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la filantropia influenza le scelte degli individui? considerazioni alla
ESPERIENZE D’IMPRESA
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LA FILANTROPIA INFLUENZA LE SCELTE
DEGLI INDIVIDUI?
CONSIDERAZIONI ALLA LUCE DI UN
ESPERIMENTO DI ULTIMATUM GAME*
• MARIO TESTA
ASSEGNISTA DI RICERCA
FACOLTÀ DI ECONOMIA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
• ANTONIO D’AMATO
RICERCATORE IN ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE
DOCENTE DI FINANZA AZIENDALE
FACOLTÀ DI ECONOMIA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
Sommario: 1. Introduzione; 2. Ultimatum e Dictator Game; 3. Ipotesi della ricerca; 4.
Disegno sperimentale; 5. Risultati e discussione; 6. Considerazioni conclusive;
Appendice; Bibliografia.
ABSTRACT
Economic theories have reconsidered the factors that guide the choices of individuals,
not only focusing on those strictly economic. In recent years, the wide use of
behavioural games has provided interesting evidence that contradicts the neoclassical
axioms, according to which decision-making would be based on simple economic
opportunism. On the basis of an ultimatum game, with the participation of 352
students from the Faculty of Economics of the University of Salerno, the present work
aims to verify whether the presence of a philanthropic component in a decision-making
situation affects the choices of individuals. The analysis revealed that men and women
act differently, perhaps because guided by different degrees of other-regarding and
reputation protection.
KEY WORDS Behavioural Economics | Ultimatum Game | Philanthropy | Charity |
Gender.
1. Introduzione
La maggior parte degli studi sull’economia comportamentale (behavioural
economics), riconoscendo la complessità motivazionale degli individui,
tende a dimostrare con grande efficacia che i processi in materia di eco–––––––––––
*
Il lavoro è frutto del lavoro congiunto degli autori, tuttavia, i parr. 1, 2, 3 e 6 sono da attribuire a Mario Testa e i parr. 4, 5 e l’appendice ad Antonio D’Amato.
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nomic decision-making non hanno nell’auto-interesse materiale l’unico
ed indiscusso fattore propulsivo all’azione1. L’esclusione delle variabili di
natura non strettamente economico-razionale dallo studio dei processi decisionali è riconducibile al convincimento che tali componenti risulterebbero estranee all’ambito di studio proprio della scienza economica e,
dunque, sarebbero da attribuire al dominio di pertinenza di altre scienze
sociali, quali psicologia, sociologia, sociologia politica e, finanche, filosofia.
Mentre per molti anni il modello dell’uomo economico ha rappresentato
l’approssimazione che maggiormente si adattava alla realtà, attualmente
si tende sempre più a sostenere la rilevanza sociale degli orientamenti motivazionali, tentando di pervenire a deduzioni più verosimili. Da questo
punto di vista, la teoria dei giochi, utilizzando alcuni modelli che descrivono i comportamenti strategici di soggetti in condizioni di incertezza o
di incompletezza informativa, ha contribuito a fare accettare le concettualizzazioni in merito all’eterogeneità delle preferenze.
Di fatto, le funzioni di utilità si compongono di interessi personali che non
sono solo di natura economica e materiale (material self-interest), ma sono
determinate in parte anche da preferenze orientate alla ricerca di specifiche
emozioni, strutturate su principi morali o, più semplicemente, altruistici
(Hausman e McPherson, 1994). La convinzione apparentemente cinica, ma
decisamente interessante, secondo cui qualsiasi azione altruistica non è
altro che una ricerca di soddisfazione “guidata” da una particolare forma
di egoismo – intesa quale insieme di comportamenti finalizzati al conseguimento dell’interesse del soggetto che ne è autore – porta ad ampliare
il concetto di self-interest, arricchendolo di elementi tipicamente emozionali (Fehr e Schmidt 2000).
Numerosi studi condotti sui processi negoziali hanno attribuito l’origine
di taluni comportamenti apparentemente irrazionali a particolari condizionamenti, derivanti, in alcuni casi, dal concetto di onestà ed equità radicati negli attori economici. Questi ultimi, infatti, possono essere disposti
a rinunciare ad un proprio vantaggio materiale pur di punire la condotta
della controparte, considerata iniqua, sovvertendo i canoni tradizionali del
comportamento dell’homo oeconomicus, arricchendolo, di ulteriori componenti, quali, ad esempio, quella religiosa, culturale, etica, ecc2. L’incremento della complessità assiologica che segue all’inclusione di elementi
etici nella descrizione della realtà e al tentativo di porre in essere corrette
previsioni della stessa è stato molto efficacemente evidenziato nell’ambito
degli studi sulla dicotomia seniana tra interessi e giudizi (Sen 2006).
Taluni economisti, grazie anche al supporto delle neuroscienze3, hanno
promosso, di recente, un diffuso utilizzo di “giochi”, come l’ultimatum
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game e il dictator game, facendo emergere, tra l’altro, come il primo evochi
motivazioni di tipo strategico, mentre il secondo manifesti l’imprescindibile
dipendenza da preferenze socialmente condizionate4.
Attraverso l’adozione di uno spettro di analisi più circoscritto, parte della
letteratura ha sancito la profonda influenza che talune “preferenze sociali”
possono generare nei processi decisionali. Si pensi, ad esempio, alla reciprocità basata sulle intenzioni (Rabin 1993, Falk et al. 2003), all’avversione
alle disuguaglianze (Fehr e Schmidt 1999, Bolton e Ockenfels 2000), all’invidia (Goeree, Holt 2000), all’altruismo (Levine 1998) nonché ai condizionamenti derivanti dalle differenza di genere sessuale (Saad e Gill 2001)
e, finanche, dall’aspetto fisico e dalla bellezza (Solnick e Schweitzer, 1999).
Il lavoro, sulla base del convincimento secondo cui le relazioni interpersonali afferiscano al nucleo duro della scienza economica (Sacco e Zamagni
2006) si propone di evidenziare come le scelte economiche si articolino su
elementi di tipo strategico, da un lato, e su condizionamenti sociali, dall’altro, e come quest’ultima componente possa essere interpretata quale
combinazione di due antitetiche motivazioni: “sincero altruismo” e “mera
tutela della propria immagine”. La struttura del lavoro prevede una prima
parte in cui viene effettuata una rassegna della letteratura prevalente sui
temi del Dictator e dell’Ultimatum game, e una seconda parte, in cui, dopo
aver delineato le ipotesi di ricerca, viene esposto il disegno sperimentale.
Infine, nell’ultima parte sono illustrati i risultati della ricerca e discusse le
implicazioni.
2. Ultimatum e Dictator Game
La versione pionieristica dell’Ultimatum game (UG), proposta da Güth,
Schmittenberger e Schwarze (1982), si caratterizza per essere un gioco sperimentale uni-periodale che simula una situazione negoziale non cooperativa che implica il coinvolgimento di due agenti, i quali devono accordarsi
sulla spartizione di una data somma di denaro. Il primo giocatore (“proponente”) formula liberamente la sua offerta circa la suddivisione della
“torta”, comunicandola all’avversario (“secondo giocatore” o “ricevente”
o “decisore”), il quale può accettarla o rifiutarla. Nel primo caso, il decisore
percepisce la somma offertagli dal proponente che otterrà la parte restante;
nel secondo, invece, nessuno dei due giocatori riceverà nulla. Nel rispetto
dell’assunto alla base dell’equilibrio di Nash, ovvero nell’ipotesi in cui i due
agenti, orientati alla massimizzazione della propria funzione di utilità,
siano guidati esclusivamente dall’auto interesse materiale e, dunque, capaci
di prevedere perfettamente la mossa dell’avversario, si dovrebbe configurare
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una sola soluzione, nella quale il proponente offre una somma infinitesimale al decisore, che accetterà la proposta, poiché migliore dell’alternativa
di non ricevere alcunché.
Il Dictator game (DG), invece, si discosta dal gioco precedente per il ruolo
assunto dal secondo agente (“ricevente”), che, non avendo facoltà di scelta,
dovrà accettare qualunque ripartizione offertagli dal primo (“dittatore”).
Condividendo il dogmatico assioma della massimizzazione del profitto, il
risultato che scaturisce da tali giochi dovrebbe evidenziare una totale sperequazione nella spartizione della “torta” a vantaggio del first mover. In
realtà, le ricerche condotte in questi ultimi anni mostrano dati piuttosto
complessi che si prestano a svariate considerazioni.
In primo luogo, nell’UG, il proponente, in buona parte dei casi, offre una
divisione perfettamente equa (50-50) della somma5 (Thaler 1988). Ciò ha
indotto alla convinzione che i proponenti siano guidati da regole di giustizia (Güth e Tietz 1990), suffragando la posizione teorica alla base delle
concettualizzazioni della teoria dell’equità6 (Gouldner 1960, Adams 1965).
Ulteriori esperimenti condotti nell’ambito dell’UG, come quello di Kagel,
Kim e Moser7 (1996), hanno alimentato la convinzione che in realtà i proponenti non siano tanto mossi da una reale logica di giustizia, quanto,
piuttosto, da un senso di giustizia apparente, frutto del timore della reazione del “decisore” di rifiutare un’offerta ritenuta oltremodo ingiusta8
(Rabin 1993).
Ancora una volta, però, le osservazioni empiriche non hanno consentito
un’univocità di interpretazione dei comportamenti dei giocatori, smentendo anche la semplicistica persuasione secondo cui il timore del rifiuto
(fear of rejection) sia l’unico elemento che orienti il first mover. Quest’ultimo, infatti, persegue il principio della giustizia distributiva (Messick e
Senti, 1985), assecondando, come sostenuto da alcuni autori, il proprio
justice sensitivity (Schmitt, Neumann e Montada 1995). Attraverso l’utilizzo
congiunto dell’UG e del DG, infatti, alcuni studi hanno dimostrato che sovente il proponente opta per una equa ripartizione del denaro, soprattutto
qualora si verifichi un totale sbilanciamento del potere, allorché il ricevente
sia privo di qualsiasi potere decisionale (Camerer e Thaler 1995). Dallo studio di van Dijrk e Vermunt (2000) emerge che i proponenti agiscono secondo logiche prevalentemente strategiche nell’UG e nell’ossequio di un
insito principio di giustizia nel DG; persino, in talune condizioni sociali e
di contesto, potrebbe risultare più conveniente apparire privo di potere negoziale, poiché - così come sostenuto da Greenberg (1978) - lo squilibrio
del potere può evocare un maggiore senso di responsabilità sociale.
Peraltro, occorre evidenziare che la distinzione tra “giustizia reale” e “giu-
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stizia strategica” può emergere da appropriate declinazioni dell’UG e del
DG, laddove il ricevente sia in possesso (symmetric information), o meno
(asymmetric information), delle informazioni necessarie a qualificare come
equa o iniqua la proposta di ripartizione (Croson 1996; Pillutla e Murnighan 1996; Huck 1999).
A tale proposito, alcuni studi hanno indagato se, e in che modo, il grado
di anonimato e la distanza sociale percepita modifichi l’interazione dei
giocatori. La correlazione tra il livello delle conoscenze possedute e la generosità delle offerte si è rivelata positiva nel DG, ma sostanzialmente priva
di significato nell’ambito dell’UG9 (Charness e Gneezy 2008; Bohnet e Frey
1999). Per tale ragione si è sovente impiegato nei giochi una procedura
double-blind (Hoffman et. al 1994), in cui i soggetti sono riparati dal reciproco anonimato, per comprenderne, ad esempio, il livello di altruismo.
Infatti, la possibilità di comunicare prima del gioco (pre-play communication), o ancor più quella di conoscersi a fondo, può dar luogo a effetti
motivanti sui giocatori, poiché si contrae la distanza interpersonale percepita dagli agenti, incrementando così il “coefficiente” di pro-socialità, fino
a giungere ad “equilibri di giustizia”10, guidati dal senso di collaborazione
e, perfino, di identità di gruppo (Camerer e Fehr 2004).
Alla luce dei risultati presenti in letteratura e accogliendo la premessa teorica secondo cui le scelte economiche sono influenzate da preferenze socialmente condizionate, il lavoro si propone di indagare talune condizioni
che possono orientare i comportamenti del decisore nelle diverse situazioni
negoziali proposte. In particolare, l’obiettivo del lavoro è quello di evidenziare se e come la sollecitazione del sentimento filantropico del proponente
possa modificare le relative decisioni di allocazione delle risorse a disposizione.
3. Ipotesi della ricerca
Le motivazioni intrinseche (come si evidenzia, non da sempre dominio
dell’economia), quali il principio di equità, il sentimento caritatevole e la
tutela della propria immagine rappresentano tre significativi condizionamenti sociali delle decisioni di natura economica.
Gli studi empirici mettono in luce che nei giochi con anonimato - ed in
particolare in quelli che non prevedono l’accettazione da parte del ricevente - si ravvisa una intrinseca motivazione ad un comportamento equo
(fairly). Qualora le modalità del gioco prevedano che venga svelata l’identità della controparte, il principio di equità (fairly norm) è parzialmente
attivato, sebbene sembri più opportuno parlare di tutela della propria im-
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magine11.
L’ipotesi di ricerca, così come evidenziato da Charness and Gneezy (2008),
da cui muove il presente lavoro, si basa sulla convinzione che la condizione
di giocare ad “identità scoperte” non ha lo stesso effetto nel DG e nell’UG,
“in the dictator game, we find that providing family name results in more
generous allocations (...), in ultimatum game revealing the name of the
recipient had no significant effect on behaviour”.
Nell’ultimatum game, il timore che una proposta iniqua possa essere rifiutata dal decisore, fa sì che il proponente sia indotto a cautelarsi attraverso un’offerta che sia percepita come equa e che possa, dunque, essere
probabilmente accettata dall’altro giocatore. La componente strategica,
originata dall’auto-interesse del proponente e dalla propria previsione in
merito al comportamento che il ricevente adotterà, determina un’offerta
che tende al “valore equo” (50/50), con identici payoff per entrambi i giocatori. Giocare, dunque, in condizione di anonimato o meno non influenza
in modo particolarmente incisivo le offerte già distribuite piuttosto equamente.
Cosa accade, tuttavia, qualora venga ad essere acceso un sentimento filantropico, informando il proponente che la metà dell’offerta destinata al
decisore sarà devoluta in beneficenza? In questo caso, la sollecitazione di
un sentimento caritatevole nel proponente, per un verso, e la necessità di
tutelare la propria immagine nei confronti della comunità di appartenenza
(nel caso in cui venga resa pubblica la sua identità), per l’altro, possono
aumentare significativamente l’offerta rispetto ad una situazione di anonimato. Resta da valutare naturalmente se questa possibilità è tale, addirittura, da spostare il livello di offerta ben oltre la soglia che è possibile
considerare equa sotto un profilo economico.
Lo studio, oltre a tenere conto dell’anonimato/non anonimato del gioco
quale fattore che influenza il comportamento dei giocatori, intende anche
verificare l’effetto che la differenza di genere sessuale ha sul comportamento del proponente nelle diverse tipologie di gioco. Maschi e femmine
hanno lo stesso comportamento quando si ritrovano nella veste di proponente? Da questo punto di vista la letteratura sottolinea che le donne sono
più sensibili alle esigenze degli altri, mentre i maschi perseguono obiettivi
individuali (Cadsby & Maynes, 1998). In ogni caso, la letteratura consolidata sottolinea che, a differenza degli uomini, le donne manifestano comportamenti cooperativi e dimostrano un elevato senso di equità (Eagly,
1987; Saad & Gill, 2001). Numerosi studi sottolineano anche che nelle decisioni di investimento le donne sono più risk averse rispetto agli uomini,
per cui in situazioni rischiose esse manifestano comportamenti meno in
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grado di mettere in pericolo la loro posizione (Powel & Ansic, 1997; Eckel
& Grossman, 2000).
Pertanto, le ipotesi da sottoporre a test sono le seguenti:
Hp 1: Nel Dictator Game (DG) rendere noto il nome del proponente e del
ricevente aumenta significativamente l’ammontare dell’offerta fatta
dal proponente;
Hp 2: Nell’Ultimatum Game (UG) rendere noto il nome del proponente e
del ricevente non incide significativamente sull’offerta fatta dal proponente;
Hp 3: Nell’Ultimatum Game in cui sia previsto che una quota dell’offerta
sia devoluta in beneficenza (UG_B), rendere noto il nome dei partecipanti al gioco aumenta significativamente l’entità dell’offerta
fatta dal proponente.
Hp 4: Nelle diverse tipologie di gioco i proponenti di sesso femminile manifestano un livello di offerta mediamente superiore a quello dei
proponenti di sesso maschile.
4. Disegno sperimentale
Il gioco è stato svolto con la collaborazione volontaria di 352 studenti
della Facoltà di Economia, iscritti ad anni di corso compresi tra il secondo
ed il terzo. In particolare, 166 studenti hanno partecipato al gioco in condizioni di anonimato dei giocatori; 186, invece, hanno preso parte all’esperimento che prevede la rivelazione delle identità dei giocatori a round
concluso. La decisione di coinvolgere due gruppi distinti di studenti per
due tipologie di gioco (anonimo e non) risponde all’esigenza di ridurre i
problemi di sequenzialità nelle scelte, che, inevitabilmente, la somministrazione dei giochi ad un unico gruppo di partecipanti avrebbe accentuato.
I partecipanti ad ognuno dei due gruppi sono stati suddivisi casualmente
in 2 sotto-gruppi, quello dei c.d. proponenti e quello dei c.d. riceventi
(Tab. 1). I proponenti, sono rimasti in aula, mentre i riceventi hanno atteso
all’esterno il proprio turno.
Tab. 1 Composizione del
campione dei
partecipanti al
gioco
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Ai partecipanti sono state fornite tutte le istruzioni necessarie per il corretto svolgimento dell’esperimento, informandoli che per ciascun round,
ad ogni giocatore ne sarebbe stato abbinato, con criterio casuale, un altro,
con cui dover dividere una certa somma di denaro, realmente distribuita
al termine del gioco. Nei giochi che prevedevano che una quota dell’offerta
sarebbe stata devoluta in beneficenza è stato reso noto il beneficiario di
questa donazione costituito dalla ONLUS “Terre Solidali, organizzazione
che realizza progetti di sviluppo nel Sud del mondo. L’importo della
somma, pari a 10€, per ogni coppia di giocatori non è stato precisato fino
alla conclusione dell’esperimento.
I dati raccolti sono stati elaborati mediante l’applicazione di una metodologia multivariata del tipo MANOVA (Multivariate Analysis of Variance), in
cui le variabili dipendenti sono costituite dalle offerte che i proponenti in
ogni tipologia di gioco (DG, UG, UG_B) hanno predisposto. Le variabili di
trattamento, invece, sono rappresentate dall’anonimato del gioco e dal
sesso del proponente. Il modello è stato stimato ricomprendendo oltre agli
effetti principali del sesso e dell’anonimato anche l’effetto di interazione
tra le due variabili indipendenti.
L’analisi dei dati è stata compiuta con il software statistico SPSS (Ho,
2006).
5. Risultati e discussione
In questo lavoro ci siamo soffermati in particolare sull’analisi del comportamento del proponente nell’ambito di ciascuna situazione negoziale, tralasciando, invece, l’analisi del profilo comportamentale del ricevente,
rinviando ad un ulteriore studio tale approfondimento. I risultati ottenuti
tratteggiano risultati indubbiamente interessanti, poiché l’analisi combinata sia del sesso del proponente che della specifica situazione di gioco
(anonimato, non anonimato del gioco) ha delineato scenari solo parzialmente esplorati dalla letteratura esistente.
Le statistiche descrittive (Tab. 2) danno una prima misura delle differenze
che esistono tra maschi e femmine, quando sono coinvolti come first mover
in una situazione negoziale, e tra situazioni negoziali che prevedono anonimato e quelle in cui l’identità dei partecipanti è nota. In particolare,
quando rivestono la figura di proponente, i maschi tendono ad offrire
somme più basse rispetto alle donne. Nei giochi anonimi, i proponenti tendono ad offrire di meno rispetto a quanto sono disposti ad offrire nei giochi che prevedono il non anonimato dei partecipanti.
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Per quanto riguarda la verifica delle ipotesi di ricerca, le tabelle 3 e 4 sintetizzano i risultati delle analisi.
I modelli stimati per le tre situazioni di gioco sono altamente significativi
(p<1%). La verifica delle principali condizioni di applicabilità della metodologia prescelta ha restituito risultati confortanti. Tra le altre condizioni,
è stata verificata l’assenza di eccessiva collinearità tra le variabili dipendenti
e la presenza di omogeneità delle matrici di varianze e covarianze. Per
quanto riguarda il primo aspetto, l’unica correlazione più elevata è quella
tra offerte del DG e quelle dell’UG, pari al 31%; negli altri casi le correlazioni sono risultate inferiori e comunque poco significative. Pertanto si
può ritenere rispettata la condizione. Il test di Box, invece, è risultato non
significativo, pertanto, ciò ha confermato l’omogeneità delle matrici di varianze e covarianze (Tab. 4).
I test multivariati hanno confermato che il sesso e la condizione di anonimato/non anonimato sono variabili che differenziano gli esiti dei giochi
condotti, con un livello di significatività rispettivamente dell’1% e del 5%.
Nessuna significatività, invece, per l’effetto di interazione tra sesso del proponente e anonimato del gioco. Nella tabella 3 sono stati riportati i risultati
della Traccia di Pillai.
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Tab. 2 - Medie
parziali e deviazioni
standard delle
offerte per tipologie
di gioco,
segmentate per
sesso del giocatore e
anonimato del gioco
(dati percentuali)
Tab. 3 - Risultati del
test multivariato
Traccia di Pillai
Sulla base di questi risultati sono stati stimati gli effetti univariati fra soggetti (Tab. 4) e rappresentate graficamente le medie marginali, al fine di
verificare la direzione degli eventuali effetti di interazione tra le variabili
indipendenti (Fig. 1).
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I risultati esposti nella tabella 4 evidenziano che le differenze tra i sessi e
tra i giochi anonimi e non anonimi sono rilevanti nello spiegare la variabilità dei risultati dei tre giochi: DC, UG e UG_B. In via generale, sia il sesso
che la situazione di anonimato influiscono sulla proposta che il proponente
è disposto a fare al ricevente. Il sesso del proponente influenza le offerte
nelle tre tipologie di gioco, la significatività dell’effetto, tuttavia, è differente. Si osserva infatti una maggiore significatività nel DG (p<0,01) rispetto agli altri due giochi (p<0,05). In particolare, questo dato fornisce
una validazione statistica a quanto già emerso nella tabella 2 con riferimento alla maggiore propensione delle donne ad offrire somme più elevate
rispetto agli uomini. Nella tabella 2, infatti, si osserva che l’offerta media
delle donne in tutti i giochi e in tutte le situazioni negoziali (anonimato
e non anonimato del gioco) sono sempre maggiori.
Questo effetto è ben visibile anche dalla figura 1 in cui la linea delle offerte delle donne domina quella degli uomini. La maggiore “generosità
delle donne” rispetto agli uomini, conferma, quindi, l’ipotesi 4, e offre
un ulteriore supporto alla letteratura esistente con riguardo alle maggiori
doti di cooperazione e socialità delle donne e alla loro maggiore avversione al rischio. Peraltro, va osservato che la differenza tra uomini e
donne è molto più significativa nel DG (p<0,01) che non nell’UG e nell’UG con beneficenza (p<0,05), confermando che le donne sono più rivolte alla socialità nelle situazioni meno rischiose, come nel DG in cui
non vi è il rischio di mancata accettazione da parte del rispondente (Eckel
& Grossman, 2008).
La presenza o assenza di anonimato nello svolgimento del gioco è un altro
fattore rilevante nell’analisi, poiché contribuisce a spiegare i pay-off del
gioco seppure solo per due dei tre giochi svolti. Da questo punto di vista,
i dati ottenuti confermano i risultati della letteratura esistente per quanto
riguarda le differenze tra il comportamento del proponente nel DG e nell’UG. In particolare, nell’UG, agire in condizioni di anonimato e di identità
rivelate non influenza significativamente le offerte, poiché il proponente
determina strategicamente la quota da offrire tenendo conto del potere
di veto del ricevente. Pertanto, sia in condizioni di anonimato che di identità note il proponente sarà indotto ad offrire una quota che si avvicina
molto al valore equo (50% della somma a disposizione), per allettare il ricevente ad accettare l’offerta.
Nell’UG_B, l’anonimato ritorna ad essere variabile rilevante, per cui si osserva che nei giochi con identità note le offerte sono significativamente
superiori a quelle del gioco in condizioni di anonimato (p<0,05).
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Tab. 4 - Tabella
degli effetti fra
soggetti
Infine, seppure con un marginale effetto di significatività, unicamente
nell’UG con quota in beneficenza, si osserva l’esistenza di un effetto di
interazione tra sesso del proponente e anonimato del gioco (p<0,1): effetto
ben visibile nella rappresentazione grafica (Fig. 1 c)). In altri termini, nell’UG con quota in beneficenza l’effetto del sesso tende a svanire nel passaggio da un gioco anonimo ad uno palese. Nel DG e nell’UG, i maschi
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tendono ad offrire mediamente meno delle donne sia in situazione di anonimato che di reciproca conoscenza (Fig. 1 a) e b)). Laddove vi sia un ulteriore coinvolgimento emotivo (in virtù della quota da destinare in
beneficenza), chiamando in causa valori comunemente diffusi nonché il
senso di responsabilità verso soggetti bisognosi, si osservano altri comportamenti: qualora il gioco viene svolto in forma anonima i maschi offrono
somme inferiori a quella che potrebbe essere considerata equa (66%) e in
ogni caso significativamente più basse di quelle offerte dalle donne;
quando, invece, si gioca ad identità rivelate, i maschi aumentano consistentemente le offerte, posizionandosi poco al di sotto del livello offerto
dalle donne. In altri termini, quando si è chiamati a decidere su questioni
che hanno risvolti di tipo etico-sociale, come la beneficenza, e si è consapevoli di essere osservati, i maschi sono sensibili alla tutela della propria
immagine, verso i potenziali osservatori e, pertanto, correggono la ripartizione iniqua, effettuata in condizioni di anonimato.
Fig. 1 Rappresentazione
grafica delle medie
marginali attese per
ogni situazione di
gioco
Nell’UG con quota in beneficenza, le donne offrono mediamente una
somma che è molto prossima a quella che può essere considerata equa
(66%), e ciò avviene già in caso di gioco anonimo. Per cui questo sembra
giustificare anche il fatto che le donne quando giocano in condizioni di
non anonimato modificano limitatamente le loro scelte di ripartizione, andando poco al di sopra della soglia del 66%.
La consapevolezza che una quota dell’offerta venga destinata in benefi-
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cenza ha influenzato il comportamento dei proponenti? Merita subito di
essere sottolineato che il coinvolgimento, nel gioco, di un aspetto eticosociale, che inevitabilmente rende più complesso il processo decisionale,
aumenta la variabilità delle offerte, sia in caso di gioco anonimo che non
anonimo (Tab. 2). Viene messo in luce, in altri termini, che il sentimento
filantropico riceve un diverso apprezzamento dai decisori anche in virtù
della differente sensibilità ed esperienze che ognuno possiede verso questi
aspetti.
Nella tabella 5 sono riportati i valori medi delle offerte per tipo (UG e
UG_B) e modalità di gioco (anonimo/non anonimo) e sesso del rispondente
rapportati al valore che, sotto un profilo strettamente economico/razionale,
può essere considerato “equo”. Ebbene, i risultati mettono in luce qualche
aspetto interessante perché la destinazione di una quota in beneficenza
influenza in qualche misura la scelta dei proponenti. Nel caso dei giochi
anonimi si segnala che le donne, nell’UG_B, offrono ben il 98,12% contro
il 93,08% dell’UG della somma equa. Nei giochi non anonimi, invece, non
superano significativamente la somma equa, offrendo poco più del 100%.
Al contrario, i maschi, in condizioni di anonimato, nell’UG_B offrono
l’85,7% del valore equo contro l’88% dell’UG. Mentre in condizioni di conoscibilità della propria identità offrono il 98,51% nell’UG_B contro il
90,94% dell’UG.
Tab. 5 - Confronto
delle offerte medie
di UG e UG_B con i
rispettivi valori equi
(50% e 66%). Valori
calcolati per
modalità di gioco
(anonimo e non
anonimo) e sesso del
rispondente
In media, quindi, la destinazione di una quota in beneficenza modifica il
comportamento degli offerenti rispetto ad una situazione in cui non vi è
un condizionamento emotivo, dovuto alla dichiarazione che una parte
della loro offerta andrà in beneficenza. Si segnala, innanzitutto, il profilo
decisionale delle donne che giungono ad offrire poco meno della somma
equa già in condizione di anonimato, mentre ad identità note si attestano
sul valore equo. I maschi offrono, invece, di meno in condizione di anonimato, mentre aumentano consistentemente l’offerta nel caso in cui giochino ad identità nota. In definitiva, sembra che mediamente la
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destinazione di una quota in beneficenza, sia tale da indurre i proponenti
ad offrire di più in modo che il ricevente l’offerta sia indotto ad accettare,
e quindi la relativa parte possa essere destinata ai fini sociali prefissati12.
Tuttavia, un aspetto interessante è ravvisabile nella constatazione che l’offerta del proponente, maschio o femmina, non supera mai il valore economicamente equo. Ciò fa supporre che la componente strategica e di
calcolo economico della decisione tende, comunque, a prevalere anche in
una situazione caratterizzata da un profilo decisionale con una valenza
socio-etica. I proponenti, quindi, pur valutando l’iniziativa filantropica,
non oltrepassano la soglia economicamente equa dell’offerta, anche in
considerazione che se offrissero di più ne sarebbe avvantaggiato anche il
ricevente che trattiene metà della somma.
Da questo punto di vista, sono da mettere in conto due ragioni che possono giustificare questo comportamento e che attengono al valore assegnato alla filantropia. Per un verso, vi è da considerare la possibilità che i
progetti filantropici possano non sempre riscuotere un elevato interesse.
Per l’altro, viene in evidenza la credibilità del progetto filantropico. In pratica, è facile che si attivi nella mente del proponente la percezione del rischio che la quota destinata in beneficenza non sia effettivamente
destinata a tale scopo. Ecco, dunque, che il proponente si posiziona su un
livello di offerta economicamente equo, in modo da offrire al ricevente la
possibilità di accettare l’offerta e garantire a se stesso comunque una parte
della ricchezza che gli è stata offerta.
In conclusione, lo studio ha messo in luce che la sollecitazione di un sentimento caritatevole non sembra costituire un elemento che modifica sostanzialmente le scelte allocative dei decisori, spostando in modo
considerevole l’offerta oltre la soglia equa e, quindi, sovvertendo i classici
riferimenti decisionali dell’homo oeconomicus. Pertanto sembra di poter
concludere che per i decisori è stato più importante evitare un giudizio
negativo, piuttosto che ottenerne uno positivo andando oltre la soglia di
offerta considerabile economicamente equa.
6. Considerazioni conclusive
È ormai comunemente condivisa la constatazione che nelle scelte di tipo
economico si è sottoposti all’azione di una molteplicità di forze che esercitano simultaneamente la loro influenza. Tale complessità rende difficile
l’esatta comprensione del ruolo che ognuna di esse svolge nel plasmare il
comportamento di ciascuno. Sebbene la neuroeconomia, con il supporto
della risonanza magnetica funzionale (RMF) e di altre tecnologie applicate
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alla medicina, riesca a fornire un contributo decisivo all’analisi dei comportamenti (anche di matrice economica), permane, sul piano sperimentale,
l’enorme difficoltà di disarticolare tali fattori per valutare se, e in quale
misura, essi possano condizionare il processo decisionale13.
Decenni di sperimentazioni di giochi psicologici hanno dimostrato che non
solo siamo soggetti “economicamente irrazionali”, ma lo siamo in modo
prevedibile, poiché la nostra irrazionalità si ripete sempre allo stesso modo
(Dan Ariely 2009).
Von Neumann e Morgenstern (1974) hanno introdotto il concetto secondo
cui la maggior parte delle situazioni economicamente rilevanti presenta
una struttura – letteralmente e non solo metaforicamente – assimilabile a
quella dei giochi, laddove la qualità fondamentale di un agente inserito in
un’interazione strategica diventa, dunque, la capacità di prevedere le scelte
altrui.
Tuttavia, il presente lavoro non ha l’ambizione di pervenire ad una modellizzazione del comportamento di natura economica, distribuendo l’origine delle scelte tra impulsi egoistici e altruistici, delineando un diverso
grado tra autostima e reputazione sociale, indagando la motivazione del
comportamento caritatevole tra gioia del donare e pura filantropia, quanto
piuttosto confermare che i comportamenti “economicamente irrazionali”
non sono né insensati né casuali, quanto piuttosto sistematici e, dal momento che si ripetono, sono anche prevedibili. Da qui l’utilità delle applicazioni sperimentali derivate dalla behavioural game theory per gli studi
manageriali, di marketing, di strategie negoziali e, non da ultimo, di responsabilità sociale d’impresa.
L’esperimento condotto ha evidenziato il ruolo nodale che la tutela dell’immagine assume in talune circostanze; infatti, seppure l’introduzione
della variabile caritatevole abbia inciso sulle scelte allocative dei decisori,
i proponenti non sono andati oltre la soglia di offerta considerabile economicamente equa, preferendo unicamente evitare un giudizio negativo.
Proprio il principio di equità, che secondo autorevoli studiosi connatura
profondamente tale tipologia di giochi, rappresenta la giustificazione normativa del rapporto tra impresa e portatori di interesse, fornendo una spiegazione generale della creazione e dell’esistenza di obblighi morali
all’interno delle organizzazioni e tra gli stakeholder stessi (stakeholder fainrness)14.
In conclusione, si può dunque affermare che i laboratori di economia cognitiva si caratterizzano non solo per l’obiettivo di investigare empiricamente il comportamento umano, ma soprattutto per il tentativo di
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riformare la teoria economica, nell’ambito della quale, i processi inconsapevoli, agendo in modo sistematico, guidano i comportamenti non autointeressati e socialmente orientati. Questi comportamenti possono essere
definiti razionali in senso stretto, ancorché ci si trovi di fronte ad una nozione di razionalità distinta e decisamente più ampia di quella espressa
dall’economia classica.
Appendice – Descrizione dello svolgimento del gioco.
Ai proponenti del primo gruppo (gioco in condizione di anonimato dei
partecipanti) sono state sottoposte le seguenti tre diverse situazioni negoziali, qui di seguito riportate15:
1. Ti sono stati offerti 10 gettoni
– sei libero di offrire al ricevente una parte qualsiasi della somma che
ti è stata offerta;
– il ricevente avrà quello che tu offri senza poter scegliere di accettare
o rifiutare la tua offerta.
Scrivi la cifra che sei disposto ad offrire___________
2. Ti sono stati offerti 10 gettoni
– sei libero di offrire al ricevente una parte qualsiasi della somma che
ti è stata offerta;
– il ricevente valuterà la tua offerta e potrà decidere di accettare o rifiutare. Se rifiuta la tua offerta nessuno di voi due riceverà alcunché.
Se il ricevente accetta, ognuno di voi avrà la parte di danaro secondo
la divisione che tu hai proposto.
Scrivi la cifra che sei disposto ad offrire_________
3. Ti sono stati offerti 10 gettoni
– sei libero di offrire al ricevente una parte qualsiasi della somma che
ti è stata offerta;
– della parte che tu hai offerto al ricevente, quest’ultimo dovrà donare
il 50% in beneficenza alla ONLUS “Terre Solidali”;
– il ricevente valuterà la tua offerta e potrà decidere di accettare o rifiutare. Se rifiuta la tua offerta nessuno di voi due riceverà alcunché.
Se il ricevente accetta, ognuno di voi avrà la parte di danaro secondo
la divisione che tu hai proposto.
Scrivi la cifra che sei disposto ad offrire_________
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Il primo round per ognuno dei due gruppi rientra nella categoria di gioco
del tipo DG e, dunque, ha coinvolto attivamente solo i proponenti. Per gli
altri due round, invece, è stata necessaria la partecipazione dei “riceventi”.
Per l’esecuzione del gioco, è stata predisposta per ogni partecipante una
busta al cui interno sono state inserite le tre schede su cui i giocatori indicano le proprie decisioni. La prima scheda, per il DG è formata da un
solo foglio su cui il proponente indica la propria scelta di offerta. La seconda e terza scheda, rispettivamente, per l’UG e l’UG con beneficenza,
sono costituite da due fogli (legati fra loro da un punto metallico), il primo
su cui è spiegata la dinamica del gioco e su cui il proponente scrive la sua
decisione; il secondo foglio, accoglie l’accettazione o il rifiuto del ricevente.
All’interno della busta è stata inserita una busta più piccola su cui indicare
l’identità dei giocatori. Operativamente, si è proceduto al gioco nel seguente modo: gli studenti presenti nell’aula scelta per il gioco sono stati
preventivamente informati dell’esperimento con alcune notizie di base e
successivamente sono stati casualmente divisi in due gruppi di persone, i
proponenti e i riceventi. Un gruppo di persone, i riceventi, è stato fatto
accomodare all’esterno. Agli studenti “proponenti”, sono state distribuite
le buste ed è stato chiesto di indicare le proprie generalità ed e-mail nel
foglio inserito nella busta piccola presente in quella più grande e di sigillare
la busta piccola. Successivamente è stato chiesto di estrarre causalmente
le tre schede, leggere le istruzioni e scrivere la propria scelta sul primo foglio. Al termine della prima parte del gioco, sono state ritirate le buste e i
proponenti sono stati fatti uscire da una porta secondaria dell’aula ed è
stato fatto entrare il secondo gruppo di studenti, i “riceventi”, in questo
modo si è evitato qualsiasi interazione tra i due gruppi. I riceventi sono
stati fatti accomodare in aula e sono state distribuite le buste in modo casuale agli studenti presenti. A questo gruppo è stato chiesto di scrivere le
proprie generalità e il proprio indirizzo e-mail sulla parte esterna della
busta grande. Successivamente i riceventi sono stati invitati ad estrarre
dalla busta solo le schede formate da due fogli, leggere quanto scritto sul
primo foglio (istruzioni del gioco e decisione del proponente) e scrivere la
propria decisione (accettazione o rifiuto della proposta) sul secondo foglio.
Alla fine del gioco sono state raccolte tutte le buste.
NOTE
1
2
La teoria comportamentale delle decisioni (behavioural decision theory), che trova nel
trattato di von Neumann e Morgenstern (1947) una indiscussa pietra miliare, si focalizza
sulle scelte in condizioni di incertezza e sulla teoria dei giochi.
“Il corpo concreto comprende il corpo chimico, il corpo meccanico, il corpo geometrico,
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ecc; l’uomo reale comprende l’homo oeconomicus, l’homo ethicus, l’homo religiosus,
ecc.” (Pareto 1968: 18).
Numerosi ed autorevoli studiosi, negli ultimi anni, hanno utilizzato “(…) functional neuroimaging to examine behaviour in economic games. (…) Models of decision-making cannot afford to ignore emotion as a vital and dynamic component of our decisions and
choices in the real world” (Sanfey et al. 2003: 1758).
Con tale espressione si vuole indicare “le funzioni obiettivo individuali direttamente condizionate, positivamente o negativamente, dalla considerazione di 1) comportamenti, 2)
preferenze, 3) intenzioni e/o 4) livello di benessere materiale di altri soggetti” (Zarri 2006:
245).
Sembra, pertanto, utile evidenziare che in meno dell’1% dei casi si configura una spartizione quasi esclusivamente a vantaggio del primo giocatore (99-1), smentendo le predizioni della teoria dei giochi.
La matrice sociologica della teoria dell’equità si traduce nella valenza assunta dal concetto
di scambio sociale, in cui le risorse coinvolte sono sociali e non solo economiche, includendo nello scambio condizioni, opportunità, ruoli, status e prestigio. Nei modelli sociali
di utilità, come più in generale nella vita, le relazioni sono influenzate da regole di reciprocità e la costruzione e il mantenimento della società stessa è regolata da norme relative
a forme di scambio giuste ed equilibrate, spesso sottoforma di giochi dell’Ultimatum.
“Ultimatums are everywhere. A woman in the train who tells her child to turn down the
volume of a gameboy “or else…”; a police officer who tells a drunk driver to walk home
if he wants to avoid his license being withdrawn” (Handgraaf et al. 2003: 263). In caso
d’ingiustizia o mancato equilibrio si sperimenterebbe uno stato di frustrazione e la necessità di ripristinare l’equità.
L’esperimento prevedeva che i giocatori dividessero 100 gettoni che, però, possedevano
maggiore valore per il proponente che per il ricevente. Una distribuzione equa del denaro,
dunque, avrebbe richiesto che il primo allocasse una quota maggiore a favore del secondo,
compensando così il differenziale di valore. Tuttavia, tale ipotesi si presentava solo nel
caso in cui il proponente sapesse che la controparte era al corrente del differenziale di
valore delle gettoni.
Offerte al di sotto del 20%, infatti, sono ritenute inique e molto spesso rifiutate “(…) to
punish unfair offers by rejecting them and proposers tend to make fair offers” (Rabin
1993: 1284).
A tale conclusione è possibile giungere anche in maniera euristica, come evidenziato da
Camerer e Thaler (1995: 216) “In some hotels, the person who cleans the room signs a
card, presumably to increase tips. We suspect this ploy works. If so, perhaps offers in the
dictator game would increase if the Allocator knew that the Responder’s name was Pat
(though not which Pat)”.
Appare necessario precisare che il termine fairness equilibria utilizzato da Rabin (1993)
attiene i giochi cooperativi. In questo modo egli definisce gli equilibri di Nash che si ottengono a partire dall’ipotesi che i soggetti siano guidati dalla reciprocità, positiva e negativa. I singoli agenti sono guidati da una funzione obiettivo che incorpora un giudizio
di equità sulle intenzioni altrui, come ampiamente indagato attraverso la kindness function introdotta dall’autore. Come evidenziato anche da Zarri (2006: 258), sul piano sperimentale, l’importanza della “comunicazione ex ante” emerge chiaramente in alcuni
giochi, come ad esempio il Prisoner’s dilemma o il Public good game, in cui essa innalza
notevolmente i livelli di cooperazione.
In merito, Hoffman (1994) sostiene che che il comportamento sia “(…) due to a social
concern for what others think”.
I risultati dedotti dalle statistiche esposte nella tabella 5 sono stati verificati in modo più
rigoroso mediante l’applicazione di una ANOVA fattoriale, con variabile dipendente il vettore delle differenze tra la quantità di danaro offerta dal proponente, nei giochi UG e
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UG_B, e la somma equa per ognuno dei due giochi. I risultati hanno confermato, da un
lato, che nei due giochi non vi è differenza significativa tra le “extra-offerte medie” oltre
il valore equo. Dall’altro, i risultati hanno confermato che il sesso del proponente e l’anonimato del gioco ne hanno influenzato la distribuzione. Infine, va segnalato che ,sebbene
in media, sia per l’UG che per l’UG_B, i proponenti non offrono somme che vanno oltre
la soglia equa, si osserva che la distribuzione delle extra-offerte nell’UG_B presenta una
asimmetria a destra.
Sembra opportuno non trascurare l’ovvia considerazione secondo cui, trattandosi di evidenze di laboratorio osservate su un campione limitato, sussiste anche un indiscutibile
problema legato alla “validità esterna” dei dati ottenuti (Guala 2005). Primo fra tutti
quello secondo cui gli individui coinvolti nel gioco devono essere considerati soggetti
sperimentali, ovvero consapevoli di interagire all’interno di una realtà simulata e, in tale
contesto artificiale, i fattori che possono influenzare il bilanciamento tra auto-interesse
ed equità possono essere ricondotti a fattori relativi al contesto del gioco, fattori relativi
alle parti coinvolte e fattori relativi alle caratteristiche del gioco stesso (Handgraaf et al.
2003).
In merito alla identificazione dei “portatori di interessi”, la stakeholder fairness (Phillips
2003: 2-6) distingue tra coloro verso i quali l’organizzazione ha un obbligo morale, un
dovere di equità, i cosiddetti stakeholder normativi, e gli stakeholder derivati (Phillips,
2003: 124-125). Questi ultimi, possono influenzare i comportamenti dell’organizzazione
e, per tale ragione, dovrebbero essere considerati stakeholder legittimi, ma poiché non vi
è alcun obbligo morale da parte dell’impresa e dei suoi manager di preoccuparsi del loro
benessere, essi possono essere trattati strumentalmente o strategicamente. Per approfondimenti si veda D’Orazio E., “Verso una teoria degli stakeholder descrittiva: modelli ad
uso dei manager di organizzazioni complesse”, in Politeia XXI, 78, 2005: 11-58.
Nel caso di gioco non anonimo, le schede riportano le stesse istruzioni. Su ognuna della
schede, tuttavia, è specificato che le identità dei giocatori saranno rivelate alla fine del
gioco.
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