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CINEMA IN VIAGGIO Sette film dedicati al tema del viaggio raccontato dal cinema di Marcello Perucca Circolo Familiare di Unità Proletaria Cineforum del Circolo Viale Monza, 140 - Milano [email protected] www.cineforumdelcircolo.it Novembre 2007 CINEMA IN VIAGGIO I n tutte le epoche l'uomo, primitivo o evoluto, consciamente o inconsciamente, ha dato grande importanza al viaggio, cioè al trasferimento da un posto a un altro allo scopo di raggiungere una determinata meta e realizzare un obiettivo prestabilito; oppure partendo senza meta e senza obiettivi al fine di ritrovare il proprio essere, una propria dimensione, un proprio io interiore. Nella preistoria i nostri antenati compivano lunghi trasferimenti per procacciarsi il cibo, transumando laddove le possibilità di caccia offrivano maggiori garanzie di sopravvivenza. In tempi più recenti si partiva per motivi religiosi o per conquistare nuove terre. Poi per ricercare un posto di lavoro e condizioni di vita migliori, fuggendo dalla fame e dalla povertà. Ai giorni nostri, nella nostra opulenta società occidentale, il viaggio assume altre connotazioni, magari discutibili come quelle del turismo di massa (Franco Ferrarotti in Partire, tornare. Viaggiatori e pellegrini alla fine del millennio, Donzelli, 1999, sostiene come, in realtà in questo mondo dove tutti compiono grandi viaggi a eclissarsi è proprio il viaggio. "Si viaggia con una fretta esponenziale, con la golosità di una bulimia indifferente ai contenuti, sorda alle situazioni, cieca di fronte alle differenze"). In ogni caso il viaggio è lì a segnare in maniera profonda, sempre e comunque, la nostra esistenza quotidiana. Come potersi stupire quindi se anche il cine- Locandine rispettivamente di Ombre rosse (a sinistra) e Easy Rider (a destra). Il primo può essere considerato l’antesignano dei film di viaggio. Il secondo è uno dei più famosi road movie degli anni ‘60. 3 ma, che del nostro modo di vivere e di pensare è sempre stato fine osservatore, ha sin dalle sue origini prestato particolare attenzione al tema del viaggio? Dalle esotiche visioni dei Fratelli Lumière sino ai road movies che ne hanno caratterizzato la sua storia a partire dal capolavoro di John Ford Ombre rosse che, non inganni il fatto che si tratta di un western, da molti è considerato un po' il capostipite di questa particolare tipologia cinematografica che ebbe una stagione d'oro nell'America degli anni '60 e '70 (Easy Rider, Dennis Hopper, 1969; Getaway!, Sam Peckinpah, 1972; La rabbia giovane, Terrence Malick, 1973, solo per citare alcuni esempi), il tema del viaggiare, occupa un posto assai importante nella storia della "settima arte", sia che venga inteso in senso reale, sia che venga utilizzato in senso metaforico D'altra parte in tutte le epoche e a tutte le latitudini si è sempre utilizzato il termine di viaggio per descrivere un concetto molto più ampio: quello della vita di un individuo, dalla nascita sino alla morte, oppure come metafora per raffigurare il passaggio dalla vita terrena a una ipotetica vita ultra-terrena. Ciò è tanto più comprensibile se si pensa che il termine "metafora" deriva dal greco metaphérein che significa "trasportare", come sottolinea Marshall McLuhan nel suo saggio Gli strumenti del comunicare (Marsilio, 1997). In ogni caso il binomio vita-morte è sempre presente quando si parla di viaggi: infatti il partire rappresenta, per colui che si accinge a farlo, una nascita, o meglio una rinascita verso una nuova vita, lasciandosi alle spalle le esperienze vissute sino ad allora. Per contro la meta, l'arrivo, segna la definitiva morte del vecchio individuo e la rinascita di un uomo Infatti spesso il tema del viaggio, in letteratu- nuovo. Non necessariamente migliore o pegra come nel cinema (il quale fa propri, elabo- giore di quello precedente. Semplicemente randoli e reinterpretandoli, i racconti di viag- diverso. gio) è visto e utilizzato come una metafora. IL VIAGGIO DI ULISSE L 'Odissea, il viaggio dell'eroe greco. Ulisse, archetipo mitico, eroe che grazie al viaggio acquisisce esperienza e conoscenza. La struttura originaria del rac- conto omerico presenta già le fasi principali del viaggio: partenza, transito, arrivo. In questo caso il viaggio di Ulisse è, significativamente, un viaggio circolare, dove il punto di arrivo corrisponde a quello di partenza. Questa circolarità è necessaria per comprendere come l'eroe ritorni a casa dopo anni di fatiche, di esperienze anche dure e dolorose, fatto più saggio e più esperto, con un'identità propria modificata e migliorata. Nel caso di Ulisse il nostos, cioè il viaggio di ritorno dell'eroe verso casa, implica il desiderio di tornare, la nostalgia Scultura del periodo ellenista raffigurante dei luoghi amati, la voglia di riveUlisse dere e ritrovare le proprie cose e i 4 propri affetti ma, soprattutto, la necessità a un film come Lo sguardo di Ulisse di Théo ritrovare se stessi. Anghelopulos (1995), il cui titolo originale è To vlemma tou Odissea e che narra, in questo Di fronte all'importanza che il poema epico di caso, di un viaggio compiuto da un regista Omero riveste nella cultura classica occiden- attraverso lo strazio dei Balcani divorati dalla tale, il cinema non poteva rimanere indiffe- guerra. rente, cogliendone spesso aspetti nuovi e significativi. Il mito di Ulisse viene quindi riproposto un Il fascino di Ulisse ha dato vita a numerosi po' in tutte le epoche da numerosi autori, sia lavori, cinematografici e televisivi. Non solo nel cinema ma, soprattutto, in letteratura. A dirette trasposizioni sullo schermo della vita cominciare da Dante che ne reinterpreta il avventurosa dell'eroe di Itaca come, ad esem- mito contrassegnando l'eroe con una sete pio, Ulisse di Mario Camerini, film del 1954, conoscitiva che, andando contro i decreti ma anche film che sono indirettamente legati divini, lo collocherà all'Inferno per troppa al personaggio omerico o a quanto il termine superbia. Sino all'Ulisse di James Joyce, eroe "odissea" ha assunto nel nostro lessico quoti- del nostro tempo che vaga per la città di diano. Pensiamo non solo a un capolavoro Dublino alla vana ricerca del senso della vita assoluto come può essere 2001. Odissea nello per l'uomo moderno. spazio, di Stanley Kubrick (1968), ma anche ****** Il breve ciclo di film che presentiamo, parten- tare altre storie. Quelle di uomini e donne alla do proprio dal mito di Ulisse, vuole essere un ricerca di una propria identità e di un proprio tentativo di raccontare come il cinema ha uti- modo di porsi nei confronti della vita. lizzato spesso il tema del viaggio per raccon- 5 ULISSE Regia di Mario Camerini Interpreti: Kirk Douglas (Ulisse), Silvana Mangano (Penelope e Circe), Franco Interlenghi (Telemaco), Rossana Podestà (Nausicaa), Anthony Quinn (Antinoo), Jacques Dumesnil (Alcinoo), Alberto Lupo (uno dei Proci) Sceneggiatura: Franco Brusati, Mario Camerini, Ennio De Concini, Hugh Gray, Ben Hetch, Ivo Perilli, Irwin Shaw Fotografi: Harold Rosson Musica: Alessandro Cicognini Ita (1954, col., 103') Fonte letteraria: L'Odissea U lisse, di ritorno da Troia, dopo aver vagato per anni in mare nel tentativo di raggiungere Itaca, l'isola di cui è re e in cui la moglie Penelope è insidiata a sua insaputa dai Proci, naufraga nell'isola dei Feaci del re Alcinoo. Qui, senza ricordare più nulla del suo passato, si innamora della bella Nausicaa, figlia di Alcinoo. Quando un giorno, improvvisamente, riacquista la memoria, gli tornerà alla mente tutto il suo passato: l'incontro con Polifemo, quello con le sirene, il lungo anno passato presso la Maga Circe. Deciderà, allora, di lasciare l'isola e, grazie a una nave messagli a disposizione dal re Alcinoo, farà vela verso Itaca dove approderà travestito da mendicante. Riconosciuto dal figlio Telemaco e sconfitti i Proci in un duello finale, potrà finalmente riabbracciare la sposa fedele. Lattuada e Giuseppe De Santis. Ulisse è il primo esempio di kolossal di produzione italiana, co-prodotto dalla coppia Ponti-De Laurentiis con la americana Paramount. Fu il film più costoso mai realizzato sino a quel momento e si avvalse di un cast internazionale che annoverava, fra gli altri, Kirk Douglas, Silvana Mangano (che di De Laurentiis era la moglie), Anthony Quinn, Jacques Dumesnil. Il film si avvalse di una sceneggiatura realizzata da sette firme, fra le quali spiccano, oltre quella di Camerini stesso, quelle di Brusati, Ben Hetch, Ennio De Concini e Irvin Shaw (autore del famoso romanzo I giovani leoni, dal quale sarebbe stato tratto l'omonimo film con Marlon Brando, Montgomery Clift, Maximilian Schell, Dean Martin). In realtà gli sceneggiatori americani ebbero poco peso nella realizzazione del film ma furono necesIl poema epico di Omero, scritto intorno sari per supportare un cast multilingue che all'VIII-VII secolo a.c., viene qui portato recitava in tre lingue diverse contemporaneasullo schermo da Mario Camerini, regista già mente. molto attivo durante l'epoca fascista, quando diresse film famosi come Rotaie, Il cappello Camerini destruttura cronologicamente il a tre punte, Gli uomini che mascalzoni!, poema omerico sviluppando la storia quasi Grandi magazzini. Inizialmente però, la regia completamente in flashback. avrebbe dovuto essere affidata al grande regi- Nel film, Ulisse appare come un eroe sprezsta tedesco Georg Wilhelm Pabst, non gradi- zante verso qualsiasi forma di superstizione, to però agli americani, che coprodussero il che spesso pecca in superbia, combattuto tra film. la sete della scoperta di nuovi mondi e il Altri candidati alla regia furono Alberto desiderio di ritornare alla sua Itaca, per ritro7 che lo invitano a fermare la sua nave e a far ritorno a casa, a sottolineare, come detto, il senso di sicurezza che solo la famiglia può dare. Geniale è, poi, l'idea di affidare le parti di Penelope e di Circe entrambe alla Mangano, che riesce a infondere ai due personaggi caratteristiche esattamente antitetiche: molto famiIl regista Mario Camerini al gliare e pura e, per lavoro questo, rassicurante la prima; sensuale ma vare la felicità accanto alla moglie e al figlio fredda la seconda, una seduttrice che trattiene che ha visto solamente da bambino. Da que- Ulisse con le armi del piacere, impedendogli sto punto di vista il regista fornisce della sto- di tornare dalla sua sposa. ria di Ulisse una lettura profondamente bor- Non tutti però all'epoca apprezzarono questo ghese, in cui l'unica possibilità di sicurezza è espediente. Maliziosamente Giuseppe quella che si può avere in seno alla famiglia. Marotta famoso scrittore di narrativa, parlando dell'Ulisse di Camerini nel suo libro Visto oggi, pur conservando il fascino di un Questo buffo cinema (Bompiani, 1956), comkolossal, l'Ulisse di Camerini mostra i segni menta: "La doppia parte di Penelope e di degli anni che passano. Alcuni effetti specia- Circe a Silvana Mangano sarà commercialli, per altro di buona qualità per l'epoca, oggi mente propria, ma in sede narrativa è infelice. fanno sorridere. Ad esempio l'occhio di Costringe Ulisse, pensate, a dire all'incantaPolifemo, così immobile e finto, mentre altre trice: "Tu mi ricordi qualcuna… La stessa situazioni appaiono decisamente ridicole, fronte, gli stessi occhi"; e io mentalmente come quella in cui Ulisse e i suoi compagni aggiunsi: "La stessa moglie del produttore"". fanno ubriacare il ciclope producendo quello Infine va sottolineato come nel film manchiche loro chiamano vino ma che, in realtà, non no quasi del tutto i riferimenti agli dei, che è altro che succo d'uva ottenuto pigiando gli tanta importanza avevano nella cultura greca. acini con i piedi e offerto al gigante che, dopo Solamente pochi cenni sono dedicati a Giove, Nettuno e Minerva che, fra l'altro, vengono poche tazze, cade in un sonno profondo. Per contro alcune intuizioni sono intriganti. Il sempre nominati con i loro nomi romani e canto delle sirene nel quale Ulisse sente, non greci. camuffate, le voci di Penelope e Telemaco 8 Mario Camerini: filmografia essenziale Kiff tebby (1928) Rotaie (1929) Figaro e la sua gran giornata (1931) Gli uomini, che mascalzoni… (1932) L'ultima avventura (1932) T'amerò sempre (1933) Come le foglie (1934) Giallo (1934) Il cappello a tre punte (1934) Darò un milione (1935) Il grande appello (1936) Ma non è una cosa seria (1936) Il signor Max (1937) Batticuore (1939) Grandi magazzini (1939) Centomila dollari (1940) Una romantica avventura (1940) I promessi sposi (1941) Una storia d'amore (1942) T'amerò sempre (1943) Due lettere anonime (1945) La figlia del capitano (1947) Molti sogni per le strade (1948) Due mogli sono troppe (1950) Il Brigante Musolino (1950) Moglie per una notte (1952) Gli eroi della domenica (1953) Ulisse (1954) La bella mugnaia (1955) Suor Letizia - Il più grande amore (1956) Vacanze a Ischia (1957) Primo amore (1959) Via Margotta (1960) Crimen (1961) I briganti italiani (1961) Delitto quasi perfetto (1961) Il mistero del tempio indiano (1963) Kalì-Yug, la dea della vendetta (1963) Io non vedo, tu non parli, lui non sente (1971) Don Camillo e i giovani d'oggi (1972) 9 FURORE (The Grapes of Wrath) Regia di John Ford. Interpreti: Henry Fonda (Tom Joad), Jane Darwell (Ma' Joad), John Carradine (Casey), Charley Grapewin (Grandpa') Dorris Bowdon (Rosaharn), Russell Simpson (Pa' Joad) Sceneggiatura: Nunnally Johnson Fotografia: Gregg Toland USA (1940, b/n, 128') Tratto dal romanzo The Grapes of Wrath, di John Steinbeck N el 1929 la Grande crisi americana seguita al crollo della Borsa di New York, unitamente a una spietata politica agraria e alla siccità causata dalle furiose tempeste di sabbia abbattutesi sui campi del Midwest, ridussero in miseria numerosi agricoltori, affamati dalle banche e dai grossi proprietari terrieri. Moltissime famiglie che vivevano stabilmente sulle loro terre da generazioni, si videro costrette a emigrare verso la California, più fertile e con un clima più mite, con il miraggio di un futuro migliore. Furore è la storia di una di queste famiglie, i Joad, che partendo dall'Oklahoma iniziano un viaggio di speranza verso le verdi vallate della costa pacifica. La nuova vita che attende i Joad - e come loro migliaia di nuovi poveri giunti da ogni parte d'America - si rivela, tuttavia, meno facile del previsto e i coloni dovranno fare i conti con John Ford una classe padronale arrogante e sfruttatrice, ricercando al loro interno la solidarietà umana necessaria per non essere sommersi. Tratto dal famoso romanzo omonimo di John Steinbeck, premio Nobel nel 1962, il film di Ford ne rappresenta una incisiva versione cinematografica, anche se attenua un po' l'aspetto della denuncia sociale e del conflitto di classe e ne mitiga il finale (imposto per altro dal produttore della 20th Century Fox Darryl Zanuck), rendendolo più ottimistico, in piena tendenza al New deal Rooseveltiano nel quale l'America, in quel periodo, era completamente immersa. Ford stesso ne aveva abbracciato in pieno la filosofia, tanto che molte sue opere degli anni Trenta ne erano risultate assai condizionate, sino ad arrivare a Furore, appunto, vero e proprio manifesto del nuovo corso del presidente Roosevelt. È proprio l'ottimismo di fondo che il regista ha immesso nel suo film, a marcare una delle principali differenze con il romanzo di Steinbeck, più cupo, senza speranza e, in un certo senso, più militante. A dimostrazione di ciò basti pensare a Tom Joad, il protagonista, (interpretato da Henry Fonda) che nel libro si separerà dai familiari per abbracciare la causa dei disere11 dati e diventare un sindacalista militante. Nel film di Ford, invece, si assiste a un generico appello a stare dalla parte del torto, accettando in fondo, cristianamente, il grave torto subito. Si tratta, in ogni caso, di un'opera considerata da tutti come uno dei più bei film della storia del cinema. In essa si ha la presa di coscienza del crollo del mito americano, con i suoi valori abbattuti dalla violenza delle leggi capitalistiche. A predominare sono il rimpianto e la nostalgia per il passato, per i suoi valori: su tutti quello della famiglia, intesa come entità depositaria degli antichi valori. A dimostrazione di ciò, nel finale, nonostante tutto, a trionfare sarà l'unità della famiglia, qui impersonificata da Ma' Joad, che pronuncia un messaggio di speranza che è una vera iniezione di ottimismo. Agli occhi della madre, di fronte al precipitare degli eventi, i valori della vecchia America possono ancora rappresentare una diga contro il crollo di un sistema di vita e l'avanzata di un nuovo capitalismo senza scrupoli . Il film è un'opera epica, con le strutture tipiche del western, a partire dalla colonna sonora iniziale sui titoli di testa. Da vari critici è infatti stato considerato un western del XX secolo in cui il viaggio dei Joad assume caratteristiche quasi bibliche, se consideriamo la California come una sorta di terra promessa. La bellezza di questo film risalta in numerose scene di grande intensità. Basti pensare, per citarne alcune, al vento che soffia inaridendo i campi e che accoglie, al suo ritorno a casa, Tom che, dopo aver scontato quattro anni di prigione, non trova più nessuno, se non il vecchio pastore Casey (l'ottimo John Carradine) che ha ormai perduto la vocazione. Oppure il racconto dello spiritato Muley, un farmer che, nonostante la sua casa distrutta e la famiglia emigrata, ha deciso ostinatamente di rimanere, per morire sulla propria terra. O ancora la scena in cui i bulldozer spianano le case dei coloni ridotti, ormai, alla disperazione. Tutto il film è la perfetta iconografia di un'epoca, tanto che, se confrontiamo le immagini filmiche, ad esempio quelle del campo governativo di raccolta dei profughi, con vecchie fotografie d'epoca, ci rendiamo conto di quanto John Ford sia stato capace di rappresentare la realtà, grazie anche alla stupenda fotografia in un bianco e nero dai toni estremamente accentuati di Gregg Toland. Per i temi di denuncia sociale, per paura che il film (che in Unione Sovietica veniva mostrato quasi come fosse un documentario sulla vita quotidiana americana) potesse mettere in cattiva luce gli Stati Uniti d'America, il capolavoro di John Ford venne sdoganato in Italia solamente nel 1951 e classificato dal Centro Cattolico come film "per adulti con riserva". Fu inoltre imposta una didascalia iniziale nella quale si precisa che tutto ciò che nel film viene mostrato è accaduto in un passato ormai finito e che tutti i problemi descritti si possono considerare, ormai, risolti. Un'altra curiosità riguarda la scena finale che, come è stato detto poc'anzi, venne imposta a Ford da Darryl Zanuck, capo indiscusso della 20th Century Fox. A costui il finale pensato dal regista parve troppo duro e "radicale". Ne fece perciò scrivere un altro che non andò a sostituire il primo, bensì venne aggiunto in coda a questo. Ford, che parve accettarlo, in realtà lo subì, lasciando però il compito di girarlo allo stesso Zanuck. La versione del film proiettata in questo ciclo comprende entrambi i finali, ma la seconda versione, così come alcune altre sequenze disseminate lungo il film, viene presentata in lingua originale sottotitolata. Furore vinse due Oscar: miglior film e miglior interprete non protagonista a Jane Darwell. 12 John Ford: filmografia essenziale All'assalto di Broadway (Bucking Broadway), 1917 Il cavallo d'acciao (The Iron Horse), 1924 Il campione del ring (The Fighting Heart), 1925 Aquile azzurre (The Blue Eagle), 1926 I tre birbanti (Three Bad Men), 1926 The Shamrock Handicap, 1926 La canzone della mamma (Mother Machree), 1928 La casa del boia (Hangman's House), 1928 Parigi che cuccagna (Riley the Cop), 1928 La grande sfida (Salute), 1929 La guardia nera (The Black Watch), 1929 Il sottomarino (Men without Women), 1930 Air Mail, 1932 Il lottatore (Flesh), 1932 Pellegrinaggio (Pilgrimage), 1933 Il giudice (Judge Priest), 1934 Il mondo va avanti (The World Moves On), 1934 La pattuglia sperduta (The Lost Patron), 1934 Il traditore (The Informer), 1935 Tutta la città ne parla (The Whole Town's Talking), 1935 Il prigioniero dell'isola degli squali (Prisoner of Shark Island), 1936 L'aratro e le stelle (The Plough and the Stars), 1936 Maria di Scozia (Mary of Scotland), 1936 Alle frontiere dell'India (Wee Willie Winkie), 1937 Uragano (The Hurricane), 1937 Il giuramento dei quattro (Four Men and a Prayer), 1938 Alba di gloria (Young Mr. Lincoln), 1939 La più grande avventura (Drums Along the Mohawks), 1939 Ombre rosse (Stagecoach), 1939 Furore (The Grapes of Wrath), 1940 Viaggio senza fine (The Long Voyage Home), 1940 Com'era verde la mia valle (How Green Was My Valley), 1941 La via del tabacco (Tobacco Road), 1941 Sfida infernale (My Darling Clementine), 1946 La croce di fuoco (The Fugitive), 1947 Il massacro di Forte Apache (Fort Apache), 1948 In nome di Dio (Three Godfathers)1948 I cavalieri del Nord Ovest (She Wore a Yellow Ribbon),1949 Bill sei grande! (When Willie Comes Marching Home), 1950 I sacrificati di Bataan (They Were Expendable), 1950 La carovana dei mormoni (Wagon Master), 1950 Rio bravo (Rio Grande), 1950 La lunga linea grigia (The Long Gray Line), 1952 Un uomo tranquillo (The Quiet Man), 1952 Uomini alla ventura (What Price Glory?), 1952 Il sole splende alto (The Sun Shines Bright), 1953 Mogambo, 1953 La nave matta di Mr. Roberts (Mister Roberts), 1955 Sentieri selvaggi (The Searchers), 1956 Le ali delle aquile (The Wings of Eagles), 1957 L'ultimo urrà (The Last Hurrah), 1958 24 ore a Scotland Yard (Gideon of Scotland Yard), 1958 Soldati a cavallo (The Horse Soldiers), 1959 I dannati e gli eroi (Sergeant Rutledge), 1960 Cavalcarono insieme (Two Rode Together), 1961 La conquista del West (How the West Was Won), 1962 L'uomo che uccise Liberty Valance (The Man Who Shot Liberty Valance), 1962 I tre della Croce del Sud (Donovan's Reef), 1963 Il grande sentiero (Cheyenne Autumn), 1964 Il magnifico irlandese (Young Cassidy), 1965 Missione in Manciuria (Seven Women), 1966 13 ALICE NELLE CITTÀ (Alice in den städten) Regia di Wim Wenders Interpreti: Rüdiger Vogler (Felix Winter), Yella Rottländer (Alice), Lisa Kreuzer (Lisa, la mamma di Alice). Sceneggiatura: Wim Wenders e Veith von Fürstemberg Fotografia (in 16 mm): Robbi Müller RFT (1973, b/n, 110') Soggetto originale di Wim Wenders F elix Winter è un giornalista tedesco che si reca negli Stati Uniti per un reportage sulle città americane. Tuttavia, una profonda crisi creativa gli impedisce di scrivere una sola riga. Semplicemente si limiterà a fotografare con la sua polaroid una gran quantità di immagini, per poi portarle al suo editore che, esasperato, lo licenzierà. Nel tornare in Germania incontrerà Lisa, una donna che gli affiderà la figlia Alice pregandolo di condurla ad Amsterdam dove, lo rassicura, verrà a riprendersela. Ciò non accade. Felix e Alice si troveranno quindi soli alla ricerca disperata della nonna della bambina, senza però effettivamente sapere dove essa abiti. caratterizza) è ossessionato dalle fotografie. Ne scatta a centinaia, allo scopo, come verremo a sapere da una sua amica, di ottenere prove della propria esistenza. Purtroppo ogni foto rappresenta anche una delusione per il giornalista, non essendo "mai uguale a quello che si vede". Felix, chiuso all'interno della propria automobile, in perenne spostamento solitario, vive momenti di comunicazione sempre mediati dalle immagini, che siano esse fotografiche o televisive, che fanno da sfondo a quasi tutto il film e che finiscono per rappresentare un vero e proprio "universo di sostituzione". Secondo tema: il viaggio. Felix, come detto, è in continuo peregrinare per le città americane. Un viaggio, il suo, che si può definire fine a Alice nelle città fa parte, insieme a Falso se stesso, privo di meta. È quasi un'allegoria movimento (Falsche bewegung, 1974) e Nel della vita moderna. Un viaggio senza tempo corso del tempo (Im laut der zeit, 1975), della (terzo tema) perché non c'è crescita interiore cosiddetta "Trilogia della strada". Tutte queste opere sono caratterizzate dall'avere come protagonista un uomo solo che intraprende un viaggio. Personaggi in movimento lungo zone di periferia, di frontiera, che riflettono una separazione interna ai personaggi. Nel film sono evidenti due parti ben differenziate tra loro. Una prima parte antecedente alla conoscenza di Alice e una seconda parte che inizia dal momento in cui uomo e bambina vengono in contatto. Nella prima parte del film dominano i temi della conoscenza, del viaggio e del tempo. Felix (del quale Rüdiger Vogler rende in maniera eccezionale il vuoto interiore che lo Wim Wenders 15 nella vita di Felix. Tutta la sua esistenza si sviluppa in maniera anonima, incolore. Ciò è ben sottolineato dalla fotografia in bianco e nero di Robbi Müller che, per lo meno all'inizio del film, è piuttosto piatta, senza sfumature e priva di contrasto. Tuttavia l'esistenza del giornalista muta improvvisamente quando, attendendo l'aereo che lo deve riportare in patria, incontra Alice e sua madre, la quale,per poter vedere un uomo prima di partire, affida la figlia a Felix con la promessa di rivedersi in Europa, all'aeroporto di Amsterdam. Abbandonata dalla madre Alice reagisce rifugiandosi in una serie di atteggiamenti infantili caratterizzati da esigenze primordiali: la fame, la sete, il sonno. Il mondo di Felix ne rimane sconvolto. Quando si renderà conto che ad Amsterdam non c'è Lisa ad attendere la figlia, il primo istinto di Felix è quello di consegnare la piccola al primo posto di polizia. Ma di fronte alle lacrime di Alice, il giornalista deciderà di intraprendere con lei un viaggio alla ricerca della nonna della bambina, pur ignorando (Alice non ricorda) né il cognome della donna, né la città in cui essa vive. Ecco quindi che il tema del viaggio ritorna, ma rinnovandosi: Felix non vagherà più per il mondo senza una meta. Ora uno scopo esiste. È nella ricerca della nonna di Alice, pur così difficile e vaga, priva com'è di indizi concreti, che il viaggio acquista un senso e, di con- seguenza, la vita di Felix. Piano piano il rapporto tra i due si modifica. Dall'iniziale fastidio reciproco, si sviluppa una rapporto umano fatto di amicizia e di affetto. Quasi una voglia di paternità per quanto riguarda Felix; il desiderio di trovare un padre per quanto riguarda Alice. Alice che va a stuzzicare Felix proprio sul suo stesso terreno quando, inquadrandolo con la polaroid, gli dirà: "Ti scatto una foto per farti vedere come sembri". Alla fine del viaggio, grazie all'incontro con la bambina, Felix riscoprirà sé stesso e il suo passato, diventando finalmente parte di un mondo nel quale, prima, non si riconosceva. Da questo punto di vista è significativa l'ultima scena che vede l'adulto e la bambina su un treno, in viaggio verso quegli affetti a lungo cercati, con la macchina da presa che, spostandosi all'indietro, allarga l'immagine dall'iniziale primo piano a un campo lunghissimo dove i due protagonisti non sono altro che dei puntini persi in un panorama naturale più grande di loro. E che in Felix si sia verificato un arricchimento interiore ce lo sottolinea anche la fotografia, laddove scopriamo, quasi per caso che i contrasti del bianco e nero risultano molto più accentuati rispetto alla piattezza iniziale. Per il critico Morando Morandini "la piccola Yella Rottländer è il più bel progetto di donna che da anni si sia incontrato su uno schermo". 16 Wim Wenders: filmografia essenziale Summer in the City, 1970 Prima del calcio di rigore (Die Angst des Tormanns beim Elfmeter), 1971 La lettera scarlatta (Der scharlachrote Buchstabe), 1972 Alice nelle città (Alice in den Städten), 1973 Falso movimento (Falsche Bewegung), 1974 Nel corso del tempo (Im Lauf der Zeit), 1975 L'amico americano (Der amerikanische Freund), 1977 Nick's Movie - Lampi sull'acqua (Lightning over Water (Nick's Movie), 1980 Lo stato delle cose (Der Stand der Dinge), 1982 Hammett: indagine a Chinatown (Hammett), 1983 Paris, Texas, 1984 Tokyo-Ga, 1985 Il cielo sopra Berlino (Der Himmel uber Berlin), 1987 Appunti di viaggio su moda e città 17 (Aufzeichnungen zu Kleidern und Städten), 1989 Fino alla fine del mondo (Bis ans Ende der Welt), 1991 Arisha (Arisha, der Bär und der steinerne Ring), 1993 Così lontano così vicino! (In weiter Ferne, so nah!), 1993 Al di là delle nuvole (con Michelangelo Antonioni), 1995 Lisbon Story, 1995 I fratelli Skladanowsky (Die Gebrüder Skladanowsky), 1996 Crimini invisibili (The End of Violence), 1997 Buena Vista Social Club, 1998 The Million Dollar Hotel, 2000 The Blues - L'anima di un uomo (The Blues The Soul of A Man), 2003 La terra dell'abbondanza (Land of Plenty), 2004 Don't Come Knocking, 2005 STAND BY ME - RICORDO DI UN'ESTATE (Stand By Me) Regia di Rob Reiner Interpreti: Wil Wheaton (Gordie Lachance), River Phoenix (Chris), Jerry O'Connell (Vern), Corey Feldman (Teddy), John Cusack, Kiefer Sutherland, Richard Dreyfuss (Gordie Lachance adulto) Usa (1986, col., 87') Tratto dal racconto The Body, di Stephen King I l film è un lungo flash-back che parte dalla lettura di una notizia di cronaca nera da parte di Gordie Lachance, uno scrittore affermato, che inizia a ricordare la prima volta in cui, tredicenne, vide un morto. Da questi ricordi comincia il suo viaggio nel tempo che lo proietterà, e insieme a lui gli spettatori, a Castle Rock, piccola cittadina dell'Oregon, nell'estate del 1959. Qui, quattro ragazzini, ognuno con situazioni familiari difficili, vengono a sapere del cadavere di un coetaneo abbandonato in un bosco a una cinquantina di chilometri dalla città. Decidono, quindi, di affrontare il viaggio che li porterà a vivere numerose avventure prima di giungere al cospetto del morto. Sino allo scontro finale con una banda di adolescenti più grandi di loro per la conquista del cadavere. Il film diretto da Rob Reiner (Harry ti presento Sally, Misery non deve morire) è strutturato come un classico viaggio di formazione, in cui i protagonisti arriveranno, al termine della loro storia, a oltrepassare quella soglia che segna irrimediabilmente il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Il cinema ha spesso trattato, anche in maniera assai efficace, il tema difficile dell'età adolescenziale. Rispetto però a molti film, anche importanti come, ad esempio, Gioventù bruciata, di Nicholas Ray (1955) o American Graffiti di George Lucas,(1973), in cui i protagonisti 19 sono giovani alla soglia della maggiore età che si dividono in bande per mitigare, in qualche modo, la dolorosa sensazione di solitudine interiore che provano e dove lo scontro avviene fra loro e gli adulti, nel film di Reiner lo scontro generazionale avviene piuttosto fra adolescenti e i loro "fratelli minori". Tredicenni che hanno le stesse travagliate situazioni familiari dei protagonisti dei film citati: genitori in manicomio o incapaci a rapportarsi ai figli o, come nel caso di Gordie Lachance, sempre intenti a confrontare, esaltandole, le qualità dell'altro figlio, morto, con quelle di Gordie stesso. Tuttavia, a differenza dei ragazzi della generazione immediatamente precedente, i giovanissimi protagonisti del film di Reiner, pur comprendendo le ragioni dei tentativi di ribellione dei loro "fratelli maggiori", non sono ancora in grado di fare lo stesso. Come scrive Morando Morandini sul suo Dizionario dei film, Stand By Me, che è tratto da un racconto dello scrittore americano Stephen King (The Body, 1982), è "uno dei film più belli sull'adolescenza degli anni '80, nel miracoloso equilibrio della memoria fra sentimento e avventura". In questo film che, come scrive sempre Morandini "sarebbe piaciuto a Truffaut", a dominare è il tema dell'amicizia. Un'amicizia che, seppur ostacolata dal tempo che passa, è ancor ben viva nella mente di Gordie divenuto ormai adulto. E proprio questo sentimento ancora così vivo, lo spinge a ripensare e a raccontarci quello straordinario viaggio che lui e i suoi compagni avevano intrapreso molti anni prima. È un viaggio che rappresenta, come detto, un percorso di crescita e di formazione. In due giorni i quattro ragazzini sono obbligati a superare tutta una serie di prove che li catapulterà direttamente nell'età adulta. Dovranno confrontarsi con la responsabilità di dover prendere delle decisioni da soli senza più l'intermediazione degli adulti; con la sessualità e con la scoperta della differenza tra mito e realtà, come avviene nella scena del cane della discarica di Milo. Si confronteranno con la paura del buio della notte, tipico luogo di ossessioni infantili. Trascorrerla insieme attorno a un fuoco, parlando delle proprie esperienze e di se stessi, è un modo di superare la paura del buio e acquisire indipendenza dalle figure adulte protettrici. Si dovranno confrontare soprattutto con la morte, presenza che caratterizza tutto il film sin dalle battute iniziali, quando Gordie apprende la notizia della scomparsa del suo vecchio amico. È poi significativo il fatto che il cammino che i protagonisti compiono venga fatto seguendo il corso dei binari del treno. Treno che, in tutta la storia del cinema ha sempre rappresentato la classica iconografia del viaggio e che qui ritorna un po' in tutto il film: è il treno che, probabilmente, ha ucciso il ragazzo di cui Gordie e compagni tentano di recuperare il corpo; è il treno-mostro che attenta alle loro giovani vite quando appare, improvviso e minaccioso, nella bellissima scena del ponte. Stephen King, nel racconto da cui Stand By Me è tratto, parlando del viaggio lungo i binari della ferrovia spiega che: "…sembrava giusto farlo in questo modo, perché il rito di passaggio è un corridoio magico e perciò ci mettiamo sempre in corsia". Alla fine l'incontro con il morto rappresenta nello stesso tempo la fine del viaggio e l'inizio di una nuova vita. Nella scoperta della morte c'è, da parte dei quattro, la consapevolezza che qualcosa dentro di loro e terminato per sempre e che dalle ceneri della loro infanzia sta nascendo qualcosa di nuovo che li proietterà in un mondo che, sino a quel momento, non avevano ancora frequentato. La visione della morte mette i ragazzi di fronte alla loro finitezza. Soprattutto capiscono che quel morto è loro perché è un ragazzo della loro generazione e, come, loro, stava percorrendo il medesimo percorso esistenziale. Ed è loro anche per le mille difficoltà che hanno dovuto superare per poterlo trovare. Anche per questo lo scontro finale per il possesso della salma che avviene con una banda di adolescenti più grandi di loro, rappresenterà l'ultima, decisiva prova del loro percorso verso la maturità. Rob Reiner: filmografia essenziale Sacco a pelo a tre piazze (The Sure Thing), 1985 Stand By Me - Ricordo di un'estate (Stand By Me), 1986 La storia fantastica (The Princess Bride), 1987 Harry ti presento Sally (When Harry Met Sally...), 1989 Misery non deve morire (Misery), 1990 Codice d'onore (A Few Good Men), 1992 Genitori cercasi (North), 1994 Il presidente - Una storia d'amore (The American President), 1995 L'agguato (Ghosts of Mississippi), 1996 Storia di noi due (Story of Us), 2000 Alex & Emma, 2003 Vizi di famiglia (Rumor has It), 2005 20 LITTLE MISS SUNSHINE Regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris Interpreti: Grek Kinnear (Richard, il padre), Toni Colette (Sheryl, la madre), Steve Carell (Frank, lo zio), Paul Dano (Dwayne, il figlio), Abigail Breslin (la piccola Olive), Alan Arkin (il nonno). Sceneggiatura: Michael Arndt Fotografia: Tim Suhrsted Musiche: Michael Danna Usa (2006, col., 98') P er permettere alla piccola Olive di sette anni di partecipare a Little Miss Sunshine, un concorso di bellezza per bambini, la famiglia Hoover si mette in viaggio verso la California su uno scassato pulmino Volskwagen. Del gruppo fanno parte, oltre alla bambina, la madre, affettuosa ma scombinata; il padre, un fallito che tenta inutilmente di promuovere il suo libro I nove passi per raggiungere la felicità; il nonno eroinomane, espulso dalla casa di riposo per abuso di sostanze stupefacenti; lo zio Frank, tra i massimi esperti di Proust, che ha appena tentato il suicidio per amore di un altro uomo e Dwayne, il fratello adolescente di Olive, appassionato di Nietszche e che ha fatto voto di silenzio. Presentato con successo al festival di Locarno e al Sundance Festival, premiato al Sydney Film Festival 2006 e candidato a quattro premi Oscar, il film dei coniugi Jonathan Dayton e Valerie Faris è una intelligente e caustica commedia sulle miserie della moderna società americana e, in generale, occidentale, dove l'unica cosa che sembra veramente contare è l'apparire. Little Miss Sunshine è un film sui perdenti. Ognuno dei componenti della famiglia Hoover, a suo modo, lo è. In realtà, alla fine gli Hoover ne usciranno molto meglio rispetto a una società aberrante che crea imbarazzo a se stessa. Sarà il nonno a rivelarci il vero insegnamento del film quando, rivolgendosi alla nipotina, le spiega che: "Un vero perdente non è uno che non vince. Un vero perdente è uno che ha talmente paura di non vincere da non provarci neanche". Vero e proprio road movie dove alla fine del viaggio compiuto fra mille peripezie, con un finale travolgente, ognuno dei protagonisti ritrova se stesso e, soprattutto, ritrova gli altri e capisce di non essere solo e di poter contare su un gruppo. In questo la famiglia Hoover si dimostra tutt'altro che perdente. Forse il film della coppia Dayton-Faris, realizzato a basso costo (solo 8 milioni di dollari contro i 100 milioni incassati) non ci regala nulla di particolarmente nuovo, però ce lo racconta con sensibilità, gusto e ironia, permettendoci di ridere in maniera mai banale delle altrui e, soprattutto, delle nostre debolezze. Jonathan Dayton e Valerie Faris: filmografia Little Miss Sunshine, 2006 21 IL LADRO DI BAMBINI Regia di Gianni Amelio Interpreti: Enrico Lo Verso (Antonio), Valentina Scalici (Rosetta), Giuseppe Ieracitano (Luciano) Soggetto: Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli Sceneggiatura: Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli Fotografia: Tonino Nardi, Renato Tafuri Musica: Franco Piersanti Ita (1992, col., 112') A Milano Rosetta, 11 anni, viene costretta a prostituirsi dalla madre. Luciano, il fratellino più piccolo, vorrebbe ribellarsi ma ne è incapace. Come difesa personale si rifugia nel silenzio isolandosi sulla terrazza di casa, mentre la sorella riceve gli uomini in camera. Quando la madre e un cliente vengono arrestati, per i due bambini si aprono le porte di un istituto di rieducazione. Al carabiniere Criaco Antonio viene affidato il compito di accompagnare i due fratellini verso un istituto di Civitavecchia. Tuttavia, con la scusa di sopravvenute difficoltà burocratiche, il direttore si rifiuta di accettarli. Inizierà così un peregrinare attraverso l'Italia che porterà il terzetto sino in Sicilia, alla ricerca di un istituto che voglia accogliere i due bambini. Durante il viaggio il rapporto dapprima ostile di Rosetta e Luciano nei confronti di Antonio, si stempera in un affetto che li porterà a prendersi, durante il viaggio, qualche momento di libertà rispetto al compito istituzionale del carabiniere. Per questo, per aver contravvenuto alle disposizioni ricevute, Antonio verrà accusato dai superiori addirittura di sequestro di minori. Il viaggio che i tre protagonisti compiono da Milano alla Sicilia, è un viaggio attraverso le contraddizioni dell'Italia, con la sua povertà e la sua ricchezza, il suo degrado ambientale e le sue opere d'arte. È un viaggio di conquista. Da parte del carabiniere la conquista della capacità di superare l'aspetto puramente istituzionale che gli è stato affidato, affezionandosi ai due bambini. Da parte di Rosetta e Luciano la conquista di un'infanzia mai vissuta: partiti "adulti" da Milano troveranno, anche se per poco, giusto il tempo di un bagno in mare e di una giornata passata in allegria, la loro condizione di bambini. Per tutta la durata del film c'è, sia in Rosetta che in Luciano, l'evidente negazione del loro essere bambini, che si manifesta nella ragazzina attraverso la durezza dello sguardo e in Luciano nel mutismo in cui spesso si rifugia, nelle sue crisi d'asma e nel rapporto La piccola Valentina estremamente duro che ha Scalici nella parte di con la sorella. Rosetta 23 Solo alla fine del viaggio acquisteranno la loro vera dimensione infantile: quando il viso di Rosetta si aprirà finalmente in un sorriso e Luciano comincerà a percepire nei confronti di Antonio una sorta di affetto filiale. Come spesso accade nel cinema di Gianni Amelio, il viaggio fisico attraverso luoghi reali è un modo per i personaggi di compiere un viaggio interiore. Si tratta spesso di viaggi che permettono di entrare in contatto con il diverso (pensiamo, ad esempio, ai profughi albanesi de Lamerica, al figlio handicappato di Le chiavi di casa o ai cinesi di La stella che non c'è). Ne Il ladro di bambini i diversi sono, soprattutto, la baby-prostituta Rosetta e suo fratello Luciano. Ma non solo. Nella sua semplicità e ingenuità lo è anche Antonio, costretto suo malgrado a confrontarsi, impreparato, con la drammatica realtà che gli si prospetta davanti. Amelio mette in evidenza un'Italia in cui è palpabile il degrado civile e sociale. In una delle sequenze più intense del film, allo scopo di interrompere per un po' il viaggio e far riposare i due bambini, Antonio decide di fermarsi al suo paese in Calabria, presso la sorella che gestisce un ristorante. Qui, durante una festa per una prima comu- nione, affiora tutto il conformismo moralista di una società che non riesce ad accettare la bambina una volta riconosciutala come la puttana di cui avevano pubblicato la foto i giornali. Amelio ci mostra, in questo caso, lo snaturamento di una società che ha tagliato i ponti con la propria cultura contadina in nome di un arricchimento che si compie nei modi più disparati, spesso illegali come può essere quello della speculazione edilizia. Emblematico sotto questo punto di vista è il colloquio fra Antonio e la nonna, che coltiva il suo orto ai lati dell'autostrada. Il contrasto fra il dialogo sulla memoria e il rombo assordante delle automobili che sfrecciano ci fa capire come la cultura di un tempo, con i suoi valori, non esiste più, sommersa da un mondo dove a dominare è il frastuono che ci impedisce di ascoltare. Quello del rumore è un tema dominante in tutto il film. Un sottofondo volutamente fastidioso che ci accompagna sin dalle battute iniziali, con la televisione accesa nella casa di Rosetta a Milano: suoni e immagini prive ormai di significato, se non quello di coprire lo stupro che si sta perpetrando nell'altra stanza. Nonostante si possa pensare al Ladro di bambini come a un film pessimista, che mostra un'Italia ormai totalmente priva della sua anima, in realtà non è così. La solidarietà che piano piano sboccia fra Antonio e i due bambini è un messaggio positivo. Così come il finale in cui Antonio, riportato bruscamente al suo ruolo ufficiale, si addormenta in macchina mentre Rosetta e Luciano attendono l'alba - e il loro triste destino - seduti su un marciapiede, abbracciati, pur nella sua disperante drammati- Il regista Gianni Amelio 24 cità, lancia un segnale di speranza. In realtà il regista aveva inizialmente pensato a un altro finale, molto più tragico, con l'uccisione di Antonio da parte di Luciano. Ma l'idea che un bambino potesse sparare al carabiniere venne considerata troppo forte e nessuno volle aggiungere altri finanziamenti al film. Lo stesso Amelio, anche se inizialmente si vide costretto a modificare il finale, si rese conto che, così come venne infine realizzata, la sequenza conclusiva non poteva che essere quella, lenta e discreta. Senza parole ma piena di sofferta intensità. nostro cinema. E lo fa senza ricorrere alla retorica e al melodramma, gettando uno sguardo che è, nello stesso tempo, estremamente critico verso una società in cui, ormai, è impossibile riconoscersi, e pieno d'amore verso i personaggi che racconta. Alla riuscita del film concorrono anche gli interpreti, bravissimi nel rendere la natura intima dei personaggi. Enrico Lo Verso è perfetto nella parte di Antonio, così come Valentina Scalici e Giuseppe Ieracitano, che riescono a infondere ai personaggi di Rosetta e Luciano la veridicità di tanti loro coetanei invischiati in tristi storie di sfruttamento e Il film di Gianni Amelio, regista fra i più degrado. profondi del cinema italiano di questi ultimi trent'anni, è molto emozionante. Un'opera Il Ladro di bambini ha vinto il Gran Premio che, come tutta quella del regista calabrese, della Giuria al Festival Internazionale del riesce a descrivere la realtà del nostro paese Cinema di Cannes. sfuggendo al minimalismo tipico di molto Gianni Amelio: filmografia essenziale La fine del gioco, 1970 La città del sole, 1973 Bertolucci secondo il cinema, 1976 Effetti speciali, 1978 La morte al lavoro, 1978 Il piccolo Archimede, 1979 In cammino, 1979 Colpire al cuore, 1982 I velieri, 1982 I ragazzi di via Panisperna, 1988 Porte aperte, 1990 Il ladro di bambini, 1992 Lamerica, 1994 Così ridevano, 1998 Le chiavi di casa, 2004 La stella che non c’è, 2006 25 UNA STORIA VERA (The Straight Story) Regia di David Lynch Interpreti: Richard Farnsworth (Alvin Straight), Sissi Spacek (Rose), Harry Dean Stanton (Lyle), John Farley (Thorvald Olsen), Kevin Farley (Harold Olsen), Everett McGill (Tom) Fotografia: Freddie Francis Musiche: Angelo Badalamenti Soggetto e sceneggiatura Mary Sweeney, John Roach Usa/Fra/Gbr (1999, col., 111') A Laurens, piccolo borgo agricolo dell'Iowa, vive il vecchio Alvin Straight, con la figlia Rose, che i più ritengono ritardata mentale. Quando Alvin apprende dell'infarto che ha colpito il fratello Lyle, che vive nel Wisconsin a più di 300 miglia di distanza e con il quale non ha più rapporti da anni a causa di un litigio, capisce la futilità dei motivi che li tengono separati e matura la decisione di andarlo a trovare per riallacciare i rapporti prima di morire. Ma come fare a raggiungerlo? Alvin, malfermo sulle gambe e quasi cieco, non può ovviamente guidare. Decide allora di partire sull'unico mezzo che gli è consentito condurre: un tagliaerba. È una storia solo apparentemente minimale quella che ci racconta David Lynch, autore di numerosi film che scavano nel buio della mente umana ma che qui decide di spostarsi alla luce del sole, in un ambiente, quello del Midwest americano, dove tutto fa pensare alla pace e alla tranquillità e alla maestosità dei grandi spazi. Pur iniziando in un modo che farebbe presupporre una tragedia (Alvin è sdraiato a terra, impossibilitato a muoversi: forse sta per morire?), il film vira ben presto verso toni più quieti, immergendoci nella tranquillità della cittadina, con i suoi campi coltivati, i suoi paesaggi idilliaci e lo scorrere lento della vita 27 dei suoi abitanti. In realtà quella di Alvin Straight (significativo il suo cognome, che in inglese vuole dire "diritto", "onesto") è una vita in cui il dolore ha fatto capolino più volte. Quando ha visto morire alcuni dei suoi numerosi figli, o quando ha vissuto in prima persona il dramma della guerra. Quando ha sofferto per la figlia Rose, che ha subìto la perdita di uno dei suoi bambini e la sottrazione, da parte del tribunale dei minori, degli altri tre, o quando ha dovuto rimanere per anni lontano dal fratello per motivi, in fondo, banali. È per questo che, alla notizia della malattia di Lyle, Alvin sente il bisogno di riappacificarsi con lui, e con la vita, prima di morire. Una storia vera è un road movie per certi versi classico, ma per altri anomalo in quanto sovverte i canoni del genere. Qui non c'è un eroe che parte per compiere un'impresa o un disperato che scappa per fuggire al suo passato. C'è solamente un uomo comune che ha compreso che, per chiudere il capitolo della sua vita, deve riannodare alcuni fili che si erano allentati lungo la strada. Volendo, il film di Lynch è una sorta di western di fine millennio nel quale ritroviamo molti stereotipi del genere. L'immensità del paesaggio americano; le notti passate intorno a un fuoco; il vecchio cowboy che, camicia a scacchi e cappellaccio in testa, sale a cavallo e si mette in viaggio verso la meta prefissata. E poco importa se qui il cavallo è una motofalciatrice John Deere: Alvin ha la stessa purezza di spirito e la medesima integrità morale di molti vecchi eroi della frontiera. Quello che Alvin compie, viaggiando sotto il sole o sotto la pioggia per 600 chilometri, sfidando l'ironia degli amici che lo prendono per matto o le pressioni della figlia Rose che non vorrebbe farlo partire, è un viaggio iniziatico, preparatorio alla propria morte. È un viaggio in cui, grazie agli incontri fatti per strada, il vecchio può rivivere tutti i momenti dell'esistenza di un uomo. La nascita, quando incontra la giovane autostoppista fuggita di casa senza aver osato confessare ai genitori di essere incinta. Alvin la accoglie presso il suo fuoco e le spiega la sua filosofia circa il valore della famiglia: lo fa senza retorica, in una delle scene più belle e delicate del film. La giovinezza quando, in un campeggio, spiega in poche parole a dei ragazzi qual è la cosa più fastidiosa della vecchiaia, cioè ricordarsi di quando si era giovani! L'età adulta, quando è costretto a fermarsi in un villaggio, ospite di una gentile e discreta coppia, a causa di un guasto al suo tagliaerba o quando si deve difendere da due meccanici che lo vogliono truffare. La vecchiaia quando ricorda con un suo coetaneo l'orrore della guerra Il regista americano David Lynch 28 vissuta sul fronte europeo. Infine la morte, una notte in un cimitero, dialogando con un sacerdote. Alla fine del viaggio Alvin ritroverà il fratello e, insieme a esso, il senso della propria esistenza. L'incontro fra i due vecchi è parco di dialoghi ma denso di emozioni. Non servono le parole fra due persone che sono rimaste lontane per anni ma, che, allo stesso tempo, sono legate da un profondo affetto. Non è necessario che Alvin e Lyle si parlino. Sanno entrambi che stanno andando lentamente verso la morte. Ma non fa più paura, ora che si sono ritrovati; ora che Alvin è tornato "a casa". Il cerchio si è chiuso: entrambi si siedono silenziosi sulla veranda, nel buio della notte a guardare le stelle, le stesse che comparivano all'inizio del film. Le stesse che Alvin e Lyle, forse, osservavano silenziosi, nella solitudine delle proprie esistenze. Il film, ispirato a un fatto realmente accaduto è, come scrive Emanuela Martini "bellissimo, elementare (nel senso più alto del termine). È John Ford che torna sulla strada (…). È Ma' Joad con la sua ostinazione a tenere insieme la famiglia. Anche se poi qualcuno se ne va sempre solo sulle strade d'America". Alla bellezza del film contribuiscono in maniera significativa gli interpreti. L'ottantenne Richard Farnsworth (Alvin), qui alla sua ultima apparizione sullo schermo dopo aver passato una vita da comprimario nel cinema, nel quale ha iniziato ha lavorare nel 1937, prima come comparsa e poi come stunt man, per approdare, negli anni '60, a parti da caratterista. Sissi Spacek, bravissima nell'interpretare la fragilità di Rose. Harry Dean Stanton (Lyle) in un breve ma intenso cameo. David Lynch: filmografia essenziale Eraserhead - La mente che cancella (Eraserhead), 1977 The Elephant Man, 1980 Dune, 1984 Velluto blu (Blue Velvet), 1986 Cuore selvaggio (Wild at Heart), 1990 Camera d'albergo (Hotel Room), 1992 Fuoco cammina con me (Twin Peaks: Fire Walk With Me), 1992 Strade perdute (Lost Highway), 1996 Una storia vera (The Straight Story), 1999 Mulholland Drive, 2001 29 IDEE DI VIAGGIO ATTRAVERSO IL CINEMA Accadde una notte (It Happened One Night), di Frank Capra. Usa, 1934. Una ricca ereditiera scappa dalla famiglia per raggiungere il play-boy che il padre le impedisce di sposare. Nel viaggio da New York a Miami incontra un giornalista del quale, alla fine, si innamorerà. Le acrobate, di Silvio Soldini. Italia-Svizzera, 1997. Il caso fa incontrare due donne insoddisfatte dalla vita. Insieme compiono un viaggio che le porterà tra le montagne innevate della Valle d’Aosta. Aguirre, furore di Dio (Aguirre, der Zorn Gottes), di Werner Herzog. Germania ovest, 1972. Una spedizione spagnola, guidata da Gonzalo Pizarro, fratello di Francisco, nel 1560 discende la Cordigliera delle Ande alla ricerca del mitico El Dorado. Alice nelle città (Alice in den städten), di Wim Wenders. Germania ovest, 1973. Vedi scheda film. Alice non abita più qui (Alice Doesn't Live Here Anymore), di Martin Scorsese. Usa, 1975. Alice, rimasta vedova con un figlio a carico, torna nella natia Monterey, guadagnandosi da vivere lungo la strada come cantante. Un’anima divisa in due, di Silvio Soldini. Italia-Svizzera, 1993. Il tormentato rapporto tra un “gagio” guardiano di un grande magazzino, e una giovane Rom. Un viaggio da Milano ad Ancona per sposarsi e lasciarsi dopo pochi mesi. A proposito di Schmidt (About Schmidt), di Alexander Payne. Usa, 2002. Un uomo, dopo essere andato in pensione, avverte il vuoto della propria esistenza. Intraprenderà un viaggio in camper per approfondire il senso del suo fallimento. L’Armata Brancaleone, di Mario Monicelli. Italia-Francia, 1966. Uno scalcinato gruppo di individui, capeggiato dallo spiantato cavaliere Brancaleone da Norcia, parte alla conquista del feudo di Aurocastro. L’arrivo del treno nella stazione di La Ciotat (L’arrive d’un train en la gare de La Ciotat). Louis e Auguste Lumière. Proiettato il 28 dicembre 1895, nella serata che ha visto nascere ufficialmente il cinematografo, l’arrivo del treno in stazione pareva, agli spettatori ignari, dover piombare su di essi. Sempre dei F.lli Lumière si veda anche la serie delle Vedute di viaggio. Assassinio sull’Orient Express (Murder on the Orient-Express), di Sydney Lumet. Gran Bretagna, 1974. Durante un viaggio da Istambul a Calais il treno Orient Express rimane bloccato dalla neve. A bordo viene commesso un delitto di cui indagherà uno dei passeggeri, il famoso detective Hercule Poirot. La ballata di un soldato (Ballada o soldate), di Grigorij Cuchraj. Urss, 1959. Film pacifista narrato attraverso il viaggio verso casa di un soldato russo in licenza. Broken Flowers (id.), di Jim Jarmush. Usa, 2005. Single incallito in viaggio per scoprire chi, delle sue numerose, vecchie fiamme, è la madre del figlio di cui ha appena avuto notizia. Bus - In viaggio (Get On The Bus), di Spike Lee. Usa, 1996. Cronaca del viaggio in bus di un gruppo di cittadini afroamericani verso la famosa “Million Man March” promossa dal Reverendo Louis Farrakhan. La carovana dei Mormoni (Wagon Master), di John Ford. Usa, 1950. Una carovana di Mormoni in viaggio verso lo Utah, tra fuorilegge e indiani Navajos. Central do Brasil (id.), di Walter Salles. Brasile, 1998. Una anziana donna e un bambino attraversano il Brasile alla ricerca del padre del piccolo. Le chiavi di casa, di Gianni Amelio. Italia-Germania-Francia, 2004. Film di viaggio e di avvicinamento tra un padre trentenne e il figlio, affetto da gravi disturbi psico-motori, che aveva sempre rifiutato di vedere. Chiedi la luna, di Giuseppe Piccioni. Italia, 1991. Un uomo e la cognata partono alla ricerca del fratello-marito, scappato con i soldi della ditta di famiglia. La città delle donne, di Federico Fellini. Italia, 1980. Viaggio onirico di un uomo alla ricerca di una donna incontrata sul treno e ritrovata nella città del titolo. Come vinsi la guerra (The General), di Buster Keaton e Clyde Bruckman. Usa, 1926. Un lungo inseguimento di un macchinista delle ferrovie alla ricerca dei suoi due amori sequestrati: la sua bella e la sua locomotiva. Corvo Rosso non avrai il mio scalpo (Jeremiah Johnson), di Sydney Pollack. Usa, 1972. Jeremiah Johnson si sposta attraverso le Montagne rocciose ai confini del mondo civilizzato. Western della “nuova tendenza” dove i nativi americani non sono visti come esseri inferiori. Cose di questo mondo (In This World), di Michael Winterbottom. Gran Bretagna, 2002. Dal campo profughi di Peshawar, Pakistan, sino a Londra, il viaggio della speranza di due fratelli pakistani. Cuore selvaggio (Wild At Hearth), di David Lynch. Usa, 1990. Visionario film sulla fuga verso il Texas di un uomo in libertà vigilata e di una ragazza scappata da casa. Dead Man (id.), di Jim Jarmush. Usa-Germania-Giappone, 1995. Viaggio iniziatico di un contabile nel West di fine ottocento. I diari della motocicletta (Diarios de motocicleta), Usa-Messico.Cuba, 2004. Il viaggio del giovane Ernesto Guevara, futuro “Che” e del suo compagno Alberto Granado attraverso il continente sud-americano in sella alla loro motocicletta. Un dolce viaggio (Le voyage en douce), di Michel Deville. Francia, 1974. Un viaggio di due amiche trentenni da Parigi alla Provenza. 31 Don Chisciotte (Don Quichotte) , di Georg Wilhelm Pabst. Francia-Germania, 1933. Il capolavoro di Miguel De Cervantes portato sullo schermo dal grande cineasta tedesco. Don’t Come Knocking (id.), di Wim Wenders. Germania-Francia-Gran Bretagna-Usa, 2005. Un divo di western in declino, fugge dal set alla ricerca del proprio passato. Duel (id.), di Steven Spielberg. Usa, 1971. Un sorpasso azzardato a un’autocisterna si trasforma in un incubo per un automobilista in viaggio sulle strade d’America. 2001 Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey), di Stanley Kubrick. Gran Bretagna, 1968. Dalla preistoria ai voli interspaziali, una favola apocalittica sul destino dell’umanità. Due per la strada (Two For The Road), di Stanley Donen. Gran Bretagna, 1967. Un viaggio verso il sud della Francia è l’occasione per un architetto e sua moglie di rievocare i dodici anni del loro matrimonio. Easy Riders (id.), di Dennis Hopper. Usa, 1969. Il più famoso film “sulla strada” della storia del cinema. Il tema del viaggio applicato alla cultura alternativa degli anni ‘60. Elegia di un viaggio (Elegia dorogi), di Aleksandr Sokurov. Francia-Russia-Olanda, 2001. Un viaggio onirico da Leningrado a Rotterdam, con una voce fuori campo che, citando Dante, Cechov e Conrad, passa in rassegna grandi quadri di paesaggi. Falso movimento (Falsche Bewegung), di Wim Wenders. Germania ovest, 1974. Il viaggio di un giovane scrittore dal Mare del Nord sino alle Alpi. Fandango (id.), di Kevin Reynolds. Usa, 1985. 1971: un lungo viaggio verso il Messico di cinque amici, per festeggiare un addio al celibato. Alcuni di loro dovranno partire per il Vietnam. Il Federale, di Luciano Salce. Italia, 1961. Nel 1944 un gerarchetto fascista compie un viaggio in side-car insieme a un professore antifascista da lui arrestato e che tenta di educarlo al concetto di libertà. Il fiume rosso (Red River), di Howard Hawks. Usa, 1948. La transumanza di una mandria di 10000 bovini sino ad Abilene. Il primo dei cinque western di Howard Hawks. Fratello, dove sei? (O Brother, Where Art Thou?), di Joel e Ethan Coen. Usa, 2000. Tre evasi dai lavori forzati scappano incatenati attraverso il Mississippi alla ricerca di un tesoro inesistente. Furore (The Grapes Of Wrath), di John Ford. Usa, 1940. Vedi scheda film. Generazione rubata (Rabbit-proof Fence), di Phyllip Noyce. Australia, 2002. La fuga a piedi di tre ragazzine australiane di sangue misto dal centro di rieducazione in cui erano state rinchiuse sino al loro villaggio natio, distante circa 3000 km. Getaway! (The Getaway), di Sam Peckinpah. Usa, 1972. Una fuga verso il Messico di un evaso e della moglie. Guantanamera (id.), di Tomás Gutiérrez Alea, Juan Carlos Tabío. Cuba-Spagna-Germania, 1995. Il trasporto della salma di un’anziana cantante verso l’Avana, attraversando tutta l’isola di Cuba. Harry e Tonto (Harry And Tonto), di Paul Mazursky. Usa, 1974. Un insegnante settantenne, sfrattato, si mette in viaggio verso la California con il suo gatto Tonto. Il ladro di bambini, di Gianni Amelio. Italia-Francia, 1992. Vedi scheda film. Into The Wild, di Sean Penn. Usa, 2007. Il drammatico viaggio verso l’Alaska di un neo laureato alla ricerca della natura incontaminata, lontano dalla civiltà. Lamerica, di Gianni Amelio. Italia-Francia, 1994. Un italiano, abbandonato in Albania dal suo socio in affari, tenta di ritornare in Italia in compagnia di un compatriota privo di memoria e dei profughi albanesi attratti dall’illusorio sogno italiano. Il Mago di Oz (The Wizard of Oz), di Victor Fleming. Usa, 1939. Il viaggio della piccola Dorothy nel fantastico mondo di Oz. Marrakech Express, di Gabriele Salvatores. Italia, 1989. Quattro amici milanesi si mettono in viaggio verso Marrakech dopo aver appreso che un quinto loro compagno è detenuto in Marocco per droga. Mille miglia lontano (Qian li zou qi), di Zhang Yimou. Hong Kong-Cina-Giappone, 2005. Il lungo viaggio di un padre per esaudire l’ultimo desiderio del figlio in fin di vita. Nel corso del tempo (Im Lauf der Zeit), di Wim Wenders. Germania ovest, 1975. Un viaggio lungo il confine delle due Germanie di due uomini conosciutisi per caso. Ombre rosse (Stagecoach), di John Ford. Usa, 1939. Antesignano dei film di viaggio è uno dei più famosi western di Ford. Otto passeggeri su una diligenza in viaggio attraverso l’ovest degli Stati Uniti. Pane e tulipani, di Silvio Soldini. Italia-Svizzera, 2000. Dimenticata dal marito in autostrada, una donna si prende una vacanza a Venezia. Paper Moon (id.), di Peter Bogdanovich., Usa, 1973. Vagabondaggio attraverso l’America rurale di un venditore di bibbie e di una ragazzina di nove anni. Paris, Texas (id.), di Wim Wenders. Usa-Germania ovest-Francia, 1984. Un uomo ritrova il figlioletto e con lui parte alla ricerca della moglie. Trovatala ricomincia il suo vagabondare. Paura e delirio a Las Vegas (Fear and Loathing in Las Vegas), di Terry Gilliam. Usa, 1998. Da Los Angeles a Las Vegas per assistere a una gara automobilistica nel deserto. Fra carte di credito scadute, alool e droghe. Il posto delle fragole (Smultronstället), di Ingmar Bergman. Svezia, 1957. Il viaggio di un vecchio medico e della 32 nuora verso l’università di Lund, per i festeggiamenti del 50° anniversario della sua attività professionale. Priscilla, la regina del deserto (The Adventures of Priscilla, Queen of the Desert), di Stephan Elliott. Australia, 1994. Tre cantanti travestiti, due gay e un transessuale, partono a bordo di un pullman verso il centro dell’Australia per uno spettacolo. Questa terra è la mia terra (Bound For Glory), di Hal Ashby. Usa, 1976. L’autobiografia di Woody Guthrie, folksinger americano, portata al cinema. Da costa a costa Guthrie fu il cantore dei diseredati e degli sfruttati. La rabbia giovane (Badlands), di Terrence Malick. Usa, 1973. Un giovane spazzino e una majorette quindicenne fuggono verso il Canada lasciandosi dietro una scia di sangue. Rain Man (id.), di Barry Levinson. Usa, 1988. Da Cincinnati a New York, il viaggio di due fratelli; uno commerciante d’auto, l’altro autistico e genio matematico. La scelta (Yaam dabo), di Idrissa Ouedraogo. Burkina Faso, 1987. Una famiglia dell’etnia Mossi lascia il suo villaggio natio per cercare luoghi più ospitali nel centro del Burkina Faso. Sentieri selvaggi (The Searchers), di John Ford. Usa, 1956. Un uomo alla ricerca della propria nipotina rapita dai Comanche. Sullo sfondo, la Monument Valley. Una sera... un treno (Un soir, un train), di André Delvaux. Francia-Belgio, 1968. Dopo un litigio un uomo e una donna si ritrovano su un treno che si ferma in aperta campagna. L’uomo scende e si immerge in un’avventura da incubo. In realtà è il suo delirio dovuto a un incidente ferroviario. Lo sguardo di Ulisse (To vlemma tou Odyssea), di Theo Anghelopulos. Grecia-Italia-Francia-Germania, 1995. Un regista greco compie un viaggio sino a Sarajevo, attraverso i Balcani straziati dalla guerra, alla ricerca di un negativo impressionato nel 1905. Sideways - In viaggio con Jack (Sideways), di Alexander Payne. Usa, 2004. Un addio al celibato in viaggio lungo la Napa Valley a degustare i migliori vini californiani. Il sorpasso, di Dino Risi. Italia, 1962. Corse in auto attraverso l’Italia di un quarantenne ossessionato dalla furia di vivere e di un timido studente. Stand By Me - Ricordo di un’estate (Stand By Me), di Rob Reiner. Usa, 1986. Vedi scheda film. La steppa, di Alberto Lattuada. Itala-Francia, 1962. Il viaggio in calesse di un ragazzino attraverso la steppa. Una storia vera (The Straight Story), di David Lynch. Usa-Francia, 1999. Vedi scheda film. La strada, di Federico Fellini. Italia, 1954. Gelsomina, ingenua e infantile, viene rapita da Zampanò, un rozzo girovago che la usera per i suoi fini.Una amara favola on the road. La strada di Felix (Drôle de Félix), di Olivier Ducastel, Jacques Martineau. Francia, 2000. Un giovane franco-maghrebino, gay e siero-positivo, parte dalla Normandia verso Marsiglia, per conoscere il padre che non ha mai conosciuto. Stranger Than Paradise (id.), di Jim Jarmusch. Usa, 1984. Uno strano on the road con tre personaggi in viaggio per le strade d’America. Sugarland Express (id.), di Steven Spielberg. Usa, 1974. Una fuga di un evaso e della moglie, alla ricerca del proprio bambino affidato a un’anziana coppia. Il tè nel deserto (The Sheltering Sky), di Bernardo Bertolucci. Gran Bretagna-Italia, 1990. Dopo la guerra una coppia di americani in crisi raggiunge Tangeri e prosegue verso l’interno. Lui muore di tifo, lei si aggrega a una carovana di tuareg del deserto. Thelma & Louise (id.), di Ridley Scott. Usa, 1991. Una fuga atraverso l’America di due donne costrette all’omicidio. Train de vie - Un treno per vivere (Train de vie), di Radu Mihaileanu. Francia-Belgio-Olanda, 1998. Durante la seconda guerra mondiale, un viaggio verso la Terra promessa degli abitanti di un villaggio ebraico romeno braccati dai nazisti. Un tranquillo week end di paura (Deliverance), di John Boorman. Usa, 1972. Una gita in canoa si trasforma, per quattro amici, in un incubo di sangue e violenza. Turné, di Gabriele Salvatores. Italia, 1990. Due amici inseparabili, entrambi attori, partono in macchina verso la Puglia per l’allestimento di una versione de Il giardino dei ciliegi. Ulisse, di Mario Camerini. Italia, 1954. Vedi scheda film. L’uomo nel mirino (The Gauntlet), di Clint Eastwood. Usa, 1977. Un poliziotto deve scortare da Las Vegas a Phoenix una prostituta, importante testimone per un processo. Verso il sole (The Sunchaser), di Michael Cimino. Usa, 1996. Un giovane meticcio (mezzo Navajo e mezzo nero) malato terminale di cancro, sequestra il suo oncologo e scappa verso la montagna sacra dei Navajos. La fuga si trasforma in un viaggio iniziatico verso le radici dell’America. Viaggio all’inizio del mondo (Viagem ao principio do mundo), di Manoel de Oliveira. Viaggio in auto verso il nord del Portogallo di un vecchio regista portoghese e un attore francese. Un viaggio a ritroso alla ricerca del proprio inizio. Viaggio in Italia, di Roberto Rossellini, Italia-Francia, 1953. Coppia di coniugi inglesi in viaggio alla scoperta dell’Italia e di se stessi. Witness - Il testimone (Witness), di Peter Weir. Usa, 1985. Un viaggio nel passato di un poliziotto, braccato da colleghi corrotti, che si rifugia in una comunità Amish che rifiuta, per motivi religiosi, il progresso. Zabriskie Point, di Michelangelo Antonioni. Italia-Usa, 1970. L’amore tra una ragazza benestante e un giovane ribelle che ruba un aereo alla ricerca della libertà. 33