Parola, si immergevano
nelle profondità della terra e, cariche di una profonda dimensione
orizzontale di amore, ne uscivano
distillate, capaci di essere sempre
nuove perché sempre nuovo è il
qui ed ora dell’uomo.
In questa omelia ascoltata sulla
vetta del Pisanino abbiamo ritrovato i segni dell’uomo che 4 anni fa ci
ha lasciato: la solidità, la fermezza
della volontà, la parresia, il rigore in
ogni aspetto della vita, l’affidabilità;
l’immaginazione e la profondità che
vince ogni routine, l’apertura al
cambiamento e la capacità di interpretarlo, la vera libertà. La roccia e
il vento.
Ma salgo sui monti
e devo ignorare
il conformismo di chi ti ricerca
severa coscienza di libertà
fuori dal tempo della sua vita
e crede che assenza
d’incontro col corpo
di quotidiana fatica con gli altri
ci possa bastare
Corno alle scale (1975)
Cristina Gori, Luca
Gaggioli, Maurizio Bretalli,
Paolo Cecchi, Tiziana Biagini
10 comunità e territorio
n. 30 7 Settembre 2014
CRISI
«Sfratto? No, grazie!»
Si conclude
positivamente
il progetto della
Fondazione Caript
gestito in
collaborazione con
la Caritas e rivolto
alla prevenzione
del disagio abitativo
S
richieste sono pervenute da giovani
di nazionalità albanese, mentre nel
secondo semestre (gennaio – luglio
2014) si è registrato un significativo
incremento delle domande da parte
di famiglie italiane. Inoltre, nel secondo semestre, il numero delle domande è quasi raddoppiato rispetto al
periodo precedente – passando da
47 ad 81 – mentre l’età media dei
richiedenti si è attestata intorno ai 40
anni, con un aumento tuttavia degli
over 50. Grazie al monitoraggio degli
operatori della Caritas, si è potuto
constatare che, sebbene l’intervento
non sia stato in tutti i casi risolutivo,
la concessione del contributo ha
aiutato alcuni soggetti a superare un
momento di temporanea difficoltà
dovuto alla mancanza di occupazione, evitando così la perdita della
casa. Tutti inoltre hanno evidenziato
l’importanza del contributo ricevuto,
anche rispetto ad altre forme di
sostegno e assistenza sociale: quella
dell’affitto è infatti una spesa fissa e
inderogabile, sulla quale non si può
incidere attraverso un adeguamento
del proprio stile di vita.
Vista la positiva accoglienza ed i risultati ottenuti, la Fondazione Caript
sta valutando, unitamente alla Caritas
Diocesana di Pistoia, di dare seguito
all’iniziativa nel prossimo anno.
CASa
Alloggi di edilizia
residenziale pubblica
F
Ultimi giorni per accedere alle graduatorie del Comune
ino a sabato 13 settembre
sarà possibile presentare
la domanda per accedere
alla graduatoria per l’assegnazione in locazione di alloggi di
edilizia residenziale pubblica che si
renderanno disponibili per l’anno
2014. Lo rende noto il Comune di
Pistoia, spiegando che la graduatoria
attualmente vigente, pubblicata nel
maggio 2013, cesserà di essere in vigore dal momento dell’approvazione
della nuova. Per questo, coloro che
sono interessati ad essere ammessi
alla graduatoria del 2014 dovranno
presentare nuovamente la domanda.
Dalla graduatoria definitiva verranno individuati due elenchi speciali
RIENTRO A SCUOLA
Guerra
delle cattedre
U
di Patrizio Ceccarelli
i è chiuso il primo anno
dell’iniziativa “Sfratto? No,
grazie!”, il progetto della
Fondazione Caript dedicato
alla prevenzione del disagio abitativo
e rivolto in particolar modo alle
procedure di sfratto, che negli ultimi
anni hanno sempre maggiormente
interessato il territorio provinciale
pistoiese, registrando un incremento
dovuto in parte alla crisi economica
in atto e alle conseguenti ricadute
negative sull’occupazione e sul
reddito. Il problema occupazionale,
determinato dalla mancanza o dalla
perdita di lavoro, è infatti la causa
principale dell’impossibilità a provvedere all’affitto della casa: all’origine
dell’iniziativa ‘Sfratto? No, grazie!’,
la volontà di prevenire un disagio
sociale in crescita, generato dalla
complessa e preoccupante crisi del
mercato del lavoro. Il progetto, gestito in collaborazione con la Caritas
Diocesana di Pistoia, è stato lanciato
nel luglio 2013 dalla Fondazione
Caript con uno stanziamento complessivo di 100.000 euro distribuiti
nell’arco di 12 mesi, durante i quali
sono state presentate 128 domande,
71 delle quali accolte.
Secondo quanto rilevato, nel primo
semestre dell’iniziativa (luglio 2013 –
gennaio 2014) la maggior parte delle
Vita
La
riservati a particolari categorie di
destinatari: le giovani coppie e gli
ultrasessantacinquenni. Il bando che
indica requisiti, documentazione
necessaria e modalità di formazione
e pubblicazione della graduatoria è
disponibile, insieme al modello della
domanda, sul sito internet del Comune (www.comune.pistoia.it) oppure
può essere ritirato all’ufficio relazioni
con il pubblico Pistoia Informa in
Piazza del Duomo1 (telefono 800
012146) dal lunedì al venerdì dalle 9
alle 13 e dalle 15 alle 18, il sabato dalle
9 alle 13; al Servizio sviluppo economico e politiche sociali in piazza San
Lorenzo 3 (telefono 0573 371400)
il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9
alle 12.30, il martedì e giovedì dalle
15.30 alle 17.30; al centro interculturale in via dei Macelli 11 (telefono
0573 371368-69) il lunedì e venerdì
dalle 9 alle 13, il martedì e giovedì
dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.30;
alla Spes Scrl (portineria) in via del
Villone 4 (telefono 0573 504201) dal
lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e il
giovedì dalle 14.30 alle 17. Una volta
compilata in ogni sua parte, firmata
e corredata da tutta la documentazione necessaria, la domanda dovrà
essere presentata completa di marca
da bollo da 16 euro al protocollo del
Comune oppure inviata a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o
tramite posta elettronica certificata.
n grosso pasticcio. Cosi si potrebbe definire la rivoluzione scolastica riguardante l’assegnazione delle cattedre. Le prossime
immissioni in ruolo e le chiamate per gli incarichi annuali degli
insegnanti di ogni ordine e grado della nostra provincia quest’anno
saranno più complicate del solito col il rischio di lasciare tutti scontenti dai
lavoratori precari della scuola alle famiglie degli studenti oramai abituate a
vedere il corpo docente cambiare di anno in anno.
Nella nostra provincia infatti su un fabbisogno di 350 cattedre dovrebbero
essere effettuate ben 248 immissioni in ruolo. I 102 posti che resteranno
scoperti dovrebbero essere assegnati con incarichi annuali ai docenti precari. Tali incarichi rappresentano per i docenti in attesa di stabilizzazione
la migliore delle prospettive possibili in quanto i contratti vanno generalmente da settembre a giugno dell’anno successivo mentre nei mesi estivi
di luglio ed agosto percepiscono l’assegno di disoccupazione in attesa di
“rientrare” a settembre.
Da quest’anno però le cose dovrebbero cambiare; un decreto ministeriale
ha stabilito infatti che l’assegnazione del 50% dei posti disponibili ai docenti
dell’ultimo concorso possa funzionare anche in maniera reattiva mentre
finora le immissioni in ruolo venivano effettuate chiamando per metà i
vincitori di concorso degli anni passati e per l’altra metà pescando in una
graduatoria ad esaurimento.
Con questa “rivoluzione” la scuola dell’infanzia dei 22 posti disponibili , 19
andranno ai docenti del concorsone mentre solo 3 agli insegnanti delle
graduatorie ad esaurimento. Nelle scuole primarie dei 33 posti ben 24
saranno assegnati ai con corsisti e ai restanti 9 a quelli in graduatoria; dei
38 posti delle medie il rapporto sarà di 30 contro 8 mentre dei 52 posti
per le superiori 31 saranno di quelli del concorso e 21 ripescati dalla graduatoria. Anche per i posti sul sostegno verrà adottato lo stesso criterio.
Per quanto riguarda i fuori provincia sono molti i docenti che hanno fatto
richiesta di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento che per lo più
si tratta di docenti che provengono dal sud e fra loro ci sono insegnanti
precari che sono arretrati in graduatoria di 20 o addirittura di 30 posizioni .
Edoardo Baroncelli
SANITA’
Nuove modalità
per il ticket
Ad ottobre arriva anche la ricetta elettronica
V
anno a regime le nuove modalità di pagamento del ticket. Dal primo
settembre, infatti, sono stati aboliti i bollettini postali e bancari, sostituiti dal sistema “Sportello Amico” di Poste Italiane che – puntualizza
L’Asl - garantisce la tracciabilità del pagamento sia per il cittadino
che per l’azienda sanitaria eliminando così verifiche e riscontri successivi:
bastano un documento di riconoscimento e il codice fiscale o la carta sanitaria
elettronica. Sarà il sistema di Poste, collegato all’Asl, a reperire tutti i dati
necessari, compreso l’importo. In alternativa, è possibile pagare il ticket presso
le macchinette (punti rossi, incrementati e abilitati al pagamento anche con
bancomat e carte di credito), sempre con la carta sanitaria o ricorrendo al
codice a barre stampato sul foglio di prenotazione, o presso le tabaccherie.
L’Asl ricorda che il pagamento va effettuato prima della prestazione che non
potrà essere effettuata in caso di mancata esibizione della ricevuta. Grazie
alle novità introdotte, il ticket può essere pagato anche da casa collegandosi e
registrandosi a Postesalute (https://postesalute.poste.it/login.shtml), o anche
attraverso il sito della Asl www.usl3.toscana.it andando alla sezione “servizi
al cittadino, pagamento del ticket”: è sufficiente registrarsi, entrare nell’area
ticket e procedere al pagamento on line (con carta di credito, carta Postepay,
addebito su conto Banco Posta e con Banco Posta). Una volta effettuato il
pagamento il cittadino riceverà regolare ricevuta valida ai fini fiscali. Il direttore amministrativo Luca Cei precisa che i cambiamenti previsti ed attesi in
questo delicato settore saranno numerosi ma garantiranno ai cittadini sistemi
automatici e diffusi su tutto il territorio con la possibilità di rilevare, in tempo
reale, la tracciabilità dei pagamenti.“La compartecipazione alla spesa sanitaria
da parte del cittadino –evidenzia Cei - è un dovere che permette però a
tutti, indigenti compresi, di usufruire del diritto di accesso alle cure sanitarie
e pertanto assicura ad ognuno di noi un sistema sanitario pubblico fondato
sui principi della solidarietà e dell’equità. Chiediamo pazienza ai cittadini nel
caso vi fosse in fase di avvio qualche problema e impegno e responsabilità a
tutti, pazienti e operatori, per la verifica del previo pagamento”. L’Asl segnala,
inoltre, che dal 1 ottobre con il passaggio alla ricetta elettronica non sarà
poi più possibile auto-certificare la propria fascia economica di reddito, né
in farmacia, né presso gli ambulatori specialistici. Sulla ricetta, infatti, sarà già
presente il codice della fascia economica certificata, risultante dalla banca
dati dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps. In previsione di questo importante
cambiamento l’Asl ricorda di attivare, per chi non lo avesse ancora fatto, la
Carta sanitaria elettronica: basta recarsi ad uno degli sportelli del territorio
dell’azienda.
Vita
La
comunità e territorio
n. 30
CUTIGLIANO
7 Settembre 2014
Festa per 60 anni
“Villaggio Cimone”,
nel nome di La Pira
Una mostra allestita nei locali del centro studi “Beatrice la Pastora”
ne ripercorre le tappe più significative
P
ian degli Ontani e l’intera
comunità di Cutigliano si
preparano a festeggiare i
primi 60 anni del “Villaggio
Cimone”, la struttura dell’Opera per
la gioventù intitolata a Giorgio La
Pira e costruita, in pochi mesi, nella
primavera/estate di sessanta anni
fa: da allora ha ospitato decine di
migliaia di giovani, da tutta Italia, per
attività di formazione. Da qualche
giorno, nei locali del Centro Studi
intitolato a “Beatrice la Pastora”,
in Pian degli Ontani, è visitabile una
mostra con pannelli che riepilogano
i 60 anni: resterà aperta fino a domenica 14 settembre quando sarà
ricordato Giuseppe Arpioni, ideatore
e fondatore del “Villaggio”, stretto
collaboratore di Giorgio La Pira
e considerato una fra le figure più
rappresentative del laicato cattolico
toscano del Novecento. Su iniziativa
dell’Amministrazione Comunale, ad
Arpioni (“educatore”) verrà intitolato un tratto di strada che porta alle
strutture del Villaggio. Su Pino Arpioni e sui campi-scuola, in particolare su
quello marino (“La Vela”) a Castiglion
della Pescaia, ha da poco scritto un
libro (“Sessant’anni di campi scuola”) il giornalista fiorentino Claudio
Turrini. Volume che racconta anche
le motivazioni per cui, nel clima
dell’immediato dopoguerra, e assai
provato dalla violenza dei totalitarismi,Arpioni decise di dedicare la sua
vita all’educazione dei giovani.
Già nel 1946, presidente della
Gioventù di Azione Cattolica,Arpioni
iniziò a organizzare campi estivi sui
monti di Pistoia. Venne poi eletto
consigliere comunale a Firenze e il
sindaco La Pira gli affidò i “cantieri
di lavoro”. Dopo i campi nel1953
a Dogana Nuova di Abetone alle
pendici del Cimone (da cui il nome
del Villaggio) e ai quali parteciparono
dirigenti centrali dell’Azione Cattolica (fra cui Emmanuele Milano, futuro
direttore generale di RaiUno, e lo
scrittore Umberto Eco), il progetto
del Villaggio montano si concretizzò
a Pian degli Ontani. E ai primi di luglio
1954 le cinque casette prefabbricate ciascuna intitolata a un monte
circostante (Selletta, Campolino,
Libro Aperto, Doganaccia, Gomito)
iniziarono a ospitare i primi giovani.
GEMELLAGGI
Venti anni d’amicizia nel segno
della musica d’organo
Celebrato il ventesimo anniversario del patto tra Comune di Pistoia e di Shirakawa
e il trentesimo anniversario della Shirakawa Italian Organ Music Accademy
È
stata una doppia ricorrenza quella che nei giorni
scorsi è stata festeggiata
a Shirakawa e a cui ha
preso parte l’assessore alla cultura
del Comune di Pistoia Elena Becheri. Ricorre quest’anno, infatti, il
ventesimo anniversario del patto
di gemellaggio tra il Comune di Pistoia e quello di Shirakawa, firmato
il 30 ottobre 1994, e il trentesimo
anniversario della Shirakawa Italian
Organ Music Accademy, fondata
nel 1984. Il rapporto di scambio
che unisce le due cittadine si basa
infatti su una comune passione per la
musica d’organo, che nel tempo si è
allargato ad altri ambiti. È del marzo
scorso la visita di una delegazione di
sei ragazzi e alcuni rappresentati della
cittadina giapponese a Pistoia, ospitati
da altrettante famiglie pistoiesi, permettendo un arricchimento culturale
reciproco. Particolarmente denso di
impegni il programma dell’assessore
Elena Becheri, che sabato 30 agosto
ha fatto tappa prima nella città di Nagoya, per poi spostarsi a Minokamo,
dove ha ricevuto il benvenuto dai
colleghi della cittadina giapponese.
A Shirakawa, invece, domenica 31
agosto, l’assessore ha visitato il laboratorio in cui vengono realizzati
gli organi, dopodiché, in municipio, si
è svolta la cerimonia che si è aperta
con un concerto commemorativo,
seguito da un incontro improntato
sull’esperienza vissuta dalla giovane
delegazione giapponese a Pistoia
nel marzo scorso e sull’importanza
dell’amicizia che lega le due città. AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI AGLIANA
Publiacqua: al via i rimborsi
L’
amministrazione comunale aglianese sta divulgando le modalità per
ottenere il rimborso da
parte di Publiacqua della
quota di tariffa riferita al servizio
di depurazione per coloro che ne
hanno diritto.
La domanda di rimborso deve essere
presentata entro il 30 settembre. Può
essere inviata a Publiacqua in modo
cartaceo o mediante internet, oppure consegnata agli uffici al pubblico
dell’azienda.
Nella home page del sito dell’azienda
(www.publiacqua.it) è disponibile
un’apposita sezione dove, una volta
inserito il codice utente, che si trova in alto a destra di ogni bolletta
Publiacqua, si può avere immediata
evidenza del diritto o meno a vedersi
restituita la quota depurazione e della somma a cui eventualmente si ha
diritto. Per le utenze attive è possibile
anche compilare direttamente on line
la richiesta di restituzione
E’ possibile vedere se si ha diritto o
meno alla restituzione e richiederla
anche a partire dal sito web del Comune di Agliana che ha collegato e
reso raggiungibile la sezione del sito
di Publiacqua inerente ai rimborsi.
A seguito di alcune segnalazioni da
parte di cittadini e di amministrazioni
comunali, Publiacqua sta terminando
in questi giorni di revisionare le
proprie banche dati con un’ulteriore
quota di utenze che hanno diritto al
rimborso. L’operazione terminerà
verso la metà di agosto e i titolari
di tali utenze verranno informati del
loro diritto alla restituzione con una
lettera allegata alla prossima bolletta.
Per tutto il mese di settembre l’Ufficio relazioni con il pubblico dello
stesso Comune di Agliana sarà a disposizione dei cittadini per assisterli
nella verifica online e nella successiva
compilazione (online o cartacea) dei
moduli per il rimborso.
M. B.
Da allora ne sono passati migliaia e
fra questi anche nomi poi destinati
a farsi largo anche nella politica. Nel
secondo turno di quel luglio di 60
anni fa - nel gruppo “Aspiranti Emilia
Romagna”, in sella a una bicicletta
giunse al villaggio, direttamente da
Reggio Emilia, il quindicenne Romano
Prodi. Ma l’ex presidente del Consiglio e della Commissione UE non è
l’unico, fra i politici nazionali odierni,
ad essere transitato da Pian degli
11
Ontani. Per quasi tutte le estati degli
anni Ottanta fu presente al Villaggio
anche il futuro presidente del Consiglio Enrico Letta, prima con i campi
del Movimento studenti di Azione
Cattolica e poi del Gruppo universitari di Pisa. I pannelli della mostra
raccontano le varie fasi nella vita del
Villaggio.Viene ricordato anche Pino
Arpioni, cui nel novembre 2000 il
Consiglio Comunale di Cutigliano
conferì la cittadinanza onoraria.
Cultura
Torna Serravalle Noir
L’ottava edizione della rassegna rende omaggio
a Simenon e al suo commissario Maigret.
L’appuntamento è per questo sabato
I
l commissario Maigret è uno dei protagonisti dell’ottava edizione di “Serravalle Noir”, la rassegna dedicata alla lettura poliziesca e al fumetto curata
dal Club Amici del Giallo di Pistoia, in collaborazione con l’assessorato alla
cultura del Comune di Serravalle Pistoiese, che il 6 settembre rende omaggio
a George Simenon, nel venticinquesimo anniversario dalla sua scomparsa.
Dopo Dylan Dog, Eva Kant, Tex nella locandina del Noir 2014, Maigret emerge
in primo piano all’interno del loggiato della Chiesa di San Michele: nei manifesti
della rassegna, infatti, cambia il protagonista ma l’ambientazione è sempre
rigorosamente nel borgo di Serravalle.
“Con il Noir il borgo di Serravalle chiuderà un’estate ricca di manifestazioni che
hanno richiamato tantissime persone -spiega l’assessore alla cultura e vicesindaco,
Simona Querci-. Tutti gli eventi sono sempre a ingresso libero perché la cultura
deve favorire l’aggregazione e la socializzazione tra la gente”.
L’apertura della manifestazione è alle 16.45, nell’Oratorio della Vergine Assunta:
il giornalista Maurizio Testa, esperto conoscitore del commissario francese, e
Giuseppe Prevìti, presidente del Club del Giallo di Pistoia, condurranno i colloqui
dal titolo “Maigret a Serravalle: un caso da non perdere”.
Alle 17.45 Luca Boschi, curatore di molte collane Disney, sarà il protagonista del
Giallo Comics “Topolino e Paperino”.
Alle 18.30, la presentazione del libro “Ogni giorno ha il suo male” (ed. Giunti). Sarà
presente l’autore,Antonio Fusco, criminologo e capo della Squadra Mobile di Pistoia.
“Dal pomeriggio a sera, l’Ufficio Turistico del Comune di Serravalle Pistoiese sarà
aperto, a disposizione per informazioni e gite turistiche per il borgo –annuncia
l’assessore Querci–. Inoltre, prima dell’apertura ufficiale del Noir 2014 e dopo la
chiusura della prima parte, sarà anche possibile visitare la Torre del Barbarossa:
alle 16 e alle 19.30”.
Alle 21.30 la cerimonia di premiazione entrerà nel vivo con l’assegnazione dei
cinque riconoscimenti: il “Serravalle Noir 2014” andrà al giallista Maurizio De
Giovanni, il “Premio Roberto Santini” al colonnello dell’arma e giornalista, direttore
della rivista Carabinieri, Roberto Riccardi, il “Premio Furio Innocenti” allo scrittore
Simone Togneri, il “Premio Lucia Prioreschi” alla sceneggiatrice Francesca Bertuzzi.
Infine, il “Premio speciale Fantasy, Horror and Mystery” sarà assegnato allo scrittore Eraldo Baldini. A tutti i premiati il noto caricaturista pistoiese Bac (Franco
Bacci) donerà un disegno che li ritrae.
Alle 22.30 il dibattito sul tema:“Orrori familiari, quando gli assassini sono in casa”
chiuderà questa edizione 2014.
PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE
Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633
- [email protected] - [email protected]
SEDE PISTOIA
Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected]
FILIALI
CHIAZZANO
Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]
PISTOIA
Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]
MONTALE
Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]
MONTEMURLO
Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]
SPAZZAVENTO
Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]
LA COLONNA
Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]
PRATO
Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]
S. AGOSTINO
Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]
CAMPI BISENZIO
Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]
BOTTEGONE
Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]
12
I
V
comunità e territorio
CENTRO STUDI “G. DONATI”
Ricordo di Pierino Gelmini
l saluto del Centro
studi “G. Donati” a
Pierino Gelmini, eroe
della lotta alla droga.
Protagonista coraggioso
e controverso.
Ha aperto 164 comunità
in tutto il mondo e ospitato
circa trecentomila giovani.
Il Centro studi “G.
Donati” lo ricorda con
commozione nei suoi nume-
La ita
n. 30 7 Settembre 2014
COMUNE DI PITEGLIO
rosi incontri con i giovani
pistoiesi.
Nel 1992 gli fu conferito,
in occasione della Giornata
internazionale della pace, il
Premio della solidarietà in
ricordo di Giorgio La Pira.
Nel 1995 il Centro Studi
“G. Donati” gli fece dono
di un cavallo da lavoro per
la sua comunità sull’Aspromonte.
Shirakawa (Giappone)
I
XXX anniversario degli inizi
dei corsi di organo italiano
l 31 agosto 2014 e stato
celebrato a Shirakawa,
con grande solennita, il
trentesimo anniversario
degli inizi dei corsi di organo
italiano, che, iniziati nel 1985, si
sono svolti ogni anni con costante partecipazione di organisti proveniente da ogni parte
del Giappone. La celebrazione
e iniziata la mattina con una
messa solenne, abbellita dal
canto gregoriano e dal suono
dell`organo. La celebrazione
e continuata nel pomeriggio
nel Chomin Kaikan. Il sindaco di Shirakawa ha fatto
gli onori di casa. Oltre a lui,
hanno parlato l’assessore alla
cultura del comune di Pistoia,
Elena Becheri, ed i docenti,
Umberto Pineschi e Masakata
Kanazawa, che hanno rievoca-
to le vicende di questi trenta
anni. Uno dei membri del
parlamento giapponese (ve ne
erano ben quattro presenti)
ha fatto prsente che l’Accademia d’Organo di Shirakawa e
ammirata in tutto il Giappone
come un esempio speciale di
Iniziative
di fine estate
tempo di bilanci per le frazioni del Comune di Piteglio. La
stagione è stata brutta per grandi precipitazioni piovose ma
nonostante questo le varie Pro Loco hanno trovato spazio
per le loro iniziative. La più bella senza alcun dubbio è stata
la sfilata storica di Prataccio, mentre a Prunatta ha trovato
larghi consensi la festa della birra che si è svolta al campo
sportivo della Torraccia e a Piteglio le varie manifestazioni di
Ferragosto.
A Prunetta sono in preparazione due importanti iniziative: la
Parrocchia festeggia la sua patrona, la Madonna delle Grazie, il
13 e 14 settembre, manifestazione già in atto negli anni 1000
dai cavalieri templari. È anche allo studio la seconda manifestazione che si terrà il giorno 28 settembre alle ore 16:00
presso i locali della Pro Loco per illustrare il bilancio di attività della stessa. Nell’ambito della riunione saranno richieste
anche eventuali nuove candidature per entrare a far parte
di questo efficiente consiglio. Non dimentichiamo le brillanti
iniziative del paese di Calamecca con la rievocazione storica
del condottiero fiorentino Francesco Ferrucci, le sue gesta e
lo sfortunato viaggio attraverso i Monti delle Lari e concluso,
in modo tragico, a Gavinana dove trovò un’atroce morte ad
opera del condottiero napoletano Fabrizio Maramaldo.
Giorgio Ducceschi
relazioni culturali fra i popoli,
in questo caso in nome della
musica ed in particolare della
musica d’organo.
spor t pistoiese
SCHERMA
Agliana, il tuo colore
è l’azzurro
L
e notizie che giungono da Agliana
schiudono le porte del cuore alla speranza. Dopo il nuoto portato ormai
a livelli internazionali dalla Nuotatori
Pistoiesi (con Niccolò Bonacchi agli Europei Assoluti e Giulia Gabbrielleschi a quelli juniores di
fondo), ecco le nuove convocazioni in azzurro
di Lorenzo Francella e Matilde Biagiotti (nella
foto col maestro Agostino Sanacore), punti di
forza del Club Scherma Agliana. I due schermidori sono stati convocati al collegiale azzurrini
di Norcia, sino a tutto questo fine settimana.
Si tratta della prima tappa della preparazione
degli atleti della Nazionale under 20 di fioretto
maschile e femminile, il che significa che ormai
i nostri portacolori sono entrati nel giro che
conta. Dopo un’annata da incorniciare - rammentiamo il titolo europeo a squadre e la finale individuale continentale di Matilde, i bronzi mondiali conquistati da Biagiotti e Francella, il terzo posto
colto da entrambi agli Italiani under 20, le tre finali di Coppa del Mondo, due di Francella e una di
Biagiotti, e molto altro ancora (il titolo tricolore di Giulio Lombardi tra gli under 12 e la vittoria della
classifica a punti nella stessa categoria di Tommaso Martini, l’argento di Francesco Valori e le finali di
Oliver Genovesi e Tommaso Lombardi tra gli under 14 e di Edoardo Pisaneschi fra gli under 12, tre
squadre, under 12, Assoluti femminili B1, Assoluti maschili B2, campioni italiane di categoria e una,
l’under 14, seconda), la sfida del maestro Sanacore riparte dall’Umbria, dove i suoi atleti più “esperti” hanno avuto l’onore di vestire ancora una volta la tuta dell’Italia. Accanto a Sanacore ci saranno
Mabel Biagiotti e il preparatore atletico Emanuele Manente, un terzetto che in sole due stagioni
ha fatto del Club Scherma Agliana una delle società più forti in Italia nella specialità del fioretto. La
sala di scherma di Via Magni ad Agliana ha riaperto i battenti, tutti i giorni dalle ore 17 in poi, per
accogliere vecchi e nuovi tesserati. Ricordiamo che per ulteriori informazioni ed eventuali iscrizioni è
possibile scrivere a [email protected].
Gianluca Barni
Calcio - Basket
Tempi Supplementari
È
di Enzo Cabella
iniziato il campionato di Lega Pro
e la Pistoiese è subito scivolata
sulla classica buccia di banana.
L’ambizioso e forte Ascoli, infatti,
ha espugnato lo stadio Melani grazie ad un
calcio di rigore concesso dall’arbitro a seguito
di una maldestra uscita del portiere Pazzagli
sul centravanti Perez. E’ stata una sconfitta col
sapore di beffa, poiché la squadra arancione
aveva giocato un’ottima partita, mantenendo
a lungo l’iniziativa del gioco, andando spesso
alla conclusione a rete e fallendo (e per
questo deve battersi il petto) un paio di gol
in maniera clamorosa. La maggiore iniziativa
di gioco è risultata purtroppo vana per la
debolezza degli attaccanti. Falzerano, Romeo,
Tripoli, che formano il trio d’attacco della
Pistoiese, non sono mai riusciti a tradurre
in pratica (leggi gol) il gioco brillante e sostanzioso dei compagni. La scarsa attitudine
a segnare della squadra era già emersa nelle
amichevoli e in coppa Italia, ed è per questo
motivo che la società ha provveduto a rinforzare il reparto prelevando, l’ultimo giorno
di mercato, dal Bari l’attaccante ivoriano
Kolibaly, che aveva fatto preziose esperienze
nella squadra inglese del Tottenham e nel
Grosseto. Ha vent’anni, avremmo preferito
un attaccante esperto e con un curriculum
di tutto rispetto. L’arrivo dell’ivoriano non fa
altro che confermare la ‘linea verde’ varata
dal presidente Ferrari e portata avanti dal
direttore sportivo Ricci. Sono soltanto tre
(Di Bari, Tripoli e Romeo) i giocatori sopra
i 25 anni e ben dodici quelli che non hanno
superato i 22. Si tratta, però, di giovani di
grande prospettiva, prelevati dai vivai di club
di serie A, come Roma, Napoli, Sampdoria,
Palermo, Parma, Empoli,Verona, che avranno
modo di far valere le loro qualità tecniche
per affrontare e superare le tante insidie di
un campionato difficile come quello di Lega
Pro. L’esordio non è stato dunque felice per
gli arancioni, che tuttavia hanno dimostrato
di avere le potenzialità per disputare un campionato positivo. Il quale, essendo quello del
ritorno nei professionisti dopo ben cinque
anni passati nei dilettanti, non può che avere
l’obiettivo della salvezza.
Se il campionato di calcio è già cominciato,
quello di basket ha mosso i primi passi con
la preparazione in palestra e in montagna.
Il Pistoia Basket si presenterà al secondo
campionato di A con una squadra totalmente
nuova rispetto a quella della scorsa stagione.
I cinque americani che per tutto il campionato hanno infiammato i cuori dei tifosi e
trascinato la squadra ai playoff hanno preso
altre destinazioni, così hanno fatto gli italiani
Galanda (ha smesso di giocare, diventando
dirigente della società), Meini, Cortese e i
giovani rincalzi Bozzetto ed Evotti. Avremo
modo di parlare del nuovo gruppo affidato
ancora a Paolo Moretti.
Vita
La
7 Settembre 2014
n. 30
OLTRE LE CARICHE
dall’Italia
13
L’Europa prova a darsi fiducia
I
l Consiglio europeo del 30
agosto, convocato per definire alcune cariche interne alla
struttura dell’Unione e per
affrontare le principali urgenze di
politica estera, consegna punti fermi,
dubbi legittimi che occorrerà dirimere e alcuni dossier ancora aperti.
I risultati acquisiti
In sede Ue si è finalmente
sbloccato l’impasse sulla scelta del
prossimo presidente del Consiglio
europeo e dell’Alto rappresentante
della politica estera e di sicurezza
comune. Le cariche sono state
rispettivamente affidate all’attuale
premier polacco Donald Tusk, uomo
di grande esperienza politica, tra gli
eredi di Solidarnosc, e all’italiana
Federica Mogherini, giovane ministro
degli esteri. Il bilanciamento delle
richieste tra gli Stati membri e tra
i partiti europei sembra raggiunto;
ulteriori “appetiti” potranno essere
soddisfatti con la distribuzione di
altre poltrone, da quella di presidente dell’Eurogruppo a quelle dei
commissari europei. In questo senso
la capacità di mediazione del presidente incaricato della Commissione,
Jean-Claude Juncker, è una garanzia.
Un’altra certezza che emerge dal
summit di sabato scorso è la persistente preoccupazione tedesca e dei
Paesi del nord Europa circa la salute
dei conti pubblici di diversi Stati, soprattutto del sud e dell’est. Il pressing
della cancelliera tedesca Angela Merkel sul presidente della Bce Mario
Draghi e su Juncker, va esattamente
in quella direzione. In realtà anche i
“nordici” dell’Ue hanno inteso la necessità di sostenere concretamente
la crescita, con investimenti pubblici
e magari qualche ammorbidimento
N
el ricco Nordest capita
che, per 20 posti di
friggitori di hamburger,
si presentino in 1.200,
per portare a casa sui 600 euro
al mese. L’apertura di una filiale
Ikea porta solitamente con sé 200
posti di lavoro e 20mila domande
di assunzione, provenienti da ogni
dove. Anche qui le retribuzioni
non sono certo stellari…
Tutto questo per discutere di
cosa sia il lavoro nel 2014. Le
statistiche dicono che l’Europa –e
l’Italia in particolare– sia impantanata in una disoccupazione di
massa: almeno un cittadino su dieci è a spasso, percentuale che si
aggrava se si considerano i giovani.
Mentre negli Usa e in quell’America europea che è la Germania, il
tasso di disoccupazione è giusto
la metà di quello medio europeo.
Tutto bene lì, dunque? Attenzione
alle statistiche, già Trilussa aveva
smascherato col suo mezzo pollo
a testa come sia veramente la situazione: milioni di posti di lavoro
in Germania e soprattutto negli
Usa sono tali statisticamente, ma
è difficile definirli tali quando corrispondono a retribuzioni medie
di 500 euro e di altrettanti dollari.
E non lo diciamo noi, ma quella
Sono quelli previsti nel piano di
investimenti annunciato dal presidente
incaricato della Commissione, Jean-Claude
Juncker. Per lui, dopo le nomine di Donald
Tusk e Federica Mogherini, la prova della
costruzione della squadra che andrà al
vaglio dell’assemblea di Strasburgo: il
Parlamento europeo ha il potere di
promuovere o bocciare i singoli aspiranti
commissari o l’intero collegio
di Gianni Borsa
del rigore; ma la stabilità di Eurolandia dipende, fra l’altro, dalla salute dei
bilanci statali e nessuno, da Berlino
in su, intende mettere a rischio la
moneta unica. Una terza certezza che
resta dopo il vertice dei 28 capi di
Stato e di governo è il timore dell’allargamento del conflitto ucraino. Le
minacce di Putin a Kiev e il sostegno
militare della Russia ai ribelli dell’est
sono elementi acclarati. Dall’Ue si
minacciano, con scarsa convinzione,
ritorsioni che peraltro peserebbero
sulla già debole economia continentale (forniture energetiche, import/
export di prodotti agricoli, contratti
di società europee con la Russia).
Mosca potrebbe approfittare delle
incertezze europee e internazionali per mettere definitivamente le
mani sull’Ucraina o su parte del suo
territorio.
Punti di domanda
Tra i dubbi rimasti sul tavolo c’è
anzitutto la formazione della “squadra Juncker”. Perché il collegio dei
commissari dovrà essere costituito
sulla base delle competenze dei
singoli candidati indicati dai governi
degli Stati membri, rispettando al
contempo una distribuzione delle
deleghe che soddisfi ancora una volta
le ambizioni degli Stati, il peso specifico tra le famiglie politiche (popolari,
socialdemocratici, liberaldemocratici,
conservatori…), la “parità di genere”.
Si tratta di ostacoli non insormontabili, ma da non sottovalutare. Anche
perché il Parlamento europeo - altra
incognita - ha il potere di promuovere o bocciare i singoli aspiranti commissari o l’intero collegio: e Juncker
non può permettersi uno scivolone
a Strasburgo. Lo stesso Parlamento
ha sollecitato Juncker a imboccare
la strada della crescita e della flessibilità, e il presidente in pectore
della Commissione ha tirato fuori dal
cilindro un piano di investimenti da
300 miliardi: ora dovrà passare dalle
enunciazioni ai fatti.
Economia,
ECONOMIA
Manca la buona
occupazione
Se in Italia i laureati chiedono di friggere gli hamburger
di Nicola Salvagnin
Janet Yellen che guida la Federal
Reserve, che insomma ha in mano
le sorti del dollaro e degli Stati
Uniti.
Yellen infatti si è detta preoccupata dalla qualità dei nuovi posti di
lavoro nati negli Usa in questi ultimi anni: “marginali”, a basso reddito, che ci sono oggi ma altrettanto
rapidamente possono sparire
domani. Questa non è buona occupazione, ma il trasferimento di
condizioni “cinesi” in Occidente,
perché è evidente che nessuno in
Occidente può mantenersi con
500 euro o dollari al mese.
Purtroppo in Italia manca questo
tipo di lavori, e diciamo “purtroppo” in base a due considerazioni:
meglio poco che niente, anzitutto;
poi in realtà queste sotto-occupazioni esistono e sono assai fiorenti
(infatti le statistiche sul lavoro in
Italia sono false come quelle sui
redditi): sono però tutte in “nero”.
Il lavoretto in giardino, la mano di
tinta sui muri, la raccolta di frutta,
il facchinaggio, il cameriere stagionale e il lavapiatti serale, la colf e
la badante, certi lavori nell’informatica…
Si dirà: sono soldi anche quelli, è
reddito che entra in tasca, in casa.
Però non ci sono contributi pensionistici (e domani?), né imposte
a favore della collettività. Una
perdita secca per se stessi e per
lo Stato, cosa che non accade in
Germania od oltreoceano.
Rimane il fatto che in tutto l’Occidente, America compresa, sta
venendo meno la buona occupazione, quella che consente ad una
persona di garantirsi un’esistenza
dignitosa. L’allarme è stato lanciato
pure in Francia dal primo ministro
Manuel Valls, laddove negli ultimi
anni è stato soprattutto lo Stato a
mantenere – sotto varie forme –
la situazione occupazione sotto i
livelli d’emergenza. Ma non ci sono
più soldi pubblici, qui come a Parigi: il vero problema dei nostri governi è pertanto quello di favorire
nuove occasioni di lavoro.
Nel frattempo andranno rivisti i
percorsi di studio (il governo Renzi lo sta facendo in questi giorni,
speriamo con intelligenza): perché
constatare che a fare la fila per un
posto di friggitori di polpette ci
siano centinaia di laureati, qualche
dubbio sul valore di certe lauree
e sulla loro astrazione rispetto al
mondo del lavoro viene spontaneo
e immediato.
frontiere esterne
Sul fronte dei dossier aperti,
delle emergenze che bussano alla
porta di Bruxelles, il quadro è piuttosto complicato. Una lettura delle
“Conclusioni” del Consiglio europeo
segnala che al primo posto permane
la crisi economica. I 28 hanno stabilito di rivedersi a inizio ottobre a
Roma per un summit straordinario.
Nel documento si legge: “Nonostante miglioramenti di rilievo delle
condizioni dei mercati finanziari e gli
sforzi strutturali compiuti dagli Stati,
la situazione economica e occupazionale in Europa desta notevoli preoccupazioni. Nelle ultime settimane
i dati economici hanno confermato
che la ripresa, in particolare nella
zona euro, è debole, l’inflazione straordinariamente bassa e la disoccupazione inaccettabilmente elevata”.
Quindi il primo punto dell’agenda è
l’economia. Ci sono poi le “minacce
esterne” e gli innumerevoli conflitti
attorno all’Ue: l’Ucraina, la Terra
Santa, Iraq e Siria, senza trascurare
la diffusione dell’ebola.
Questione
di fiducia
Non mancano altri problemi interni: il Regno Unito appare sempre
più distante da Bruxelles; la strada dei
Balcani verso la democrazia europea
non è lineare (la Bosnia Erzegovina
prepara le elezioni in un clima interno di divisione e di povertà, il Kosovo
è una pentola in ebollizione, la Serbia
è un’incognita); la Scozia va alle urne
per decidere se staccarsi da Londra
e, quindi, dall’Unione; i separatisti
catalani non rinunciano alle loro
posizioni oltranziste. L’Unione oggi
ha bisogno di misurare soprattutto
la volontà condivisa di costruire una
“casa comune” utile per tutti, che
si fondi soprattutto sulla reciproca
fiducia fra i governi, tra questi e i
cittadini, tra gli Stati membri e l’Ue.
La fiducia - in politica come in economia - è un elemento impalpabile, non
misurabile, eppure essenziale. Senza
non si va da alcuna parte, mentre
con la fiducia nel motore si possono
superare ostacoli che a prima vista
appaiono invalicabili.
14 dall’italia
SESSO & MATRIMONIO
Vita
La
n. 30 7 Settembre 2014
Contro
la deflazione
“creare
domanda’’
Erica Jong si pente?
Ma mi faccia il piacere... I
L’autrice di “Paura di volare”, a 72 anni suonati,
riconosce di aver detto “cose terribili” sul matrimonio,
“ma ero giovane e cinica”. Non sarà solo un altro modo
per far parlare ancora di sé facendo la
contro-contro-rivoluzionaria? Il dubbio è lecito leggendo
diverse altre interviste rilasciate dalla scrittrice a
riviste “liberal” statunitensi: i toni sono molto diversi.
E poi annuncia il lancio di “Paura di morire”
di Emanuela Vinai
E
così si è pentita. Ci sono
voluti 25 anni di matrimonio con lo stesso adorante
uomo ma alla fine Erica
Jong ha riabilitato la vita coniugale
(“il matrimonio è prezioso”) e, alla
tenera età di 72 anni, guardando al
passato dichiara con serena flemma:
“Ho detto tante cose terribili, ma ero
giovane e cinica”. Bene signora Jong,
l’importante è rendersene conto. E
ce ne rallegriamo, giacché solo gli
stolti non cambiano mai idea.
Ora, però, sarebbe simpatico da
L’
ultimo consiglio dei
ministri ha tralasciato l’argomento,
ma sembra proprio
che ci aspetti “la” riforma della
scuola. Ci vuole un po’ di ironia
per affrontare un argomento
serio, perché, a ben vedere, questa riforma della scuola, più che
una serie di provvedimenti, è
un tormentone di quelli permanenti. Infatti, cambiano gli anni,
cambiano le situazioni sociali ed
economiche, cambiano i ministri
ma lei, “la” riforma della scuola, è
sempre lì: spunta ogni volta come
l’annuncio di una svolta epocale,
la sistemazione di un sistema
-quello scolastico, appunto- che
sembrerebbe il freno di tutto il
Paese. In questo, ogni governo
che si è succeduto negli ultimi
anni mostra di prendere sul serio
la questione istruzione: scuola da
riformare.
Dalla fine del novecento (quasi
quindici anni fa), dopo il ministro
Berlinguer, che annunciava e stava
per realizzare la grande riforma,
con addirittura la revisione dei
cicli scolastici, non è passato un
solo inquilino da piazzale Trastevere che, con toni più o meno
aulici, non abbia annunciato grandi cambiamenti o Riforme con la
maiuscola. Sì, forse qualcuno - si
parte sua (e non solo) riconoscere
che c’è un tempo per fare i soldi
scandalizzando e c’è un tempo per
fare altri soldi pentendosi. In fondo
la generazione che lei ha così convintamente e attivamente contribuito a liberare dalle pastoie e dalla
stanchezza del sesso matrimoniale
monogamico con il suo romanzo
più celebre “Paura di volare” è invecchiata e ha bisogno di confidare
in nuove certezze. Il libro ha venduto
la bellezza di 30 milioni di copie nel
mondo, viene ancora oggi ristampa-
to ed è considerato uno dei grandi
classici della letteratura femminista
impegnata.
Allora perché ripudiare la propria
creatura? Non sarà che è solo un
altro modo per far parlare ancora
di sé facendo la contro-controrivoluzionaria? Il dubbio è lecito
leggendo diverse altre interviste
rilasciate dalla Jong a riviste “liberal”
statunitensi: i toni sono molto diversi.
Pur riconoscendo che “la promiscuità
non dimostra che sei sessualmente liberato”, il suo atteggiamento
sul matrimonio resta critico: “Noi
tutti abbiamo enormi fantasie sul
matrimonio, ma non sei veramente
destinata a sposarti finché non hai
più di 50 anni, perché quando sei
giovane, sei nervoso e vuoi assaggiare
tutto, quindi è molto difficile essere
sposati”. L’età incalza, dirà qualche
malevolo, con tutto ciò che ne
consegue. Al “New York Observer”,
infatti, l’arzilla signora ha dichiarato
serena che “come si invecchia, diventa più facile. Prima di tutto, hai
fatto pace con un sacco di cose, hai
sperimentato un sacco di cose, e si
è in grado di apprezzare la stabilità.
In realtà, i migliori matrimoni sono
terzo e quarto matrimonio, quando
tutti sono troppo stanchi”. In questo
contesto, anche gli stralci di intervista
al “Corriere della Sera” assumono un
corretto significato “paraventista”.
La stessa autrice che 40 anni fa
ha inventato l’espressione “zipless
fuck”, entrata nel gergo comune per
descrivere il sesso senza impegno,
senza obblighi di legami affettivi, oggi
si abbandona convinta e commossa a
pensieri decisamente più rassicuranti:
“Ora penso che la cosa più preziosa
sia avere qualcuno che ti guarda le
spalle”. Non a caso la prossima fatica
della scrittrice si intitolerà “Paura di
morire”, che racconta la storia di una
donna sposata che va in cerca di altri
uomini per sentirsi più giovane e alla
fine, cogliendo l’inutilità della cosa,
capisce che ama suo marito. “Non
è facile per una donna invecchiare,
non sentirsi più attraente come
una volta…” ha confidato la Jong
alla giornalista che la intervistava.
Già, non è facile. Il tanto decantato
“poliamore” oggi tanto di moda tra
gli intellettuali e sdoganato con disarmante disinvoltura dai quotidiani,
non pare quindi rivelarsi la soluzione
più indicata. E allora è arrivato il
momento di rivalutare altre opzioni? Oppure, gap generazionale al
contrario: siamo ormai così immersi
nella sessualità parlata, esibita, finto
liberata che come ebbe a dire la
stessa Erica Jong solo poco tempo
fa “siccome le figlie vogliono essere
diverse dalle loro madri, se le madri
hanno scoperto il sesso libero, loro
vogliono riscoprire la monogamia”?
Per chiudere, un segno dei tempi.
Un mio caro amico mi ha raccontato
di aver tentato di vendere alla bancarella dell’usato il libro della Jong.
Senza successo. Il titolare del mercatino ha cortesemente declinato
la proposta con la seguente, icastica,
motivazione: “Per carità, di questa
ne abbiamo anche troppi e non si
vendono”. Leggerezza per leggerezza,
come diceva Coco Chanel: pentitevi
sensatamente.
SCUOLA
Pochi investimenti,
tanti poveri
Un po’ di coerenza e, soprattutto, soldi
di Alberto Campoleoni
ricorderà - voleva limitarsi ai colpi
di “cacciavite”, ma in sostanza
tutti hanno ritenuto che la scuola
dovesse “cambiare”. E il risultato:
oggi la riforma è di nuovo all’ordine del giorno e il consiglio dei
ministri prossimo probabilmente
accennerà ai provvedimenti del
governo. Scuola “semper reformanda”, verrebbe da dire, facendo
il verso a un noto adagio. Però la
storia ci consiglia un po’ di ironia,
appunto. E tanta prudenza.
Di cosa ha bisogno la scuola di
oggi? La domanda potrebbe far
paura, ma semplificando molto, e
prima di entrare in terreni troppo
tecnici, verrebbe da rispondere:
un po’ di coerenza e, soprattutto,
soldi. I soldi per aggiustare gli
istituti pericolanti - e proseguire nello sforzo di adeguamento
dell’edilizia scolastica avviato recentemente -, i soldi per adeguare
gli stipendi degli insegnanti e far
percepire anche così che il loro
lavoro è prezioso e apprezzato e
non solo un ammortizzatore sociale, come vorrebbe certa vulgata, lavoro che deve poter attrarre
giovani e passioni, non chi non sa
dove andare. I soldi, perché sono
anche un metro che misura l’importanza delle cose: investire sulla
scuola vuol dire far capire a tutti
- alle famiglie, al mondo del lavoro,
al Paese in generale - che non si
esce dalla crisi senza il capitale
umano, senza la formazione, senza
scommettere sui giovani che sono
il futuro.
Serve, naturalmente, sistemare
la questione organici. È indispensabile la valutazione del sistema,
è assolutamente decisivo dare
consistenza all’autonomia scolastica che vuol dire anche maggiore
attenzione ai bisogni dei territori
nel momento stesso in cui si vuole (e si deve) guardare all’Europa.
Serve, anche, ridare fiato al sistema paritario, eliminando le discriminazioni tuttora esistenti verso
scuole non statali (e le famiglie
che vi mandano i figli) che fanno
un vero servizio al Paese. E poi la
corresponsabilità dei soggetti scolastici, con le famiglie in prima fila,
la lotta alla dispersione scolastica,
la revisione di alcuni programmi
obsoleti. Ci sono, insomma, tante
cose da fare. Speriamo anche questa volta nella riforma e soprattutto nel buon senso, Sembrava udirne un’eco in una frase del premier,
alla fine dell’ultimo Consiglio dei
ministri: “La riforma della scuola
non si articola nella stabilizzazione
dei precari, è l’assunzione di un
patto con le famiglie per definire
i contenuti educativi necessari”.
Vedremo.
l dato che nei giorni scorsi ci ha
immersi nella deflazione, ha pure
tolto il velo che avvolgeva la verità
sullo stato di salute dell’economia
del nostro Paese. Non stiamo vivendo
un seppur lungo periodo di recessione,
alla quale seguirà un’inevitabile ripresa,
un rimbalzo; siamo dentro una spirale
negativa dalla quale è difficile uscire. E
non è la teoria economica a dichiararlo,
ma la realtà di quanto è successo al
Giappone, Paese assai simile al nostro
per vari aspetti. Qui hanno combattuto
per più di vent’anni senza alcun successo
contro la deflazione; ne stanno uscendo
ora grazie ad una coraggiosa, pericolosa mossa che a noi è proibita perché
abbiamo perso la sovranità sulla nostra
moneta: la Banca centrale nipponica
ha regalato soldi ai suoi concittadini,
stampando moneta a più non posso e
sperando così di riattivare investimenti
e consumi. E non si conoscono tanti
altri rimedi a una malattia così grave e
difficile da curare. Abbiamo sperimentato la politica dei piccoli aggiustamenti
(Letta), dichiarata fallita dopo un anno;
stiamo sperimentando quella delle
riforme strutturali (Renzi), o almeno ci
stiamo provando nella consapevolezza
che questo è un Paese anchilosato, ogni
piccolo cambiamento sembra quasi
impossibile; e nella speranza che l’olio
delle riforme tolga la ruggine attorno a
un’economia che comunque sa essere
dinamica e capace. Ma il vero problema
è non perdere di vista il vero problema.
Perché i dati statistici sono sempre delle
medie, ma analizzandoli si scopre che
si sta approfondendo sempre di più
la spaccatura tra un nord in linea con
le migliori economie europee, seppur
anch’esso in difficoltà; e un sud che si
pone agli ultimi posti nel tasso di sviluppo
economico dell’intero continente. Tanto
per dire, la disoccupazione media nel
nord sta poco sopra l’8%; a Mezzogiorno
sale al 20. I consumi tengono da Roma in
su; crollano in direzione opposta.
Attenzione, perché divari di tal genere
sono veri tumori dentro il corpo sociale
di un Paese. Non solo non vediamo
attenzione verso questo fenomeno, ma
nemmeno rimedi per arginare fenomeni
quali ad esempio la silente emigrazione
che spinge le migliori teste e braccia
di Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna a
cercare fortuna altrove, lasciando dietro
le spalle società sempre più vecchie, povere, assistite. Quante aziende del nord
investono nel mezzogiorno piuttosto che
in Slovacchia o Romania? Quante multinazionali impiantano le loro filiali italiane
sotto Roma? Quante sono le banche
made in sud? Può un Paese riemergere
se una buona metà lo trascina in fondo?
Forse in questa direzione -dare chance
al sud- va ad esempio la decisione
governativa di puntare sull’alta velocità
ferroviaria tra Napoli e Bari, di primo
acchito incomprensibile. Lo Stato deve
saper anche “creare domanda”, come
fece con l’Autostrada del Sole cinquant’anni fa quando ancora le auto
erano poche pure a Milano. Deve farlo
in modo intelligente, sapendo sfruttare
i pochi denari a disposizione, creando
le condizioni minime per fertilizzare il
terreno delle economie locali. Magari
evitando di sperperare in opere assurde
come l’alta velocità in terra siciliana.
L’Isola delle incompiute ha bisogno di
tutto, meno che di altri cantieri fini a se
stessi. A pensarci bene, tutto il Mezzogiorno non ne ha più bisogno.
Vita
La
n. 30
LA CRISI SCONFINA
7 Settembre 2014
dall’estero
“Perdere l’influenza sull’Ucraina
è inaccettabiler per Putin”
Parla Aldo Ferrari,
direttore della
ricerca su Russia,
Caucaso e Asia
Centrale dell’Ispi di
Milano: “Si arrivi
ad una trattativa
tra Russia, Ucraina,
Unione europea e
Stati Uniti per
trovare una
soluzione globale”.
In questi mesi “la
questione ucraina è
stata gestita molto
male da Ue e Usa”
di M. Chiara Biagioni
L’
avanzata delle
truppe russe in
Ucraina, più volte denunciata da
fonti locali, è adesso confermata dalle immagini diffuse
dalla Nato e le diplomazie
sono in fermento.A Bruxelles
si terrà un summit straordinario degli ambasciatori permanenti dei Paesi membri della
Nato. Il presidente ucraino,
Petro Poroshenko, ha annullato la visita in Turchia mentre
l’Onu ha convocato una riunione urgente del consiglio di
sicurezza. La Russia continua a
negare un suo coinvolgimento
diretto e militare in Ucraina:
“Fa parte del gioco che sta facendo”, prova a spiegare Aldo
Ferrari, dell’Università Ca’
N
on solo nelle banlieue francesi e nei
sobborghi inglesi. Il
reclutamento delle
forze jihadiste avviene anche
nel nostro Paese. Sono almeno
50 -secondo fonti ufficiali del
Ministero dell’interno- i giovani
italiani convertiti, indottrinati e
reclutati per combattere in Siria
ed Iraq ed immolarsi, sempre a
costo della loro vita, al grande
e perverso sogno del califfato
islamico. “Il reclutamento e la
partenza effettiva di persone
che dall’Italia vanno a combattere nei teatri di guerra del
Medio Oriente è un fenomeno
ridotto”, risponde il professor
Paolo Branca, docente di lingua
araba all’Università cattolica di
Milano e tra i maggiori esperti
di Islam. Che però aggiunge subito: “La cosa preoccupante è il
brodo di coltura in cui questi casi
estremi possono attecchire. È innegabile che nei gruppi organizzati islamici si risentano molto le
tensioni dei paesi di origine”. La
situazione geopolitica di queste
regioni negli ultimi anni è peggiorata, prima con le primavere
arabe e il loro fallimento, ed ora
con Gaza, l’Iraq e la Siria. “Sono
situazioni -ammette l’espertoche esasperano gli animi: in
fondo questi ragazzi di origine
Foscari di Venezia e direttore
della ricerca su Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’Istituto per gli studi di politica
internazionale di Milano. “Si
tratta -aggiunge- di un gioco
pericoloso ed estremamente
rischioso. È chiaro che il
governo russo non può ammettere la sconfitta militare.
Non può perdere la faccia”.
A costo di negare
verità ormai accertate?
“Certo. E tutto questo prevede un uso sistematico delle
disinformazione. Fermo restando
però che quando parliamo di disinformazione, dobbiamo anche
dire che questa pratica non è
esclusiva della sola parte russa.
Possiamo fare mille altri esempi
di disinformazione anche in Occidente: andammo tutti in Iraq
perché c’erano le armi di distruzione di massa e poi una volta lì
scoprimmo che non c’erano. La
propaganda è una parte considerevole dell’iniziativa politica
e la Russia ne fa sta facendo
un uso spudorato con omissioni
pesanti e falsificazioni”.
Le mamme dei soldati russi stanno manifestando per chiedere al
governo le ragioni della
morte dei loro figli. Comincia a sgretolarsi il
consenso interno?
“No, direi proprio di no. Questa associazione delle madri dei
soldati russi esiste da molti anni,
in particolare dal tempo della
guerra di Cecenia. Rappresentano una forma di opposizione
che non ha mai avuto una
grandissima ricaduta. È chiaro
che di fronte alle lacrime delle
madri neanche Putin può far
finta di niente. Ma questo non
cambierà la sua politica e il corso
degli eventi. Allo stato attuale la
popolarità di Putin è altissima”.
Quanto è importante per la Russia la Regione del Donbass? A
cosa mira Putin?
“È una domanda che ci
stiamo ponendo tutti. Bisogna
partire dal fatto che la Russia
ha annesso la Crimea e la sua
annessione è un dato ormai irreversibile. La Crimea è però isolata
dal territorio russo, per cui creare
un corridoio di collegamento terrestre tra la Russia meridionale e
la Crimea è ovviamente un obiettivo importante. Non dichiarabile
ma importante. È però un tipo
di ragionamento ottocentesco.
La Russia si sta comportando
come gli Stati dell’Ottocento,
combattendo per acquisizioni
territoriali e contraddicendo lo
spirito della politica contemporanea. Oltre a queste acquisizioni
territoriali è prevalente l’aspetto
psicologico, vale a dire: per Putin
perdere l’influenza sull’Ucraina è
un trauma inaccettabile. Ciò che
sta avvenendo trova la sua origine profonda nel fatto che Kiev
sta uscendo, probabilmente per
sempre, dall’orbita russa. Questo
trauma va quindi ricompensato
con alcuni passi, magari limitati,
come l’annessione della Crimea
e la conquista delle regioni orientali. Acquisizioni che consentono,
almeno in parte, di salvare la
faccia”.
E a questo punto,
come agiranno Europa
e Stati Uniti?
“Un conflitto aperto con la
Russia non è possibile. È una
potenza nucleare e le potenze
nucleari non sono attaccabili.
Bisogna però tenere presente
una cosa: se l’Europa e gli Stati
Uniti non avessero sostenuto
JIHADISTI ITALIANI
“Nelle moschee circola
il radicalismo”
Il professor Paolo Branca è tra i maggiori esperti di Islam: “La cosa
preoccupante è il brodo di coltura in cui questi casi estremi possono
attecchire. Una situazione trascurata per decenni da parte sia delle
istituzioni italiane sia dei musulmani organizzati”
di Maria Chiara Biagioni
siriana e palestinese, immigrati
di seconda generazione, da anni
vivono un continuo accumulare
di lutti e ferite”.
Adhan Bilal Bosnic è uno dei volti
più noti sui siti Internet integralisti. È ritenuto come uno dei
principali reclutatori dell’Isis ed
uno dei maggiori leader wahabiti
integralisti. Famoso è il suo video
in cui inneggia alla distruzione degli Stati Uniti. Francia e Inghilterra
insegnano che il web, in questi
casi, aumenta la capacità persuasiva della radicalizzazione. E in
effetti anche il professore Branca
afferma che il reclutamento e la
decisione di partire sono sempre
“decisioni individuali frutto di
percorsi difficilmente riconducibili a qualcosa di organizzato e
sistematico”. Ma, aggiunge subito:
“certamente nelle moschee
circolano materiali con filmati e
scritti che appoggiano questo tipo
di radicalismo”.
“Temo -dice Branca- che siamo
soltanto ai primi passi dopo
una situazione trascurata per
decenni da parte sia delle istituzioni italiane sia dei musulmani
organizzati”. Una noncuranza
che nelle moschee si sposa
anche “con una certa complicità
verso questi fratelli che vengono
accolti e ascoltati magari come
testimoni di situazioni al limite”.
Il riferimento è proprio a personaggi come Adhan Bilal Bosnic
che sulle pagine di Repubblica
candidamente ammette di essere
stato in Italia in più occasioni
e di aver predicato a Bergamo, Cremona e Roma. Secondo
Branca, la strada da percorrere
è proprio quella delle moschee,
proponendo percorsi formativi
per imam e azioni di prevenzione sul territorio, a partire dalle
“carceri dove in Italia non si fa
quasi nulla”. “Gli imam che noi
abbiamo -sottolinea Branca-,
spesso non hanno mai studiato
scienze religiose islamiche e non
hanno le competenze per fare il
lavoro delicato che fanno. Si possono per esempio avviare a livello
universitario master formativi per
dare ai musulmani strumenti critici anche per valutare la propria
stessa storia. Sharia e califfato
sono fenomeni storici che vanno
studiati e conosciuti altrimenti si
arriva a dire cose assolutamente
strampalate”. L’Italia però è assolutamente in ritardo. “Stiamo
subendo un fenomeno -dice il
professore-. Non lo stiamo gestendo e fatalmente ne subiamo tutti
eccessivamente il nuovo governo
ucraino, armando e finanziando
la guerra all’Est, non saremmo
arrivati a questo punto. C’è
stato un eccesso di sostegno
all’Ucraina laddove si sarebbe
dovuto spingere il Paese ad una
soluzione negoziata del conflitto,
lavorando ad esempio su quella
forma di federalizzazione che
a molti, me compreso, pare la
chiave migliore di soluzione
della situazione. E invece il sostegno intransigente dichiarato
sin dall’inizio a Kiev ha fatto sì
che l’Ucraina abbia intrapreso
una politica di scontro anche
militare con i separatisti. La mia
opinione è che in questi mesi
tutta la questione ucraina sia
stata gestita molto male anche
dall’Europa e dagli Stati Uniti
commettendo errori colossali
di cui oggi ne paghiamo le
conseguenze. Fermo restando
le responsabilità di Mosca. Non
sto assolvendo il Cremlino per
quella che è una vera e propria
aggressione”.
Come uscire dall’impasse?
“La mia speranza è che
l’aggravamento della situazione
e lo scontro che sembra stia
arrivando, facciano ragionare le
parti e facciano arrivare ad una
trattativa tra Russia, Ucraina,
Unione europea e Stati Uniti per
trovare una soluzione globale.
Tutti seduti ad uno stesso tavolo,
avendo però ben chiaro che tutti
devono concedere qualcosa”.
i contraccolpi nelle parti negative,
perché quando non si gestiscono
le situazioni, è la realtà che si
impone purtroppo sempre nella
forma peggiore e più estrema”.
È lo stesso Branca a chiedere di
non cedere alle generalizzazioni.
E parole di garanzia sulle attività
che si svolgono nelle moschee
e nei centri culturali islamici
presenti in Italia, le pronuncia
il presidente dell’Unione delle
comunità islamiche in Italia
(Ucoii), Izzedine Elzir. “Da diversi anni, soprattutto dopo la
tragedia dall’11 settembre -fa
sapere Elzir che è anche Imam
di Firenze-, noi abbiamo adottato
la strategia secondo la quale è
meglio prevenire che curare”.
Varie sono le iniziative avviate
in questo senso: dalla giornata
della moschea aperta a tutti
ai corsi di aggiornamento per
imam promossi dall’Ucoii due o
tre volte l’anno dove si parla “di
estremismo, di violenza nell’Islam
e anche di linguaggio”. “Perché
purtroppo -dice Elzir- la persona
umana può cadere nel pensiero
estremista, nella criminalità
organizzata. Di questo si tratta:
andare ad uccidere innocenti
solo pensando che l’altro perché
diverso deve essere ucciso, è
un atto criminale e va contro i
precetti del Corano”.
15
Dal mondo
Costituzione
tunisina
A tre anni dalla rivoluzione
dei “Gelsomini” l’assemblea
nazionale costituente tunisina ha approvato in questa
estate la nuova costituzione.
La carta fondamentale dello
stato introduce la parità dei
diritti per ambo i sessi, l’uguaglianza fra uomo e donna nei
diritti e nei doveri e la garanzia della parità di opportunità
per il gentil sesso anche nei
consigli elettivi. Inoltre il
testo sancisce l’islam quale
religione di stato, ma esclude
la legge Islamica sharia come
base dell’ordinamento giuridico tunisino. Ban Ki Moon,
segretario generale delle Nazioni Unite, ha parlato di momento storico straordinario
per la Tunisia, considerando il
passo compiuto dal governo
africano verso la democrazia
come modello di condotta
“per gli altri popoli che aspirano alle riforme”
Rame nel mondo
È noto che il rame sia elemento naturale del quale
il mondo della produzione
sempre più ha necessità. Il
paese, leader nella produzione di rame è il Cile con
5 7 milioni di tonnellate
ripondenti al 20% del Pil e
al 60% delle esportazioni:
l’economia del paese andino
cresce al ritmo del 6% annuo.
Le altre nazioni produttrici
di rame, dati riferiti al 2013
e diffusi dal Us Geological
Survey, sono la Cina (1,65
milioni di tonnellate), il Perù
1,3 milioni di tonnellate),
Stati Uniti 1,22 milioni di
tonnellate), Australia (0,99
milioni di tonnellate), Russia
(0,93 milioni di tonnellate),
Repubblica democratica del
Congo (0,9 milioni di tonnellate), Zambia (0,83 milioni
di tonnellate), Canada (0,63),
Messico (0,48 milioni di tonnellate). L’estrazione di rame
è aumentata quasi ovunque.
Centrale
nucleare
natante
La società pubblica russa
“Rosenergoatom” attiverà
entro il 2018 la prima centrale nucleare natante, la prima
al mondo, della potenza di 70
megawatt. Sarà installata nella
prossimità della città portuale di Pevek nella penisola di
Tchukotka, nel nord russo, e
sostituirà la centrale nucleare di terraferma di Bilibino
che verrà chiusa. L’“Azienda
baltica di costruzioni navali”
consegnerà entro il 2016 il
blocco energetico, pronto
per il trasporto con mezzi
navigabili. Si tratta di centrali
nucleari termoelettriche,
mobili e di bassa potenza,
trasportabili sui fiumi per
essere utilizzate in Russia e
all’estero possono fornire
energia termoelettrica, così
come possono servire per
desalinizzare l’acqua marna.
Sono centrali natanti a cui
sono interessati anche i cinesi, per fornire energia alle
proprie isole.
16 musica e spettacolo
n. 30
Robin Williams,
O
dietro la maschera
g n i a t t o re , s i
sa, indossa una
maschera, una
protezione che,
davanti al volto, copra le
insicurezze, i dolori, le angosce che, uscito dal camerino,
assalgono lui come ciascuno
di noi. Marylin era così, Brando era così, John Belushi era
così. Di quest’ultimo Williams
era amico, l’aveva incontrato
poche ore prima che si iniettasse una dose letale di speedball nelle vene. E proprio
come Belushi, anche Williams,
trovato impiccato nella sua
casa in California l’11 agosto
scorso, era uno stand-up
straordinario, un comico da
palcoscenico irresistibile. Si
dice che da ragazzino collezionasse soldatini, circa un
migliaio, e avesse dato a tutti
una voce differente. Infatti una
delle caratteristiche più fuori
dal comune che quest’attore
possedeva era la voce, che
sapeva modulare, in falsetto,
ora nei registri striduli ora
in quelli più cavernosi, in
tutte le sfumature possibili immaginabili. Purtroppo,
nel doppiaggio (del sempre
bravo Carlo Valli), una simile
unicità un po’ si perde ma
è assolutamente impossibile riprodurre le acrobazie
dell’ugola di Williams. Che
al cinema comparvero, quasi
come un ciclone, in “Good
morning Vietnam”, dove fa
N
egli ultimi giorni
tre video diffusi sul piccolo
schermo e sul
web hanno
inevitabilmente colpito la
nostra attenzione: il filmato
relativo all’esecuzione del
giornalista James Foley da
parte dei terroristi dell’Isis,
le immagini di quattro presunte spie egiziane, condannate e decapitate pubblicamente, i fotogrammi
della bambina di 9 anni che
in Arizona uccide per errore il suo istruttore mentre
questi le insegna a sparare
in un poligono di tiro con
una mitraglietta.
Nell’epoca delle immagini e della rete mediatica
sempre più accessibile,
non sorprende che simili
filmati possano circolare
con grande immediatezza:
il web è aperto e chiunque
può postare qualunque
contenuto, in un sistema
che poi lo veicola facendolo immediatamente
rimbalzare a livello globale.
Ciò che sorprende, invece,
è da un lato la mancanza
di pudore da parte della
televisione nel rilanciare
questi contenuti nei notiziari e nei programmi di
maggiore ascolto, dall’altro
la tendenza all’assuefazione
di noi spettatori ormai
troppo abituati anche a immagini di questo genere.
Mentre l’informazione su
carta stampata mantiene
nella parola la sua capacità
La morte per suicidio a 63 anni
di Francesco Sgarano
un disc-jockey irriverente che
mantiene alto il morale delle
truppe durante la guerra. Fu
nomination all’Oscar, prima lo
si era visto nel “Braccio di ferro” di Altman e, soprattutto,
nel tenero “Il mondo secondo
Garp”, dove fa un ragazzino
un po’ stravagante, figlio di
una femminista. Negli anni
‘90 rafforza la sua notorietà,
dopo il successo mondiale
de “L’attimo fuggente”, con
interpretazioni quasi da cartoon, come nel Peter Pan di
“Hook-La leggenda di Capitan
Uncino” o ne “La leggenda
del Re pescatore” di un Terry
Gilliam in palla, in cui penso
di aver visto una delle scene
più scioccanti che ricordi: la
faccia di Williams ricoperta
del sangue della moglie, sedutagli di fronte, la cui testa
è stata trapassata da una pallottola. Un avvenimento, nel
film, tanto grave da portare
il personaggio di Williams, ex
docente di storia, a diventare
un clochard che va alla ricerca
del Santo Graal. Divertente
-ma sempre con un velo di
malinconia, solo adesso tremendamente comprensibile,
alla luce dei fatti- nel babbo
Vita
La
7 SETTEMBRE 2014
travestito da colf per amore
dei figli in “Mrs. Doubtfire”,
o in “Patch Adams”, dove
addirittura è un medico che,
per lenire le sofferenze dei
pazienti con la risata, indossa il
naso posticcio del clown (era
stato dottore, pacato e comprensivo, anche in “Risvegli”,
dal libro del vero psichiatra
Oliver Sacks, accanto a De
Niro); più sofferta la prova,
che gli ha dato l’unico Oscar
(come non protagonista), del
professore del genio complicato e ribelle di Will Hunting,
un film che vide la luce solo
per l’interessamento dello
stesso Williams, che credette nello script firmato dalla
giovanissima coppia Matt Damon-Ben Affleck, poi destinati
a brillare ciascuno per conto
proprio. Negli ultimi anni le
belle interpretazioni si erano
diradate ma in “Insomnia”, accanto ad Al Pacino, detective
insonne, è efficace nel ruolo
di uno scrittore assassino, in
“One Hour Photo” dà una
prova convincente delle sue
doti drammatiche, nei panni
di un fotografo paranoico,
timido ed estremamente solo,
che cerca una vita propria, che
non ha, nelle vite dei clienti di
cui sviluppa i negativi. Finisce,
ovvio, per impazzire. Ma Robin
Williams resterà sempre nel
mio cuore per la prova clou
della sua carriera, l’anticonformista professor Keating
de “L’attimo fuggente”, che
non sale “in” cattedra bensì
“sulla” cattedra: in una scuola
preparatoria del Vermont,
negli Stati Uniti degli anni
‘50, insegna ai suoi studenti
ad essere sempre se stessi, a
non accettare compromessi
e, soprattutto, ad amare la
poesia. Non nego che, nella
mia professione d’insegnante
di lettere, devo molto alla sua
magistrale interpretazione e a
questo film.
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È pornografia della morte
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Gli abbonamenti si possono rinnovare anche presso Graficamente
in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio.
I video con le esecuzioni capitali
o con la bambina che uccide l’istruttore...
di Marco Deriu
di trasmissione degli eventi
del mondo e spiegazione
dei contenuti, la televisione ha da tempo ridotto
progressivamente la cura
della parola, utilizzandola
sempre più spesso come
puro accompagnamento o
blando sottofondo dei dirompenti significati veicolati
dalle immagini. Le quali, dal
canto loro, sono spesso
molto crude e -sia inteso
senza alcun cinismo- altrettanto spettacolari, se con
questo aggettivo si intende
la loro capacità di sedurre
e condurre a sé) il nostro
sguardo in maniera diretta
e irresistibile. Il confine fra
curiosità documentale e
voyeurismo si fa in questi
casi molto sottile, ma a prescindere dalle motivazioni
per cui tutti quanti siamo
comunque attratti dalle
immagini forti, resta aperto
il discorso sull’opportunità
della loro messa in onda.
Per sapere che una bambina ha ucciso un uomo il
filmato non serve, come
pure è superfluo per documentare le esecuzioni
sommarie in qualche parte
del mondo o qualunque
altro fatto di sangue. Invece,
la disinvoltura con cui simili
immagini vengono diffuse
dalla tv e recepite dal pubblico fa riflettere.
Fino a qualche anno fa, il
piccolo schermo conservava nella messa in onda delle
immagini il rispetto di due
tabù intangibili: i rapporti
sessuali esibiti e la morte
in presa diretta. Oggi il web
ha scardinato ampiamente
il primo e intaccato profondamente il secondo, finendo per sdoganarli entrambi,
pur con diversi gradi di
morbosità annessa.
Né vale come attenuante
l’interruzione dei filmati un
momento prima dell’uccisione vera e propria o
l’annuncio che si tratta di
video non adatti a occhi
sensibili. L’immagine che ci
mostra di un condannato a
morte pochi istanti prima
della sua esecuzione ha la
stessa portata di inguardabile orrore di quella
che lo mostra morente o
cadavere.
E così il pericolo che diventiamo guardoni della
tragedia e che ci lasciamo
conquistare dalla pornografia della morte è dietro
l’angolo, sempre più tangibi-
le. E non vale come scusante nemmeno quella per cui
crediamo soltanto a quello
che i nostri occhi vedono.
Il nodo problematico, semmai, riguarda ancora una
volta la necessità di subire
uno shock emotivo sempre
più forte per risvegliare le
nostre coscienze di fronte
alla sofferenza altrui. E questo non è certo un buon
segno.
L’altro filone pernicioso
che la diffusione di immagini come queste alimenta è
quello della confusione fra
la realtà e lo spettacolo. Se
fino a qualche lustro fa, una
fotografia e ancora più uno
spezzone video avevano
una funzione documentale
e “probatoria”, oggi invece
la loro portata agisce sul
piano del sensazionalismo
molto più che su quello
della veridicità. Al punto
che molti commenti sono
stati dedicati alla “fattura
professionale” del video
con le immagini di Foley o
di altri diffusi in passato dai
terroristi.
Ma la realtà non è un film
e noi non siamo spettatori
paganti, semmai attori protagonisti.
LaVita
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Direttore responsabile:
Giordano Frosini
STAMPA: Tipografia GF Press Masotti
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Registrazione Tribunale di Pistoia
N. 8 del 15 Novembre 1949
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CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 3 SETTEMBRE 2014
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