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Le Emergenze
Alcune riflessioni e alcuni aspetti
della ipersensibilità allergica a farmaci
in età pediatrica
Roberto Bernardini, Elio Novembre, Maurizio De Martino
Servizio di Allergologia, Centro di Allergologia e Broncopneumologia, Clinica Pediatrica II,
Dipartimento Attività Integrate di Pediatria Internistica, Azienda Ospedaliero-Universitaria “A. Meyer”, Firenze
[email protected]
I tipi di reazione avversa a farmaci
con quadri clinici molto simili a quelli presenti nella
reazione allergica, senza però la presenza di un meccanismo immunologico di base) e, nella maggior parte dei casi, ad una allergia (quadro clinico alla cui base è presente un meccanismo immuno-mediato) 1 2.
Le reazioni immuno-mediate a farmaci sono presenti
nel 2-6% dei soggetti che usano farmaci, rappresentano una piccola parte di tutte quelle che sono le reazioni avverse a farmaci, e comprendono reazioni di
tipo I (IgE mediate), di tipo II (citotossiche/citolitiche),
di tipo III (da immunocomplessi) e di tipo IV (cellulomediate) (Tab. I) 3.
I farmaci più frequentemente responsabili di reazioni
di tipo I sono gli antibiotici (sopratutto i β-lattamici)
e in generale i prodotti usati durante il periodo perioperatorio (in particolare i miorilassanti) e più rara-
Le reazioni avverse a farmaci si dividono in prevedibili (rappresentano circa l’80% di tutte le reazioni avverse a farmaci) e imprevedibili (rappresentano circa
il 20% di tutte le reazioni avverse a farmaci) 1 2. Le reazioni prevedibili, dovute alle proprietà farmacologiche e tossiche del farmaco stesso, si presentano con
una molteplicità di quadri clinici dovuti ad un sovradosaggio del farmaco, ad una sua elevata concentrazione a livello recettoriale, ad effetti collaterali e secondari, ad un’alterata curva dose-risposta dovuta
per lo più ad una maggiore sensibilità recettoriale
al farmaco stesso o ai suoi metaboliti 1 2. Le reazioni
imprevedibili invece sono dovute ad una intolleranza, una idiosincrasia, una pseudo-allergia (si presenta
Tab. I. Allergie e farmaci: meccanismi immunologici e quadri clinici principali.
Classificazione
Tipo di risposta
Caratteristiche
di Gell e Coombs (ampliata) immune
Quadri clinici
principali
Tipo I
IgE
Degranulazione dei mastociti
Anafilassi, orticaria
Tipo II
IgG e FcR
Distruzione cellulare dipendente
dal FcR
Tipo III
IgG e complemento
o FcR
Deposito di immunocomplessi
Anemia emolitica,
leucopenia,
trombocitopenia
Malattia da siero,
vasculite, nefropatie
Tipo IVa
Tipo IVb
Th1 (INF-γ)
Th2 (IL-5 e IL-4)
Attivazione del monocita
Infiammazione eosinofilica
Tipo IVc
CTL (perforin e
granzyme B)
Tipo IVd
Cellule T (IL-8)
Eczema
Esantema bolloso o
maculopapulare
Uccisione di cellule (ad esempio
Esantema bolloso o
cheratinociti) mediata da CD4 o CD8 maculopapulare o
pustoloso, eczema
Reclutamento e attivazione
Esantema pustoloso
neutrofili
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
Le Emergenze
Tab. II. Allergia a farmaci: meccanismi immunologici e principali prodotti farmacologici responsabili.
Tipo 1 (IgE): ACE inibitori, ACTH, antibiotici (β-lattamici e non), chimopapaina, chinino, corticosteroidi, fentanil, furosemide, gelatina, insulina, metotrexate, miorilassanti, morfina, propofol, protamina, ketoconazolo, ranitidina, streptochinasi, tiopentale.
Tipo 2 (IgG e FcR): procainamide, α-metildopa.
Tipo 3 (IgG e complemento o FcR): allopurinolo, clorambucil, destrano, eparina, idralazina, metotrexate, penicillina.
Tipo 4 [Th1 (INF-γ), Th2 (IL-5 e IL-4), CTL (perforin e granzyme B), Cellule T (IL-8)]: acyclovir, allopurinolo, aminopenicilline, anestetici locali, anticonvulsivanti, chinino, neomicina, vitamina K, streptomicina.
mente altri farmaci quali la ranitidina, la furosemide e
gli ACE-inibitori (Tab. II) 1 4-7.
L’interazione tra un farmaco (o un suo metabolita immunogeno) e le IgE specifiche legate sulla superficie
del mastocita determina il rilascio di vari mediatori
(ad esempio istamina, prostaglandina D2, leucotriene C4, fattori chemiotattici per eosinofili e neutrofili,
bradichinine, fattori attivanti le piastrine) responsabili della comparsa di manifestazioni cliniche quali orticaria, angioedema, rinite, asma e anafilassi (Tab. I) 1 4 8.
Tali quadri clinici compaiono solitamente entro pochi minuti, un’ora dalla somministrazione del farmaco e, tra questi, l’anafilassi è sicuramente quello più
grave e può presentarsi oltre che nella forma classica monofasica anche nella forma bifasica (due episodi separati da un periodo di apparente remissione) e
in quella protratta. Essa è classicamente IgE mediata, ma vi sono delle forme (anafilassi non IgE mediate) che non richiedono una preventiva sensibilizzazione 9.
Le reazioni di tipo II sono caratterizzate fondamentalmente dalla comparsa di anemia emolitica (causata
specialmente da metildopa, penicillina tramite IgG),
piastrinopenia (causata principalmente da sulfanomidi) e leucopenia (Tabb. I e II) 4.
Le reazioni di tipo III sono caratterizzate prevalentemente da quadri clinici quali malattia da siero, nefropatie e vasculite 4 5. La malattia da siero compare 1-3
settimane dopo l’ultima dose data del farmaco ed è
caratterizzata dalla presenza di febbre, eruzioni cutanee di tipo morbilliforme, maculo-papulare o pomfoidi, dolori articolari e linfoadenopatia (Tabb. I e II) 4.
Le reazioni di tipo IV sono caratterizzate principalmente dalla presenza di dermatite da contatto, sindrome di Stevens-Johnson, sindrome di Lyell, eritema fisso da farmaci, eritema multiforme 4 5 (Tabb. I e
II). Nell’ambito di tali reazioni i linfociti T hanno chiaramente un ruolo di primo piano. Infatti la maggior
parte dei farmaci e/o i loro metaboliti non sono immunogeni di per sé (non sono cioè in grado di evocare una risposta immune in quanto hanno peso mole-
colare ≤ 1000 Da) anche se lo possono diventare se si
legano ad una proteina trasportatrice, carrier (ipotesi
aptenica e pro-aptenica). Il complesso proteina vettrice-farmaco, in qualità di nuovo-antigene formatosi, viene prima processato all’interno delle cellule
presentanti l’antigene e poi presentato, nell’ambito
del complesso maggiore di istocompatibilità, in forma peptidica alle cellule T 10. Altri meccanismi coinvolgenti i linfociti T sono sia quello legato ai pro-apteni, non in grado di per sé di formare un legame covalente con il farmaco o i suoi metaboliti in quanto
tali pro-apteni necessitano di essere prima convertiti
in aptene per poter poi essere in grado di realizzare un composto antigenicamente attivo 11, che quello
legato ai non-apteni 12. La presenza di una interazione farmacologica con recettori immuni (il cosiddetto p-i concept) consiste nel fatto che alcuni farmaci
e/o loro metaboliti e/o componenti possono legarsi
in modo diretto e reversibile al recettore per le cellule T e scatenare una risposta immunologica senza
una presentazione alle cellule T, da parte delle cellule
deputate, di peptidi allergenici specifici del farmaco
e senza quindi un precedente legame del farmaco o
dei suoi metaboliti a macromolecole vettrici 12.
Cosa può influenzare la comparsa di
una reazione immuno-mediata ad un
farmaco
La comparsa di una reazione immuno-mediata, in
seguito all’assunzione di un prodotto farmacologico, può essere condizionata anche da altri aspetti come ad esempio il meccanismo di metabolizzazione
al quale va incontro il farmaco dopo che è stato assunto. In altre parole se la molecola è metabolizzata e
quindi bio-attivata, ad esempio attraverso il sistema
del citocromo P450, ciò determina la realizzazione di
forme che possono essere potenzialmente tossiche
per l’organismo. Per proteggere l’organismo da questi metaboliti tossici intervengono dei processi di de-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
10
Le Emergenze
tossificazione, cioè dei processi chimici quali la sulfatazione, la glucuronidazione e l’acetilazione, tesi alla
rimozione e alla neutralizzazione di queste sostanze
potenzialmente dannose per l’organismo. Pertanto
se le capacità di bio-attivazione superano quelle di
detossificazione, i metaboliti tossici in eccesso possono determinare o un danno cellulare diretto oppure,
ad esempio, scatenare una risposta di tipo immunologica, del resto la presenza di un’aumentata o meno
suscettibilità ai metaboliti tossici potrebbe anche essere su base genetica e quindi individuale 13.
Altri aspetti condizionanti una risposta immunologica possono essere la maggiore facilità che un metabolita ha di legarsi ad una proteina trasportatrice e la
capacità che un coniugato farmaco/proteina trasportatrice ha di essere riconosciuto come antigene 13.
Nel rendere ancora più complesse le condizioni favorenti o meno la comparsa di allergia a farmaci vi sono anche altri aspetti. Ad esempio le infezioni virali
appaiono come fattori di rischio per comparsa di allergia a farmaci. A tal proposito in soggetti con infezione in atto da EBV, l’assunzione di aminopenicilline può determinare comparsa di eruzioni cutanee le
quali tipicamente non si manifestano se il paziente
assume questi farmaci senza avere in corso tale processo infettivo 14. Una reazione immunologica specifica è stata dimostrata in 3 pazienti con mononucleosi 14. Essi presentavano un esantema scatenato
dall’assunzione di amoxicillina e l’esecuzione di test
in vivo (prick, intradermo e patch test) e in vitro (test
di trasformazione linfocitaria) utilizzando amoxicillina, ampicillina, benzylpenicillina e fenossimetilpenicillina ha dimostrato, in questi pazienti, la presenza
di una sensibilizzazione ad amoxicillina e ampicillina 14. Pertanto tale studio prospetta che anche le eruzioni cutanee in corso d’infezione da EBV potrebbero avere alla loro base un meccanismo immunologico e che tale meccanismo potrebbe essere favorito
dalla presenza di un’infezione virale. Del resto spesso
si ha comparsa di manifestazioni cutanee in corso di
terapia antibiotica eseguita per processo infettivo in
atto senza che poi vi sia, in fase diagnostica, la dimostrazione di un meccanismo immunologico alla loro
base. In altre parole è possibile che un processo infettivo, di qualsiasi natura esso sia e necessitante o
meno di un trattamento farmacologico, possa essere lui stesso a favorire una risposta immune verso il
farmaco somministrato? Oppure è possibile che solo particolari agenti infettivi (nell’ambito degli agenti virali e/o batterici) possano agire o sull’organismo
dell’individuo infettato e/o sul farmaco somministrato determinando la genesi di una risposta immunologica che è alla base poi del quadro clinico presen-
tato dal bambino in seguito all’assunzione del farmaco? Certamente è difficile, se non impossibile, al momento attuale, dare una risposta certa a tali quesiti.
Si potrebbe però ipotizzare che, talvolta, nella genesi
di una reazione avversa ad un farmaco, alla cui base potrebbe essere presente o meno un meccanismo
immunomediato che potrebbe anche non essere dimostrato in quanto non disponibili mezzi diagnostici idonei, la presenza di co-fattori (come ad esempio
una infezione virale) potrebbero essere il fattore favorente la comparsa della reazione stessa in quanto
le infezioni virali potrebbero alterare l’equilibrio presente tra i processi di bio-attivazione e quelli di bioinattivazione. Del resto potrebbe essere presente anche un diverso adattamento, su base individuale, della struttura del farmaco agli specifici meccanismi di
bio-attivazione e/o di bio-inattivazione.
Al di là di queste ultime riflessioni e speculazioni, nel
2001, da parte dell’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica, è stata introdotta una
nuova classificazione relativa alle reazioni avverse
a farmaci. In particolare, molto schematicamente,
quelle reazioni a farmaci che in precedenza erano
classificate come “imprevedibili” attualmente vengono identificate come reazioni da ipersensibilità a farmaci. Tali reazioni si dividono in: a) reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci, hanno alla loro base un
meccanismo di tipo immunologico e possono essere
di tipo IgE-mediato (tipo I) o non IgE-mediato (tipo II,
III e IV), come precedentemente specificato (Tab. I);
b) reazioni da ipersensibilità non allergica a farmaci
nelle quali non è presente, o perché non dimostrato
o perché realmente assente, un meccanismo patogenetico di tipo immunologico 9.
Farmaci più frequentemente
responsabili di ipersensibilità allergica
I progressi scientifici delle ultime decadi hanno determinato una messa a punto di un gran numero di
nuovi prodotti chimici e molecole e in particolare
un’aumentata commercializzazione di nuovi prodotti farmacologici con, quindi, un loro maggior
uso da parte della popolazione. Chiaramente di pari passo a questo maggior consumo di prodotti farmacologici è cresciuta la possibilità di avere reazioni
avverse, in particolare immuno-mediate, a tali prodotti (Tab. II). Inoltre la presenza o meno di un’ipersensibilità allergica a farmaci in età pediatrica è condizionata chiaramente anche dai tipi di farmaci che
più o meno frequentemente il pediatra prescrive al
proprio paziente.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
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Le Emergenze
Fig. 1. Farmaci considerati responsabili di 162 reazioni avverse con sintomi suggestivi di una ipersensibilità allergica
(tipo I e IV) in 99 bambini.
Tab. III. Conclusioni diagnostiche degli accertamenti eseguiti
per confermare o meno le sospette 62 reazioni da ipersensibilità
allergica di tipo I e IV alle penicilline.
In 99 bambini valutati consecutivamente, per un periodo di circa 6 mesi, presso il Servizio di Allergologia
dell’Ospedale Pediatrico “A. Meyer” di Firenze, ed inviati dai curanti per comparsa di 162 manifestazioni cliniche di sospetta ipersensibilità allergica (di tipo I o di
tipo IV) a farmaci, i farmaci ritenuti responsabili di tali reazioni sono stati per lo più gli antibiotici anche se
altre categorie di farmaci sono state ritenute responsabili di tali reazioni (Fig. 1). In seguito poi alle indagini eseguite per confermare o meno tale sospetto clinico (oltre all’anamnesi, esecuzione di test cutanei, ricerca delle IgE specifiche seriche, test di provocazione), secondo protocolli codificati 6 15-20, la presenza di
una ipersensibilità allergica è stata dimostrata solo in
una parte di questi bambini (Tabb. III-VI). Questi dati
evidenziano come nel sospetto clinico di una reazione da ipersensibilità allergica di tipo I e/o di tipo IV sia
sempre necessario eseguire delle corrette indagini per
confermare o meno questo sospetto. Una corretta diagnosi evita di etichettare, in modo erroneo, come allergico un bambino che in realtà non lo è con tutte le
intuibili implicazioni che ne derivano e, nel caso si sia
dimostrata la presenza di un’allergia, permette di consigliare ai genitori del piccolo paziente l’uso di farmaci
per lui sicuri, non in grado cioè di determinare comparsa di reazioni da ipersensibilità.
Ipersensibilità ad additivi
1/62 (1,61%)
Ipersensibilità esclusa o selettiva
8/62 (12,9%)
Ipersensibilità esclusa
36/62 (58%)
Ipersensibilità allergica
3/62 (4,8%)
Diagnosi in corso
2/62 (3,2%)
Ipersensibilità non allergica
TP rifiutato
2/62 (3,2%)
10/62 (16,1%)
Ipersensibilità sicuramente presente
6/62 (9,6%)
Ipersensibilità sicuramente assente
36/62 (58%)
TP = Test di Provocazione
Tab. IV. Conclusioni diagnostiche degli accertamenti eseguiti per
confermare o meno le sospette 30 reazioni da ipersensibilità allergica di tipo I e IV alle cefalosporine.
Ipersensibilità ad additivi
Ipersensibilità esclusa o selettiva
1/30 (3,3%)
20/30 (66,6%)
Ipersensibilità esclusa
4/30 (13,3%)
Ipersensibilità allergica
2/30 (6,6%)
TP rifiutato o non eseguito
3/30 (10%)
Ipersensibilità sicuramente presente
3/30 (10%)
Ipersensibilità sicuramente assente
4/30 (13,3%)
TP = Test di Provocazione
Diagnosi di ipersensibilità allergica
La diagnosi di ipersensibilità allergica di tipo I e di tipo IV si avvale dell’ausilio di vari test oramai ben conosciuti e codificati 6 15-20 in età adulta. La loro appli-
cabilità è del resto possibile anche in età pediatrica. I
farmaci maggiormente studiati sono stati i β-lattamici anche se i principi diagnostici relativi a tale catego-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
12
Le Emergenze
Tab. V. Conclusioni diagnostiche degli accertamenti eseguiti
per confermare o meno le sospette 14 reazioni da ipersensibilità
allergica di tipo I e IV ai macrolidi.
Ipersensibilità allergica
2/14 (14,2%)
Ipersensibilità assente o selettiva
4/14 (28,5%)
Ipersensibilità esclusa
5/14 (35,7%)
TP rifiutato
3/14 (21,4%)
Ipersensibilità sicuramente presente
2/14 (14,2%)
Ipersensibilità sicuramente assente
5/14 (35,7%)
strazione oppure se tale farmaco è indispensabile è
possibile una sua somministrazione attraverso schemi di desensibilizzazione 21. Dopo la comparsa di una
reazione IgE mediata ad un beta-lattamico (ad esempio penicillina) è possibile che una successiva somministrazione dello stesso farmaco dopo periodi sufficientemente prolungati non determini reazioni avverse 22 così come, nonostante ripetute somministrazioni, non si abbia una nuova evidenziazione di IgE
specifiche per tale farmaco 23 anche se è stata dimostrata una lunga persistenza di IgE specifiche per cefaclor nonostante la sua non assunzione per vari anni 24. Pertanto è opportuna una certa prudenza nella
reintroduzione di farmaci dimostratisi responsabili di
reazioni IgE mediate anche gravi 25.
Nell’ambito di una sospetta ipersensibilità allergica di
tipo IV è possibile ricorrere ad indagini specifiche 17.
TP = Test di Provocazione
Tab. VI. Conclusioni diagnostiche degli accertamenti eseguiti
per confermare o meno le sospette 18 reazioni da ipersensibilità
allergica di tipo I e IV agli anestetici e le sospette 28 reazioni da
ipersensibilità allergica agli anti-infiammatori non steroidei.
Ipersensibilità allergica
4/18 (22,2%)
Ipersensibilità esclusa o selettiva
4/18 (22,2%)
Ipersensibilità esclusa
2/18 (11,1%)
TP rifiutato
8/18 (44,4%)
Ipersensibilità sicuramente presente
4/18 (22,2%)
Ipersensibilità sicuramente assente
2/18 (11,1%)
Ipersensibilità esclusa o selettiva
13/28 (46,4%)
Ipersensibilità esclusa
12/28 (42,8%)
TP rifiutato
Desensibilizzazione a farmaci
La desensibilizzazione (D) è un procedimento particolare nel quale si utilizza un determinato prodotto farmacologico (PF) a cui il paziente stesso in precedenza
era risultato allergico (allergia di tipo IgE mediata) 26.
In letteratura il termine D viene anche utilizzato per
indicare i casi in cui, in un paziente un determinato
PF, che ha provocato una chiara reazione allergica e
per la quale non si riesce a dimostrare un meccanismo IgE mediato, viene in seguito somministrato seguendo più o meno le stesse modalità utilizzate per
la D IgE mediata 27. In questo caso più corretto sarebbe parlare di test di tolleranza 28.
La D è eseguita se non vi è alcuna possibilità di utilizzare un prodotto alternativo a quello che aveva determinato la reazione nel paziente stesso e se è necessaria ed indispensabile una nuova somministrazione del prodotto stesso 26 27. Essa permette, nel paziente allergico, il passaggio da una condizione d’alta sensibilità ad una situazione di ottima tollerabilità
nei confronti del prodotto che era stato responsabile della reazione 26. Consiste nella somministrazione, con molta cautela, di un certo PF in un periodo
di tempo molto variabile (da poche a molte ore), iniziando con piccole dosi che in seguito sono progressivamente aumentate 29. Generalmente la dose è aumentata da due a dieci volte rispetto a quella precedentemente somministrata e tollerata 29. Il raggiungimento della dose terapeutica può necessitare di un
periodo di tempo variabile da poche a molte ore 29.
Deve essere eseguita in ambiente protetto e da personale esperto oltre che nella D stessa anche nel fronteggiare la comparsa di eventuali reazioni avverse. È
3/28 (10,7%)
TP = Test di Provocazione
ria di farmaci possono essere estrapolati ed utilizzati
anche per altre categorie di farmaci.
Nell’ambito, ad esempio, delle reazioni di tipo I, la
diagnosi si avvale principalmente della presenza di
manifestazioni cliniche suggestive per un meccanismo di tipo IgE mediato, di un corretto approccio
anamnestico 15 valido anche per le reazioni immunomediate di altro tipo, della dimostrazione in fase acuta, in caso ad esempio di sospetta anafilassi, di livelli elevati di triptasi serica, della presenza, solitamente dopo circa 1-3 (talvolta anche 6) mesi (questo è il
tempo consigliato per eseguire le indagini specifiche
in quanto sia prima che dopo tali indagini possono
dare dei falsi negativi) dal termine della fase acuta, di
IgE specifiche cutanee (dimostrabili tramite prick test
e/o test intradermico a lettura immediata) e/o seriche (UniCAP Pharmacia oppure tramite altra metodica, usando come fase solida il sefarosio epossi-attivato) e dell’uso, in particolari casi, di un test di provocazione specifico con il farmaco ritenuto responsabile
della reazione 1 4 5. Una volta diagnosticata un’allergia di tipo I ad un farmaco se ne evita la sommini-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
13
Le Emergenze
chiaramente necessario tenere a disposizione farmaci e strumenti per trattare reazioni avverse anche di
una certa gravità, come ad esempio l’anafilassi 26.
I PF per i quali, in caso di necessità, può essere eseguita una D (o un test di tolleranza) sono vari e schematicamente li possiamo dividere in antibiotici (ad
esempio: aminoglicosidi, anti-tubercolari, cefalosporine, clindamicina, penicilline, vancomicina) 26 e non
antibiotici [ad esempio: antileucemici (L-asparaginase), allopurinolo, cotrimoxazolo (trimethoprim-sulfamethoxazole), itraconazolo, mesalamina, nelfinavir,
olsalazina] 30-35.
Il meccanismo patogenetico alla base della D sembrerebbe legato ad una “D mastocitaria” antigene specifica che determinerebbe la comparsa di uno stato di tolleranza nei confronti del PF somministrato 26. Appare
tuttavia non chiaro il modo con il quale tutto ciò si realizza. È stato ipotizzato che la somministrazione frazionata e il graduale aumento della concentrazione del
farmaco somministrato possa determinare sia assenza
di attivazione cellulare mastocitaria da parte dei recettori aggregati delle IgE specifiche che la formazione di
apteni monovalenti in grado di inibire in modo specifico una reazione allergica al farmaco stesso 26.
La D può essere eseguita, a seconda del tipo di PF utilizzato, sia per via orale che per via endovenosa 26. Per
decidere quale dose del PF si deve utilizzare per iniziare la D orale, è necessario eseguire un test intradermico (0,02 ml) iniziando dalla concentrazione di 1 mg/
ml 26. In caso di comparsa di reazioni/positività del test
cutaneo, si diminuisce la concentrazione di 10 volte fino al raggiungimento della concentrazione che non
determina alcuna reazione. Pertanto la dose utilizzata
per iniziare la D orale (ad esempio 20 µg/ml è la dose
corrispondente a 0,02 ml del farmaco iniettato per via
intradermico alla concentrazione di 1 mg/ml) è quella corrispondente alla concentrazione del farmaco che
non ha determinato reazioni locali o sistemiche al test
intradermico 26. Per la D parenterale (endovenosa) è
invece opportuno iniziare con una dose pari a 1/101/100 rispetto a quella utilizzata per la D orale 26. Altri
Autori utilizzano altri procedimenti relativi alla individuazione della dose iniziale da somministrare 36.
Una volta iniziata, la D può essere continuata aumentando progressivamente la dose che verrà somministrata con modalità diverse a seconda del PF utilizzato (antibiotico, antileucemico) e della via di somministrazione utilizzata (orale, endovena) 37-39.
Controindicazione alla D è la comparsa di una reazione cutanea grave (eritrodermia, dermatite esfoliativa, necrolisi tossica epidermica o sindrome di Lyell,
sindrome di Stevens-Johnson) in corso di una precedente terapia con quel determinato PF 40, anche se ta-
le reazione non sembrerebbe, in casi particolari, una
controindicazione assoluta 41.
Le complicanze in corso di D possono essere lievi o
severe. Le reazioni lievi sono presenti in circa un terzo
dei soggetti sottoposti a D e sono caratterizzate da
eruzioni e/o prurito cutaneo. In tal caso non è necessario interromperla in quanto un allungamento degli
intervalli di somministrazione del PF e/o una diminuzione della dose successiva e/o la somministrazione
di farmaci sintomatici permette la continuazione di
tale procedura riducendo quasi al minimo la possibilità di comparsa di reazioni più gravi 26. In caso di reazioni gravi (ad esempio broncospasmo e/o ipotensione) è chiaramente necessario prima di tutto trattare
in modo appropriato la reazione avversa. In seguito si
pone il problema se interrompere o meno la D e tale
decisione è sempre legata: 1) alla gravità della patologia che deve essere trattata e della quale il paziente
è affetto; 2) alla valutazione dei rischi che la continuazione della D comporta rispetto ai risultati che si desiderano ottenere con la D stessa 26. Nel caso si decida
di continuarla è opportuno ridurre la dose successiva
di oltre 10 volte rispetto a quella che ha determinato
la reazione grave per poi riprenderla 26.
In sintesi
In conclusione, quando in un paziente attraverso dati
anamnestici e procedure diagnostiche è stata dimostrata una stretta correlazione tra l’assunzione di un
determinato PF e la comparsa di una reazione avversa – ed è utile che il paziente stesso debba riassumere quel particolare PF –, occorre prima di tutto verificare se è possibile utilizzare un farmaco alternativo a
quello che ha determinato la reazione avversa 40. Se
non è possibile utilizzare un farmaco alternativo in
quanto non disponibile, oppure anche se disponibile
non adatto per il quadro clinico del paziente, il comportamento da seguire differisce a seconda del meccanismo patogenetico alla base della reazione avversa. In caso di una reazione non immunologica, nella quale i mastociti hanno un ruolo importante, utile
è la esecuzione di una medicazione (antistaminici e
steroidi) da eseguire prima della utilizzazione del PF.
Ciò si verifica ad esempio in soggetti con pregressa
reazione anafilattica non IgE mediata a mezzo di contrasto radiografico e per i quali è necessaria una nuova somministrazione di tale prodotto per l’esecuzione di esami indispensabili per la salute del paziente
(Tab. VII) 40 42. In caso invece di una reazione da ipersensibilità a PF utile è discriminare se tale reazione è
stata di tipo non IgE mediato o di tipo IgE mediato.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
14
Le Emergenze
Tab. VII. Premedicazione farmacologica da eseguire in soggetto con precedente reazione “anafilattoide” a mezzo di
contrasto radiografico e al quale è necessaria una nuova somministrazione di tale prodotto (17, mod.).
13 ore prima
Prednisone
1 mg/kg per os
7 ore prima
Prednisone
1 mg/kg per os
1 ora prima
Prednisone
1 mg/kg per os
1 ora prima
Clorfenamina
10 mg per via i.m.
1 ora prima
Cimetidina
4 mg/kg per os
Tab. VIII. Desensibilizzazione per via orale al Trimethoprim/Sulfamethoxazole (T/S).
La distinzione tra una reazione IgE mediata e non IgE
mediata talvolta può non essere possibile da un punto di vista diagnostico e spesso le procedure per la D
e il test di tolleranza sono tali che è possibile anche
parlare di test di tolleranza – D (Tab. VIII) 40. Nel caso
invece sia stata dimostrata la presenza di una reazione di tipo IgE mediata per quel determinato PF è possibile eseguire una D (Tab. IX) seguendo tutti gli accorgimenti in precedenza specificati 43.
Giorno
Conclusioni
Mattina
Sera
1
0,005*
0,01
2
0,02
0,04
3
0,1
0,2
4
0,4
0,8
5
1
1
**
0,005 g di T/S contengono 0,4 mg di trimethoprim e 2 mg di
sulfamethoxazole; ** 1 g di T/S contengono 80 mg di trimethoprim
e 400 mg di sulfamethoxazole
*
Le reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci sono
oramai oggetto di studio da vari anni, tanto che per
vari aspetti di tali problematiche sono stati fatti notevoli passi avanti da un punto di vista conoscitivo. È però indubbio che altri aspetti relativi a tali problematiche necessitano di specifici approfondimenti, specialmente per quanto riguarda quelli in età pediatrica.
2
3
4
5
Bibliografia
1
Dose di T/S (g)
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Tab. IX. Schema di desensibilizzazione per ceftazidima.
Tappa
*
Concentrazione
Dose
di antibiotico
somministrata
(mg/ml)
(mg)
Tempo/volume somministrato
(min/ml cloruro di sodio 0,9%)
Dose complessiva
(mg)
1
0,0001*
0,005
20/50
0,005
2
0,001
0,05
20/50
0,055
3
0,01
0,5
20/50
0,555
4
0.1
5
20/50
5,555
5
1
50
20/50
55,555
6
5
250
20/50
305,555
7
10
500
20/50
805,555
8
20
1000
20/50
1805,555
9
22,5
2250
40/100
4055,555
*
*
a seconda del risultato del test intradermico
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
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Le Emergenze
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