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LA BIBLIOTECA DI BRAGAGLIA STUDIOSO Di Achille

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LA BIBLIOTECA DI BRAGAGLIA STUDIOSO Di Achille
LA B I B L I O T E C A D I B R A G A G L I A
STUDIOSO
Di Achille M a n g o
Avviene talvolta die la conoscenza di una persona, del suo carattere, della
sua individualità, direi quasi dei suoi segreti, sia possibile in maniera indiretta,
attraverso i suggerimenti degli oggetti, delle minuzie, delle attività die questa persona ha amato o espletato. In questo caso, forse, di quell'individuo ci vengono
incontro gli aspetti più puri della natura, anche se inevitabilmente non i più
autentici, e di essa cogliamo i dati essenziali die la fanno rivivere per noi in una
specie di mistico abbraccio non scevro da quell'amore particolare die si nutre per
le proprie creature. Perdiè, in casi del genere, la persona che richiamiamo a noi
vive per nostra volontà, anche se la spinta iniziale parte sempre da qualche
elemento oggettivo. Lavorio fra lo psicologico e l'archeologico e, come spesso avviene nella ricostruzione del tempo andato, con un tanto di poetico e di intellettualistico. Ma, nel caso specifico, l'immagine die si richiama con spietata operazione ricreativa non è quella evanescente ed appena individuabile delToltremondo,
bensì l'altra, compiuta in tutti i suoi elementi psico-somatici, della realtà. Una
realtà, evidentemente, che si presenta a noi prevalentemente nei lati die possono
in qualche maniera riguardarci, ma non è apparenza, bensì concretezza e verità.
Non molti della mia generazione possono dire di aver conosciuto veramente
Anton Giulio Bragaglia. Personalmente ho avuto la ventura di avvicinarlo una
sola volta e per un fugace momento, qualche anno prima della sua morte. Di
quell'incontro occasionale avvenuto in una biblioteca di Roma dove egli usava
di frequente recarsi ed io lavoro tuttora, posso dire non mi sia rimasta die l'immagine di un volto, l'impressione di due occhi vivi e penetranti. Null'altro. Ma
ecco die mi si presenta oggi la fortuna di penetrarne lo spìrito al di là della
conoscenza delle opere alle quali chi si occupi seriamente di studi teatrali non
può rinunciare.
Sono nella sua biblioteca, in mezzo ai libri die egli raccolse ed amò non come
cosa morta, oggetti di cui si apprezza la bellezza singolare, l'esteriorità vacua ed
inefficace, ma per l'autentico significato di essi, l'insegnamento dei contenuti, il
valore del contributo per un certo tipo di studi, la conferma scientifica di una
intuizione. Non la raccolta, peraltro apprezzabile, del bibliofilo, quindi, piuttosto
quella di uno studioso die ad ogni parte di essa chiedeva un qualche aiuto preciso,
l'illuminazione sui vari aspetti della attività die nei vari momenti lo interessava.
Sotto questo aspetto, la biblioteca di Anton Giulio Bragaglia può dare la idea
di corpi diversi non completamente definiti soprattutto a chi, per deformazione
professionale, è portato a concepire la raccolta bibliografica come qualcosa die
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Achille Mango
ha un principio ed una fine e solo nel caso della completezza perfettamente conseguita. Ma se l'uomo di studi riesce a liberarsi dalle piccole manie del collezionista, riconosce la finitezza proprio nel suo contarlo. Perchè i volumi contenuti
nei grandi scaffali di metallo della Biblioteca del Centro Studi Bragaglia parlano
con la voce dell'Uomo che li raccolse e consultò indicando con il silenzioso ma
straordinariamente vivo linguaggio della pagina scritta la congerie di interessi che
occupò Bragaglia negli anni della sua esistenza, la dolce follia intellettuale che
ne fece uno degli individui più feraci nell'abbastanza statico mondo culturale
italiano, la personalità più caratteristica e per certi aspetti interessante nel campo
degli studi drammatici.
La biblioteca di Bragaglia ha, per questo come per altri motivi, una sua esemplare vitalità, contrariamente a quanto succede per altre raccolte, quando il loro
carattere non sia garantito dall'afflato spirituale di chi l'ha messa insieme, dalla
sua attività, dai suoi studi. Ma un uomo pieno di esistenza e di sangue caldo
quale Bragaglia era, sarebbe oggi veramente perduto, ridotto affatto alle dimensioni tristissime del ricordo o dell'opera da museo, se non sopperisse l'opportunità
di coglierne il messaggio nella forma più aperta. Pedagogia, la sua, non tediosa
o astratta, come accade talora ai maestri pur illustri, bensì carica di gioia, di
quell'incommensurabile forza die è l'esperienza, da lui conseguita si può dire minuto
per minuto attraverso una pratica nei più diversi campi del sapere, offrendo se
stesso generosamente al lavoro, sempre in ordine con un rigore metodologico che
gli veniva con ogni probabilità dai giovanili studi di archeologia. Era una maniera
di essere archeologo, quella di Bragaglia, che esaltava il momento della fantasia,
quell'istinto creativo, l'intuizione poetica, die è la nota comune ed esemplare di
tutta la sua opera di studioso e critico.
Non si avrebbe, comunque, la sensazione precisa dell'importanza della raccolta Bragaglia se non si tenesse conto del rapporto profondo esistente fra le opere
a stampa in essa contenute e la notevole serie dei manoscritti del Maestro rimasti
per un fatale destino inediti e che rappresentano quanto di più sicuro per la
ricostruzione della sua personalità, attraverso questo metodo certo non molto
originale ma per quanto mi riguarda l'unico onde pervenire a colmare — o
almeno a tentare di farlo — una gravissima lacuna personale. E' questo uno
degli aspetti maggiormente singolari della Biblioteca, senza uguali forse se non
altro nella entità, poiché i rapporti che intercorrono fra libro e manoscritto, quindi
di lavoro, è qui intimo come difficilmente è dato di constatare in altri casi. Volumi
di argomento curiosissimo, apparentemente distanti dagli interessi del raccoglitore,
tradiscono ad un più approfondito esame le ragioni vere per cui si trovano lì
raccolti. Basta uno spunto solo a rendere l'opera degna di attenzione, ciò die testimonia l'eccellente capacità analitica di lui, die poteva distinguere quasi a prima
vista un libro interessante da uno che per lui non lo era. Può valere come esemplificazione un curioso volume di 'Considerazioni sopra la vita di N. S. Gesù Cristo, del Padre Bartolomeo Ricci, pubblicato a Roma nel 1610. Il libro non sembra
apparentemente rientrare nella sfera degli interessi specifici del Bragaglia, poi,
sfogliandolo, si rinvengono alcuni brevi appunti su una carta ingiallita dal tempo,
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dai quali si evince la ragione che spinse lo studioso ad interessarsi di esso. Alcune
incisioni riguardanti scene della vita del Cristo, esemplari come elemento di messa
in scena simultanea, rendono un'opera, particolare e poco affine agli studi del
Bragaglia, indispensabile per quegli studi medesimi.
Lasciamo da un lato per un momento queste fortissime suggestioni e guardiamo
se possibile la raccolta con l'occhio freddo, distaccato, severo anche, dell'esperto.
Una prima sommaria analisi consente di distinguere la biblioteca nelle tre sezioni
della saggistica, dei repertori, dei manoscritti. E' una suddivisione grossolana,
naturalmente, e forse anche un tantino arbitraria, necessaria però ai conservatori
come agli studiosi per avere un quadro anche topograficamente organico di tutte
le collezioni. Condizionamenti materiali che in normali biblioteche non hanno nulla
di stridente, ma qui si avvertono come maggiormente artificiosi in quanto il complesso del Centro ha una vitalità tutta sua, è un cuore che pompa sangue senza
un attimo di sosta e la Biblioteca, die ne è lo strumento più sicuro di lavoro, la
si vorrebbe maggiormente in accordo con questo cuore. Ma, come ognuno sa, è
necessario adattare gli strumenti alle esigenze cui sono destinati; nel caso specifico
non era pensabile un ordinamento diverso. Conservare la disposizione da Bragaglia
lasciata, avrebbe significato ridurre le collezioni al ruolo del museo, perchè i criteri
dei singoli studiosi non sono per forza di cose suggeriti da considerazioni oggettive,
ma da piccole esigenze momentanee, dallo uso di certi volumi piuttosto che di
altri, magari addirittura da fissazioni od altre ragioni tutte più o meno a noi
comprensibili. L'ordinamento attuale sarà magari più distaccato, meno personale,
è certamente più logico, scientifico, utile. Ma non è stato esso a suggerirmi la curiosità
da cui prendono mossa queste poche pagine, bensì la straordinaria varietà delle
opere, la loro esemplare destinazione, per cui si dà difficilmente il caso di un
volume che stoni nella organicità della raccolta, il rapporto fra gli scritti di lui
e la biblioteca, questa ultima ampiamente rappresentata dalla brusca interruzione
di un certo tipo di interessi bibliografici die corrisponde sempre al completamento
degli studi corrispondenti o ad una sospensione di essi. In questo intreccio vario
e pieno di meravigliose sottigliezze erudite — che non contraddicono l'artista che
egli era — si invera lo studioso di metodo sicuro che una tradizione claudicante
e probabilmente interessata tende a mettere in forse.
Per inciso, dirò che mi sembra giunto il momento di restituire a Bragaglia,
anche sotto questo aspetto, ciò che gli appartiene di diritto. Si è detto di lui che
fosse disordinato nei procedimenti metodologici, un irregolare, e pertanto che
tale vizio lo portasse, di conseguenza, a soluzioni solo parzialmente esatte dal
punto di vista storico e critico. Ebbene, mai affermazione è stata più inesatta e
infondata. A me che ho avuto modo di vedere appunti, indicazioni di regìa, suggerimenti, le cose che ha lasciato ed ora sono patrimonio del Centro di Studi,
mèta di studenti e studiosi, Bragaglia non è apparso affatto come lo si è voluto
descrivere. Un irregolare forse si e a questa peculiarietà, die rientra nel carattere
dell' Uomo e nella sua tendenza ad essere prima di tutto un artista, sono dovute
talune difficoltà di lettura che si riscontrano qua e là in molte sue opere. Mi
guarderei bene, però, dal parlare di vizi metodologici, forse si può dire di una
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metodologia molto singolare, che cede con frequenza a slanci emotivi od empiti
psicologici e mette in risalto quelli die erano i lati più veri del suo temperamento.
E' un dato, questo, che mi sembra riconoscibile nelle opere critiche e non in quelle
creative, a documentazione, secondo me, che Bragaglia fu molto più, oltre che
prima, artista che studioso.
Osservo ancora i suoi libri disposti in bell'ordine nelle spaziose vetrine e trovo
come la primitiva suddivisione non sia sufficiente ed abbisogni di ulteriori, analitiche classificazioni. Ognuna di esse corrisponde a particolari momenti degli studi
bragagliani, ora destinati all'opera meramente critica, ora a quella della realizzazione di palcoscenico, che è nello stesso tempo critica e creativa, ora a quegli
abbandoni dello spirito che appartengono alla umanità di ognuno di noi e valgono,
spesso, a qualificarci meglio di qualsiasi impegno. L a curiosità, ovvero quella
categoria spirituale che tradisce in misure spesso illuminanti l'individuale natura
oltre ogni interesse di lavoro che, appunto perchè tale, finisce con l'essere condizionata, in definitiva. N o n c'è momento della vita teatrale italiana ed europea che
Bragaglia non abbia in qualche modo esaminato, partendo talvolta dal dato
meramente erudito per arrivare a considerazioni più profonde, talaltra saltando
ogni stadio intermedio della ricerca per toccare esemplari risultati sulla base della
semplice intuizione, che è, poi, formula tutt'altro che elementare ma presuppone
una maturazione inconsapevole, l'analisi inespressa di ciò che altrimenti viene
conseguito attraverso un lungo e talvolta ponderoso procedimento dialettico. Ciò
è concesso a poche nature soltanto in una generazione di studiosi, apre le porte
della poesia, conduce naturalmente alla formulazione di una estetica. Bragaglia
una sua estetica non solo la previde, ma la formulò nella maneria più valida,
nello spettacolo elevato a d incontro delle arti, a sublimazione dello spirito creativo che non conosce le fallaci suddivisioni categoriali dei generi, ma perviene,
quale che sia la forma scelta, ai valori dell'assoluto. L a più die decennale esperienza
del Teatro degli Indipendenti ubbidisce unicamente a queste intenzioni, con tutto
il corredo di manifestazioni collaterali che ne furono, in qualche maniera, esemplificazione e corollario. Alla ricerca di una estetica teatrale, dunque, e nell'unica
maniera per essere uomo vitale e non semplice sebbene informato ricercatore da
tavolino. L a raccolta mi viene incontro anche in questo caso: i trattati e le opere
sulla recitazione, gli studi sulla mimesi teatrale, sulla dizione, i ricordi e le riflessioni sull'argomento di grandi interpreti del passato, gli studi sulla Commedia
dell'Arte, la straordinariamente ricca sezione sulla scenografia, i volumi di storia
del teatro e di poetica, le principali opere sulla danza, numerose stampe dai più
svariati soggetti tutti più o meno però riconducenti al teatro, l'iconografia pressoché completa relativa alla stagione degli Indipendenti, libri ed opuscoli legati
a quegli studi sul teatro del colore die egli ebbe tanto a cuore e che meritano di
essere riproposti — come recentemente ha fatto il Calendoli — proprio rileggendo quanto di edito ed inedito Bragaglia sull'argomento ha scritto.
Confrontando i titoli trovati nella collezione con le opere pubblicate e con
quelle rimaste manoscritte, si perviene a considerazioni sconcertanti die contraddicono la primitiva idea su uno studioso conosciuto inorganicamente, leggendo
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le sue pubblicazioni senza stabilire un legame fra di esse e valutandole isolatamente e, pertanto, con metodo critico solo relativamente apprezzabile. Non c'è
materia, infatti, non c'è particolare, direi addirittura, per piccolo che sia, in qualche modo interessante il lavoro che svolgeva, a non essere tradotto sul piano della
documentazione nella più efficace delle pratiche. L'aspetto del bibliografo non
è fra i meno interessanti nella svariatissima personalità del Bragaglia, è comunque
tenuto sempre a freno, come ho già avuto modo di dire, dal carattere di esuberante studioso che impedisce ad una virtù di diventare fissazione. In qualche
modo, mi sembra possibile accostare la complessa dimensione della spiritualità
bragagliana a quella di un altro grande degli studi teatrali, sebbene occasionale:
Leone Allacci, il quale creò quella immensa raccolta di testi drammatici, die è
una delle perle della Biblioteca Vaticana, mentre procedeva ad un oneroso e
gigantesco lavoro bibliografico. A distanza di tre secoli, l'uno e l'altro inconsapevolmente si impegnavano nella costituzione di eccezionali strumenti di lavoro,
agendo con l'umiltà che si riconosce soltanto nelle persone di grande merito e
sempre nello interesse della ricerca e della comunità degli studiosi.
Nella sezione dei manoscritti fanno spicco in particolar modo appunti e capitoli dedicati alle maschere e al teatro italiano del Cinquecento, studi che fanno
seguito, integrandoli, a quelli precedentemente avviati o pubblicati e tuttora
insostituibili contributi per l'approfondimento di quei determinati momenti della
drammaturgia italiana. Io non so chi meglio del Bragaglia abbia affrontato le
questioni piò scottanti della storia teatrale e in maniera tanto razionale nonostante
le apparenze e la maldicenza. Il volume preziosissimo su Pulcinella, di cui queste
pagine manoscritte costituiscono l'ideale prosecuzione, è di una tale metodologia
esemplare testimonianza, come del resto la raccolta degli scenari della Commedia
dell'Arte e le Maschere romane, dieci anni dopo divenute la prima e già in qualdie
senso definitiva 'Storia del teatro popolare romano,. Nei manoscritti si riconosce
la parte più viva dell'Uomo, la più vera, anche la più pudica, per certe considerazioni di una tale intimità spirituale che egli, essere per molti riguardi spregiudicato, non accettava di rendere pubblidie. Di fronte ad esse, noi avvertiamo oggi
quale sia il nostro dovere di studiosi, cioè di assegnare alla proprietà di tutti
quegli elementi lasciati inediti die completano o innovano il pensiero di lui in
merito ai diversi problemi die affrontava. Rimasti inediti o volutamente sacrificati nella polvere di un archivio? Ecco una delle questioni die la persona chiamata
a metter ordine scientifico in quelle carte dovrà prima di ogni altra cosa stabilire.
Veramente, perchè l'analisi accurata di tutto quanto Bragaglia ha lasciato di sé
nel suo studio dà fin da ora idea esatta di chi fosse egli, ma in quelle molte e
voluminose cartelle fitte di una calligrafia minuta e ricca di spigoli nervosi,
espressiva come i tratti di pennello di un pittore di vaglia, si racchiude probabilmente il segreto più affascinante della vita di lui, si invera la totalità della persona, per esprimersi con le parole di chi gli fu accanto negli ultimi anni.
Il compito più gravoso è affidato oggi al Centro Studi intitolato al suo nome,
e non si tratta soltanto del gravame della conservazione bensì dell'altro assai più
complesso di rendere pulsante e vivo un cuore generoso. La biblioteca del Centro
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è questo cuore, è il p u n t o da cui p a r t o n o le ricerche dei giovani studiosi che la
f r e q u e n t a n o per le loro tesi di laurea, è la pietra angolare di tutti i successivi
sviluppi die gli studi di Bragaglia assumeranno. M a alla v o l o n t à di chi ha sostenuto fortemente la nascita dell'istituzione deve affiancarsi se non sostituirsi un'altra
volontà quella dello Stato, che non p u ò ignorare oltre l'esistenza di questo vitalissimo istituto, non deve lesinare il suo intervento o n d e consentirgli un'esistenza
sicura. N o n ci si può nascondere dietro i "distinguo» speciosi e le platoniche
attenzioni di stima. In Austria si sta con lodevole iniziativa raccogliendo tutto
q u a n t o abbia riguardato o riguardi M a x R e i n h a r d t . Bragaglia non f u certo da
meno del regista austriaco, semmai più completo in q u a n t o impegnato f r a l'altro in
severi studi di critica. Esiste una s t r u t t u r a già valida, t a n t o vero che è in grado
di essere efficente malgrado t u t t e le difficoltà e gli ostacoli che sempre il Italia
si incontrano in attività del genere. I n d u b b i a m e n t e la logica finirà con l'avere
il sopravvento e t u t t o quello che oggi a p p a r e provvisorio e debole sarà domani
definitivo e robusto.
In quella casa che f u di Bragaglia ed o r a è sede del centro a lui intitolato, i
lucidi scaffali di metallo e v e t r o raccolgono i libri che egli amò, su cui posò le
mani, che consultò appassionatamente e dai quali partì per le numerose e felici
imprese dell'intelligenza. Quei libri p o t r e b b e r o essere avvolti nella polvere acre
e grigia del museo se la f o r z a del t e m p e r a m e n t o , se la spinta dello spirito, se la
coscienza del cammino ancora da percorrere non avessero t r a v o l t o il silenzio e la
nebbia della morte. Così essi, i libri, ci r a c c o n t a n o le meravigliose a v v e n t u r e di un'esistenza per tanti rispetti straordinaria, come voleva il t e m p o eccezionale — quello
dell'avanguardia — cui Bragaglia partecipò, d i v e n t a n o creature vive, il mezzo
di trasferimento di una spiritualità da u n ' a n i m a ad u n ' a l t r a . A questo Centro,
a questa biblioteca, Bragaglia guarderebbe, se potesse, con quel sorriso ambiguo
che poteva a p p a r i r e anche scettico a chi n o n lo conosceva, m a era soltanto il
risvolto di una persona che aveva nell'umanità il lato più appariscente del carattere.
Die Bibliothek von
Bragaglia
In großen Zügen läßt sie sich in drei Abteilungen gliedern: Essays, Spielpläne und unveröffentlichte Manuskripte. (Apropos: Warum blieben sie ungedruckt? Lag das in Bragaglias Absicht?)
Hier scheint der Moment gekommen, um Bragaglia endlich Gerechtigkeit widerfahren zu lassen: keineswegs sind seine wissenschaftlichen Methoden verworren und seine
historischen Untersuchungen fehlerhaft. Er ist unsystematisch — vielleicht weil er der
Intuition, der Phantasie, dem schöpferischen Instinkt freien Raum ließ. Er war eben auch
in seinen theoretischen Werken in erster Linie Künstler, dann Gelehrter.
Im italienischen und europäischen Theater gibt es kein Problem, zu dem er nicht
kritisch Stellung genommen hätte. Er schrieb über die Schauspielkunst, das Bühnenbild,
Tanz und Pantomime, über das Teatro degli Indipendenti usw.
Die Theaterhistoriker, die jungen Studierenden, gehen bei ihrer Arbeit immer wieder
von Bragaglia aus. Durch private Initiative konnte das „Centro Studi Bragaglia" entstehen. Was fehlt, ist eine kräftige Unterstützung von offizieller Seite. Wieviel geschieht
nicht in Österreich für alles, was Max Reinhardt betrifft! Und unser Bragaglia ist doch
kein geringerer Mann?
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