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Un estratto dal volume

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Un estratto dal volume
Prefazione
N
el 1305 Giordano da Pisa, durante una predica in
Santa Maria Novella a Firenze, annunciò pieno di
entusiasmo, una meravigliosa, recente invenzione:
Non è ancora venti anni che si trovò l’arte di fare
gli occhiali, che fanno vedere bene; ch’è una delle
migliori arti, e delle più necessarie che ’l mondo abbia,
ed è così poco che si trovò: arte novella, che mai non
fu. (E disse il Lettore: Io vidi colui che prima la trovò,
e favellaigli).
«E disse il Lettore» (lettore, nel senso di insegnante,
teologo) è un’aggiunta di chi riportò la predica che
volle specificare la testimonianza di prima mano del
frate o di un compagno di Giordano «lector», presente alla predica. Si capisce come il dotto domenicano
apprezzasse particolarmente l’invenzione, condivisa
dai confratelli e da tutti coloro che dipendevano dai
libri. Sta di fatto che Giordano molto probabilmente
o il suo compagno alludessero, quanto all’inventore o
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prefazione
al diffusore dell’invenzione, ad Alessandro della Spina
che viveva con loro nel convento di Santa Caterina a
Pisa. Alessandro morì nel 1313 e il necrologio a lui dedicato contenuto nella Chronica antiqua del medesimo
convento recita:
frate Alessandro della Spina, uomo buono e modesto, era in grado di rifare tutto quello che vedeva (“quae
vidit oculis facta, scivit et facere”). Egli stesso fabbricò
gli occhiali, che un altro aveva ideato per primo, ma
di cui non voleva comunicare il segreto. Alessandro
invece, ben lieto e disponibilissimo, insegnò a tutti il
modo di costruire gli occhiali.
Tutto sembrerebbe chiaro, ma non è così perché due
eruditi seicenteschi, Carlo Roberto Dati, discepolo di
Galileo e l’amico Francesco Redi, famoso scienziato e
scrittore, alterarono deliberatamente le parole di Giordano e del necrologio; si aggiunse nel 1684 Ferdinando
Leopoldo del Migliore, ardente patriota fiorentino col
suo acceso campanilismo, ed ecco dato un nome e un
volto al presunto inventore degli occhiali: il fiorentino
Salvino degli Armati, un nome ritenuto valido fino a
un recente passato! A Salvino venne anche assegnato
un sepolcro, tutt’ora esistente nella fiorentina chiesa di
Santa Maria Maggiore. Nell’Ottocento gli fu perfino
intitolata una scuola! Quanti ragazzi saranno stati
incitati dai loro insegnanti ad ammirare lo scopritore
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prefazione
degli occhiali, quanti temi saranno stati scritti su una
tal gloria fiorentina! Il bandolo fra tanti inganni, bugie,
dotta malafede, componenti un intricatissimo labirinto, fu offerto nel 1920 da Isidoro del Lungo che definì
Salvino degli Armati «un’impostura erudita» e che
pazientemente smascherò tutti gli impostori: da parte
dell’autore con apprezzabile sagacia, da parte del lettore
con notevole divertimento. Perciò, buona lettura!
Chiara Frugoni
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I.
Nell’antica Cronaca dei Frati predicatori del Convento di
Santa Caterina di Pisa, pubblicata e largamente illustrata da Francesco Bonaini1, della quale le prime memorie
risalgono, con la fondazione del monastero, ai tempi di
San Domenico, è registrato centotredicesimo
frate Alessandro della Spina, modesto e buono uomo
[traduco letteralmente] il quale quel che fatto vedeva
sapeva egli rifare. Gli occhiali (ocularia) che altri per
primo aveva fatto e non voleva comunicarne il segreto,
fece egli e a tutti comunicò lieto (hilaris) e volonteroso;
seppe di canto, di scrittura, di miniatura e di ogni cosa
fattibile meccanicamente. Ingeniosus in choralibus [non
saprei far bene nostra questa monastica conchiusione]
in domo Regis aeterni fecit suo ingenio mansionem.
1
Chronica antiqua Conventus Sanctae Catharinae de Pisis: a
pp. 397-633 dell’Archivio storico italiano, tomo vi della prima Serie;
Firenze, 1848. Vedi a pp. 476-478.
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isidoro del lungo
E gli Annali manoscritti del detto Convento le medesime notizie amplificano così:
Frate Alessandro della Spina operava di sua mano
ogni cosa che volesse, e caritatevolmente agli altri comunicava. Avvenne, in que’ tempi, che un tale (quidam) trovasse prima le lenti di vetro che volgarmente
chiamansi occhiali (ocularia), bello invero e profittevole trovato, e a nessuno volesse comunicare l’arte di
farli: ma il buono artefice, veduti che gli ebbe, subito
senz’ammaestramento alcuno apparolli, e a quanti
voller sapere gli insegnava. Cantare a tenore, bella scrittura, alluminare, come dicono, i manoscritti: nessuna,
insomma, fu delle arti manuali ch’egli non sapesse.
È lecito pensare che il trovatore degli occhiali fosse
proprio lui; e che la pia leggenda cronistica introducesse, com’un personaggio di romanzo, quel predecessore
anonimo (“quidam”), per far risaltare al confronto
di cotesto infruttuoso egoismo l’evangelica carità del
buon frate. Fatto sta che il pacifico possesso del trovato
oculare, e della sua benefica diffusione nel mondo, rimase a lui sotto la fida custodia della vecchia Cronaca
domenicana, confondendosi nella benemerenza sua
quella anteriore dello scontroso, se veramente ci fu e
chiunque egli fosse, il quale parrebbe che gli occhiali
volesse inforcarli, fra gli uomini tutti, egli solo, una
volta che “nemini vellet artem ipsa conficiendi commu- 14 -
chi l’inventore degli occhiali ?
nicare”. Frate Alessandro si crede morisse verso il 1313.
E già alquanti anni prima, nel 1306, un suo confratello,
e dello stesso Convento pisano di Santa Caterina, dicitore in volgare (almeno quale venne raccolta, come
fu poi del Savonarola, la parola sua in Firenze) dei più
schietti e potenti fra i contemporanei di Dante, frate
Giordano da Rivalto in quel di Pisa, predicando nella
chiesa di Santa Maria Novella ai cittadini dell’esule
Poeta, divulgava tra essi la preziosa invenzione con
queste parole2:
Non è ancora venti anni che si trovò l’arte di fare
gli occhiali; che fanno vedere bene; ch’è una delle
migliori arti, e delle più necessarie che ’l mondo abbia,
ed è così poco che si trovò: arte novella che mai non
fu. (E disse il Lettore: Io vidi colui che prima la trovò,
e favellaigli).
Le quali ultime parole fatteci rilevare dal Fiorentino
raccoglitore della Predica, potrebbero credersi, per se
2
Da Codice Pandolfiniano (ora ashburnhamiano-laurenziano)
quel passo è addotto nel Vocabolario della Crusca (s.v. “Occhiale”)
in tutte le sue edizioni, dalla prima del 1612 alla quinta odierna.
Cfr. F. Redi, Lettera intorno all’ invenzione degli occhiali, p. 8; D.M.
Manni, Degli occhiali da naso ecc., pp. 58, 73; G. Albertotti,
Note critiche e bibliografiche riguardanti la storia degli occhiali (negli
Annali di Ottalmologia, an. xliii, 1914, pp. 338, 347, 356).
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isidoro del lungo
stesse, allusive piuttosto che al confratello e quotidiano convivente in Santa Caterina di Pisa, all’Anonimo
scontroso: ma tenuto conto che il pisano da Rivalto
parlava a Fiorentini, e Pisa da Firenze era allora a
troppo maggior distanza che oggi non sia; e che in simili casi, anche prescindendo dalla maggiore o minor
distanza, “io l’ho veduto io gli ho parlato” si direbbe
anche di veduti pur ieri, e per lunga consuetudine tutti
i giorni; non par da dubitare che sian parole allusive a
frate Alessandro e non ad altri. In pacifico possesso,
adunque, del suo trovato, la vecchia Cronaca monastica conservava, silenziosamente, il buon frate, senza
curarne la mondana glorificazione; mentre l’industria
degli occhiali si veniva, e fin dal primo Trecento, diffondendo, specialmente in Venezia, dove la fiorente
industria del vetro, a qualsifosse uso adoperato, favoriva la fabbricazione delli “ogliari”, sino a meritarle la
protezione commerciale delle autorità di governo3.
II.
È naturale che un’invenzione di applicazione universale e abituale avesse testimonianza dalle arti sì della
3
349.
Albertotti, Note critiche e bibliografiche cit., pp. 347, 348,
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6.
7.
8.
6. La Chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze. [Foto di Francesco Bini - Sailko]
7.-8. L’epigrafe sepolcrale di Salvino d’Armato degli Armati si trova nell’angolo in basso della cappella a sinistra del presbiterio,
adiacente al sarcofago con statua giacente di Bruno del Beccuto.
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