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Tra le acque nei monti Tra le acque nei monti

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Tra le acque nei monti Tra le acque nei monti
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Parco Regionale
Campo dei Fiori
Via Trieste, 40
21030 Brinzio (Va) - Italia
Tel. 0039 0332 435386
Fax 0039 0332 435403
www.parcocampodeifiori.it
[email protected]
www.lagodigannalife.org
www.parchi.regione.lombardia.it
Tra le acque nei monti
Parco Regionale Campo dei Fiori
Tra le acque
nei monti
Guida alla natura del sito
di importanza comunitaria
Lago di Ganna
a cura di Marco Fabbri
Among waters in the mountains - A guide to the nature of Lake Ganna
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Parco Regionale Campo dei Fiori
Tra le acque
nei monti
Guida alla natura del sito
di importanza comunitaria
Lago di Ganna
Among waters
in the mountains
A guide to the nature
of Lake Ganna
a cura di Marco Fabbri
Testi di
Giancarlo Bernasconi
Monica Brenga
Melania Bugiani
Marta Castaldini
Alessandra Gandini
Marco Fabbri
Luca Masotto
Silvia Nicola
Simone Rossi
2007
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Responsabile del progetto Life: Giancarlo Bernasconi
Coordinatrice: Monica Brenga
Pubblicazione finanziata con il contributo della Commissione Europea, della regione Lombardia, del Parco
regionale del Campo dei Fiori, nell’ambito del progetto LIFE-Natura “Interventi di riqualificazione del sito
d’interesse comunitario Lago di Ganna”, n. LIFE04NAT/IT00159REU.
È consentita la riproduzione dei testi a condizione di citare la fonte.
La presente pubblicazione è il risultato dell’Azione E.2 “Realizzazione di un manuale guida alla visita del SIC
Lago di Ganna” del progetto Life Natura Interventi di riqualificazione del SIC Lago di Ganna.
Coordinamento scientifico ed editoriale: Marco Fabbri
I testi sono stati redatti da: Giancarlo Bernasconi, Monica Brenga, Melania Bugiani, Marta Castaldini, Alessandra
Gandini, Marco Fabbri, Luca Masotto, Silvia Nicola, Simone Rossi
Le fotografie sono di: Luigi Andena (pag. 54, 55), Guido Brusa (pag. 9, 10, 21, 39, 41, 42, 43, 50, 51, 80, 81
n.2), Enrico Chiaradia (pag. 13, 14, 16, 17, 18, 27, 75, 85, 104, 107 n.1), Marco Fabbri (pag. 19, 22, 24, 46,
47, 49, 68, 76, 78, 81 n.3, 101 n.4, 105, 108, 109), Andrea Modesti (pag. 33 n.3, 74 n.7, 83, 106), Simone
Rossi (pag. 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 48, 65, 66, 67, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 78 n.2, 79, 89, 90, 91,
92, 93, 94), Jacopo Tonetti (pag. 11, 53, 56, 57, 58, 59, 60, 101 n.2), Civica Raccolta delle Stampe Achille
Bertarelli, Milano (pag. 102, 111), Civico Archivio Fotografico, Milano (pag. 98), Idrogea Servizi srl (pag. 44, 45),
Italia Bella (pag. 95), Touring Club Italiano, Milano (pag. 97), Tracce (pag. 96). Le restanti immagini sono tratte da Archivio Parco regionale Campo dei Fiori.
Immagini cartografiche, elaborazione su cartografia realizzata da Ingenia sas, Via Filisetti 10, 24069 Cenate
Sotto (Bergamo).
Grafica e art director: Cristina Perone - Cliccaquì, Roma
Stampa: Bardelli Arti Grafiche srl, Albizzate
Tra le molte persone che hanno facilitato la realizzazione di questa guida vanno citati coloro i quali, oltre ad
avere avuto fiducia in noi, ci hanno trasmesso la passione per la conoscenza della Valganna: il Presidente del
Parco regionale del Campo dei Fiori, Giovanni Castelli, e il direttore del Parco, Giancarlo Bernasconi.
Il dialogo con Monica Brenga, coordinatore del progetto Life Natura ‘Sic Lago di Ganna’, è stato indispensabile per orientarci nel coordinamento degli argomenti: quasi una “Beatrice” di dantesca memoria ci ha condotti
per mano nella raccolta dei materiali prodotti dai professionisti affidatari delle Azioni Life che qui ringraziamo:
Giorgio Amolari, Filippo Bernini, Roberta Bottin, Cristina Carozzi, Enrico Chiaradia, Annalisa Geronimi, Paolo
Granata, Tiziana Piodi, Gabriele Pozzi, Jonny Raccagni, Marco Tornaghi, Lorenza Toson, Alessandro Uggeri.
Tra i dipendenti del Parco, sempre molto disponibili, vanno ringraziate in particolare Raffaella Di Losa per la
sollecita risoluzione degli aspetti finanziari e amministrativi, e Paola Cassani, per quella degli aspetti tecnici.
Tra gli autori dei testi un riconoscimento speciale va a Luca Masotto e Silvia Nicola per il continuo dialogo
con l’art director, Cristina Perone, che ha voluto accettare la sfida di realizzare una guida complessa, giocata su piani differenti e interconnessi.
Siamo lieti di ringraziare anche il parroco di Ganna, don Luigi Vanin, per averci accompagnato nella visita alla
badia di Ganna dandoci spiegazioni difficili da reperire altrove.
Grazie a Sonia Allocchio per il supporto all’editing.
Per le fotografie uno speciale riconoscimento ai funzionari della Civica Raccolta delle Stampe Achille
Bertarelli di Milano e del TCI che con grande sollecitudine hanno autorizzato l’impegno delle immagini da
loro custodite.
Grazie anche a Luigi Andena per gli utili interventi circa l’iconografia degli uccelli e ad Andrea Modesti e Raul
Manenti per quelli sulla fauna acquatica.
Finito di stampare ottobre 2007
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ete Natura 2000 è uno strumento che l’Unione Europea ha adottato per rendere omogeneo, da un punto di vista gestionale, un sistema interconnesso di
aree ricadenti all’interno del territorio della Comunità Europea al fine conservarne la biodiversità. Per la bellezza dei suoi ambienti e la preziosità dei suoi
habitat, il Sito di importanza comunitaria del Lago di Ganna, fa parte di questo importante sistema in quanto è un luogo dove la biodiversità è un elemento prezioso del
patrimonio comune europeo e come tale deve essere preservato.
La Valganna ha inoltre delle grandi valenze storiche. Fu abitata dall’uomo sin da tempi
antichi come testimoniano gli strumenti di selce rinvenuti nella torbiera di Ganna, mentre, in epoca romana e medievale, era attraversata da un’importante via di comunicazione che collegava la valle dell’Olona con Ponte Tresa e la Svizzera.
I cistercensi hanno lasciato la bellissima abbazia di San Gemolo e hanno avviato lo sviluppo agricolo della valle bonificando la zona paludosa intorno al lago di Ganna.
Oggi il Parco è intervenuto per preservare questo delicato sistema con il progetto Life
Natura “Interventi di riqualificazione del SIC Lago di Ganna” utilizzando uno strumento finanziario con cui da tempo l’Unione Europea sostiene la propria politica ambientale e promuove la salvaguardia delle risorse in un’ottica di sviluppo sostenibile: queste
sono infatti le finalità che il Parco Campo dei Fiori si prefigge quotidianamente.
Sono quindi lieto di presentarvi questo volume che, non solo raccoglie tutti gli interventi realizzati con il progetto Life Natura mettendo in luce il grande lavoro svolto, ma è
anche uno strumento di grande valenza scientifica e divulgativa.
Dalla sua lettura si possono conoscere le strategie di salvaguardia e di tutela intraprese da Rete Natura 2000. Soprattutto, si può comprendere che queste sono in sintonia
con le attività umane e che, operando in modo intelligente e sensibile, è possibile conciliare economia e tutela del territorio.
Dott. Agr. Giovanni Castelli
Presidente Consorzio di Gestione
del Parco Regionale Campo dei Fiori
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Sommario
Introduzione ..........................................................................9
Un’introduzione sul programma Life ........................................9
Come consultare la guida ........................................................12
Partenza
Il comune di Valganna ......................................................13
Inquadramento geomorfologico ..............................................13
Scheda - Le valli sospese ........................................................19
Azione LIFE: Dalla riserva al Sic ............................................21
Tappa Nord 1
La badia di Ganna ..............................................................23
Tracce di storia ........................................................................23
La tradizione monastica ..............................................................23
La presenza dell’uomo ................................................................26
Il paesaggio dell’uomo ..................................................................27
L’architettura monastica ..............................................................28
Il Margorabbia..........................................................................30
Scheda - I pesci........................................................................32
Scheda - La cattura e la marcatura dei pesci ..........................34
La cattura......................................................................................34
La marcatura ................................................................................35
Azione LIFE C8: Il corridoio ecologico ..................................36
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Tappa Nord 2
La torbiera di Pralugano ..................................................39
Direttiva Habitat......................................................................39
Il Sic Lago di Ganna: un sito di conservazione europeo ..............40
Scheda - Le torbiere................................................................41
Azione LIFE C2: Dragaggio torbiera ......................................44
Il sistema delle acque ..............................................................46
Scheda - Associazioni vegetali ................................................50
Azione LIFE C3: Sistemazione dissesti ....................................52
Avifauna e specie tutelate........................................................53
Risultati del mappaggio ................................................................53
Specie significative ........................................................................55
Utilizzo delle aree da parte degli uccelli ......................................56
Risultati dell’inanellamento ..........................................................57
Scheda - Monitoraggio dell’avifauna ........................................58
Mappaggio modificato ..................................................................58
Inanellamento ..............................................................................58
Cosa si misura? ............................................................................60
Azione LIFE C1: Soglia regolatrice della torbiera ..................61
Azione LIFE C4: Sentieri a sud del Pralugano ........................62
Tappa Sud 1
Il lago di Ganna ..................................................................65
Il lago di Ganna ........................................................................65
Le macrofite ................................................................................66
La fauna ittica................................................................................68
Zone umide marginali e anfibi ......................................................68
Azione LIFE C7: Le pozze ......................................................69
Scheda - Anfibi ........................................................................71
Intorno al lago..........................................................................75
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Tappa Sud 2
Il complesso di San Gemolo ............................................79
Le cantine ................................................................................79
Scheda - Alneto ......................................................................80
Azione LIFE C5: Rinaturalizzazione delle cantine ..................82
La fonte....................................................................................83
Azione LIFE C5: La passerella ................................................84
La cappella ..............................................................................85
Il laghetto ................................................................................86
L’osservatorio della fauna acquatica
e la riqualificazione ambientale ....................................................87
Azione LIFE C6: Osservatorio specie acquatiche ..................88
Scheda - Gambero di fiume ....................................................89
Il Procambarus clarkii, una minaccia
per il gambero di fiume italiano....................................................90
Scheda - La marcatura dei gamberi ........................................91
Scheda - Un piano d’azione per le specie
acquatiche di interesse comunitario ........................................92
La conservazione dei gamberi ......................................................92
Obiettivi specifici di conservazione: il torrente Valcerbora ........93
La protezione degli anfibi durante le migrazioni ..........................93
Lo spostamento della trota fario a protezione
delle piccole specie ittiche............................................................94
Tappa Sud 3
Tra boschi e praterie ........................................................95
L’antica ferrovia........................................................................95
Scheda - Boschi ....................................................................100
Sentiero del Giubileo ............................................................102
Scheda - Praterie ..................................................................107
I luoghi del lavoro ..................................................................108
Scheda - Miniera di piombo ..................................................111
English version ................................................................112
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Tappa Nord 1
La badia di Ganna
Tappa Nord 2
La torbiera di Pralugano
Tappa Sud 1
Il lago di Ganna
Tappa Sud 2
Il complesso di San Gemolo
Tappa Sud 3
Tra boschi e praterie
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Note bibliografiche
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68 pp.
Abrahamsson S., The crayfish Astacus astacus in Sweden and introduction of the American crayfish Pacifastacus leniusculus, Freshwater crayfish, I, pp. 28-39, 1972.
„
„ Politecnico di Milano, Sentiero del Giubileo,
Regione Lombardia, Milano, 2000, 16 carte
1:25.000.
Associzione Amici del Sacro Monte, Sacro
Monte di Varese. Itinerari di fede e arte, Varese, 2004.
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Bernasconi C., Brolpito M., De Mattia M.,
“Ricerca idrogeologica e inquinologica sui
laghi della Valganna”, Acqua Aria, 5, 1981.
„
Bernasconi G., Colli M., Carta dei sentieri,
Parco Campo dei Fiori, Ingenia Editori,
2003.
„
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Lombardia: recenti esplorazioni, Guide speleologice regionali, 1992.
Club Alpino Italiano, Charta itinerum. Alpi
senza frontiere, Regione Lombardia, 2006,
103 pp.
„
Comolli R.B., Zanzi L., Tracce di storia dell’Abbazia di San Gemolo in Valganna, Nicolini,
Gavirate, 1999, 175 pp.
„
Deon G., “Geologia del bacino lacustre,
ricerca ambientalistica interdisciplinare sul
lago di Ghirla”, Acqua Aria, 1, 1981.
„
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pianura lombarda, Regione Lombardia e Provincia di Pavia, Pavia, 2003.
„
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Habitat 9, Museo friulano di storia naturale,
Udine, 2004, 156 pp.
„
„ Monaci della Cascinazza, Fondazione per
la Sussidiarietà (cur.), Con le nostre mani, ma
con la Tua forza. Le opere della tradizione
monastica benedettina, Itacalibri, Castel
Bolognese, 53 pp.
Ruffo S. (cur.), Le foreste della Pianura
Padana. Un labirinto dissolto, Quaderno
Habitat 3, Museo friulano di storia naturale,
Udine, 2001, 156 pp.
„
„ Sindaco R., Doria G., Razzetti E. e Bernini
F., Atlante degli Anfibi e dei Rettili d’Italia,
Societas Herpetologica Italica, Edizioni Polistampa, Firenze, 2006, 792 pp.
„ Stoch F. (cur.), Torrenti montani. La vita nelle acque correnti, Quaderno Habitat 5,
Museo friulano di storia naturale, Udine,
2002, 160 pp.
„ Zilio A., Baratelli D., Monti C., Pinoli G.,
Villa M., Analisi faunistica del Parco del Campo
dei Fiori, Consorzio Parco Regionale Campo
dei Fiori, 1989, 141 pp.
Zilio A., Piano della Riserva Naturale Orientata Lago di Ganna, Consorzio Parco Regionale Campo dei Fiori, 1991, 116 pp.
„
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Introduzione
Un’introduzione
sul programma Life
I
l programma Life rappresenta, ad
oggi, uno strumento finanziario
messo a disposizione dall’Unione
Europea allo scopo di contribuire
allo sviluppo, all’attuazione e all’aggiornamento della politica e della
legislazione comunitaria nel settore
ambientale. Inoltre, da un punto di
vista più generale, cerca di facilitare
l’integrazione dell’ambiente nelle
altre politiche comunitarie, contribuendo così allo sviluppo sostenibile
nella Comunità.
Il programma Life si divide in tre settori: Natura, Ambiente e Paesi terzi.
Quello che ci interessa più da vicino
è il Life-Natura che, tra i suoi obiettivi, ha quello di contribuire all’attuazione della direttiva comunitaria
concernente la conservazione degli
habitat naturali.
La riserva naturale del Lago di Ganna, infatti, ospita ben 6 habitat diversi, di cui 2 sono ritenuti prioritari dalla legislazione comunitaria: le foreste
alluvionali di frassino e ontano e le
paludi calcaree.
Purtroppo, il sito è messo in pericolo da una serie di problemi che
rischiano di compromettere, a volte
Gli specchi
d’acqua
a rischio
interramento
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La natura si risveglia
dipingendo il lago
irreversibilmente, l’ambiente originario.
In particolare, sono state individuate quattro
minacce principali.
La prima è relativa all’abbassamento del
livello idrico dei bacini d’acqua. In un habitat
umido come quello in esame è evidente che
un abbassamento di pochi centimetri del
livello delle acque può portare a notevoli
cambiamenti soprattutto nella componente
vegetazionale dell’ecosistema. Le zone più
colpite sono comprese tra la Torbiera del
Pralugano e il Lago di Ganna e tra quest’ultimo e il ramo di Margorabbia emissario.
La seconda minaccia riguarda l’interramento
del fondovalle: il dissesto idrogeologico diffuso nel bacino idrografico porta i piccoli
torrenti, provenienti soprattutto dal monte
Martica, a scaricare grandi volumi di materiale solido all’interno degli specchi d’acqua,
portando, in prima battuta, alla chiusura delle piccole pozze utilizzate dagli anfibi per l’ovodeposizione.
Il terzo problema concerne l’isolamento della fauna ittica del Lago di Ganna dagli altri
sistemi acquatici. Negli anni passati sono stati realizzati degli interventi di sistemazione
idraulica utilizzando tecniche classiche di
ingegneria idraulica quali rampe di cemento.
Purtroppo, queste opere costituiscono delle
vere e proprie barriere che ostacolano il
movimento dei pesci, contribuendo alla possibile creazione di sottopopolazioni di animali
poco vitali. Queste barriere sono localizzate
lungo il tratto del torrente Margorabbia compreso tra il Lago di Ganna e quello di Ghirla.
L’ultima minaccia individuata è il disturbo da
parte dell’uomo. I problemi più gravi si
segnalano a causa del calpestio della vegetazione tipica della zona umida, molto sensibile allo schiacciamento. Inoltre, l’incompleta
segnalazione dei percorsi di visita provoca
frizioni tra i turisti e gli agricoltori locali. Infine, la presenza dell’uomo può infastidire l’avifauna a causa, ad esempio, di schiamazzi o
provocare danni all’ambiente con l’abbandono dei rifiuti.
Una volta individuati i principali problemi
che affliggono - o potrebbero affliggere - la
riserva del Lago di Ganna, il Consorzio di
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Introduzione
gestione del Parco naturale del Campo dei
Fiori ha dato impulso a una serie coordinata
di azioni in grado di contrastare le dinamiche
in atto. Considerati gli alti costi da sostenere
per realizzare i progetti di recupero e tutela
ambientale, un ente come il Parco Regionale
del Campo dei Fiori compie uno sforzo molto significativo che deve essere supportato
da aiuti esterni, quali quelli messi a disposizione dal programma Life.
Tuttavia, per poter godere dei contributi
europei un progetto deve soddisfare una
serie di criteri; in particolare deve avere una
valenza comunitaria e contribuire agli obiettivi del programma Life, deve essere presentato da partecipanti affidabili sul piano finanziario e tecnico e deve essere realizzabile in
termini di proposte tecniche, di calendario,
di bilancio e di rapporto costi-benefici.
La Commissione europea, inoltre, provvede
ai controlli dei finanziamenti, alla verifica dell’attuazione nonché, se del caso, al recupero
degli importi indebitamente percepiti e, infine, all’attuazione delle azioni finanziate.
Come si è avuto modo di vedere, partecipare ai bandi Life è quindi un’operazione complessa, che richiede uno studio preliminare
approfondito della zona in esame.
Il Consorzio di gestione del Parco regionale
del Campo dei fiori non si è però lasciato
scoraggiare e ha prodotto una ingente mole
di materiale che si è rivelato estremamente
utili per le successive fasi dei progetti.
Il tutto è raccolto all’interno di un superprogetto denominato Interventi di riqualificazione del Sic Lago di Ganna, presentato alla
commissione europea nel 2004, finanziato e
avviato nel 2005, che ora analizzeremo molto brevemente.
Il primo passaggio, ancora anteriore alla pro-
gettazione preliminare delle opere, è stato
quello di provvedere all’analisi dello stato di
fatto, realizzando, ad esempio, una cartografia dettagliata.
Grande peso è stato dato anche a indagini
volte a chiarire gli impatti che avrebbero
avuto le minacce sopra ricordate sull’ambiente. A titolo esemplificativo, si ricordano
una ricerca volta alla valutazione dell’impatto della variazione del livello idrico sull’avifauna e un’altra tesa a chiarire le conseguenze dell’interramento dell’acqua sulla fauna
acquatica.
A questo punto, la situazione era sufficientemente chiara per procedere con la progettazione definitiva degli interventi utili a salvaguardare il patrimonio naturale della riserva.
Alcuni effetti del programma Life, frutto del
lavoro assiduo del Parco e dei professionisti
coinvolti, sono sotto gli occhi di tutti i visitatori, ma molti risultati saranno poco visibili ai
non addetti ai lavori: chi si accorgerebbe dell’assenza di un particolare chirottero o dell’estinzione di una pianta rara?
È anche per questo motivo che il Parco ha
pensato di realizzare la guida che avete fra le
mani: pagina dopo pagina, il programma Life
si trasformerà da sintetica descrizione ad
affascinante realtà naturale da vivere a due
passi da casa.
Pettirosso.
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Introduzione
Come consultare la guida
Questa guida è organizzata come un percorso che dalla “Partenza” si dispiega in 5 tappe,
ognuna delle quali contraddistinta da un colore:
Partenza
Tappa Nord 1
Tappa Nord 2
Tappa Sud 1
Tappa Sud 2
Tappa Sud 3
Il comune di Valganna
La badia di Ganna
La torbiera di Pralugano
Il lago di Ganna
ll complesso di San Gemolo
Tra boschi e praterie
L’apertura di ogni tappa è facilmente riconoscibile, sia dal cambio di colore che dall’impostazione grafica, ed è corredata da una piccola mappa di inquadramento dell’area. Una cartografia più ampia è disponibile a fine sommario.
In ogni tappa si susseguono capitoli tematici sugli aspetti più significativi del parco, che si
alternano a contributi di approfondimento:
- le schede, che trattano aspetti specifici della natura del parco;
- i box “Azione life” che illustrano nello specifico le azioni mirate del Programma Life per
la tutela del parco.
Tappa
Un’apertura fotografica
introduce la tappa.
Piccola mappa a corredo.
Scheda
Contraddistinta dal fondino
colorato della pagina e da
una propria icona.
Box “Azione life”
Contraddistinto dal fondino
colorato della pagina e da
una propria icona.
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Sommario
Introduzione ..........................................................................9
Un’introduzione sul programma Life ........................................9
Come consultare la guida ........................................................12
Partenza
Il comune di Valganna ......................................................13
Inquadramento geomorfologico ..............................................13
Scheda - Le valli sospese ........................................................19
Azione LIFE: Dalla riserva al Sic ............................................21
Tappa Nord 1
La badia di Ganna ..............................................................23
Tracce di storia ........................................................................23
La tradizione monastica ..............................................................23
La presenza dell’uomo ................................................................26
Il paesaggio dell’uomo ..................................................................27
L’architettura monastica ..............................................................28
Il Margorabbia..........................................................................30
Scheda - I pesci........................................................................32
Scheda - La cattura e la marcatura dei pesci ..........................34
La cattura......................................................................................34
La marcatura ................................................................................35
Azione LIFE C8: Il corridoio ecologico ..................................36
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Inquadramento geomorfologico
L
a Valganna si estende in
direzione nord-sud dalla
località Grotte della Valganna al lago di Ghirla. Se
la si imbocca da sud, appare delimitata sul versante sinistro dal
monte Chiusarello (913 m) e dal
monte Martica (1026 m), mentre sul
1 Veduta della Valganna.
Al centro la torbiera del Pralugano.
È visibile l’accumulo dei detriti che ha
riempito il fondovalle interrompendo
il profilo ripido dei versanti.
In secondo piano, l’abitato di Bedero
Valcuvia e i monti della Valcuvia
e sullo sfondo il massiccio che circonda
la Valgrande, a ovest del Lago Maggiore.
Partenza
Il comune di Valganna
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Partenza Il comune di Valganna
versante destro dal monte Monaco (852 m),
dal monte Minisfreddo (1042 m), dal Poncione di Ganna (953 m) e dal monte Piambello (1129 m).
Il Poncione, nonostante non sia la vetta più
elevata, è una delle posizioni privilegiate da
raggiungere se si vuole godere di un magnifico panorama su tutte le Prealpi italiane e
svizzere.
La vallata ha un profilo a U, tipico dell’erosione glaciale. Il lago giace sul fondovalle, in
una falda contenuta nei depositi alluvionali
del Margorabbia, dalla quale traggono alimentazione numerosi pozzi.
In realtà, la Valganna è molto di più di questa
asciutta e sintetica descrizione. Al visitatore
che l’attraversa, appare come una naturale
via di transito tra la Svizzera (Ponte Tresa) e
la Pianura Padana; se poi l’osservatore è particolarmente attento, scoprirà che la valle è
un vero e proprio museo di eventi geologici
a cielo aperto!
Capire ciò che è accaduto qui negli ultimi
milioni di anni offre una rassegna approfondita di tutti i mutamenti che hanno coinvolto
il nord Italia. Ovviamente, le forze che
entrano in gioco durante le trasformazioni
geologiche sono talmente ingenti che coinvolgono non solo la piccola Valganna, ma
estensioni di centinaia di chilometri quadrati. Per questo motivo è opportuno ampliare
il nostro sguardo a tutto il varesotto e a parte del vicino Canton Ticino.
Le vicende geologiche che hanno interessato
questo settore dell’arco alpino iniziarono nel
Permiano (circa 300 milioni di anni fa) quando, a seguito di imponenti fenomeni vulcanici, milioni di tonnellate di lava incandescente
si riversarono nella zona, dove, raffreddandosi, formarono porfidi, porfiriti e tufi.
Oggi, i porfidi si ritrovano in un’ampia fascia,
orientata da sud-ovest a nord-est, che interessa il territorio compreso tra il comune di
Brinzio, sede del Parco del Campo dei Fiori,
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e la sponda occidentale del Lago di Lugano.
La struttura della roccia è porfirica con la
presenza di grandi cristalli immersi in una
massa di fondo a grana più fine, ritenuta il
risultato di una solidificazione in due fasi: una
lenta dove è avvenuta la formazione dei cristalli grossi e una successiva più veloce, dove
la restante parte di roccia fusa non ha avuto
il tempo di cristallizzare completamente
(cristalli fini). Le contrazioni della roccia in
fase di raffreddamento produssero delle crepe nelle quali si depositarono filoni di piombo
e argento, che in molti casi hanno assunto
importanza economica e sono stati oggetto di
sfruttamento minerario. Ad esempio, nei
pressi del Ponte Inverso, esiste la miniera Valvassera - che, per inciso, conserva l’antico
2 Acqua, terra e cielo, protagonisti della
modellazione del paesaggio, si fondono
in questo suggestivo scorcio del lago.
3 Affioramenti rocciosi sui versanti
della Valganna in una immagine invernale.
nome della valle, derivato dal celtico vasser
(acqua) - che fu utilizzata dall’epoca romana
fino a circa 50 anni fa. Dopo questo periodo
di intensa attività vulcanica, ebbe inizio la
cosiddetta Età dei rettili o Mesozoico (25165 milioni di anni fa). In quest’epoca vi fu una
trasgressione marina, ovvero un avanzamento del mare su una vasta area in precedenza
emersa, durante la quale il nord Italia venne
quasi completamente sommerso dalle
acque. Favorite anche dal clima umido, si
originarono massicce formazioni di scogliera, le stesse che, sparite le acque, costituiscono oggi il Massiccio del Campo dei Fiori.
Queste rocce calcaree sono interessanti per
svariati motivi. In primo luogo, la loro composizione chimica le ha rese suscettibili a
fenomeni erosivi carsici, sia superficiali sia
sotterranei, particolarmente evidenti nella
parte meridionale della valle (grotte sopra la
Fontana degli ammalati, la grotta Vittorina, la
grotta del Tempo e la grotta dell’Alabastro).
Per quanto riguarda il carsismo superficiale,
esso è rappresentato principalmente da
campi solcati e doline.
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I campi solcati sono distese di pietra carsica
affioranti, caratterizzate dalla presenza di
scanalature più o meno accentuate, disposte
lungo la direzione di scorrimento dell’acqua.
Le doline, invece, sono depressioni generalmente imbutiformi, prodotte dalla dissoluzione della roccia ad opera delle acque. Questi grossi catini raccolgono grandi quantità di
acque piovane - o di scorrimento superficiale - e le convogliano nel reticolo carsico di
drenaggio, dove si formano così veri e propri
torrenti sotterranei. Questo flusso di acqua
sottosuperficiale porta alla formazione delle
manifestazioni carsiche probabilmente più
interessanti perché avvolte da un manto di
mistero e di inaccessibilità: si tratta di profonde grotte, regno degli speleologi.
Una delle più famose della zona è la grotta
Marelli, scoperta all’inizio del ‘900, che con i
suoi 530 m risulta essere una delle più profonde della Lombardia. Il suo nome ricorda
Ferdinando Marelli, rampollo della nota
famiglia di industriali milanesi, che nel 1916
vi perse prematuramente la vita mentre cercava di esplorarle munito di una semplice
corda di canapa. Queste e altre grotte ospitano l’insetto coleottero Duvalis ghidinii, l’unica specie endemica, ovvero tipica ed
esclusiva di quest’area, presente all’interno
del Parco del Campo dei Fiori.
Il secondo motivo per cui queste formazioni
calcaree sono di grande interesse riguarda il
fatto che nelle numerose grotte presenti, e
nelle aree immediatamente circostanti, sono
stati rinvenuti molti resti fossili tra i quali crani e mandibole dell’ormai estinto orso delle
caverne.
A una manciata di chilometri di distanza in
linea d’aria verso est, più precisamente a
Besano, è stato ritrovato il Besanosaurus leptorhynchus, che con i suoi 6 metri di lunghezza è il più grande rettile marino scoperto sino a ora in Italia.
Altri resti fossili, ancora più corposi, sono stati ritrovati nelle valli vicine (Saltriosaurus nei
pressi delle cave di Saltrio e il Ticinosuchus
ferox nella non lontana Valporina) e, proprio
per questo, è presumibile che anche in Valganna si possano ritrovare preziosi reperti.
Finora non sono stati rinvenuti esemplari di
rilievo, ma non è da escludere che in futuro
possano esserne scoperti in modo più o
meno fortuito. Si pensi, infatti, che i primi
fossili vennero individuati per caso agli inizi
del XX secolo quando, in occasione della
conferenza annuale della Società svizzera di
scienze naturali, venne organizzata una visita
all’impianto di produzione del saurolo nello
stabilimento di Spinirolo. Il saurolo era un
prodotto derivato dalla lavorazione di alcune
rocce (scisti bituminosi) che in passato veniva ampiamente impiegato in farmacia.
Con stupore i visitatori osservarono che il
materiale bituminoso pronto per la lavorazione conteneva resti fossili molto interessanti. Da allora prese avvio, da parte dell’Istituto di paleontologia dell’Università di
Zurigo, una serie di campagne di ricerca e di
scavi. Successivamente l’area attirò l’attenzione anche del Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Milano e del Museo
civico di storia naturale di Milano.
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A questo punto, è opportuno accelerare lo
scorrimento della linea del tempo e verificare
cosa accadeva in queste zone 7 milioni di anni
fa. In quell’epoca, le valli originatesi a partire
dall’orogenesi alpina risultavano “invecchiate”
e dalla loro erosione prendevano origine argille e sabbie fini che colmavano le cavità interposte tra gli speroni cretacei e miocenici.
Qualche milione di anni più tardi, all’inizio
del Quaternario, le temperature mediterranee che ancora caratterizzavano la Valganna
subirono un improvviso abbassamento a
causa della prima glaciazione (2 milioni di
anni fa). In questo scenario di grandiosi fenomeni naturali i primi ominidi già camminavano in posizione eretta e l’uso delle mani stimolava la loro intelligenza in un anello di
azione-reazione.
A questa prima grande glaciazione ne seguirono almeno altre undici, l’ultima delle quali
iniziò 75.000 anni fa e diede origine al Lago
Maggiore. Nello stesso periodo l’azione dei
ghiacci scavò gli alvei di numerosi altri specchi lacustri quali quello di Como, d’Iseo e di
Garda, oltre a tutti i laghi minori della pro-
vincia di Varese.
Di questi fenomeni, tuttavia, non rimangono
solo indizi geomorfologici talvolta difficili da
decifrare. A molti sarà capitato di passeggiare in montagna e di trovarsi improvvisamente di fronte a pietre di dimensioni talmente grandi da suscitare, per lo meno in
passato, la fantasia popolare: come spiegare, infatti, la presenza di massi tanto pesanti e dalle caratteristiche così diverse da
quelle delle rocce locali se non con l’intervento divino o diabolico?
Si tratta dei cosiddetti massi erratici, principali protagonisti dei depositi morenici che
caratterizzano l’arco alpino e che, in Valganna, sono presenti addirittura a quota 1000 m
sulle falde del monte Piambello. Le lingue
glaciali li hanno trasportati per grandi distanze lungo il loro corso e li hanno depositati
prima di ritirarsi nei periodi interglaciali: ciò
significa che decine di migliaia di anni fa i
ghiacciai avevano spessori chilometrici e che
sulla testa di un turista (ovviamente ante litteram) della Valganna sarebbero gravate
milioni di tonnellate di ghiaccio!
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Le glaciazioni che più di altre hanno lasciato
il segno nella nostra valle sono conosciute
come Riss (260.000 - 130.000 ani fa) e
Wurm (75.000 - 10.000 anni fa).
Non bisogna poi dimenticare che, oltre ai
fenomeni geomorfologici più appariscenti
appena descritti, esiste un fattore di modellazione del paesaggio che lavora paziente,
senza la vistosità delle esplosioni vulcaniche
o degli sconvolgimenti sismici: l’acqua.
Occorre infatti ricordare che tutt’oggi la Valganna presenta un clima umido con piovosità molto elevata se confrontata con le zone
circostanti. L’acqua di poggia, inoltre, cadeva
- e cade - su pendii caratterizzati da notevole acclività sui quali scorre rapidamente
asportando ogni giorno piccole particelle
che, nel corso dei secoli, hanno portato alla
formazione di conoidi di deiezione: enormi
accumuli di detriti ai piedi dei versanti.
Successivamente, complice la gravità, parte
dei detriti è stata traslocata verso il fondovalle vero e proprio, ricoprendolo e rendendolo poco permeabile.
Al termine di questo excursus geologico, è
probabilmente opportuno ricapitolare la
situazione odierna, in modo tale da aver ben
4 Lo sciogliersi della neve e
l’innalzarsi delle temperature risveglieranno presto la vegetazione che
tornerà a tingere di verde questi
paesaggi dall’apparenza brulla.
5 Un’altra immagine del lago.
L’inclinazione dei versanti e la loro
reciproca disposizione permettono
alle acque meteoriche di giungere
al fondovalle con la loro carica di
detriti.
6 I chiari ricordano l’importanza
economica che la torbiera ha assunto in passato.
chiara la chiave di lettura del paesaggio geomorfologico che ci circonda.
La valle risulta formata da un’ossatura di rocce poco permeabili di derivazione vulcanica,
alle quali si sovrappongono i depositi glaciali
(depositi morenici), fluvoglaciali, alluvionali e
detritici, frutto dell’erosione che ha investito
la Valganna. Le porzioni laterali del fondovalle, alla base dei versanti, sono ricoperte da
sedimenti molto permeabili, mentre i depositi prossimi al Margorabbia sono costituiti
da particelle molto fini, della classe dei limi e
delle argille, che rallentano l’infiltrazione dell’acqua. Questa caratteristica, associata agli
spessori variabili degli strati di detriti argillosi (si va da 30 m di spessore sino a 150 m),
fa sì che l’acqua venga convogliata da sud e
da nord-ovest verso il lago dal quale, entro
la coltre alluvionale del Margorabbia, si
diparte un flusso idrico verso nord-est.
È quindi grazie a una storia lunga oltre 300
milioni di anni che si sono formati il lago di
Ganna, la torbiera di Pralugano e le valli
sospese, insostituibili fonti di reddito per chi,
prima di noi, ha vissuto la Valganna (si vedano le schede “Le valli sospese” - pag. 19, “Le
torbiere” - pag. 41).
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Le valli sospese
N
el paesaggio subalpino capita frequentemente di incontrare formazioni
particolari, conosciute come “valli
sospese”. Si tratta di strutture curiose, che affascinano e stupiscono l’osservatore soprattutto per il senso di incompletezza
che suscitano: sono valli laterali che si gettano
improvvisamente nel vuoto e interrompono il proprio
Valle del Pralugano.
Dalle valli laterali sospese
si domina la valle principale.
Questa caratteristica, in passato,
ha fatto fiorire attività agricole
e selvicolturali.
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sviluppo per cedere il passo alla valle principale
nella quale sboccano. Questo apparente nonsenso
geomorfologico si può spiegare facendo ricorso alle
vicissitudini geologiche “recenti”.
Durante l’ultima glaciazione - la cosiddetta wurmiana che iniziò circa 75.000 anni fa - l’Europa era ricoperta da una coltre di ghiaccio spessa fra i 2000 e i
3000 m.
Il lembo meridionale di questo enorme ghiacciaio
raggiungeva le nostre Alpi e ha lasciato ovunque
segni evidenti del proprio passaggio. Infatti, laddove
l’espansione glaciale incontrava rocce più tenere,
queste venivano profondamente incise.
Quando il clima diventò più caldo e i ghiacciai si ritirarono, vennero alla luce i risultati dell’erosione: tutto l’arco alpino era disseminato di numerose valli dal
caratteristico profilo a U.
La diversa profondità delle valli che si sono originate in questo modo dipende dalla grandezza delle
lingue di ghiaccio che le scavarono: è per questo
motivo che oggi possiamo trovare valli laterali
sospese laddove un tempo c’erano ghiacciai di
diversa forza erosiva.
Terminata la fase glaciale, l’evoluzione geomorfologica è proseguita facendo affidamento ad altri due
agenti erosivi fondamentali: l’acqua e la gravità. La
prima, scorrendo nelle valli laterali sotto forma di
corsi d’acqua più o meno effimeri, le ha incise ulteriormente e ne ha modificato la forma rendendola
più simile a quella di una V piuttosto che di una U. In
seguito, la gravità ha contribuito a completare l’opera, accumulando montagne di detriti, note come
conoidi di deiezione, alla base delle valli laterali.
Se oggi le valli sospese sono solo oggetto di interesse paesaggistico, in passato la loro importanza
era molto più tangibile e concreta. Infatti, esse hanno rivestito un ruolo fondamentale nell’economia di
molti paesi montani, in quanto la loro superficie,
relativamente pianeggiante, permetteva il fiorire di
molte attività economiche in altura.
In primo luogo, le operazioni di taglio e pulizia del
bosco erano meno disagevoli su questi falsopiani,
motivo per cui la selvicoltura ebbe un forte impulso.
Anche il trasporto del legname una volta tagliato
sfruttava la differenza di altitudine tra la valle principale, dove risiedeva la popolazione, e quelle laterali, dove c’erano i boschi. I tronchi, infatti, potevano
essere affidati alle acque dei numerosi torrenti che
avrebbero provveduto a trasportare, in modo rapido
e gratuito, il prezioso carico sino al paese in fondovalle. Altrimenti, il legname poteva essere agganciato a robusti cavi metallici che coprivano ampi dislivelli, lasciando alla gravità l’onere di trasportarli sino
al centro abitato.
Oltre alla selvicoltura era praticata anche l’alpicoltura. Quest’ultima è l’insieme delle attività agricolozootecniche che si svolgono negli alpeggi dove i
prati erano sfruttati per alimentare il bestiame nei
mesi estivi soprattutto da parte degli allevatori di
bovini da latte.
I pascoli, le malghe e gli alpeggi divennero così parte integrante e fondamentale del sistema socio-economico di queste aree. In particolare, i pascoli montani offrono un contributo insostituibile per l’alimentazione estiva del bestiame: il foraggio, molto
nutriente e ricco di aromi e profumi, consente la produzione di latticini tipici, dalle prerogative organolettiche inimitabili.
Anche il paesaggio, che oggi è ciò che più colpisce
la nostra attenzione, è il risultato della lunga azione
congiunta dell’uomo e della natura: l’alpicoltura
mantiene aperto e ordinato lo spazio, contrastando
l’avanzata della foresta. Ciò si traduce in benefici
per il turista che può godere sia di un elevato valore
estetico del paesaggio, sia di maggiori opportunità
per attività escursionistico-ricreative estive.
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Dalla riserva al Sic
U
na riserva naturale può essere definita come un’area caratterizzata da una
o più specie animali o vegetali rilevanti dal punto di vista naturalistico
oppure da un ecosistema importante
per la sua diversità biologica, che si ritiene di dovere tutelare attraverso uno speciale regime amministrativo e urbanistico.
La riserva del Lago di Ganna è particolarmente ricca di questi elementi rilevanti: ha una superficie inferiore a 100 ettari e include due zone umide di notevole interesse naturalistico e conservazionistico, il
lago di Ganna e la torbiera del Pralugano.
Cos’è un progetto LIFE:
Il percorso per la tutela
comunitaria delle emergenze
naturalistiche della Valganna
Il territorio interessato comprende boschi igrofili e
praterie che si estendono attorno ai due specchi
d’acqua e che accompagnano la Valganna dalla
vecchia miniera di piombo sino alle porte dell’abitato di Bedero, attraverso i campi che delimitano la
parte settentrionale del Pralugano.
Ma la riserva del Lago di Ganna meritava qualcosa
Uno scorcio della riserva del Lago di Ganna
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di più. Poco importa se l’area interessata si estende
per meno di 1 km²: la peculiarità dell’ecosistema e le
sue doti paesistiche hanno un peso che va oltre i
confini della piccola valle e che rende la salvaguardia di questo ambiente importante non solo per la
nostra regione ma per l’intera Unione europea.
Per questi motivi la riserva ha ottenuto lo status di
Sito di importanza comunitaria (Sic).
In particolare, il lago di Ganna è ecologicamente
interessante perché privo della mole di inquinanti
che generalmente appesantisce gli specchi d’acqua
europei. Ciò è possibile perché il suo bacino idrografico non è attraversato da insediamenti industriali e quelli residenziali sono talmente pochi da non
rappresentare un pericolo.
Questa “purezza” ambientale fa sì che all’interno della valle vengano ospitate ben 35 specie vegetali con-
siderate rare e 11 classificate come rarissime in Italia.
Per quanto riguarda la fauna, è stata segnalata la
presenza di Rana latastei, mai osservata a un’altitudine così elevata (si veda Azione life “Le pozze” pag. 69), mentre, nell’abitato di Ganna è stato
osservato l’unico caso di riproduzione, descritto in
Italia, di un particolare pipistrello, il pipistrello di
Nathusius (Pipistrellus nathusii).
Per tutelare la biodiversità che la natura, sia pure
con la presenza attiva dell’uomo, ha costruito in
secoli di paziente lavoro, l’istituzione del Sic è da
ritenersi benvenuta. Lo status di Sic offre spunti di
tutela particolari al Parco del Campo dei Fiori e consente l’accesso a specifiche fonti di finanziamento
comunitarie da utilizzarsi per proteggere dalla distruzione il particolare habitat che permette a specie
rare, sia animali che vegetali, di vivere e riprodursi.
Il manto nevoso invernale rallenta, senza tuttavia fermare, la vitalità della natura della Valganna.
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La tradizione monastica
D
urante una battuta di
caccia, nella seconda
metà del XI secolo, tre
canonici del Duomo di
Milano furono sorpresi
da un forte temporale che, in altre
versioni, era una fittissima nebbia.
Nello smarrimento, ai tre apparve
una volpe con in bocca un gallo che li
guidò a una piccola chiesetta dove
trovarono rifugio. La cappella era
dedicata a San Gemolo e lì erano
custodite le sue spoglie. I religiosi così
decisero di aprire un ospizio per l’as-
Tracce di storia
sistenza ai viandanti, data la natura
selvatica dei luoghi e la presenza di
una strada di collegamento fra Milano,
la pianura lombarda, i grandi passi e il
centro Europa. Era il 1095 e l’arcivescovo Arnolfo II riconobbe alla comunità religiosa di Ganna quella autonomia che permise la nascita del piccolo
feudo della signoria monastica di Valganna, che nei secoli fiorì fino a diventare uno dei più importanti insediamenti monastici nella regione ‘prealpina’, tra il XII e XIV secolo.
L’ospizio e poi monastero di Ganna
fu fondato sul luogo del martirio di
San Gemolo, diacono in scorta alla
Tappa Nord 1
La badia di Ganna
Veduta del chiostro.
Di norma quadrato, il chiostro
del monastero di San Gemolo
è insolitamente pentagonale.
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compagnia dello zio vescovo in pellegrinaggio a Roma. La leggenda racconta che durante la notte la compagnia fu assalita e derubata da briganti provenienti da un contado vicino, che Gemolo e l’amico Imerio li inseguirono e che, una volta raggiunti, Gemolo pregò per la restituzione della refurtiva in nome
del vescovo, del pellegrinaggio e di Dio. I
briganti in risposta lo ‘decollarono’. Gemolo
risalì a cavallo con il capo fra le mani, raggiunse lo zio vescovo e chiese perdono per i
suoi assassini. Il corpo di Gemolo fu subito
sepolto e in seguito fu costruita una cappella
per accogliere e venerare le sue spoglie, la
La luce disegna il chiostro della Badia
stessa nella quale i tre canonici milanesi si
rifugiarono molto tempo dopo.
All’origine, l’insediamento monastico ebbe
probabilmente un carattere quasi eremitico,
forse per realizzare un disegno di ‘riforma’ di
vita religiosa, e offriva rifugio a viandanti,
pellegrini e mercanti di passaggio in quella
valle selvaggia e acquitrinosa.
Prima del 1154, il monastero di San Gemolo, come quello di San Michele di Voltorre, si
aggregò a Fruttuaria, fondata nei primi anni
dell’XI secolo da Guglielmo da Volpiano.
Ganna quindi si sviluppò come monastero
‘benedettino-fruttuariense’ e, come questi,
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fu caratterizzato da una ricca e coinvolgente
attività spirituale, culturale e produttiva.
Oltre alla vita religiosa, oltre all’intensa attività di lettura e trascrizione dei testi a opera
dei monaci del monastero, ai monaci è da
attribuirsi anche un faticoso e ingegnoso
lavoro di bonifica che rese autosufficente la
comunità monastica e quella rurale. La valle,
infatti, da selvatica e pericolosa fu resa coltivabile a campi, pascoli e boschi. Le acque di
valle furono drenate e messe a regime in
canali attrezzati da ponti, mulini e bacini di
cui uno, reso limpido, divenne pescoso.
Il monastero divenne un importante centro
di riferimento economico su una via sempre
più frequentata; fu propulsore di innovazioni
legate all’agricoltura e all’artigianato, rafforzandosi così nel ruolo di coordinatore di una
crescente comunità rurale. Crebbe anche il
patrimonio del monastero, estendendosi in
Valcuvia, Valmarchirolo, Valceresio raggiungendo Malnate e Mombello presso Laveno,
costituendo una grande unità fondiaria rurale attiva e produttiva, fonte di sostentamento anche per il borgo di Valganna. La sua
influenza varcò presto i confini della regione
‘prealpina’ fino ad arrivare al centro Europa.
Nel XV secolo, per effetto dell’istituzione
della ‘commenda’ per la quale su tutto dominava l’interesse personale del ‘commendatario’ a elezione pontificia, l’Abbazia di San
Gemolo in Ganna perse la sua spinta di civilizzazione, rimanendo solo un feudo rurale.
La sua influenza cessò e rientrò nei confini
Il chiostro,
spazio attorno
al quale ruotava
la vita spirituale
della Badia.
del possedimento in Ganna e l’antico complesso monastico venne ristrutturato assumendo l’impronta di una ‘tenuta signorile’.
Nel 1556 tutti i beni monastici vennero trasferiti all’Ospedale Maggiore di Milano che li
amministrò come proprietà lontane, apportando profonde modifiche a seguito di un
incendio, datato 1684, e a causa di cedimenti strutturali, il più evidente dei quali fece
probabilmente crollare un’intera parete del
chiostro. Nel 1894 l’amministrazione ospedaliera mise in vendita gli immobili che vennero ulteriormente manomessi per accogliere nuove funzioni, da abitazioni private fino a
usi industriali. È il ripetersi di una triste storia che accomuna molti dei complessi monumentali nazionali.
Nel 1971 si è costituito un gruppo di studiosi
uniti dall’interesse per la storia del monastero
che, come Associazione degli Amici della
Badia di San Gemolo in Ganna, si è fatto promotore del restauro conservativo del complesso di San Gemolo, cogliendo l’occasione
per cercare tra le pietre informazioni che nel
tempo si sono perdute dagli archivi. Da questo accurato lavoro di lettura è nato un libro.
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Tappa Nord / 1 La badia di Ganna
Oggi il monastero di San Gemolo in Ganna si
sta impegnando per ritornare a essere un
riferimento culturale e spirituale nella vallata. Durante il restauro una parte del complesso è stata destinata a Museo della Badia
per accogliere una collezione di arredi sacri
affiancata da una pinacoteca, da piccole collezioni locali di reperti archeologici, ceramiche, pizzi e ricami e da una biblioteca.
Con la bella stagione, ormai da qualche
anno, prende il via un ciclo di incontri, conferenze e concerti di musica classica e jazz,
organizzati proprio nell’antico chiostro di
clausura, cuore millenario di un monastero
nato da una vocazione riformatrice che
ancora oggi tanto affascina.
Il Museo della Badia è aperto da Marzo
a Ottobre, la Domenica dalle 14.30 alle 17.30,
l’ingresso è gratuito, per informazioni ci si può
rivolgere al Parroco +39 0332 994532.
La presenza dell’uomo
I primi abitanti della Valganna non furono
certo i tre religiosi che, intorno all’anno
1000, diedero vita al monastero di San
Gemolo, questi arrivarono molto dopo!
Reperti archeologici appartenenti al periodo
mesolitico e tracce di due focolari furono
trovati nelle Grotte di Valganna, a nord di
Bregazzana, sopra Varese, alla fine del XIX
secolo. Attualmente la collezione principale
è conservata al Museo civico di Varese e una
parte costituisce il patrimonio preistorico
del Museo della Badia di Ganna.
La Valganna, valle prealpina, costituisce per
conformazione orografica e orientamento
un passaggio che introduce ai passi alpini di
Lucomagno e San Bernardino. Da sempre è
una via di collegamento fra la pianura, la
penisola italica e il centro Europa.
In periodo romano fu costruita una strada
per facilitare il cammino di persone, animali e
carri. Nel tempo, su questa infrastruttura di
valico, si sono innestate fonti miracolose,
cappelle votive, presidi militari, appostamenti di briganti, ospizi per viandanti, insediamenti monastici, mercati e borghi. La fortuna
della valle si è così legata all’attività della via.
Il primitivo monastero a opera dei tre canonici di Milano, al fianco di una vocazione eremitica, offriva rifugio ai viandanti bisognosi, ricovero per gli animali e svolgeva un compito di
manutenzione della strada, dei ponti e delle
stazioni di sosta; probabilmente, alcuni ipotizzano, prese il posto di un presidio militare.
La leggenda di San Gemolo, a seguito dello
zio vescovo, parla della Valganna come via di
pellegrinaggio verso Roma. In molti sostengono che la carovana di Gemolo provenisse
dalla Svizzera. Una variante alla leggenda
parla di Gemolo come un mercante in transito per portare le sue merci dalla Svizzera ai
mercati lombardi. Quest’altra versione conferma quindi l’uso della stessa via anche per
usi commerciali.
La presenza dell’insediamento monastico di
Ganna modificò profondamente il volto della valle. I monaci trasformarono gli acquitrini
in terre drenate da coltivare e, nel nome
della riforma benedettina, la fiorente produzione del monastero di San Gemolo si trasformò in fiere e mercati. La via di fondovalle saldò i legami con i monasteri lontani e
l’insediamento di Ganna si allargò come l’influenza dell’Abbazia attorno alla quale si era
raccolto. All’apice di espansione il complesso monastico contava circa trenta monaci e
un’importanza paragonabile ai monasteri
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Tappa Nord / 1 La badia di Ganna
benedettini del centro Europa.
Per la stessa via, nel 1511, truppe svizzere
scesero per appoggiare Milano contro i francesi e passando saccheggiarono tutto, trasformando una marcia di poche ore in una
distruzione di più giorni. Sono rimaste testimonianze d’archivio che descrivono gli
incendi visti dalla popolazione che si era rifugiata sui monti vicini.
Nel 1896 la Cronaca Prealpina pubblicò il
tracciato della tramvia elettrica Varese-Luino, di cui il primo tratto venne realizzato nel
1903, che infrastrutturò ulteriormente la
Valganna per metterla più facilmente in
comunicazione con il lago Maggiore. Nella
prima metà del Novecento il percorso venne non solo completato, passando per Ghirla, ma tutta l’area si trasformò, diventando
sempre più ricca di collegamenti, stazioni,
attività commerciali e case di villeggiatura.
Nel tempo il baricentro d’Europa si è spostato, l’importanza strategica dei valichi alpini è cambiata, alcuni passaggi sono gli stessi
che si percorrono ancora oggi, mentre altri
sono caduti in disuso, mantenendo un’importanza quasi esclusivamente locale.
Il paesaggio dell’uomo
Dopo le invasioni barbariche i monasteri
ebbero un ruolo fondamentale nella riorganizzazione produttiva del territorio, il paesaggio fu così ridisegnato.
Furono infatti i monaci a promuovere l’uso di
nuove tecniche in tutti i settori dell’economia: dalla gestione delle acque alla bonifica
dei terreni, con dissodamenti e terrazzamenti, dalla coltivazione dei campi all’allevamento
del bestiame, dall’apicoltura all’artigianato. Le
abbazie cominciarono a promuovere attività
Veduta invernale
del campanile
del complesso
monastico
dalle sponde
ghiacciate del lago.
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commerciali e, in virtù della lavorazione della
terra e dell’artigianato necessario, crearono
attorno a sé borghi di comunità rurali, ai quali garantivano anche protezione, assistenza
religiosa ed educazione.
In Valganna i monaci seppero drenare la
palude, canalizzare le acque, raccoglierle in
un lago pescoso, seppero anche condurre le
acque pure di fonte dai monti vicini. Fu un
ingegnoso progetto di controllo e gestione
del territorio per ottenere terreni coltivabili
e acqua sia da bere che per il lavoro. Essa
infatti, una volta canalizzata, diventava energia a disposizione per muovere gli ingranaggi dei mulini o per le lavorazioni artigianali.
Nonostante l’abbandono, il paesaggio della
Valganna è tuttoggi caratterizzato dalla realizzazione di questa grande opera le cui tracce
sono visibili nell’organizzazione spaziale del
monastero stesso, nelle porzioni agricole
ancora esistenti e nei manufatti che si incontrano passeggiando, puntellando il paesaggio
di canali, bacini, ponti e mulini, a disposizione
come una sorta di attrezzatura della valle.
L’architettura monastica
La regola di San Benedetto “ora et labora”
non solo scandiva la giornata dei monaci, ma
fu l’origine della caratteristica organizzazione
spaziale dei complessi monastici. Al fianco dei
luoghi dedicati all’esercizio di una vita spirituale comune (il chiostro, il capitolo, lo scrittorio, il coro…) si innestavano quelli destinati
ai servizi assistenziali e alla produzione (foresteria, infermeria, scuderia, officine, laboratori…). Si trattava quindi non di un unico edificio, ma di una somma di edifici, un sistema
spaziale flessibile, capace di adattarsi di volta
in volta al territorio e alle esigenze di fonda-
zione. Monasteri infatti si sono specializzati in
fortificazioni, altri in ospizio e rifugio, altri in
esemplari ‘città ideale’, talvolta si sono arroccati per dominare una valle, altre volte si sono
posizionati in difesa, oppure lungo le vie di
grande traffico, altri si sono raccolti attorno a
reliquie di un santo, oppure si sono allargati a
dominio di intere campagne, infine vi sono
monasteri che hanno mantenuto un carattere
modesto di rifugio accanto alla conduzione di
attività rurali.
L’Abbazia di San Gemolo in Ganna si presenta come un complesso di edifici concentrici,
nel cui centro si svolgeva l’attività religiosa,
organizzata intorno a un chiostro, e verso
l’esterno gli spazi dedicati alle diverse attività di foresteria e vita agricola.
Da lontano, avvicinandosi lungo antichi percorsi di pellegrinaggio che scendono dai
monti vicini, il monastero si presenta ancora
come una stazione ospitale, sicura, fortificata
e munita di una massiccia torre, l’unica rimasta di quattro, le cui tracce sono state rinvenute durante il restauro iniziato nel 1984.
Non potrebbe immaginarsi altro che lì
dov’è, dove la valle principale si biforca in
strette valli che salgono a nord e ovest. Il
muro di cinta è realizzato con ciottoli di fiume, con sassi grigio scuro e porfido rosso,
tutti raccolti in luogo, così da farlo sembrare
una concrezione del monte.
In generale, gli edifici monastici che furono
costruiti, specialmente in età romanica e
gotica, sono mirabili per la capacità di esaltare la semplicità, in un controllato e proficuo
rapporto con il luogo in cui sono sorti. È
anche il caso di San Gemolo, la cui struttura
originaria - e più interessante - è in stile
romanico-lombardo. A tale periodo risalgono la costruzione della chiesa abbaziale, del
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campanile e del chiostro pentagonale, la cui
struttura è arricchita da un loggiato al pianterreno. Inizialmente costituito da un solo
piano, è il luogo che collega tutte le attività
della vita quotidiana e si innesta sul fianco
esposto a sud dell’antica chiesa romanica.
Normalmente quadrato, il chiostro del
monastero di San Gemolo è insolitamente
pentagonale. Durante i recenti restauri non
si sono rinvenute tracce di geometrie originali, quindi è da supporre che il chiostro sia
stato ideato pentagonale. Alcuni studiosi
propongono che l’originalità di tale impianto
derivi da una relazione strettissima con l’orografia del terreno, il monastero infatti si
trova su una biforcazione della Valganna a
ridosso del Monte Mondonico.
Il chiostro fu sopraelevato dai monaci per
accogliere nuovi membri nel periodo di massima fioritura del monastero, ma successivamente l’aumento del carico strutturale fu
probabilmente la
causa di un parziale
crollo, di cui la
ricostruzione
è
attualmente visibile, con le colonne e
i capitelli in cotto,
che sostituirono
verosimilmente
quelli istoriati di
epoca romanica.
Tra le porzioni più
antiche del complesso spicca il corpo della torre campanaria, tradizionalmente a pianta
quadrata, i cui
angoli sono sottoli-
neati da conci angolari lisci e la parte centrale del fusto è arricchita da due cornici di
archetti ciechi in pietra. È interessante notare l’uso di tecniche e materiale locale, a
dimostrazione dell’attività estrattiva a opera
dei monaci. La costruzione del campanile
infatti è in pietra porfiroide di colore rossiccio cavata dal sovrastante Monte Mondonico
e arenaria estratta dall’Antro delle Gallerie
di Valganna.
Il campanile è addossato alla facciata della
chiesa, la regola di San Benedetto voleva che
“L’Oratorio sia quello che si dice e non vi si
faccia o riponga nulla di estraneo. Terminata
l’Opera di Dio, tutti escano con gran silenzio
e rispetto di Dio… Quando qualcuno vorrà
pregare in segreto, semplicemente entri e
preghi, non ad alta voce, ma con le lacrime e
il fervore nel cuore” (RB 52,1-2.4).
La chiesa di San Gemolo, costruita su una
cappella dedicata al culto dello stesso santo,
è databile 11001125. L’interno è
ripartito in tre
navate, quella centrale è coperta da
una volta a botte,
quelle laterali da
volte a crociera.
Brani di affreschi
databili in epoce
differenti sono l’eco di una passata
importanza
del
monastero.
Le spoglie di San
Gemolo sono ancora conservate
sotto l’altare maggiore.
Dettaglio di un elemento architettonico del complesso.
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Il Margorabbia
I
l torrente Margorabbia, affluente di
sinistra del fiume Tresa, nasce in Valganna circondato da modesti rilievi che
non raggiungono i 1200 m. Uno sbarramento sito nei primi chilometri del corso, a valle del Ponte Inverso, determina il
carattere calmo della porzione superiore,
che sembrerebbe favorirne l’utilizzo ai fini
riproduttivi da parte di alcune specie di anfibi fra cui il rospo comune. A valle il Margorabbia assume un aspetto tipicamente torrentizio, con regolare alternanza di pozze,
lame, raschi e correntine. Il substrato è composto principalmente da massi, ghiaia e ciottoli, con una dimensione granulometrica che
decresce lungo il percorso. Dopo pochi chilometri dall’origine, il torrente si getta nel
1
lago di Ganna, del quale è anche emissario.
La presenza del lago influenza notevolmente
le caratteristiche chimiche e fisiche del Margorabbia. In particolare la porzione superiore mantiene acque fresche anche nel periodo estivo (generalmente inferiori a 20°C) e
questa caratteristica consente la sopravvivenza a quegli organismi intolleranti nei confronti del riscaldamento delle stesse. Viceversa le acque che fuoriescono dal lago di
Ganna risentono del riscaldamento estivo
lacustre: superano i 25°C e pertanto sono
adatte organismi che richiedono luoghi caldi
per riprodursi e accrescersi. Proseguendo il
suo percorso, il Margorabbia raggiunge e si
immette nel lago di Ghirla, da cui fuoriesce
più a valle. Dopo l’omonimo centro abitato il
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torrente piega verso ovest; lambito Cunardo, il torrente si inabissa in prossimità del
Ponte Nativo in un complesso sistema di
grotte, chiamate Pont Niv, Antro dei Morti,
Grotte di Villa Radaelli e Grotte del Traforo.
Il torrente riemerge in prossimità di Ferrera,
incassato tra forre e pendii molto ripidi;
poco dopo si è ormai in Valcuvia e il corso
d’acqua muta ancora direzione, scorrendo
stavolta verso nord-ovest in una valle larga e
senza asperità. Dopo aver sfiorato Mesenzana e Grantola, bagna le frazioni montegrinesi di Molino d’Anna, Riviera e Cucco, per
gettarsi nella Tresa in prossimità di Germignaga. Il torrente ha molti affluenti: tra quelli di sinistra i più importanti sono i torrenti
Rancina, Boesio e Gesone; tra quelli di
destra Boggione, Lisascora e Grantorella. Il
Margorabbia, oggi tranquillo corso d’acqua,
nei secoli scorsi e fino agli inizi del Novecento era un torrente impetuoso e turbolento,
sempre capace di tenere in apprensione le
popolazioni della valle, come ampiamente
testimoniato dalle cronache della stampa,
che con impressionante frequenza riferisco2
no di devastanti alluvioni, di ponti travolti
dalla furia incontenibile delle acque, di strade interrotte dai detriti trasportati dal Margorabbia e dai suoi affluenti (tra i quali si
distinguevano per particolare pericolosità i
torrenti Gesone e Grantorella). Nei secoli
scorsi, e in parte fino al XX, gli abitanti hanno sfruttato la forza delle acque costruendo
lungo il corso del torrente (o avvalendosi di
opportune deviazioni) numerosi magli, molini e opifici.
3
La porzione di Margorabbia che scorre
nel Sito di importanza comunitaria
è contraddistinta da una elevata
naturalità, da una notevole capacità
autodepurativa e da una buona qualità
delle acque.
1 Un tratto del Margorabbia canalizzato
dall’uomo entro l’abitato di Ganna.
Situazioni differenti lungo il Margorabbia:
2 tratto lento ricco di ripari;
3 flusso turbolento delle acque.
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I pesci
Specie ittiche tutelate
dall’Unione Europea,
la cui conservazione
richiede una particolare
protezione degli habitat.
L
a composizione ittica del Margorabbia
dipende da molti fattori tra i quali i peculiari caratteri territoriali del sistema idrico
e i relativi collegamenti fra i laghi e il
corso d’acqua; il tipo di substrato e i flussi di corrente; le caratteristiche chimiche e fisiche
delle acque; le immissioni di pesci da parte dell’uomo. Questa ultima attività ha in parte modificato i
popolamenti originali comportando fra l’altro l’introduzione di specie quali pesce gatto, rutilo e persico
sole che non erano presenti nel Margorabbia e che
possono aver danneggiato i popolamenti locali.
Nella determinazione delle comunità ittiche assume
un ruolo di primo piano la dinamica termica, ossia
l’andamento delle temperature durante l’anno (con
riguardo soprattutto al periodo estivo). A monte del
lago di Ganna sembrano favorite le specie amanti
delle acque fresche, mentre a valle si verifica la loro
rarefazione o scomparsa a vantaggio di specie che
per riprodursi e accrescersi hanno bisogno di acque
più calde. La porzione di Margorabbia sita più a
monte annovera la presenza della trota fario, presumibilmente introdotta in passato dai pescatori e che
oggi risulta dominante.
Discretamente rappresentate sono tre specie di ele-
1
2
vato valore naturalistico e pertanto tutelate dalla
Direttiva europea “Habitat”: la lampreda padana, lo
scazzone e il vairone. Più sporadici risultano il persico reale e l’esotico pesce gatto, entrambi rinvenuti occasionalmente nelle aree limitrofe al lago di
Ganna. A valle del lago la comunità ittica si modifica
notevolmente. Scompaiono scazzone e lampreda
padana mentre la trota fario assume carattere occasionale. Aumentano viceversa i pesci più termofili. Il
vairone risulta abbondante, unitamente al cavedano
e al persico reale. Si rinvengono il ghiozzo padano,
la scardola, l’anguilla, il luccio, la tinca, il triotto. Tra
le specie dell’allegato II della Direttiva europea
“Habitat” è presente il barbo comune e, pur rari, il
cobite comune e il cobite mascherato. Tra i pesci
esotici fanno la comparsa i già citati persico sole,
rutilo e pesce gatto.
1 Scazzone
2 Lampreda padana
3 Cobite comune
4 Cobite mascherato
5 Barbo comune
6 Vairone
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Fauna ittica del torrente Margorabbia a monte (immissario)
e a valle (emissario) del lago di Ganna
Specie
Margorabbia
immissario
Alborella
Anguilla
Barbo comune
Cavedano
Cobite comune
Cobite mascherato
Ghiozzo padano
Lampreda padana
‹
Luccio
Persico reale
‹
Persico sole
Pesce gatto
‹
Rutilo (Gardon)
Scardola
Scazzone
‹
Tinca
Triotto
Trota fario
‹‹‹
Vairone
‹
6
Margorabbia
emissario
‹
‹
‹
‹‹‹
‹
‹
‹‹
‹
‹‹‹
‹‹
‹
‹
‹
‹
‹
‹
‹‹‹
4
5
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La cattura
e la marcatura
dei pesci
LA CATTURA
La pesca elettrica è una tecnica largamente utilizzata per il monitoraggio delle comunità ittiche. Rispetto
ai sistemi di cattura tradizionali (reti, tramagli, ecc.)
ha il vantaggio di preservare vivi i pesci così da consentirne il rilascio al termine delle analisi. La strumentazione necessaria per realizzare un campionamento mediante la tecnica della pesca elettrica è
costituita dall’elettrostorditore, composto di un generatore elettrico a cui sono collegati un catodo (polo
negativo) e un anodo (polo positivo). Nella maggior
parte dei casi, l’anodo è provvisto di una rete che
serve per catturare i pesci attratti o storditi dal campo elettrico. All’inizio delle attività di campionamento,
un operatore eroga corrente. I pesci presenti nelle
vicinanze vengono attratti dall’anodo, probabilmente
perché la parte anteriore del cervello sembrerebbe
trasportare cariche negative. Una volta catturati, i
pesci vengono riposti in appositi contenitori con
acqua al fine di mantenerli in un ambiente che non
comprometta la ripresa, che avviene in genere entro
un minuto dalla cattura. La mortalità derivante dalla
pesca elettrica è in genere bassa (in molti casi nulla)
e dipende prevalentemente dalle condizioni ambientali (es. l’acqua troppo calda induce più facilmente
fenomeni di stress nei pesci) oltre che dalla competenza e professionalità degli operatori, che nell’eseguire le attività di cattura devono scegliere correttamente le differenti opzioni di lavoro (tipologia di corrente erogata, durata, potenza, ecc.). Poiché la
pesca elettrica è una metodica che, innocua se messa in atto da parte di operatori esperti, potrebbe viceversa diventare pericolosa sia per i pesci che per la
1
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sicurezza personale nel caso in cui fosse praticata
da personale inesperto, è preventivamente necessario richiedere e ottenere, dietro presentazione di adeguati requisiti tecnici e professionali, una speciale
autorizzazione - rilasciata a seconda dei casi dalla
Provincia o dalla Regione - che consenta lo svolgimento di tale attività in specifici corsi d’acqua e in
date prestabilite, sotto stretto controllo del personale
incaricato della vigilanza in materia ittica.
LA MARCATURA
La marcatura dei pesci è una metodica molto importante in quanto può servire per diverse attività di
ricerca. Per esempio è utile nello studio delle migrazioni, oppure per verificare che un passaggio per
pesci sia o meno funzionale, ossia consenta la percorrenza ai pesci che vogliono spostarsi da valle
verso monte. L’ultimo obiettivo descritto coincide
con lo scopo degli studi eseguiti sul torrente Margorabbia, volti a verificare il ripristino del corridoio
acquatico all’interno dell’abitato di Ganna. L’operazione di marcatura viene in genere eseguita con una
particolare siringa che produce un piccolissimo
spruzzo sotto pressione di un colorante bluastro
(alcian blue), che penetra nella pelle senza bisogno
di aghi, producendo dei puntini simili a un neo. Tale
colorante non procura alcun danno, nemmeno differito nel tempo, ed è quindi ideale anche per pesci di
2
35
piccole dimensioni. Ai soggetti da marchiare vengono iniettate nella cute, presumibilmente nella zona
ventrale, una o più goccioline di colorante che,
legandosi chimicamente alle cellule mucipare (ossia
che producono il muco protettivo dei pesci), rimane
visibile in genere per almeno tre anni. In alternativa
all’utilizzo del colorante alcian blue, è possibile ricorrere a particolari sostanze, chiamate elastomeri, la
cui produzione è relativamente recente (a partire
dall’inizio degli anni ‘90). Gli elastomeri sono particolari sostanze di diverso colore (in genere fluorescenti) che, iniettate tramite una piccola siringa sotto forma di pasta molle nelle parti trasparenti del corpo dei pesci (es. pinne), solidificano dopo qualche
ora rimanendo come un tatuaggio per tutta la vita.
Entrambe le opzioni di marcatura (alcian blue o elastomeri) prevedono l’utilizzo di particolari codici,
modificabili a seconda delle ricerche da porre in
essere, che consentono in genere l’individuazione
della zona di cattura originaria e in taluni casi addirittura il riconoscimento individuale.
1 Operatori impegnati in un monitoraggio mediante
elettropesca all’interno di un canale artificiale.
2 Marcatura della pinna anale con elastomero
arancio.
3 Esempio di marcatura con alcian blue su un
vairone. Al termine delle operazioni il pesce
è stato rilasciato.
3
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Il corridoio ecologico
Azione LIFE C8:
Interventi per il ripristino
del corridoio ecologico acquatico
tra i laghi di Ganna e Ghirla
P
er corridoio ecologico si intende un
elemento in grado di connettere due o
più aree naturali che funge da habitat
e da canale per lo spostamento di animali favorendo lo scambio genetico tra
le popolazioni. Il torrente Margorabbia esercita naturalmente il ruolo di corridoio ecologico tra i laghi di
Ganna e di Ghirla. Il corso d’acqua, durante il suo
percorso, incontra la frazione Ganna e le sue abitazioni. Al fine di consentire la sicurezza ai residenti o
allo scopo di alimentare piccole derivazioni sono
prima
prima
dopo
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state costruite sul torrente, in passato, alcune opere
(briglie, rampe) che ne hanno interrotto la percorribilità longitudinale impedendo (o ostacolando fortemente) gli spostamenti verso monte ai pesci e interrompendo, di conseguenza, il ruolo di corridoio ecologico svolto dal Margorabbia.
All’interno del progetto LIFE, al fine di ripristinare il
collegamento tra i due laghi e nel contempo mantenere condizioni di sicurezza per gli abitanti di Ganna, sono state apportate modifiche alle rampe e alle
briglie originali mediante la creazione di percorsi
accidentati, l’abbattimento di alcuni ostacoli e la
sostituzione di alcuni gradini con porzioni seminaturali e con percorsi idonei alla risalita dei pesci.
Tali opere consentiranno il ripristino del ruolo di
Nelle foto
Interventi per il ripristino
della percorribilità del torrente
Margorabbia da parte dei pesci:
sopra
la situazione prima degli interventi
(con gli ostacoli posizionati da
monte a valle);
sotto
le opere di ripristino realizzate.
prima
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prima
corridoio ecologico svolto dal torrente e pertanto favorire più in generale un aumento della biodiversità,
ossia della ricchezza di vita su tutto
il sistema idrico attraversato dal
Margorabbia.
Tutela ambientale
e sicurezza.
Gli interventi di ripristino
del corridoio acquatico
sono stati realizzati avendo
cura di non alterare
la funzionalità delle opere
idrauliche preesistenti.
dopo
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L
a Direttiva 92/43/CEE del
Consiglio del 21 maggio
1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali
e seminaturali e della flora
e della fauna selvatiche nasce con l’obiettivo di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente, compresa la conservazione
degli habitat naturali (intesi come
zone terrestri o acquatiche che si
distinguono grazie alle loro caratteristiche interamente naturali o seminaturali), della flora e della fauna selvatiche. Con questa direttiva, che ha
valore di orientamento (a differenza
dei regolamenti che sono norme
Veduta primaverile
della torbiera
del Pralugano
immediatamente vincolanti per gli
stati membri), nel territorio degli
Stati membri dell’Unione europea
viene promosso il mantenimento
della biodiversità (ossia di quella ricchezza di vita originariamente presente in un determinato sito),
tenendo conto al tempo stesso delle
esigenze economiche, sociali, culturali e regionali al fine di raggiungere
un obiettivo più generale di sviluppo
durevole e sostenibile. Per assicurare il ripristino o il mantenimento in
uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle
specie di interesse comunitario (così
definite in quanto in pericolo, vulne-
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La torbiera di Pralugano
Direttiva Habitat
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Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano
rabili, rare e/o endemiche) viene prevista la
designazione di zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica
europea, denominata Natura 2000. Questa
rete è formata:
- dai Siti di importanza comunitaria (Sic), in
cui si trovano tipi di habitat naturali di
interesse comunitario, la cui conservazione
richiede la designazione di aree speciali di
conservazione (allegato I della Direttiva),
e habitat delle specie animali e vegetali
d’interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone
speciali di conservazione (allegato II della
Direttiva). Per le specie animali che occupano ampi territori, i siti di importanza
comunitaria corrispondono ai luoghi,
all’interno dell’area di ripartizione naturale di tali specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro
vita e riproduzione;
- dalle Zone di protezione speciale (Zps)
classificate a norma della Direttiva Uccelli
79/409/CEE al fine di tutelare in modo
rigoroso i siti in cui vivono le specie ornitiche contenute nell’allegato I della medesima direttiva. Le Zps vengono istituite
anche per la protezione delle specie
migratrici non riportate in allegato, con
particolare riferimento alle zone umide di
importanza internazionale ai sensi della
Convenzione di Ramsar.
La rete Natura 2000 deve garantirne la conservazione, che è intesa come un complesso
di misure necessarie a mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di
specie di fauna e flora selvatiche in uno stato
soddisfacente. Tra le attività di tutela è previsto che si svolga una appropriata valutazione dei piani e dei programmi qualora si
sospetta possano avere incidenze significative sugli obiettivi di conservazione di un sito
della rete Natura 2000.
Il SIC Lago di Ganna:
un sito di conservazione europeo
Il sistema del lago di Ganna, comprendente
anche la torbiera del Pralugano e le aree
naturali circostanti, è stato classificato sulla
base delle peculiarità ambientali come sito
di importanza comunitaria, la cui tutela
richiede la designazione di aree speciali di
conservazione. La zona in oggetto, delle
dimensioni di circa 105 ettari, con una quota altitudinale compresa tra 452 e 582 metri
sul livello del mare e che ricade nell’area biogeografia alpina, comprende ben 8 habitat
naturali (allegato I Direttiva “Habitat”) e
oltre 20 specie animali (allegato I Direttiva
“Uccelli” e allegato II Direttiva “Habitat”) di
interesse comunitario. L’elevata biodiversità
del sito e le relative necessità di conservazione e ripristino hanno consentito l’avvio di
importanti progetti LIFE, finanziati dalla
Comunità europea, dalla Regione Lombardia
e dal Parco regionale Campo dei Fiori, volti
sia ad approfondire gli studi di carattere
naturalistico sia ad attuare interventi migliorativi con l’obiettivo di risolvere criticità
locali e di ampliare le attività di divulgazione
ambientale.
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Le torbiere
L
a tutela delle torbiere costituisce una delle
premesse indispensabili per salvaguardare un sistema biologico imperniato sulla
biodiversità. Da secoli la storia dell’uomo
è strettamente legata a questi ambienti, la
cui valenza culturale è chiaramente leggibile nelle
tracce impresse dalla tradizione al paesaggio.
Le torbiere sono delle “miniere naturali” originate da
specifiche conformazioni geologiche che favoriscono
la permanenza di acqua, dagli strati profondi sino in
superficie, per quasi tutto l’arco dell’anno. Questa
condizione, che provoca nel substrato carenza di
ossigeno ed elevata acidità, inibisce l’azione dei
microrganismi che non riescono a completare la
decomposizione dei residui vegetali.
La possibilità di impiegare quale combustibile il
materiale originato da questo processo, la torba,
ebbe inizio nel XVIII secolo, in concomitanza con la
progressiva carenza di legna da ardere determinata
dalla “rivoluzione industriale”. L’interesse e l’impiego
si diffusero rapidamente, come testimoniato dallo
specifico trattato pubblicato a Milano nel 1785 “Della maniera di preparare la torba e di usarla a fuoco
più vantaggioso dell’ordinario”, nel quale il barnabita
Ermenegildo Pini ne espone, tra le altre, le “varie
qualità”, i “vari stati in cui si può ridurre” e “come si
debba adoperare”.
In primo piano ninfea comune in fioritura
(Nymphaea alba) e carici (Carex elata).
Sullo sfondo il canneto (Phragmites australis)
che, allontanandosi dagli specchi d’acqua,
cede il posto ad alberi di ontano
(Alnus glutinosa), salice e, sulle pendici
del monte Martica, a un fitto bosco
con castagni in fiore (Castanea sativa).
Lo sfruttamento dei giacimenti, intensificato durante
la seconda guerra mondiale, venne progressivamente abbandonato con il diffondersi di combustibili prodotti da tecnologie avanzate, più comodi da
estrarre e con un maggiore potere calorifico.
L’esercizio dell’attività estrattiva presupponeva che
le aree fossero rese accessibili tramite opere di drenaggio che allontanassero l’acqua. Nell’area di Pralugano queste ultime furono intraprese già dai
monaci benedettini di S. Gemolo in Ganna, che
costruirono tra gli altri un canale di connessione tra
la torbiera di Pralugano e il lago di Ganna.
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Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano
La stagione ottimale per l’estrazione della torba era
l’estate e, nell’ambito locale, veniva eseguita dai
“turbatt” impiegando il “lüscér” - attrezzo utilizzato
come una vanga che permetteva di prelevare, al di
sotto del primo strato di terriccio superficiale, una
colonna di materiale. Quest’ultimo, tagliato in mattonelle, era posto a essiccare al sole per ridurne il contenuto di acqua.
Quale habitat naturale non soggetto a sfruttamento
antropico, le torbiere sono caratterizzate da una
vegetazione fortemente specializzata appartenente
alla classe dei muschi: gli sfagni. Questi, selezionati dalla forte pressione ambientale, vegetano in
ambienti acidi, si caratterizzano per le variopinte
In alto
In primavera l’acqua di falda provoca il
rimescolamento delle acque e la creazione
di pozze più o meno continue tra
i cespi della vegetazione.
A destra
Dettaglio di ninfea bianca in fioritura
(Nymphaea alba).
colorazioni di cui si tingono e per la mancanza di
appetibilità per gli animali, che ne favoriva l’impiego
in agricoltura quale lettiera nelle stalle.
L’attività antropica ha determinato, nei casi in cui le
pozze d’estrazione della torba sono state inondate
dalla falda freatica, la formazione di chiari e la sostituzione degli ambienti di palude a quelli di torbiera.
L’area del Pralugano è paesaggisticamente caratterizzata da una vegetazione palustre a fragmiti
(Phragmites australis) e carici (Carex elata), la cui
presenza, se non controllata, concorre a determinare il graduale interramento dei chiari. Per questo
motivo il Parco Campo dei Fiori ha chiesto e ottenuto dalla Comunità Economica Europea, nell’ambito
del progetto Life Natura 2004, un finanziamento
indispensabile per la tutela.
Alla rimozione di parte del canneto il progetto unisce
la salvaguardia di una comunità relitta di sfagni - delle specie Sphagnum capillifolium, di color rossastro,
e S. papillosum -, che rappresenta un’importante ric-
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chezza floristica da preservare.
Negli specchi d’acqua le specie più rappresentate
sono la ninfea bianca (Nymphaea alba) e il nannufaro giallo (N. lutea).
All’interno di quest’area si trovano anche particolari
strutture a cuscinetto indotte dal processo di formazione della torba, talvolta sollevate anche di decine
di centimetri sul livello del terreno, sulla cui sommità
si sviluppa il brugo (Calluna vulgaris).
Infine, è da segnalare la presenza di prati umidi da
strame della specie Molinia coerulea testimonianza
dell’azione dell’uomo che, attraverso operazioni di
drenaggio protratte nel tempo e sfalci periodici, ha
ottenuto prati produttivi per l’appovvigionamento del
foraggio e della lettiera per gli animali.
Una pianta di brugo
(Calluna vulgaris) emerge
tra le foglie di una
giovane pianta di ontano
(Alnus glutinosa)
posta su una struttura
a cuscinetto sopraelevata
rispetto al pelo d’acqua.
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Dragaggio torbiera
Azione LIFE C2:
Interventi di riqualificazione
del SIC Lago di Ganna, dragaggio
della torbiera di Pralugano
L
a tendenza evolutiva dei chiari di origine
antropica presenti nella torbiera del
Pralugano è indirizzata verso una chiusura progressiva per interramento.
Per ovviare a tale perdita il Parco ha ottenuto un finanziamento volto a conferire un aspetto e
una morfologia naturaliforme alle sponde limitando
l’avanzamento del canneto.
Gli interventi, finalizzati alla salvaguardia del biotopo
lacustre, sono inquadrabili in differenti campi. Per
quanto attiene le parti sommerse si è proceduto a
una riprofilatura del fondo, per le sponde si è opera-
to un modellamento delle stesse, mentre per le parti in rilevato si sono ripristinati gli argini e le aree
contigue alla torbiera.
La risagomatura del fondo ha avuto come obiettivo
la diversificazione delle profondità, a profili di sponda ripidi si sono alternati profili più degradanti.
Le aree di risagomatura sono state individuate grazie a un’analisi botanica che ha messo in luce la
necessità di non procedere ad operazioni di asportazione nel chiaro occidentale. In tale area infatti l’intervento avrebbe comportato una riduzione della
superficie attualmente colonizzata da muschio lacustre (sfagno) con stravolgimento dell’immagine iconografica dell’intero contesto. Pertanto qui si è proceduto esclusivamente a rimodellare le sponde con
profili sinuosi, al fine di migliorare le condizioni di
nidificazione e permanenza della fauna acquatica.
1
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La rimozione di vegetazione sommersa e galleggiante, non appartenente a specie protette, nonché
il taglio mirato di porzioni di canneto nelle aree in cui
il substrato si presentava poco profondo, ha consentito di ottenere un ampliamento dei chiari con un
andamento sinuoso del profilo.
Nel chiaro nord-orientale si è potuto procedere a
riprofilare il fondo e rimodellare il canneto, asportando parte del fragmiteto; operazioni che hanno portato a un ampliamento della superficie. Nel chiaro
orientale si è inoltre provveduto a incrementare la
profondità del fondo.
Il materiale estratto è stato utilizzato principalmente
per rimodellare e consolidare l’argine orientale della
torbiera, consentendo una maggiore separazione
tra il settore esterno, destinato ad uso produttivo, e
la torbiera stessa.
2
1 Inizio dei lavori di riprofilatura
delle sponde e di asportazione
di parte del canneto nei pressi
dei chiari.
2 Operazione di dragaggio
in corso d’opera.
3 Veduta aerea dei chiari
al termine degli interventi.
Il profilo delle sponde presenta
un andamento sinuoso
più naturaliforme e la superficie
degli specchi d’acqua
è aumentata.
3
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1
Il sistema delle acque
D
ecine di milioni di anni fa, la
Valganna era costituita da una
miriade di isole di varie
dimensioni che, viste dall’alto,
avrebbero ricordato le odierne isole caraibiche. Anche il clima del
Campo dei Fiori era diverso dall’attuale: era
caldo e molto più umido, un vero e proprio
clima tropicale, con tanto di foreste lussureggianti delle quali ci rimangono solo poche
foglie fossili. All’epoca, i fondali marini si
spingevano a 100 metri di profondità ed
erano abitati da enormi rettili acquatici lunghi sino a 6 metri, come testimoniano i
numerosi reperti fossili rinvenuti nella zona.
Oggi, le condizioni ambientali della valle
sono molto più accoglienti e la fauna selvatica non desta più particolari preoccupazioni.
Le acque marine si sono ritirate da tempo
lasciando il posto a piccoli torrenti impreziositi dalla presenza di due laghi di origine glaciale alimentati dal rio Margorabbia: il lago di
Ghirla e il lago di Ganna.
Nel suo complesso, il sistema delle acque
risente, com’è naturale che sia, delle caratteristiche del paesaggio nel quale si sviluppa.
La Valganna presenta un fondovalle lungo e
stretto con una differenza di altitudine di
poche decine di metri tra il punto più elevato (a sud) e quello più basso (a nord).
Inoltre, a causa delle glaciazioni che l’hanno
investita migliaia di anni fa, la vallata è fiancheggiata da versanti molto ripidi sui quali è
possibile notare ampie zone di roccia nuda
dove la vegetazione non riesce ad attecchire.
Queste caratteristiche generali ci permettono di interpretare più facilmente il fitto reticolo di corsi d’acqua, talvolta sotterranei,
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che scandisce tutta la valle.
Percorrendo la Valganna, si può notare, o
per lo meno intuire, l’esistenza di due flussi
idrici.
Il primo, quello principale, è il flusso longitudinale, costituito dal torrente Margorabbia
che scorre seguendo la direzione del fondovalle da sud a nord.
Durante il suo percorso, il Margorabbia si
immette nel lago di Ganna del quale è anche
emissario. Nonostante l’estensione limitata,
questo piccolo bacino lacustre costituisce un
complesso di grande bellezza e di notevole
interesse naturalistico. La buona qualità delle acque è testimoniata dall’elevata trasparenza che favorisce lo sviluppo di una numerosa popolazione microbica, base della catena alimentare.
Un altro dato importante da prendere in
considerazione è quello relativo al regime
termico: in inverno la superficie è ghiacciata,
mentre nei mesi estivi la temperatura superficiale delle acque sfiora i 30°C. Questi valori, associati alla ridotta profondità - non più
di 4 m - e alla particolare morfologia del
bacino lacustre, rendono il lago polimittico,
ovvero soggetto a più di due
rimescolamenti totali nel
corso dell’anno.
Questo insieme di condizioni
permette alla flora e alla fauna di svilupparsi in modo
abbastanza articolato, nonostante il clima relativamente rigido rispetto alla quota
altitudinale. Le sue sponde
ospitano specie arboree tipiche delle zone umide (si
veda la scheda “Associazioni
2
vegetali” - pag. 50) come l’ontano e il salicone, ma anche canne palustri, carici e ninfee.
Tra gli uccelli è possibile annoverare la presenza del germano reale, del migliarino di
palude e, nelle zone boscate, del torcicollo e
dell’averla piccola (si veda la scheda “Avifauna e specie tutelate” - pag. 53). Grazie al
buon livello di diversificazione ambientale, il
lago ospita una ricca fauna ittica (si veda la
scheda “I pesci” - pag. 32) composta principalmente da triotti, persici reali, scardole,
tinche e lucci.
Lasciato il bacino di Ganna, il Margorabbia
attraversa un altro specchio d’acqua della
valle, il lago di Ghirla. Quest’ultimo è circa 4
volte più grande ma non versa in condizioni
ottime. Qui la pressione esercitata dall’uomo è maggiore a causa di una più elevata
densità abitativa e della presenza di ampie
superfici agricole. Tuttavia, anche nelle sue
acque è possibile trovare una fauna ittica
abbondante e diversificata. In tempi recenti
è da segnalare su entrambi i bacini lacustri
(Ganna e Ghirla) la diffusione di specie ittiche estranee all’ecosistema originario quali il
pesce gatto, il persico sole e il rutilo o gar-
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don (si veda la scheda “I pesci” - pag. 32).
Dopo il lago di Ghirla il Margorabbia lambisce
Cunardo e attraversa un complesso e affascinante sistema di grotte calcaree riemergendo
in prossimità di Ferrera di Varese incassato in
gole e pendii molto ripidi, per poi sboccare
nella Valcuvia in ampi meandri e senza particolari asperità.
Il suo corso punta deciso al Lago Maggiore,
ma non vi si getta direttamente perchè
poche centinaia di metri prima di raggiungerlo si immette nel fiume Tresa che collega
il Lago di Lugano al Lago Maggiore, tra Ponte Tresa e Germignaga-Luino.
Attualmente, il Margorabbia è poco più di un
ruscello, ma gli annali sono ricchi di testimonianze circa i danni che ha provocato sino a
cent’anni fa a causa della sua impetuosità.
L’insospettabile forza che può manifestare è
dovuta principalmente al fatto che attraversa
zone umide e carsiche, ricche di grotte e
corsi d’acqua sotterranei. Le cronache d’epoca riferiscono di gravi danni alle infrastrutture del territorio e di enormi quantità di
detriti che il torrente e alcuni suoi affluenti
trasportavano a valle. Nonostante oggi il torrente sia stato parzialmente canalizzato e
scorra placidamente, è in grado di suscitare
3
apprensione non solo negli abitanti della Valganna ma anche in quelli della vicina Valtravaglia, nella quale scende al fianco di una tranquilla pista ciclabile, recentemente realizzata.
Grazie alla piovosità locale, difficilmente il
Margorabbia va in secca, motivo per cui nel
passato sono nate lungo il suo percorso
diverse attività manifatturiere, mulini e opifici. La forza delle acque, opportunamente
canalizzate, è stata sfruttata per muovere
macine per la produzione di farina e per
azionare pesanti magli per la lavorazione dei
metalli (il più noto è quello di Ghirla).
Anche la letteratura si è ricordata del Margorabbia: lo scrittore Piero Chiara, originario di Luino sul lago Maggiore, lo cita più volte nel suo racconto Quando cominciò il mercato di Luino.
La seconda tipologia di flussi idrici presenti
nella valle è quella trasversale. Questi corsi
d’acqua sono prevalentemente effimeri, ma
non per questo meno importanti. Infatti, a
causa dell’acclività dei versanti della valle,
questi torrenti sono caratterizzati da alte
velocità di scorrimento e sono quindi in grado di trasportare molti materiali in sospensione, contribuendo così al modellamento
della pianura e dei pendii della Valganna.
I grandi volumi di materiale trasportati a valle comportano, inoltre, una seria minaccia di
interramento degli specchi d’acqua. Il rischio
è quello di assistere alla chiusura delle piccole pozze utilizzate dagli anfibi per l’ovodeposizione (si veda Azione Life “Le pozze” - pag.
69), mettendone a rischio la riproduzione.
La forza che le acque possono assumere in
questa zona può stupire chi vi si trovi a passeggiare in una tranquilla giornata estiva.
Non bisogna dimenticare, però, che sui pendii è possibile vedere ampie superfici di roc-
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cia affiorante: mancando il terreno viene
meno l’effetto “spugna” del suolo che contribuisce a rallentare lo scorrimento dell’acqua di pioggia. Inoltre, in Valganna la piovosità è di gran lunga superiore a quella della
pianura lombarda e i 1800 mm di pioggia che
vi si riversano tutti gli anni si concretizzano
in torrenti, stagionali sì, ma molto aggressivi!
Tanto elevata è la piovosità che a nord del
lago di Ganna, in località Pralugano, si è formata nei secoli un’area palustre che si allunga per ben 800 metri nel cuore della valle. A
dire il vero parte della responsabilità dell’impaludamento è da ascrivere alle popolazioni
locali che, in passato, hanno sfruttato la
zona. Nel fondovalle, prendendo esempio
dalle attività dei monaci benedettini della
Badia di San Gemolo, scavarono il terreno
per estrarre torba, materiale di grande
importanza nell’economia dell’epoca, e così
facendo causarono la formazione degli
attuali specchi d’acqua (i cosiddetti “chiari”)
dalla curiosa forma geometrica.
In seguito, gli stessi monaci si prodigarono
nel tentativo di abbassare il livello delle
1 Dai percorsi intorno al lago di Ganna si possono
vedere numerose specie, come questa
coppia di germani reali (Anas plathyrhynchos),
l’anatra selvatica più diffusa e conosciuta.
2 Il Margorabbia scorre tranquillo tra i boschi
della Valganna.
3 Un’immagine primaverile del Margorabbia.
4 Il lago di Ganna e la torbiera del Pralugano,
punto di arrivo del sistema delle acque che
solca la Valganna.
acque scavando un canale di drenaggio: il
successo fu solo parziale poiché la torbiera
poggia su un sottosuolo poco permeabile e
le acque che raccoglie dal bacino soprastante sono allontanate a fatica.
Poco più di un secolo fa furono intrapresi, ma
non portati a termine, ulteriori progetti di
bonifica ai quali continuò ad accompagnarsi,
fino agli anni 50, l’escavazione dei giacimenti
di torba. Il risultato finale delle numerose
opere intraprese fu l’abbassamento del livello
generale delle acque che a sua volta comportò la scomparsa quasi totale del Rio Valle di
Pralugano e la riduzione della superficie del
lago di Ganna e della torbiera di Pralugano.
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Associazioni vegetali
N
elle aree prossime alla superficie dei
chiari della torbiera di Pralugano e del
lago di Ganna la vegetazione che
meglio caratterizza paesaggisticamente la riserva è rappresentata da specie
erbacee tipiche dei suoli umidi e saturi d’acqua, definite specie igrofile e mesoigrofile.
Queste associazioni vegetali sono soggette durante
l’arco dell’anno, in relazione alla distanza dagli
specchi d’acqua, a sommersione completa o periodica, totale o parziale, con pozze più o meno contigue tra i cespi. Quest’ultimo fenomeno si verifica
soprattutto in primavera quando l’acqua di falda allaga la torbiera inducendo una variazione nel pH, che
oscilla così tra 4,5 e 6,5.
Nelle immediate vicinanze degli specchi d’acqua, in
una stretta fascia posta a bordo del perimetro lacu-
1
stre, si collocano i popolamenti dell’associazione a
Cladium mariscus, che rappresentano uno degli elementi tipici della riserva. Questa associazione, relativamente comune lungo le rive dei piccoli laghi
padani, si sviluppa in un tratto della torbiera costantemente sommerso. Si caratterizza per la formazione di aggallati, ossia delle zattere galleggianti che,
protendendosi sulla superficie lacustre, sottraggono
spazio al ninfèeto.
A questi popolamenti succede, procedendo verso il
perimetro esterno della torbiera, il canneto in senso
stretto, riconducibile all’associazione Phragmitetum
australis Schemale. Questa associazione, esigente
dal punto di vista trofico e diffusa sui suoli allagati, si
presenta floristicamente monotona, ad opera della
specie da cui trae la denominazione. L’associazione
Typhetum latifoliae G. Lang è analoga per caratteri-
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stiche alla precedente, dalla quale si differenzia per
la minor superficie coperta.
Allontanandosi verso il perimetro sino a raggiungere
le aree poste al di sopra della quota media del pelo
d’acqua, alle canne succedono le carici, i cui cespi
conferiscono un aspetto caratteristico all’associazione Caricetum elatae W. Koch. Questo tipo di cariceto è floristicamente simile ai molinieti dei suoli acidi,
di cui costituisce una variante in condizioni di minor
acidità. Sebbene vi sia la presenza di una specie
dominante, Carex elata, in questa associazione permangono specie degne di menzione, tra le quali Viola palustris e Menyanthes trifoliata.
Nelle acque correnti del canale che collega la torbiera del Pralugano al lago di Ganna, si rinvengono
elementi frammentari, tra i quali sono degni di nota
il crescione d’acqua (Nasturtium officinalis), la gamberaia maggiore (Callitriche stagnalis) e il billeri
amaro (Cardamine amara) che formano isole di
vegetazione lungo il canale. Tuttavia l’elevato adug-
3
giamento del Margorabbia, dovuto alla presenza del
bosco lungo le sue rive, rende tali popolamenti
meno sviluppati rispetto alla copertura potenziale.
4
1 Cladium mariscus, la cui associazione
si incontra nelle immediate vicinanze
degli specchi d’acqua. Relativamente
comune lungo le rive dei piccoli laghi
padani, rappresenta uno degli elementi
tipici della riserva. Si sviluppa in completa
sommersione.
2 Il verde smeraldo del cariceto si
caratterizza per la presenza di Carex
elata i cui cespi conferiscono un aspetto
caratteristico all’associazione.
3 Una pianta di viola (Viola palustris),
elemento floristico degno di menzione
all’interno del cariceto dominato
dalla presenza di Carex elata.
4 Pianta di Menyanthes trifoliata, anch’essa
specie interessante presente nel cariceto.
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Sistemazione dissesti
Azione LIFE C3:
Sistemazione dissesti
lungo gli affluenti
della torbiera del Pralugano
e del lago di Ganna
L
e caratteristiche climatiche e orografiche
della Valganna (si veda capitolo
“Inquadramento geomorfologico” - pag.
13) facilitano l’instaurarsi di fenomeni di
erosione idrica lungo i pendii con il conseguente trasporto di grandi quantità di materiali
solidi da parte delle acque di ruscellamento.
I detriti solidi - strappati alle montagne dalla forza delle acque - vengono convogliati dal reticolo idrografico
verso valle dove, nel medio-lungo periodo, causano il
progressivo interramento della torbiera di Pralugano.
Uno dei principali responsabili del trasporto di materiali in sospensione è il torrente Valleggio, oltre ad altri
piccoli affluenti provenienti dal monte Martica.
Per fronteggiare questa situazione, l’amministrazione del Parco regionale del Campo dei Fiori ha incaricato alcuni professionisti di progettare degli interventi per sistemare i dissesti lungo gli affluenti della
torbiera. Gli interventi si collocano nel più ampio
quadro del Progetto Life Natura 2004.
In particolare, nell’ambito degli obiettivi specifici del
progetto Life C.3, è stato realizzato uno studio geomorfologico generale del bacino di pertinenza della
torbiera al fine di individuare le cause principali dell’interramento del fondovalle durante gli eventi piovosi.
Prima di procedere alla progettazione delle opere
vere e proprie è stato necessario, ovviamente, uno
studio approfondito dell’area di intervento. Pertanto,
il progetto è corredato da indagini geologiche, idrologiche e naturalistiche. La ricerca naturalistica ha
integrato le indagini canoniche in virtù del particolare pregio ambientale della torbiera e delle aree circostanti: infatti, qui come altrove, è di fondamentale
importanza riuscire ad assicurare il migliore inserimento ambientale possibile delle opere previste.
Gli interventi di sistemazione idraulica hanno previsto la realizzazione di briglie e pozzetti di sedimentazione: la loro funzione è quella di rallentare la velocità della corrente dei torrenti e di facilitare la sedimentazione delle particelle trasportate dalle acque
prima che possano depositarsi nella torbiera e provocarne l’interramento.
L’acqua rallentata dalle opere di sistemazione
idraulica perde forza erosiva e deposita particelle
che altrimenti concorrerebbero all’interramento
della torbiera.
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Avifauna e specie tutelate
L
’elevata diversificazione ambientale del SIC Lago di Ganna, legata
alla concomitante presenza di
specchi lacustri e delle zone
umide circostanti, di prati, di
boschi e delle fasce ecotonali di transizione,
fornisce un interessante mosaico di habitat
idonei a ospitare numerose specie di uccelli.
Tale assunto rende interessante l’approfondimento degli studi sull’avifauna, che sono
stati condotti nell’ambito dell’azione A.5 del
progetto LIFE secondo due metodologie differenti, la tecnica del mappaggio modificato
e quella dell’inanellamento.
Risultati del mappaggio
Le visite effettuate hanno portato all’individuazione di 61 specie, appartenenti a 12
ordini, di cui il più rappresentato è quello dei
Passeriformi (come usuale, trattandosi del
gruppo più numeroso), con 40 specie rilevate che corrispondono al 65% del totale. Il
secondo ordine come numero di specie è
quello dei Falconiformi (5 specie rilevate)
poi i Piciformi, di cui si sono contate 4 specie. Con 3 specie (6% del totale) seguono gli
Anseriformi. Tra le rilevate spicca la presenza di quattro specie inserite nell’allegato I
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della Direttiva Uccelli (Nibbio bruno, Falco
di palude, Martin pescatore e Picchio nero),
di cinque specie (Moriglione, Picchio verde,
Luì bianco, Luì verde, Cincia dal ciuffo) incluse da Birdlife International nella categoria
SPEC 2, elenco di specie che godono di uno
stato di conservazione sfavorevole in Europa
e la cui popolazione mondiale è concentrata
in Europa, e di sette specie (Tortora selvatica, Cincia bigia, Passera d’Italia, Passera mattugia, Zigolo muciatto, Nibbio bruno e Martin pescatore) incluse nella categoria SPEC
3, elenco di specie che godono di uno stato
di conservazione sfavorevole in Europa, la
cui popolazione globale non è concentrata in
Europa.
La durata annuale del monitoraggio ha consentito di individuare con cadenza mensile le
specie presenti: Pettirosso, Regolo, Codibugnolo, Cincia bigia, Cinciarella, Cinciallegra,
Picchio muratore, Ghiandaia, Fringuello,
Cincia mora e Rampichino si rinvengono
durante l’intero arco dell’anno, mentre la
presenza del Germano reale è condizionata,
nei mesi invernali, dall’estensione del ghiaccio sugli specchi d’acqua. Tra le specie migratorie si annoverano Moriglione, Falco di
palude, Porciglione, Martin pescatore, Picchio verde, Picchio rosso minore, Pispola,
Spioncello, Ballerina gialla, Ballerina bianca,
Codirosso, Stiaccino, Cesena, Tordo sassello, Luì bianco, Luì verde, Balia nera, Peppola, Cardellino e Lucherino. A queste specie
vanno aggiunte quelle, come Pettirosso,
Fringuello e Regolo che contano sia individui
in migrazione sia residenti.
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3
Specie significative
Tra le specie inserite nell’allegato I della
Direttiva 79/409/CEE, il Nibbio bruno molto probabilmente nidifica sul versante
nord-est del monte Martica e utilizza in
particolare l’area del SIC corrispondente
alla torbiera come territorio di caccia e per
effettuare le parate nuziali. Il Falco di palude è stato osservato nel mese di marzo
presso il lago di Ganna. Il Martin pescatore
è stato individuato più volte da agosto a
novembre ed è probabile che utilizzi l’area
come sito di alimentazione. Il Picchio nero
ha fatto registrare osservazioni discontinue:
non ci sono evidenti indizi di nidificazione
nell’area del SIC, ma sicuramente utilizza il
territorio della riserva a scopo trofico.
Oltre a quelle censite all’interno delle attività del progetto LIFE, occorre ricordare
altre quattro specie segnalate negli anni
scorsi nella riserva naturale orientata Lago
di Ganna: Albanella reale, Falco pescatore,
Succiacapre e Averla piccola.
1 Pettirosso, specie frequente
nei boschi attorno a Ganna.
2 Osservazione di un pettirosso
durante la stagione invernale.
3 Picchio rosso maggiore,
amante della vita nei boschi.
In aggiunta alle specie di cui all’allegato I
della Direttiva 79/409/CEE, è interessante
approfondire le conoscenze relative ad
alcune unità tassonomiche che a vario titolo risultano di interesse conservazionistico
e sono presenti nell’area in esame. L’Airone
cenerino utilizza con discontinuità e a scopo alimentare le zone dove l’acqua è più
bassa o le aree con vegetazione semisommersa nel bacino maggiore della torbiera.
Data la vicinanza del SIC Lago di Ganna con
la Palude Brabbia, sito di nidificazione per
questa specie, potrebbe trattarsi di soggetti in dispersione o in ricerca di cibo provenienti da quella riserva. L’Astore frequenta il
SIC come territorio di caccia. Lo Sparviere
si serve dell’area come territorio di alimentazione e, pur mancando prove certe, le
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caratteristiche degli habitat presenti nella
riserva sono potenzialmente adeguate alla
nidificazione di questa specie. La Poiana
probabilmente nidifica sul versante nord del
monte Martica e le presenze invernali fanno
pensare a soggetti svernanti oppure a una
coppia stabilmente residente. Il Porciglione
sembra frequentare l’area nel periodo di
migrazione e tuttavia, data la presenza di
habitat potenzialmente adatti, la nidificazione è da ritenersi possibile. L’Allocco è nidificante nell’area e potrebbe utilizzare per
cacciare le radure e le fasce ecotonali del
SIC. Il Picchio verde non sembra nidificare
nell’area ma sicuramente la utilizza come
territorio di alimentazione e durante gli
spostamenti. Il Picchio rosso maggiore nidifica nell’area del SIC. Il Picchio rosso minore è una specie schiva, presumibilmente
nidifica nel SIC Lago di Ganna ed è presente nell’area anche durante il resto dell’anno.
La Cannaiola verdognola molto probabil-
mente nidifica all’interno del SIC in quanto
le fasce a salice e gli arbusteti che circondano le zone umide sono habitat ideali per
questa specie. Luì bianco e Luì verde sembrano frequentare l’area solo nel periodo di
migrazione. La Cincia dal ciuffo e la Cincia
bigia si possono ritenere specie nidificanti
residenti e stanziali. Lo Zigolo muciatto
potrebbe frequentare l’area del SIC durante spostamenti erratici giovanili, in migrazione o come territorio trofico. Picchio
muratore e Rampichino nidificano entrambi
nell’area e risultano distribuiti su tutto il territorio del SIC, anche se le più elevate concentrazioni di individui si registrano nelle
aree a bosco di castagno e nei boschi misti
di latifoglie e conifere.
Utilizzo delle aree
I valori maggiori, sia come numero di contatti
che di individui, si registrano nella porzione
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nord del SIC, lungo la parte basale del versante del monte Martica che ospita la comunità
forestale più ricca unita a un’estesa porzione di
arbusteti igrofili. Nella parte centrale della
riserva, le aree che mostrano valori elevati di
individui e contatti sono quelle che uniscono
una diversificata tipologia forestale (boschi
igrofili, castagneti misti) ad aree a prato con
lembi umidi. L’area sud, contraddistinta da una
predominante copertura forestale, mostra
come le zone con valori più bassi siano i boschi
puri di conifere e le zone con vegetazione
erbacea, mentre le comunità forestali più
diversificate ospitano valori elevati.
Risultati dell’inanellamento
Complessivamente sono state catturate 24
specie appartenenti a 11 famiglie, in particolare 22 specie di Passeriformi e 2 di non Passe-
4 Pettirosso
(Erythacus rubecula).
5 Pispola (Anthus pratensis),
specie migratoria.
riformi (Martin pescatore e Picchio rosso
maggiore). L’uccello maggiormente catturato
è risultato il Pettirosso seguito da Cinciarella e
Codibugnolo. Analogamente a quanto emerso
in merito al mappaggio modificato, l’insieme
delle specie rilevate durante l’attività della stazione di inanellamento dimostra che le comunità ornitiche presenti nell’area sono in prevalenza comunità forestali, rispetto a specie legate alle zone umide, anche nei periodi di migrazione. In altri termini, il popolamento del SIC
Lago di Ganna è essenzialmente composto da
specie di bosco mentre la parte legata alle
aree umide è decisamente limitata a poche
specie, per lo più non nidificanti nell’area.
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Monitoraggio
dell’avifauna
MAPPAGGIO MODIFICATO
La tecnica del mappaggio si basa su visite ripetute
in una medesima area durante le quali si annotano
sulla carta, che rappresenta lo sviluppo del tragitto
effettuato, tutti gli uccelli osservati e la loro attività. In
questo caso si è utilizzato il sentiero che percorre il
lato ovest della riserva, a partire da Bedero Valcuvia
fino al confine meridionale del Comune di Valganna.
Si parla di metodo modificato perché la frequenza di
campionamento è minore rispetto al protocollo classico; tuttavia, il numero di visite è esteso per un
periodo di tempo più lungo e consente perciò la raccolta di informazioni riguardo le specie nidificanti,
migratrici e svernanti, oltre alle variazioni interstagionali nella consistenza e composizione del popolamento di uccelli.
INANELLAMENTO
Il metodo dell’inanellamento prevede la cattura degli
uccelli transitanti mediante l’utilizzo di reti all’interno
di una stazione di monitoraggio, individuata nel caso
in esame nei pressi della torbiera del Pralugano. L’obiettivo è quello di indagare la fenologia della migrazione (ossia il modo di apparire e occupare l’area di
studio nel corso del ciclo di indagini) e l’ecologia della sosta per le specie che utilizzano l’area durante il
1
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Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano
periodo migratorio. Prima di descrivere i risultati
ottenuti è interessante fare una premessa sul sistema utilizzato, le cui origini sono riferibili a oltre un
secolo fa. Nel 1889 lo studioso danese H. C. Mortensen cominciò ad apporre alle zampe di storni e
altri uccelli degli anelli metallici da lui costruiti, che
riportavano un numero di serie e il suo indirizzo di
casa. Mortensen ricevette segnalazioni di migratori
uccisi o ritrovati nei campi. Pochi anni dopo, nel
1901, fu inaugurato da Johannes Thienemann l’osservatorio ornitologico di Rossitten (in quella che era
la Prussia orientale). In Germania nel 1910 fu costituito un secondo istituto ornitologico con attività di
inanellamento: il Vogelwarte Helgoland che oggi è la
base dell’illustre Institute for Avian Research di Wilhelmshaven. Nei decenni successivi l’attività di inanellamento indagò e fece luce sulle complicate rotte
migratorie di molte specie. Nel 1931 Scüz e Weigold
pubblicarono il primo Atlante, contenente le mappe
delle rotte di migrazione di una grande quantità di
uccelli. L’inanellamento da allora è diventato uno
strumento scientifico estremamente efficace e adottato in tutto il mondo: in Europa sono stati inanellati
più di 120 milioni di uccelli, oltre 200 milioni in tutto
il mondo. Molte nazioni hanno prodotto speciali centri di ricerca sull’inanellamento; a oggi in Europa ne
esistono 30 che lavorano con metodologie standardizzate, tutti all’interno dell’European Union for Bird.
2
1 Reti perla cattura degli uccelli.
Dopo le attività di misurazione,
gli animali catturati sono
rilasciati senza danno.
2 Forapaglie macchiettato
(Locustella naevia).
3 Gli animali catturati sono
sottoposti ad attento controllo,
che viene svolto con la massima
delicatezza.
4 Pispola.
5 Pettirosso.
6 Scricciolo.
7 Pettirosso.
3
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Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano
COSA SI MISURA?
Ala ‹ La lunghezza dell’ala, oltre a essere uno
dei principali indici della dimensione corporea dell’animale, è correlata anche alla distanza di
migrazione: nella stessa specie, individui che
vivono più a nord e quindi affrontano percorsi
migratori più lunghi hanno l’ala più lunga.
Muta ‹ Gli uccelli cambiano il piumaggio periodicamente, la maggior parte con modalità differenti
tra giovani e adulti. Il rilievo dei limiti di muta contribuisce al riconoscimento dell’età.
Peso ‹ Il peso è un parametro di dimensione corporea che dà importanti informazioni sullo stato
nutrizionale di un uccello in migrazione. È sicuramente la misura più semplice da eseguire e
anche la più ricca di informazioni.
Remiganti ‹ La lunghezza di tutte le penne remiganti dà informazioni sulla forma dell’ala e sulla
capacità di migrazione degli individui e delle
diverse specie. In particolare, la terza penna remigante dà informazioni simili alla lunghezza alare.
Tarso ‹ La lunghezza del tarso è un parametro
legato alla dimensione corporea. Non dipende
dalla strategia migratoria poiché è legato al tipo di
ambiente frequentato dalla specie.
Muscolo e grasso ‹ Il grasso è il carburante utilizzato per il volo migratorio. Gli accumuli di grasso di ciascun individuo permettono di stimare
quale distanza potrà percorrere. Durante la
migrazione i muscoli pettorali si ingrossano perché sono usati durante il volo e perché possono
costituire una preziosa riserva di proteine.
Cosa si ottiene ‹ Il momento più significativo per
un inanellatore è rappresentato dal rinvenimento,
nelle reti, di un uccello già inanellato. Queste sono
le catture più ricche di informazioni, infatti, grazie
all’indicazione del paese di provenienza e al
numero di serie riportati sull’anello, possiamo definire il tragitto compiuto dall’uccello inanellato e
sapere quanto tempo ha impiegato a percorrerlo.
4
5
6
7
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Soglia regolatrice
della torbiera
L
a realizzazione di una soglia sul canale
che fuoriesce dalla torbiera del
Pralugano mira a ottenere un leggero
innalzamento del livello minimo delle
acque della torbiera allo scopo di prevenire, nelle estati particolarmente calde e secche, la
compromissione dell’equilibrio vitale degli habitat
presenti nella preziosa zona umida. Insieme ai lavori di consolidamento della soglia è stato installato un
misuratore di portata (capace di misurare portate
fino a circa 500 litri al secondo) che consentirà un
costante monitoraggio delle condizioni idriche della
torbiera. La soglia è stata dimensionata in maniera
tale da consentire un incremento del livello minimo
di circa 10 cm. Questo consente anche la drastica
riduzione della durata dei periodi nei quali, per insufficiente presenza di acqua in torbiera, il canale in
uscita risulta asciutto.
L’opera è costituita da una fondazione in calcestruzzo magro, da un’anima centrale in cemento
armato e da un corpo esterno costituito da tondi di
Azione LIFE C1:
Realizzazione di una soglia
regolatrice e di uno stramazzo
all’uscita della torbiera
del Pralugano
castagno. In corrispondenza della soglia sono stati
realizzati alcuni metri di palificata allo scopo di consolidare le sponde che verranno interessate dal
passaggio delle portate di piena. Sono state previste inoltre, a valle della soglia, modeste opere di
difesa dell’alveo al fine di limitare i possibili effetti
erosivi. Gli interventi sono stati concepiti nel più
ampio quadro del Progetto LIFE, avente come
obiettivo generale la salvaguardia degli ambienti
umidi circostanti il lago di Ganna, facendo uso il più
possibile di materiali già presenti nell’area di cantiere; per quanto riguarda l’apporto di materiali dall’esterno, sono stati impiegati quelli di facile trasporto e di migliore inserimento paesaggistico nell’ambiente naturale circostante.
Veduta della soglia realizzata sul canale che fuoriesce dalla torbiera.
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Sentieri a sud
del Pralugano
Azione LIFE C4:
Sistemazione del sentiero
a sud del Pralugano
A
sud del Pralugano si sviluppa il sentiero attrezzato per la visita all’area della
torbiera e del lago originato dall’attività
estrattiva. Il percorso ha inizio nei pressi del ponte sul rio Pralugano e si
snoda, all’interno dell’omonima valle, in direzione
nord-ovest per circa 1300 m lungo il perimetro della
Riserva e del SIC Lago di Ganna.
Per raggiungere l’attacco dell’itinerario dall’abitato di
Ganna è bene seguire le indicazioni del sentiero
numero 15 “Ganna-Brinzio” poste lungo la Strada
Provinciale n. 11 in direzione Bedero un centinaio di
metri oltrepassata la Badia di S. Gemolo.
Una volta raggiunto l’attacco, il sentiero è facilmente individuabile e delimitato in alcuni punti da staccionate in legno. L’accessibilità è garantita dall’andamento pressoché pianeggiante e dalla presenza
di passerelle pedonali in legno che permettono di
superare agevolmente i punti accidentati.
L’itinerario è interessante per comprendere i caratteri
di pregio dell’habitat delle zone umide all’interno di un
ecosistema poco alterato dall’uomo. L’approccio didattico-divulgativo è garantito dalla dislocazione lungo il
tracciato di punti panoramici e bacheche illustrative
che riportano informazioni specifiche sull’area.
1
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Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano
2
Il sentiero è collocato nella zona di transizione tra il
bosco e la torbiera alla base del versante nord del
massiccio della Martica e si snoda tra radure di prati
stabili, boschi di frassino (Fraxinus excelsior) e ontano (Alnus glutinosa), sino, nei punti di maggiore altitudine, a boschi di castagno (Castanea sativa), faggio (Fagus sylvatica), carpino bianco e nero (Carpi-
3
1 Inizio del sentiero didattico che dal ponte
sul rio Pralugano si snoda nella zona di
transizione tra il bosco e la torbiera alla base
del versante nord del massiccio della Martica.
2 Bacheca che illustra, con un approccio
didattico-divulgativo, le emergenze
naturalistiche dell’area.
3 Punto panoramico in corrispondenza
dell'Occhio del Frate, sorgente permanente
che alimenta la torbiera, insieme a 4 ruscelli
a carattere torrentizio e a piccoli fossi
drenanti le aree circostanti.
4 Passerella pedonale in legno che permette
di superare agevolmente i punti accidentati
presenti lungo il sentiero.
5 Bacheca posta in prossimità del limite
della vegetazione igrofila delimitata da
staccionata.
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4
nus betulus, Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus
avellana).
La prima bacheca è posizionata in prossimità dell’inizio del tracciato, mentre la successiva è poco oltre
il limite della radura, prima dell’ingresso del sentiero
nel bosco.
L’ultima è collocata all’altezza dell’Occhio del Frate;
una sorgente permanente che alimenta la torbiera,
insieme a 4 ruscelli a carattere torrentizio e a piccoli fossi drenanti le aree circostanti. La permanenza
dell’acqua è garantita da un sottofondo impermeabile, principalmente argille e limi, e da una modesta
differenza di quota tra la torbiera e il lago di Ganna,
che funge da recapito delle acque.
5
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I
l lago di Ganna è uno piccolo
bacino classificato come lago di
emergenza dalla forma quasi
ellittica. Si colloca all’interno di
una valle ad U, la Valganna,
caratterizzata da rocce poco permeabili alle quali si sovrappongono
depositi di natura prevalentemente
torbosa e limosa-argillosa.
Localizzato alla quota di 452 metri
sul livello del mare, ha una superficie
attorno a 6 ettari per un perimetro
di circa 1 chilometro. Un secolo fa la
superficie media del lago era di 4,5
ettari, mentre in uno studio del 1917
la stessa era valutabile in 6,3 ettari; la
cartografia recente evidenzia pertan-
to una certa stabilità della superficie
lacustre. Il bacino imbrifero si estende per una superficie inferiore a 10
km2. La profondità massima del lago
è attorno a 4 metri, la media è di
poco superiore ai 2 metri. Il volume
d’invaso è di 130.000 metri cubi,
mentre il tempo teorico di ricambio
delle acque è rapido e di poco superiore al mese. Il principale immissario ed emissario è il torrente Margorabbia. Il lago di Ganna è situato in
un’area caratterizzata da abbondanti
precipitazioni e da temperature piuttosto rigide che influiscono sui popolamenti vegetale e faunistico. L’analisi
periodica della temperatura dell’ac-
Tappa Sud 1
Il lago di Ganna
Il lago di Ganna
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
qua eseguita nell’ambito della azione A.4. del
progetto LIFE indica che vi è assenza di stratificazione termica, come atteso considerata
la ridotta profondità del bacino lacustre. La
peculiare morfologia del lago, infatti, lo rende polimittico, ossia soggetto a più di due
rimescolamenti totali durante il corso dell’anno. I valori di ossigeno risultano accettabili, anche se sul fondo del lago è stato possibile rilevare una minore concentrazione di
tale gas. La trasparenza è massima e coincidente con il fondo, che risulta sempre visibile guardando verso il basso dalla superficie
dello specchio lacustre. Le basse concentrazioni di fosforo permettono di classificare il
lago come oligotrofo, ossia con limitato contenuto di nutrienti algali. In base a quanto
emerso dalle analisi chimiche effettuate
(Azione A.4), si può supporre che il fosforo
venga rapidamente utilizzato dagli organismi
vegetali che circondano il piccolo bacino e
che vanno a formare un canneto particolarmente sviluppato e uniformemente disteso.
Le attuali condizioni di oligotrofia caratterizzavano il bacino anche in passato e hanno la
proprietà di limitare la produttività del lago,
intesa come massa di sostanza organica sintetizzata dagli organismi in una unità di volume e di tempo. Lo studio del popolamento
planctonico (ossia dell’insieme di piccoli
organismi animali e vegetali dotati di mobilità insufficiente a contrastare i movimenti
delle masse d’acqua) è risultato utile per
confermare e rafforzare le considerazioni
che emergono dalle analisi chimiche e fisiche
delle acque lacustri.
Le macrofite
Per macrofite si intendono i vegetali acquatici visibili ad occhio nudo, rappresentati per la
maggior parte da angiosperme (piante con
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
fiore) e che comprendono anche alcune crittogame vascolari e briofite, oltre ad alghe
filamentose come Cladophora e alghe macroscopiche come Chara e Nitella. Normalmente crescono fisse al substrato, ma possono
anche essere libere di fluttuare. Fusto e
foglie possono crescere interamente sommersi o fuori dall’acqua. In alcuni casi, ad
esempio nelle ninfee, possono esserci foglie
galleggianti. La vegetazione è influenzata da
numerose variabili, come il tipo di substrato
roccioso (alluvionale, argilloso, calcareo, arenario, strati carboniferi) e le attività dell’uomo. Le macrofite hanno un’utilità diretta per
la fauna acquatica in quanto costituiscono
per essa una fonte di riparo, substrato e
cibo. Nel lago di Ganna, particolarmente
interessante risulta la concomitante presenza di specie acidofile e basofile; ciò è reso
possibile dall’emergenza di una falda con
acque relativamente calcaree in un ambito
2
caratterizzato da rocce cristalline. Il lago di
Ganna e la torbiera del Pralugano sono contornati da una fascia abbastanza ampia e uniforme di falasco (Cladium mariscus), che rappresenta una delle specie dominanti e che
Pesci caratteristici del lago di Ganna
Specie
Alborella
Luccio
Persico reale
Persico sole
Pesce gatto
Rutilo (Gardon)
Scardola
Tinca
Triotto
Abbondanza
‹‹
‹
‹‹
‹‹
‹‹
‹‹
‹‹‹
‹‹
‹‹‹
Specie comuni negli ambienti lacustri:
1 Triotto
2 Scardola
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
forma un habitat prioritario ai sensi della
Direttiva 92/43/CEE, denominato “Paludi
calcaree con Cladium mariscus e Caricion
davallianae”. Abbondanti risultano la cannuccia di palude, la mazzasorda, la ninfea bianca
e la lisca d’acqua. Sono frequenti le carici, il
millefoglie acquatico, la felce palustre e il
giaggiolo d’acqua. Tra gli habitat di interesse
comunitario si ricordano anche le “Acque
stagnanti, da oligotrofe a mesotrofe, con
vegetazione dei Littorelletea uniflorae e/o
degli Isoeto-Nanojuncetea”, con popolamento monospecifico a Juncus bulbosus, e le
“Comunità idrofile ancorate sul fondo con
foglie larghe a Nymphaea alba, Nuphar lutea”.
La fauna ittica
La specie numericamente più abbondante è
il triotto, di cui sono stati rinvenuti anche
alcuni individui di grandi dimensioni probabilmente ibridati con il rutilo o gardon, specie esotica introdotta dall’uomo e particolar-
Veduta
invernale
del lago
di Ganna.
mente invasiva. La scardola, altro abitante
tipico dei popolamenti lacustri, è risultata
comune. Discreto è il popolamento di persico reale, così come della tinca e delle specie
americane persico sole e pesce gatto. Il luccio, predatore al vertice delle reti trofiche
del sistema, è rappresentato da un numero
naturalmente inferiore di individui e tuttavia
sembra godere di un buono stato di salute
poiché è diffuso non solo nello specchio
principale ma anche nei piccoli canali con
origine prevalentemente sorgiva che si
immettono e si dipartono da esso.
Zone umide marginali e anfibi
L’elevato pregio naturalistico e ambientale
del sistema lacustre di Ganna è legato non
solo allo specchio principale, ma anche e
soprattutto alla presenza di zone umide marginali quali pozze e piccoli canali, in alcuni casi
a carattere temporaneo, che rappresentano
habitat di vitale importanza per gli anfibi.
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Le pozze
L
’interramento di pozze umide, anche di
piccole dimensioni, comporta in generale una banalizzazione dell’ambiente con
perdita di importanti elementi di diversità
a supporto di particolari forme di vita
vegetale e animale. Tali aree subiscono un processo di interramento naturale con tempistiche che
dipendono da diversi fattori, sia legati alla morfologia dello specchio d’acqua sia alle caratteristiche
del bacino idrografico. In particolare, le piccole
pozze presentano le caratteristiche di bacini in rapido interramento in quanto hanno invasi di piccole
dimensioni, profondità naturalmente limitata,
assenza di scorrimento delle acque e massiccio
afflusso di fogliame. Per frenarne l’interramento e la
conseguente perdita può rendersi indispensabile un
intervento periodico di manutenzione costituito da
uno scavo che ha il fine di ‘ringiovanire’ gli specchi
d’acqua ripristinandone le condizioni di massima
1
Azione LIFE C7:
Interventi di sistemazione e
di creazione di pozze per la
riproduzione della batracofauna
estensione. In questo ambito si colloca l’Azione C.7
del progetto LIFE, che ha permesso la sistemazione e la creazione ex-novo di piccole pozze d’acqua
destinate a favorire la riproduzione spontanea degli
anfibi. Tale azione risulta necessaria per conservare la batracofauna del SIC, i cui ambienti riproduttivi rischiano progressivamente di scomparire. Le
dimensioni delle pozze sono state calcolate prevedendo diametri massimi compresi tra 5 e 10 metri e
profondità massime tra 80 e 100 centimetri. La collocazione ideale è risultata la zona tra i prati e i
boschi nei pressi della fascia litoranea del lago di
Ganna. Le opere realizzate hanno consentito di
ripristinare le citate valenze ecologiche e paesaggi-
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
rea, al piccolo canale
veicolante acque sorNome comune
Nome scientifico
give e a una insenatuRospo comune
Bufo bufo
ra del lago di Ganna.
Raganella italiana
Hyla intermedia
Ogni sopralluogo è il
Rana dalmatina
Rana dalmatina
risultato di due attiviRana di lessona e rana esculenta Rana synk. esculenta
tà, di cui quella diurna
volta a rilevare le
Rana di lataste
Rana latastei
caratteristiche fisiche
Rana temporaria
Rana temporaria
e chimiche delle pozSalamandra pezzata
Salamandra salamandra
ze e l’eventuale preTritone punteggiato
Triturus [Lissotriton] vulgaris meridionalis
senza di uova, forme
stiche, senza tuttavia apportare modifiche ambien- larvali e occasionalmente anfibi adulti; l’esame nottali sostanziali. I lavori di scavo sono stati svolti turno è mirato prevalentemente alla ricerca di anfimanualmente senza l’ausilio di mezzi meccanici bi adulti che con il buio risultano più mobili, meno
allo scopo di interferire il meno possibile con il deli- elusivi e pertanto più facilmente osservabili. Nel
cato ecosistema.
corso dei sopralluoghi sono state censite otto speL’utilizzo delle pozze da parte degli anfibi è stato cie di anfibi, la cui lista faunistica è riportata nella
analizzato, nell’ambito della azione D.2 del proget- apposita tabella.
to LIFE, a partire dal marzo 2006. Sono state oggetto di controllo le 6 pozze ripristinate o create ex1 Pozza realizzata nell’ambito del progetto LIFE.
novo oltre ad altre 4 pozze naturali presenti nell’a2 Ovature di Rana temporaria.
Anfibi rilevati lungo il tracciato di indagine
2
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Anfibi
A
partire dal mese di marzo, quando il
manto nevoso si fonde e la temperatura tende a farsi più mite dopo il gelo
invernale, inizia l’attività della maggior
parte degli anfibi. Il rospo comune utilizza le pozze come luoghi di transito e sosta durante la migrazione riproduttiva verso il lago di Ganna,
che risulta luogo ideale per la deposizione. Nel
mese di luglio sono osservabili numerosi neometamorfosati nei pressi delle pozze e in prevalenza
nelle vicinanze di boschi e sentieri. La segnalazione
di individui adulti al di fuori del periodo riproduttivo
assume carattere occasionale, a conferma che la
specie conduce una vita prevalentemente terricola.
La rana temporaria, nei suoi differenti stadi di sviluppo (da uovo ad adulto), è avvistabile durante tutto il
periodo di rilevamento. A marzo avviene la deposizione e sono osservabili diverse ovature, localizzate
in prevalenza nell’insenatura del lago di Ganna o nelle pozze appositamente ripristinate o create ex-novo.
1
Gli individui adulti tendono ad allontanarsi per gran
parte dell’anno dalle aree di deposizione. A maggio si
rinvengono numerosi girini, la cui metamorfosi si
verifica tra fine giugno e inizio luglio; dopo breve tempo i neometamorfosati tendono a scomparire disperdendosi tra le fasce boschive.
La rana di lataste, specie inserita nell’allegato II della
Direttiva “Habitat”, è facilmente rinvenibile anche nelle forme adulte, probabilmente perché maggiormente legata
agli ambienti acquatici marginali anche
lontano dal periodo riproduttivo che si
colloca, come per le altre rane rosse,
nel mese di marzo. Interessante è risultato a fine settembre il rinvenimento di
giovani dell’anno nei pressi delle pozze,
che dimostra come alcuni neometamorfosati si attardino nelle vicinanze
degli ambienti umidi marginali anche
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
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dopo settimane dalla fuoriuscita dall’acqua.
La rana dalmatina si accosta ai corpi idrici nel mese
di marzo in concomitanza con la riproduzione frequentando in prevalenza, negli altri periodi, le radure e i boschi che contornano la riserva. La deposizione è stata osservata sia in pozze naturali che in quelle appositamente predisposte nell’ambito del
progetto LIFE.
Le rane verdi, più abbondanti lungo
il litorale del lago (tanto che nei
mesi di giugno e luglio sono numerosi i maschi in canto) possono utilizzare le pozze a scopo riproduttivo durante il periodo estivo. A fine
settembre è stato possibile osservare in una di esse alcuni girini in
avanzato stadio di sviluppo e qualche neometamorfosato.
La raganella italiana risulta alquanto sporadica. La relativa scarsità di
individui è probabilmente da impu-
tare a questioni altitudinali e climatiche.
La specie risulta
infatti meno frequente sopra i 400
metri sul livello del
mare. Gli avvistamenti di individui
adulti sono stati condotti nel mese di
maggio. Non sono
stati viceversa trovati riscontri di avvenuta deposizione
all’interno del tracciato di indagine.
La salamandra pezzata è specie diffusa lungo i rilievi prealpini e i
boschi pedemontani ed è considerata comune nel
territorio del Parco di Campo dei Fiori. All’interno
dell’area di studio ha colonizzato in forma larvale sia
una pozza naturale sia una appositamente costruita.
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
Il tritone punteggiato è stato censito solamente nella fascia litoranea dell’insenatura del lago di Ganna, sia nelle forme larvali che adulte. Gli avvistamenti sono stati condotti da marzo (adulti) a luglio
(larve). In particolare le larve tendono a occupare il
bagnasciuga in mezzo al detrito organico, presumibilmente sia per questioni trofiche sia per sfuggire alla predazione ad opera dei pesci, abbondantemente presenti. La prima impressione maturata nel
corso della ricerca è che il tritone punteggiato risulti difficilmente rinvenibile, in parte perché poco frequente, ma soprattutto per il carattere elusivo che
lo contraddistingue.
Sulla base delle informazioni raccolte durante il
periodo di monitoraggio, è possibile affermare che la
realizzazione di pozze artificiali nelle porzioni limitrofe al lago di Ganna ha apportato un interessante
incremento di habitat riproduttivi e trofici. L’apparente abbondanza naturale di aree umide non sembrerebbe corrispondere alla abbondanza di zone riproduttive in quanto molti siti naturali sono caratterizzati da acqua direttamente in contatto con la falda, che
6
5
rimane troppo fredda e che pertanto non apparirebbe particolarmente idonea allo sviluppo larvale di
molte specie di anfibi. Il lago di Ganna (nel caso in
esame rappresentato dalla porzione litoranea della
insenatura) è adatto allo svolgimento delle attività
riproduttive e tuttavia è contraddistinto dalla massiccia presenza di
potenziali predatori, in primo luogo
i pesci. Solo il rospo comune sembrerebbe sfuggire a tali inconvenienti grazie alla tossicità di uova e
girini. Le pozze artificiali scavate
Anfibi della zona umida di Ganna:
1 Rospo comune
2 Rana temporaria
3 Rana di lataste
4 Rana dalmatina
5 Rana di lessona e rana esculenta
6 Raganella italiana
7 Salamandra pezzata
8 Tritone punteggiato
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
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nell’ambito del progetto costituiscono zone umide
prive (o quasi) di vertebrati predatori e con la caratteristica di incrementare i propri valori termici più o
meno proporzionalmente alla temperatura atmosferica consentendo un corretto sviluppo alle forme larvali di molte specie di anfibi e quindi vicariando, in
alcuni casi con maggiore successo, il ruolo svolto
dal bacino principale del lago di Ganna.
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
Radura a prato stabile all’interno
del bosco di frassino (Fraxinus excelsior)
e ontano (Alnus glutinosa).
U
n’escursione a piedi può
sicuramente essere un modo
interessante per conoscere e
appezzare il lago di Ganna.
Il percorso che si snoda lungo
le rive del lago è contrassegnato nella “carta
dei sentieri” del Parco Regionale Campo dei
Fiori come “Itinerario A - Sentiero didattico
della riserva”.
Il tracciato non presenta difficoltà e può
essere agevolmente percorso a piedi da
famiglie, escursionisti e, perché no, in
mountan bike. La lunghezza dell’intero sentiero è di circa 2,5 km con un andamento
Intorno al lago
pressoché pianeggiate e un dislivello di circa
6 metri. I tempi di percorrenza si aggirano
sull’ora e mezza, anche se non mancano sul
tracciato bacheche illustrative, punti di avvistamento e aree attrezzate per la sosta che
invogliano a trascorrere una tranquilla giornata sulle sue sponde.
L’itinerario parte nei pressi del ponte sul rio
Pralugano, che si raggiunge dall’abitato di
Ganna seguendo le indicazioni del sentiero
numero 15 “Ganna-Brinzio” poste lungo la
Strada Provinciale n. 11 in direzione Bedero
un centinaio di metri oltrepassata la Badia di
S. Gemolo. Superato il ponte ci si incammi-
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
na sul tracciato lasciando alla propria sinistra
il sentiero numero 15, che prosegue in direzione Brinzio e, attraversando una radura a
prato stabile, si inizia a costeggiare la riva
occidentale del lago.
Superata la prima bacheca informativa, il
sentiero si addentra nel bosco di frassino
(Fraxinus excelsior) e ontano (Alnus glutinosa)
per lasciare poco oltre il posto ad un bosco
di castagno (Castanea sativa), faggio (Fagus
sylvatica), carpino bianco e nero (Carpinus
betulus, Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus avellana).
Giunti quindi al punto panoramico si può
ammirare di fronte a noi la superficie del
lago e il ricco susseguirsi di associazioni
vegetali che dalle sue sponde si spingono
alternandosi sino al tracciato del sentiero.
Poco oltre una bacheca informativa, posta
sulla sinistra del sentiero, vi sono le piccole
pozze d’acqua realizzate nell’ambito dell’Azione C.7 del progetto LIFE per favorire la
riproduzione spontanea degli anfibi. Le pozze sono soggette nel tempo a fenomeni di
rapido interramento naturale dovuto alle
loro caratteristiche intrinseche, sono infatti
invasi con superficie e profondità ridotta, lo
scorrimento di acqua è praticamente assente e l’afflusso di fogliame cospicuo. Tali fenomeni comportano una semplificazione dell’ambiente con perdita di elementi di diversità a supporto della vita vegetale e animale.
Ecco spiegato il motivo per il quale il Parco
ha dedicato le sue energie anche a una specifica azione del progetto LIFE volta alla salvaguardia e alla realizzazione ex-novo di
questi ambienti.
Proseguendo lungo il sentiero su un fondo
pressoché pianeggiante, si giunge alla fonte
di San Gemolo: in questo punto abbiamo
1
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
percorso circa 1 km dall’inizio dell’itinerario.
La fonte è ricca di storia e leggende che la
rendono un luogo caro alla tradizione.
Denominata anche “dei sassi rossi”, deve il
proprio etimo alla tradizione popolare e alla
conformazione di tipo geologico dell’area.
La tradizione vuole che in questo luogo fossero assassinati dai briganti i santi Gemolo e
Imerio, il cui sangue versato innocente tinse
per sempre le rocce conferendo loro il colore rosso. La geologia, meno ricca di fascino
letterario ma pur sempre utile per alimentare la tradizione, ci dice che il versante è ricco di rocce di porfido di color rosso.
Superata la fonte, nei cui pressi sono dislocate altre bacheche informative, il sentiero
piega a sinistra e, oltrepassato il ponte sul
fiume Margorabbia, raggiunge la Cappella di
San Gemolo.
Nei pressi vi è una comoda area attrezzata
2
per pic-nic dove, presso la riva di un laghetto artificiale, è possibile fermarsi prima di
intraprendere il sentiero del ritorno. La
Cappella merita sicuramente una visita: edicola edificata tra il 1350 e il 1450, ma completata solo in epoca barocca, è eretta in stile romanico-lombardo; all’interno vi sono
lacerti di affreschi quattrocenteschi e un
mosaico moderno raffigurante San Gemolo.
Il laghetto nei pressi è un piccolo bacino
artificiale di modesta profondità, pari a circa
2,5 m nel punto massimo posto al centro
del bacino, approntato negli anni ‘80 per la
pesca sportiva. Sulla sponda est è stato rea1 Tratto del sentiero che mediante una passerella
pedonale in legno collega la Fonte e la Cappella
di San Gemolo.
2 Sentiero nei pressi della fonte di San Gemolo.
Il sentiero si presenta ombreggiato dal fitto bosco.
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Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna
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lizzato l’osservatorio della fauna acquatica
che consente, tramite il posizionamento di
una lastra verso lo specchio d’acqua, la
visione di uno spaccato dell’ecosistema
lacustre. La collocazione in questo punto è
stata scelta per la buona qualità delle acque
che rappresenta la chiave per lo sviluppo di
specie acquatiche di elevato valore naturalistico. L’osservatorio è costituito da una
struttura aperta con un porticato di pilastri
coperto da un tetto.
Giunta quindi l’ora di rimettersi in strada è
possibile addentrarsi nel bosco sul sentiero
che si trova frontalmente alla Cappella.
Superato il ponte in legno sul Margorabbia, il
tracciato si ricollega a quello dell’andata.
Qualora si volesse rientrare su un tracciato differente è possibile percorrere la
strada statale n. 233, tuttavia il traffico veicolare rende questo itinerario sicuramente meno interessante e piuttosto pericoloso da percorrere.
4
3 Bacheca informativa posta lungo
il sentiero.
4 L’osservatorio della fauna acquatica
collocato nei pressi di un piccolo bacino
artificiale.
Dalla lastra di vetro posta a pelo
d’acqua è possibile avere una visione
dello spaccato dell’ecosistema lacustre.
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L
e cantine sono degli edifici
storici censiti sin dal 1896
dal catasto lombardoveneto. I registri catastali
identificano l’edificio più
piccolo come abitazione, mentre
solo qualche anno più tardi, compare
l’indicazione del secondo edificio
quale deposito di formaggi.
Gli edifici si trovano a sud della
Badia, ad una distanza di circa 1,5 km
dall’abitato di Ganna, lungo il sentiero della riserva.
Sebbene a livello storico si siano
succeduti diversi proprietari, la
destinazione d’uso dei locali non è
mai variata anche in relazione alle
caratteristiche climatiche vocate
dell’edificio.
Solo all’epoca della seconda guerra
mondiale, alcuni abitanti del luogo
ricordano che i locali vennero impiegati per botti di cognac.
Nel 1975 venne progettato un piano
di restauro che ne prevedeva l’utilizzo per la conservazione di vini francesi d’importazione. Il fallimento della ditta bloccò il restauro e segnò
l’abbandono delle strutture che vandalismi privarono di serramenti,
gronde, tegole, impianti elettrici e
travi lignee.
Oggi gli edifici sono di proprietà del
Parco Campo dei Fiori che prevede
di integrarle nella rete di strutture
didattico-culturali in suo possesso.
Tappa Sud 2
Il complesso di San Gemolo
Le cantine
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Alneto
L
a Riserva orientata Lago di Ganna presenta numerosi habitat di interesse
comunitario: tra questi riveste un’importanza fondamentale la foresta alluvionale
di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior.
La foresta si estende su una superficie significativa
della riserva, in particolare nelle aree poste a nord e
a sud nonché nella fascia centrale, all’altezza dell’abitato di Ganna. I sentieri didattici che si snodano
lungo il lago di Ganna e la torbiera di Pralugano
attraversano queste formazioni per ampi tratti beneficiando di una piacevole frescura.
In Italia sono diffuse allo stato spontaneo quattro
specie di ontano, la cui distribuzione rispecchia le
differenti esigenze climatiche: l’ontano grigio (Alnus
incana), presente su terreni alluvionali nella zona
del centro-nord; l’ontano nero (Alnus glutinosa), diffuso lungo i corsi d’acqua; l’ontano verde (Alnus viridis), caratteristico dell’area appenninica; l’ontano
napoletano (Alnus cordata), tipico dei boschi montani delle regioni meridionali.
L’etimologia del genere Alnus viene ricondotta al
celtico “al lan”, il cui significato di “stare presso le
rive” indicherebbe la preferenza di questi alberi per
terreni umidi con debole acidità e carenza di ossigeno. Gli ontani sono in grado di svilupparsi sia in condizioni di occasionale piena che di costante umidità
del terreno.
Adattamenti specifici hanno permesso a questo
genere di rispondere alla pressione selettiva insediandosi stabilmente nell’ambiente alluvionale. La
presenza di lenticelle, organi posti sul tronco, in
numero superiore rispetto ad altre specie consente
di apportare ossigeno alle radici superficiali in sommersione, mentre la simbiosi con batteri azotofissatori, posti in tubercoli radicali, compensa la carenza
di azoto nel terreno mediante fissazione dell’azoto
atmosferico.
La durezza del legno è influenzata dalla durata del
periodo di sommersione che ne aumenta la resistenza, caratteristica questa che l’ha reso materiale
di largo impiego nella costruzione di palafitte. La
specie è nota anche nella tradizione popolare che
ha visto nel color rosso arancione di cui si tinge il
legno appena tagliato valenze simboliche tali da farlo assurgere ad albero della vita dopo la morte.
Può raggiungere un’altezza di 30 metri, ha portamento rotondeggiante o piramidale. La foglia è di
forma largamente ovata e spesso rotondeggiante,
con margine irregolarmente seghettato e priva di
punta, spesso smarginata e rientrante all’apice. La
pagina superiore è di color verde scuro e lucido,
mentre quella inferiore è verde più chiaro, provvista
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di ciuffi di peli rossastri
in corrispondenza delle
principali nervature.
I fiori compaiono prima
delle foglie a fine inverno-inizio
primavera.
Quelli maschili, lunghi
sino a 10 cm, sono raggruppati in ciuffi di
amenti penduli agli apici
dei rami mentre quelli femminili, separati sulla stessa
pianta, si riuniscono in amenti ovoidali lunghi 1-2 cm.
L’impollinazione è anemofila, tramite il vento, e porta
allo sviluppo estivo di frutti legnosi dai fiori femminili
che permangono sulla pianta tutto l’anno.
I semi si caratterizzano per la presenza di una struttura aerea che consente loro di diffondersi galleggiando sull’acqua corrente. La maturazione estiva
permette inoltre alle giovani piante di affrancarsi in
una stagione in cui la portata dei corsi d’acqua è ridotta, aumentandone quindi la probabilità di successo.
2
3
Il tasso di crescita è elevato nello stadio giovanile in
ragione dell’elevata capacità di colonizzare gli
ambienti, tuttavia la vita dell’albero non supera i
100-120 anni. In passato la corteccia, ricca di tannini, veniva impiegata per conciare le pelli.
Nelle aree poco suscettibili alle inondazioni all’ontano nero si affianca il frassino comune (Fraxinus
excelsior). Quest’ultimo presenta foglie pennate, lunghe fino a 30 cm, con 9-13 foglioline oblunghe ovate. I fiori, di colore viola, sbocciano prima delle foglie
e sono esili. Le gemme, che daranno le foglie, si
caratterizzano per il color scuro quasi nero. I frutti
sono alati e pendono in densi grappoli.
La copertura dell’alneto è particolarmente densa e il
sottobosco si presenta fresco e ombroso. La scarsa
illuminazione al suolo inibisce lo sviluppo degli arbusti che tendono così a concentrarsi al margine della
foresta o nelle radure.
1 Il bosco igrofilo di ontano nero si sviluppa
nelle immediate vicinanze degli specchi d’acqua.
La copertura fitta rende il sottobosco fresco
e ombreggiato.
2 Albero di ontano (Alnus glutinosa).
L’etimologia del nome “stare presso le rive”
ne indica la capacità di svilupparsi in condizioni
di occasionale piena e di costante umidità.
3 Dettaglio dei frutti legnosi, che permangono
sulla pianta, e degli amenti maschili dell’ontano
(Alnus glutinosa).
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Rinaturalizzazione
delle cantine
Azione LIFE C5:
Rinaturalizzazione dell’area
delle cantine di San Gemolo
L
’area oggetto dell’intervento possiede
valenze e caratteri di pregio legati all’habitat tipico delle zone umide, con un ecosistema poco alterato da caratteri antropici.
L’azione mira a ristabilire le condizioni di
scambio idrico tra le zone umide, poste ai lati del
terrapieno presente nell’area, attraverso il ripristino
del collegamento naturale. Il terrapieno infatti consente all’acqua di scorrere in due unici passaggi
interrompendo di fatto la continuità tra le aree umide. In uno di questi l’acqua, prima che venissero
realizzati gli interventi, era imbrigliata in un tubo in
calcestruzzo che occludendosi ne impediva l’afflusso al bosco di ontano nero (Alnus glutinosa) posto
nella zona sottostante.
L’intervento ha quindi previsto la rimozione del tubo
in calcestruzzo senza alterare i tracciati dei rami
secondari del Margorabbia e delle linee di deflusso
delle acque.
Il manufatto in calcestruzzo è stato sostituito,
mediante opere di biotecnica naturalistica, da un
1
cunettone in pietrame a sezione concava. In questo manufatto scorre la linea di deflusso delle
acque che dalla palude raggiunge la zona umida
del bosco ad ontano. Il nuovo manufatto è osservabile dalla passerella pedonale, anch’essa di nuova realizzazione, che scavalcandolo permette di
proseguire lungo l’itinerario del sentiero del lago di
Ganna.
La riapertura del deflusso naturale delle acque verso l’alneto permette di migliorare le condizioni di
naturalità dell’area e produce effetti positivi sull’equilibrio ecosistemico dell’habitat. La realizzazione
di una connessione ecologica con i rami del torrente Margorabbia favorisce inoltre un aumento del
ricambio di acqua e il miglioramento delle condizioni ecologiche ottimali per lo sviluppo del gambero di
fiume (Austropotamobius pallipes italicus).
1 Attraversamento pedonale mediante passerella
in legno in corrispondenza del ripristinato
passaggio d’acqua. È ben visibile il cunettone
in pietrame a sezione concava realizzato
in sostituzione del manufatto in calcestruzzo.
2 Dettaglio delle opere di biotecnica naturalistica
realizzate in sostituzione del manufatto
in calcestruzzo.
2
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La fonte
S
otto il monte Martica e a fianco del
Margorabbia, si trova la leggendaria
fonte di San Gemolo che è collegata alla badia di Ganna da un sentiero che calca una antica via romana.
Questa fonte è detta anche dei ‘sassi rossi’,
sassi che nella leggenda si tinsero del colore
del sangue di Gemolo, quando la sua testa
toccò terra, sotto gli occhi dei suoi assassini.
La fonte infatti sgorgherebbe nel luogo del
martirio del santo, a cui in seguito fu dedicata. L’importanza della fonte e delle sue acque
purissime risale a epoche ben più antiche.
Questa infatti era nota ai pellegrini e mercanti di passaggio, poiché era una delle
poche acque potabili e sane in una valle che,
prima dell’insediarsi e dell’affermarsi del
monastero di Ganna come nucleo di sviluppo economico (si veda il capitolo “Tracce di
storia” - pag. 23), era selvaggia, pericolosa e
impregnata di malsani acquitrini.
Nel tempo e nella gestione del culto del
santo, le virtù taumaturgiche, in origine
abbinate ai soli resti di Gemolo, vennero
trasferite anche all’acqua della fonte, arricchendo così la leggenda che oggi narra
anche di acque miracolose, per le quali iniziò una tradizione di pellegrinaggi, riti processionali, feste e anche pratiche esorcistiche. La notorietà della fonte si rafforzò
anche grazie a un particolare miracolo,
quello detto dei ‘sassi rossi’, per cui la fonte
stessa genererebbe le ‘gocce del sangue di
San Gemolo’ in ricordo del suo martirio. I
sassi rossi in passato venivano raccolti e
considerati relique dalle virtù medicinali.
Anche San Carlo, in occasione di una sua
visita pastorale, si dice ne abbia raccolto
uno. Essi sono di fatto frantumi di porfido
rosso che l’acqua in pressione produce e
porta via e, depositandosi sul fondo della
ampolla generata dalla sorgente, assumono
il particolare colore rosso grazie a una
microscopica alga. Oggi la fonte è segnalata
da un’edicola e le acque sono raccolte in un
bacino antistante, sul sentiero del Giubileo.
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La passerella
Azione LIFE C5:
Rinaturalizzazione dell’area
delle cantine di San Gemolo
N
ei pressi della Fonte di San Gemolo si
è riscontrata la necessità di provvedere al rifacimento della passerella
pedonale che consente di percorrere
il sentiero del lago di Ganna.
Tale azione, inquadrabile nell’ambito della manutenzione straordinaria, ha implicato il mantenimento del
tracciato originario al fine di conservare spazi vitali
per le zone di pregio e ad elevato livello di naturalità. L’area riveste infatti particolare importanza per la
presenza del gambero di fiume (Austropotamobius
pallipes italicus).
I lavori svolti hanno quindi previsto la realizzazione
di una passerella in legname (lungh. 2,70 m) posata
su sostegni spondali in legname e pietrame.
Le operazioni realizzate sono consistite nella demolizione della precedente struttura di attraversamento
del torrente Margorabbia, nel consolidamento degli
appoggi intermedi in pietrame e dei gradini in legname e pietrame di accesso al sentiero e nella messa
in opera di un guado in asciutto su sostegni in pietrame e calcestruzzo magro.
La scelta tipologica è stata dettata primariamente
dall’esigenza di armonizzare i manufatti con le
caratteristiche morfologiche e paesaggistiche dell’ambito di intervento, riducendo al minimo l’apporto
di materiale dall’esterno dell’area di cantiere e mantenendone le caratteristiche tipologiche e formali
della passerella esistente.
I manufatti per la fruizione hanno quindi un bassissimo impatto visivo, essendo interamente costituiti da
materiali naturali (legno e pietre) con un perfetto
inserimento nell’ambiente circostante.
Passerella
in legname,
posata
su sostegni
spondali
in legname
e pietrame,
posta
nei pressi
della Fonte
di San Gemolo.
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Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo
La cappella
L
a Cappella di San Gemolo, antica
edicola in stile romanico lombardo, fu edificata nel XIV sec. circa
dai monaci che vollero collegare
idealmente la fonte, luogo del
martirio del santo, alla Badia. La cappella
venne edificata a circa trecento metri dall’antica fonte, alla quale rivolge il fronte. La
tradizione vuole che durante la costruzione
sgorgasse sotto l’altare una sorgente, tuttora esistente, che diede vita a una nuova
devozione.
Da quel momento infatti la sorgente della
cappella venne preferita all’antica, più sco-
Veduta della Cappella
di San Gemolo, antica edicola
in stile romanico lombardo.
moda da raggiungere, e le sue acque furono
considerate miracolose per allontanare la
siccità dai campi. Pellegrinaggi da tutta la
Lombardia, dal Piemonte e dalla Liguria si
mettevano in cammino per raccogliere l’acqua da trasportare e spargere sui campi
afflitti dall’arsura.
La cappella venne completata in epoca
barocca dal parroco Aimetti che, con la collaborazione dell’Ospedale Maggiore, ne
modificò sostanzialmente l’aspetto.
I lavori di restauro eseguiti hanno riportato
alla luce la chiesa preesistente del XIII secolo e gli affreschi attribuiti a Bernardino Luini.
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Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo
1
Il laghetto
Panoramica del laghetto
con il nuovo osservatorio.
1 Verso nord.
2 Verso sud.
l laghetto di San Gemolo, sito nella
omonima località del comune di
Valganna, è un piccolo bacino artificiale
realizzato negli anni ‘80 a scopo di
pesca sportiva mediante scavo e successiva costituzione di un terrapieno allo
scopo di delimitare lo specchio d’acqua dall’area alluvionale del torrente Margorabbia.
Nel 1998 è stato oggetto di alcune opere di
riqualificazione che hanno previsto lo svuotamento dell’invaso, la pulizia degli inerti e
inquinanti presenti, la rimodellazione delle
sponde per la creazione di una fascia di sicurezza contro il pericolo di annegamento (il
sito è oggetto di visita da parte di scolare-
sche) e la riqualificazione funzionale dell’area
a verde.
Il bacino ha forma sub-rettangolare disposta
in direzione sud-nord con una superficie di
circa 1000 m2. La profondità media è di circa 1,5 m: procedendo dalle sponde verso il
centro si incontra dapprima una “corona”
dove l’acqua ha una profondità di circa mezzo metro; superato il terrazzo, le sponde
decrescono rapidamente verso il centro raggiungendo una profondità massima di circa
2,5 m. La discreta trasparenza e la buona
qualità delle acque consentono potenzialmente lo sviluppo di specie acquatiche di
elevato valore naturalistico.
I
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Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo
L’osservatorio della fauna acquatica
e la riqualificazione ambientale
L’acqua costituisce l’elemento centrale nell’ambito del SIC Lago di Ganna e il laghetto
di San Gemolo rappresenta un punto privilegiato per facilitare il rapporto con l’acqua da
parte dei visitatori. Così, una delle azioni del
progetto LIFE ha previsto la riqualificazione
ambientale del bacino e la contestuale realizzazione di un osservatorio della fauna
acquatica, il tutto con una forte caratterizzazione didattica. Le opere di riqualificazione
ambientale hanno:
- ripristinato la connessione ecologica con il
torrente Margorabbia, al fine di evitare
condizioni di isolamento prolungato, con
la conseguente riduzione della variabilità
genetica all’interno delle popolazioni ani-
2
mali che abitano il laghetto;
- rimodellato il bacino lacustre, con lo scopo di incrementare il numero di microhabitat disponibili, per ottenere un conseguente aumento della diversità biologica;
- impiantato un piccolo canneto lungo la
sponda settentrionale del laghetto, tale da
favorire lo sviluppo di una zona adatta alla
riproduzione degli anfibi.
Questi interventi dovrebbero favorire lo sviluppo di comunità acquatiche diversificate e
costituire il supporto ambientale per una
efficace azione di insediamento di una popolazione stabile di gambero di fiume (Austropotamobius pallipes italicus) a partire da soggetti adulti introdotti nel laghetto da aree
limitrofe, creando le condizioni ottimali alla
vita e alla riproduzione di questi delicati
organismi.
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Osservatorio
specie acquatiche
Azione LIFE C6:
Riqualificazione dell’area
del laghetto di San Gemolo
per la conservazione
di Austropotamobius pallipes
e la realizzazione
di un osservatorio
della fauna acquatica
L
’osservatorio della fauna acquatica è stato costruito sul lato est del laghetto, in
posizione mediana. La superficie rivolta
verso lo specchio lacustre è in parte
costituita da una lastra di materiale trasparente, così da consentire la visione di uno spaccato dell’ecosistema lacustre alle scolaresche e ai
visitatori. Per ridurre l’impatto costruttivo e facilitare
la fruibilità dell’opera si è deciso per l’edificazione di
una struttura completamente aperta, rappresentata
da un porticato con pilastri in pali tondi e mezzi tondi in legno; per quanto riguarda la copertura, per
mitigare al massimo l’intervento in un’area a elevata
naturalità, si è optato per un manto inerbito a mo’ di
giardino pensile. Sul lato verso il lago è stato realizzato il manufatto in carpenteria metallica per accedere allo spazio di osservazione subacqueo, caratterizzato da due rampe di scale una per la discesa e
una per la salita, con una parete addossata al lago
contenente un grande oblò di forma rettangolare
che consente la vista del fondo dell’invaso e conseguentemente delle specie acquatiche ivi presenti.
Lo spazio coperto e l’osservatorio subacqueo sono
stati dotati di un impianto di illuminazione comandato da pulsantiera e di temporizzatore che consente
nei mesi estivi e in tutte le ore notturne l’accesso
all’osservatorio e la possibilità di godere della vista
subacquea. Per enfatizzare le finalità didattiche del
sito sono stati realizzati una serie di pannelli descrittivi degli habitat e delle specie più rappresentative.
L’intervento, anche per il fine cui è destinato, è teso
a mantenere un’accettabile livello di sostenibilità
ambientale, mediante l’utilizzo di materiali quanto
più naturali possibile con un impiego minimo di prodotti ottenuti da sintesi industriali. L’utilizzo dei materiali, il colore, il trattamento delle superfici, le dimensioni corrispondono agli arredi lignei già in uso all’interno del territorio del Parco, così da riproporre una
immagine in parte consolidata e ripetibile all’interno
dell’area protetta.
Veduta dell’osservatorio con il particolare delle scale
per scendere al di sotto del pelo libero del lago.
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Gambero di fiume
I
l gambero di fiume autoctono (Austropotamobius pallipes italicus) è un crostaceo decapode
(cioè con dieci arti, compresi quelli che portano le chele) di elevato valore naturalistico che
perciò è stato inserito negli allegati II e IV della Direttiva europea “Habitat”. La colorazione è bruno-marrone o bruno-verdastra sul dorso e sui fianchi, mentre ventre e arti sono chiari. Tali caratteri gli
conferiscono la denominazione di gambero dai piedi bianchi. L’ecologia del gambero d’acqua dolce italiano prevede una maturità sessuale in genere raggiunta nella terza-quarta estate allorché i maschi
misurano circa 60-70 mm e le femmine 55-60 mm.
L’attività riproduttiva si colloca nella stagione autunnale, con limiti temporali determinati dalle condizioni termiche delle acque e quindi anche dalla variabilità climatica locale. La durata dell’incubazione delle
uova è legata alla temperatura dell’acqua e può
variare da 4 a 7 mesi, durante i quali le uova sono
protette dalla femmina nella porzione addominale
del corpo. L’attività trofica e la motilità sono maggiori tra la primavera e l’autunno, mentre risultano particolarmente ridotte durante il periodo invernale. Gli
spostamenti si compiono prevalentemente nelle ore
Maschio adulto di gambero
di fiume italiano
(Austropotamobius pallipes italicus).
notturne. L’habitat elettivo comprende acque limpide
e correnti della fascia collinare e montana, anche se
non mancano segnalazioni negli ambienti di risorgenza planiziali. Non di rado è osservabile la colonizzazione di laghi e stagni, soprattutto se la temperatura dell’acqua non si innalza eccessivamente.
Uno dei principali pericoli cui va incontro il gambero di fiume è la possibile insorgenza di gravi epidemie che possono determinare l’estinzione di intere
popolazioni. A questo proposito è da ricordare la
peste del gambero, il cui agente eziologico è il fungo Aphanomyces astaci che, veicolato spesso da
gamberi esotici di origine americana (Orconectes
limosus e Procambarus clarkii), può determinare
mortalità prossime al 100% nelle popolazioni colpite. All’interno del Parco del Campo dei Fiori è stata
accertata, nell’ambito dell’azione A4, la presenza di
alcune popolazioni di Austropotamobius pallipes
italicus. Da queste popolazioni sono stati prelevati
gli individui utilizzati nelle operazioni di reintroduzione nel laghetto di San Gemolo. Tali soggetti sono
stati marcati mediante microustioni sull’esoscheletro, senza arrecare alcun fastidio all’animale,
secondo codici individuali al fine di controllarne
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Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo
periodicamente lo stato di salute e l’accrescimento.
L’attività di controllo si è svolta sia mediante la posa
di nasse innescate sia attraverso osservazioni notturne dirette con l’ausilio fonti luminose, allo scopo
di sfruttare il periodo di maggiore motilità dei gamberi arrecando nel contempo un disturbo assai limitato agli animali.
Fase di reintroduzione dei gamberi nel laghetto
IL PROCAMBARUS CLARKII, UNA MINACCIA PER IL GAMBERO DI FIUME ITALIANO
Durante le attività di studio svolte nell’ambito del progetto LIFE è stata segnalata la presenza nel SIC del
gambero della Louisiana (Procambarus clarkii). Diversi soggetti appartenenti alla specie sono stati rinvenuti nel Margorabbia emissario e una femmina adulta è stata censita nel lago di Ganna. Le densità osservate, con un netto aumento delle catture nel 2007 rispetto al 2006, fanno presupporre un tentativo di espansione della specie nell’area. Il gambero della Louisiana, chiamato anche Killer per le conseguenze nefaste
della sua presenza nei confronti di Austropotamobius pallipes italicus, è facilmente riconoscibile per le chele allungate, con rugosità grossolane e per la presenza di uno sperone (che viceversa è assente nella specie autoctona italiana) sul segmento posteriore alle chele. Il colore del corpo è solitamente rosso brillante
o bruno violaceo, tuttavia può essere grigio o marrone negli individui giovani. L’arrivo della specie esotica
nel SIC è probabilmente dovuto ad un gesto sconsiderato, pur in buona fede, ad opera di persone non competenti che hanno pensato di reintrodurre i gamberi in siti che una volta li ospitavano, compiendo tuttavia
un grossolano e irreversibile errore. Poiché la tutela del gambero autoctono passa anche attraverso i gesti
responsabili della popolazione si raccomanda, nel caso in cui si trovassero gamberi d’acqua dolce in natura, di non spostare mai gli animali in luoghi diversi da quello di ritrovamento. Nel caso in cui l’osservatore
fosse in grado di riconoscere la specie, sarebbe importante trasmettere la segnalazione al Parco del Campo dei Fiori e/o ai competenti uffici della Provincia di Varese.
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La marcatura
dei gamberi
L
a marcatura dei gamberi è una operazione delicata che deve essere eseguita con
professionalità onde evitare di danneggiare gli astacidi. I soggetti da marcare,
preventivamente acclimatati nel corpo
idrico di destinazione onde evitare episodi di stress,
sono temporaneamente trasferiti dentro bacinelle
coperte da panni umidi. Le operazioni di marcatura,
che solitamente avvengono nel periodo di attività dei
gamberi (dalla primavera all’autunno) sono eseguite
con l’accortezza di evitare i momenti più caldi della
giornata. Lo strumento utilizzato è in genere un
microsaldatore a gas che determina la formazione di
microustioni sull’esoscheletro degli animali, secondo
il codice numerico fornito da Abrahamsson.
Il metodo, che in termini semplici consiste nel praticare una sorta di tatuaggio, si è dimostrato negli
anni relativamente innocuo per gli animali e non
determina alterazioni particolari nella vita dei gamberi, che riprendono lo svolgimento delle proprie
attività una volta reimmessi in acqua. I punti di marcatura sono visibili, pur tenui, anche dopo le periodiche mute (processi di sostituzione dell’esoscheletro) e consentono in linea teorica di seguire e studiare la vita degli animali marcati per alcuni anni.
1
1 Operazioni di marcatura e di raccolta dei dati.
2 e 3 Immagini di gamberi marcati:
sopra il numero 51, sotto il 66.
4 Codice numerico utilizzato nelle operazioni di
marcatura (da Abrahamsson, 1972)
2
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4
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Un piano d’azione
per le specie acquatiche
di interesse comunitario
U
no dei principali obiettivi del piano di
azione per la conservazione della fauna acquatica del SIC Lago di Ganna è
quello di permettere o eventualmente
ripristinare la presenza di condizioni
ottimali per le specie di interesse comunitario che
sono tutelate dall’istituzione del sito. Grazie alle
indagini conoscitive condotte nell’ambito del progetto Life, è stato possibile delineare un quadro esaustivo di caratterizzazione degli ambienti acquatici
presenti nell’area, al fine di acquisire le basi scientifiche per la stesura del piano d’azione, del quale si
riportano alcuni aspetti di particolare rilevanza.
LA CONSERVAZIONE DEI GAMBERI
Uno dei risultati più sconcertanti delle indagini svolte nell’ambito del progetto Life è stato il mancato
ritrovamento del gambero autoctono Austrapotamobius pallipes italicus nel torrente Margorabbia
immissario del lago di Ganna, dove era sicuramente presente sino a pochissimi anni fa. Nonostante gli
esiti del censimento all’interno del SIC siano stati
negativi, l’ambiente indagato presenta caratteristiche ambientali che lo rendono apparentemente idoneo a ospitare il gambero autoctono. Le popolazioni
individuate in corsi d’acqua esterni al SIC ma interni
al Parco del Campo dei Fiori possono fornire il mate-
riale di partenza del progetto di reintroduzione e di
ripopolamento dell’ambiente storicamente colonizzato dalla specie. Le cause della sua apparente
scomparsa sono di difficile comprensione, anche se
un ruolo negativo è stato certamente svolto dalla
siccità storica del 2003 e dalla predazione esercitata dalla trota fario. Tuttavia, la principale fonte di
preoccupazione risiede nella diffusione del gambero
rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), censito
per la prima volta nel corso del progetto LIFE e il cui
contingente è in aumento sia nel Margorabbia emissario che nel lago di Ganna tanto da non escludere
il suo prossimo arrivo nelle acque del Margorabbia
immissario, che renderebbe inutili le pratiche di reintroduzione. Al fine di preservare il gambero autoctono nell’area del Parco è necessario proseguire nelle
attività di monitoraggio della distribuzione e della
consistenza delle popolazioni sia nelle acque del
Margorabbia, con particolare riguardo al nucleo di
reintroduzione, sia nei corsi d’acqua limitrofi che
ancora oggi ospitano gamberi.
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OBIETTIVI SPECIFICI DI CONSERVAZIONE:
IL TORRENTE VALCERBORA
Pur essendo localizzato al di fuori del SIC, ancorché
molto vicino, il torrente Valcerbora si è dimostrato un
ambiente particolarmente interessante per il fatto di
ospitare una ricca popolazione di gambero d’acqua
dolce. Oltre ad esso, sono stati rilevati anche anfibi
allo stato larvale. È stato, tuttavia, chiaramente individuato un punto di forte impatto negativo, dovuto a
un’immissione inquinante di origine fognaria, a valle
della quale le condizioni qualitative del corso d’acqua
peggiorano drasticamente, tanto che scompaiono
del tutto i gamberi. Le modestissime portate del corso d’acqua non sono, infatti, in grado di sopportare e
di diluire adeguatamente l’apporto fognario localizzato poco a monte del ponte della strada provinciale n.
11, in comune di Bedero Valcuvia. Un’azione che si
ritiene strategica anche per la conservazione della
fauna di interesse comunitario del SIC del Lago di
Ganna consiste dunque nel risanamento del torrente
Valcerbora, attraverso una idonea attività di depurazione dello scarico che oggi vi recapita.
PROTEZIONE DEGLI ANFIBI DURANTE LE MIGRAZIONI
La maggior parte degli anfibi compie più migrazioni,
nell’arco dell’anno, verso i luoghi di riproduzione, le
aree di nutrimento e i quartieri di estivazione e svernamento; tali aree sono sovente separate tra loro da
infrastrutture stradali che gli animali si trovano
costretti ad attraversare. Per tale motivo, gli anfibi
rappresentano il gruppo faunistico forse più colpito
dall’effetto barriera stradale tanto che al traffico veicolare è imputabile in Lombardia la scomparsa di
diverse popolazioni di rospo comune che fino a
qualche decennio fa si riproducevano sulle sponde
dei grandi laghi prealpini. In particolare, le migrazioni riproduttive stagionali in massa di rospi e rane si
concentrano in determinati periodi (in genere fine
inverno-inizio primavera) e in tratti relativamente
brevi, generando la necessità di creare strutture
specifiche per permetterne l’attraversamento. In tal
senso, in tutta Europa già da diversi anni sono state
intraprese svariate iniziative a favore della protezione degli anfibi migranti, garantendo le trasmigrazioni stagionali e gli spostamenti tra diversi habitat.
Una di queste misure di protezione è la realizzazione di passaggi per gli anfibi, manufatti artificiali
variamente strutturati e conformati, trasversali alla
sezione stradale, che consentono alle specie anfibie
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di sottopassare la carreggiata stradale. Nel caso
dell’area di interesse, per il raggiungimento delle
aree di deposizione delle uova molti anfibi, compresa la rana di lataste, sono obbligati nel loro cammino migratorio ad attraversare le strade che dividono
gli specchi d’acqua del SIC dal monte Mondonico e
dal Poncione di Ganna, rispettivamente la SP n. 11
e la SS n. 233. Trasversalmente a tali vie di comunicazione, alcuni sottopassaggi sono già presenti in
corrispondenza di impluvi o di piccoli corsi d’acqua
intermittenti che possono anche essere percorsi
dagli anfibi. Tuttavia, il rilevamento lungo i tratti stradali posti in corrispondenza dei flussi di migrazione
di numerosi esemplari schiacciati dalle automobili in
transito testimonia il fatto che molti anfibi tentano
l’attraversamento stradale piuttosto che imboccare i
sottopassi esistenti. Si prospetta dunque una nuova
azione di piano che consista nell’adeguamento delle strutture di passaggio preesistenti e nell’eventuale progettazione e realizzazione di ulteriori sottopassi stradali dedicati all’attraversamento degli anfibi in
periodo riproduttivo.
LO SPOSTAMENTO DELLA TROTA FARIO
A PROTEZIONE DELLE PICCOLE SPECIE ITTICHE
Il torrente Margorabbia, a monte del lago di Ganna,
ospita oltre a piccole specie ittiche di interesse
comunitario (scazzone, vairone e lampreda padana)
una popolazione di trota fario molto abbondante,
presumibilmente sviluppatasi a seguito delle costanti pratiche ittiogeniche sino a ora effettuate. A fronte
quindi della presenza di entità faunistiche acquatiche di pregio e della forte predazione che una elevata densità di trota fario è in grado di esercitare su
tali entità pregiate, dovrebbe essere attuata una
rimozione selettiva di adulti, subadulti e giovani di
trota. Accanto a tale azione andrà ribadito il divieto
di ripopolare il tratto di Margorabbia a monte del
lago di Ganna. Le trote rimosse saranno destinate al
ripopolamento di altri corsi d’acqua vocazionali,
scelti in accordo con la Provincia di Varese. L’azione di rimozione darà indirettamente beneficio alle
specie di interesse faunistico che non ne subiranno
più la predazione.
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el 1895 l’ingegner
Rigoni presentò a
Varese il progetto di
una tramvia per
attraversare la Valganna, in modo da collegare Varese a
Luino e alla Svizzera, passando per
Ganna e Ghirla.
Nella ‘Cronaca prealpina’ commentarono con entusiasmo “Un tram lungo quella strada costituirebbe indubbiamente una grande comodità per
tutte le numerose ville che si trovano
sul percorso favorendo maggiormente in quella località la villeggiatura”.
Il progetto fu approvato e fu deciso
che il funzionamento della tramvia
fosse elettrico, stabilendo inoltre che
1
l’energia in eccesso sarebbe stata
utilizzata per l’illuminazione della città. La progettazione e realizzazione
furono un esperimento importantissimo di trazione elettrica a lungo
percorso, quando ancora non c’erano treni mossi dall’elettricità.
Il 15 luglio 1903, quando venne inaugurato il primo tratto, da Varese a
Grotte, la cronaca della realizzazione
venne accolta con molto calore e
aspettative verso un futuro che
diventava sempre più concreto: era
iniziata l’epoca dell’elettricità. Oltre
alle potenzialità commerciali, nel
progetto si tenne conto anche dell’importanza di favorire l’atmosfera di
villeggiatura. Il tracciato, lo si può
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vedere anche oggi, non fu progettato solo
per passare la Valganna, ma quasi per passeggiarvi, con mezzi all’avanguardia. Le gallerie,
gli scorci, le pareti rocciose contribuirono a
creare quell’incanto del guardare che alimenta sorpresa e suggestione, ingredienti fondamentali di un bel viaggio. Anche le soste,
come raccontato, sembra fossero avventure:
dal ristorante, alla parrucchiera, al gabinetto
dentistico per dentiere in giornata.
La notte del 26 gennaio 1914, con l’apertura
dell’ultima galleria, si completò l’intero tratto Varese-Ghirla-Luino-Ponte Tresa e da lì,
con un’altra tramvia, direttamente a Lugano,
in Svizzera.
Nel 1953, per lo scadere di concessioni e contratti, le tramvie furono convertite in vie automobilistiche e gli autobus sostituirono i tram.
Molte immagini testimoniano l’ultima corsa in
partenza da Varese che casualmente, il 28 febbraio 1955, compì il suo tragitto sotto un’improvvisa nevicata. Il 1° marzo dello stesso
anno, sempre da Varese verso Luino, partiva il
primo autobus.Varese e i suoi dintorni venivano considerati un centro di passaggio per le
vie di comunicazione gia nell’Ottocento.
Come ci riferisce il Brambilla le merci, la
posta e i viaggiatori provenienti da Milano e
diretti in Francia, percorrevano l’itinerario di
Cislago, Varese, Domodossola, arrivando al
Sempione. Quelli diretti in Germania, da
Varese si dirigevano a Lugano e da qui attraversavano le Alpi svizzere. Alcune di queste
vie di comunicazione erano le antiche “strade militari” che fino alla prima metà del XIX
secolo rimasero tali: come quella che per il
Frascarolo e la Valganna portava a Ponte Tresa, conosciuta fino dai tempi della dominazione romana come la “via delle genti”.
Dice sempre il Brambilla che “Nel secolo
XVI, Varese era fiorente centro di commercio,
specialmente dei tessuti pregiati (…). E le vie
di comunicazione come pure i mezzi di trasporto erano considerati buoni”.
Probabilmente il problema dei trasporti non
era una priorità e quindi giudicato sufficiente.
Nel 1863 si ebbe la prima vera innovazione: si
istituiva il primo velocifero giornaliero tra
Varese e Milano, tramite una carrozza trainata da cavalli, che permetteva di andare e tornare nel corso della stessa giornata. Negli
stessi anni si crearono nuove strade e i trasporti si svilupparono molto velocemente,
fino ad arrivare alle strade ferrate. Nel 1873
in una relazione della Camera di Commercio,
compilata dopo la costituzione del Regno d’Italia, si giudicavano buone le strade che intersecavano e servivano la regione varesina.
Le principali vie di comunicazione in quell’anno erano le seguenti: Varese-Laveno,
Varese-Como, quella della Valganna che passando per Ponte Tresa portava a Lugano,
quella che si spingeva a Porto Ceresio e
quella per Gallarate.
La Valganna in questi anni trae vantaggio
dallo sviluppo delle vie di comunicazione.
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1
Il tram presso
la stazione di Ganna,
dalla rivista Italia Bella
15 luglio 1911.
2
Immagine tratta
dalla rivista Tracce,
dell’aprile 1992,
che ritrae il tratto più
pittoresco della tramvia
Varese-Luino.
3
La realizzazione
della ferrovia era
indirizzata a favorire
lo sviluppo non solo
delle potenzialità
commerciali delle aree
coinvolte ma dell’atmosfera
di villeggiatura, come
pubblicizzato da questa
guida di inizi Novecento
(Touring Club, Milano).
4
L’apertura dell’ultima
galleria nella notte del 26
gennaio 1914 rese
possibile il completamento
dell'intero tratto VareseGhirla-Luino-Ponte Tresa.
La fotografia, sebbene
mostri i lavori in corso
per la realizzazione
della linea del Sempione,
è rappresentativa delle
modalità e dei mezzi
a disposizione a inizio
Novecento per realizzare
queste opere
(Civico Archivio Fotografico
di Milano).
3
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Nel 1884 viene infatti creato un nuovo tronco di strada che collega direttamente Varese alla Valganna, secondo il progetto dell’Ing. Cantù, senza dover passare per Induno Olona, abbreviando quindi il tragitto di
diversi chilometri.
In parallelo, l’ingenere Enea Torelli progetta la
realizzazione di specifiche linee di comunicazione che dovevano lanciare turisticamente il
varesotto. Nascono così le prime funicolari per
la Prima Cappella e per il Campo dei Fiori.
Il 30 settembre 1895 viene discusso in
Comune a Varese il progetto per una tramvia attraverso la Valganna. Il progetto è dell’Ing. Ambrogio Campiglio che consiglia la
trazione elettrica con corrente trifase a frequenza industriale. Il 15 novembre dello
stesso anno si arriva alla decisione definitiva
che la futura tramvia funzionerà elettricamente. Il primo tronco Varese-Grotte di Val-
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ganna viene inaugurato il 15 luglio 1903. In
proposito la Cronaca prealpina scrive: “come
nelle arterie il sangue passa rapido, e dal cuore si spinge alle estremità del nostro corpo e
ritorna al cuore per essere nuovamente vivificato, tali sono le grandi strade di comunicazione che il vapore e l’elettricità rendono più attive e più feconde per i traffici e per i commerci
del nostro paese”.
Il 4 febbraio dell’anno successivo la Società
Anonima Tramvie e Ferrovie Elettriche
Varesine prosegue la linea dalle Grotte di
Valganna a Ghirla, il 18 luglio da Ghirla a
Cunardo. Il tratto più impegnativo della
costruzione è la discesa verso Luino ma, il 28
marzo 1905, viene aperta al pubblico l’intera tratta Varese Bettole-Luino.
La Prealpina, il giorno seguente dà una
descrizione affascinante dell’intero tragitto:
“Dopo la stazione delle Bettole si sbocca sul
nuovo tronco della provinciale Varese-Birraria
poco discosto dall’Isola Bella e dal Ponte sull’Olona. Più oltre si ammirano il Sacro Monte,
Biumo Superiore e San Fermo e quindi il paesaggio silvestre della Val Grogna.
Si rasenta Induno Olona (…).
Alla Birraria i viaggiatori approfittano della sosta
per assaporare l’eccellente birra Poretti. A dire il
vero i varesini preferiscono il Valpolicella alla birra, ma la novità della bevanda e il sapore straniero che essa offre dà un certo tono turistico a
chi ne vuota una tazza. Se la ditta Poretti non
avesse impiantato qui i suoi stabilimenti probabilmente non solo a Varese, ma tutta questa
“Svizzera italiana”, avrebbe ignorato la bionda
spumosa bevanda come la chiamano gli eruditi.
Attraversata la prima galleria, è la volta di
Trappola e infine delle fantastiche grotte di Val
Ganna, uno dei migliori e frequentati luoghi
estivi dei dintorni. Dopo le grotte è la seconda
galleria e la vettura corre, corre per la valle che
si apre maestosa e su cui spiccano le cime di
cobalto del sasso, delle Corna, del Poncione e
di Monsonico. Ed ecco Ganna! Qui riposano le
spoglie di Giuseppe Grandi, lo scultore del
monumento alle Cinque Giornate di Milano.
Intorno opifici, case, giardini.
Eccoci al grazioso laghetto di Ghirla, campo
sportivo dei pattinatori e richiamo di pescatori
per le sue tinche prelibate.
Superata la casa Cardini, dopo pochi minuti
Cunardo, quindi, la discesa Camandrina in
prossimità di Ferrera e, sotto il Poggio Belvedere, la Valcuvia si estende in tutta la sua ampiezza, disseminata di paeselli abbarbicati alle falde della montagna. Di fronte: i monti della Valtravaglia; oltre, le scintillanti acque della Margorabbia. La linea corre in sede propria… in
pochi minuti Fornaci e Valdomino, il fiume Tresa e quindi Creva e la piazza del Risorgimento
di Luino… Il viaggio è un incanto, un sogno,
uno spettacolo divino. Anche lo spirito più gretto - dirà un poeta - qui sente di elevarsi al cielo.” (La Prealpina, 29 marzo 1905).
La tramvia per ora si ferma a Luino, nel punto di incontro con la linea del Gottardo, ma
viene ultimato il sottopassaggio che giunge
alla stazione di nuova costruzione, vicino a
piazza Garibaldi. Il 6 maggio 1905 la linea
raggiunge dalla stazione provvisoria la stazione definitiva di Luino.
I risultati dati dalla trazione elettrica a corrente trifase sono poco soddisfacenti e il 17
maggio 1906 la Società Varesina per Imprese Elettriche, subentrata alla Società Anonima Tramvie Elettriche Varesine, decide di
sostituirla con la corrente continua.
L’esercizio a corrente continua della linea
della Valganna inizia il 23 maggio 1907 e cesserà il 28 febbraio 1955.
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Boschi
F
itti boschi ricoprono le pendici che collegano la vetta del monte Martica al fondovalle della Valganna e della Valle del
Pralugano e, giunti a lambire l’area della
Riserva naturale orientata Lago di
Ganna, si stemperano nella vegetazione di ambiente acquatico.
Dal punto di vista climatico l’area è inserita nella
fascia della regione insubrica e premontana alpina a
bioclima temperato e si caratterizza per umidità elevata, curva termica sempre positiva, anche se si
verificano gelate invernali, e precipitazioni abbondanti con una distribuzione di tipo continentale.
In queste condizioni la vegetazione forestale potenziale è rappresentata da latifoglie eliofile e mesofile
dominate da querce, tra le quali farnia (Quercus
robur), rovere (Q. petraea) e cerro (Q. cerris), e
accompagnate da acero campestre (Acer campestre), acero di monte (Acer pseudoplatanus), olmo
(Ulmus minor), frassino (Fraxinus excelsior), tigli
1
(Tilia cordata, T. platyphyllos), ciliegio (Prunus
avium), carpino bianco e nero (Carpinus betulus,
Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus avellana).
Superato il bosco igrofilo di ontano (Alnus glutinosa)
e frassino (Fraxinus excelsior), che si estende sui
terreni umidi posti in prossimità della torbiera e del
lago, il bosco prosegue senza soluzione di continuità nel bosco misto acidofilo. Tale bosco si caratterizza per la presenza di alberi, anche di dimensioni
esemplari, di faggio (Fagus sylvatica), carpino bianco (Carpinus betulus), carpino nero (Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus avellana) e un sottobosco
dominato dalla pervinca (Vinca minor). Salendo di
altitudine compaiono esemplari di castagno (Castanea sativa) appartenenti alla fascia dei boschi di latifoglie submontani acidofili a dominanza di castagno.
Nell’area a sud della riserva in prossimità della
miniera della Valvassera si incontrano boschi d’impianto antropico di conifere (Pinus sylvestris, P. strobus, Picea abies) e latifoglie.
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1 Veduta dei fitti boschi che ricoprono
le pendici montuose sino a lambire le acque
del lago di Ganna.
2 In autunno le pendici del monte Martica
si colorano dei toni autunnali del bosco.
3 Veduta autunnale della torbiera.
4 Veduta invernale di un’esemplare di faggio
(Fagus sylvatica) presente nel bosco di latifoglie.
4
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Sentiero del Giubileo
I
l sentiero del Giubileo 2000 consiste in
un itinerario pedonale di lunga percorrenza che si snoda per circa 450 km lungo i confini occidentali della regione Lombardia connettendo importanti luoghi di
pellegrinaggio storico e ambiti territoriali di
particolare interesse paesistico e culturale.
Il percorso deve il proprio nome all’anno
santo e alla tradizione, diffusa sin dal primo
Giubileo indetto da Papa Bonifacio VIII nell’anno 1300, del pellegrinaggio quale percorso di riscatto della propria anima.
Sebbene ai nostri giorni gli antichi percorsi
coincidano spesso con la viabilità carrabile e
il Sentiero si scosti in alcuni tratti dai traccia-
1
ti storici, permane il fascino di poter percorrere da nord a sud l’intera Regione riscoprendo i luoghi lungo i quali i viandanti
instauravano relazioni e scambi.
Il sentiero si suddivide in quattro percorsi
che si snodano lungo la sponda lombarda del
Lago Maggiore, del Ticino, del Po e dell’Oltrepo Pavese.
Nel tratto “Prealpi Occidentali e Seprio”,
alla mappa numero 7 “Valceresio e Valganna”, è rappresentato l’itinerario ad anello
che, partendo dal centro di Varese, si snoda
nel territorio nord orientale della provincia
attraversando il Parco Campo dei Fiori.
All’ente gestore del Parco si deve il ripristino
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della rete escursionistica in collaborazione
con la Regione Lombardia.
Nodo centrale del nostro itinerario il paese
di Ganna dal quale avventurarsi tra i possibili tracciati del Sentiero che permettono di
ammirare la valle e il territorio circostante.
Per la percorrenza si consiglia di disporre di
abbigliamento e calzature da trekking adatti
alla stagione, di mantella impermeabile in
caso di pioggia e di seguire i cartelli raffiguranti un pellegrino che connotano l’intero
tracciato.
La rilevanza del tracciato della Valganna,
quale antica via di pellegrinaggio, è storicamente documentata sin dall’epoca medioevale, periodo al quale risale il martirio dei
santi Gemolo e Imerio, uccisi dai briganti
mentre scortavano lo zio vescovo a un’udienza papale (si veda il capitolo “Tracce di
storia” - pag. 23). Fonti più remote segnalano l’esistenza di un collegamento minore,
conosciuto forse già in epoca romana, che
permetteva di raggiungere Ponte Tresa dalla
2
Pianura Padana.
Nel 1510-11 il tracciato venne impiegato
dalle truppe svizzere chiamate da papa Giulio II per attaccare i francesi che occupavano
il Ducato di Milano mentre in epoca ottocentesca permangono notizie della direttrice
“Ponte Tresa, Ganna, Varese”, riportate nella Carta dello Stato di Milano pubblicata a
Venezia nel 1865.
Le modalità per raggiungere Ganna possono
essere le più disparate in relazione alla lunghezza e al punto di partenza scelti per l’itinerario. Tutte le località di seguito citate
possono essere raggiunte tramite mezzi
pubblici.
Avendo tempo ed energie a disposizione è
possibile percorrere l’intero tratto del Sentiero del Giubileo che dal centro di Varese
puntando verso sud est raggiunge dapprima
Viggiù, vecchio borgo tra i più caratteristici
della Valceresio, celebre per la lavorazione
di una pietra arenaria a grana fine di color
grigio paglierino che ha influenzato la con-
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formazione del borgo e la presenza di cave
circostanti l’abitato - contrassegnato sulla
carta dal numero 2. Nei pressi vi è la chiesa
di S. Elia, posta sulla sommità dell’omonimo
monte, dalla quale si gode uno splendido
panorama sul borgo, il lago di Lugano, Porto
Ceresio, Morcote e il Colle di Besano - contrassegnata dal numero 4. Da Viggiù attraversando le pendici occidentali del monte
Orsa, lungo le quali sono ancora visibili le
imponenti fortificazioni belliche risalenti alla
Prima Guerra Mondiale, e l’abitato di Besano, si raggiunge Porto Ceresio, località turistica sulle rive del Lago di Lugano.
Da qui percorrendo la valle Murante si raggiunge Cuasso al Monte e, proseguendo tra
i boschi della valle Gerosa, si arriva alla Bocchetta dei Frati, punto dal quale si dipartono
due itinerari alternativi: verso nord il tracciato per Marzio e Marchirolo, verso sud-ovest
la strada militare che conduce alla vetta del
monte Piambello, splendida la vista sul territorio, e, discendendo, agli abitati di Boarezzo e Ganna.
Proseguendo lungo il tracciato nord si incontra dapprima l’abitato di Marzio, caratterizzato dal vecchio borgo con corti e portali settecenteschi - contrassegnato con il numero 9 quindi, dopo aver attraversato i ripidi versanti del monte Marzio, Marchirolo, la cui chiesa
di S. Martino, parrocchiale del XIII secolo
ricostruita in stile barocco, merita una visita contrassegnato in mappa con il numero 10.
Proseguendo quindi in direzione sud si attraversa il borgo d’impianto medioevale di
Cugliate e, superate le sorgenti Molinazzo, si
3
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raggiunge Ghirla dal nucleo storico denominato ghetto e dalla settecentesca chiesa di S.
Cristoforo. Nelle vicinanze è possibile su
richiesta visitare il maglio e il mulino Barzago,
due impianti produttivi ad energia idraulica contrassegnati in mappa dal numero 17.
Da Ghirla, lungo il tracciato che costeggia la
sponda occidentale dell’omonimo lago si
giunge infine a Ganna. Lungo la riva del lago,
a poca distanza dall’abitato di Ghirla, sono
presenti un campeggio, un ostello e un’area
attrezzata nella quale è possibile sostare per
rilassarsi e godersi un pic-nic.
Volendo percorrere un itinerario più breve
per raggiungere Ganna è possibile partire
dalla località Ponte Tresa. Raggiunto l’abitato
di Lavena si percorre un tratto dismesso
della tramvia Varesa-Ponte Tresa e, attraversando il parco storico dell’Argentera, ci si
ricollega al tracciato precedente presso l’abitato di Marchirolo.
Diversamente, preferendo partire direttamente da Ganna per effettuare l’escursione,
è possibile raggiungere la località con i mezzi pubblici o con la propria vettura. Dal
capoluogo della Valganna è possibile compiere numerosi itinerari collegandosi a tratti
dei tracciati precedenti oppure percorrendo
l’antica via dei pellegrini che raggiunge la
Madonna del Monte sopra Varese o un tratto della sede della vecchia ferrovia in direzione di Induno Olona.
Raggiunto il paese di Ganna, l’itinerario può
cominciare dalla Badia di San Gemolo, monastero benedettino sorto poco dopo il Mille
che conserva le reliquie del santo e presenta
elementi interessanti dal punto di vista architettonico, nel chiostro pentagonale e nel
campanile romanico nonché nel piccolo
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1 Veduta eseguita circa negli anni trenta
dell’Ottocento della Via Sacra che, fra cappelle
secentesche con statue che riproducono i
Misteri del Rosario, conduce alla sommità del
Sacro Monte, dove si staglia la chiesa con
l’effige della Madonna Nera (Civica Raccolta
delle Stampe Achille Bertarelli, Milano).
2 Cartelli segna via in prossimità del ponte
sul rio Pralugano.
3 Panorama della torbiera del Pralugano dal
sentiero che da Ganna conduce verso Brinzio.
4 La stazione di Ghirla.
5 Cartografia del Sentiero del Giubileo posta
nei pressi della fonte di San Gemolo.
6 La fonte di San Gemolo, sorgente che la
tradizione vuole luogo dell’aggressione al santo.
Il nome dei ‘sassi rossi’ con il quale è anche
conosciuta è legato al martirio che tinse del
colore del sangue le rocce.
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Museo che conserva anche reperti romani.
Usciti dal monastero si prosegue verso sinistra, dove risale il pavé di porfido rosso, e un
centinaio di metri più avanti si trovano le
indicazioni del sentiero numero 15 “GannaBrinzio” che in breve raggiunge il ponte sul
rio Pralugano. Oltrepassato il ponte si presentano due diramazioni: una che prosegue
lungo il fondovalle verso Induno Olona e una
che, in salita, conduce a ovest verso Brinzio
proseguendo per la Via Sacra della Madonna
del Monte sopra Varese.
Seguendo quest’ultimo itinerario ha inizio
una salita non troppo impegnativa che copre
un dislivello di circa 200 metri. Il sentiero
attraversa boschi di querce, frassini, tigli,
aceri, che lasciano il posto a castagni e faggi,
i corsi d’acqua e le cavità carsiche sono
numerose così come non mancano i punti
panoramici sul paesaggio circostante.
Circa due chilometri dopo aver guadagnato
la cima, giunti nei pressi di un vecchio casolare, lo sguardo può correre sul Verbano e le
vette circostanti. Se aveste bisogno di riposare sappiate che, a poca distanza, è segnalata un’area attrezzata per pic-nic.
Riprendendo il cammino si scende su un
sentiero acciottolato a Brinzio e di qui, dopo
aver reperito un po’ di informazioni presso
la sede del Parco, si costeggia il laghetto,
riserva orientata di grande interesse, sino
all’imbocco del sentiero piano posto di fronte all’attraversamento della strada provinciale. Superata in pochi minuti la frazione Rasa
e il ponte sul fiume Olona - presso il quale si
trova la fermata dell’autobus con destinazione Bedero che se necessario può ricondurvi
a Ganna - si imbocca la via Salve Regina, sentiero numero 6. Giunti tra i boschi alla frazione Oronco ecco poco sopra la Via Sacra
che, fra Cappelle secentesche con statue
che riproducono i Misteri del Rosario, conduce in meno di un’ora alla sommità del
Sacro Monte dove si staglia la “chiesa giubilare” con l’effige della Madonna Nera.
Se al bivio del ponte sul rio Pralugano, nei
pressi di Ganna, scegliete di proseguire in
direzione sud, si costeggia la sponda occidentale del lago di Ganna sino a raggiungere
la cappella di San Gemolo - in mappa al
numero 20 -, presso la quale si trova un’area
attrezzata per il pic-nic.
A poca distanza la fonte di San Gemolo, sorgente che la tradizione vuole luogo dell’aggressione al santo. Percorrendo la sede della vecchia ferrovia, da San Gemolo si raggiunge la località Miniera Valvassera, dove in
passato si estraeva piombo. Guadagnata la
sella Frascarolo si può ammirare villa Medici
di Marignano, dimora nobiliare che ingloba i
resti di un antico castello posto a difesa della Valganna.
Giunti alla periferia di Induno Olona si prosegue per la località Robarello visitando il
parco pubblico Villa Toeplitz, interessante
per l’impianto paesaggistico novecentesco.
Da Robarello è possibile proseguire a nord
verso la Via Sacra della Madonna del Monte
o chiudere verso sud il proprio percorso
raggiungendo Varese.
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Praterie
L
e praterie con Molinia poste su terreni torbosi costituiscono uno degli habitat di interesse comunitario da preservare. Le praterie si contraddistinguono per una significativa ricchezza floristica che racchiude al
proprio interno la presenza di specie da tutelare.
La loro estensione nell’ambito della riserva è legata in
particolar modo alle aree poste a nord e a sud del complesso della torbiera del Pralugano e del lago di Ganna. Sono da segnalare anche alcune superfici poste
nella zona a sud, in prossimità del ponte inverso.
Formazioni erbacee caratterizzate dalla presenza
della specie Molinia coerulea, prosperano in terreni la
cui superficie è di regola esposta all’aria, con disponibilità idrica inferiore rispetto alle zone di pressoché
costante sommersione, sebbene richiedano stagionalmente condizioni di elevata disponibilità idrica.
La distribuzione spaziale coincide con le aree in cui, in
un passato relativamente recente, veniva praticata l’agricoltura. La realizzazione di drenaggi artificiali, al fine
di sottrarre alla vegetazione palustre aree da destina-
1
re alla produzione di foraggio per gli animali, influenza
a tutt’oggi le condizioni idriche di queste zone che
periodicamente vengono sottoposte a sfalcio.
Molinia coerulea è una graminacea che forma dei
cespi folti e vigorosi che fioriscono da luglio a settembre producendo un’infiorescenza a pannocchia
densa o con spighette distanziate. Interessante la
colorazione giallo-dorata che la pianta assume all’inizio dell’autunno.
Tra le specie del corredo floristico da menzionare
per interesse naturalistico vi sono il ranuncolo delle
passere (Ranunculus flammula), il carvifoglio palustre (Selinum carvifolia), la genziana mettimborsa
(Gentiana pneumonanthe), la valeriana palustre
(Valeriana dioica), la parnassia (Parnassia palustris), il gladiolo palustre (Gladiolus palustris), alcuni
pennacchi (Eriophorum vaginatum, E. latifolium, E.
angustifolium) e le orchidee Orchis incarnata ed Epipactis palustris.
1 Tra boschi e praterie la ricchezza floristica
della riserva orientata Lago di Ganna.
2 Distesa erbacea di cespi folti e vigorosi.
2
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Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie
Risalito il sentiero, il panorama
si apre tra la vegetazione
su quello che un tempo era
il complesso per la lavorazione del
materiale estratto.
L
a Miniera della Valvassera rappresenta un reperto di archeologia
industriale che si erge nella valle a
testimonianza dell’attività estrattiva che caratterizzava la provincia
di Varese.
Rimasta attiva sino al 1964, fu oggetto di
approfondimenti scientifici sin dal 1939
all’interno di una più generale attenzione
archeologica che vide nella valle l’esecuzione
di ricerche su palafitte, 1863, sulla Grotta del
Tufo, 1872, l’Antro delle Gallerie, 1873-74,
la Grotta sopra la Fontana degli Ammalati,
1876, la Grotta dell’Alabastro, 1876, l’Antro
dei Morti di Cunardo, 1927, la Grotta Vittorina, 1946 e la Badia di Ganna, 1960.
I luoghi del lavoro
Il principale filone della miniera era a galena
argentifera con tenore del 3-4% in piombo
e 1,5 kg di argento estratto per tonnellata di
materiale. Il filone metallifero è disposto in
direzione nord-ovest parallelamente al torrente Margorabbia e si sviluppa principalmente in verticale. La sua estensione è quasi certamente di superficie superiore a quanto sin ora esplorato. La formazione dei filoni
è da ascrivere al fenomeno di contrazione
della lava legato alle antiche eruzioni vulcaniche. Il raffreddamento della lava portava
infatti alla produzione di crepe riempite di
materiali metalliferi che, sotto la pressione di
forze chimiche e meccaniche, si disponevano in filoni.
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Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie
L’attività estrattiva sembra venisse esercitata
sin da tempi antichi, gli affioramenti iniziarono ad essere sfruttati dopo l’arrivo dei Celti
ai quali si deve probabilmente l’etimologia
del nome dato alla valle, Vasser, da acqua,
testimonianza della ricchezza idrica dei territori. Le prime gallerie della miniera, quelle
superiori, sono da ascrivere alla dominazione romana. Vennero sfruttate sino al
Medioevo, epoca alla quale risale il loro
abbandono.
Sebbene di indubbio fascino l’origine romana della miniera non è supportata da notizie
certe. L’attribuzione storica è infatti basata
su tradizioni orali e qualche ritrovamento
archeologico dell’ing. Pedotti di Varese.
Quest’ultimo sembra avesse rinvenuto, in
epoca non precisata, scalpelli di ferro,
monete e oggetti vari che non furono però
più ritrovati.
Informazioni circa la possibile presenza
anche di una vena aurifera compaiono nel
1555 in una controversia tra la comunità di
Induno e un privato, nella quale si parla di
“unam venam ex qua extraitum aurum, argentum et plumbum”.
Dopo il XVIII secolo sino al 1830 la miniera
fu sfruttata in maniera occasionale da privati
che estrassero in prevalenza dalla porzione
superiore.
Oggi la miniera si può raggiungere a piedi
percorrendo il Sentiero del Giubileo che dall’abitato di Ganna attraversa la valle in direzione Induno Olona, o in autovettura lungo
la Statale 233, Varese-Valganna-Ponte Tresa.
Imboccando la strada asfaltata che porta
all’ingresso della proprietà della miniera ci si
incammina lungo il sentiero che conduce in
prossimità dei resti. Risalendo in quota per
circa 200 m parallelamente alla provinciale, il
panorama si apre tra la vegetazione su quelResti della teleferica automatica che connotano
il complesso di archeologia industriale.
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Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie
lo che un tempo era il complesso per la lavorazione del materiale estratto: la cabina elettrica, gli uffici e le case utilizzate dai minatori quale dormitorio e magazzino.
Proseguendo lungo la mulattiera che costeggia il canalone del ruscello si incontrano i
resti delle antiche fornaci, cumuli di materiale di scarto e resti arrugginiti di macchinari,
sino all’ingresso laterale della galleria superiore. Da qui dopo un tratto orizzontale si
diramano i pozzi verticali che univano le
varie gallerie dei piani inferiori. La struttura
della miniera è formata da brevi gallerie che
confluiscono in un vano più ampio, dal quale
parte un camino di aerazione. Sulle pareti
permangono i segni di scalpellinatura
manuale, che rievocano l’antica tecnica
estrattiva di sezionamento trapezoidale.
Sulla sponda opposta del torrente si trovano
i resti di costruzioni edificate dopo il 1862
dal proprietario di allora, Baglioni, che venivano impiegate per preparare il materiale.
A Baglioni, proprietario nel 1862, si deve la
riapertura della miniera e lo sfruttamento al
di sopra e al di sotto dei vecchi filoni con la
scoperta di nuove vene. In quest’epoca si
scavarono nuovi pozzi e si ampliarono le gallerie rispetto all’epoca precedente.
Nel 1870 la concessione fu rilevata da Barboglio che acquistò alcuni terreni confinanti,
recuperò la mulattiera e fece realizzare un
bacino d’acqua nonché le costruzioni superiori. In questo periodo si estrasse molto
minerale che veniva lavorato sul posto. Per
tale motivo furono eseguiti nuovi lavori di
ampliamento e venne progettato uno stabilimento metallurgico.
Il crollo del prezzo del piombo occorso all’inizio del Novecento per l’importazione dal
Nord Africa provocò l’abbandono della
miniera che fu riaperta solo dopo la Prima
Guerra Mondiale dalla ditta Girala di Milano.
La costruzione di una teleferica automatica di
850 metri di lunghezza, in grado di trasportare 50 tonnellate di materiale al giorno, rese
possibile la produzione sino al 1935, anno in
cui l’estrazione ebbe nuovamente termine.
La società Miriva la riaprì nel 1940 tenendola
in attività sino alla definitiva chiusura nel
1964. Le cause della cessata attività sono da
ricercare non tanto nel ritmo lavorativo, serrato, ma nel fallimento dovuto ad errate operazioni in borsa a Milano di un grosso gruppo
finanziario del quale la società era azionista.
Attorno alla miniera, boschi di specie sempreverdi (pinete) e caducifoglie sono opera
dell’uomo che le mise a dimora per ottenere il legname dal quale ottenere le travi che
armavano le gallerie.
La presenza della miniera della Valvassera
non è un fenomeno isolato nella provincia di
Varese. La zona è infatti interessata da manifestazioni minerarie che si estendono principalmente a nord dei monti Campo dei Fiori,
Monarco, Pravello.
Una copertura morenica e alluvionale ricopre i complessi geologici, sede di azioni
minerogeniche più o meno rilevanti. Questi
possono essere ricondotti principalmente a
tre tipologie così schematizzabili:
- complesso di base, costituito da gneiss e
micascisti corrugati con presenze filoniane
a galena argentifera, a calcopirite e a pirite aurifera;
- complesso effusivo, costituito dagli espandimenti lavici dei porfidi e porfiriti con tufi
porfiritici;
- complesso sedimentario, costituito da
arenarie, calcari, dolomie e marne in banchi stratificati.
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Miniera di piombo
L
o sfruttamento delle miniere per l’estrazione di oro, argento e piombo ha origine
in tempi remoti. Inizialmente veniva praticata su vena pura mediante martellamento diretto. Questa modalità ha
influenzato la tipologia di miniera prodotta, che
potremmo definire di superficie. La miniera era infatti rappresentata da buche profonde due o tre metri
ottenute dall’escavazione in prossimità dei primi
ritrovamenti minerari.
Solo in tempi successivi, grazie alla scoperta dell’azione del calore sulle rocce, che ne provoca lo sbriciolamento e la separazione dal metallo, fu possibile
applicare una nuova tecnica estrattiva. Il materiale
così ottenuto veniva sottoposto a un processo di fusione e modellato all’interno di stampi in pietra. Quest’innovazione tecnica segnò un cambiamento anche nella tipologia della miniera che, da un’iniziale sfruttamento delle grotte naturali, divenne un insediamento
di origine antropica. Si iniziarono così in epoca celtica
(circa III a.C.), e nelle epoche successive, a scavare
cunicoli dapprima orizzontali, quindi verticali. L’escavazione veniva praticata mediante martello e scalpello, la manualità delle operazioni determinava un avanzamento annuo delle gallerie di circa 10 metri.
L’avvento dei romani non portò sostanziali modifiche
nelle tecniche estrattive, che essi acquisirono diret-
tamente dai popoli vinti.
La realizzazione di gallerie avveniva in leggera pendenza verso l’esterno, in questo modo era possibile
spingere in salita il carrello vuoto che sarebbe stato
poi accompagnato dalla discesa, una volta pieno, in
senso contrario. Le gallerie rimanevano comunque
dei luoghi stretti che consentivano il passaggio di
un’unica persona.
Con l’avvento dei cunicoli verticali divenne indispensabile provvedere a consolidare le pareti delle gallerie
tramite travi di legname. Il materiale veniva trasportato a mezzo di carrucole e canestri di vimini. Il minatore, avvolto nel buio per gran parte della giornata, realizzava il proprio lavoro grazie a lumini a olio. Le miniere non furono esenti dall’impiego di manodopera
minorile che raggiungeva più facilmente i cunicoli scavati a maggior profondità e di dimensione ridotta.
Una volta estratto, il materiale veniva cotto in forni in
terra battuta che permettevano di separare il metallo dalla pietra. A dorso di mulo il metallo grezzo era
trasportato al villaggio, dove veniva fuso in stampi o
in lingotti utilizzati negli scambi commerciali.
Molte delle lavorazioni legate alla miniera richiedevano un’ingente impiego di legname che provocò in
parte il disboscamento, e l’attuale diffusione di prati
magri, e la realizzazione di impianti vegetali di origine antropica.
Rappresentazione
pittorica
del lavoro
in una miniera
nell’Ottocento
(Civica Raccolta
delle Stampe
Achille Bertarelli,
Milano).
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