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Linee guida per la gestione e lo sviluppo del capitale umano in un

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Linee guida per la gestione e lo sviluppo del capitale umano in un
PARTNER DI PROGETTO
Dipartimento di Sociologia
e Ricerca Sociale
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE
E LO SVILUPPO DEL CAPITALE UMANO
IN UN’OTTICA DI GENERE
Marcella Chiesi, Claudia Musolesi
Gelso - Iniziativa Comunitaria EQUAL
GEnere, Lavoro e Segregazione Occupazionale
Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale
Piazza Venezia 41, I-38100 Trento
tel. +39 0461 883719
web site: www.unitn.it/gelso
i quaderni di gelso n. 13
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE
E LO SVILUPPO DEL CAPITALE
CAPITALE UMANO
IN UN’OTTICA DI GENERE
Marcella Chiesi, Claudia Musolesi
i quaderni di gelso n. 13
I Quaderni di Gelso costituiscono un’iniziativa editoriale finalizzata alla diffusione
del materiale di ricerca, delle riflessioni teoriche e dei principali eventi realizzati
all’interno del progetto Equal GE.L.S.O. (GEnere, Lavoro e Segregazione
Occupazionale).
Marcella Chiesi
Claudia Musolesi
Progettazione e coordinamento
Barbara Poggio
Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale
Università degli Studi di Trento
Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale
Università degli Studi di Trento
Piazza Venezia 41, 38100 Trento - Italia
Impaginazione a cura del committente
Stampa a cura di
Edizioni31
Editoria per l’università, la formazione e la cultura
2007
Indice
Introduzione .................................................................................................7
1. Una prospettiva teorica per comprendere gli ostacoli alla carriera
delle donne....................................................................................................9
2. Filosofia di gestione del capitale umano per la riqualificazione di
donne che operano nei settori produttivi a prevalenza maschile........16
3. Le caratteristiche organizzative e gestionali .......................................21
4. La funzione di gestione delle risorse umane......................................26
5. La gestione delle risorse umane e il nuovo ruolo della/del
responsabile ................................................................................................33
6. Modalità e leve di gestione delle risorse umane per la
valorizzazione della differenza di genere. ...............................................34
7. Lo strumento della formazione ...........................................................41
8. Metodi e strumenti didattici per la formazione alla differenza di
genere...........................................................................................................49
9. Conclusioni: creazione di un sistema di gestione delle risorse umane
orientato alla valorizzazione della differenza di genere ........................54
Appendice: Le sperimentazioni proposte nell’ambito di GELSO......60
Riferimenti bibliografici ............................................................................67
5
Introduzione
Il contenuto del presente Quaderno sistematizza gli interventi curati
da Studio D.U.O. nel contesto del Progetto Equal GELSO. I dati
raccolti dalle attività svolte vengono collocati all’interno di una
cornice più generale di politiche di gestione e di sviluppo delle risorse
umane sperimentate da Studio D.U.O. nell’ambito dell’esperienza
maturata nella consulenza ad aziende pubbliche e private. Il team che
ha collaborato al Progetto è stato costituito da Marcella Chiesi,
Claudia Musolesi e Claudio Storti, mentre gli ambiti di intervento
hanno riguardato:
l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari:
•
Sperimentazione/personalizzazione degli orari in ambito
amministrativo.
•
Sensibilizzazione ai tavoli di concertazione alle tematiche di
genere.
•
Formazione sul sistema di gestione e di valutazione del
Personale nell’ottica di genere.
la Provincia Autonoma di Trento:
•
Workshops sul Managing Diversity rivolti ai/lle Dirigenti e
Direttori.
7
•
Progetto “Buon Rientro”: percorso di accompagnamento
rivolto ai/lle dipendenti che rientrano dopo un lungo periodo
di assenza dal lavoro.
•
Sensibilizzazione ai tavoli di concertazione alle tematiche di
genere.
•
8
Tavolo di discussione sull’istituto del part-time.
1. Una prospettiva teorica per comprendere gli ostacoli alla
carriera delle donne
Uno studio di Alice Eagly e Linda Carli, pubblicato nel 2007 sulla
Harvard Business Review, permette di tracciare un quadro interessante
degli ostacoli che le donne incontrano nei loro percorsi di carriera.
Tali ostacoli sono di certo trasversali ad ogni Paese, ma in l’Italia “fanalino di coda” nella Comunità Europea sul tema delle pari
opportunità - ad essi se ne aggiungono altri, specifici di una realtà che
rimane indietro e che sembra fare grande resistenza ad assumere il
soggetto femminile come fattore di innovazione e a dare valore alle
differenze di genere. Le due studiose, attraverso ricerche estensive
svolte a livello accademico e governativo, hanno identificato i
seguenti ostacoli:
a.
Pregiudizi
Gli uomini – in ragione di antichi stereotipi - sono promossi più
velocemente delle donne nonostante queste abbiano qualifiche
equivalenti, e questo accade anche in contesti tradizionalmente
femminili come il settore infermieristico e l’insegnamento. In Italia a
questi pregiudizi si aggiungono prassi aziendali che, immediatamente
dopo l’assunzione, segnano la possibilità o meno di fare carriera per le
donne. Nel decidere la posizione del personale maschile e femminile
assunto per ruoli generici (i cosiddetti amministrativi), per esempio,
specialmente nelle aziende pubbliche e private dove non ci sono
9
procedure per evitare meccanismi tradizionali e stereotipati, spesso
accade che:
•
le donne siano assegnate in aree organizzative dove c’è minore
possibilità strutturale di fare carriera (es. in ragioneria, nella
contabilità, etc.) e gli uomini in quelle considerate come il core business
dell’azienda, dove pur svolgendo compiti amministrativi, si ha la
possibilità di fare sviluppo professionale verso ruoli meno bloccanti;
•
la carriera delle donne rischia di essere compromessa proprio
dal fatto di essere collocate in aree organizzative che non prevedono
per contratto uno sviluppo di carriera interna e a volte, proprio in
questi ruoli, non è possibile neanche lo sviluppo delle competenze.
Inoltre sono sempre più numerose le aziende che preparano il nuovo
gruppo dirigente attraverso programmi mirati alla gestione dei talenti,
ossia alti potenziali presidiati con percorsi formativi e di crescita
guidata ad hoc fin dal momento dell’assunzione. Buona parte dei
suddetti programmi si pongono da subito l’obiettivo di creare
l’equilibrio tra il genere femminile e maschile, anche se come
sappiamo le donne mediamente arrivano in azienda con curricula
scolastici qualitativamente più elevati.
b.
Resistenza alla leadership femminile
Le persone intervistate da Eagly e Carli riconoscono alla leadership
delle donne qualità come l’empatia e una attenta sensibilità verso gli
altri e si aspettano da loro questa modalità del femminile. Nello stesso
tempo ritengono che per fare il leader le donne dovrebbero utilizzare
10
le modalità del maschile: ovvero la capacità di controllo, la dominanza e
l’autorità. Il problema è che quando le donne manager di successo
utilizzano “modalità maschili” vengono percepite come più
ingannevoli, prepotenti, egoiste e scontrose rispetto agli uomini
manager di successo. Da un lato dunque se le manager donne usano
modalità maschili, non vengono accettate né dagli uomini né dalle
donne, ma nel caso in cui dovessero usare le modalità del femminile
non sarebbero riconosciute. Così avviene che se una manager è
fortemente orientata ai risultati le viene data l’etichetta “dell’essere
fiscale” o dell’essere “maniaca del controllo”, mentre se un manager
ha le stesse modalità viene etichettato come “’appassionato del
lavoro” e gli si riconosce il diritto ad avere un comportamento
dominante.
c.
Questioni sullo stile di leadership
Molte donne leader faticano a conciliare le qualità che le persone
preferiscono
nelle
donne,
come
l’essere
empatiche
e
“compassionevoli” verso gli altri, con le qualità ritenute necessarie
dalle stesse per essere leader di successo, come l’autorevolezza e il
controllo. Quasi tutte le donne che hanno raggiunto livelli di successo
hanno dovuto lavorare fortemente su molti elementi del loro stile:
•
ricercare la giusta combinazione tra modalità empatiche e
compassionevoli senza cadere nella dicotomia tra queste e quelle
modalità aggressive che richiedono al capo di non essere amico di
tutti;
11
•
lavorare sul tono e sul ritmo della propria voce perché la
comunicazione sia autorevole e non dominante;
•
sviluppare capacità di linguaggio di tipo assertivo e trovare
modalità di comunicazione che siano sempre attente alle sfumature
delle persone sia dell’altro sesso che del proprio.
Per esempio, ben il 96% delle mille donne dei Board Direzionali delle
Aziende selezionate da Fortune500, hanno ritenuto importante creare e
sviluppare uno stile di management idoneo a “far sentire a proprio
agio” i collaboratori e i colleghi uomini. Si tratta di indicazioni
veramente interessanti che danno conferma di come, da un lato, le
donne siano il soggetto più innovativo negli ambiti dello sviluppo
della leadership efficace. Dall’altro ci mostrano la fatica e il continuo
lavoro che le managers di successo sono tenute a fare per non essere
omologate al modello tradizionale maschile e al contempo per
ricercare quel giusto mix gestionale che permette di soddisfare
contemporaneamente sia la propria identità professionale di genere
sia di superare le difficoltà degli uomini (ma a volte anche delle
donne) ad avere capi donne.
d.
Esigenze familiari
Sono prevalentemente le donne ad interrompere le loro carriere nel
tentativo di gestire la conciliazione lavoro/famiglia. Sovraccaricate da
questi impegni, non hanno il tempo materiale di ingaggiare e
mantenere quelle relazioni di networking sociale e di potere che sono
12
così essenziali all'avanzamento. A queste difficoltà, che si evidenziano
quando i bambini sono piccoli o se si hanno persone anziane non
autonome in casa, si somma ciò che succede nelle organizzazioni
quando una donna dichiara di essere in maternità:
si toglie la responsabilità dei progetti prima dell’assenza
obbligatoria facendo percepire la maternità come la morte di qualsiasi
possibilità di carriera;
si incentiva la maternità a rischio, specie nella Sanità e in
alcuni settori della Pubblica Amministrazione, per avere da subito la
sostituzione e controllare forzatamente gli eventuali imprevisti che
una maternità può portare;
si interrompe l’investimento aziendale sulla lavoratrice, la
si toglie dall’organico del proprio capo e la si inserisce in un “non
luogo”
organizzativo,
motivando
questa
scelta
per
ragioni
amministrative e di budget, senza tenere minimamente in
considerazione che, così facendo, la donna si sente completamente
“fuori” e allontanata dalla sua identità professionale
si
interrompe
la
relazione
di
comunicazione
professionale, e a volte anche umana, con la collaboratrice che va
in assenza obbligatoria facendo sì che per lunghi mesi la donna sia
risucchiata completamente dall’esperienza della maternità;
si modificano le responsabilità al rientro dalla assenza
per maternità. Sia nel settore pubblico che nel privato, al momento
del rientro, le donne avvertono di dover “ricominciare daccapo”
come se il capo non tenesse conto di quanto realizzato prima
13
dell’assenza e il loro percorso di sviluppo in azienda dovesse
ricominciare da zero.
Eppure è proprio questo ricercare l’equilibrio tra le responsabilità
genitoriali e le responsabilità professionali che allena le donne (e gli
uomini quando vivono attivamente sia la paternità che l’essere l’altro
della coppia in casa) a sviluppare quei modi di fare, dire ed essere che
tengono insieme - creando innovazione e sinergia positiva - le
modalità del maschile e del femminile: si creano, così, le abilità, le
capacità e i comportamenti riconosciuti come eccellenti nelle
competenze di cui oggi le imprese hanno bisogno.
Per questo insieme di motivi sembra opportuno il suggerimento di
non parlare più del “tetto di cristallo” come metafora del blocco alla
carriera delle donne ma di parlare, invece, di una rete pervasiva di
piccole e grandi barriere che rendono il percorso delle donne
all’interno di un’organizzazione come un incedere in un labirinto. Il
concetto di “labirinto” è più raffinato e più complesso di quello di
“soffitto di cristallo” che è stato introdotto negli anni ‘80 dalla ricerca
americana sulle carriere delle donne. Questa metafora è però oggi
difficilmente sostenibile poiché una percentuale di donne, seppur
minima, ha raggiunto posizioni apicali nelle aziende pubbliche e
private
nei
diversi
paesi
del
mondo.
Invece
di
rendere
metaforicamente l’univocità di una sola barriera, il concetto di
“labirinto” introduce la pluralità di molti ostacoli non prevedibili,
spiazzanti, ricorsivi che sono il risultato del disegno bizzarro di un
pensiero desideroso di destabilizzare colui o colei che si avventura, di
indurlo/a allo spaesamento e al pericolo di rimanere prigioniero delle
14
azioni che si mettono in atto per superare i tranelli. Il labirinto delle
carriere delle donne, dunque, è un costrutto intenzionale, anche se
spesso implicito, non consapevole, creato dall’irrazionalità di un
potere ancora autoritario, quello maschile, che non vuole associare
alla gestione dei piani alti delle aziende chi viene vissuto come
potenzialmente minaccioso, sia in quanto portatore di valori, storie e
attitudini differenti sia perché raddoppia il numero dei potenziali
concorrenti.
All’interno di questa cornice teorica, questa pubblicazione si pone
l’obiettivo di avanzare una proposta di gestione e di sviluppo del
Capitale Umano che – a partire dal riconoscimento e dalla
valorizzazione di genere -
arrivi alla creazione di un sistema
innovativo di gestione delle risorse umane.
15
2.
Filosofia
di
gestione
del
capitale
umano
per
la
riqualificazione di donne che operano nei settori produttivi a
prevalenza maschile.
Gestione delle persone e differenza di genere
Occorre partire dalla premessa che non è esistita finora nella
letteratura organizzativa la distinzione di una filosofia di gestione delle
persone particolarmente orientata alla differenza di genere. Nel
contesto italiano fino agli anni ’90 il fattore di attenzione alla
differenza di genere è stato quasi esclusivamente centrato
sull’applicazione della legislazione, prima di tutela e successivamente
di parità.
Solo a partire dall’affermazione della politica di gender mainstreaming,
promossa dalla Conferenza Mondiale sulle Donne tenutasi a Pechino
nel 1995 e incentivata dai processi di globalizzazione delle economie e
dei mercati, avviati dall’entrata nel WTO di paesi come la Cina e
l’India, si riconosce il valore aggiunto apportato dalla soggettività delle
donne alla dimensione economica dei paesi. In questo contesto le
risorse umane non vengono più considerate solo come un elemento
di costo (da contenere), ma come un bene, un capitale su cui investire
per lo sviluppo: si parla quindi per la prima volta di gestione del
capitale umano. La gestione del capitale umano, sulla base della
riconsiderazione delle risorse umane intese nella loro integrità di
persone, produce il loro ingresso nel disegno e nella gestione
strategica e genera coerenza organizzativa tra la mission e gli obiettivi
dell’azienda e la forma organizzativa necessaria per raggiungerli.
16
Figura 1. I cambiamenti avvenuti nella filosofia di gestione delle
persone
Si afferma in questo modo il superamento della ricerca, attraverso la
gestione delle persone, dell’omologazione di tutti i dipendenti al
modello di riferimento del lavoratore idealtipico, di derivazione
taylorista e weberiana, e si afferma il valore delle differenze dei
soggetti.
17
Figura 2 Sintesi del processo evolutivo nella filosofia di gestione
delle persone dal 1950 al 2000
Se per quanto riguarda le differenze individuali, le discipline
organizzative e le pratiche gestionali delle aziende più avanzate hanno
intrapreso percorsi di valorizzazione e sviluppo, specie per le
differenze professionali, etnico/linguistiche, culturali e generazionali,
la differenza legata al genere rimane meno conosciuta e riconosciuta,
dato il suo radicamento in aspetti culturali profondi, che preesistono
allo stesso paradigma fordista.
18
Il superamento di questi aspetti ha la possibilità di avere successo se ci
si aggancia al nuovo paradigma di filosofia di gestione del capitale
umano a carattere cross culturale, dove le differenze si contaminano
invece di fondersi e dove la differenza di genere viene considerata un
elemento fondante dell’incontro tra le culture. Atraverso questa
prospettiva le donne vengono percepite come importanti portatrici di
codici di cultura matrilineare di cui oggi il mondo economico più
avanzato riconosce il valore e il bisogno per l’innovazione.
Il nuovo paradigma della valorizzazione della differenza di genere nella gestione
delle persone
La valorizzazione della differenza di genere nella gestione efficace
delle persone comporta il passaggio attraverso tre fasi:
•
la prima ovvero individuare gli specifici e unici contributi che gli
individui, donne e uomini, apportano al raggiungimento degli obiettivi
aziendali
presuppone
organizzativa
e
una
gestionale
strumentazione
specifica
che
di
utilizza
analisi
una
metodologia scientificamente testata e condivisa al fine di
porre in luce i contributi cognitivi e operativi che donne e
uomini forniscono per il raggiungimento degli obiettivi
aziendali. Questa prima fase si basa sulla filosofia cross culture
del superamento delle logiche omologanti
•
la seconda fase ovvero sviluppare le condizioni
e la cultura
organizzativa affinché donne e uomini possano dare il meglio di se stessi
19
presuppone la capacità di connettere gli specifici contributi
delle donne e degli uomini ai bisogni di innovazione delle
aziende. Questa specifica fase presume la messa in opera di
sistemi di valutazione e di riconoscimento delle competenze e
delle performance differenziate
•
la terza fase ovvero ricercare le sinergie tra gli specifici contributi e il
risultato di business richiede un coinvolgimento non solo della
funzione di gestione delle persone, ma anche della linea
(responsabili intermedi e capi funzione/processo) per saper
trasformare il valore aggiunto individuato in risultati
professionali. Questo corrisponde alle logiche di sinergia tra le
differenze
che
sono
alla
base
della
capacità
di
personalizzazione di prodotti/servizi per i diversi clienti
messa in atto dal paradigma cross culture.
Vanno in questa direzione i risultati di recenti ricerche condotte negli
USA (Eagly e Carli 2007) che evidenziano come la differenza di
genere, scarsamente considerata dai modelli manageriali maschili, sia
stata assunta come dimensione significativa dei successi aziendali dalle
principali corporations.
20
3. Le caratteristiche organizzative e gestionali
L’idea che sottende a questo lavoro è quella che la differenza di
genere possa essere percepita come un valore nel mondo del lavoro.
Valore che si può trasformare in un importante vantaggio competitivo
per quelle aziende che siano in grado di percepirlo e di metterlo al
lavoro, in condizioni dove questo ulteriore differenziale può diventare
operativo: questo significa, dunque, supportarlo con dispositivi
organizzativi, tecnologici e gestionali che consentano il pieno fiorire
anche delle competenze femminili.
Ostacoli all’introduzione del nuovo modello di gestione delle persone basato sulla
differenza di genere
Si vogliono evidenziare, al fine di facilitare il trasferimento degli
orientamenti oggetto di questa guida ad aziende e a settori, le
opportunità e gli ostacoli che si possono incontrare nello sviluppo del
nuovo sistema di gestione delle persone basato sulla valorizzazione
della differenza di genere sopra descritta.
Il primo ostacolo è costituito dalla mentalità degli esperti dei diversi
settori che utilizzano modelli conoscitivi tradizionali che tendono a
dare una lettura superata della segregazione professionale di genere.
Vi è inoltre da parte degli esperti la percezione di una scarsa
disponibilità degli imprenditori e delle imprenditrici al tema. Al
contrario, si verifica che i board direzionali delle aziende che applicano
il nuovo modello di gestione delle persone basato sulle differenze di
genere percepiscono l’inadeguatezza della cultura attuale e il bisogno
21
di cambiare. Le direzioni aziendali riconoscono il valore che le donne
possono portare sia ai processi aziendali che richiedono creatività e
capacità relazionali (R&D e Marketing e commerciale), sia ad attività
produttive che oggi non richiedono più la forza fisica del passato, ma
attenzione e motivazione nei confronti della qualità, capacità di
collaborare e di coordinare i team.
Occorre a questo punto ricordare che, nel panorama dell’innovazione
organizzativa internazionale, viene messo in rilievo come il percorso
che le direzioni aziendali innovative applicano verso la gestione della
differenza di genere segue le tre dimensioni cognitive riportate di
seguito (Gardenswartz e Rowe 1998). Esse, infatti, corrispondono a
tre diversi stadi di evoluzione profonda, anche a livello simbolico, del
modello organizzativo rispetto ai soggetti femminili.
22
Figura 4. Modello delle tre modalità di gestione della differenza
di genere
•
L’azienda che apre le porte (open doors) all’ingresso delle donne
dimostra una disponibilità all’attuazione di azioni positive, ovvero
quelle azioni che tendono ad eliminare la segregazione orizzontale e
verticale.
•
A seguito dell’ingresso delle donne nell’organizzazione,
l’azienda mostra disponibilità a conoscere, riconoscere, valutare e
valorizzare l’apporto specifico delle differenze di genere.
•
Questi due passaggi si completano attraverso la capacità
dell’azienda di condurre a sistema la gestione della differenza di
23
genere attraverso criteri, modalità innovative e forme di leadership
adeguate.
Opportunità dell’introduzione del nuovo modello di gestione delle persone basato
sulla differenza di genere
Un’altra importante opportunità nell’implementazione del nuovo
modello di gestione delle persone basato sulla valorizzazione della
differenza di genere è costituito dalla leadership femminile, esercitata
dalle donne imprenditrici o manager.
•
La leadership delle imprenditrici
Gli elementi di energia positiva della leadership femminile si possono
riscontrare nel modo specifico attraverso il quale imprenditrici e
manager innovano le relazioni, fornendo un contributo di conoscenza
e creatività, e gestiscono le persone, dimostrando significative capacità
relazionali.
24
Figura 5. Le caratteristiche della leadership delle donne
imprenditrici e manager
Occorre inoltre ricordare che le donne leader che hanno dato un
contributo fondamentale all’implementazione del modello di gestione
delle risorse umane basato sulla valorizzazione della differenza di
genere e degli interventi formativi coerenti appartengono tutte alla
seconda generazione della proprietà. Esse hanno quindi avuto modo
di realizzare un processo di socializzazione primaria diverso da quello
maschile, integrato con processi di autostima e rivalutazione del femminile in
sinergia con il maschile (Rosener 1996).
Le donne di seconda generazione, dunque, non devono effettuare una
rinuncia a sé, alla propria identità di genere per aderire a modelli
maschili di carriera e di successo nel lavoro, come invece è accaduto
alle donne di prima generazione che abbiano voluto emergere e
25
affermarsi nella professione al di fuori degli stereotipi di genere. Le
donne di seconda generazione possono quindi esprimere una
leadership più libera e sicura che trae nutrimento dal modo personale
di essere. Di conseguenza esse possono mettere appieno in atto una
modalità di leadership che guida e valorizza le persone attraverso
modalità di relazione di tipo trasformativo (e non transattivo, come
avviene nella leadership maschile).
4. La funzione di gestione delle risorse umane
La storia della gestione del personale nel settore industriale a livello
nazionale ha determinato alcuni passaggi fondamentali ai quali è
corrisposta una diversa interpretazione della natura della funzione e
del ruolo del responsabile e della filosofia sottesa.
26
Figura 6. Evoluzione storica della funzione del personale
La scheda di sintesi riportata in figura si applica principalmente alla
grande azienda, nonostante ciò essa costituisce la base di riferimento
per tutti i gestori delle risorse umane e può quindi essere assunta
come modello di riferimento per cogliere i cambiamenti che
interessano tutte le tipologie di azienda. In particolare essa sottolinea
27
il passaggio fondamentale che ha portato da una logica di
amministrazione
del
personale
contraddistinta
da
una
regolamentazione collettiva, che tendeva quasi esclusivamente
all’uniformità del trattamento per tutti, ad una logica di governo che
gestisce individui e che presta attenzione alla segmentazione presente
nel mercato del lavoro interno e alle differenze. La gestione delle
differenze comporta la differenziazione della gestione e l’evoluzione
della figura del responsabile della funzione da amministratore del
personale a gestore di persone.
Figura 7.
I cambiamenti nella funzione del personale da
amministrazione a servizio strategico
28
È opportuno richiamare questi aspetti fondamentali per comprendere
il cambiamento del ruolo dei responsabili di linea come conseguenza
del cambiamento della funzione del personale: questa trasformazione,
infatti, è presente anche in quelle aziende di piccole dimensioni, di
tipo artigianale e industriale, che hanno implementato il modello di
gestione delle persone basato sulla valorizzazione della differenza di
genere.
Il nuovo ruolo del/della responsabile intermedio/a
Alle funzioni classiche di gestore dei processi e dei risultati ai/alle
responsabili di linea (intermedi e operativi) oggi è richiesto di essere
gestori del capitale umano e professionale dei/delle collaboratori/trici
a loro assegnati.
Le funzioni specifiche di sviluppatore del potenziale delle persone,
che i responsabili dovrebbero esercitare, sono di:
•
trainer, ossia gestore del processo di apprendimento, sia dei nuovi
assunti che delle risorse già presenti, per i processi di innovazione;
•
coach, ossia orientatore e guida del processo di apprendimento
individuale e/o creatore del gruppo di lavoro;
•
mentor, ossia colui che sa sostenere il processo di visibilità e di
autorevolezza aziendale di soggetti con alto potenziale attraverso un
apprendimento interorganizzativo che inserisce la persona nella
propria rete di relazioni, fornisce sostegno emotivo nei momenti di
difficoltà, sintonizza le aspettative e le strategie del soggetto con
quelle del gruppo al vertice dell’organizzazione.
29
Se ne desume che al responsabile di linea viene richiesto di saper
valutare, motivare e far crescere le persone. Ciò naturalmente ha
come
prerequisito
lo
sviluppo
delle
competenze
del/della
responsabile stessa/o e la messa a disposizione di metodi e tecniche
adeguate.
La nuova funzione del/della responsabile intermedio e la gestione della differenza
di genere
Se si focalizza l’attenzione su una capacità gestionale complessa come
la valorizzazione della differenza di genere, è possibile notare come le
stesse funzioni del capo, sopra esposte a livello generale, si declinano
in un ulteriore livello di approfondimento, ciascuno dei quali richiede
un apprendimento specifico.
Essere trainer per la valorizzazione della differenza di genere vuol
dire:
•
individuare gli apprendimenti da realizzare con riferimento
agli obiettivi da raggiungere e al grado di competenza dei soggetti
maschili e femminili prendendo in considerazione le competenze
trasversali (per esempio la comunicazione, la relazione e la
collaborazione) e non soltanto quelle tecnico specialistiche;
•
orientare e supportare lo sviluppo di specifiche aree di
competenza o abilità facendo attenzione ai processi di autostima del
soggetto (e al valore della differenza di genere);
30
•
verificare il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento
posti e trovare le forme per rendere visibile il contributo di ciascuno e
motivare donne e uomini.
Essere coach nelle situazioni in cui si voglia implementare la
valorizzazione della differenza di genere vuol dire:
in situazioni di supporto individuale
•
facilitare
l’individuazione
di
specifici
obiettivi
di
apprendimento personale e la definizione di programmi di
acquisizione/sviluppo di specifiche abilità e competenze;
in situazioni di creazione /rafforzamento del gruppo di lavoro
•
sostenere il senso di appartenenza al gruppo e l’identificazione
con i traguardi comuni da raggiungere;
•
favorire l’integrazione e lo scambio di esperienze e
competenze nel riconoscimento di valore delle differenze di
genere/generazione.
Essere mentor negli interventi nei processi di visibilità e di
autorevolezza (empowerment) delle donne con potenziale vuol dire:
•
sostenere il processo di empowerment del soggetto femminile
affinché sappia riconoscere il proprio stile di gestione del ruolo, le
proprie aree di forza e le aree di miglioramento, aiutando le donne ad
entrare in contatto con il proprio potere personale. Oltre a ciò, vuol
dire guidare il soggetto affinché sappia orientarsi e sappia scegliere le
opportunità e i percorsi di apprendimento e di crescita più congruenti
con le proprie potenzialità e bisogni;
31
•
facilitare i processi interni alla cultura organizzativa orientati al
saper declinare congiuntamente innovazione/continuità permettendo
così:
a.
al soggetto femminile di conoscere meglio e approfondire le
norme e i valori presenti in azienda e al contempo di costruire stili e
modi che facilitino, da un lato la libera espressione delle proprie
potenzialità e caratteristiche e dall’altro il riconoscimento (e il
riconoscersi) come appartenente all’organizzazione;
b.
all’organizzazione di conoscere, riconoscere, accettare e
valorizzare il contributo innovativo e positivo della differenza di
genere, flessibilizzando i modelli di riferimento per gli uomini e per le
donne.
32
5. La gestione delle risorse umane e il nuovo ruolo della/del
responsabile
Nelle aziende nelle quali è stato implementato il progetto, la funzione
del personale è risultata in quasi tutti i casi a sostanziale modello
amministrativo. La mancanza di modelli precostituiti da un lato rende
più difficile la comprensione delle criticità nella gestione del personale
in generale e in particolare dei gap da colmare per la gestione della
differenza di genere; dall’altro rappresenta un’opportunità date le
minori resistenze agite dall’organizzazione verso l’innovazione. Infatti,
la mancanza di un sistema intermedio tra la direzione e i capi diretti rende più
forte il bisogno di delegare la gestione delle persone ai capi stessi, creando nei fatti
un sistema di gestione diffusa del personale.
Questo aspetto paradossale avvicina le piccole aziende alle
organizzazioni più grandi e complesse. Proprio la mancanza di questa
cultura e della consapevolezza dei passaggi di filosofia che la
sottendono, rende semplicistica la richiesta ai capi di assumere nuove
responsabilità e dà adito a processi di stress degli stessi e a modalità
di approccio alle persone e a questi nuovi compiti casuali, personali e
privi di coerenza interna. Questo inoltre contribuisce a creare
situazioni di malcontento, soprattutto in assenza di una funzione del
personale in grado di offrire supporto formativo e strumentazione.
33
6. Modalità e leve
di gestione delle risorse umane per la
valorizzazione della differenza di genere.
a. Il primo aspetto da considerare è la stretta connessione tra la
consapevolezza di dover introdurre modalità e leve di gestione del personale di tipo
non solo amministrativo contrattuale e l’impegno per la valorizzazione della
differenza. Ciò si deve realizzare attraverso:
•
il committment della proprietà/direzione alla quale l’intervento
di valorizzazione della diffferenza va prospettato come
leva di
sviluppo di un sistema aziendale di gestione delle risorse umane,
peraltro indispensabile per superare la frammentazione delle attività
dei capi e il gap storico di HRM tra grandi e piccole aziende e per
porsi come propulsore del cambiamento. Le esperienze che si sono
realizzate nelle aziende di successo, infatti, hanno confermato come i
sistemi di gestione delle persone possono essere fatti evolvere da
strumento di gestione della stabilità intesa come staticità a strumento
di propulsione del cambiamento e dell’innovazione.
34
Figura 8. Funzione del personale come ruolo di sviluppo
strategico
In particolare occorre operare una consulenza al top management
fortemente
ancorata
ad
una
analisi
strategico/organizzativa
dell’impresa, al fine di mettere in relazione i contenuti del sistema di
gestione delle persone e gli obiettivi di business. L’ analisi deve servire
anche a rilevare i gap culturali che si trasformano in comportamenti e
atteggiamenti dei capi da correggere, sia per il miglioramento della
gestione delle risorse umane che, in particolare, per sviluppare i
processi di empowerment delle donne.
Per quanto riguarda i board direzionali l’interesse verso una gestione
delle risorse umane congeniale alla necessità di acquisire e sviluppare
35
persone di alta qualità, adatte al riposizionamento che le aziende
innovative
di
questo
settore
stanno
realizzando
(internazionalizzazione dei clienti e dei mercati, sviluppo managariale
dei processi, eccetera) è un aspetto chiave al quale dare concretezza
attraverso la possibilità di acquisire la valorizzazione della differenza.
b. In un secondo momento, occorre avere la capacità di ideare, insieme
al top management, quel giusto mix di governo a livello centrale, da parte una di
una figura di responsabile di alto livello già esistente, e di gestione operativa da
parte di capi, supportati e guidati dai compiti di governo centrale.
Questo significa assegnare una nuova responsabilità sulla filosofia di
gestione delle risorse umane senza necessariamente creare una
funzione che appesantirebbe i costi aziendali e la struttura stessa,
attraverso un processo di valutazione dei requisiti posseduti e di
formazione delle competenze specifiche necessarie a selezionare
quelle strategie e strumenti fondamentali di gestione delle risorse
umane che sono prioritari per l’azienda (come per esempio i colloqui
con i collaboratori, il sistema dei confini tra i ruoli, gli strumenti di
riconoscimento anche simbolico delle persone, le modalità di
compensation).
c. Il terzo passaggio si articola in un modello di valorizzazione della
differenza di genere che declina gli strumenti fondamentali di gestione delle risorse
umane secondo criteri in grado di mettere in risalto anche il valore professionale
delle donne.
36
Figura 9. Strategie e leve di gestione delle risorse umane
37
Seguendo l’elenco delle leve gestionali riportate nella figura
precedente questo significa:
Avere professionalità adeguate
Ricercare e prendere in considerazione per le posizioni vacanti sia le
figure femminili che già operano in azienda che le nuove candidature
pensando che si possono proporre su tutti i processi produttivi,
compresi quelli tradizionalmente segregati al maschile, e stimolando i
capi a sperimentare l’innovazione. Ciò significa, per le aziende e per il
sistema della formazione professionale territoriale, essere disponibili
ad indagare nuovi ruoli innovativi caratterizzati dall’integrazione tra
dimensioni tecniche e gestionali.
Il successo è maggiormente assicurato se intorno al processo di
assunzione e selezione vi è una rete territoriale integrata tra i soggetti
e le istituzioni responsabili dell’orientamento, i centri di formazione
professionale, le istituzioni per l’alta formazione (come ad esempio il
post diploma) e quei soggetti che promuovono campagne di
informazione e di comunicazione sociale per rendere conosciute
queste nuove figure professionali e attrattivi per le donne settori
tradizionalmente percepiti come maschili.
Valutare le posizioni, le performance e il potenziale e attivare sistemi premianti
Nella nostra esperienza si evidenza come, nelle aziende dove le donne
ricoprono ruoli di responsabilità e di coordinamento, a livello
intermedio e a livello di capisquadra, spesso non vi sia una
formalizzazione di tali responsabilità (e di conseguenza un adeguato
38
riconoscimento, anche nelle categorie contrattuali) della funzione
ricoperta nei fatti. Questo é il risultato da un lato della propensione
delle donne ad assumersi responsabilità, sentendosi così gratificate
dalla fiducia data loro dall’azienda/capo e dalla soddisfazione di
riuscire a fare un lavoro ben fatto e dall’altro dell’ inclinazione dei capi
a delegare senza formalizzare e senza riconoscere.
In questi casi è di particolare efficacia istituire:
•
da un lato gruppi di ascolto con i capi intermedi per analizzare
le percezioni delle attività svolte e delle competenze possedute dalle
donne
in
posizioni
di
coordinamento
promuovendo
così
consapevolezza nei capi e formalizzazione e visualizzazione delle
mappe delle skill agite;
•
dall’altro momenti di ufficializzazione, condivisione e
certificazione dei profili posseduti dalle coordinatrici alla presenza
delle donne, dell’alta direzione e degli stessi capi intermedi;.
Un’altra importante linea guida per quanto riguarda quest’area di leve
gestionali riguarda la diffusione delle caratteristiche e dei contenuti
delle nuove forme di leadership femminile nella gestione delle risorse
umane, di tipo trasformazionale, fondata cioè sull’accoglienza, la
valorizzazione delle aree di eccellenza e il supporto allo sviluppo delle
aree di miglioramento di tutti i collaboratori e le collaboratrici. Questo
presuppone riconoscere e valorizzare le componenti non solo
razionali, ma anche quelle emotive e sociali della gestione dei processi,
delle strutture organizzative e delle persone.
39
Carriere e sviluppo professionale e personale
La medesima difficoltà a riconoscere i ruoli di responsabilità ricoperti
dalle donne è
riscontrata anche in alcuni casi di responsabili
femminili di processi/unità organizzative.
In questi casi è importante supportare il processo di consapevolezza
delle dinamiche in atto attraverso interventi di coaching affinché le
donne siano in grado di attivare capacità negoziali che portino al
riconoscimento del loro valore.
Per quanto riguarda i ruoli non puramente esecutivi, un importante
strumento di gestione delle risorse umane per la valorizzazione della
differenza di genere riguarda la necessità di affrontare i periodi di
maternità con un’impostazione e una strumentazione, peraltro già
sperimentate in altri settori (Chiesi et al. 2002), che eviti il
disinvestimento aziendale sulle donne che vanno in maternità e
supporti le donne e gli uomini nella conciliazione tra responsabilità
genitoriali e responsabilità professionali. Si tratta di utilizzare una
strumentazione che va da quelle linee guida rivolte ai responsabili e
finalizzate ad impostare una continuità di relazione nonché piani di
investimento a partire dal periodo precedente all’assenza per
maternità fino a quelle rivolte alla lavoratrice o al lavoratore che
intenda usufruire del congedo parentale al fine di trovare le forme di
pacificazione personale e organizzativa dei due ruoli che sono
chiamati a ricoprire.
40
Servizi alle persone
Gestire le differenze soggettive e di genere richiede, inoltre, una forte
attenzione alle diverse fasi della vita e ai diversi bisogni che donne e
uomini possono avere con l’obiettivo di trovare forme di flessibilità di
orario per la conciliazione tra vita lavorativa e vita privata ( ad
esempio bambini piccoli, genitori anziani non autosufficienti,
investimento sul proprio capitale umano con percorsi di studio,
volontariato, eccetera) e/o per risolvere problemi organizzativi della
vita personale (asili aziendali, servizi alla famiglia o per il tempo libero
) (Chiesi et al. 2006).
7. Lo strumento della formazione
La leva di gestione della formazione merita una trattazione a sé stante,
sia perché è uno strumento cardine nei processi di cambiamento, sia
perché può essere scelta come vettore su cui fondare la gestione
innovativa della differenza di genere. Pertanto la formazione verrà
trattata come:
•
leva per il superamento degli stereotipi;
•
modalità per conoscere, riconoscere e valorizzare la
differenza;
•
sede di processi di empowerment delle donne;
•
valore aggiunto per lo sviluppo personale e professionale
delle/dei responsabili.
41
Occorre sottolineare, inoltre, come la formazione può essere
veramente efficace solo se tarata, sia nei contenuti che nelle modalità
didattiche, sui fabbisogni impliciti ed espliciti di ogni singola azienda e
se
si
ricerca
una
corretta
mediazione
tra
i
fabbisogni
dell’organizzazione e i bisogni peculiari delle singole persone
interessate ai processi formativi.
Figura 10. Sistema integrato di analisi dei bisogni
Bisogni
Analisi
dei
bisogni di
f
i
Bisogni
42
Bisogni
La formazione come leva per il superamento degli stereotipi.
La formazione può essere una leva di superamento degli stereotipi se,
in fase di progettazione, viene effettuata un’attenta analisi delle
condizioni aziendali che costituiscono un ostacolo o un’opportunità
per la valorizzazione della differenza di genere e della cultura nonché
dei valori di riferimento per i comportamenti dei responsabili e dei
ruoli operativi.
Nella fase di analisi organizzativa che precede la progettazione può
essere rilevato il carattere fortemente inconscio sia della cultura
organizzativa simil-familiare,
sia degli stereotipi di genere che
ineriscono alle professioni nei diversi settori. Ciò suggerisce la
necessità di azioni formative orientate all’esplicitazione degli assunti
impliciti e al contenimento della possibile ansia associata così come ad
azioni di counselling individuale con i capi intermedi. Si tratta di forme
di intervento esterno per la crescita di consapevolezza culturale che si sono
rivelate essenziali per facilitare le decisioni che portano al
cambiamento. Infatti, la crescita di consapevolezza culturale
presuppone ciò che nelle tecniche del managing diversity viene utilizzato
per sperimentare su di sé le logiche del dominante e le logiche del
diverso, oggetto di stereotipo, che porta a forme di discriminazione e
di non valorizzazione.
Gli atteggiamenti che sono stati considerati caratteristici di coloro che
appartengono al gruppo dei dominanti e al gruppo dei diversi
stereotipati sono:
43
•
I dominanti giudicano ed interpretano il comportamento degli
altri attraverso le regole, le strutture, i ruoli e i valori che hanno
stabilito;
•
in genere, le diversità vengono percepite come insignificanti o
negative;
•
ci si aspetta che i subalterni si assimilino;
•
i comportamenti e le regole del gruppo dominante si
accentuano in presenza dei subordinati;
•
il
comportamento
dei
subordinati
è
interpretato
negativamente mentre essi si sentono confusi/vulnerabili;
•
chi sta nel proprio territorio mantiene il potere e il controllo;
•
in genere, i dominanti giudicano i subordinati in base ai propri
standard culturali e non li considerano alla loro altezza;
•
si dedica poco tempo a condividere o discutere i fattori
culturali;
•
i subalterni sono lasciati soli a comprendere la nuova cultura e
ricevono un feedback soltanto quando sbagliano;
•
i subordinati cercano aiuto dagli altri subordinati nel nuovo
ambiente insicuro.
44
Figura 11. Atteggiamenti del gruppo dei dominanti e del gruppo
dei diversi stereotipati e cambiamenti possibili
La formazione come modalità per conoscere, riconoscere e valorizzare la differenza
per il cambiamento organizzativo
I principi dell’apprendimento della differenza nelle organizzazioni si
rifanno ai principi cognitivi e sociali della differenza declinati in
ambito organizzativo e formativo:
•
il riconoscimento ovvero conoscere, riconoscere, rispettare e
valorizzare la differenza. Il suo contrario è il disconoscimento della
diversità e la distruzione/negazione della differenza e l’omologazione
verso il dominante. I risultati prodotti sull’organizzazione sono: il
miglioramento di alcuni aspetti della micro-organizzazione (sistema di
formazione, teamwork, eccetera) prodotto dal riconoscimento delle
differenze;
•
l’attivazione ovvero apprendere dalla differenza. Il suo
contrario è l’integrazione per assimilazione: melting pot. I risultati
45
prodotti sull’organizzazione sono il ridisegno organizzativo prodotto
dalla attivazione delle differenze (macro-organizzazione, ruoli, nuovi
sistemi di valutazione);
•
l’ improntare di sè ovvero generare cambiamento sociale,
organizzativo e gestionale attraverso il nuovo e il diverso fornito dalla
differenza.Il suo contrario è la coesistenza come compromesso. I
risultati
prodotti
sull’organizzazione
sono
l’innovazione/cambiamento radicale attraverso il nuovo e il diverso
fornito
dalle
differenze
(vision,
valori
e
cultura,
modello
organizzativo).
Figura 12. Criteri di autoriferimento per la conoscenza, il
riconoscimento e la valorizzazione della differenza di genere
a
46
La formazione come sede dei processi di empowerment e di valorizzazione delle
identità professionali femminili
•
il riconoscimento del carattere eminentemente relazionale delle identità e
la conseguente necessità di sviluppare, nel rapporto in aula,
un’attitudine relazionale del formatore/formatrice che si nutre del
massimo rispetto e dell’empatia con le persone (tenere in
considerazione, prendersi cura)
•
la necessità di creare, nello spazio formativo del gruppo, una
dimensione noi centrica, basata sulla creazione di un campo di
condivisione implicito, che superi la relazione “io/voi”, dove agisce
l’autorità, per accedere alla relazione “io con voi”, dove agisce la
reciprocità. In questa prospettiva risulta molto importante il momento
dell’accoglienza dove agire, anche simbolicamente, il prendersi cura
delle persone;
Figura 13. La dimensione noi centrica
47
•
il bilanciamento dell’educazione alla relazione con la
valorizzazione delle identità di genere e personali ovvero creare il gruppo e
individualizzare le singole persone. Ciò significa, dal punto di vista
formativo, promuovere nei/nelle partecipanti l’investimento su di sé,
e guidare alla consapevolezza del proprio desiderio, della propria
autenticità da cui possono originarsi sia l’orgoglio di sé,(senso di
auto-efficacia), sia la libertà e la forza creativa necessari per concepire
un progetto, personale/professionale (ovvero mettere se stessi al
centro della propria progettazione di vita) e l’energia per renderlo
operativo.
•
l’accompagnamento nelle tre fasi di crescita della persona e del
gruppo: dipendenza, controdipendenza e autonomia. Qui entrano in gioco le
dinamiche
di
riconoscimento
soggettivo
sia
da
parte
del
formatore/formatrice, sia da parte del gruppo dei pari. Si presuppone
che il formatore/la formatrice si percepiscano all’interno di un
percorso di sviluppo del sé compiuto, per poter supportare i/le
partecipanti
•
L’alimentazione di un percorso di auto-sviluppo delle capacità e delle
competenze personali alimentato nella relazione positiva con l’altro.
Infatti le condizioni per l’auto realizzazione di genere e individuale
sono socialmente assicurate quando le persone possono sperimentare
il riconoscimento intersoggettivo non solo della loro autonomia
personale, ma anche dei loro specifici bisogni e delle loro capacità.
Ciò si realizza attivando nei/nelle partecipanti la comprensione di se
stessi come persone dotate di capacità e di competenze che hanno
valore per gli altri e che consentono di contribuire al miglioramento
48
economico/sociale attraverso lo svolgimento di un lavoro, di una
professione o l’esercizio di un’arte, riconosciuti a livello sociale
•
la valorizzazione degli aspetti emotivi intesi come dimensione/gamma
della persona e il supporto
alle identità maschili per superare la
percezione dell’emotività come area di non pertinenza.
8. Metodi e strumenti didattici per la formazione alla differenza
di genere
Il metodo sequenziale di trasferimento dei contenuti per favorire l’apprendimento
cognitivo ed emotivo di donne e uomini
L’attenzione da dedicare alla sequenza con la quale vengono offerti i
contenuti formativi è fondamentale quando si tratta di una
formazione di genere che va ad incidere sulle mappe concettuali,
simboliche e culturali possedute dagli uomini e dalle donne per
aiutarli/e a superare resistenze o opposizione al superamento degli
stereotipi.
Inoltre, tale preoccupazione è importante per attivare risorse interne
alle quali le persone non sono state abituate ad accedere o a dare un
riconoscimento di valore sostanziale nel processo di costruzione
dell’identità personale e professionale.
La sequenza si differenzia a seconda che le persone in formazione
siano solo donne o solo uomini, o si tratti di contesti misti.
•
nel caso di un’aula a prevalenza maschile la sequenza del
trasferimento dei contenuti è dallo strutturale/organizzativo al
personale/soggettivo;
49
•
nel caso di un’aula a prevalenza femminile il trasferimento dei
contenuti è più efficace se parte dall’analisi e riflessione sul sé per
accedere poi alla costruzione del ruolo, della professionalità e
all’inserimento degli stessi nel contesto organizzativo, all’interno di un
quadro di legittimazione da parte dell’autorità competente. Questa
sequenza è decisamente più efficace se inserita in un quadro di
riferimento che legittima e dà senso (per esempio, nel caso delle
esperienze condotte nelle aziende con questo progetto, quello della
direzione aziendale);
•
nel caso di aule con presenza equilibrata di uomini e donne la
sequenza dei contenuti avviene a partire dalla necessità di creare una
giusta alchimia, nello stesso modulo formativo, tra modalità adatte a
un genere e modalità adatte all’altro.
In tutti e tre le modalità i contenuti sono proposti in una logica di
riconoscimento di valore sia dell’uno che dell’altro genere e di ricerca
di sinergia e di creazione di valore per ciascun genere.
Le metodologie di gestione dell’aula, della formazione individuale e le didattiche
proposte.
Affrontare le tematiche della differenza di genere presuppone che
la/il docente abbiano competenze non soltanto di esperta/o di
contenuto, ma anche di esperta/o di formazione.
Con questo secondo termine si vogliono indicare le conoscenze, il
metodo e gli strumenti che sono patrimonio ormai consolidato della
pedagogia e della formazione degli adulti in contesti lavorativi,
ovvero:
50
•
la capacità di progettazione delle unità didattiche con una
particolare attenzione a creare un equilibrio tra i tre momenti del
trasferimento
delle
l’operazionalizzazione/sperimentazione
conoscenze,
delle
stesse
e
la
verifica/valutazione dei risultati di apprendimento; nonché l’abilità di
modificare la conoscenza in itinere, in relazione alle possibili sorprese
presenti nella realtà d’aula rispetto alle ipotesi nate dall’analisi dei
bisogni formativi. L’analisi del fabbisogno di formazione sul genere
può offrire elementi conoscitivi di natura specifica, ma ciascun uomo
o donna può portare nel gruppo un livello di sensibilità che l’analisi
precedente del fabbisogno non è stata in grado mettere in luce;
•
la competenza di analisi sociale dell’aula e delle dinamiche
d’aula che si generano a seguito alla strutturazione delle relazione tra
la/il docente e i/le partecipanti/e e viceversa
nonchè tra gli/le
stessi/e partecipanti/e tra loro. Tali dinamiche sono molto diverse nel
caso di aule di soli uomini, di sole donne o miste;
•
le abilità comportamentali, relazionali e di comunicazione
della/del docente-formatore/trice nel porgere i contenuti e nel porsi
come soggetto di testimonianza.
Le didattiche utilizzate.
Per affrontare in modo soddisfacente i percorsi formativi volti alla
valorizzazione della differenza di genere, vi è la necessità di dare una
forte attenzione agli aspetti della struttura d’aula (il layout) e alle forme
di attivazione degli uomini e delle donne attraverso metodologie
didattiche appositamente ideate e studiate. Per quanto riguarda il
51
layout è fattore di efficacia strutturare l’aula a U e utilizzare dei
simboli/artefatti che favoriscano i processi di accoglienza (per sempio
il saluto personalizzato, far trovare un piccolo dono per ciascuno,
eccetera).
Il layout a U viene privilegiato poiché affrontare le differenze di genere
implica un coinvolgimento delle persone non soltanto di tipo
cognitivo, ma anche di tipo emotivo simbolico profondo. Di
conseguenza tutti devono essere posizionati in modo da potersi
guardare reciprocamente e vi deve essere uno spazio strutturato, ma
contemporaneamente aperto perché la/il docente possa agire una
relazione interattiva forte con le singole persone e con il gruppo
complessivo. Ciò che in letteratura andragogica (ovvero la pedagogia
degli adulti) viene definita come la costruzione del noi centrico ha la
necessità di essere controbilanciato, nella gestione delle differenze di
genere, da una accortezza del/la docente a istaurare nel contempo
delle relazioni diversificate con ciascuna persona.
Se questi aspetti sono importanti per la conduzione di qualsiasi aula,
essi risultano particolarmente critici quando le aule sono diversificate
rispetto al genere e/o si trattano i temi della differenza di genere.
Ciascuna persona ha, in questo caso, la necessità di avvertire che vi è
una forte coerenza tra i contenuti che si propongono per la
valorizzazione del genere e la modalità attraverso la quale questa
valorizzazione viene agita dalla/dal docente sia per quanto riguarda il
contributo unico di ciascuno, sia per quanto riguarda una positività, e
in alcuni casi un orgoglio, di appartenenza di genere.
52
Le modalità di attivazione degli uomini e delle donne in tre momenti topici della
didattica per la gestione dei gruppi di formazione
•
Il primo momento è l’attivazione iniziale dei partecipanti
attraverso cui avviare non solo il processo di socializzazione, e quindi
l’abbattimento delle resistenze agli opposti pericoli di essere fagocitato
o rifiutato dal gruppo, ma anche l’avvio del delicato lavoro di
comprensione delle sensibilità soggettive presenti nel gruppo;
•
il
secondo
momento
topico
è
quello
relativo
all’implementazione del processo di apprendimento attraverso esercizi
quali role playing, simulazioni, analisi di casi, eccetera i cui risultati, che
dimostrano l’interiorizzazione dei contenuti, devono essere sempre
oggetto di valorizzazione da parte della/del docente e permettono di
comprendere le difficoltà concettuali e i nodi emotivi che tali
esercitazioni hanno fatto emergere;
•
il terzo momento è dato dai feedback sia informali che formali
che si recepiscono attraverso i processi di verifica. Nei percorsi di
formazione tradizionale, infatti, viene data molta importanza ai
processi di verifica dell’apprendimento e della soddisfazione dei
partecipanti al termine del percorso formativo. Nel caso di percorsi
formativi che mirano a valorizzare la differenza di genere, vi è la
necessità di affiancare ad essi altre modalità. In particolare si fa
riferimento alla raccolta di feedback verbali, ponendo molta attenzione
a che tutte le persone si esprimano; all’utilizzo di tecniche di creatività
utili per cogliere gli elementi di disagio consapevole o inconsapevole a
livello emotivo e relazionale; oppure la ricerca di feedback individuali a
53
livello informale (ad esempio durante le pause) con quei soggetti,
uomini e donne, nei quali si percepisce una particolare personalità.
9. Conclusioni: creazione di un sistema di gestione delle risorse
umane orientato alla valorizzazione della differenza di genere
Quello che si è realizzato nelle aziende con le quali si sono disegnati e
gestiti gli interventi oggetto di questa guida è un sistema altamente
innovativo di gestione delle risorse umane e di formazione orientato
alla valorizzazione della differenza di genere. Non si è trattato, infatti,
di azione sporadiche, che per quanto importanti non sono state in
grado di scalfire i modelli organizzativi e gestionali dell’azienda, ma, al
contrario, di un vero e proprio programma di mainstreaming che ha
operato profondamente sugli archetipi organizzativi e individuali e ha
avuto come risultato una trasformazione radicale dei modi di lavorare
e di rapportarsi delle persone nei luoghi di lavoro.
Alla creazione del sistema si è potuto arrivare attraverso un percorso
guidato che ha coinvolto l’intera azienda e che viene riproposto di
seguito come adatto e suggerito per l’implementazione anche in altre
aziende o settori produttivi.
• La prima fase riguarda lo sviluppo dell’intenzionalità ossia
l’adesione emotiva ai principi della differenza di genere e al nuovo
programma di gestione delle persone e di formazione orientati alla
valorizzazione delle donne e all’assunzione dell’impegno etico da
parte del management, delle /dei responsabile e
54
delle/degli
operatrici/operatori per lo sviluppo del percorso di mainstreaming
(livello dell’adesione);
• la seconda fase consiste nello sviluppare/conoscere i contenuti
specifici della valorizzazione della differenza di genere sul lavoro e nel
riconoscere gli ostacoli e le opportunità del contesto aziendale per
l’implementazione (livello dello sviluppo della consapevolezza);
• la terza fase
consiste nel definire target, obiettivi, metodi e
strumenti specifici, in un’ottica di genere, finalizzati al superamento
degli stereotipi di genere presenti nella cultura aziendale e degli
ostacoli presenti nelle pratiche organizzative che impediscono la
valorizzazione
delle
donne
nei
sistemi
professionali
e
il
riconoscimento della leadership femminile (livello della conoscenza);
• la quarta fase consiste nell’applicazione dei metodi e delle tecniche
gestionali
e
dei
piani
formativi
(livello
dell’applicazione
e
dell’empowerment).
• La quinta fase consiste nel controllo dei risultati del nuovo sistema
gestionale e nel riconoscimento e celebrazione, con il più ampio
coinvolgimento delle persone dell’azienda, dei risultati ottenuti (livello
del riconoscimento/feedback).
• La sesta fase consiste nell’applicazione consapevole dei criteri
gestionali per la valorizzazione della differenza di genere che sono
stati
interiorizzati
nelle
routine
e
nel
miglioramento
continuo/innovazione degli stessi (livello dell’autonomia).
I prime due livelli, adesione e consapevolezza si basano sul criterio
“open doors”, il terzo e quarto livello, conoscenza ed empowrment, si
55
basano sul criterio “open mind” e il quinto
e sesto livello,
riconoscimento e autonomia, si basano sul criterio “open system”.
A livello di architettura, il sistema di gestione delle persone orientato
alla valorizzazione della differenza di genere si configura come una
piattaforma che sostiene l’intera organizzazione, la sua operatività e la
strategia facendo affidamento come elementi cardine sugli strumenti
della relazione supportiva e della formazione.
Il piano dell’operatività è quello che individua i contributi specifici che le
donne, dal punto di vista professionale, forniscono all’organizzazione
nei termini di competenze specifiche, skill e performance.
Il piano dell’organizzazione è quello che innova, crea e sviluppa
condizioni organizzative e cultura per la valorizzazione delle donne
attraverso soluzioni quali il team e sistemi quali il sistema di
valutazione delle competenze, dei risultati nonché i sistemi premianti
per poi inserirli in una cultura del cambiamento.
Il piano della strategia è quello che trasforma il valore aggiunto, risultato
del libero fiorire delle persone e delle professioni, in risultati e in
innovazione del business e in benessere per le persone.
La leva cardine dell’empowerment è quella che promuove nelle persone,
donne e uomini, l’investimento su di sé e guida alla consapevolezza
del proprio desiderio, della propria autenticità da cui possono
originarsi sia il senso di auto-efficacia, sia la libertà e la forza creativa
necessari per concepire un progetto, personale/professionale, e
l’energia per renderlo operativo.
56
La leva cardine del coaching è quella che promuove una cambiamento
soggettivo, facendo leva sull’accoglienza delle aree di vantaggio e di
svantaggio personali e sviluppando una leadership trasformazionale.
La leva cardine della formazione è quella che incide direttamente sulle
donne e sugli uomini provocando un cambiamento cognitivo e un
riposizionamento di valori e comportamenti, in particolare in
relazione alla identità di genere, personale e professionale
Figura 14. Sistema di gestione delle risorse umane e di
formazione orientato alla valorizzazione di genere
Per condurre una piattaforma così rifondativa, come quella descritta,
è necessario che l’azienda definisca nuove politiche per la gestione
delle risorse umane e che ne assicuri la realizzazione attraverso un
governo attento e costante. Un’attenzione particolare dovrà essere
57
posta nel progettare e nel mettere in atto tutte le componenti del
governo del sistema :
•
Il commitment, la leadership della Direzione/Proprietà, impegnati
nell’affermazione della valorizzazione della differenza di genere
devono assumersi la responsabilità etica e strategica della guida del
sistema.
•
Le strutture per il governo, sono necessarie sia a livello centrale
(un presidio o centro di governo, costituito da un process owner
autorevole e presente nel board direzionale), sia a livello periferico,
fornendo deleghe e competenze per la gestione della differenza di
genere ai responsabili di linea.
•
La capacità realizzativa (execution), deve essere alimentata da
strumenti e pratiche innovative e specifiche, che spazino in tutti i
campi della gestione delle differenze: criteri e modalità di selezione,
valutazione e riconoscimento delle performance e delle competenze,
sistemi di compensation, dispositivi per la conciliazione tra vita privata e
vita professionale, formazione per la valorizzazione della differenza di
genere.
58
Figura 15 Le politiche per la gestione delle persone orientata
alla valorizzazione della differenza di genere
59
Appendice: Le sperimentazioni proposte nell’ambito di GELSO
Nell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
•
Buone Pratiche nei Servizi Infermieristici
Sperimentazioni di flessibilità degli orari per conciliare i tempi di vita con la
professionalità e lo sviluppo delle competenze all’interno di un processo di
miglioramento della qualità dei servizi.
Il progetto ha proposto di verificare le soluzioni innovative di
integrazione delle forme di orari flessibili esistenti nei Servizi
Infermieristici di APSS in modo da poterne facilitare l’utilizzo in tutta
l’azienda identificando soluzioni e modalità gestionali “di successo” e
rendendole disponibili (in termini di conoscenza) a tutti gli interessati
(prioritariamente,caposala, ma anche infermieri)
Il processo in pratica
Identificazione di primi indicatori
gestionali e di flessibilità di orari
su modalità
Focus group finalizzati ad individuare le
modalità di gestione della flessibilità degli orari
di lavoro e le tipologie attivate nei diversi reparti
60
Definizione di una griglia di lettura degli orari di
lavoro e degli strumenti gestionali a partire dai risultati
dei focus, predisponendo dei raggruppamenti per
soluzioni omogenee
Predisposizione di un questionario da
distribuire ai/lle caposala per raccogliere i
dati delle realizzazioni effettuate in
materia di orari
Elaborazione dei questionari e definizione di una
buona prassi sulle modalità di gestione, che faciliti il
lavoro dei/lle nuove caposala o di coloro che nonb hanno
sperimentato soluzioni di flessibilità.
“Catalogo” delle tipologie/flessibilità di orari più diffuse
e/o interessanti
Avvio di una forma di knowledge
management attraverso una pagina intranet
dedicata alla flessibilità degli orari dove
verificare l’esistente e inserire innovazioni
attivate
61
•
Personalizzazione degli orari di lavoro
Sperimentazioni di flessibilità degli orari per conciliare i tempi di vita con la
professionalità e lo sviluppo delle competenze all’interno di un processo di
miglioramento della qualità dei servizi
Il progetto ha proposto di attivare e di sperimentare soluzioni
innovative di integrazione delle forme di orari flessibili esistenti in
APSS in modo da poterne estendere l’utilizzo, in termine di numero
di lavoratori che ne usufruiscono e di tipologia di flessibilità utilizzate.
Il processo in pratica
La progettazione di dettaglio si è sviluppata con il CPO e
con la Direzione Risorse Umane. Successivamente il programma
è stato presentato al Top management ed alle Organizzazioni
Sindacali.
La individuazione delle aree/uffici di sperimentazione
è stata approfondita dalla Direzione Risorse Umane che si è
confrontata con i dirigenti.
I criteri per l’individuazione sono stati:
un corretto mix tra front office e back office e
di dimensione degli uffici interessati (grandi e
piccoli
la disponibilità/interesse dei dirigenti
62
Il processo in pratica
Il coinvolgimento del management responsabile delle
aree/uffici di sperimentazione è avvenuta attraverso un
incontro di informazione/approfondimento/adesione. Con
loro si è verificato anche quali risultati di miglioramento
dell’efficienza e dell’efficacia potessero essere attesi dalla
sperimentazione e quali indicatori selezionare
Il lancio del progetto ha coinvolto il
personale con un’informazione diffusa
realizzata con comunicazioni scritte per
posta elettronica
L’avvio della sperimentazione ha avuto luogo tramite
una riunione di tutti i dipendenti delle aree/uffici di
sperimentazione cui si presenteranno gli obiettivi e le
metodologie che si sono intese perseguire. A tutti loro è
stata fornita una scheda di adesione che i soggetti
interessati hanno potuto compilare indicando la volontà di
aderire alla sperimentazione e le problematiche/soluzioni
di orario individuate
Linee guida per il responsabile ed il
lavoratore sono state fornite ai soggetti
interessati in modo da dare maggiore
consapevolezza del processo e facilitare il
raggiungimento di un risultato di reciproca
soddisfazione
63
Il Percorso per la
Conciliazione
Progettazione
Incontri con Top
Mgmt. OOS S
D. R . U. e
C.P .O
________________
Lettere di
lancio
dell’iniziativa e
schede di
adesione
lancio dell’iniziativa
Analisi casi
1. soggetti
4. metodo
2. definiz. orari
3. sperimentazione
g.
1
Incontri di
scambio
Gestionale e
organizzativo
tra
capi e
lavoratrici/ori
Compilazione
schede
Individuazione
Lavoratrici/ori
e responsabili
Verifica e monitoraggio di
per tipologie
organizzative
professionali
di orari
interviste
focus group
Ipotesi di orari
organizzative e
gestionali
B uone prassi
Formazione
manageriale
integrativa
Nella Provincia Autonoma di Trento
•
Verso una gestione flessibile dell’orario di lavoro
Il Progetto ha affrontato alcune contraddizioni presenti nell’attuale
sistema di regolamentazione del part-time che ne complicano
l’applicazione con svantaggi per la Provincia e per le/i lavoratrici/ori:
•
la limitazione quantitativa data alla estensione del part-time
comporta per i/le dipendenti un’incertezza che aumenta la tensione
interna;
•
la predisposizione dei criteri di verifica sull’accettazione delle
domande e l’istruttoria conseguente comportano un lavoro complesso
ed impegnativo;
64
•
la periodicità prevista per la presentazione delle domande e i
tempi di decisione spingono le/i dipendenti a fare richiesta
anticipatamente (spesso con riferimento a futuri impegni scolastici)
anche quando non necessario;
•
l’aleatorietà del riconoscimento del part-time porta a
mantenerlo più a lungo possibile, al di là delle effettive esigenze
famigliari e personali.
Progetto Part-Time: obiettivi
• Inserire il part-time in un contesto di orari flessibili (non
ancora esistente) dove si potessero combinare soluzioni
personalizzate che permettessero di dare risposte efficaci alle
esigenze organizzative e dei dipendenti
• Dare certezza alla sua applicazione
• Ampliare la gamma degli orari ridotti
• Contenere la riduzione del monte ore lavorate nella Provincia
pur estendendo il part-time
65
Progetto Part-Time: processo
• Analisi della documentazione contrattuale e della
regolamentazione del part-time per individuare ipotesi e
soluzioni innovative
• Workshop di approfondimento con le Organizzazioni
Sindacali per approfondire la loro visione:
Dei bisogni e delle richieste delle/i lavoratrici/ori
Della flessibilità degli orari nel sistema di regole
contrattuali
Delle connessioni tra i processi organizzativi e i sistemi di
orari
•Workshop di verifica con la Direzione del Personale e l’APRAN
per confrontare politiche organizzative e contrattuali con riferimento
al tempo parziale
•Elaborazione di proposte verso una nuova regolamentazione del
part-time
•Workshop di discussione ed approfondimento con le Parti Sociali
sulle ipotesi elaborate
Durante il percorso di consulenza è stato effettuato un continuo
processo di verifica sulle criticità e le ipotesi di soluzione
66
Riferimenti bibliografici
Chiesi, M., Loreni, E., Petetti, A., Storti, C. (2002) “La maternità
come sfida di Diversity Management”, Sviluppo e organizzazione, n. 194,
pp. 73-89.
Chiesi, M, Storti, C., Musolesi, C., Pero, L. (2006) “Orari
personalizzati, flessibilità aziendale e conciliazione. Come riuscire a
conciliare le esigenze di flessibilità aziendale ed i bisogni differenziati
delle persone nel campo degli orari di lavoro”, Sviluppo e organizzazione,
n. 213, pp.1-20.
Eagly A. H., Carli L.L. (2007) “Women and the Labyrinth of
Leadership”. Settembre, pp. 62-71.
Gardenswartz, L, Rowe, A. (1998) Managing Diversity: A Complete Desk
Reference and Planning Guide, Pfeffer, San Diego, CA.
Rosener, J. (1996), "Ways women lead", in N. Nichols (a cura di)
Reach for the Top, Boston, MA, Harvard Business School Press, pp. 1324.
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